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La vita del Club Plein Air BdS, le cronache dell'abitar viaggiando, le tecniche del plein air Anno XII n. 70/71 – Maggio/Agosto 2004 Bimestrale a circolazione interna inviato gratuitamente ai soci e alle associazioni amiche In questo numero: Questo numero è anche su Internet all'indirizzo www.pleinairbds.it/giornale.htm Vita del Club Le gite di primavera a Erice, Mazzarino, San Cataldo e Modi- ca, Geraci Siculo, Palazzolo A- creide e Buscemi, Caltagirone Prepariamoci a partire per lestate E inoltre La Sicilia raccontata dal nostro Alfio Triolo L’intervista a Beppe Tassone, presidente del Camper Club La Granda Viaggi e turismo Lungo il Camino de Santiago, turisti fra i pellegrini per il con- seguimento della Compostela Un itinerario fra le Murge e i trulli della Puglia più autentica Un’immagine dei soci del Club a Palazzolo Acreide, nel corso della gita organizzata da Emanuele Amenta. Al centro il nostro socio con la sua favolosa Jaguar

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La vita del Club Plein Air BdS, le cronache dell'abitar viaggiando, le tecniche del plein air

Anno XII n. 70/71 – Maggio/Agosto 2004 Bimestrale a circolazione interna inviato gratuitamente ai soci e alle associazioni amiche

In questo numero:

Questo numero è anche su Internet all'indirizzo www.pleinairbds.it/giornale.htm

Vita del Club Le gite di primavera a Erice, Mazzarino, San Cataldo e Modi-ca, Geraci Siculo, Palazzolo A-creide e Buscemi, CaltagironePrepariamoci a partire per l’estate

E inoltre La Sicilia raccontata dal nostro

Alfio TrioloL’intervista a Beppe Tassone,

presidente del Camper Club La Granda

Viaggi e turismo Lungo il Camino de Santiago,turisti fra i pellegrini per il con-seguimento della Compostela Un itinerario fra le Murge e i trulli della Puglia più autentica

Un’immagine dei soci del Club a Palazzolo Acreide, nel corso della gita organizzata da Emanuele Amenta. Al centro il nostro socio con la sua favolosa Jaguar

In questo numero

EDITORIALE pag. 3

VITA DEL CLUB - Una gita improvvisata " 4 - Nu paisi di monache e parrini " 7 - Tra sacro e profano " 10 - Persi nella nebbia " 16 - Una fuga bucolica " 18 - A Caltagirone per la “Truvatura” " 22 - Nord, sud, est, ovest “ 25 - Appunti per un viaggio " 30 - Cucina da camper " 36

VIAGGI E TURISMO - Sulle orme degli antichi pellegrini “ 38 - La Murgia dei Trulli " 49 - Il Museo dell’Aria al Castello di San Pelagio " 52

TERRA DI SICILIA - Enna, la vecchia Castrogiovanni “ 53 - I petardi vegetali “ 58

RUBRICHE- Viaggiare in modo responsabile “ 59 - Le associazioni amiche: il Camper Club La Granda “ 61 - Internet, che passione “ 65- News: notizie in breve “ 68- L'ultima parola " 70

CLUB PLEIN AIR BDSAssociazione nazionale dei camperisti e degli amanti del plein air del BANCO di SICILIA

Aderente all'A.I.T.R. - Associazione Italiana Turismo ResponsabileGemellata con Camping Car Club Provence-Cote d’Azur , Club Plein Air Siracusa e Calabria Camper Club Sila

Sede: Via Rosolino Pilo, 33 - 90139 PALERMO - 091.608.5152- Fax: 091.608.5517 Internet: www.pleinairbds.it - E-mail: [email protected]

Comitato di CoordinamentoMaurizio Karra (Presidente) - Giangiacomo Sideli (Vice Presidente)

Achille Bufardeci, Giuseppe Carollo, Adele Crivello,Ninni Fiorentino ed Elio Rea (Consiglieri)

Collegio sindacaleSilvana Caruso La Rosa (Presidente)

Luigi Fiscella ed Enzo Triolo (Componenti)Collegio dei Probiviri

Pippo Campo (Presidente)Pietro Inzerillo e Marcello Oddo (Componenti)

Bimestrale di informazione per i Soci del CLUB PLEIN AIR BDSPubblicazione periodica a circolazione interna inviata anche ad altre Associazioni di campeggio e alla stampa

Responsabile editorialeMaurizio Karra

RedazioneMimma Ferrante, Giangiacomo Sideli e Alfio Triolo

Hanno collaborato a questo numero anche:Agostino Alaimo, Enrico Marletto, Enza Messina e Beppe Tassone

Editoriale

ccoci finalmente alle porte delle tanto sospirate ferie, con i preparativi già in corso e i motori dei nostri camper quasi accesi in vista dei viaggi che ci porteranno in giro per il mondo (almeno in quella parte che è raggiun-gibile su ruote, anche traghetti permettendo).

Se guardiamo alle attività svolte in que-sta prima parte dell’anno, ci accorgiamo che i programmi che abbiamo gestito sono stati di un’intensità e di un ritmo credo senza prece-denti: basta ripensare alle gite che sono state organizzate in questi cinque mesi e che hanno toccato tutte le province dell’Isola, dai paesi della valle del Belice a Sciacca per il Carnevale, da Partanna a Trapani ed Erice, da Mazzarino a San Cataldo e al modicano per la Pasqua, da Geraci Siculo a Palazzolo Acreide, Buscemi e Caltagirone; e alle altre due di imminente ese-cuzione alla data di chiusura di questo giornale, a Milazzo, Lipari e Vulcano a fine maggio e nei piccoli centri della costa jonica messinese (Alì Superiore, Milì San Pietro e Itala) nella prima settimana di giugno. Se aggiungiamo a tutto questo anche le proiezioni di diapositive e film presso la nostra sede sociale, che sono servite sia a ricordare alcune esperienze vissute insie-me che a stimolare idee per nuovi viaggi e nuo-ve mete, ci si renderà conto di quale sia stata la mole di attività gestita in questa prima parte dell’anno all’interno del Club.

Adesso partiamo per l’estate: oltre ai viaggi che individualmente saranno realizzati dai nostri soci, ne abbiamo programmato ben undici di gruppo, che toccheranno veramente tutti i Paesi europei e non solo: dalla Penisola Iberica all’Olanda, dalla Germania ai Paesi Balti-ci, dalla costa dalmata alla Scandinavia, fino alla Tunisia: mai in tanti anni vi era stata un’offerta così vasta e variegata di itinerari, e credo che mai come adesso ci sarà una partecipazione tanto massiccia di soci.

E’ indubbio che da tutto ciò traspaia la vitalità del nostro sodalizio ed è indubbio che questa vitalità sia legata al proficuo scambio e intersecarsi di interessi (culturali, storici, antro-pologici, naturalistici) e di idee da parte di tutti

coloro che hanno il piacere di collaborare atti-vamente alle varie iniziative, con l’obiettivo di essere testimoni del nostro modo di fare turi-smo. E’ importante comprendere quale sia il va-lore aggiunto che ognuno di noi può dare, nel suo piccolo, a tutto il gruppo attraverso la pro-pria collaborazione: ogni contributo, moltiplica-to per il numero dei nostri soci, dà infatti un impatto micidiale sui risultati, che sono sotto gli occhi di tutti.

Se valido è lo scambio di idee al nostro interno, altrettanto se non più valido è quello che ci proviene anche dall’esterno del nostro microcosmo. In tanti (sia dentro che fuori il no-stro Club) hanno elogiato l’iniziativa che stiamo portando avanti da qualche numero del nostro giornalino attraverso i contributi dei maggiori rappresentanti del turismo responsabile e le in-terviste ai presidenti di altri club italiani di cam-peristi: da questa conoscenza delle realtà più importanti dell’asso-ciazionismo italiano emer-gono interessi comuni ma anche idee nuove che probabilmente non sarebbero sbocciate da sole al nostro interno. Sono quindi certo che anche questo scambio di idee possa fare da ca-talizzatore per ulteriori nuove strade da percor-rere verso traguardi sempre più importanti e condivisi personalmente dal massimo numero di soci.

A tutti chiedo adesso un’attenzione par-ticolare proprio nel corso dei viaggi estivi: sa-per mettere a frutto concretamente quella etici-tà di comportamenti che l’adesione del nostro Club all’A.I.T.R. ha innescato e formalizzato, contraddistinguendo particolarmente il Club Plein Air BdS nel panorama delle associazioni italiane del pleinair. Non sprechiamo mai, nemmeno per una volta soltanto, quel credito di cui godiamo e non annacquiamo quei valori di cui abbiamo voluto essere non solo testimo-ni ma soprattutto ambasciatori. Ricordiamocelo nei nostri prossimi itinerari estivi.

Buon viaggio a tutti, quindi, cari amici, ambasciatori di pace per le vie del mondo!

Maurizio Karra

E

Una gita “improvvisata” Nel fine-settimana del 20-21 marzo il cielo azzurro e la voglia di evadere verso orizzonti diversi ci hanno portato ad una fuga di libertà non previ-sta, verso i tesori artistici di Trapani e le atmosfere medievali di Erice

onostante il calendario delle u-scite del Club si intensifichi particolarmente in primavera, quando le giornate si allungano e la voglia di libertà esplode più virulenta che mai, capita che in qualche fine-settimana non vi sia nulla di pianificato e pre-organizzato, per permettere ai soci di riposare le stanche membra dalle fatiche lavorative e di sbrigare le necessarie incombenze domestiche. Il we-ek-end del 20-21 marzo era uno di quelli nei quali non era prevista nessuna gita. Ma la vo-glia di fuga, stimolata dal cielo azzurro porcel-lana e dal piacere di trascorrere un po’ di tempo insieme, ha portato la vulcanica mente di Ninni Fiorentino ad organizzare una gita “imprevista” alla volta di Trapani e di Erice. Detto, fatto; un giro di telefonate, cui è segui-ta una e-mail per informare al volo il maggior numero di soci, ed ecco un fiorire di accordi e di appuntamenti che hanno portato una quindicina di equipaggi a fare rotta verso la Sicilia occidentale nel corso della mattina del sabato. Nonostante qualche piccolo imprevi-sto, causato da uno dei motori che improvvi-samente ha deciso di fermarsi in piena auto-strada, subito soccorso da alcuni volenterosi che sono riusciti ad identificare lo stupidissi-mo guasto (meno male!) e a far riprendere il cammino alla carovana dei camper, i nostri soci sono arrivati a Trapani in tarda mattinata, e qui hanno fatto tappa presso il magnifico Museo Pepoli, ospitato nell’ex-Convento dei Carmelitani.

In effetti questo museo, in genere poco conosciuto e ancor meno pubblicizzato, ospita veri e propri tesori artistici, come alcu-ni dipinti di arte sacra del XIII-XIV secolo, una collezione di ceramiche siciliane del ‘700 e soprattutto una carrellata di magnifici oggetti in corallo, fra cui una collezione di presepi squisitamente scolpiti, crocifissi che trasuda-no pathos, ritratti di Madonne, ma anche più

“semplici” gioielli di alta oreficeria, in cui il corallo antico è stato in grado di destare grande attenzione alle componenti femminili del nostro gruppo (me compresa!).

N

Dopo la visione di questi autentici capolavori, la carovana di camper si è sposta-ta presso la smisurata piazza Vittorio dove, con le dinette sistemate di fronte alle mille sfumature del mare, i nostri eroi hanno con-sumato uno spuntino e, dopo essersi rifocilla-ti, sono andati all’esplorazione del centro sto-rico cittadino. Lungo via Garibaldi si sono tuf-fati così nelle eleganti atmosfere del salotto architettonico di Trapani, tra fastosi palazzi nobiliari, gradevoli vetrine, in cui campeggia-vano - tanto per cambiare - magnifiche parure in corallo, e pregevoli chiese, rese ancora più godibili dal fatto che il cuore del centro stori-co è stato convertito in isola pedonale, per-mettendo di passeggiare tranquillamente con il naso all’insù.

In questo modo, una dopo l’altra, si sono susseguite le esplorazioni di Palazzo Riccio di Morana, aperto per una mostra e

simbolo stesso degli antichi palazzi nobiliari, con gli eleganti arredi, gli affreschi di stampo mitologico sui tetti e le maioliche dipinte dei pavimenti, della Chiesa del Collegio, con la facciata ornata da colonne e da statue di donna, dell’opulenta Cattedrale e della Chiesa del Purgatorio, al cui interno sono ospitate le magnifiche Vare che rappresentano le varie tappe della Via Crucis e che vengono portate in solenne processione durante le grandiose celebrazioni del Venerdì Santo. Di meraviglia in meraviglia è scesa l’oscurità, mentre i nostri eroi andavano dap-prima a caccia di caramelle artigianali di tutti i gusti, reperibili nei vicoli del centro storico, e poi di una pizzeria dove riunirsi per scambiare le impressioni di quella piacevole giornata; e anche dopo la pizza, alcuni hanno preferito smaltire le calorie in eccesso andando ancora a zonzo per le vie del centro cittadino, illumi-nate suggestivamente da lampioni che riman-davano ad atmosfere ottocentesche. Il mattino della domenica è stato an-nunciato da un sole sfavillante che accendeva il mare di mille riflessi argentei, preannun-ciando la solarità tipica della primavera e dell’estate: non per niente era il 21 marzo, primo giorno di primavera! Così, gasati dalla consapevolezza dei sei mesi di bella stagione che li attendevano a bordo degli amati cam-per, i nostri eroi hanno affrontato allegramen-te la scalata che conduceva ad Erice, mentre Ninni strillava al CB, tra le risate generali: “E’ primavera! Spogliatevi bambine!”. Tornante dopo tornante siamo arriva-ti al parcheggio camper di Porta Spada, da dove si poteva godere di un panorama magni-fico sul Tirreno e su Monte Cofano, notando con piacere che all’interno del parcheggio era vietata la sosta alle auto “normali” dato che, caso più unico che raro, quest’ultimo è riservato solo ai camper; ce ne vorrebbero di più di queste realtà! Quindi, attraversato l’arco di Porta Spada, rasentando la cortina muraria che ingloba la pianta triangolare dell’abitato, ci siamo tuffati nelle atmosfere medievali della cittadina, immersa nella pittoresca struttura delle facciate in pietra viva, dei cortiletti di impronta araba, dei viottoli sovrastati da archi, in un tripudio di bellezza che non smette mai di affascinarci.

Ma le cavallette targate BdS erano in agguato e sono venute prepotentemente allo scoperto quando sono stati offerti dal Club i tipici dolcetti di marzapane, che costituiscono una delle dolci specialità delle cittadine, spol-verando a tempo di record i dolci che sono spariti tra le mandibole dei più volenterosi, tra un caffè e un bicchierino di marsala.

E dopo anche le gambe hanno dato il meglio di sé, esplorando le viuzze cittadine acciottolate, sulle quali si affacciano le casette decorate da balconcini fioriti e dalle vetrine dei negozi di souvenir, tra cui spiccano, oltre ai già citati dolcetti di marzapane, i coloratis-simi tappeti in cotone dalle mille fantasie e le pregiate ceramiche ericine.

Un’esplorazione dopo l’altra ha con-dotto i nostri eroi fino alla suggestiva sagoma della Chiesa Matrice, risalente al XIV secolo e scandita da un pronao e da un magnifico por-tale gotico, con un interno neo-gotico e un campanile a bifore gotiche di stile chiaramon-tano che riescono puntualmente a calamitare lo sguardo dei presenti a causa della loro leg-

giadria. Quindi è stata la volta della sagoma del Castello di Venere, che si staglia a stra-piombo sulla rocca, al cui interno è stato i-dentificato l’antico sito del tempio di Venere Ericina, le cui sacerdotesse provavano, in nome della dea, a guarire gli uomini da sup-posti problemi di virilità.

Dopo una sosta presso il Balio e la villa pubblica spalancata a strapiombo sulla costa tirrenica, da cui si gode di uno scenario magico sul mare sottostante e sul monte Co-fano, i nostri eroi hanno continuato le esplo-razioni verso la sagoma rosa della chiesa di San Giuliano e poi di quella di San Domenico, incantandosi di fronte ai mille scorci densi di fascino della cittadina; ma qui la natura uma-na dei nostri, nonché le loro capacità olfatti-ve, peraltro molto sviluppate, sono state pre-potentemente messe alla prova da un profu-mo inebriante, un ciauro da far rinvenire le mummie. E seguendo l’intrigante traccia ol-fattiva i nostri eroi si sono ritrovati in una sorta di paradiso dei golosi, una psticceria che sforna i dolci più buoni di tutta la cittadi-na, dove hanno fatto incetta di biscotti, di pa-sta reale, di genovesi ancora calde ripiene di crema pasticcera, paralizzando il traffico u-mano per centinaia di metri e svuotando di fatto l’intero negozio.

Infine, con la soddisfazione di chi sa di aver speso assai bene il fine-settimana, i nostri eroi sono tornati ai camper, dove han-no improvvisato un piccolo ...spuntino da dieci portate che ha messo a dura prova le loro capacità digestive; ma si sa, la vita è sa-crificio e, scendendo dalla rocca di Erice, tutti hanno dovuto convenire che ogni tanto qual-che sacrifico è proprio necessario…

Mimma Ferrante

Nu paisi di monache e parrini La gita dell’ultimo week-end di marzo a Mazzarino, cittadina del nisseno sorvegliata dalle rovine di un maestoso castello e dalle sagome di ben 32 chiese

ono necessarie circa due ore per raggiungere dal capoluogo siciliano la cittadi-na di Mazzarino, abbarbicata su una collina in territorio nisseno, ma il percorso merita am-piamente il tempo necessario a compierlo, sia per lo scenario bucolico in cui è immerso il centro abitato, tra campi verdissimi punteg-giati di fiori e amene colline, sia per il notevo-le patrimonio architettonico ed artistico che in esso vi si può scoprire (non a caso Mazza-rino è soprannominato “u paisi di monache e parrini”, grazie alle sue trentadue chiese!). Ben consapevoli che l’occasione era ghiotta, una ventina di equipaggi di nostri so-ci si sono quindi dati appuntamento sabato 27 marzo nella cittadina, ricevuti calorosa-mente dall’efficiente comitato di accoglienza locale, composto sia dai gentilissimi colleghi della locale filiale del Banco di Sicilia, sia da alcuni ospitali cugini di Melina Carollo, origi-naria proprio di Mazzarino, che da lei erano stati allertati per accoglierci, dal momento che Melina non poteva essere presente al ra-duno per gravi problemi familiari. Così gli equipaggi dei partecipanti si sono riuniti nel parcheggio messoci a dispo-sizione dall’Amministrazione Comunale, di fronte alla Villa dedicata a Falcone e Borselli-no nei pressi della caserma dei Carabinieri, a qualche centinaio di metri dal centro storico cittadino. E dopo aver sistemato i mezzi e ed essersi riagganciati al gruppo dei “giovani pensionati” che, beati loro, erano partiti il ve-nerdì pomeriggio, guadagnando qualche ora in più di libertà dal tran tran quotidiano, i pre-senti si sono gettati nelle prime esplorazioni, andando alla scoperta dei sapori di una volta, con l’acquisto di pane ancora caldo e di bi-scottini di vario genere, prima di ritirarsi nei propri mezzi per il pranzo. Nel pomeriggio hanno avuto inizio le prime passeggiate lungo il corso principale di Mazzarino, che taglia in due come un coltello

il centro storico cittadino, e su cui si affac-ciano numerose chiese, oltre al municipio, ospitato all’interno del pregevole convento dei Carmelitani, e a numerosi palazzi nobiliari ornati da fastosi balconi di impronta barocca.

In effetti le origini di Mazzarino sono antichissime, anche se il sito in collina si cui sorge la cittadina risale al medioevo; la zona circostante, invece, ha visto i primi insedia-menti umani in epoche remote, fin dai tempi dei Sicani e dei Siculi, divenendo poi zona di influenza greca con il nome di Mazaris, poi di dominazione romana, con il nome di Makto-rion, e quindi passando sotto il dominio ara-bo con il nome di Mazaranu. Il sito si ritrova, quindi, a seguire lo stesso copione storico del resto dell’Isola, con l’avvento dei normanni nel 1062, prima di passare nel 1324 sotto l’egemonia dei Branciforti, nobile famiglia piacentina. Ma è nel corso del ‘600 che entra nella storia cittadina un personaggio impor-tante che ne rivoluzionerà gli esiti, facendo sì che giungano fino a noi molti tasselli in pietra del lungo passato cittadino: si tratta di Carlo Maria Carafa, vissuto tra il 1650 e il 1695, principe di Butera, architetto, letterato e me-cenate di pittori e scultori che negli anni del suo regno giungeranno numerosi a Mazzari-no, dando vita a numerosi capolavori archi-tettonici sotto forma di chiese e di palazzi

S

nobiliari. Di quel periodo, purtroppo, non ri-mane molto, a causa del terremoto che nel 1693 distrusse buona parte dei paesi della Sicilia orientale; ma quello che ancora oggi rimane degli antichi monumenti ci permette di toccare con mano l’importanza che questa cittadina del nisseno dovette assumere alla fine del ‘600, all’epoca in cui era il domicilio ufficiale di un nobile di primaria importanza nell’Isola, un innovatore che attuò importanti riforme come l’istruzione gratuita e l’introduzione della stampa nelle tipografie impiantate nel paese.

Dopo una prima passeggiata lungo il corso principale, volta ad ammirare le facciate ricamate di barocco delle varie chiese, scesa l’oscurità, si è anche aperta la fame smisurata delle consuete cavallette che, per ovviare al problema, si sono riunite presso il ristorante “La cantina di Bacco”, dove stipati nei tavoli del piccolo locale denso di atmosfera, hanno fatto la festa ad una serie quasi infinita di an-tipasti, dai formaggi alle verdure locali, in un tripudio di sapori genuini che ha entusiasma-to dapprima - e “appanzato” poi - adeguata-mente i presenti, preoccupati prima dell’arrivo della carne e delle sfingi di ricotta di perdere la reputazione da cavallette. Ma fortunata-mente, nonostante le numerose portate, i no-stri eroi, grazie a frequenti brindisi con otti-mo vino rosso, sono riusciti a portare a ter-mine le abbondanti libagioni senza dover ri-nunciare a niente di ciò che veniva portato a tavola e a tornare quindi, anche se un po’ tra-ballanti, alle proprie mansarde, dove si sono arrampicati stremati. Il mattino dopo solo una grande au-todisciplina ha permesso ai partecipanti di es-

sere puntuali all’appuntamento con la guida che il Comune aveva messo a disposizione, Paolo Bognani, per colpa anche dell’avvento dell’ora legale che ha costretto tutti a rinun-ciare ad una preziosa ora di sonno. Ma la visi-ta della cittadina ben meritava questo “sacrifi-cio”: se ne sono resi conto tutti apprezzando via via le accurate spiegazioni del nostro anfi-trione che ci ha fatto toccare con mano le bellezze artistiche locali. A cominciare dalla Chiesa Madre di Santa Maria della Neve, risa-lente al ‘500, ma ricostruita in forme baroc-che grazie ad un lascito di Carlo Maria Cara-fa, pur se l’originario grandioso progetto è rimasto purtroppo incompiuto; al suo interno si nota la tela della Madonna della Neve e uno stupendo coro ligneo a bassorilievo composto da 36 scene del Vecchio e del Nuovo Testamento.

La sosta seguente, dopo aver ammi-rato la facciata di diversi palazzi nobiliari, è stata presso la chiesa di Santa Maria del Maz-zaro, risalente al 1100 e ricostruita dopo il terremoto a fine ‘700, famosa per il miraco-loso dipinto della Madonna del Mazzaro ritro-vato all’inizio del 1100 nel luogo in cui fu poi costruita la chiesa; nella cripta, a pochi passi dal ritrovamento del dipinto, ci siamo riuniti tutti per pregare per la pace del mondo, in un momento così grave e doloroso, con la spe-ranza che un maggiore dialogo tra le varie culture possa portare al rispetto reciproco e, quindi, proprio alla pace, sull’esempio di quel dialogo che noi camperisti cerchiamo di por-tare sulle strade del mondo, alla scoperta del-le realtà altre e del rispetto per tutto ciò che è diverso da noi.

Dopo la pausa per il pranzo l’esplorazione è continuata visitando dappri-ma i resti del castello, chiamato familiarmente “u cannuni” per la somiglianza della sua torre cilindrica con un cannone, fortezza a difesa del paese fin dall’epoca romano-bizantina e poi abitazione dei Branciforti fino alla metà dell’800, dove sorge anche un teatro all’aperto regolarmente usato in estate; la visi-ta è proseguita poi con la sosta presso la chiesa del SS. Crocifisso dell’Olmo, risalente al V secolo, che ospita un pregevole Crocifis-so ligneo conservato in una portantina di fer-ro del peso di 14 quintali che, con grande devozione, viene portata a spalla da 120 uo-mini scalzi e coperti solo da un camicione la prima domenica di maggio.

L’ultima tappa del nostro giro alla scoperta di Mazzarino è stata presso la Chie-sa di San Francesco annessa a Convento dei Cappuccini, che conserva un’opera di prege-volissima fattura, l’Altare maggiore intarsiato in tartaruga, madreperla, osso, avorio e radici di fichidindia, interamente realizzato in dicias-sette anni di lavoro certosino da frate Angelo Gagliano; si tratta di un’opera di grande bel-lezza, che ha lasciato i nostri eroi letteralmen-te a bocca aperta, per i numerosi splendidi particolari messi in mostra dalle incisioni. E, come se tutto questo non bastasse, i gentilis-simi frati Cappuccini ci hanno anche permes-so di visitare la loro importantissima bibliote-ca, che ospita libri pregiati di vari secoli, tra cui alcuni sestine e incunaboli. Con gli occhi ancora pieni delle nu-merose bellezze cittadine siamo giunti infine alla conclusione della visita e ci siamo resi conto con stupore che era già pomeriggio inoltrato; così non ci è rimasto altro da fare che riprendere la rotta verso casa, consolati dalla consapevolezza di aver vissuto un week-end di grande interesse culturale e … gastro-nomico.

M. F.

Tra sacro e profano Nel corso del lungo fine-settimana pasquale, dall’8 all’12 aprile, siamo andati a zonzo nella Sicilia centro-orientale, alla scoperta di toccanti manifestazioni reli-giose a San Cataldo e a Modica, ma anche di tesori architettonici e naturalistici, per non parlare delle mangiate luculliane…

uattro giorni di libertà, in fuga dal tran tran quotidiano, costituivano un’occasione troppo ghiotta per non organiz-zare qualcosa di importante attorno a Pasqua; molti nostri soci, d’altronde, dopo quattro anni che non accadeva (l’ultima volta era sta-to in Calabria a Laino Borgo nel 2000), ave-vano anche chiesto che si organizzasse una gita che potesse toccare località nelle quali erano organizzate manifestazioni che avesse-ro attinenza con la Settimana Santa.

E così è nata la gita di cinque giorni (prolungati da quasi tutti i soci presenti di un altro giorno) che ha portato una decina di equipaggi alla scoperta delle manifestazioni religiose del Venerdì Santo a San Cataldo e della Domenica di Pasqua a Modica, ma an-che di castelli incantati come quello di Don-nafugata, di paradisi naturalistici e archeolo-gici come quello delle Cave di Ispica, e di pranzi “mostruosi” alla ricerca dei sapori tipici e genuini delle zone visitate (in particolare il ragusano). Ne è venuto fuori un tour che ha miscelato egregiamente religiosità, cultura, natura e divertimento puro e che ha comple-tamente rigenerato tutti facendo arrivare l’ultimo giorno del raduno in un battibaleno. Ma andiamo per ordine, seguendo la fedele cronaca di questi fantastici giorni.

La processione dei Misteri a San Cataldo

Tutto ha avuto inizio giovedì 8 aprile, quando, dopo i consueti preparativi per af-frontare al meglio i giorni di vacanza, ci siamo diretti verso San Cataldo, cittadina a ridosso di Caltanissetta dove si celebrano solenni manifestazioni religiose nel corso di tutta la Settimana Santa. Dopo che la nostra carova-na di camper, accompagnata da Alba Pagano, una gentilissima collega del Banco di Sicilia, si è sistemata nel parcheggio interno alla

scuola San Giuseppe, messoci a disposizione dall’Amministrazione Comunale, abbiamo fat-to un primo giro di perlustrazione nel centro storico cittadino, prima di ritirarci nei nostri camper, cercando di recuperare un po’ di sonno perché il giorno seguente, Venerdì Santo, ci attendeva una levataccia per assiste-re alla prima processione in programma.

In effetti l’indomani, prima ancora che il cielo venisse rischiarato dall’alba na-scente siamo stati svegliati dai mortaretti che annunciavano la processione del Cristo sul Cataletto, durante la quale la statua del Cristo morente, disteso su un cataletto sorvegliato agli angoli da quattro angeli, viene accompa-gnata dalle statue di San Giovanni e dell’Addolorata fino alla cappelletta posta sot-to una grande croce nella piazza del Calvario. L’atmosfera era molto solenne, mentre le sta-tue, precedute dalle congregazioni religiose, dal vescovo e dalle forze dell’ordine in alta uniforme, sfilavano lungo le vie su cui si af-facciavano i balconi listati a lutto con i drappi viola, e la banda seguiva il mesto drappello suonando nenie funebri. C’è da dire che la manifestazione si svolge immutata da secoli ed è seguita in religioso silenzio da migliaia di fedeli (nonostante l’orario antelucano), molti dei quali sono emigranti che tornano in que-sto periodo nel paese d’origine per poter par-tecipare alle cerimonie della Settimana Santa. Nella tarda mattinata ha avuto poi luogo la Processione dei Misteri, nel corso della quale sono sfilate otto “vare” del ‘700

Q

che raffigurano diversi momenti della passio-ne di Cristo, come l’incontro tra Gesù e Pila-to, la Veronica o la Crocifissione, e che erano accompagnate dagli “incappucciati”. Di colpo sono tornate in mente le atmosfere misterio-se dei Beati Paoli e la solennità ha preso cor-po, mentre la banda accompagnava le vare fino al Calvario per rendere omaggio al Cristo sul cataletto. In questo triste scenario, ben intonato al giorno in cui si celebra la morte di Gesù, la statua del Cristo veniva messo in croce, dove sarebbe rimasta fino all’imbrunire.

Dopo tanta sacralità in un giorno di profondo lutto per tutti i cristiani, ci siamo quindi abbandonati alla nostra indole umana, fermandoci a mangiare presso la trattoria “Il pirata”, gestita da un bravo chef tunisino che ha preparato apposta per noi, essendone sta-to preavvisato la sera prima dalla nostra Alba Pagano, dell’ottimo cous-cous di pesce, se-guito da un fritto di calamari e gamberi e da un fresco sorbetto di limone, che ci ha aiuta-to a tenere a bada il caldo che si faceva sem-pre più asfissiante. E poi, dopo un rigenerante pomeriggio di relax durante il quale la tempe-ratura ha superato i 30 gradi, ci siamo prepa-rati ad assistere alla “Scinnenza”. La manifestazione, che si è rivelata grandiosa e di notevole impatto emotivo, rie-voca la drammatica vicenda del Golgota nel vasto scenario della piazza del Calvario, arric-chita da scenografie, musiche e luci. Le origi-ni di questa rappresentazione che vede recita-re una cinquantina di attori non professioni-sti, che impersonano i ruoli principali dei pro-tagonisti della passione di Cristo, risale al

‘600 e nel corso dei secoli ha subito alcune trasformazioni fino a giungere alla forma at-tuale nel 1875, grazie ai versi di Francesco Medico che la pubblicò con il titolo “La di-scesa della croce”, mentre dal 1966 viene preceduta dalla “salita al Calvario” che fa sì che la rappresentazione sia divisa in due atti distinti: la “via dolorosa” e la “Scinnenza”.

Mentre gli spazi intorno a noi si riempivano di gente fino all’inverosimile e l’oscurità calava sulla scena, ha avuto inizio la rappresentazione con il percorso effettuato da Cristo che si trascinava dietro la croce verso il martirio, cui è seguito il commovente incontro della Madonna con il Figlio e la cro-cifissione di Gesù con la sua morte. E poi ec-co il momento del colpo di lancia del legiona-rio Longino da cui sprizzava il sangue di Cri-sto morto che lo avrebbe guarito dalla cecità di un occhio, cui ha fatto seguito un boato che insieme agli effetti pirotecnici simulava quasi l’apertura di un baratro nella terra indi-gnata per un tale sacrilegio. E ancora, il pen-timento di Misandro, il pianto di Maria e il solenne momento della discesa dalla croce (la scinnenza), con il triste fardello del Cristo morto che veniva trasportato verso la Sacra Urna, prima che quest’ultima fosse ricondotta alla Chiesa Madre, seguita dal corteo dolente dei fedeli, dell’Addolorata e di San Giovanni. Quasi senza rendercene conto ci siamo ritrovati completamente calati nella tragedia che i bravissimi attori recitavano da-vanti a noi e abbiamo seguito con grande emozione l’insieme dei momenti strazianti che ripercorrono la passione di Cristo, riflet-tendo una volta di più sulla follia del genere umano che non sembra avere imparato nulla dai propri errori neanche a duemila anni di

distanza, come dimostrano i sanguinosi avve-nimenti che continuano ad accadere in Iraq, nel Medio Oriente o nel Centro Africa. Dopo la fine di questa toccante rap-presentazione, dopo le 22, immersi in un ba-gno di folla che invadeva ogni centimetro quadrato delle strade cittadine, ci siamo diret-ti lentamente verso il vicino “accampamento” dei nostri camper, commentando la grande sacralità che aveva giustamente caratterizzato il nostro Venerdì Santo, ancora increduli che una cittadina come San Castaldo potesse or-ganizzare delle manifestazioni così grandiose e spettacolari.

Il castello di Donnafugata L’indomani, di buon mattino, ci siamo quindi spostati verso sud-est fino a raggiun-gere nel ragusano il Castello di Donnafugata,fatto edificare nel XIX secolo su una torre duecentesca dal barone Corrado Arezzo; il suo nome deriva dall’arabo “Ain-jafat” che si-gnifica fonte di salute. La sua facciata neo-gotica è contraddistinta da merli, da bifore e da una galleria composta da coppie di colon-nine che allegeriscono l’insieme, oltre ad es-sere incorniciata da due torrioni laterali; di-verse leggende sono collegate al maniero, come quella che narra di una donna prigio-niera tra le sue pareti che riuscì a scappare: da qui il nome dialettale di “Ronnafugata”, cioè donna fuggita, da cui secondo alcuni il castello avrebbe preso il nome. Ma la donna in questione sarebbe la regina Bianca di Na-varra, presa prigioniera dal perfido conte Bernardo di Cabrera, e quindi l’episodio ri-mane confinato nella leggenda, dato che all’epoca dei fatti, nel XIV secolo, il castello non era stato ancora costruito. Il maniero fa comunque pensare alle favole, con la sua superficie di 2.500 metri quadrati che si snoda lungo 122 stanze, una parte delle quali sono state recentemente ria-perte al pubblico dopo lunghi anni di restau-ro; spiccano gli affreschi e i pregevoli arredi della Sala della Musica, della Sala del Biliardo e del Salone degli Specchi. La costruzione, dato il suo impatto visivo fortemente sceno-grafico, è stata spesso usata come set cine-matografico, sia da Visconti che vi girò alcu-

ne scene del Gattopardo che, più recente-mente, come sfondo per la casa del boss Si-nagra, nell’ambito della serie di telefilm del commissario Montalbano, riuscito personag-gio nato dalla penna di Camilleri e interpreta-to dal bravissimo Luca Zingaretti.

Molto suggestivo è anche il parco, adorno di maestosi ficus e di piante esotiche, nei cui meandri, quasi in preda ad una caccia al tesoro, si possono scoprire fontane, tem-pietti e perfino labirinti nei quali perdersi. Ma dopo tanta cultura, le cavallette “made in BdS” si sono scatenate nell’assaggio delle opulente scacce ragusane (con ricotta, con melanzane, con pomodoro e formaggio…) e di pregevoli caciotte preparate al momento dai pastori che tuttora vivono attorno al ca-stello e che ovviamente stillavano ancora lat-te. E poi, attraverso prati verdissimi sol-cati dai tipici muretti a secco della provincia ragusana, siamo andati scientificamente alla ricerca di una masseria famosa per i formag-gi, lungo strade che sembravano tutte uguali, costringendoci, grazie ad una segnaletica in-sufficiente, ad inversioni ad U continue, tra le risate generali. Ma cosa c’è di più bello di va-gabondare per la nostra bellissima terra?

Le cave di IspicaDopo ulteriori acquisti di caciocavallo

ragusano, con una temperatura sempre più afosa, ci siamo diretti alle Cave di Ispica, che ci sono apparse all’improvviso come un in-sieme di rocce costellate da buchi che, tutti presi come eravamo dall’acquisto dei for-maggi, lì per lì ci hanno fatto pensare all’emmenthal. In questa fenditura naturale situata fra Modica e Ispica, lunga circa 13

chilometri, si trovano numerosi abitazioni trogloditiche, piccoli santuari e necropoli, con insediamenti umani che risalgono al neolitico; le grotte che costellano la roccia sono state create dalla natura grazie al fenomeno carsico e adattate dall’uomo alle sue esigenze. D’altra parte, la zona ricca di acqua e la roccia molto tenera che si apriva in grotte naturali costitui-vano una notevole attrattiva per gli uomini di epoche così remote perché non ne approfit-tassero largamente. E ancora ai giorni nostri sono visibili tra la vegetazione numerosi an-fratti, usati fino al secondo dopoguerra perfi-no come stalle e in qualche caso anche da abitazioni.

Ma ben più importanti sono le vaste catacombe di epoca paleocristiana (del IV–V secolo) che si aprono in una parte delle cave e che ospitano quasi cinquecento loculi tom-bali (la Larderia), con una navata centrale e due ali laterali aggiunte in seguito. Così come altrettanto importante è, di fronte all’ingresso della zona recintata, la piccola chiesetta rupe-stre di San Nicola, che ospita ancora alcune tracce di affreschi d’età bizantina, tra cui quel-lo di una Madonna con il Bambino.

A Modica per “a Maronna Vasa Vasa”

Dopo questo tuffo nel passato la ca-rovana dei nostri camper si è spostata nella vicina Modica, dove ci siamo sistemati pres-so il grande e centralissimo parcheggio sotto la stazione ferroviaria dopo il Mercato Orto-frutticolo; qui, dopo una prima passeggiata nel vicino centro della cittadina, alla ricerca di beni di prima necessità (come pane, carne per il vicino rito della Pasquetta, scacce dai mille gusti, e pregiato cioccolato medicano, realizzato seguendo le ricette degli atzechi), siamo tornati ai camper dove, dopo una pia-cevole chiacchierata corale, siamo crollati stremati in mansarda a causa della giornata intensa, ma molto soddisfacente.

Il mattino dopo, Domenica di Pasqua, ci siamo dedicati sotto un cielo azzurro e con un caldo sempre più intenso alla rinnovata esplorazione di Modica, deliziosa cittadina ricamata di barocco e disposta su due livelli in modo da formare due città in una, Modica Alta e Modica Bassa, collegate tra loro da in-finite scalinate. Così ci siamo ritrovati a visita-re, in una pregevole carrellata, il Duomo di San Pietro e Paolo, situato nella parte bassa della cittadina e preceduto da un’ampia scali-nata arricchita dalle statue dei dodici apostoli, il Corso Vittorio Emanuele, incorniciato da palazzi nobiliari e da vetrine di dolcerie che mettevano in mostra le creazioni di cioccola-to (alla vaniglia, alla cannella, al peperonci-no…), e l’ornato Duomo di San Giorgio, sino-nimo stesso del barocco e simbolo della rico-struzione cittadina effettuata nel ‘700, dopo che il rovinoso terremoto del 1693 la di-strusse quasi completamente. All’interno di quest’ultimo, situato a Modica Alta e rag-giungibile dopo numerosi scalini, sono visibili il pregevole polittico dorato del ‘500, siste-mato alle spalle dell’altare, e l’urna d’argento che racchiude le reliquie di San Giorgio, pa-trono di Modica.

Quindi siamo ridiscesi verso Modica Bassa, fermandoci in Corso Vittorio Emanue-le, davanti al municipio, dove abbiamo assisti-to allo svolgimento della processione della

“Maronna Vasa Vasa”, mentre intorno a noi la piazza e il corso si riempivano all’inverosimile, grazie ad un bagno di folla che annoverava diverse migliaia di persone, provenienti da tutta la Sicilia.

La manifestazione consiste in due processioni distinte, che partono entrambe dalla chiesa di Santa Maria di Betlem, una con il simulacro del Cristo redento e l’altro con il simulacro dell’Addolorata in gramaglie. Le due processioni, ciascuna con una banda musicale al seguito, confluiscono in piazza Municipio qualche momento prima del mez-zogiorno, provenendo dalle due direzioni del corso: non appena la Madonna vede il Cristo perde il velo nero, rimanendo con il classico abito azzurro, mentre gli applausi entusiastici della folla e lo sparo dei mortaretti riempiono il cielo, solcato dal volo augurale di alcune colombe appositamente liberate. Poi le due statue si avvicinano sempre di più fino ad in-contrarsi, con la conseguente vasata, il bacio e l’abbraccio simbolico tra la Madonna e il Cristo, che avviene mediante marchingegni per cui alcuni meccanismi del fercolo fanno muovere la braccia della Madonna per ab-bracciare il Figlio o per benedire la folla.

Inutile dire che la scena, ripetuta suc-cessivamente altre due volte nelle vicinanze del Duomo di San Pietro con consumata tea-tralità, provoca autentiche ovazioni tra i pre-senti e commuove anche i più indifferenti, mentre i due simulacri si abbracciano fino a “baciarsi”, dando vita ad un incontro sopran-naturale, incorniciato da frotte di colombe che solcano il cielo e che sembrano in grado di portare ovunque un sentito messaggio di pace “a tutti gli uomini di buona volontà”.

Dopo aver provato tante emozioni,

come già accaduto a San Cataldo ci siamo rifocillati tutti insieme nel vicino ristorante “L’arco”, consumando un magnifico pranzo pasquale, a base di scacce, gelatina di maiale, salame, ravioloni con ricotta e formaggio, ca-vateddi con asparagi, fagottini con spinaci e ricotta al ragù di maiale, grigliata mista di carne con maiale, salsiccia e castrato, frittella di piselli, fave e carciofi, macedonia di frutta, cassatele con ricotta e spumante, il tutto in-naffiato da un ottimo vino rosso che ci ha “costretto” a fare numerosi brindisi. E qui le cavallette BdS hanno dato il meglio di sé, spolverando tutto quel bendidio a tempo di record fino all’ultima briciola, chiedendo sva-riati bis e infine rendendo i piatti così lustri che il relativo lavaggio è diventato un optio-nal.

E poi, immersi in un caldo africano, per smaltire tutte queste calorie c’è chi è tor-nato a fare un riposino in camper e chi, inve-ce, si è recato a visitare il Museo Ibleo delle Arti e Tradizioni Popolari, che raccoglie minu-ziose ricostruzioni della vita contadina della contea di Modica dell’800, con diverse bot-teghe perfettamente ricostruite, al punto da dare l’impressione di invadere la privacy degli artigiani intenti al loro lavoro, con il bagghiu,la tipica masseria con la stalla e gli attrezzi da lavoro, e con la casa ri stari, con la cucina, dove la donna di casa trascorreva la maggior parte del tempo, e la camera da letto, sovra-stata dalla culla da dondolare per fare calmare i neonati e completata da alcuni recipienti per la conservazione del grano e dai ritratti degli antenati. E qui abbiamo avuto la fortuna di rivivere i tempi dei nostri bisnonni grazie alle appassionate spiegazioni della guida del mu-seo, che ci ha accompagnato in un excursus

temporale in grado di cancellare gli ultimi cento anni per farci tuffare in atmosfere da pieno ‘800, alla scoperta di un mondo conta-dino ormai purtroppo quasi del tutto perduto. E nel nostro girovagare museografico ci sia-mo imbattuti anche nella dolceria, che mette in mostra gli attrezzi e le materie prime per i dolci tipici della cittadina, gli impanatigli, a base di tritato di carne e cannella, e l’onnipresente cioccolato fondente lavorato a freddo secondo la ricetta degli atzechi, mu-tuata direttamente dagli spagnoli conquista-dores e rinnovata in questa cittadina che per centinaia di anni fu il nucleo della contea di Modica, una delle più importanti del territorio di influenza spagnola in Sicilia.

Nel tardo pomeriggio, con gli occhi ancora colmi delle meraviglie ammirate nel corso della giornata, abbiamo ripreso la rotta dirigendoci poco oltre Gela e approdando nell’area attrezzata “Meridiana Park”, scenario ideale per le nostre arrustute corali di carne e salsiccia della Pasquetta imminente.

Pasquetta in relax Dopo una rigenerante notte di sonno

ci siamo svegliati con il cielo azzurro e con il profumo delle acacie che incorniciavano i via-letti dell’area attrezzata; ma già a metà matti-

na fervevano i preparativi per il pranzo di Pa-squetta, e un po’ dovunque si potevano vede-re pentole sul fuoco che custodivano tesori come i finocchietti di montagna raccolti nella passeggiata alle cave di Ispica, nonché fave e carciofi acquistati dai contadini limitrofi alla Meridiana Park, mentre poco dopo si è dato il via ad una batteria di barbecue, su cui sono stati deposti chilometri di salsiccia, montagne di carne e spiedini e fettine di bruschetta da condire in mille modi. Tutte cose divorate fra mugolii di giubilo e commenti entusiastici da parte dei commensali, per concludere con un intero gregge di pecorelle di pasta reale, im-molatesi come tutto il resto per il bene delle nostre “panze”.

Dopo questo “spuntino” non ci è ri-masto che goderci i caldi raggi del sole ed entrare in sintonia con la natura circostante, fino al momento del rientro a casa, avvenuto in serata però solo per il presidente, perché tutti gli altri partecipanti alla gita, spinti l’uno dall’altro, hanno pensato bene di godersi un altro giorno di libertà in assoluto relax. Tale era stato il successo della gita...

Mimma Ferrante e Maurizio Karra

Persi nella nebbia Il 24-25 aprile si è organizzata una gita a Geraci Siculo, ma non avevamo tenuto conto di un ospite che si è presentato senza invito: la nebbia che ha avvolto ogni angolo della cittadina in un’atmosfera gotica tipica della Londra di fine ‘800...

na dozzina di camper si sono “in-travisti” lungo la strada che, nel week-end del 25 aprile, li conduceva a Geraci Siculo, citta-dina dalle atmosfere medievali situata nel cuore delle Madonie; intravisti perché, chilo-metro dopo chilometro, una nebbia così spessa da poter essere tagliata con il coltello ha ben presto avvolto ogni cosa. Ma nono-stante la nebbia che ha fagocitato i contorni e annullato l’orizzonte, i nostri eroi sono riusciti ugualmente a visitare Geraci Siculo, anche se per combattere il freddo e l’umidità sono stati costretti ad andare in giro come clown, a causa dei cappotti, berretti, guanti e maglioni che li coprivano fino agli occhi con effetti molto spassosi (vedere le foto per credere!).

Alcune immagini dei nostri eroi tra la nebbia di Geraci Siculo

Ma sebbene le condizioni climatiche fossero quasi proibitive e la visibilità fosse appena di pochi metri, i coraggiosi soci Plein Air BdS sono riusciti a visitare la Chiesa Ma-dre, dedicata a Santa Maria Maggiore, con il magnifico coro dipinto e il tesoro d’arte sacra appartenuto ai Ventimiglia, la Chiesa del Col-legio di Maria, tuttora appartenente alle suo-re, la chiesa di San Giuliano, con un notevole altare ligneo sistemato nella sacrestia, la chie-sa di Santa Maria la Porta, che ospita un pre-gevole portale e un affresco del ‘400 che raf-figura la Madonna con il Bambino.

E sono riusciti, tra i vari acquisti di salsiccia, caciotte e biscotti, a intravedere e ammirare anche il campanile maiolicato della chiesa di Santo Stefano, che ogni tanto appa-riva come un miraggio tra la nebbia. Ma non è tutto: come al solito (o forse più del solito) le cavallette hanno avuto pane per i loro den-ti, sia la sera del sabato grazie ai variegati an-tispati a base di formaggio, salumi e sottaceti che hanno preceduto la bruschetta e la pizza presso la trattoria “La Contea” (dove sono stati festeggiati anche Giulia ed Elio Rea per il 29° anniversario del loro matrimonio), sia la domenica con il gustoso pranzo preparato dalle monache della Chiesa del Collegio di Maria, a base di formaggi, caponata e carcio-

U

fini sott’olio, spaghetti con l’”estratto” e il ra-gù di salsiccia, l’arrosto misto con contorno di finocchietti e insalata di pomidoro e, infine, i biscottini farciti con marmellata all’arancia.

Un momento della tavolata comune e, in basso, Giulia ed Elio che han-no festeggiato nell’occasione il loro 29° anniversario di matrimonio

Alla fine del luculliano pranzo, i commenti dei partecipanti sulla gita “nebbio-sa” sono stati entusiastici, stimolati dal presi-dente che l’ha definita una gita intessuta di emozioni, sensazioni e sentimenti più che di luoghi visitati, condita da tanta voglia di stare insieme.

Rina Amato ha commentato: “Questo raduno è il risultato di una grande voglia di stare insieme, che spesso ci fa partecipare anche se gli impegni di lavoro o di famiglia non ce lo permetterebbero”. A lei ha fatto eco Enzo Triolo: “Nonostante il freddo e la nebbia è stata grande la voglia di condividere momenti ed emozioni e comunque, nono-stante le condizioni climatiche avverse, siamo riusciti a visitare buona parte del paese. E for-se così mi abituerò più in fretta ai climi polari che potrei trovare nella mia prossima scalata verso Capo Nord”.

Voglia di ritornare a casa? Nient’affatto: Angelo Acquisto ne è stato il maggiore testimonial: “Io vorrei fare una pro-posta” ha detto con voce ferma: “restiamo qui tutti insieme almeno un’altra settimana”. E Ninni Fiorentino, sempre affettuoso e “cocco-loso” nei riguardi della moglie: “E pensare che io ero preoccupato per l’orecchio di mia mo-glie Concetta; invece è stato davvero bellis-simo!”. Bellissimo anche il commento di Giu-lia Crivello: “E’ stato un incontro meraviglioso perché siamo stati insieme benissimo, perché il paese è bellissimo e, forse proprio a causa della nebbia, ci ha avvolto in un’atmosfera magica!”. E quello di Aldo Tuccio: “E’ stata una bellissima giornata, in cui ci siamo ritro-vati ad essere come fratelli e sorelle”. Eduardo Spadoni ha poi aggiunto: “Nel corso del 25 aprile, che è una ricorrenza politica, ci ritroviamo tutti insieme nel pieno rispetto delle idee politiche diverse che cia-scuno di noi ha, in piena democrazia e amici-zia”. E anche Pietro Petralia ha espresso il proprio pensiero in modo simile: “Questo tempo nebbioso ha fatto rinsaldare lo spirito del Club!”. Alla fine la conclusione è toccata ad Alfio Amato: “Tutto sommato, è stata una gradita sorpresa la nebbia, così come la bella esperienza del pranzo dalle monache, che merita di essere ripetuta se ripasseremo da Geraci Siculo, e tutto questo ancor più bello nello stare tutti insieme. Viva l’Italia!”.

Foto di gruppo in un raro momento di “visibilità”

Per dovere di cronaca dobbiamo dire che questi commenti sono stati fatti dopo al-cuni litri di frizzante vinello rosso di casa... Ma siamo sicuri che la sostanza del discorso non sarebbe cambiata neanche da sobri!

Una fuga bucolica Nel corso del ponte del 30 aprile - 2 maggio siamo “fuggiti” verso la Sicilia orien-tale, alla scoperta dei luoghi del lavoro contadino - tra Palazzolo Acreide e Bu-scemi - trasformati in suggestive quinte museografiche

avvicinarsi della festa dei lavo-ratori ci imponeva di non lavorare, nel corso del ponte del 1° maggio, e il miglior modo per disintossicarsi dal lavoro ci è sembrato quello di fuggire in camper, protagonisti di una sacrosanta fuga di libertà, alla scoperta di due perle della Sicilia orientale: Palazzolo A-creide e Buscemi. La voglia di fuggire si è amplificata quando nel pomeriggio del 30 a-prile ci siamo trovati fagocitati da un traffico micidiale in uscita da Palermo, grazie alla bril-lante idea di qualche testa d’uovo che aveva dato disposizioni per asfaltare l’imbocco dell’autostrada proprio alla vigilia del ponte del 1° maggio, con gli ingorghi e le code fa-cilmente immaginabili. Ma finalmente, dopo qualche sacrosanta imprecazione, siamo arri-vati alla spicciolata, anche se fin dopo mezza-notte, al luogo dell’appuntamento, presso l’area di servizio di Sacchitello. Il mattino dopo, 1° maggio, ci siamo rimessi in moto di buonora fino a Palazzolo Acreide, dove ci siamo incontrati con Alfio Triolo e con Emanuele Amenta, che sono sta-ti gli impeccabili organizzatori del raduno. Dopo i baci e gli abbracci di rito, siamo anda-ti alla scoperta della cittadina che vanta note-voli attrattive turistiche, grazie al suo centro storico ricamato di barocco, ricostruito dopo il disastroso terremoto del 1693, e alla sua notevole area archeologica, risalente all’epoca della fondazione cittadina, nel VII secolo a.C. come roccaforte in difesa della città stato di Siracusa. La prima tappa del nostro girovagare è stata presso il Giardino storico della cittadi-na, immerso in un tripudio di fiori dai mille colori e di profumi che sapevano di primave-ra, dove abbiamo riossigenati i nostri asfittici polmoni cittadini, prima di andare alla scoper-ta dei tesori barocchi del centro, con la visita della chiesa di San Sebastiano, facente parte

dei monumenti dichiarati dall’Unesco Patri-monio dell’Umanità, insieme alla chiesa di San Paolo, grazie ai suoi intarsi barocchi, del-la chiesa dell’Immacolata, che ospita una splendida Madonna con Bambino del Laura-na, e di alcuni notevoli palazzi nobiliari, come Palazzo Judica.

Dopo un salto alla pasticceria Corsi-no, famosa in tutta la Sicilia orientale per la prelibatezza dei suoi dolci (e qui le cavallette BdS hanno dimostrato quanto tengono anche a questa ...cultura), i nostri eroi sono tornati ai camper, situati a poche centinaia di metri dal centro storico, per un frugale pranzo, prima di cominciare la visita guidata pomeri-diana che li ha condotti prima di ogni cosa alla Casa-Museo di Antonino Uccello, situata in un’ala di Palazzo Ferla dove, secondo le pa-role del suo ideatore “si è voluta aprire al pubblico una casa della civiltà contadina, con un continuo fluire di collezioni, mostre, mani-festazioni legate al territorio e a particolari momenti della vita civile e sociale”.

Al suo interno è possibile calarsi in una profonda suggestione che dà il senso di una vera e propria casa contadina, esplorando l’atrio in cui è collocata una collezione di piat-ti di ceramica, la casa ri massaria, che costi-tuiva la cucina e la stanza di lavoro della fa-miglia del massaro, con il forno in pietra e

L’

mattoni, la casa ri stari, con un letto a due piazze sul quale è sospesa la culla, il trappitu,cioé il locale adibito alla produzione dell’olio, e la ex-stalla, dove la sicilianità sembra esplo-dere in mille sfolgoranti colori, grazie alla presenza di una variegata collezione di pupi, di numerosi cartelloni usati come sfondo per il teatro popolare e di particolari dei tipici car-retti siciliani in legno dipinto.

Pupi e teloni del teatro dei pupi esposti alla Casa-Museo Antonino Uccello

La tappa seguente è stata poi presso l’area archeologica di Akrai, l’antico nome di Palazzolo Acreide, che sovrasta la cittadina, dove si può visitare il piccolo teatro ellenisti-co, risalente al III secolo a.C., di circa 700 posti, che tuttora ospita rappresentazioni classiche allestite da studenti dei licei, oltre alla Latomie dell’Intagliata e dell’Intagliatella, in cui sono presenti numerosi ipogei e sepol-ture di età cristiana; all’esterno di queste strutture, scavate nella roccia, sono ancora identificabili alcuni dipinti votivi (pinakes),come quello che descrive una scena sacrifica-le e un banchetto degli eroi, con la figura di un guerriero romano che compie un sacrificio

Inutile dire che, dopo avere letteral-mente scalato la rocca su cui è adagiata Pa-lazzolo Acreide, i nostri eroi erano alquanto stanchi, anche se alcuni di loro erano stati gentilmente trasportati su e giù da Emanuele e Larissa Amenta a bordo della loro auto, che per l’occasione si è trasformata in un una sor-ta di taxi collettivo; comunque tutti hanno po-tuto riposare le stanche membra e rilassarsi nel corso della serata all’interno di uno splen-dido palazzo gentilizio, trasformato nel risto-rante di charme “Il portico” dove, tra pavi-menti in maiolica invetriata dell’800 e soffitti con stucchi, le cavallette sono venute digni-tosamente, ma lentamente, allo scoperto, fa-cendo sì infine che i brindisi si susseguissero senza posa e senza freni inibitori, del tutto allentati dal vino rosso servito a tavola. E poi, un po’ barcollando, un po’ camminando, i no-stri eroi sono tornati ai camper e sono stra-mazzati sulle mansarde, per piombare nel sonno del giusto.

La mattina della domenica, 2 maggio, un fantastico cielo azzurro ci ha dato il buon-giorno e ha fatto da cornice all’arrivo di una splendida Jaguar del ’65, guidata da Emanue-le Amenta, che si è ritrovato ben presto cir-condato dall’ammirazione dei presenti.

In alto il Mulino Santa Lucia, vicino Palazzolo Acreide In basso la Chiesa Madre di Buscemi

Subito dopo ci siamo diretti ai margi-ni del paese dove, dopo aver lasciato i nostri mezzi, siamo scesi con un bus navetta in una vallata verdissima disseminata di fiori di cam-po, dove sorge in uno scenario da Eden un mulino ad acqua circondato da diverse sug-gestive cascatelle. Le esclamazioni di gioia per questo tuffo nella natura più incontamina-ta si sono sprecate tra i nostri eroi, mentre scendevano verso il Mulino di Santa Lucia, risalente al XVI secolo e perfettamente fun-zionante, al cui interno grazie alle spiegazioni del dottor Rosario Acquaviva, bibliotecario del vicino centro di Buscemi e responsabile del progetto dei luoghi del lavoro contadino, si è potuto vedere il grano macinato in diretta dalle enormi ruote in pietra.

La vallata era talmente bella, sotto il sole che faceva luccicare le diverse tonalità di verde dell’erba e degli alberi, i mille colori dei fiori e il gorgogliare delle cascate, che i pre-senti avrebbero voluto restare ancora a lungo a godere di questo autentico paradiso terre-stre; ma li attendeva ancora un fitto pro-gramma di visite presso il vicino paese di Bu-scemi, trasformato letteralmente in un paese-museo per la presenza di numerose case e botteghe contadine, sistemate e arredate an-cora come se gli abitanti dovessero entrarvi da un momento all’altro, dando così l’illusione ai visitatori di trovarsi a metà ‘800, ospiti del-la società contadina della Sicilia orientale.

La visita, sempre con il dott. Acquavi-va come guida, si è articolata attraverso mi-nuscoli cortiletti in pietra viva di impronta a-raba, su cui si affacciano modeste casette, come la casa del bracciante, che si sviluppa in appena dodici metri quadrati, abitata fino agli anni ’60 da sei persone, composta da un letto in cui dormivano gli uomini, una pedana so-vrastante in cui dormivano le donne e un ta-volino con qualche sedia, senza servizi, che rappresenta un’eloquente testimonianza della condizione sociale dei salariati siciliani in quel periodo; o come la casa del massaro, compo-sta da un ingresso che ospita gli attrezzi da lavoro, dalla cucina con il focolare in pietra e gli utensili, dalla stanza della tessitura e dalla camera da letto, con la culla sospesa e il bau-le con il corredo della sposa; o ancora come

il palmento, il luogo in cui avveniva la pigiatu-ra dell’uva, risalente all’inizio dell’800 o come la bottega del calzolaio, rimasta immutata do-po la morte del proprietario, ultimo calzolaio della cittadina.

Ma la struttura più particolare è sicu-ramente quella che ospita il frantoio, che è stata usata in tempi molto più antichi come luogo di culto, scavato nella roccia e inserito nel contesto di un sito rupestre risalente al V secolo d.C. Penetrando al suo interno non si può fare a meno di sentire il respiro possente della storia e della sacralità, rinnovata anche dalla presenza di un arcaico torchio in legno e dalla macina tradizionale per le olive, attrezzi identificati nella società contadina come fon-te di benessere e di comunione con la terra, in un equilibrio ritenuto fondamentale fino all’800 tra l’uomo e la natura, che perciò an-dava amata e rispettata.

Dopo questo affascinante tuffo nel mondo contadino dei nostri avi, siamo tornati a rifocillarci nei camper, pronti ad affrontare subito dopo le lunghe ore di guida necessarie per tornare verso casa, in preda ad un accen-no di tristezza per la provvisoria fine di questa magnifica fuga di libertà. Meno male che i suggestivi prati in fiore che si susseguivano lungo il ritorno addolcivano un po’ il rimpian-to verso il consueto tran tran quotidiano. Per fortuna che l’estate, con la sua sacrosanta promessa di libertà, è sempre più vicina…

M. F.

A Caltagirone per la “Truvatura” Il fine settimana del 14-16 maggio fra i colori della magica scalinata di Santa Maria del Monte, infiorata per l’occasione, e quelli delle botteghe della più bella ceramica siciliana

occasione di ritornare per l’ennesima volta a Caltagirone – forse sarebbe meglio dire “la scusa” - è stata data questa volta dall’appuntamento della “Truvatura”, il mercatino dell’antiquariato e del bric-a-brac che si tiene ogni terzo week-end del mese nella splendida cornice del suo centro storico e che tante volte avevamo detto di voler andare a vedere senza mai riuscirci; ma accanto alla Truvatura, un’altra ragione per visitare in questo fine settimana Caltagirone era quello della scala di Santa Maria del Monte infiorata a festa. Due appuntamenti in grado di aggiungere fascino a una cittadina della Val di Noto di per sé meravigliosa, che nessuno capisce perché non sia stata elevata a capoluogo di provincia, ma che è entrata almeno a far parte, insieme ad altri Comuni della Sicilia

sud-orientale, del patrimonio dell’umanità tutelato dall’Unesco. Il nostro Carmelo Alma è stato, come sempre, un grande padrone di casa per tutti i soci del Club convenuti, già dal venerdì pomeriggio, a Caltagirone; ed è stato colui che ci ha consentito di conoscere, dopo la prima passeggiata del sabato mattina fra le vie e le ...botteghe dei ceramisti della città, due realtà calatine finora a quasi tutti sconosciute.

La prima è stata, nel pomeriggio, la splendida Villa Patti, costruita in stile gotico-veneziano e immersa in un vasto parco di alberi d’alto fusto e preziose essenze mediterranee, alla periferia della città, che ospitava una mostra di immagini e di oggetti delle “Ville dei Gattopardi”, cioè le ville storiche siciliane della zona (nella foto un gruppo dei nostri soci davanti all’edificio).

L’

La seconda, a seguire, è stata la sede del nuovo Museo civico, anch’esso ai margini del centro, che ospita due diverse sezioni: la prima dedicata ai presepi di tutti il mondo, con manufatti artistici dell’Africa e del Sud-America così come del Settecento Napoletano; la seconda incentrata sulla fotografia, con l’esposizione di dagherrotipi, di ritratti e vedute stampati su carta all’albumina, di fotocamere a soffietto dei primi del Novecento, ecc. Un momento di incontro tutti insieme è stato anche quello presso il ristorante-pizzeria “La Piazzetta”, dove il sabato sera ci siamo ritrovati per gustare un’ottima cena in allegria, rinforzando le stanche membra che avevano sostenuto le nostre ...ambizioni turistiche per tutta la giornata.

In alto alcune ceramiche del maestro Riccardo Varsallona

In basso alcuni nostri soci alla Pagoda della Villa Comunale

L’indomani, domenica, è stata la volta della visita delle bancarelle della Truvatura, sistemate per tutto il centro storico, che

tuttavia hanno lasciato un po’ delusi rispetto alle aspettative, sia perché si pensava che il loro numero fosse maggiore, sia perché gli oggetti esposti non erano di particolare pregio, a tal punto da risultare una manifestazione di tono minore anche rispetto al mercatino che si tiene ogni domenica mattina a Piazza Marina, a Palermo, certamente molto meno pubblicizzato.

Ma, come sapevamo tutti, quella della Truvatura era solo una scusa per tornare a visitare Caltagirone, che ha offerto anche in questa occasione mille occasioni di shopping fra le varie botteghe dei ceramisti locali e dove nell’occasione si è avuto modo di ammirare ancor di più la scalinata di Santa Maria del Monte addobbata con vasi di fiori in modo tale da evidenziare un bellissimo decoro simbolo della primavera.

Cosa dire di più? Solo chi non conosce Caltagirone può non capire perché ogni volta che ci si va non può mai essere l’ultima!

Il grandioso scenario della scala di Santa Maria del Monte infiorata

Nord, sud, est, ovest I viaggi estivi organizzati dal Club e le attività collegate

anti, anzi tantissimi sono i viaggi di gruppo che quest’estate sono

stati organizzati per i nostri soci, da Nord-Kapp al Sahara, dall’Atlantico ai tanti Paesi dell’Est europeo ormai entrati nell’Unione Eu-ropea. E sempre intriganti sono le attività col-laterali che ai viaggi sono anche quest’anno collegate.

LE METE

1. Destinazione Capo NordOrganizzatore: Enzo Triolo (tel. casa 091.688.6670).Inizio viaggio e durata: 1° giugno - 60 giorni.Itinerario: da Palermo nave per Genova, quindi attraversamento di Svizzera e Ger-mania con imbarco a Puttgarden per la Danimarca e passaggio in Svezia attraverso il ponte di Malmö; dopo Oslo, Bergen, Voss, Aurland, Balestrand, Utvik, Geiran-der, lensud, Dombas, Trondheim, Stein-kjer, Mo-i-Rana, Narvik, isole Lofoten, Tromsø, Alta, Capo Nord. Ritorno dalla Finlandia via Karasjok, Rovaniemi, Kemi; lasciata la Finlandia, si costeggia la costa orientale svedese e si giunge a Stoccolma; infine, via Malmö e Trolleborg, traghetto per Sassintz e discesa della Germania via Berlino-Monaco-Brennero (circa 13.500 km. oltre alle varie tratte in traghetto). Note: il viaggio avrà caratteristiche sia na-turalistiche (visita alquanto dettagliata della zona dei fiordi, escursioni e sosta nei par-chi nazionali), sia storico-culturali (visite al-le grandi città scandinave e conoscenza della cultura sami. Sono previsti pernotta-menti in campeggi o aree attrezzate. Costo presunto: 4.800 euro per un equi-paggio fino a 2 persone; 1.600 euro per ogni persona in più.

2. Gran tour della Germania

Organizzatore: Filippo Santonocito (tel. ufficio 091.60.85479)Inizio viaggio e durata: 2 luglio - 25 gior-niItinerario: da Palermo per il confine del Brennero, quindi Berchtsgaden, Konigssee, Monaco, Norimberga, Dresda, Svizzera Sassone, Berlino, Kassel, Wurzburg, Ro-thenburg Ob Der Tauber, Dinklsbuhl, Fus-sen. Dal Brennero rientro in Italia (km.7.000)Note: E' un itinerario che alterna mete na-turalistiche a visite di grandi e piccoli centri con interesse a monumenti, centri storici e musei. Il percorso si snoda attraverso i Lander della Baviera, della Sassonia, del Brandeburgo, di Berlino e dell’Assia. Per il rientro in Italia è stato previsto il più famo-so degli itinerari turistici tedeschi: la Ro-mantische Strasse. I pernottamenti saran-no tutti in campeggio. Costo presunto: 2.200 euro per un equi-paggio fino a 2 persone; 900 euro per ogni persona in più.

3. Il BeneluxOrganizzatore: Giovanni Amandorla (tel. casa 091.518.087) Inizio viaggio e durata: 10 luglio - 30 giorni.Itinerario: da Palermo per Aosta, Ginevra, Digione, Nancy, Città del Lussemburgo, Liegi, Bruxelles, Gent, Bruges, Anversa, L'Aia, Haarlem, Alkmaar, Enkuizen, Edam, Monnikendam, Marken, Amsterdam, Ar-nheim, Venlo, Maastricht, Aquisgrana, Vianden, Colonia, Strasburgo, Lucerna, Como e rientro a Palermo (circa 7.500 km.).Note: Nel corso del viaggio saranno tocca-te tutte le più importanti località del Belgio, dell'Olanda e del Lussemburgo, con i loro centri storici e i musei, e le aree naturali-stiche; il tour sarà effettuato alternando al-le visite anche momenti di relax in campeg-gio.

T

Costo presunto: 3.200 euro per un equi-paggio fino a 2 persone, 1.200 euro per ogni persona in più.

4. Tour del PortogalloOrganizzatore: Sergio Campagna (tel. uffi-cio 091.60.86781) Inizio viaggio e durata: 16 luglio – 26 giorni.Itinerario: da Palermo traghetto per Saler-no e Valencia, veloce attraversamento della Spagna e arrivo in Portogallo, con visita di Guimares, Braga, Porto, Coimbra, Nazaré, Peniche, Lisbona, Setubal, Evora, Portale-gre; al rientro sosta a Madrid e quindi tra-ghetto da Valencia per Salerno e Palermo (totale 4.000 km. oltre alla tratta Palermo-Salerno-Valencia A/R). Note: Il viaggio servirà per conoscere il Portogallo con la visita delle principali città ma anche con mete meno note, privile-giando l’spetto culturale senza disdegnare anche l’aspetto naturalistico; i pernotta-menti sono previsti in campeggi o par-cheggi custoditi.Costo presunto: 2.400 euro per un equi-paggio fino a 2 persone; 750 euro per ogni persona in più.

5. L’Europa BalticaOrganizzatore: Maurizio Karra (tel. ufficio 091.608.5152).Inizio viaggio e durata: 16 luglio - 37 giorni.Itinerario: veloce attraversamento di Italia e Germania fino a Lubecca, quindi Schwe-rin, Güstrow, Stralsund e l’isola di Rügen; da Rostock imbarco per Gedser e, una vol-ta in Danimarca, visita di Roskilde, Cope-naghen ed Helsingor; traghetto per Helsin-gborg e arrivo in Svezia con visita di Hel-singborg, Lund, Ystad, Koseberg, Kalmar, l’isola di land, Gripsholm, Uppsala; im-barco per Turku e visita della costa finlan-dese e di Helsinki, da dove si traghetterà per l’Estonia; allo sbarco, Tallin, Riga, Kul-diga, Palanga, penisola di Neringa, Klapei-da, Kaunas e Vilnius; in Polonia Mikolaiky, Danzica, Leba e lo Slowinski Park. Rientro in Italia via Berlino e il Brennero (circa 10.500 km. oltre alle tratte in traghetto).

Note: Il tour tocca tutte le principali locali-tà della costa baltica di Germania, Dani-marca, Svezia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia. Nel corso del viaggio, che avrà ritmi molto sostenuti, si visiteran-no i principali parchi naturalistici di tutta l’area e le più importanti città anseatiche con le loro vestigia storiche e monumenta-li. Pernottamenti in campeggi, aree attrez-zate o parcheggi custoditi.Costo presunto: 3.800 euro per un equi-paggio fino a 2 persone, 1.200 euro per ogni persona in più.

6. Germania RomanticaOrganizzatore: Adele Crivello (tel. ufficio 091.60.85759)Inizio viaggio e durata: 18 luglio – 21 giorniItinerario: da Palermo traghetto per Napo-li, quindi attraversamento dell’Italia fino al Brennero, da dove ha inizio il tour: Füssen, Schwangau, Wieskirche, Rothenburg, Schongau, Landsberg, Fiedberg, Augusta, Donauworth, Nordlingen, Dinkelsbuhl, Schillingsfurst, Rothenburg, Creglingen, Tottingen, Weilkrsheim, Lauda, Würzburg, Heidelberg, Baden Baden, Calw, Freuden-stadt, Oberckirch, Offenburg, Alpirsbach, Wolfach, Gutah, Hornberg, Triberg, Do-naueschingen, Futwangen, Frigurg, Lindau, quindi rientro in Italia e traghetto Napoli-Palermo (totale 4.800 km. oltre alle tratte in traghetto). Note: Il viaggio è incentrato sui tre più fa-mosi itinerari della Germania meridionale, fra Baviera e Baden-Würtenberg: la Ro-mantische Strasse, la Foresta Nera e la Strada degli Orologi a cucù. Si tratta quindi di un tour fra cittadine storiche alla ricerca dell’anima più autentica e delle tradizioni della Germania medievale e rinascimentale, lontano dalle grandi città e dalle grandi strade di comunicazione. I pernottamenti avverranno in campeggio o nelle numerose aree attrezzate presenti in tutta la zona.Costo presunto: 1.800 euro per un equi-paggio fino a 2 persone; 600 euro per ogni persona in più.

7. Viaggio in Croazia

Organizzatore: Giovanni Pitré (tel. ufficio 091.60.84391) per la prima partenza; Nando Parisi (tel. ufficio 091.60.85885) per la seconda partenza Inizio viaggio e durata: 23 luglio (1^ par-tenza); 7 agosto (2^ partenza) – 23 giorni Itinerario: da Palermo a Bari traghetto per Dubrovnik, da dove inizierà il giro della co-sta dalmata verso Split, Sibenik, quindi il Parco di Krka e quello di Plitvice, e poi an-cora la costa istriana con escursione ad al-cune isole; quindi rientro in Italia via Trie-ste e San Marino (totale 4.000 km. oltre alla tratta Bari-Dubvronik). Note: Il viaggio sarà improntato principal-mente al godimento delle splendide coste croate, delle sue isole ed il suo mare, con escursioni lungo la costa a bordo di gom-moni e la speranza di pescare e gustare pe-sci e crostacei; il pernottamento sarà in campeggi sul mare, visto il noto divieto del camping libero.Costo presunto: 1.600 euro per un equi-paggio fino a 2 persone; 600 euro per ogni persona in più.

8. I Paesi dell’Est EuropeoOrganizzatore: Ninni Fiorentino (tel. abita-zione 091.520357) Inizio viaggio e durata: 27 luglio – 35 giorniItinerario: da Palermo a Napoli con tra-ghetto e quindi veloce attraversamento della penisola fino a Trieste; in Slovenia vi-sita delle grotte di Postumia, del castello di Predjam, di Lubiana e di Bled; via Graz-Vienna si giunge quindi in Slovacchia a Bratislava e si sale poi sui Monti Tatra e da qui in Polonia per la visita di Zakopane, Cracovia, Auschwitz, le miniere di Wieli-ckza, Lancut, Sandomierz, Warsawia, Che-stochowa e Breslavia; quindi, in Rep. Ceca, Hradec Kralové e Praga; rientro in Italia via Monaco e il Brennero; da Napoli traghetto per Palermo (totale 6.400 km. oltre alla tratta Palermo-Napoli A/R). Note: Si tratta di un viaggio dai ritmi lenti e con un obiettivo prevalentemente cultu-rale, con soste ogni qualvolta possibile in campeggio. Si visiteranno i centri storici, i monumenti e i musei delle città che saran-

no toccate nel corso del tour, la cui parte principale sarà dedicata alla Polonia.Costo presunto: 2.400 euro per un equi-paggio fino a 2 persone; 900 euro per ogni persona in più

9. Prima NorvegiaOrganizzatore: Enrico Gristina (tel. abita-zione 091.670.2629) Inizio viaggio e durata: 28 luglio – 26 giorniItinerario: da Palermo a Napoli con tra-ghetto, quindi veloce attraversamento di Italia, Austria e Germania; si giunge così a Lubecca e quindi a Malmö e Oslo; da qui si prosegue per Geiranger, Ålesund, l’isola di Runde, il Nordfjordeied, le cascate di Flam, l’Eidfjord, Bergen e Kristiansad. Da qui si inizia il viaggio di ritorno via Berlino con rientro in Italia dal Brennero e imbarco da Napoli per Palermo (totale 7.150 km. oltre alla tratta Palermo-Napoli A/R). Note: Il viaggio è rivolto a coloro che de-siderano avere un primo approccio con il Grande Nord, ma che non hanno il tempo di raggiungere la meta classica di Capo Nord. Ci si limiterà di conseguenza a un gi-ro delle regioni meridionali della Norvegia, e in particolare della zona dei fiordi, con escursioni naturalistiche a piedi e in bici e con la visita delle cittadine che via via si in-contreranno lungo il tragitto. Pernottamen-ti in campeggi o liberi.Costo presunto: 3.200 euro per un equi-paggio fino a 2 persone; 1.100 euro per ogni persona in più.

10. El Camino de SantiagoOrganizzatore: Mario Tomasino (tel. uffi-cio 091.60.86253) Inizio viaggio e durata: 14 agosto - 23 giorni.Itinerario: da Palermo traghetto per Napo-li, quindi, dopo una sosta a Genova, attra-versamento della zona costiera francese e visita di Tolosa; arrivo sui Pirenei e, dopo Lourdes, San Sebastian, Bilbao, Castro Ur-diales, Vitoria, Burgos, Santander, La Co-runa, Santiago de Compostela, Muxia, Cap Finisterre; da qui rientro via Porto, Sala-manca, Madrid, Toledo, Saragoza, Barce-

lona, e da Napoli traghetto per Palermo (circa 5.500 km. oltre al traghetto Paler-mo-Napoli A/R). Note: Obiettivo del tour è prima di tutto la visita delle chiese e dei monasteri del Ca-mino de Santiago (quest’anno ricorre l’anno santo composteliano) nonché delle più caratteristiche città marinare del nord della Spagna; nel viaggio di ritorno saran-no invece toccate le principali città della Spagna centrale. Pernottamenti in cam-peggio o parcheggi custoditi.Costo presunto: 1.800 euro per un equi-paggio fino a 2 persone; 600 euro per ogni persona in più.

11. Tour della TunisiaOrganizzatore: Vittorio Fiorani (tel. abita-zione 091.595119) Inizio viaggio e durata: 16 agosto - 22 giorni.Itinerario: da Palermo traghetto per Tuni-si, quindi visita di Tunisi, Cartagine, Biser-ta, Tabarka, Bulla Regia, Dougga, Sbeitla, Kasserini, Tozeur, Douz, Matmata, isola di Jerba, Gabes, El Jem, Hammamet, Tunisi e da qui imbarco per Palermo (circa 1.800 km. oltre al traghetto Sicilia-Tunisia A/R). Note: E' un viaggio alla scoperta delle bel-lezze storiche, monumentali e naturalisti-che della Tunisia, nel corso del quale si ef-fettueranno sia soste presso le più impor-tanti aree archeologiche dell’età imperiale romana che presso le più famose località del sud ai margini del Chott el Jerid, con soste sul mare per escursioni lungo la co-sta a bordo di gommoni.Costo presunto: 1.800 euro per un equi-paggio fino a 2 persone; 700 euro per ogni persona in più.

NORME SUI VIAGGIOgnuno dei predetti viaggi potrà subi-

re modifiche nella data di partenza, nell’itinerario e nella durata per ragioni varie, indipendenti dalla volontà dei relativi organiz-zatori (spostamento del periodo di ferie, moti-vi di famiglia, ecc.). In ogni caso, per ragioni meramente logistiche a ciascun viaggio potrà partecipare un numero massimo di 4 equipag-

gi compreso l’organizzatore, tranne che que-sti, in deroga a tale numero, non sia disponibi-le ad aggregare un numero maggiore di equi-paggi. I costi evidenziati sono solo presuntivi, sulla base delle analoghe esperienze dei soci degli anni passati (sono escluse ovviamente le spese personali).

L’organizzatore fungerà anche da ca-pogruppo e rappresenterà il Club di fronte a terzi in tutto il viaggio; dovrà in particolare far-si carico di: a) rappresentare per tutta la durata del tour,

e nella migliore maniera possibile, l'im-magine del Club, sia nei confronti dei partecipanti stessi (che avranno nell'or-ganizzatore il punto di riferimento dell'as-sociazione), sia nei confronti di tutti gli estranei al Club che durante il viaggio si avrà l'opportunità di incontrare (autorità locali, gestori di campeggi, ecc.), cer-cando di pubblicizzare le attività dell'as-sociazione e informare sull'impegno di questa nell'ambito turistico-culturale e in quello del turismo responsabile;

b) utilizzare nel corso del viaggio il consueto borderò del Club per annotare i dati sa-lienti di ogni giornata, in modo tale da aggiornare, a fine viaggio, le banche dati;

c) predisporre, per ciascuno degli equipaggi partecipanti al viaggio e iscritti a CRAL BdS, un elenco analitico delle spese effet-tuate, provvisto di tutte le pezze d'appog-gio (scontrini e ricevute di campeggi, ri-storanti e pizzerie, alimentari, carburante, pedaggi e quant'altro possa giustificare al meglio la richiesta di contributo), con l'e-sclusione delle evidenze relative alle spe-se di carattere personale; fatture, ricevute e quant'altro raccolto da ciascun socio dovrà essere congruo rispetto al costo presuntivo del viaggio nonché all'itinera-rio previsto, e realmente effettuato, dal gruppo;

d) predisporre (anche a più mani, e quindi con la collaborazione di altri soci parteci-panti al tour) uno o più articoli destinati al giornale e al sito Web del Club, conte-nenti - anche in un box finale - la maggior quantità possibile di informazioni riguar-danti il viaggio: in particolare i campeggi, i punti sosta e i camper-service utilizzati, i

musei e i palazzi storici, i siti naturalistici, i siti archeologici, nonché informazioni sugli itinerari, i percorsi stradali, lo shopping, il clima, gli eventi socio-culturali e folcloristici e quant'altro sia ri-tenuto opportuno anche per l'arricchi-mento e l'aggiornamento delle banche-dati del Club.

Per quanto riguarda l'adesione dei so-ci ai vari programmi, tutti coloro che fossero interessati a uno dei viaggi in programma do-vranno contattare al più presto direttamente l’organizzatore del viaggio prescelto, concor-dando con lui le modalità di partecipazione. I vari organizzatori terranno informati via via la segreteria del Club.

INIZIATIVE COLLATERALI Collateralmente all'organizzazione dei viaggi estivi, anche quest'anno avranno luogo alcuni concorsi riservati ai soci del Club, se-condo le modalità qui di seguito descritte.

1. Concorso fotografico e calendario Tutti i soci del Club possono parteci-pare a un concorso fotografico, con esposi-zione delle fotografie in luogo e data che sa-ranno successivamente comunicati. Il tema delle foto è libero (paesaggi, monumenti, per-sone, situazioni particolari, ecc.), anche se do-vrà riguardare comunque momenti o episodi legati ai viaggi.

Ogni concorrente potrà partecipare al concorso inviando alla Segreteria del Club en-tro il 10 ottobre 2004 un numero di fotogra-fie compreso fra 3 e 8, ciascuna di dimensio-ne 20 x 30. Le foto dovranno essere presen-tate con una targhetta adesiva sul retro con il nome del concorrente e il titolo della stessa. La valutazione sarà effettuata nell'ambito della mostra fotografica o collateralmente ad essa, secondo modalità che saranno preventiva-mente comunicate; gli autori delle foto vinci-trici riceveranno un simpatico premio.

Inoltre le foto più significative presen-tate alla mostra saranno inserite nel calendario dei soci per il 2005. A tal fine, saranno sele-zionate da una commissione interna al Club e nominata dal direttivo le immagini che meglio

possono testimoniare i dodici mesi dell’anno, tenendo comunque conto: a) dell’opportunità di riprodurre nel calenda-

rio foto del maggior numero dei soci presenti alla mostra;

b) della necessità di individuare immagini che si prestino, a prescindere dallo scatto originario, a essere “riquadrate” secondo il lay-out grafico ormai consueto del ca-lendario del Club;

c) dell’ulteriore necessità di utilizzare foto-grafie che, per qualità della pellicola uti-lizzata (ed eventualmente dello sviluppo su carta), meglio si prestino a essere scansionate ad alta definizione per essere poi stampate in off-set nella dimensione “a taglio” di com. 30 x 30.

2. Concorso giornalistico Tutti i soci del Club possono parteci-pare a un concorso giornalistico predisponen-do uno o più articoli o reportage di viaggio, composti ciascuno da un minimo di 8.000 e un massimo di 30.000 battute.

Gli articoli - che devono essere inediti - devono giungere alla redazione de "IL CLUB" stampati su carta e possibilmente regi-strati su dischetto in formato testo o Word, insieme a delle foto a corredo, entro il 10 ot-tobre 2004.

Tutti gli articoli pervenuti saranno pubblicati sui vari numeri successivi del gior-nalino e i migliori tre autori, a giudizio insin-dacabile della redazione de "IL CLUB", saran-no successivamente premiati. Sono esclusi dal concorso i componenti della redazione del giornalino.

* * *

A tutti, quindi, un augurio di buon viaggio e un arrivederci al raduno di fine esta-te che si terrà quest’anno nel week-end del 18/19 settembre e di cui si fornirà per tempo con apposita circolare il luogo e il programma.

Maurizio Karra

Appunti per un viaggio Suggerimenti, consigli, idee per chi programma il viaggio e per chi sta già partendo

l viaggio come fuga, il viaggio come terapia, il viaggio come conoscenza, il viaggio come cibo per lo spirito, il viaggio come liber-tà: tante ragioni per viaggiare, un solo modo forse per ritrovare tutte quante queste ragioni insieme, sentendosi viaggiatori e non solo turi-sti: il camper. Finalmente, anche quest’anno siamo alla vigilia della partenza, di quella im-portante, di quella per il viaggio. In realtà noi camperisti partiamo spesso, tutto l’anno, ma nessuno di noi si sogna di definire viaggio la semplice gita del finesettimana. Mentre quan-do programmiamo le nostre ferie e una desti-nazione fuori dalla nostra Sicilia (grande e bel-lissima, ma troppo “stretta”...), allora quello di-venta il viaggio, quello agognato per il resto dell’anno, quello su cui investiamo giorni o set-timane o, peggio, mesi di programmazione e di lavoro preparatorio.

Destinazioni e mete Del viaggio – o meglio delle ipotesi di

viaggio - si comincia a parlarne all’amico, si comperano le guide, si acquisiscono le prime informazioni, si traccia un itinerario, si contat-tano i partecipanti. Ed è ovvio: ogni viaggio è un’insieme di emozioni sia prima che durante che dopo. Perché il viaggio comincia prima con la mente che con il camper, nel senso che ci saranno pure dei camperisti che accendono il motore e partono alla ventura, ma forse sono davvero pochi.

Una delle parti più belle del viaggio coincide proprio con la sua preparazione, dalla fase della documentazione a quella della pro-gettazione. In questo, al di là della necessità di acquistare per tempo cartine dettagliate e gui-de aggiornate, di cercare notizie su Internet, di richiedere opuscoli e informazioni agli uffici del turismo, l’esser soci del nostro Club aiuta: si può disporre di database sempre costantemen-te aggiornati (ma quanti collaborano?) sui Pae-si esteri, con tante informazioni sulla nazione, sugli itinerari e su singole città e luoghi; e di

uno sulle aree di sosta in tutt’Italia. Si può con-tare sugli articoli di viaggio scritti dai soci per il nostro giornalino e pubblicati anche sul nostro sito Internet www.pleinairbds.it. Si può conta-re sulle esperienze di tanti altri soci che in quel dato luogo ci sono stati prima di noi.

Solo che si può scegliere una destina-zione avendo idee diverse sul viaggio rispetto a chi c’è stato prima di noi: per esempio si può andare in Polonia puntando sulle città d’arte e vi si può dedicare un intero viaggio volendo visitare solo alle aree naturalistiche; o si può fare l’uno e l’altro insieme. E non è che una delle tre ipotesi sia migliore dell’altra. Sono tut-te valide alla pari. L’importante è avere idee chiare fin dalla partenza, soprattutto se poi si viaggia in compagnia (come vedremo oltre).

Ma a prescindere da ciò che in partico-lare formerà l’oggetto del viaggio, vicino o lon-tano che sia, rimane fondamentale il pensiero di Duccio Canestrini: <<un luogo non è solo un insieme di monumenti, parchi, discoteche, ecc., ma ricchezza di rapporti, di tradizioni e sapori condivisi: dalla curiosità si aprono le oc-casioni di confronto>>. In questo sta il nostro modello di turismo responsabile: non un "pro-dotto", ma un "atteggiamento"; non un tempo-vacanza già artificialmente programmato, ma il fascino della scoperta e dell'incontro con gli altri, con chi vive in quei luoghi che noi andia-mo a visitare, per conoscere abitudini e stili di vita oltre che per fotografare monumenti e montagne e poter dire poi, al ritorno: ci sono stato anch’io!

Viaggiare in compagnia Proprio perché il viaggio di cui stiamo

parlando non è un viaggio qualsiasi, di qualche

I

giorno, a qualche chilometro da casa, ma è ilviaggio, quello che si aspetta tutto l’anno, quel-lo lungo, quello che ci porterà in quei posti do-ve si voleva andare da tanto tempo, per queste ragioni c’è una decisione importante da pren-dere: partire soli o in compagnia?

Non è una domanda cui si risponde fa-cilmente, anche perché ci sono i pro e i contro in ciascuna delle due scelte: se si è soli, si ha la massima libertà di movimento, di ritmo, di de-stinazione (anche all’interno di un itinerario predisposto); ma si può cadere vittime della sindrome di sentirsi soli in terra straniera, sen-za poter vivere in compagnia le esperienze del viaggio, senza poter scambiare qualche parola con gli altri nel corso delle visite, senza potersi riunire per esempio la sera attorno allo stesso tavolino, ecc.. E poi, se si è soli, ci sono i rischi di qualche guasto al camper da dover fronteg-giare senza aiuto, ci possono essere i contrat-tempi che non si è in grado di risolvere da soli (anche per la lingua diversa), può intervenire un malore... E allora? E allora meglio viaggiare in compagnia!

Sì, va bene, ovvio che in compagnia si è più sicuri e si viaggia con maggiore serenità. Ma... <<Un viaggio in compagnia>>, come scriveva qualche anno fa il nostro Luigi Fiscella sulle pagine di questo giornalino, <<è senz’altro un impegno molto gravoso per tutti i partecipanti: adulti, ragazzi, bambini. E’ un im-pegno perché costringe i singoli, che possono avere abitudini, modi di interpretare la vacanza, orari, ritmi, stile di guida diversi da altri, a do-ver cercare di modificare ed adeguare le pro-prie abitudini e le proprie esigenze a quelle dei compagni o amici di viaggio>>.

E non sempre si conoscono recipro-camente a fondo tali abitudini e tali esigenze, dal momento che non bastano di certo i fine settimana trascorsi insieme a evidenziare i reali stili di vita e di viaggio; e pur di partire insieme si è poco propensi ad approfondire tali argo-menti alla vigilia. Mentre <<accettare di condi-videre un viaggio è segno di desiderio di par-tecipazione e di condivisione di una esperien-za, pur restando coscienti che saranno messi a dura prova i caratteri, le abitudini, l’educazione, il senso di gruppo, la tolleranza, la saldezza dei nervi, i limiti di sopportazione>>, come lo stesso Fiscella argutamente evidenziava.

Spesso si sottovaluta questo aspetto nell’organizzazione del viaggio, perché un viaggio non è fatto soltanto di mete, di opere d’arte da visitare, di shopping, di campeggi più o meno attrezzati, di fiumi di foto o di film, ma prima di tutto è fatto di persone che per 25/30 giorni devono saper convivere. Si può decidere di partire per la stessa destinazione ma poi si scopre che uno predilige il non far niente e il riposo e l’altro invece non si stanca mai di gi-rare; si può guidare per ore senza stancarsi ed accorgersi in ritardo che il compagno di viag-gio, invece, dopo 200 chilometri è già stanco; e non va sottovalutata nemmeno la differenza di motorizzazione del mezzo e lo stile di guida, soprattutto quando si sono programmate sgroppate di 1.000 chilometri per i primi gior-ni, all’inizio del viaggio, e per gli ultimi giorni, al ritorno.

Ed ecco perché spesso, anche nei no-stri viaggi, se si vuole viaggiare in compagnia, si scelgono prima gli amici con cui effettuare il viaggio. Non sembra, ma la cosa è fondamen-tale! Perché se si sceglie solo un compagno di viaggio (o più compagni di viaggio) con cui non si ha esperienza di vita vissuta insieme, allora il viaggio può non riuscire gradevole e distensivo. Quindi, lo ribadiamo, guai a partire con altri equipaggi di cui non si conoscono a-bitudini, ritmi di viaggio, interessi: potrebbe essere una esperienza meravigliosa ma anche un fiasco, e poiché il viaggio deve essere, in assoluto, un piacere per tutti, è nostro dovere far di tutto affinché ciò si possa realizzare nel migliore dei modi, senza ipocrisie e falsa di-plomazia.

Controlli e preparativi Senza dubbio la maggior parte dei no-

stri soci ha lunga esperienza su tale argomen-

to, in quanto la gran parte si è già trovata alle prese con i numerosi preparativi che precedo-no il viaggio estivo e per loro i consigli che se-guono saranno soltanto un utile promemoria; per tutti gli altri, cioè per i neofiti, potranno essere invece il punto di partenza che conduce verso delle vacanze serene e appaganti. Ve-diamo, quindi, di dare corpo ai principali ar-gomenti che riguardano la preparazione di un viaggio in camper.

Con ragionevole anticipo informiamoci sui documenti che sono necessari per l'ingres-so nel Paese scelto come meta delle nostre va-canze, naturalmente se pensiamo di varcare i confini nazionali, e assicuriamoci che essi non siano scaduti. A questo proposito è bene ri-cordare che tutti i paesi appartenenti all’Unione Europea, nonché la Svizzera, richiedono per l'ingresso solamente la carta d'identità valida per l'espatrio (per i minori di quattordici anni è possibile richiederne una temporanea). Invece è necessario ancora il passaporto per alcuni Paesi dell'ex Unione Sovietica e per quelli dell’Africa mediterranea e del Medio Oriente. Questo per quanto riguarda i documenti per-sonali. Ci sono poi quelli per il camper o l'auto. Tra questi, a parte naturalmente la patente (è bene informarsi se è richiesta quella interna-zionale) e il libretto di circolazione del veicolo, è di fondamentale importanza per i viaggi all'e-stero la Carta verde che comprende un'assicu-razione estesa a tutta l'Europa e ad alcuni Paesi dell'Asia e dell'Africa. Da non trascurare è al-tresì la richiesta dell'E.111, un certificato da richiedere alla propria AUSL, che assicura pre-stazioni mediche gratuite in tutti i paesi della CEE. Se poi siete soci del Touring Club non perdete l'opportunità di richiedere la Camping Card che, al costo di pochi euro, vi permette di avere agevolazioni in numerosi campeggi este-ri, sostituendosi anche alla carta d'identità al momento dell'arrivo; la stessa viene emessa anche da Federcampeggio e ACTI Italia. E infi-ne è una buona abitudine quella di fare delle fotocopie di tutti i documenti prima della par-tenza per limitare i danni di eventuali imprevisti (scippi, smarrimenti ecc.) e di conservarli in luoghi diversi.

Per quanto riguarda denaro e valute, l’euro ha risolto molti problemi. Ma se il nostro viaggio contempla un Paese estero con valuta

propria (come la Gran Bretagna e la Norvegia o qualcuno dei Paesi del bacino del Mediterra-neo), sarà bene partire dall'Italia possibilmente con una buona disponibilità di valuta corri-spondente (sempre che si trovi) o almeno co-noscere i valori di cambio (per non farsi frega-re) e le regole nell’importazione ed esportazio-ne delle valute. Una buona alternativa, anche per limitare gli eventuali danni di furti e di smarrimenti del contante, è l’utilizzo (e un buon uso) della carta di credito (VISA, Ma-sterCard, ecc.), presente praticamente dovun-que, dato che la moneta elettronica consente un'ottima libertà di movimento, sia per il pa-gamento di merci, sia per il prelievo di contan-te nella valuta locale.

Quando si viaggia, poi, non trascuria-mo mai l’acquisto di guide, cartine e mappe: infatti, con una buona guida (che ci saremo magari studiati a memoria nelle settimane pre-cedenti) e con delle mappe chiare ed esaurienti il viaggio scorre liscio e piacevole. Quindi, mai risparmiare su questi utilissimi strumenti di viaggio, a meno che non vogliamo trovarci alle undici di sera completamente fuori rotta e lon-tani dalla prima abitazione chilometri e chilo-metri! Forniamoci anche di vocabolarietti ta-scabili e lasciamoli stabilmente sul veicolo: ci saranno sicuramente utili. Sforziamoci inoltre di imparare anche le parole chiave della nazio-ne che stiamo attraversando; ci saranno ne-cessari per chiedere informazioni (e per capire almeno il senso delle risposte) per ringraziare, per salutare. Non dimentichiamo che tra le no-stre funzioni c'è anche quella importantissima di cittadini del mondo; e che cittadini saremmo se non cercassimo di entrare il più possibile in contatto con la gente e con la cultura che ab-biamo il privilegio di incontrare?

Nulla di più importante, inoltre, del controllo della meccanica del nostro mezzo: ricordiamoci prima di partire di fare controllare il motore del nostro camper, con particolare riguardo a tutte le parti più suscettibili di logo-rio, non trascurando i pneumatici che tanta importanza hanno su un percorso di migliaia di chilometri; e possibilmente riforniamoci di quei pezzi di ricambio che più facilmente potranno esserci utili (batteria, cinghie, ecc.). Perché in Francia, Germania, Olanda o altri Paesi simili non sarà difficile trovarne, ma basta andare –

sempre rimanendo in Europa - in Irlanda o in Grecia per cominciare ad avere, malaugurata-mente, qualche problema. Quindi, meglio esa-gerare in prudenza prima, piuttosto che pentirsene poi!

Ricordiamoci che anche la nostra casa mobile, cioè la cellula abitativa, ha bisogno di cure: facciamo quindi controllare la pompa del-l'acqua, il boiler, la stufa, il frigorifero, puliamo i serbatoi di carico e scarico, e diamo una puli-ta a fondo a tutti i componenti di bordo. Quin-di, pensiamo allo stivaggio: questo è senza dubbio un punto dolente delle vacanze pleinair; basta considerare una famiglia media di tre/quattro persone che si muove per tre o quattro settimane di viaggio per rendersi conto che è davvero difficile stipare tutto l'occorren-te nei mobiletti di un camper o di una roulotte (per non parlare del bagagliaio di un'auto che si accoppia ad una tenda). Ma tant'è! Dobbia-mo assolutamente farci bastare lo spazio di-sponibile e, anche se ogni anno, guardando i numerosi "colli" che invadono completamente la superficie del nostro supporto di viaggio, strilliamo disperati e convinti di non riuscire nell'opera immane che ci si presenta davanti, puntualmente e chissà come, dopo una serie di imprecazioni alquanto colorite e di proverbiali sudate, riusciamo magicamente a infilare il tut-to all'interno del mezzo, nei pensili che alla fine appaiono sul punto di scoppiare e magari qual-cosa sotto i tavolini (e in alcuni casi perfino dentro la doccia!).

Ci sono però alcuni trucchi dovuti ad un minimo di esperienza che semplificano le cose: prima di tutto è necessario svuotare del tutto i mobiletti ed eliminare senza ripensa-menti tutte le cianfrusaglie che, nostro mal-grado, si sono accumulate all'interno del no-stro compagno di viaggio nel corso dell'anno. E poi, lista alla mano, proveremo a caricare tut-to ciò che riteniamo indispensabile al viaggio, cercando di limitare al minimo tutto quello che ingombra troppo e tutto quello che si può fa-cilmente comprare anche nel corso del viag-gio. Sistemeremo poi le cose più pesanti in basso e le cose che useremo più spesso a por-tata di mano, in modo da evitare di dover smontare tutto per prendere, ad esempio, un pacco di biscotti per la prima colazione del pri-mo giorno di viaggio.

da “La Farfalla” dell’Assocampi

Per quanto riguarda biancheria e ve-stiario, è inutile ovviamente sobbarcarsi un corredo stagionale; ma non dimentichiamo che fare il bucato in viaggio non è semplice e, di solito, non si va oltre al lavaggio della bianche-ria intima e di qualche maglietta; per il resto si cerca di pensarci a casa. Quindi, considerando la lunghezza del viaggio, sarà bene portare un cambio di lenzuola per ogni settimana/dieci giorni di viaggio, numerosi asciugamani, qual-che strofinaccio e un accappatoio a testa. Quanto ai vestiti sarà meglio portare qualcosa di molto pratico che non necessiti forzatamen-te di stiratura in caso di lavaggio e limitarsi an-che ad un numero ristretto di cambi per ovvi motivi di spazio.

Naturalmente gli abiti dovranno essere adatti al clima del luogo in cui si svolgerà la nostra vacanza, ma in ogni caso bisognerebbe non dimenticare gli occhiali da sole, utili in qualunque clima, un ombrello, scarpe comode adatte a lunghe camminate e anche impermea-bili alla pioggia, almeno un maglione di cotone e uno di lana, una tuta, il costume da bagno (anche se si va a Capo Nord perché qualche campeggio con piscina si troverà) e tanti cambi in più in caso di bambini piccoli. E' meglio esa-gerare anche con la biancheria intima che oc-cupa poco spazio e che spesso è lenta ad a-sciugare.

Per la dispensa, se si rimane in Italia basterà riempire la cambusa di bordo con scorte valide per qualche giorno e poi limitarsi a rimpinguarle ciclicamente. Se invece si va all'estero sarà bene rifornirsi di tutti quei pro-dotti alimentari per noi irrinunciabili, come gli spaghetti e il caffè, che pur trovandosi facil-mente anche fuori dall'Italia non sono quasi mai all'altezza di quelli nostrani. Per il resto è inutile sovraccaricare le scorte di bordo con prodotti che possiamo facilmente trovare an-che all'estero, soprattutto in Paesi come Fran-cia, Germania o Austria; non dimentichiamo poi che una buona parte della cultura di un po-polo passa dalla sua tavola! E allora niente scu-se e lanciamoci ad assaggiare un po' di "cultu-ra" estera!

Ultimo argomento in ordine di tempo, ma non certo per importanza, la farmacia di bordo: è una risorsa importantissima per la sa-lute della famiglia in vacanza e non bisogne-rebbe mai trascurarla; non solo all'estero, dove le medicine a cui siamo abituati hanno nomi sconosciuti e sono quindi letteralmente intro-vabili, ma anche lungo le spiagge e le monta-gne nostrane. Infatti un'emergenza può sempre capitare, anche in piena notte o durante il we-ek-end; e allora? Meglio essere premuniti.

Oltre alle medicine abituali la farmacia di bordo dovrà comprendere un antibiotico a largo spettro, un analgesico, un antinfluenzale, un antidiarroico (in viaggio la vendetta di Mon-tezuma è sempre in agguato), una crema an-tiallergica, fiale disintossicanti, un termometro, cerotti, siringhe, alcool.

Ricordi di viaggio Macchina fotografica e videocamera

sono gli strumenti che ci permetteranno di ri-cordare a lungo le nostre vacanze, e quindi meritano una giusta considerazione: meglio non rischiare e portarsi dietro anche una buo-na scorta di pellicole (se la macchina non è di-gitale) e videocassette, nel caso in cui arrivati alla meta non si trovino facilmente o si trovino con un prezzo maggiorato (tanto occupano poco spazio). Per quanto riguarda le batterie della videocamera o della macchina fotografica digitale, non sarà necessario “mendicare” un po' di energia elettrica ad ogni occasione se si comprerà il caricabatterie a 12 volt che ci

permetterà di lavorare in piena tranquillità o-vunque ci troviamo. Per le macchine non digi-tali, mai dimenticare le batterie di ricambio, che nella maggior parte dei casi si trovano solo nei più grandi negozi di fotografia.

Ma l’argomento merita un approfon-dimento anche per gli sviluppi ormai abituali ai quali da qualche anno siamo abituati in seno al Club: la mostra fotografica di fine anno, il ca-lendario, le proiezioni di film e immagini. Quindi proveremo a fornire qualche suggeri-mento concreto dettato dall’esperienza.

Partiamo dalle fotografie. Avere in ma-no una buona macchina fotografica non è un optional: se si tratta di una tradizionale, anche se le tascabili sono più comode e meno costo-se, mai dimenticare che le reflex sono in grado di offrire risultati nettamente superiori. Senza spendere una fortuna, sono delle buone mac-chine (nel rapporto qualità/prezzo) la Nikon F.65 e la F.75 piuttosto che la Canon E-OS.3000, tutte con programmazione e regola-zione anche del tutto automatica di tempi di esposizione e messe a fuoco e tutte di costo intorno ai 380/450 euro, compreso un classi-co obiettivo 28-80. Di qualità superiore (e di prezzo nettamente maggiore) la splendida Ni-kon F.100 (per non parlare del top di gamma, la Nikon F.5), l’eccellente Contax N.1 o la col-laudatissima Canon EOS.1, vendute come semplici corpi macchine, cui sono da abbinare obiettivi altrettanto “importanti”, o la Minolta Dynax.9, che tuttavia, a differenza soprattutto di Nikon e Canon, non può godere di molti o-biettivi disponibili sul mercato.

Al di là di quelli eventualmente in dota-zione al corpo macchina, è tuttavia sempre op-portuno che le macchine fotografiche dispon-gano di buoni obiettivi, quanto più luminosi possibile (con focale 2,8, meglio 1,9), e con scale frazionate: per osare di più, al posto del classico 28-80, meglio due obiettivi diversi, uno grandangolare per aumentare il campo vi-sivo (20-50 o 24-70) purché asferici (per evi-tare l’effetto “palla”), e un altro zoom per avvi-cinare oggetti o persone lontane (70-200 o 100-300): oltre a quelli delle case-madri, sono ottimi gli obiettivi Sigma, compatibili Nikon o compatibili Canon.

Altrettanta attenzione va riposta nelle pellicole e nel loro successivo sviluppo: mai e

poi mai risparmiare su questo argomento (se il fotografo omaggia una pellicola a ogni svilup-po è perché questa non vale praticamente niente!). Anche se Kodak e Agfa garantiscono almeno uno standard minimo di qualità per ogni tipologia di rullino (ma meglio evitare an-che in questo caso quelli di prima fascia), le migliori pellicole in commercio sono oggi le Fuji; e fra queste il consiglio va alle pellicole NPC.160 per le fotografie e alle Velvia.50 o alle nuovissime Velvia.100 per le diapositive. Costano un po’ di più, ma solo quando le avre-te provato capirete dai colori che hanno e dalla potenzialità di sviluppi macro perché il consi-glio è così “netto” e senza alternative. Quanto allo sviluppo, meglio anche qui pagare qualco-sa in più ed evitare le superofferte di chi pro-mette foto a colori a 10 centesimi di euro: bruciare un ricordo vale il rischio?

Per quanto riguarda le macchine digi-tali, dato che il problema delle pellicole è risol-to alla base, meglio concentrarsi sulla qualità dell’immagine, che è misurata in pixel: quanto più elevata è la risoluzione (e quindi il numero di pixel), tanto migliori verranno le foto. Quindi evitate le macchinette troppo compatte e che, costando poco, offrono ancor meno. Fra quel-le in commercio, per esempio, è ottima per rapporto qualità/prezzo (costa circa 300 euro) la compatta Canon A.70, con definizione mas-sima di 3 megapixel; di fascia media (costa cir-ca 650 euro) c’è la Nikon 5400, con risoluzio-ne massima di 5 megapixel e obiettivo equiva-lente a un 28-80; mentre una macchina “im-portante” (può scattare immagini da 6 magapi-xel) è la Nikon D.70 (il corpo macchina costa circa 1.600 euro), che è una splendida reflex digitale e può quindi utilizzare tutte le ottiche delle Nikon analogiche. Per gli scatti, dato che la risoluzione si imposta manualmente, il con-siglio è di non scegliere in nessun caso la riso-luzione più bassa per immagazzinare più scatti. Non andate mai sotto la soglia di 1.400.000 pixel perché è meglio immagazzinare su una memory-card 100 scatti di qualità piuttosto che 200 o 400 che poi si vedranno a quadra-tini!

Ovviamente, avere in mano ottimi strumenti e poi scattare foto (analogiche o di-gitali) senza attenzione è ugualmente un delit-

to. Quindi, perdeteci un po’ di tempo nell’inquadratura, non andate controsole, pro-vate piano piano a lavorare in manuale anche se la macchina ha programmi automatici. Ed evitate i flash in campo lungo (cioè non per particolari): se avete per esempio un interno di una chiesa da fotografare, il flash non vi aiute-rà, ma potranno essere utili tempi di esposizio-ne più lunghi e diaframmi molto aperti (2,8, meglio 1,9) da impostare manualmente; e ov-viamente la mano ferma o un punto di appog-gio in assenza di un cavalletto anche portatile. Lo stesso vale per situazioni di poca luce o per piani di messa a fuoco diversi: se vi è possibile, lasciate perdere l’automatico e aumentate un po’ l’apertura di diaframma e i tempi di esposi-zione. E ricordate anche che la mostra fotogra-fica e il calendario di fine anno vi attendono: e per quest’ultimo, che la foto sia orizzontale o verticale non importa, la stessa dovrà essere “ritagliabile” in forma quadrata, dato che ormai è questa la forma grafica che abbiamo dato al nostro calendario.

Anche per i vostri filmini, fate in modo che gli stessi possano essere fruiti dalla mag-gior parte delle persone, evitando riprese trop-po lunghe o particolari troppo personali. E poi, fatevi coraggio e con l’aiuto di qualche amico, provate con un piccolo montaggio: o digitale (via computer con software come Pinnacle) o analogico (per mezzo di videoregistratori con audio-dubbing e video-insert o piccoli mix). Perché proiettare un filmino di un’ora nell’ambito delle attività sociali del nostro Club, come abbiamo visto anche di recente, rientra in una logica di condivisione di emozioni che sta crescendo sempre più fra i soci e che ag-giunge valore ai viaggi che effettuiamo e al Club nel suo insieme.

Insomma, un viaggio non è solo met-tere in moto il motore del nostro mezzo per partire: è molto di più, prima, durante e anche dopo. Non dimentichiamolo, proprio noi che siamo orgogliosi di definirci cittadini del mon-do e ambasciatori di pace! Buon viaggio a tutti, quindi, per le strade del mondo!

Mimma Ferrante e Maurizio Karra

Cucina da ...camper Idee e suggerimenti per qualche ricetta semplice e veloce da utilizzare in camper, in particolare quando si viaggia e si ha poco tempo da dedicare alla cucina

(Tutte le dosi si intendono per 4 persone)

PENNETTE ALLE ZUCCHINE

Ingredienti500 gr. di pennette, 2 zucchine genovesi, 20 pomodorini di Pachino, 1 cipolla media, olio, basilico, sale e pepe q.b.

Preparazione Tagliare sottilmente la cipolla e farla imbiondire in una capiente padella. Soffriggere le zecchinette tagliate a rondelle. Quando la cipolla è soffritta, aggiungere i pomodorini tagliati a metà. A cottura ultimata unirvi le zecchinette, salando e pepando. Cucinare le pendette e, appena cotti, mantecare insieme al condimento, aggiungendo il basilico spezzettato manualmente.

SPAGHETTI AL POMODORO SOTT’OLIO

Ingredienti500 gr. di spaghetti, 4 spicchi d’aglio, 4 pomodori secchi, un ciuffo di prezzemolo, pangrattato, olio sale e pepe q.b.

Preparazione Sgocciolare i pomodori secchi del loro olio e tritarli grossolanamente. Sbucciare l’aglio, affettarlo e rosolarlo. Abbrustolire la mollica, unirvi, appena dorata, i pomodori secchi, lasciando il tutto in una capiente terrina. Appena gli spaghetti saranno cotti, aggiungere l’aglio rosolato, il prezzemolo tritato, amalgamando insieme mollica e pomodori secchi.

ORECCHIETTE AI CARCIOFI

IngredientiOrecchiette 500 gr, 5 carciofi, ½ limone, 4 cucchiai d’olio, un ciuffo di prezzemolo, burro 30 gr., una confezione di panna per cucina, parmigiano, sale q.b.

Preparazione Pulire i carciofi, lasciandoli a riposare in acqua acidulata con limone. Tagliarli a pezzetti e versarli in un tegame, lasciandoli rosolare. aggiungere il sale ed un mestolo d’acqua. Coprire il tegame, facendo cuocere per 15÷20 minuti. Appena cotti, sgocciolarli dal liquido (se ne è rimasto) e triturarli grossolanamente. A parte sciogliere il burro e la panna, aggiungendovi i carciofi. Mescolare bene gli ingredienti a fiamma viva, quindi scolare le orecchiette. Aggiungere al condimento. Spolverizzare con il prezzemolo tritato e parmigiano.

FARFALLE CON ZUCCHINE E GAMBERI

Ingredienti500 gr. di farfalle, 2 zucchine, 500 g di gamberi, 1 spicchio d’aglio, prezzemolo, olio sale e pepe q.b.

Preparazione Soffriggere le zucchine tagliate a rondelle con uno spicchio d’aglio tritato. Far bollire i gamberi appena cotti, sgusciarli e filtrare l’acqua di cottura. Unire i gamberi alle zucchine, allungando con ½ mestolo dell’acqua filtrata, e salare. Bollire le farfalle. Appena cotte, saltarle nel condimento. Pepare, aggiungere il prezzemolo tritato e mantecare.

FETTUCCINE CON FAVE E RICOTTA

Ingredienti500 gr. di spaghetti, fave 1 kg, ricotta 300 g, 1 cipolla (preferibilmente scalogna), olio, sale e pepe q.b., formaggio

Preparazione Soffriggere la cipolla tritata finemente. Dopo avere privato le fave della buccia esterna, ripulirle della seconda, aggiungendole al battuto. Fare cuocere a fuoco basso, finché non saranno cotte, aggiungendo un bicchiere scarso d’acqua. Regolare di sale e pepe. Lessare le fettuccine e condire con la ricotta già sciolta in un po’ d’acqua di pasta. Unire il tutto alle fave e spolverare con formaggio (pecorino).

PENNE LISCE AL SUGO DI ZUCCHINE

Ingredienti500 gr. di penne, 2 agli, 2 zucchine, 20 pomodorini, parmigiano, peperoncino, sale q.b.

Preparazione Tagliare le zucchine a rondelle e farle soffriggere in padella con uno spicchio d’aglio (da togliere). A parte preparare i pomodorini, tagliati a metà, con uno spicchio d’aglio (da togliere). Cucinare intanto le penne. Amalgamare i due sughi. Mantecare la pasta con il condimento ottenuto, aggiungendo il parmigiano.

GIRITELLI “ASSASSUNATE” CON WURSTEL

Ingredienti1 kg di giritelli (o altra verdura), 2 confezioni di würstel senza pelle, 1 scatola di polpa di pomodoro, 2 spicchi d’aglio, olio sale e pepe q..

Preparazione Far rosolare l’aglio spezzettato nell’olio. Quando è imbiondito, aggiungere la polpa e far cuocere. Unire la verdura precedentemente bollita e fare insaporire il tutto, salando e pepando. In ultimo aggiungere i würstel, lasciando il tutto a cucinare.

Enza Messina

Sulle orme degli antichi pellegrini Il Camino de Santiago: suggestioni e atmosfere di un itinerario sacro che si sviluppa nella Spagna settentrionale e le cui origini risalgono al primo millennio, quando la fine del mondo sembrava prossima

nche ai giorni nostri vi sono degli itinerari che rappresentano dei veri e propri pellegrinaggi che vanno intrapresi, se non con lo stesso spirito e con l'intenzionalità che animavano i pellegrini medievali, quando la fine del mondo sembrava prossima, quan-tomeno con una certa “apertura” alle que-stioni esistenziali che investono sia il mondo laico che quello religioso. Uno di questi è si-curamente il “Camino de Santiago”, che si conclude a Santiago de Compostela, una città che va intesa non come una meta, una delle tante mete che può destare la curiosità o l’interesse del turista itinerante, ma appunto come l’ultima tappa di un lungo pellegrinag-gio che ancora oggi, all’inizio del terzo mil-lennio, viene effettuato - singolarmente o a coppie o a piccoli gruppi – a piedi o in bici-cletta e solo marginalmente con altri mezzi più moderni come un camper, ripercorrendo tuttavia come in passato sentieri e strade per-corse da quei pellegrini medievali. L’itinerario detto anche “Ruta Jaco-bea”, si estende dal Col de Somport o dal passo di Ibaneta a Roncisvalle (ambedue sui Pirenei al confine tra la Francia e la Spagna) fino a Santiago de Compostela, in Galizia, per un totale di 850 chilometri, passando per campagne brulle e silenziose e per tanti pic-coli centri; solo poche sono le grandi città del “Camino”, e tra esse Burgos e Leon, oltre che Santiago de Compostela, la città nata in ono-re dell’Apostolo San Giacomo Maggiore (San-tiago), evangelizzatore della Spagna.

Storia e leggenda si mescolano per quanto riguarda la sua vita: quel che è certo è che a un certo punto egli giunse sulle coste della Galizia per la sua opera di evangelizza-zione e qui restò alcuni anni per poi far ritor-no in Palestina dove trovò la morte a causa della condanna di Erode che nell’anno 43 ne ordinò la decapitazione. I suoi discepoli ne prelevarono la notte seguente il corpo e lo

riportarono proprio in Galizia, cioè nei luoghi che lo avevano visto in vita attivo protagoni-sta dell’evangelizzazione cristiana. Qui la sua tomba rimase incognita fino all’anno 813, al-lorquando un eremita non la scoprì seguendo l’apparizione e la caduta di una pioggia di stel-le (Campus stellae).

Sulla sua tomba fu subito edificato, per volontà del re delle Asturie Alfonso II il Casto un primo santuario. All’inizio furono solo i cristiani dei paesi vicini a giungere in quel luogo per pregarvi, ma pian piano la stessa monarchia asturiana, rendendosi conto dei benefici che sarebbero derivati alla coro-na, promosse i primi pellegrinaggi dal resto della Spagna (erano gli anni in cui gli arabi dominavano gran parte del suo territorio), aiutata anche dai monaci di Cluny che si as-sunsero il compito di propagandare il culto dell’apostolo e il pellegrinaggio verso il luogo della sua sepoltura, dapprima nella vicina Francia e poi nel resto d’Europa. Il Camino de Santiago ebbe modo così di aggiungersi ai pellegrinaggi agli altri luoghi santi per eccellenza della cristianità, come Roma e Gerusalemme, standardizzan-dosi attraverso un percorso sistematico che generò la nascita di ospizi, chiese e interi vil-laggi lungo le strade che i pellegrini dovevano percorrere, al fine di favorirne l’alloggio e l’assistenza; e la sua fama esplose ben presto grazie alla pubblicazione di vere e proprie guide, fra cui il “Liber Sancti Jacobi” dell’abate Almerico Picod di Cluny (più noto come Codex Callistinus), scritto nel XII seco-lo ai tempi del Papa Callisto II, in concomi-tanza con un altro avvenimento che avrebbe segnato la storia della Spagna: la proclama-zione da parte dei re delle Asturie di San Gia-como Patrono della corona e della lotta con-tro i musulmani (oggi l’Apostolo è il Patrono di tutta la Spagna).

La tradizione è sopravvissuta attra-verso i secoli e “El Camino” (come in Spagna

A

è definito) è stato considerato dall’Unione Europea con il titolo di Primo Itinerario Cul-turale Europeo. Ancora oggi, ogni anno, sono circa 10.000 i pellegrini che compiono il per-corso, soprattutto spagnoli, ma anche france-si, irlandesi, tedeschi, ecc., di cui oltre la me-tà a piedi e un’altra buona parte in bicicletta, alcuni dei quali magari si limitano a percorre-re anziché l’intero percorso gli ultimi 150/200 chilometri.

Soprattutto coloro che vanno a piedi (e moltissimi sono ragazzi e ragazze) appaio-no come personaggi un po’ fuori dal tempo: una conchiglia, ben visibile sul petto, e spes-so un bastone con una zucca a mo’ di bor-raccia per l’acqua, garantiscono a ognuno di essi uno strano ed etereo alone di sacralità. La conchiglia – che è anche il simbolo stesso di tutto l’itinerario e che come tale accompa-gna i pellegrini lungo tutto il tracciato con un’apposita segnaletica ai bordi delle strade o dei sentieri da percorrere - è il simbolo della fede e del coraggio che li anima nell’affrontare questo viaggio trascendentale; il quale solo alla fine si concretizza e prende consistenza nella visione dell’approdo finale a Santiago, nella grande Basilica in cui riposano le spoglie di San Giacomo il Maggiore.

Dal Col de Somporta San Salvador de Leyre

Il “Camino” ha inizio con l’attraversamento, sulla N.134, del valico franco-spagnolo del Col de Somport, ad oltre 1.600 metri di altitudine; qui la strada si in-cunea fra i Pirenei in uno scenario di boschi, prati verdi e cime innevate di grande sugge-stione. E subito l’itinerario viene evidenziato da un grande cartello - che ci seguirà pun-tualmente fino a Santiago de Compostela - con il simbolo di una conchiglia gialla stilizza-ta su fondo blu, emblema stesso del pellegri-naggio, in ricordo della conchiglia che i pelle-grini medievali raccoglievano sull’Atlantico a Cabo Finisterre, dopo Santiago.

Lungo la N.240 si incontra ben pre-sto Jaca, dove sono da visitare la bella fortez-za che Filippo II fece costruire nel XVI secolo, nel cui fossato ammiriamo dei tenerissimi

daini, nonché la Cattedrale, opera significati-va del romanico spagnolo, con l’adiacente Museo Diocesano che ospita notevoli affre-schi delle varie chiese della diocesi. Proprio a Jaca, a pochi passi dalla Cattedrale, si trova la chiesa di Santiago, caratterizzata - come tutti i monumenti del “Camino” – da una conchi-glia stilizzata: qui si può ritirare la credencialdel pellegrino, un documento sul quale vanno apposti - almeno uno al giorno - i timbri (sel-los) delle varie località toccate nel corso dell’itinerario, a testimonianza dell’avvenuto pellegrinaggio, da richiedere alle chiese o an-che agli uffici del turismo o agli ostelli dei pel-legrini. Per ottenerla, in vista del rilascio della Compostela nella Cattedrale di Santiago (che dà diritto all’indulgenza di un terzo dei propri peccati), è necessario percorrere nell’ambito del pellegrinaggio almeno 100 chilometri a piedi o 200 chilometri in bicicletta o a caval-lo; mentre chi come noi l’itinerario lo ha per-corso in camper si dovrà accontentare, una volta raggiunta Santiago de Compostela, “so-lamente” della pergamena con la benedizione del Santo.

Superata Jaca, sempre lungo la N.240 si trovano due tappe del Camino da non perdere: la prima è la minuscola cittadina di Santa Cruz de la Seros, con la chiesa di San Caprasio in stile romanico e il monastero di Santa Cruz; la seconda è a pochi chilometri ma in alta montagna: si tratta del Monastero di San Juan de la Peña, del X-XII secolo.

Il suo chiostro, con gli splendidi capi-telli istoriati che narrano la vita di Gesù, è suggestivamente incastonato nella roccia, a tal punto che per poterlo visitare è necessario lasciare i mezzi un chilometro più avanti, lad-dove la strada finisce in un bosco lussureg-giante, e poi utilizzare un bus navetta che vi fa

ritorno (il cui costo è compreso nel biglietto che include l’ingresso sia alla chiesa di San Caprasio di Santa Cruz de la Seros che al monastero di San Juan).

Ripresa la N.240 in direzione di Pam-plona, si incontra lungo la strada il grande la-go di Yesa con le sue le suggestive sfumature verdi-azzurre, circondato da rocce biancastre e friabili e da lussureggianti boschi, in uno scenario di grande bellezza. Poco più avanti sorge la cittadina di Yesa, caratterizzata da una chiesetta romanica. Qui si lascia momen-taneamente la N.240 per imboccare la NA.5410 in direzione del Castello di Javier,risalente al ‘300, dove nacque San Francesco Saverio, missionario in India, Giappone e Ci-na. Poco più avanti vi è la cittadina di San-guesa, caratterizzata dalla splendida facciata romanica della chiesa di Santa Maria la Real, con una magnifica serie di immagini cariche di contenuti simbolici che incantano lo sguardo e il cui interno ospita un bell’altare con retablo in legno decorato e un notevole ostensorio.

Si ritorna sulla N.240 e da qui, dopo qualche chilometro, si devia per la NA.2113 per visitare il monastero benedettino di SanSalvador de Leyre, un complesso religioso del X secolo, pantheon dei primi re della Na-varra, in cui si distingue una bella cripta, divi-sa in quattro navate e caratterizzata da capi-telli enormi, e una chiesa romanica imprezio-sita da un magnifico portale, ornato da ani-mali chimerici e da strani personaggi con o-recchie di coniglio o corna. All’interno del complesso è visibile anche la statua di San Virila, un monaco che rimase estasiato ascol-tando il canto di un usignolo e così perse la nozione del tempo, tornando al monastero – secondo una delle tante leggende locali – trecento anni dopo!

Da Puente de la Reinaa Santo Domingo de la Calzada

Percorrendo un dedalo di strade sta-tali e locali, in alcuni casi per pochissimi chi-lometri (la N.240, la NA.234, la N.121, la NA.601 e la N.111), si giunge a Puente de la Reina, dove si congiungono le due varianti del “Camino”, quella che parte dal Col de Somport e quella che parte da Roncisvalle.

La cittadina prende il nome dal ponte fatto costruire nell’XI secolo da doña Mayor, per facilitare il passaggio dei pellegrini che, fino a quel momento, erano stati costretti a superare il fiume con mezzi di fortuna. Nella graziosa cittadina, che conserva immutate le atmosfere medievali di un tempo, sono da vi-sitare la chiesa di Santiago, con un bellissimo retablo e la statua lignea dell’apostolo vestito da pellegrino, e un po’ tutto il centro storico, che evidenzia le caratteristiche della cittadina sorta appositamente lungo il “Camino” per le esigenze dei pellegrini, giungendo fino al no-tevole ponte, tuttora percorso da chi si muo-ve a piedi verso Santiago, che si impone an-cora oggi, a distanza di un millennio, come una grande opera di ingegneria civile.

Lungo la strada cominciano ad incon-trarne sempre in maggior numero di pellegri-ni, sia a piedi che in bicicletta, lungo i sentieri che corrono parallelamente alla strada asfalta-ta, muniti di cappello, zaino e bastone (bor-don) per chi va a piedi, e contraddistinti dall’immancabile conchiglia sul petto, a sim-boleggiare la loro condizione di pellegrini. Molti di loro sono giovanissimi, ma non man-cano neanche le persone di mezza età, tutti impegnati in questa fatica sfibrante che li por-ta a macinare circa 20 chilometri al giorno per il percorso a piedi e il doppio per chi va in bicicletta. E’ una consuetudine che può appa-rire del tutto anacronistica all’inizio del terzo millennio, ma la fede e la costanza sono forti in queste persone che, per il solo tratto spa-gnolo, arrivano ad impiegare anche 40-50 giorni di cammino per percorrere a piedi gli 850 chilometri in cui si estende il “Camino”.

Noi ci fermiamo lungo la strada a os-servarli mentre passano sudati e stanchi ep-pure con la gioia negli occhi e poi, lungo la

N.111, riprendiamo la nostra strada fino a raggiungere Estella. Qui merita una visita la chiesa del Santo Sepolcro, con una bella fac-ciata ornata da numerose statue, il romanico Palazzo dei Re di Navarra, il Convento e il Chiostro di Santo Domingo; ma tutto il suo centro storico è veramente da ammirare, dal gomitolo di pittoresche stradine alla Plaza de los Fueros, il cuore della cittadina dove nel corso delle domeniche di luglio si svolge un pittoresco mercato medievale, con figuranti in costume e bancarelle a tema. Così ci si può ritrovare a comprare dolci e formaggi “vec-chi” di 700 anni e più e a farsi irretire dall’allegra atmosfera creata da streghe e gio-colieri o da nobildonne che passano scortate da fidi scudieri, in un caleidoscopio di suoni e colori tipico delle feste paesane.

La nostra rotta riprende nuovamente lungo la N.111 verso ovest fino al minuscolo paesino di Torres del Rio, dove si può ammi-rare la chiesa ottagonale del Santo Sepolcro, ispirata a quella di Gerusalemme, nei cui pressi c’è anche il ristorante per i pellegrini che è gestito da una simpatica coppia di ita-liani, in grado di fornire preziosi suggerimenti e di narrare molteplici leggende su tutto il “Camino”. Lungo la N.120 si giunge, quindi, a Santo Domingo de la Calzada, una delle tap-pe più importanti del “Camino”, il cui nome deriva da un monaco che dedicò gran parte della sua vita a facilitare il passaggio dei pel-legrini, contribuendo a costruire strade e ponti; non mancano nemmeno le leggende sulla sua vita, come quella secondo la quale fu in grado di riportare in vita un gallo che era già stato cucinato. A questo proposito, nella cattedrale gotica della cittadina, che cu-stodisce il sepolcro del santo, si trovano un gallo e una gallina che discenderebbero da quel pennuto miracolato, anch’essi dalle piu-me bianche; ed è consuetudine non uscire dalla chiesa se prima non ha cantato il gallo in segno di buon augurio.

La città di Burgos Si prosegue fino a Burgos lungo una

strada tutta saliscendi che si inoltra nella me-seta attraverso un panorama agreste che con-tinua a perdita d’occhio con campi gialli di fieno e frumento intervallati da vigneti, uliveti

e campi di girasole. Il clima continentale al-terna al fresco della mattina l’afa del pome-riggio, motivo per cui i pellegrini a piedi e in bicicletta privilegiano le prime ore del mattino per percorrere i tratti più impegnativi del Ca-mino.

Burgos, antica e monumentale città della Castiglia, è certamente una delle mete più importanti di tutto l’itinerario; è detta an-che la "Testa della Castiglia" perché è la città più a nord della regione, quasi al confine con le provincie basche. Si penetra nel centro sto-rico cittadino attraverso l'Arco di Santa Ma-ria, che risale al XVI secolo con il corpo cen-trale ornato da statue di grandi guerrieri, ma prima di entrare nei vicoletti tortuosi che conducono all’interno della città medievale vale senz’altro la pena di soffermarsi ad am-mirare il sereno scenario dato dalle pigre an-se del fiume Arlànzon circondato da salici piangenti. Il nucleo di Burgos è costituito dalla Cattedrale del XIII secolo, in puro stile gotico, con la Capilla del Condestable in gotico fiori-to e con il bellissimo chiostro, dall'attigua chiesa di San Nicola del XV secolo e dalla vi-cina Casa del Cordòn, residenza reale del XV secolo, al cui interno la regina Isabella la Cat-tolica ricevette Cristoforo Colombo al ritorno dal suo secondo viaggio nelle Americhe, e così soprannominata per il motivo ornamen-tale che avvolge la facciata (una sorta di cor-done avviluppato in un nodo).

Burgos è anche la patria del Cid Campeador, al secolo Rodrigo Diaz de Vivar, che nel corso dell'XI secolo infiammò con le sue eroiche imprese contro i mussulmani gli animi dei suoi compatrioti, creando attorno a sé una leggenda raccolta in uno dei libri più famosi della letteratura europea di tutti i tem-pi. Il suo corpo è sepolto proprio nella Catte-drale e le statue relative alle sue mitiche gesta ornano il più bel ponte che attraversa il corso dell’Arlànzon proprio nel centro della città. Ma Burgos non è solo bella dal punto di vista storico e architettonico, è anche ben organiz-zata e molto accogliente dal punto di vista urbanistico e ambientale grazie agli ampi spa-zi verdi che la rendono molto vivibile.

Poco fuori città è poi d'obbligo la vi-sita al Monastero di Cartuja de Miraflores,

eretto nel XV secolo in stile gotico fiorito, che vanta l'imponente mausoleo marmoreo del re Giovanni II e lo splendido retablo della Cartuja, un meraviglioso altare religiosamente scolpito che veglia ancora oggi sulle suore che qui vivono in clausura.

Da Castrojeriz a Leon Lasciata la splendida Burgos, lungo la

N.120 continuiamo il nostro itinerario verso ovest e quindi imbocchiamo la BU.404 in di-rezione di Castrojeriz dove visitiamo la chie-sa di San Juan, quella di San Domingo e la Collegiata di Santa Maria del Manzano, risa-lente nel XII secolo in stile cistercense. Si continua lungo stradine secondarie – la BU.403, la P.432 e la P.431 - fino a Fromistache si rivela subito una tappa molto interes-sante, con la stupenda chiesa di San Martino, eretta nel 1066 in puro stile romanico e mai rimaneggiata, che presenta una purezza di li-nee veramente armoniosa sia all’esterno che all’interno, caratterizzato da pregevoli capitelli ornati con decorazioni tutte diverse. E’ note-vole anche la chiesa di San Pedro che, nell’annesso museo, ospita le tele del magni-fico retablo della chiesa di Santa Maria del Castillo.

La tappa seguente, lungo la P.980, è Carrion de los Condes, dove si ammira la bella facciata della chiesa di Santiago, con il Cristo circondato dai simboli degli evangelisti risalente all'XI secolo. Lungo la N.120, che corre in mezzo allo scenario della sterminata meseta castigliana, si giunge a Sahagun, do-ve è da visitare la chiesa di San Tirso. Quindi, seguendo la A.231 e la N.630, si giunge a Leon, seconda grande città dell’itinerario, che era una delle più importanti del Medioevo cri-stiano, come dimostra l’opulenza dei suoi monumenti. Il più importante è sicuramente rappresentato dalla Cattedrale, un gioiello del gotico maturo, risalente al XIII-XIV secolo, in cui la purezza delle linee si riverbera nelle preziose vetrate medievali che occupano 1.800 metri quadrati, facendone una sinfonia di luce e pietra ricolma di numerosi tesori ar-tistici, come il retablo maggiore del XV seco-lo, il coro di stile fiammingo, il chiostro rina-scimentale e il notevole Museo Catedralicio.

Merita una visita anche la Collegiata Reale di Sant’Isidoro, altro interessante e-sempio dell’arte romanica in Spagna, compo-sta da vari edifici risalenti ad epoche diverse, il più antico dei quali è il Pantheon dei Re, una cripta nella quale si custodiscono le reli-quie di Sant’Isidoro e di San Vincente, oltre ai sarcofagi dei re Fernando I e Sancha. Al suo interno vi sono capitelli romanici istoriati con scene tratte dal Vangelo e dalla Bibbia e ma-gnifici affreschi che raffigurano il Cristo be-nedicente circondato dagli apostoli, in un in-sieme di rara bellezza. Oltre la basilica supe-riore fa parte del complesso anche il chiostro e il museo, nel quale si possono ammirare preziosi pezzi d’oreficeria e una collezione di antichi manoscritti.

Ma Leon non smette di attrarci: è no-tevole anche il Convento di San Marcos, un palazzo rinascimentale decorato con la con-chiglia di Santiago, mentre un Santiago “matamoros” decora il corpo centrale della facciata. All’interno sono degni di nota la grande scalinata, il chiostro e la sala capitolare, mentre anche la chiesa ha la facciata decorata con le conchiglie. E’ un piacere anche passeggiare lungo le vie pedonali che incorniciano il centro storico della città, ammirando le lussuose vetrine dei negozi e toccando con mano l’animazione e la movidacittadine che si fanno più febbrili con l’avanzare della sera.

Da Astorga a El Cebrero Sempre lungo la N.120 ci dirigiamo

ad Astorga, graziosa cittadina con il pittore-sco Palazzo Vescovile progettato in stile neo-gotico alla fine dell’800 da Gaudì, in un in-sieme di pinnacoli e di torri che sembrano appena usciti dalle favole; l’edificio, illuminato da numerose vetrate ornate da belle incisioni, ospita il Museo del Camino de Santiago, con numerose statue lignee dell’apostolo, dipinti di Madonna col Bambino e diari dei primi pel-legrini sulla rotta di Santiago, quando tutta l’area era infestata da briganti e costellata da pericoli ambientali e da ben poche comodità, ben lontane dalla sapiente organizzazione o-dierna. Accanto al Palazzo Vescovile si erge la Cattedrale, una chiesa gotica cui fa da scudo un’imponente facciata barocca, con annesso il Museo Diocesano. I negozi cittadini sono famosi per i dolci locali, per il prosciutto e per l’empanada, una sorta di focaccia ripiena con pomodoro, tonno, peperoni e cipolla che si dimostra una vera delizia.

Seguendo la N.VI, si giunge quindi a Ponferrada, la cui origine è legata al “PuenteFerrada”, il ponte che un vescovo dell’XI se-colo fece costruire per facilitare il passaggio dei pellegrini; in seguito, tra l’XI e il XIV seco-lo, venne costruito il Castello dei Templari, di cui oggi sono visibili i notevoli resti, per ren-dere più sicuro il “Camino” verso Santiago. Meritano una visita anche la vicina basilica di “Nuestra Señora de la Encina” e la Torre dell’Orologio che chiude il minuscolo centro storico.

Si prosegue lungo il “Camino” fino a Villafranca del Bierzo, dove i pellegrini am-malati o troppo provati per proseguire si fer-mavano presso la chiesa di Santiago ottenen-do ugualmente l’indulgenza come se avessero concluso il loro pellegrinaggio a Santiago de Compostela. Qui sono da vedere anche la chiesa di San Francesco, la Collegiata di San-ta Maria e l’Ospitale di Santiago ed è da as-saggiare l’ottimo vino rosso delle cantine lo-cali.

L’itinerario prosegue attraverso il passo di Pedrafita, da dove continua lungo la LU.634, una strada di montagna tutta sali-scendi che si inoltra in uno scenario di boschi disseminati da villaggi medievali che sembra-

no darci il loro benvenuto così come doveva-no darlo ai pellegrini dell’anno Mille; tra que-sti paesini spicca per la sua originalità quello di El Cebrero, dove si conserva un centro di “pallozas”, abitazioni primitive con le facciate in pietra viva e i tetti in paglia, molto simili a quelle dei castri celti, e anche una suggestiva chiesetta pre-romanica del IX secolo, il San-tuario del Milagro, che custodisce un calice conosciuto come il “Santo Gral Gallego” che, secondo la tradizione, sarebbe fonte di nume-rosi prodigi.

Santiago de Compostelae Cabo Finisterre

Ormai Santiago de Compostela è molto vicina, anche se bisogna ancora per-correre quasi 200 chilometri, lungo la LU.633, la C.535, la N.50 e la N.547, in un panorama quasi alpino scandito da suggestive croci celtiche a doppia faccia, una con il Cri-sto in croce e l’altra con la Madonna e il Bambino. Da queste parti si intensificano gli incontri con frotte di pellegrini a piedi e in bicicletta, che si fanno più numerosi chilome-tro dopo chilometro.

E poi finalmente, quasi come una vi-sione lungamente attesa, ecco appunto la me-ta: Santiago de Compostela. La città è lette-ralmente invasa da frotte di pellegrini giunti finalmente al loro traguardo, ed è proprio l’atmosfera insieme gioiosa e mistica a rende-re Santiago una tappa unica, ben più dei suoi monumenti. E’ commovente arrivare a ridos-so della grandiosa Cattedrale, sulla piazza del-

la Azavacheria, e vedere sopraggiungere nu-merosi gruppi di giovanissimi pellegrini a pie-di, con i loro zaini pesanti, il bastone, la cala-baza (la zucca che funge da borraccia), e la conchiglia con la croce di Santiago sul petto, mentre si avvicinano all’Oficina del Peregrino,quasi zoppicando per lo sfinimento nelle scarpe colme di polvere delle centinaia di chi-lometri del pellegrinaggio, ma con gli occhi lucidi di emozione per aver finalmente rag-giunto la meta. Il momento dell’ultimo sello è il più emozionante, perché è seguito dalla consegna della pergamena contenente la Compostela, a suggello del pellegrinaggio.

La maestosa Cattedrale, che ha diver-si prospetti, risale al XII secolo, e fu eretta dopo la distruzione della prima chiesetta del IX secolo, distrutta cento anni più tardi dai musulmani che rispettarono solo la tomba dell’Apostolo. Le sue proporzioni sono gran-diose, con le due torri gemelle che sembrano bucare il cielo e gli enormi spazi sia al suo in-terno che all’esterno, necessari ad ospitare le migliaia di pellegrini che vi si riversano conti-nuamente. Ma il suo prospetto principale non è quello che i pellegrini vedono per primo, arrivando dalle fatiche del pellegrinaggio; in-fatti è necessario girare attorno alla costru-zione e giungere fino alla smisurata Plaza dell’Obraidoro per godere dello scenario più bello che Santiago è in grado di offrire. At-torno a questa piazza si allineano numerosi monumenti che fiancheggiano la splendida

Cattedrale, come l’Hostal de los Reyes Cato-licos, costruito nella prima decade del ‘500 e oggi trasformato in un albergo di lusso, il Co-legio de San Geronimo, risalente al ‘600 e il Palazzo Rajoy, della fine del ‘700, che incor-niciano in un insieme di grande bellezza l’intero spiazzo.

Ma, indubbiamente, è l’altissima mole della chiesa a catturare lo sguardo e ad incan-tare con i mille particolari preziosi della sua facciata, incanto che si rinnova entrando all’interno del tempio alla vista del magnifico Portico della Gloria, uno stretto recinto con volte a crociera, le cui sculture rappresentano il nucleo della teologia cristiana e al cui cen-tro domina la colonna su cui è scolpito San-tiago con i piedi appoggiati su due cuccioli di leoni. E quando i pellegrini, dopo una lunga fila, riescono a sfiorare la colonna di Santia-go, sanno di essere finalmente arrivati alla conclusione del loro pellegrinaggio, che si estrinseca con un rito ben preciso: il pellegri-no si inginocchia davanti alla colonna, nella cui parte inferiore appare il “Santo dos cro-ques”, cioè il Santo delle capocciate, il cui nome è dovuto al gesto tradizionale che i pel-legrini compiono appoggiando la fronte sul Santo, in un clima di esaltazione religiosa che non può non contagiare i presenti.

Ma anche l’incommensurabile vastità della cattedrale impressiona i pellegrini odier-ni, così come tutti i loro predecessori che si sono avvicendati nel corso degli ultimi dieci secoli, con tutte le cappelle, le pale e il coro che meritano un’esplorazione accurata, in-sieme alla visita della cripta che custodisce i resti dell’Apostolo in un’urna d’argento, alla visita del chiostro, del Museo Cattedralizio e dell’enorme Botafumeiro, che viene agitato in una nuvola d’incenso durante le sacre cele-brazioni.

Tutto attorno ai diversi prospetti della Cattedrale si susseguono le strette stradine del centro storico, sulle quali si affacciano numerosi negozietti di souvenir che mettono in mostra bastoni del pellegrino, conchiglie con la croce di Santiago, borracce, gioielli in argento e ambra nera, oggettistica sacra in argento e il tipico dolce locale, la Tarta di Santiago, farcita con le mandorle. E, affasci-nati da questa atmosfera così unica, ci si ri-

trova a bighellonare attraverso il centro ed ad ammirare i mille angoli di questa città magica.

Per la maggior parte dei pellegrini il “Camino de Santiago” si conclude qui. Ma esiste un prolungamento dell’itinerario fino all’Oceano, sempre sulle tracce dei pellegrini medievali, laddove la terra finisce, cioè a Ca-bo Finisterre, nel punto in cui si raccoglieva-no le conchiglie da portare a casa come ri-cordo. Così, attraverso strade sempre secon-darie, come la C.545, la C.552, la C.550 e la C.543, si giunge fino all’Atlantico, dove si in-contra dapprima Muxia, cittadina situata un po’ più a nord di Cabo Finisterre, luogo den-so di atmosfera con la sua bella spiaggia di sabbia finissima, il mare dalle tonalità can-gianti solcato da stormi di gabbiani e il San-tuario della Vergine della Vela, situato a ri-dosso del mare, in un contesto naturalistico di grande bellezza.

Si narra che su questo tratto di costa San Giacomo, deluso dal mancato successo del suo primo apostolato in Galzia, abbia ri-cevuto la visita della Madonna, giunta su una nave con una vela di pietra, che lo esortava a non abbattersi, scomparendo subito dopo, ma lasciando lì la vela di pietra, un enorme masso ricurvo ancora oggi visibile sulla spiaggia antistante il santuario, sotto il quale secondo la tradizione dovrebbe strisciare chi soffre di dolori alla schiena.

Pochi chilometri più a sud ecco CaboFinisterre, dove finisce ufficialmente il pelle-grinaggio e dove la terra si consuma nel ma-re; qui, davanti al grandioso faro oggi tra-sformato parzialmente in museo, il simbolo della conchiglia rovesciata sancisce la fine del “Camino”, mentre lo sguardo spazia su un o-rizzonte vastissimo, scandito dalle croci celti-che che si stagliano dall’alto delle coste roc-ciose sulle immensità azzurre del mare, lo stesso orizzonte che si sono ritrovati ad am-mirare le migliaia di pellegrini succedutisi nel corso degli ultimi mille anni alla conclusione dell’emozionante “Ruta Jacobea”.

Mimma Ferrante e Maurizio Karra (da AutoCaravan – settembre 2002)

La Cattedrale di Santiago de Compostela, la meta finale del “Camino”

Notizie utili L'itinerario e la rete viariaIl "tradizionale" Camino de Santiago (ne esistono in effetti alcune varianti) si sviluppa per circa 850 chilometri nella Spagna settentrionale su strade nazionali, contrassegnate dalla "N" iniziale, o strade locali, contrassegnate dalla sigla della provincia come iniziale ("NA" per Navarra, "BU" per Burgos, ecc.), partendo dal Col de Somport, sui Pirenei al confine fra Francia e Spagna, fino a Santiago de Compostela. Un’altra variante è quella che parte a Roncisvalle, unendosi alla prima a Puente de la Reina. Il Camino attraversa, senza alcun tratto stradale o autostradale a pedaggio, le regioni spa-gnole della Navarra, della Rioja, della Castiglia e Leon e infine della Galizia, lambendo an-che i Paesi Baschi e le Asturie. La viabilità non è mai un problema, così come il traffico, an-che se a volte alcune strade minori meriterebbero interventi urgenti di risistemazione. Non sempre puntuali e all'altezza degli standard europei, invece, i cartelli stradali e quelli che in-dicano, nelle varie località, la presenza di campeggi. Lungo il percorso le località di maggiore interesse sono: Jaca, Santa Cruz de la Jeros, San Juan de la Pena, Yavier, Sanguesa, Leyre, Puente de la Reina, Estella, Torres del Rio, Santo Domingo de la Calzada, Burgos, Castrojeriz, Fromista, Carrion de los Condes, Sahagun, Leon, Astorga, Ponferrada, Villafranca del Bierzo, El Cebrero e, infine, Santiago de Com-postela. E' tradizione comunque proseguire l'itinerario fino all’Oceano, a Muxia e Cabo Fi-nisterre (quindi per altri 130 chilometri), come facevano anche gli stessi pellegrini medievali una volta concluso l'itinerario di fede sulla tomba dell'apostolo San Giacomo.Il periodo migliore per effettuare il pellegrinaggio va da maggio ad ottobre, anche se, al di là delle difficoltà climatiche dovute al periodo invernale, può essere fatto in qualunque stagio-ne dell’anno. Va comunque sottolineato che è tradizione effettuarlo nel periodo estivo in modo tale da giungere a Santiago de Compostela fra il 24 e il 25 luglio, giorno in cui ricorre la festività del Santo, che è festeggiata in tutta la Spagna e in particolare a Santiago de Compostela, con spettacoli, fuochi di artificio e varie manifestazioni sacre e profane. Quando il 25 luglio cade di domenica, si è nell’anno giubilare composteliano (l’ultimo è stato nel 1999 e il prossimo è proprio nel 2004) e in questo caso il conse-guimento della Compostela dà diritto all’indulgenza plenaria.

Campeggi e parcheggiCome già scritto, lungo tutto l'itinerario sono sorti fin dai tempi antichi numerosi ricoveri per i pellegrini e ancora oggi non c'è che l'imbarazzo della scelta per chi va a piedi, in bici-cletta o in auto, a trovare "hostal" (ostelli per i pellegrini) e "hotel" veri e propri. Per quanto riguarda la situazione dei campeggi, il cui costo oscilla fra i 12 e i 24 euro per notte per un camper e due persone, va detto che ne esiste una buona rete lungo tutto il percorso; non tutte le località ne sono comunque provviste e talora i campeggi sono ubicati lontano dai centri abitati e non sempre collegati con gli stessi. Sono altresì presenti anche dei parcheggi che in alcune cittadine più piccole costituiscono una valida (e sicura) alternativa per il per-nottamento in camper, mentre in alcuni centri - come Puente de la Reina, Sahagun, Ponfer-rada - anche parcheggiare per qualche ora può essere difficile per camper di grosse dimen-sioni a causa dell’esiguità degli spazi per il posteggio.I nostri consigli per i pernottamenti sono comunque i seguenti:

Jaca: Camping Victoria, sulla N240 a 1 km. dalla città verso Pamplona; Santa Cruz de la Jeros: parcheggio nel cuore del borgo, accanto al Monastero di Santa Cruz;Yavier: parcheggio a 200 metri oltre il Castello; Sanguesa: Camping Catalogna, sul Camino de Catalogna; Estella: Camping Lizarra, alla periferia della cittadina; Santo Domingo de la Calzada: Parcheggio del Monastero di San Francesco, all'uscita del paese in direzione di Burgos;

Burgos: Camping Fuentas Blancas, al km. 3,5 della Ctra. Cartuja Miraflores; Fromista: parcheggio all'ingresso del paese, vicino la Chiesa di San Martino; Leon: Camping Ciudad de Leon, alla periferia della città sulla N.601 per Valladolid; oppure parcheggio custodito Santa Nonia, in Avenida de l’Indipendenza, in pieno cen-tro, dietro le poste centrali, a 300 metri dalla Cattedrale; Astorga: parcheggio dietro la Cattedrale e il Palazzo Vescovile; Villafranca del Bierzo: parcheggio vicino il castello; El Cebrero: uno dei tre piccoli parcheggi del villaggio celtico; Santiago de Compostela: Camping As Cancelas, Rua do 25 Xullo n. 35, alla periferia, su una collina a dominio della città; Muxia: parcheggio nella piazzetta adiacente al porticciolo o Camping Lago Mar, a qual-che chilometro dal centro abitato; Cabo Finisterre: parcheggio del porticciolo.

Costo della vita, musei, shoppingIl costo della vita in Spagna è mediamente più basso rispetto all'Italia e varia anche da re-gione in regione; si ha modo di notarlo anche nel corso del Camino, dato che in Galizia (cioè alla fine dell'itinerario) i prezzi sono visibilmente minori di quelli della Navarra o dei Paesi Baschi, le regioni di confine con la Francia. I musei, le chiese e gli altri luoghi da visitare hanno orari diversi fra loro; in genere non so-no mai aperti prima delle 10 del mattino e chiudono a metà giornata per due/tre ore. I ne-gozi rimangono aperti generalmente dalle 10 alle 14 e dalle 17 alle 20, e sono chiusi il saba-to pomeriggio e la domenica (tranne i negozi di souvenir nelle località principali). Fra gli ar-ticoli di maggiore pregio da acquistare sono da evidenziare in particolare le ceramiche arti-stiche, i ricami, i vini (particolarmente i rossi), i salumi; tutto il centro di Santiago de Com-postela è pieno di negozi che espongono e vendono articoli religiosi legati al culto di San Giacomo, nonché tutto il più classico artigianato spagnolo (ventagli, oggetti in metallo da-maschinato di Toledo, ecc.).

TelefonoTutta la Spagna ha un'ottima copertura GSM, con vari gestori locali. Per chiamare l'Italia dalla Spagna, ovviamente, basta fare precedere il numero italiano da +39.

LinguaOltre alla lingua nazionale (che è il castigliano), lungo il Camino ci si imbatte anche negli altri idiomi parlati nelle varie regioni settentrionali della Spagna, alcuni dei quali come il ba-sco o il galiziano che poco hanno a che fare con lo spagnolo. Tutti i cartelli sono comun-que sempre in doppia lingua. Nei contatti con le persone locali, comunque, la comune ori-gine dello spagnolo e dell'italiano facilita i contatti (ma si tenga conto che la lingua italiana non è parlata quasi da nessuno).

CucinaTra i piatti tipici da assaggiare si consigliano la celeberrima paella (riso allo zafferano con pollo, pesce, peperoni e verdure miste), l’empanada (una focaccia con tonno, pomodoro, cipolla e peperoni in vendita presso i panifici), la tarta di Santiago (il dolce tipico del Cami-no de Santiago farcito con mandorle); ma molti altri gustosi esperimenti gastronomici si po-tranno fare presso le varie Osterie dei Pellegrini dove è possibile effettuare un pranzo o una cena completi a prezzi davvero contenuti (a partire dagli 8 euro).

InformazioniUfficio Nazionale Spagnolo per il Turismo in Italia (Turespana), Piazza di Spagna n.55 - 00100 Roma – Telefono 06.678.3106 - E-Mail: [email protected] – Sito Internet: www.turismospagnolo.it

La Murgia dei trulli Un itinerario nella Puglia più bella e famosa

a Murgia è uno dei territori più affascinanti dell’Italia meridionale, sia dal punto di vista del territorio che monumentale (basta pensare ai soli trulli che ne sono il simbolo). Si lascia Bari e si inizia l'itinerario lungo la statale 634 in direzione di Capurso e Rutigliano, attraversando la conca di Bari, un'area dove uliveti, mandorleti e vigneti formano una fittissima copertura arborea. Si comincia a salire in dolce pendenza il gradino murgiano, ancora tra uliveti e vigneti, alla volta di Conversano, ricca di vari monumenti fra cui il castello.

Il castello di Conversano

L'imponente mole del castello, a forma di trapezio, fu eretta dai Normanni e in seguito più volte rimaneggiata. Di notevole interesse sono il torrione circolare del Trecento, un baluardo poligonale del XV secolo e il cortile con elegante loggiato rinascimentale. La Cattedrale, eretta nell'XI e XII secolo, fu completamente riedificata nella seconda metà del XlV secolo, in forme tardo-romaniche. Da vedere anche il monastero di San Benedetto, risalente all’IX secolo, nel quale sono visibili i resti del chiostro primitivo a trifore romaniche, con pregevoli capitelli figurati.

Si giunge quindi a Castellana Grotte, cittadina situata al centro di una zona a spiccato carattere carsico, il cui centro storico, abbastanza ben conservato, è ricco di

palazzi signorili del XVII e XVIII secolo. A pochi chilometri di distanza si trova l'ingresso delle famose grotte, il complesso speleologico più grande e spettacolare tra quelli attrezzati per le visite in Italia. Le grotte di Castellana hanno uno sviluppo di circa tre chilometri visita dura circa tre ore, ma, si può scegliere l'itinerario più breve, lungo circa un chi-lometro, per la durata di un'ora. Il complesso termina alla caverna bianca, ritenuta una delle più belle grotte del mondo per i suoi straordinari effetti di luce sul calcare.

Il nostro itinerario prosegue per Impalata e Fasano, centro agricolo posto in una bella zona ricca di uliveti, di masserie e di antichi insediamenti rupestri tra l'Adriatico e le propaggini delle Murge, dove da anni è stato realizzato un interessante zoo-safari visitabile anche in camper. Si arriva così a Locorotondo, stupendo borgo a pianta circolare con le case dai tetti spioventi, affacciato, assieme a Martina Franca e Costernino, sulla meravigliosa valle d'Itria, cuore della Murgia dei trulli. La Chiesa Madre di Locorotondo, dedicata a San Giorgio, è di forme neoclassiche e risale al principio dell'Ottocento. Notevole anche quella di Santa Maria la Greca per la struttura gotico-rinascimentale e le decorazioni.

Un trullo e, sullo sfondo, panorama di Locorotondo

Si raggiunge a questo punto

L

AlberobeIlo, la capitale dei trulli, edifici che offrono uno spettacolo unico al mondo nel succedersi della miriade di coni, alcuni grigi e altri imbiancati, di notevole interesse architettonico, urbanistico e storico-culturale. I trulli, che hanno una storia antica, sono costruiti con particolari pietre calcaree posate a secco. Su un basamento cubico o cilindrico imbiancato si imposta la copertura conica formata da anelli concentrici di pietre grigie e terminate con una punta o con una sfera. Internamente, attorno al quadrato centrale, sono disposti gli ambienti domestici minori. Molto interessante è il trullo Sovrano, in piazza Sacramento; che con i suoi due piani è il più alto del paese. Molto spesso si notano costruzioni di trulli accorpati, a due e più: quelli più piccoli servono come magazzini e se non presentono la caratteristica cupola si chiamano casedde.

E' difficile spiegare come mai questo tipo di costruzione si sia sviluppato solamente in Puglia e particolarmente solo in una determinata zona; una risposta possibile, nel contempo affascinante e suggestiva, arriva dalla Turchia: a pochi chilometri dal confine con la Siria, infatti, esiste un villaggio, Harran, composto da migliaia di trulli color ocra. L'attuale Harran fu ricostruita poco più di mille anni fa, in corrispondenza con la conquista bizantina della Puglia, il che può far presumere che qualche architetto bizantino abbia fatto conoscere in Puglia quel tipo di costruzione.

Tornati a Locorotondo, si attraversa la valle e si giunge a Martina Franca: qui le vie silenziose e strette in una continuità di can-dide case, gli edifici barocchi, i palazzi di stile rococò e il Palazzo Ducale, seicentesco, attribuiscono al paese un'incomparabile bellezza. Da vedere la chiesa settecentesca di San Martino, con facciata a due ordini e interno riccamente ornato. Interessanti anche gli edifici di via Cavour, il palazzo della Corte con la torre dell'orologio, del XVIII secolo, e le chiese barocche di San Domenico e del Carmine.

Proseguendo in direzione di Costernino, grazioso paese orientaleggiante,

ci si dirige verso la costa lungo una strada tortuosa affiancata dal bosco, scendendo così all'ultimo gradino murgiano fino a Torre Canne. La strada si sviluppa parallelamente al litorale, a tratti sabbioso e a tratti roccioso, attraversa Savelletri e costeggia gli scavi dell'antica Ignazia, importante emporio e tappa obbligata sul confine della Messapia e della Peucezia, lungo la via Traiana che conduceva a Brindisi. Dalla vecchia Ignazia si conserva il tratto di mura verso il mare che raggiunge i sette metri di altezza. Fuori dalle mura è collocato il Museo, che comprende numerosi frammenti architettonici e mosaici: notevole il mosaico delle Tre Grazie (II – III secolo d.C.). Nella necropoli occidentale, alloggiate in un'area già in uso come cava di pietra, si trovano tombe che risalgono alla metà del IV secolo a. C.

Altre belle località balneari, come Capitolo e Santo Stefano, sono sorte nella parte terminale delle 'lame', marcate fenditure incise nel gradino murgiano. Si attraversa quindi Monopoli, attiva cittadina agricolo - industriale e centro di pescatori, con il nucleo medievale prospiciente il mare. Da vedere la cattedrale, eretta agli inizi del XII secolo e ricostruita nel Settecento insieme al campanile. L'attiguo Palazzo Vescovile custodisce notevoli opere pittoriche di Paolo Veronese, Palma il Giovane e altri dipinti di autori napoletani del Seicento.

Il tratto di costa compreso tra Monopoli e Polignano a Mare si presenta selvaggio e ricco di piccole cale, spesso di non facile accesso. Il centro storico di Polignano a Mare, anch'esso di origine medievale, si sviluppa lungo il bordo di una scogliera a picco sul mare, con numerose grotte marine. Ultima tappa prima del rientro a Bari è, dopo pochi chilometri, Mola di Bari, popolosa cittadina raccolta attorno alla Cattedrale cinquecentesca di San Nicola. Qui finisce il nostro itinerario nelle Murge.

Alfio Triolo

I famosi trulli di Alberobello

Il percorso:Lasciata Bari, in 29 km. si raggiunge Conversano, quindi in altri l0 km. Castellana Grotte. Passando per Impalata e Fasano, si arriva a Locorotondo (36 km.). Di qui con una breve deviazione si visita Alberobello (9 km.), quindi si prosegue per Martina Franca (15 km.). Percorrendo la costa si passa per Savelletri (31 km.), si raggiungono Monopoli (14 km.), Polignano a Mare (8 km.), Mola di Bari (13 km.) e infine si torna a Bari (21 km.).

Dove dormire:Castellana Grotte: A.A. a 50 mt. dall' ingresso delle grotte. Per informazioni: Direzione Grotte tel. 080.4998221 (a pagamento acqua e pozzetto scarico). Alberobello: A.A. Fattoria "Il trullo deI generale", Contrada Malvischi 14, Fraz. Careggia, tel. 080.4324641 (sosta a pagamento, tutti i servizi compresi). Alberobello: P.S. parcheggio "L'ulivo", a 100 mt. dai Trulli, tel. 080.4325756 o 338.4915879 (a pagamento). Martina Franca: A.A. Masseria "Il Vignaletto", Via Minco Ditata l, tel. 080.4490387.

Dove mangiare:Castellana Grotte: "La Fontanina", Strada per Alberobello n.33, tel. 080.8968010 (chiuso lunedì), circa 25 euro bevande escluse. Locorotondo: "Casa Mia", Via Per Cisternino, tel. 080.9311218 (chiuso martedì), circa 20 euro bevande escluse.

Il Museo dell'Aria al Castello di San Pelagio

i piedi dei Colli Euganei, percorrendo la A.13 Bologna-Padova, si incontra l'area di servizio San Pelagio, affacciata sul bel giardino all'italiana di Villa Zaborra, meglio conosciuta come Castello di San Pelagio: un avamposto militare costituito da una torre trecentesca realizzato dai Carraresi, a quel tempo signori di Padova, divenuto poi una grande dimora.

Attraverso varie vicissitudini e passaggi di proprietà, nel 1700 il castello fu acquistato dai Conti Zaborra, che, lasciando intatto il corpo centrale e la torre guelfa, apportarono modifiche ed ampliamenti trasformandolo in abitazione. Nel 1976 il castello, ancora di proprietà degli eredi Zaborra, fu gravemente danneggiato dal terremoto che colpì il Friuli.

Il fabbricato rimase semiabbandonato sino al 1979 quando, ottenuti i necessari permessi, l'architetto Alberto Avesani pensò di far rivivere l'antica dimora di famiglia della moglie, contessa Giorgia Zaborra, restaurando la residenza per farla divenire un museo dedicato al volo.

E' così nato il "Museo dell'Aria" che raccoglie cimeli, documenti, modelli in scala e autentici aerei che prendono ispirazione dalle intuizioni di Leonardo da Vinci, fino a giungere alle moderne avventure spaziali. L'emozione di quattrocento anni di storia del volo si unisce alla suggestione di visitare il luogo, dove il poeta Gabriele D'Annunzio concepì e realizzò il famoso volo su Vienna

del 1918 al comando della Squadra "La Serenissima".

Di grande impatto il Salone delle Mongolfiere un tempo sala da ballo della villa dalla cui volta affrescata pendono le riproduzioni di tre mongolfiere e un dirigibile. Nella magica atmosfera di questo antico castello, in circa quaranta sale e nel parco circostante si snoda un’affascinante e documentatissima storia del volo umano, dalle origini ai giorni nostri.

Da visitare c’è anche la vicina abbazia di origine benedettina di Santo Stefano che conserva i frammenti di pavimento musivo, l'antico campanile e all'interno custodisce il sarcofago marmoreo di Marsilio da Carrara.

Dal sito web www.autostrade.it

Come arrivare: autostrada PD-BO uscita casello di Terme Euganee a 13 km a sud di Padova direzione Bologna.

Dove mangiare: annesso al castello c'è un piacevole ristorante e il parco circostante è attrezzato per colazioni al sacco. A pochi chilometri, a Montegrotto, troverete "Mario" famoso nella zona per l'ambiente elegante e la buona cucina del territorio (Tel. 049.794090).

Orari di visita del castello-museo: 9-12.30 / 14.30-18 (lunedì chiuso).

Informazioni: si può telefonare al n. 049/9125008.

A

Enna, la vecchia Castrogiovanni Chiese, monumenti, resti archeologici raccontano la nobile storia millenaria della città che rappresenta il cuore della Sicilia

nna dei due primati, Enna dei due nomi, Enna delle due anime: sembra segnata da molti binomi la storia e la natura di questa città, capoluogo della provincia più interna del-la Sicilia.

I due primati, le due anime Due importanti primati segnano, infat-

ti, la storia e le lontane origini della città di En-na. Il primo è relativo alla organizzazione pro-duttiva del suolo: la «città più alta d'Europa», abitata dai Siculi, fu conquistata dai Sicani che diedero al territorio un assetto regolare, pro-muovendo per primi l'agricoltura e introdu-cendo il culto della grande dea che i Greci chiamarono Demetra e i Romani Cerere. Un secondo primato è legato allo stesso periodo storico: il primo trattato di pace pare, infatti, sia stato firmato appunto tra Sicani e Siculi e da tale accordo formale ne scaturì la pacifica convivenza tra i due popoli. Secondo se si e-sclude però il più «poetico» forse dei primati, che attribuì alla città di Enna il grande oratore latino Cicerone: il quale, nelle sue “Verrine”, assegnò ad Enna la scoperta delle leggi: «dal ciclo ordinato della coltura e dal ritmo unifor-me della maturazione, della semina, della mieti-tura, l'umanità imparò la presenza della legge nella natura e nella società.

Enna dai due nomi, dicevamo: la città di Enna mutò il proprio nome in Castrogiovan-ni nell’anno 859, con la conquista degli Arabi, e lo mantenne fino al 6 dicembre del 1926 quando fu elevata al rango di capoluogo di provincia. Enna dalle due anime: quella del passato e quella del futuro. Percorrendo le strade del centro storico si ha la sensazione che a Enna convivano due anime: una ancorata al culto della dea Cerere, l'altra protesa verso il futuro. La prima si sente palpitare ancora nelle stradine che odorano di basilico, si vede scol-pita sul volto delle vecchie generazioni, custodi di antichi valori, si sente nei racconti degli an-ziani che rimpiangono ciò che è stato. Diversa

è l'anima che si esprime nella città più nuova, espressione delle moderne esigenze: bei nego-zi, eleganti vetrine, bar e ristoranti dove si pos-sono gustare specialità locali, che sono una forte tentazione per i visitatori.

Per tutte queste ragioni un soggiorno a Enna costituisce indubbiamente una felice esperienza che si vive in una cornice naturale, ricca di intensi colori che, col loro avvicendar-si, scandiscono il ritmo delle stagioni. Al bruno intenso della terra arata di fresco in autunno, succede il verde dei prati in primavera e l'oro delle spighe in estate, mentre in inverno un sottile velo di nubi custodisce la città in attesa dell'azzurro che verrà.

Giustamente definita «Belvedere di Si-cilia», Enna conserva immutato il suo magico incanto, non solo nel variare delle stagioni, ma in tutte le ore della giornata, quando il percor-so del sole crea effetti cromatici sempre nuovi, e durante la notte, quando il cielo sereno e l'a-ria trasparente consentono di vedere le luci della vicina Calascibetta, quelle di Villarosa, Leonforte, Assoro e Agira.

Il Castello di Lombardia La città di Enna è dominata dal Castel-

lo di Lombardia (mq. 26.620), che è parte in-tegrante della sua storia: infatti anche della cit-tadella si sconoscono le origini e le derivazioni del suo nome, che pare dovuto all'insediamen-to di gente lombarda in epoca normanna. Il ca-stello conserva attualmente soltanto sei delle venti torri originarie, con strutture sovrapposte per le trasformazioni apportatevi nelle varie epoche, sulle quali domina la Torre Pisana, dal-la cui sommità si gode il più vasto panorama della Sicilia. All'interno del Castello vi sono poi tre cortili: il primo chiamato «piazzale degli ar-mati», oggi trasformato in un grandioso teatro all'aperto, dal quale si accede, per un'ampia scalea, al secondo detto «delle vettovaglie» e quindi al terzo «dei Condottieri», con la torre maggiore, «la Pisana» e la torre della Zecca.

E

Il sistema fortilizio dell'antica Enna si estendeva dalla cittadella, attraverso una serie di torri di avvistamento, poi trasformate in campanili, come le torri campanarie delle chie-se di San Tommaso, del Carmine, di San Gio-vanni, di San Francesco, sino alla Torre di Fe-derico. Quest'ultima, di forma ottagonale, sor-ge sui ruderi di un antichissimo castello e fu costruita nel XlI secolo da Federico II di Sve-via. Secondo studi recenti, la torre ottagonale, oltre ad essere antichissima, sarebbe di natura astronomica-geodetica, per cui da questo pun-to venne tracciata la rete viaria della Trinacria.Fra le opere d'arte che oggi si possono ammi-rare ad Enna, oltre al Castello di Lombardia, con la vicina «Rocca di Cerere» su cui sorgeva il tempio della dea, alla Torre di Federico II, ai palazzi antichi, alle molte chiese ricche di inte-ressanti motivi architettonici, di quadri, ecc., il vero gioiello è il Duomo.

Il Duomo Il Duomo fu costruito nel 1307 per

volere della Regina Eleonora d'Aragona, pare sulle vestigia di un antico tempio pagano che si vuole dedicato alla dea Proserpina. L'ingresso principale, a lesene d'ordine dorico e con tre fornici che immettono nel vestibolo, è domina-to da un poderoso torrione del 1600, mentre

sul fianco destro si trova un portale cinquecen-tesco del Gagini con colonne corinzie, recante nel timpano un bassorilievo in marmo che pro-viene dalla chiesa di San Martino, una volta e-sistente dentro il Castello di Lombardia, non-ché la «Porta del Giubileo» in stile gotico.

L'interno del Duomo, a croce latina, è a tre na-vate divise da colonne di alabastro nero con le basi ornate da figure varie ed i capitelli della scuola del Gagini, in stile corinzio. La navata centrale ha un ricco soffitto ligneo a cassetto-ni, opera di Scipione di Guido. Numerosi e pregevoli i dipinti, attribuiti al fiammingo G. Borremans, allo Zoppo di Gangi, al Paladino ecc. ; notevole il pulpito marmoreo di G. Galli-na, il Battistero chiuso da un cancello in ferro battuto proveniente dal Castello di Lombardia, dove chiudeva l'harem ivi esistente, durante la dominazione araba.

La Patrona della città Storia e leggenda si intrecciano sulla

statua della Madonna della Visitazione, la pa-trona della città di Enna, che si festeggia da oltre sei secoli puntualmente ogni anno il due luglio. Enna fu evangelizzata da San Pancrazio

che riuniva i primi cattolici nelle grotte deno-minate «u fuddaturi». La religione pagana con il culto della dea Cerere fu sostituito con la reli-gione cattolica. La prima patrona di Enna fu la Madonna di Valverde e ancora oggi, nel quar-tiere Valverde, esiste la via Cerere Arsa che ri-corda il momento storico in cui i cristiani bru-ciarono la statua di Cerere. Nel 1300 si decise che la Patrona di Enna doveva essere Maria Santissima della Visitazione a ricordo della visi-ta che la Madonna fece alla cugina Santa Elisa-betta e al marito San Zaccaria. Si decise allora di mandare a Venezia una delegazione di citta-dini per andare ad acquistare la statua che raf-figurasse la Madonna.La delegazione si recò a Venezia ed acquistò la statua della Madonna che porta in braccio il Bambin Gesù. Fin qui gli atti documentano la storia, così come realmente si è verificata. Da questo momento in poi comincia la leggenda: la tradizione vuole che la cassa contenente la statua della Madonna fosse affidata ad un ve-liero che doveva approdare nel porto di Cata-nia. Pare che il veliero, durante una improvvisa tempesta, fosse naufragato tra i flutti e la cassa con il suo prezioso carico di fede, fosse mira-colosamente rimasto a galleggiare nell'acqua. Perciò fu facile per i pescatori di Messina, trar-re la statua sulla riva desiderando di appro-priarsene. Ma gli ennesi, 'che allora si chiama-vano Castrogiovannesi, venuti a conoscenza che era stato recuperato il loro prezioso bene, corsero a Messina e, dopo una lunga trattativa, ottennero la cassa con la statua. La leggenda poi continua perché pare che, quando la cassa giunse ai piedi del monte ennese, improvvisa-mente diventò pesantissima. Non potevano al-zarla nemmeno diverse braccia messe assieme. Accorsero i contadini che si trovavano sulle aie per la raccolta del grano. Accorsi numerosi, riuscirono a sollevare la statua arrivando ad Enna nella zona di Portosalvo dove ancora og-gi si trova la strada sotto il Castello di Lombar-dia che a quel tempo si chiamava via Portosal-vo. Così la statua della Madonna Maria Santis-sima della Visitazione giunse a Enna nel 1412, cioè lo stesso anno in cui Cristoforo Colombo scoprì l'America. Allora fu deciso che l'onore di portare la statua della Madonna in proces-sione, ogni anno il due di luglio, dal Duomo alla chiesa dell'Eremo di Montesalvo (dove so-

sta per due settimane), doveva toccare ai con-tadini, figli o eredi di coloro che avevano solle-vato e portato ad Enna la pesante cassa. E in-fatti ancora oggi i portatori della Madonna sul-la «Nave d'oro» hanno assegnato un numero e ciascuno ha diritto di lasciare in eredità il pro-prio posto.

Le zolfare e lo stemma Perché i colori della città di Enna sono

il giallo e il verde? Molti specialmente tra i gio-vani, sono coloro che ne sconoscono le ragio-ni. Enna, situata su un cocuzzolo a circa 1100 metri di altitudine, fino a due secoli fa fondava la sua economia soltanto sull'agricoltura e sulle zolfare e non esisteva nessuna industria, nean-che quella artigianale. Agricoltura e zolfare oc-cupavano migliaia di operai, specialmente gio-vani che venivano pagati pochissimo in cambio di un duro lavoro pieno di rischi. Purtroppo non era raro che qualcuno trovasse la morte a causa degli effetti letali del gas antimonio, o grisù, che fuoriusciva dalle vene sotterranee delle zolfare.

Fu in quel triste e coraggioso periodo storico che i maggiorenti della città - siamo dopo l'unità d'Italia del 1860 - decisero che i colori della città dovevano essere il verde, per-ché rappresentava la verde e lussureggiante campagna della provincia, e il giallo, che ricor-dava le pietre di zolfo che venivano prodotte nelle diverse zolfare di cui era ricca la zona.

Ancora oggi vive in città qualcuno di questi zolfatai, che ha oltre settant'anni e ri-corda con amarezza quei tristi momenti della propria infanzia, quando per guadagnare cin-que lire al giorno doveva lavorare almeno dieci o dodici ore. Nel territorio di Enna esistevano diverse zolfare che davano lavoro ad almeno tremila operai i quali dormivano su giacigli im-provvisati accanto alla zolfara e tornavano in paese soltanto ogni quindici giorni. Non c'era-no macchine private come oggi e i più fortuna-ti tra i zolfatai adoperavano la bicicletta, che era già un lusso. I colori di Enna, il giallo e il verde, sono ormai la memoria storica di un passato ormai trascorso e testimoniano il lun-go periodo in cui l'economia ennese si fondava sull'agricoltura e sulle zolfare.

Alfio Triolo

Enna, una città di chiese CHIESA DELL'ADDOLORATA - La sua costruzione iniziata da un bottegaio nel XVII sec. fu porta-ta a termine dal sacerdote Giuseppe Ribis. Il suo campanile, attaccato alla chiesetta, in stile arabo, ricoperto da mattoni di ceramica. All'interno della chiesetta il simulacro della Madonna dei sette do-lori, che ogni anno il Venerdì Santo è portata in processione.

CHIESA DELLA MADONNA DI VALVERDE - L’attuale chiesa è di epoca recente in quanto le pre-cedenti sono andate completamente distrutte sia per un incendio che per i bombardamenti dell’ultima guerra. Al suo interno, di notevole pregio, due oli raffiguranti la Madonna di Valverde e la Madonna delle Grazie, due statue una di San Giuseppe e l’altra della Madonna che regge il Bam-bino Gesù, stendardi di seta damascata, manti ricamati in oro e preziosi arredi sacri.

CHIESA DELLE ANIME SANTE - Edificata nel 1616, ha un’unica navata in stile barocco. La chiesa ha splendidi soffitti affrescati dal pittore fiammingo Guglielmo Borremans, raffiguranti Il trionfo del-la Fede, La gloria della Madonna, con papa Urbano VIII, La cacciata degli Angeli ribelli. Sull’altare maggiore si trova una pregevole opera di Saverio Marchese: Il Purgatorio. Notevole il pulpito ligneo del 700, ornato di splendide sculture.

CHIESA DI SAN TOMMASO - Anche la chiesa di San Tommaso ha una torre campanaria. Di stile gotico-catalano il suo portico del XV sec., a forma di prisma quadrangolare con ambienti sovrappo-sti, coperti da volte a botte. All’interno una preziosa icona in marmo del XVI sec. dello scultore car-rarese Giuliano Mancino e dei dipinti di Saverio Marchese e numerose splendide statue fra cui una Santa Lucia.

CHIESA DEL SANTISSIMO CROCIFISSO - Edificata sopra un ponte così da inglobare la grotta dove fu ritrovata un’ immagine del Crocifisso, nel 546, forse fatta dipingere dall’ennese Ascanio Lo Furco. Nella grotta è sistemata l’abside con l’altare maggiore, sul quale si può ammirare una lastra a rilievo d’argento dell’VIII sec. raffigurante il Trionfo della Croce. La chiesa ha un’unica navata con-tornata da dodici statue degli apostoli. Negli altari laterali quattro splendide tele raffiguranti: La ca-duta di Cristo, Cristo alla colonna, Cristo nell’orto, l’Incoronazione di Gesù. Il tetto è ligneo a cas-settoni.

CHIESA DI SAN GIUSEPPE - La chiesa risale al XVII sec. Presenta una facciata di stile barocco, al suo interno a navata unica custodisce dipinti di notevole fattura, la statua della Sacra Famiglia, del falegname ennese Greca, vissuto nel XVII sec. ed il paliotto argenteo dell’altare maggiore che risale all’origine della chiesa.

CHIESA DI SANT’AGOSTINO - Eretta nella seconda metà del XVIII sec. Di notevole interesse una grande tela rappresentante l’Adorazione dei Magi di Pietro D’Asaro ed una Madonna con il Bambi-no, in marmo, della bottega del Gagini.

CHIESA DI SAN GIOVANNI (San Domenico) - La chiesa di San Domenico ha una struttura a tre navate. Al suo interno di notevole pregio due opere pittoriche: Santa Barbara e la Madonna del Rosario opere entrambi dello Zoppo di Gangi del 1595, la Presentazione al tempio del Borremans e il fonte battesimale la cui base di epoca romana. All'esterno della chiesa ancora perfettamente funzionante una meridiana del 1742.

CHIESA DI SAN BIAGIO - Costruita nel 1595. Al suo interno due colonne marmoree dell’epoca pre-cristiana e l’abside del XV sec.

CHIESA DI SAN FRANCESCO DI PAOLA DETTA DEL SANTO PADRE - Di notevole interesse per la struttura e per gli stucchi barocchi che incorniciano i portali e gli altari. Al suo interno un dipinto ad olio raffigurante la Presentazione al tempio, una statua in marmo della Madonna del Loreto con incorniciatura in oro zecchino, opera del Gagini ed un busto di S. Francesco di Paola. Il pavimento

in marmo rosa del Portogallo, l’altare d’onice ed anche una croce accanto all’altare con un crocifis-so in vetro mosaico.

CHIESA DEL CARMELO - Il campanile della chiesa era un’antica torre del castello di S. Maria. In questa torre si ritirò la famiglia di Giovanni Racchetta, il leggendario frate Elia dell’ordine dei brasi-liani, che fatto prigioniero dagli africani si era conquistata una vasta fama nella scienze mediche, per cui era stato riscattato da un mercante cristiano. Ritornato in Sicilia, cominciò una intensa pro-paganda anti-araba. La memoria popolare vuole che la torre del Carmine sia stata costruita dal Frate Elia. Distrutta nell’859, fu ricostruita nel 1300. Ha forma quadrangolare ed è divisa in tre piani da cornici. La facciata della chiesa è tra le più belle di Enna, costituita da tre sezioni con al centro un magnifico portale ai cui lati si aprono due finestre rettangolari. A navata unica, con dieci altari late-rali, la chiesa custodisce pregevoli opere scultoree e pittoriche, fra cui un’opera di Saverio Marche-se raffigurante l’Estasi di Santa Teresa, le tele dell’Addolorata e di San Giovanni Evangelista e la Madonna del Carmelo del settecento di autore ignoto.

CHIESA DI SAN CATALDO - Interamente ricostruita, sulla sommità di una grande scalinata mostra la sua imponente facciata. Al suo interno un’icona raffigurante la Madonna con il Bambino, il fonte battesimale e la pala d’altare del 600 raffigurante San Cataldo tutte opere del Gagini. Si può ammi-rare un’artistica grotta somigliante quella di Lourdes con la Madonna e santa Bernadette.

CHIESA DI SAN MICHELE - La chiesa ex moschea araba presenta la sua facciata in stile coloniale spagnolo, il pavimento a forma circolare in maiolica con cinque cappelle più l’altare maggiore.

CHIESA DI SANTA CHIARA - Alla chiesa si accede per mezzo di una monumentale scalinata. E’ costituita da un’unica navata, pregevole il pavimento di maiolica del 1852 dai colori sgargianti con vedute della città di Santa Sofia e di un battello a vapore ed il dipinto di Giuseppe Salerno, lo Zoppo di Gangi la Madonna della Grazie. Dopo la 2^ guerra mondiale la chiesa è diventata sacrario dei caduti.

CHIESA DI SAN MARCO - Edificata sui ruderi di un’antica sinagoga che delimitava il ghetto ebrai-co, ancora oggi ricordato dal nome dato alla zona: Iudeca. La chiesa con l’annesso convento di clausura delle Carmelitane Scalze è a navata unica in stile barocco con fastosi stucchi. L’altare maggiore, del 600, è in legno finemente lavorato, rivestito in oro zecchino.

CHIESA DI SAN FRANCESCO D’ASSISI DEI CONVENTUALI - Sorge sul lato Nord-Ovest dell’omonima piazza. E’ un grandioso edificio del XV sec. con ampi archi, volte a costoloni, con fi-nestre dai richiami gotici, rifatto nel XVII sec. Sulla facciata principale vi è una torre, prima adibita come difesa della città, oggi come campanile. All’interno l’altare maggiore presenta caratteristiche applicazioni di intagli di episodi biblici, dorati con oro zecchino, del secolo XVII. A navata unica presenta l’abside, nella parte superiore, affrescata con scene della vita di Sant’Antonio e San Fran-cesco, nella parte inferiore impreziosita da un coro ligneo del XVII sec.

CHIESA DEL SANTISSIMO SALVATORE - Ha origine antichissime, fu fondata nel 1261. L’interno della chiesa è in stile barocco, ricco di stucchi e di colori; il soffitto è a cassettoni in legno intaglia-to. In ceramica artistica della stessa epoca è il pavimento.

CHIESA E CONVENTO DI MONTESALVO - Adiacente alla chiesa si trova il convento dei Frati Mi-nori. Nel 1307 fu fatta costruire una cappella, a destra della chiesa, per favorire la sostituzione delle feste popolari di Proserpina con la festa cristiana della Madonna della Visitazione. Nella chiesa si trovano molte opere d’arte, la cappella ha un affresco rappresentante l’immagine della “ Madonna col Bambino”, detta di Montesalvo. Interessante è l’altare del Crocifisso di frate Pintorno, collocato sopra un fondale in legno, contenente 52 reliquie di santi, risalenti al 1626. Molto bello il chiostro del convento, che comprende ben 28 arcate; nel refettorio dei frati si trovano alcune pitture a tem-pera del ‘600.

Dal sito Web www.comune.enna.it

I petardi vegetali

o “scuppittuni” era un rudimentale giocattolo che, in passato, i ragazzini costruivano utilizzando un rametto di sambuco, la nota pianta dalle bianche infiorescenze ombrelliformi, appartenente alla famiglia delle Caprifoliaceae. Per la costruzione della piccola "arma", denominata anche “scattagnettu” o “scattabbottu”, i fragili rami del sambuco, della lunghezza di circa quindici centimetri, dovevano essere privati dell'abbondante midollo spugnoso contenuto nel loro interno. In tal modo, nella cavità ottenuta, si potevano inserire, per mezzo di un'asticciola di legno che fungeva da stantuffo (“u masculu”), stoppa, stoppie inumidite, palline e altri piccoli proiettili denominati “stuppagghieddi”. Un’estremità dello scuppittuni veniva tappata con un dito ('ntuppata ccò itu) o con un tappo; a questo punto, era sufficiente spingere con forza “u stuppagghieddu” contro il tappo affinché quest'ultimo fosse sparato fuori con violenza. Un piccolo scoppio (scattìu, onde il nome di scattìolu con cui il giocattolo era anche denominato), accompagnavo lo sparo ed era accolto con tanta più soddisfazione, quanto più era fragoroso. Il gioco veniva ripetuto più volte, caricando “u scuppittuni” con altri proiettili di stoppa (“bbaddi di stuppa”) e, ovviamente, fino a quando il giocattolo resisteva ai ripetuti spari. Ancora oggi, nelle campagne, è possibile vedere qualche ragazzino che prepara “u scuppittuni” o che fa altri innocui “botti” giocando a “stippiti stoppiti”, facendo scoppiare i frutti di cocomero asinino, o “sputaveleno”, una pianta che cresce nei luoghi incolti o tra le macerie, nota più comunemente “citrulicchio”. Oltre che petardi, con le piante si potevano costruire anche delle vere e proprie fiaccole vegetali. A tal fine si prestavano molto bene i densi culmi dell'ampelodesmo o

“ddisa” che i contadini legavano tra loro e accendevano a mo di torce. I “culmi da ddisa” servivano anche a giocare a fare le fiaccole. Soprattutto nelle notti d'inverno, alla luce di queste torce, dette “bbusi di ciàcculi”, padri e figli andavano in giro per gli uccelli onde poterli catturare più agevolmente. Un altro tipo di torcia vegetale era la cosiddetta “candela del pecoraio”, ossia l'infiorescenza cilindrica, lunga e sottile della “lisca maggiore”, nota come “stagnasangu”, per le sue proprietà emostatiche. Questa pianta, detta anche “mazzasurda” tipica degli stagni e di zone acquitrinose, in autunno dopo la disseminazione, veniva essiccata, imbevuta d'olio o cosparsa di grasso e accesa, per gioco, dai ragazzi. Anticamente, a Palermo, i contadini vendevano le loro candele vegetali, reclamizzandole così ad alta voce: “Cannìli, cannìli ri picuraru, picciuotti!”. E i ragazzi le compravano o le barattavano con cenci, ferro, piombo o altro e le portavano in giro gridando: “Luci, luci, cannila di picuraru...”. Vi abbiamo raccontato di petardi e di fiaccole vegetali; concludiamo con gli aquiloni, anch' essi naturalmente vegetali. I ragazzini li costruivano con un'intelaiatura di cannucce, su cui era stesa della carta variopinta e li attaccavano a un lungo spago. I “cervi volanti” dalle code a strisce anelIate, potevano così volteggiare leggeri nell'aria. Quando erano stanchi continuavano a divertirsi con un altro gioco meno movimentato. Su una grossa pietra appoggiavano le assi di legno adoperati dalle madri per fare asciugare la salsa di pomodoro, costruendo così un'improvvisata altalena sulla quale, dondolandosi, giocavano “a bballacazzizzu”.

Alfio Triolo

L

Viaggiare in modo responsabile Turismo per lo sviluppo: verso un sistema di garanzie e di professionalità specifiche

soci attuali dell’Associazione Italia-na Turismo Responsabile sono 50 e com-prendono Associazioni senza scopo di lucro, ONG, Organizzazioni Nazionali di Turismo So-ciale; tutte le realtà più importanti del Terzo Settore fanno oramai parte integrante di AITR.

Dal punto di vista dell’attività operati-va nell’ambito della nostra associazione sono presenti organizzatori di viaggi (Estero ed Ita-lia), strutture di accoglienza e Bed & Breakfast.

Nello scorso mese di marzo si è svol-to a Brescia il Forum annuale dell’Associazione da cui è emersa la necessità di una svolta strategica che indirizzi su due as-si principali il programma di attività dell’associazione e dei soci: il piano politico-istituzionale e quello tecnico-operativo.

Sul piano politico-istituzionale l’AITR svolge un ruolo di rappresentanza sia in ambi-to nazionale che internazionale per gli opera-tori di turismo responsabile italiani.

In Italia l’associazione viene ormai re-golarmente riconosciuta in tutti gli ambiti isti-tuzionali (Ministero Affari Esteri, Università, Sindacati) per tutto quanto concerne le buone pratiche di eticità nel turismo.

A livello internazionale, oltre alla sto-rica relazione con Ten, Aitr ha dato vita a nuo-ve collaborazioni, soprattutto in Francia, a par-tire dal Congresso dell’Unat di Sévrier e dopo il Fits dello scorso settembre a Marsiglia.

L’obiettivo è quello di diventare sem-pre più partner di riferimento sia in tema di legislazione in materia turistica sia per quanto concerne l’incremento di azioni legate all’Educazione allo Sviluppo e alla promozione presso il grande pubblico dei principi del Turi-smo Responsabile.

Uno dei ruoli che competono all’Associazione in questo ambito è anche quello di denuncia di casi estremi così come

avviene da due anni per la Campagna di Boi-cottaggio contro il turismo in Birmania.

Le ONG Le ONG italiane hanno storicamente

elaborato proposte di turismo responsabile per far conoscere i progetti di cooperazione da esse già realizzati nel Sud del Mondo. Oggi però esiste una sempre maggiore speci-fica attenzione alla stesura di veri e propri progetti di cooperazione allo sviluppo in ambi-to turistico.

Alcune ONG che fanno parte dell’Associazione Italiana Turismo Responsabi-le hanno dato vita ad un programma comune di azione in Senegal e nella Repubblica Do-menicana che vede coinvolti anche partner francesi: una nuova forma di collaborazione che sottolinea una volta di più il ruolo fonda-mentale delle ONG nella progettazione al Sud del mondo.

Gli operatori diTurismo Responsabile Una seria progettazione, condivisa

con le comunità ospitanti del Sud del Mondo, è senza dubbio la premessa indispensabile per la realizzazione di concrete opportunità di svi-luppo tramite il turismo etico.

Questa corretta azione al Sud non può prescindere però da un’azione altrettanto seria e professionale nella programmazione, pro-mozione e vendita di viaggi di turismo respon-sabile al Nord del Mondo.

Ecco perché a fianco del lavoro svolto al Sud da ONG ed Associazioni è indispensabi-le che parallelamente si sviluppino sinergie e professionalità in chi al Nord del Mondo or-ganizza e vende le proposte di Turismo Re-sponsabile.

In Italia esistono diverse tipologie di operatori e la strada che si intende percorrere è quella di dare vita ad un cartello degli orga-

I

nizzatori di viaggio che lavori essenzialmente su due piani: - Un primo livello, valido per tutti gli opera-

tori, che punta ad una futura certificazione di garanzia del prodotto di turismo re-sponsabile e delle buone pratiche degli organizzatori di viaggio; in questo senso, nell’attesa di arrivare a definire procedure e criteri di valutazione, AITR ha dato vita ad un monitoraggio dei viaggi a cui gli or-ganizzatori si sottopongono volontaria-mente; è stato delegato un ente terzo su-per partes che verifica tramite un sistema di interviste (telefoniche e via email) ai viaggiatori l’effettiva congruenza dell’esperienza realizzata con quanto indi-cato dalla Carta dei Principi del Turismo Sostenibile;

- un secondo livello, dove gli operatori si aggregheranno per tipologie omogenee (ad esempio chi organizza viaggi all’estero, chi lavora sui viaggi in Italia, chi si occupa di accoglienza, e così via); l’obiettivo è quello di sviluppare sinergie sulle principali questioni tecnico-organizzative quali: la formazione per ac-compagnatori, viaggiatori e banconisti, gli allotments con le compagnie aeree, le as-sicurazioni, la partecipazione a fiere, ecc.

Tutto questo per realizzare un con-fronto di buone pratiche e delle economie di scala.

L’interesse dei Tour Operator tradizionali

Permettetemi di aprire una parentesi sul forte interesse che riscuotono le tematiche del turismo responsabile verso un uditorio sempre più vasto.

Il particolare interesse che i media e l’opinione pubblica rivolgono a questo argo-mento richiedono un’attenta analisi, soprattut-to per meglio comprendere l’interesse che gli dedicano i tour operator tradizionali .

Innegabilmente oggigiorno vi è, da parte di molti grandi tour operator, una mag-giore attenzione alle tematiche del turismo re-sponsabile: basta vedere quanti nuovi prodotti che si autodefiniscono “ecologici, sostenibili, ambientali” colorano di verde ed azzurro le pagine dei cataloghi!

Volendo essere ottimisti oso sperare che da parte dei grandi tour operator esista una valutazione sul fatto che il contesto am-bientale (inteso in senso lato, come natura, patrimonio storico-architettonico e caratteri-stiche socio-culturali del luogo) non è un bene inesauribile e pertanto si impone una sua sal-vaguardia.

Francamente dubito però che questo comportamento nasca da un atteggiamento spontaneo teso a rispettare la volontà ed i di-ritti delle comunità ospitanti così come auspi-cato da tutti noi.

Più realisticamente credo sia la rispo-sta lungimirante di chi produce e vende turi-smo ad un probabile mutamento della do-manda.

Anche il turista, così come il consu-matore finale di molti altri settori, probabil-mente per le sue scelte future darà sempre più importanza ai contenuti di eticità e di rispetto ambientale del prodotto turistico.

Questo atteggiamento, nel bene e nel male, ha comunque prodotto dei risultati e sempre più ne produrrà in futuro. Penso sia nostro dovere vigilare perché i cambiamenti siano reali e non strumentali quindi si impone un controllo sui contenuti di questa nuova of-ferta per “turisti responsabili”: la strada verso una certificazione, così com’è successo nel fenomeno del “biologico”, è l’unica garanzia di equità ed eticità nei confronti delle comunità ospitanti e del consumatore finale.

Enrico Marletto

Le associazioni amiche Continua il viaggio alla scoperta delle associazioni di camperisti italiane con le quali il nostro Club intrattiene rapporti di simpatia e collaborazione. In questo numero intervistiamo Beppe Tassone, presidente della più nu-merosa associazione nazionale, il Camper Club La Granda, con sede cen-trale a Cuneo e sezioni in tutta l’Italia nord-occidentale e centrale.

CAMPER CLUB LA GRANDA Indirizzo della Sede Centrale: Via Emanuele Filiberto, 18 bis - Cuneo

Telefono: 0171 630976 - 329 5741532 - Fax: 0171 697557 Sito Internet: www.camperclublagranda.it - E mail: [email protected]

Aderente alla Confedercampeggio – Aderente all’Unione Club Amici

Presidente Beppe Tassone - Vice Presidente Piero Marengo Tesoriere Valter Rosso - Segretario Bartolomeo Vassallo

Componenti del Com.to di Coordinamento: Vito Andrisani, Clemente Batti-sta, Renzo Bighinati, Marinella Brusa, Gianni Ciclamini, Roberto Cristalli, Benito D’Agostino, Giancarlo Dinato, Laura Ferrari, Livio Margaria, Silvano Minelli, Gior-gio Raviola, Gianni Savoini, Dino Serra, Beppe Truffo, Giulio Tufo, Lucio Viganò.

aro Beppe, tu sei il presidente della più grande associazione italiana di cam-peristi. In poche parole, che cosa significa per te questo incarico e come riesci a espletarlo così bene?

Significa innanzi tutto l’orgoglio di far parte di un’associazione che è seguita, spero anche amata ed apprezzata, da migliaia di persone, donne e uomini, che praticano il tu-rismo di movimento. Si tratta di un impegno forte, che occupa diverse ore di ogni giorna-ta, che svolgo con spirito di servizio, in que-sto aiutato dalla mia famiglia che mai ha frap-posto ostacoli. In tutto questo, devo dirlo, il ruolo svolto da mia moglie è assolutamente impareggiabile. Si tratta di contemperare il lavoro, la famiglia, gli altri impegni con quello di doversi occupare di un’associazione che,

ogni giorno, è contattata da centinaia di per-sone che telefonano, scrivono, si presentano di persona in sede. Devo ammetterlo: il con-tributo degli altri dirigenti, dei volontari e del personale è assolutamente all’altezza; senza un lavoro di squadra sarebbe impossibile andare avanti.

Parlaci del tuo Club. Alcuni dicono che in realtà si tratta di una federazione di club locali (data la presenza di "sezioni loca-li"). Qual è l'organizzazione interna?

Il Camper Club la Granda quest’anno compie 15 anni: si tratta di un’associazione fortemente radicata sul territorio, grazie alla presenza di ben diciassette sezioni che ope-rano in aree geografiche specifiche ed indivi-duate. Ma l’unitarietà del club non è mai mes-sa in discussione: la funzione delle sezioni è

C

quella di crescere, di fornire servizi, di inter-loquire con le amministrazioni locali e con le realtà produttive ed economiche oltre che, naturalmente, con quanti praticano il turismo all’aria aperta. Tocca al Comitato di Coordi-namento, in modo unitario, invece, individua-re le linee strategiche ed indirizzare le sezioni su specifici obiettivi. Di qui l’assoluta unità del Club che, nella maniera più assoluta, non può essere inteso come “federazione”, bensì co-me associazione unitaria radicata sul territo-rio attraverso proprie strutture. A dirigere l’associazione è il Comitato di Coordinamento che è composto da quattro persone elette ogni tre anni dall’assemblea plenaria di tutti i soci, oltre che da membri di diritto, uno in rappresentanza di ogni sezione. Fanno inoltre parte del Comitato di Coordinamento i com-ponenti la Commissione di Garanzia ed il Col-legio Sindacale. E’ inoltre istituito un Comita-to Organizzativo con lo scopo di agevolare e contribuire alla realizzazione dei raduni, for-nendo un indispensabile aiuto e sostegno alle singole sezioni.

Un’assemblea dei soci del Club

Com'è nato il Club LA GRANDA?

Il Camper Club La Granda è nato nel 1989 per volontà di dieci soci fondatori che prima si trovarono in un bar e poi presso lo studio di un notaio per formalizzare la loro decisione. Già dopo tre anni erano state for-mate tre sezioni (Cuneo, Venaria e Saluzzo). Al momento attuale le sezioni sono 17: le ul-time tre nate sono quelle della Romagna, del-la Toscana e del Lazio.

Quali attività ritieni fondamentali nella vita della tua associazione?

La funzione del club è di tutelare, or-ganizzare e rappresentare quanti praticano il turismo all’aria aperta: questo sta scritto nel nostro Statuto ed a questo sempre ci siamo attenuti. L’associazione fornisce pertanto ser-vizi, compresa la tutela legale ed assicurativa ed ha stretto diverse convenzioni inerenti l’attività di quanti praticano il nostro hobby. Poi vi è la “politica turistica”: la presenza ca-pillare sul territorio consente di avere rapporti continuo con le realtà locali e regionali e di partecipare alle scelte fondamentali che inci-dono poi in modo decisivo sul turismo. Non è un caso che in pochi anni nelle aree ove la nostra associazione è presente siano stati or-ganizzati centinaia di raduni, tutti in collabo-razione con le amministrazioni comunali, e che questi abbiano poi prodotto la creazione di strutture stabili ad uso del plein air. Poi vi è la componente di socializzazione: il club or-ganizza decine di raduni all’anno, un’occasione impareggiabile per far conosce-re le persone e per valorizzare il territorio (soprattutto i piccoli e medi centri). Il futuro turistico del nostro Paese passa attraverso la valorizzazione di piccoli comuni e la creazione di sinergie con le altre forze del volontariato locale (pro loco e comitati manifestazioni). Una rete importante alla quale partecipano anche gli imprenditori locali. Il turismo plein air, infatti, per le proprie peculiarità non può esimersi dallo stringere un rapporto forte col territorio: in questo senso siamo fortemente impegnati nella valorizzazione dell’impareg-giabile patrimonio rappresentato dai nostri comuni, anche da quelli più piccini.

Quali rapporti intrattenete con Fede-razioni e altre strutture italiane ed europee?

Il Camper Club La Granda aderisce al-la Confedercampeggio ed è tra i fondatori dell’Unione Club Amici: i rapporti sono ottimi, così come sono curati e ricercati quelli con tutte le altre associazioni presenti sul territo-rio nazionale. Riteniamo essenziale la presen-za di club, anche piccoli, sul territorio, per non lasciare ad altri spazi che sono nostri. La politica turistica si fa con la presenza e non certo con la delega agli altri. In Italia solo il 10% circa di quanti posseggono un veicolo

ricreazionale aderisce ad un club: non avreb-be senso cercare di rubare l’erba nell’orto del vicino quando davanti ai nostri occhi si apro-no ampie praterie. Occorre crescere tutti quanti insieme, comprendere perché il 90% di chi ama vivere all’aria aperta il proprio tempo libero non ha in tasca una tessera di club e dare a costoro risposte precise sotto forma di proposte, di progetti, di opportunità e di convezione. Per fare questo è necessario un progetto comune ed una radicalizzazione sul territorio: ecco perché è indispensabile una presenza capillare ed ecco la funzione delle nostre sezioni così come la funzione di tanti club anche piccoli. I rapporti con i club esteri sono molto forti, per ragioni di pro-grammi europei (siamo impegnati in commis-sioni in sede comunitaria) sia per il supporto organizzativo ed informativo che offriamo.

Parliamo adesso di informazione. Siamo ambedue giornalisti da anni e quindi abbiamo dato particolare risalto a questo no-stro ruolo all'interno dei rispettivi Club. Per LA GRANDA cosa ha significato? E per te, dato che rivesti anche il ruolo "esterno" di collaboratore di riviste nazionali?

Il giornalismo rappresenta la mia vita e la percorre per buona parte. A 18 anni ot-tenni l’iscrizione all’ordine e già da quattro collaboravo continuativamente con delle te-state locali. Ho quindi ben chiara l’importanza dell’informazione in tutti i campi e questa convinzione l’ho trasmessa al mio club. Senza informazione il Camper Club la Granda non sarebbe certo cresciuto in questa maniera: “Insieme”, il nostro giornale, è a quota 11.000, il sito internet ha toccato nel 2003 la vetta di 5 milioni e duecento mila ciccate, tutte le settimane spediamo a nove mila indi-rizzi e-mail una news-letter. Insomma un im-pegno giornalistico forte che sta dando sod-disfazioni. Personalmente, inoltre, dirigo due giornali ed un sito web e collaboro con alcu-ne riviste del settore (Caravan e Camper, Tu-rismo all’Aria Aperta, Campeggio Italiano), miei articoli, poi, sono ripresi da molti giorna-li locali. Cerco (e spero di esservi riuscito) di tenere ben diversificata la mia funzione di presidente di club con quella di giornalista:

questo per rispetto dei lettori e dei colleghi. In fondo non è poi così difficile, è sufficiente essere onesti con se stessi e con gli altri e non cercare di percorrere facili scorciatoie.

La copertina dell’ultimo numero di “Insieme”

Descrivici anche il tuo sito Web. E' uno dei più consultati in Italia fra quelli del turismo itinerante, non è vero?

La presenza del nostro Club su inter-net dura ormai da parecchi anni e questo gra-zie alla intuizione del nostro tesoriere, Valter Rosso, che per primo ci indusse a “marcare” una presenza sul web. Il sito, ora, vanta quasi cinquecentomila ciccate il mese: un risultato che si è raggiunto grazie all’impegno di molti, in prima persona del web master e vice presi-dente del club Piero Marenco, che lo aggior-na quasi con cadenza giornaliera. Il sito si di-vide in parecchie parti: fornisce informazioni dettagliate sui raduni e sulle nostre attività ed inoltre presenta specifiche parti curate fin nei minimi particolari. Segnalo in particolare la sezione delle “norme e leggi”, quella delle “schede tecniche”, quella dei “consigli prati-ci”. Inoltre alcune pagine sono curate dai no-stri ragazzi e dalle nostre donne. La presenza ed il ruolo femminile è molto curato nel club. Non a caso diverse presidenti di sezione sono

donne. Ogni giorno giungono sulla nostra ce-sella di posta elettronica mediamente fra le 100 e le 200 e-mail alle quali si risponde en-tro le 48 ore. Sempre sul sito sono inserite centinaia di cronache di viaggi e presentazio-ne di luoghi oltre a quasi un migliaio di foto tratte dai raduni o inviate da quanti amano vedere proprie immagini inserite sul web.

Passiamo ai grandi viaggi. Quali sono stati i più importanti negli ultimi anni e quali sono in programma questa estate?

Il Camper Club La Granda organizza nell’arco dell’anno una quarantina di raduni ed anche alcuni tour. Tra questi ultimi, nel 2004, sono in programma quello dell’Olanda e Belgio e la seconda edizione de “La Granda Russia” che, nel 2003, ha avuto un notevole successo. Vista l’enorme richiesta di parteci-pazione questi raduni sono riservati ai soli soci del club.

Foto del tour 2003 a Mosca

Infine, qual è il tuo pensiero sullo sta-to attuale dell'associazionismo in Italia, anche alla luce dei rapporti che LA GRANDA intrat-tiene con gli altri Club?

Lo stato dell’associazionismo in Italia non gode ottima salute: troppe risse in un bicchiere d’acqua, troppe dispute per un piat-to di lenticchie, troppe polemiche sterili e controproducenti. Il tutto mentre il settore cresce ed altri (che non sono gli utenti) oc-cupano i nostri spazi e cercano di portare il turismo plein air fuori dei propri canoni natu-rali. E’ necessaria, da parte di tutti, una forte assunzione di responsabilità: occorre che i club trovino un linguaggio ed un programma comuni, che sappiano anche fare un passo

indietro, rinunciando a qualcosa, per una uni-tà d’intenti che è indispensabile ed irrinuncia-bile. Non si può discutere e dividersi su tutto (compreso il sesso degli angeli) e non ren-dersi conto che intanto altri occupano spazi nostri. Il nostro club su questo argomento è chiaro e fermo: la campanella della “ricreazio-ne finita” oramai è suonata per tutti, è il caso di tenerne conto. Il turismo all’aria aperta rappresenta un valore aggiunto importantis-simo per l’economia italiana ed ha risvolti oc-cupazionali notevolissimi, è il caso di tenerne conto e di agire di conseguenza. Club seri e disposti a percorrere tratti di strada insieme con gli altri ve ne sono tantissimi: occorre pensare a convocare gli “stati generali” del turismo plein air per parlare, approfondire e decidere. Poi, una volta delineati ed indivi-duati i programmi, andare avanti con fermez-za e serietà. Sperando intanto che anche da parte dello Stato e delle Regioni si prevedano interventi generali e non solo settoriali: aspet-tarsi che venga nominato (in una nazione a forte vocazione turistica) almeno un sottose-gretario che si occupi del settore e sia da re-ferente per tutti appare proprio il minimo.

Grazie, Beppe, per la collaborazione.

Ringrazio Te, caro Maurizio, ed il tuo club per questa splendida iniziativa. E' quanto mai necessario parlarsi per iniziare a capirsi: voi rappresentate una realtà importante e se-ria nel nostro mondo. Iniziative come queste non possono che fare del bene a tutti e per questo non possiamo che ringraziarvi.

Beppe Tassone

Intervista a Beppe Tassonecurata da Maurizio Karra

Internet che passioneUtilizzare i più noti motori di ricerca per cercare su Internet quello che può servire per un viaggio migliore: istruzioni per l’uso

n prossimità dell’estate è come sempre opportuno darsi da fare per rendere più efficace e completo il nostro viaggio estivo, certamente già pianificato dallo scorso anno, nel corso dello scorso viaggio! E’ comunque sempre utile reperire ulteriori informazioni, magari tra le meno utili, che potrebbero ag-giungere altre esperienze al nostro viaggio, migliorandolo.

MappeNon sono mai abbastanza e potrebbe

essere utile stamparle in casa nel massimo det-taglio possibile, raggruppandole in modo da consultarle con facilità e, se necessario, usarle per prendere appunti e tracciare percorsi sen-za, per questo, imbrattare le nostre preziose ma normalmente ingombranti cartine (anche se devo dire che il fascino che mi conferisce una cartina piegata e “consunta” è notevole!).

A parte i programmi eseguibili su PC senza la necessità della connessione (Autorou-te e simili), su Internet sono a disposizione in-numerevoli siti che forniscono un accurato servizio mappe. Kataweb, Virgilio, Jumpy, Ya-hoo e quasi tutti gli altri motori di ricerca pre-senti su web mettono a disposizione tale op-portunità (pensate che la parola chiave “map-pe” genera con Google un risultato di circa 2.340.000 pagine).

Interessante, per chi come noi nor-malmente attraversa l’intero Stivale per iniziare il viaggio, è il sito della Società Autostrade, raggiungibile mediante l’indirizzo http://www.autostrade.it che contiene tutte le informazioni che servono per viaggiare sulle autostrade italiche: caselli, svincoli, chilome-traggi, stazioni di servizio, aree di sosta e relax. Tutto quanto insomma sarebbe opportuno co-noscere, comprese le informazioni sul traffico nei periodi di criticità, per affrontare nel modo più sereno il viaggio “via asfalto”. E’ anche di-sponibile un dettagliato servizio di mappe con

calcolo delle distanze chilometriche e del costo dei pedaggi: basta inserire le denominazioni degli svincoli di entrata e di uscita per avere a disposizione la cartina che riassume il miglior percorso tra i due punti, nonché il costo del pedaggio suddiviso per tratta.

Itinerari Strana parola che pochi di noi cono-

scono (!): “itinerari” genera su Altavista un ri-sultato di 321.733 pagine (alle quali vanno ag-giunte le 218.016 generate dalla ricerca della parola “itinerario”) che sembrano in realtà po-chine per l’importanza dell’argomento.

Un portale individuato con questa ri-cerca è presente all’indirizzohttp://www.viamichelin.com: interessante co-me le guide rosse della casa francese, il sito propone in cinque lingue otto sezioni che comprendono: itinerari, mappe, meteo, alber-ghi, ristoranti, turismo, magazine e boutique.

Pieno zeppo di informazioni di ogni ti-po riguardanti gli otto argomenti suddetti, il portale è una piccola miniera di informazioni riguardanti l’intera Europa e sarebbe sicura-mente più navigabile se non fosse zeppo anche di fastidiose pop-up pubblicitarie che vengono aperte automaticamente da buona parte delle pagine visitate. E’ comunque un bel portale che vale la pena visitare.

I

I siti www.viamichelin.com e www.eurometeo.com/italian/home

MeteoForse non sempre le previsioni del

tempo corrispondono alla realtà, sapere però in anticipo a che tempo andiamo incontro lun-go le strade previste può essere sempre utile.

Per esempio, il termine meteo intro-dotto sul portale Lycos Italia produce un totale di 2.225.406 pagine trovate: anche qui c’è l’imbarazzo della scelta e analizzando la lista dei risultati si può spaziare tra siti che si occupano minuziosamente dei meteo comunali o regio-nali e siti più generici che trattano la materia in maniera più ampia.

Inutile sottolineare che il portale più autorevole sull’argomento, almeno limitata-mente alla nostra nazione, è quello del servizio meteorologico dell’Aeronautica, nel quale è possibile persino consultare il mitico “Bolletti-no del Mare”. Infine, all’indirizzo www.eurometeo.com/italian/home si potran-no ricercare informazioni circa il tempo in ogni più remoto angolo d’Europa.

Plein Air Il termine che ci riguarda da vicino,

immesso su Yahoo Italia produce circa 16.300 risultati, il primo dei quali richiama la home page del sito della rivista Plein Air, il secondo rimanda al sito di una associazione culturale che si occupa di arte pittorica contemporanea e il terzo “punta” alla home page del nostro si-to, anche se ancora al vecchio indirizzo rica-dente sotto il “dominio” di turismo itinerante.

Infatti, per chi non se ne fosse ancora accorto (visto che in apparenza nulla sembra

cambiato), le pagine del nostro sito non sono più ospitate all’interno del portale di Enzo No-vellis, ma sono raggiungibili al nuovo indirizzo http://www.pleinairbds.it.

E’ doveroso manifestare ancora una volta i ringraziamenti del nostro Club al we-bmaster del più noto portale italiano del mon-do del plein air, che ha dato a tanti, noi com-presi, la grande opportunità di farsi conoscere in rete. Oltre 135.000 visitatori in tre anni e mezzo, più di 200 pagine in massima parte di cronache di viaggio curate da viaggiatori itine-ranti e camperisti, con itinerari e preziose in-formazioni per pianificare minuziosamente qualsiasi percorso in europa e anche oltre.

Per chi volesse memorizzarlo tra i pre-feriti, il nuovo indirizzo di posta elettronica uf-ficiale del nostro Club è [email protected].

Cercate, cercate, cercate… In generale, lo sappiamo tutti, Internet

è una miniera di informazioni, ma spesso il problema è la ricerca delle medesime: è oppor-tuno provare più motori di ricerca per analoghi “scandagliamenti”. Non sempre, infatti, ogni motore comprende le informazioni di un altro e anzi spesso sembrerebbe il contrario. Cerca-te quindi a lungo, e cercate con pazienza (fon-damentale!): prima o poi ciò che veramente intendevate trovare verrà fuori!

Buon viaggio.

Giangiacomo Sideli

Anche se Internet c'entra poco, sapevate che le autostrade italiane sono controllate, per ragioni di sicurezza, dall'occhio vigile dei satelliti? lo no! Scopro per esempio che dal 1999 sulla A.3 Salerno-Reggio Calabria il satellite Eutelsat, connesso con i GPS delle auto della Polizia di Stato e con le telecame-re lungo l'autostrada e nelle aree di servizio, ha contribuito alla lotta contro la criminalità quasi azzerando i furti di tir e autotreni e persino le rapine agli au-tomobilisti.

Bene, questo servizio è stato appena interrotto per ragioni economiche: il Ministero dei Trasporti ha tagliato il contributo di due milioni di euro l'anno per il pagamento del canone annuo per l'utilizzo del satellite. Forse si cominciano a mettere da parte i soldi indispensabili per l'indispensabile ponte sullo Stretto!

G.S.

News, notizie in breve

Non sparate sul turista:una proposta di Duccio Canestrini

E’ di questi giorni la proposta antiterrorismo che vorrebbe introdurre le impronte digitali sui visti e sui passaporti di tutti i cittadini dell'Unione Europea; più precisamente, i documenti di viaggio "dovranno obbligatoriamente contenere due elementi di identificazione biometrica", ovvero la scansione del volto e le impronte digitali dei titolari. Videosorveglianza, controlli biometrici, carlinghe blindate. Come andrà a finire, di questo passo, il nostro modo di viaggiare? Più che altro, sembriamo tutti preoccupati del dove: dov'è localizzato il pericolo? Dove siamo sicuri e dove non lo siamo? I controlli rispondono a una vecchia logica territoriale, tattica, più che strategica. Il problema è che il terrorismo, come il turismo, è un fenomeno delocalizzato, extraterritoriale. Varca le frontiere, non ha più radici. Ne deriva quella che è una vera e propria ossessione per la sicurezza, perché purtroppo, in questi ultimi tempi, turismo, nell'immaginario collettivo, fa sempre più spesso rima con terrorismo. A turbare le nostre spensierate vacanze, dopo briganti, cannibali e sequestratori, è la volta dei terroristi.

Come cambia quindi il nostro modo di viaggiare? Siamo destinati a un turismo sempre più sorvegliato e militarizzato? Oppure c'è una via d'uscita? Nel suo ultimo libro “Non sparate sul turista”, recentemente edito da Bollati Boringhieri, Duccio Canestrini propone una brillante analisi storico-antropologica del turismo e prova a dare una risposta a questa domanda proponendo una soluzione. Il turismo dovrebbe e può diventare un'opportunità di dialogo fra civiltà e culture e, in definitiva, un prezioso strumento di pace. Certo non lo sarà il vecchio turismo distratto e neocolonialista, ma un nuovo turismo più umanitario e responsabile. O, come scrive Duccio Canestrini, un turismo "permeabile".

«Direi che l'orientamento del libro sta tutto nell'epigramma buddista: "Se vi preoccupate solo un po' della vostra sicurezza personale, dovreste prima di tutto pregare per l'ordine e la tranquillità in tutti e quattro i quartieri del paese" (Nichiren Daishonin, monaco giapponese del XIII secolo). E cioè: il nostro è un destino collettivo, non c'è viaggio sicuro, né serenità personale senza giustizia planetaria. L'unica libertà possibile (anche dalla fame, dall'ignoranza e dalla paura), è la libertà di tutti».

Duccio Canestrini, antropologo e scrittore, è una delle maggiori personalità del turismo responsabile in Italia. Ha viaggiato per tutti i continenti come inviato della rivista "Airone" ed è docente a contratto di Antropologia del turismo al Master di Tourism Management dell’Università di Trento e presso il corso di laurea in Scienze del turismo dell’Università di Lucca. Tra le sue pubblicazioni: “Turistario” (Baldini & Castoldi, 1993); “Una penna tra i tamburi” (Giorgio Mondadori, 1993); “Turpi tropici” (Zelig, 1997); “Trofei di viaggio” (Bollati Boringhieri 2001); “Andare a quel paese” (Feltrinelli 2003).

Autostrade e ambiente: qualcosa si muove Il Ministero dell'Ambiente e Autostrade per l'Italia hanno firmato nel mese di marzo un

accordo per la realizzazione di progetti miranti alla sostenibilità ambientale delle infrastrutture autostradali. L'accordo, che prevede la realizzazione di una banca dati ambientali nonché di un sistema informativo per la gestione del traffico sulla rete autostradale e sulla rete viaria secondaria per ottimizzare i tempi di percorrenza e ridurre i consumi di carburante, consentirà anche la realizzazione di una mappatura delle caratteristiche ambientali e naturali dei territori attraversati dalla rete autostradale, con l'indicazione dei parchi e dei percorsi naturalistici e dei siti di interesse storico-artistico.

Birdwatching, chiave del turismo ecosostenibile I tour operator britannici, che se ne intendono, hanno scelto il Parco del Delta del Po

come principale destinazione italiana per gli amanti di birdwatching, l' osservazione degli uccelli. E ora anche gli amministratori dell'Emilia-Romagna hanno deciso di lanciare il turismo naturalistico in quest'area (che costituisce il più vasto complesso di zone umide esistenti in Italia), organizzando la prima edizione della 'Fiera internazionale del birdwatching e del turismo naturalistico', la cui parte espositiva si è tenuta a Palazzo Bellini di Comacchio, porta d'ingresso del Delta ferrarese, dal 29 aprile al 2 maggio.

Sono stati organizzati convegni su birdwatching, ambiente e biodiversità e si è parlato di turismo ecosostenibile. In mostra i 'prodotti' di tour operator specializzati in turismo ambientale, di case editrici, di parchi italiani e stranieri, nonché di aziende che producono ottica o che si occupano di mobilità ecologica. E poi eventi sportivi che hanno come protagonisti la bicicletta, i cavalli, la canoa, la nautica a gpl o a metano.

Ma il cuore di questa manifestazione, la prima del genere nell' Europa continentale, è stata la possibilità offerta ai visitatori di scoprire la bellezza del Parco del Delta del Po (che si estende per oltre 60 km, dal Po di Goro a nord, alle Saline di Cervia a sud, lungo la costa adriatica delle province di Ferrara e Ravenna), in quella che è la stagione migliore dell' anno per visitarlo.

Ogni giorno, infatti, sono state effettuate escursioni gratuite nei siti naturalistici che ospitano complessivamente 320 specie di uccelli e una grande varietà di flora. A bordo di navette, le guide ambientali hanno accompagnato i visitatori in cinque oasi: Valli di Comacchio, Valle Cannaviè-Porticino, Vallette di Ostellato, Valle Mandriole e Punte Alberete. Con l'aiuto di binocoli e cannocchiali messi a disposizione dalle aziende espositrici, è stato possibile avvistare il Cavaliere d'Italia, l'uccello simbolo del Parco, o i Fenicotteri, che dal 2000 si fermano nel Delta anche per la nidificazione.

Una delle caratteristiche che rendono straordinario questo territorio è che non si tratta di un parco delimitato, con un ingresso e un'uscita, ma di un insieme di ambienti, naturali e antropizzati, dove accanto alle oasi protette, ai boschi e alla costa, si trovano i centri urbani e le testimonianze archeologiche delle civiltà etrusche e romane, i mosaici bizantini e i tesori dell'architettura benedettina ed estense.

In arrivo deroghe per il passaporto di Fido In vista delle prossime vacanze estive chi vorrà viaggiare in Europa con cani o gatti potrà

farlo anche se dal prossimo luglio non avrà ancora a disposizione, come previsto dalle nuove norme comunitarie, il loro “passaporto”. La Commissione UE ha infatti previsto alcune misure transitorie per evitare che i proprietari di animali da compagnia incontrino troppe difficoltà a procurarsi entro il prossimo tre luglio il passaporto anche per il loro Micio e per il loro Fido.

In concreto, Bruxelles ha previsto che continueranno ad essere validi per viaggiare con i propri animali da compagnia i certificati in vigore prima del 3 luglio fino alla loro data di scadenza, a condizione che siano conformi alle nuove regole europee. I servizi veterinari devono avere la certezza che sia stata praticata sull'animale da compagnia la vaccinazione antirabbica: di fatto l'unica condizione posta per superare le frontiere nell'UE, con la sola esclusione di Irlanda, Svezia e Regno Unito. Per entrare in questi paesi gli animali da compagnia già vaccinati dovranno essere sottoposti anche ad un test di verifica degli anticorpi. Dublino ha fatto comunque sapere che intende adeguarsi al più presto alle norme comunitarie

(a cura di Maurizio Karra)

L’ultima parola di Agostino Alaimo

2004

NON AVREI MAI IMMAGINATO CHE UN GIORNO AVREMMO USATO IL CAMPER

PER FARTI PASSARE IL MAL DI DENTI.