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Coordinamento Nazionale di Sostegno ai Nativi americani http://www.ilcerchio-coordinamento.org periodico Anno XI n 0 1 - 2006 prezzo di copertina 2,95 euro Spedizione in A.P. - art. 2 comma 20/c L. 662/96 - Firenze In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Postale di Firenze CMP detentore del conto per la restituzione al mittente che si impegna a corrispondere la relativa tariffa In questo numero: Chiapas Bolivia La “Otra Campaña” Zapatista Equador Il gas e il petrolio tornano in mano del popolo La guerra per la coca mette in pericolo i NUKAK-MAKÙ Nativi in carcere Orso che corre: ingiustizia è fatta Notizie dal mondo indigeno Words from the EdgeII

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Coordinamento Nazionale di Sostegno ai Nativi americani

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In questo numero:

Chiapas

Bolivia

La “Otra Campaña” Zapatista

Equador

Il gas e il petrolio tornanoin mano del popolo

La guerra per la coca mettein pericolo i NUKAK-MAKÙ

Nativi incarcereOrso che corre:ingiustizia è fatta

Notizie dal mondoindigeno

Words from theEdgeII

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Coordinamento Nazionale di Sostegnoai Nativi Americani

Anno X n0 1 - 2006

(in stampa ad agosto)

Proprietario / Editore:Ass. IL CERCHIORegistrazione Tribunale di Firenze n° 5112 del 18-10-01

Direttore Responsabile:Fabrizio Lucarini

Redazione:Associazione Il CerchioGrafica e impaginazione:Valentino ReceputiAbbonamenti e diffusione:Toni VentreSegreteria e revisione testi:Luisa CostalbanoRecapito redazionale:c/o Toni VentreVia San Cresci, 1950032 Borgo San Lorenzo (FI)E.mail: [email protected]; [email protected]

Impianti e Stampa:Fotoincisione TaniniVia Primo Maggio 72Loc. Rosano50065 Pontassieve (FI)

Quota associativa per un anno 26 Euroda versarsi sul conto corrente postalen° 26748509Intestato a:Associazione IL CERCHIOvia San Cresci, 1950032 Borgo San Lorenzo (FI)(Pregasi scrivere in stampatello)

Il Materiale inviato, anche se non pubblicato, non verrarestituito (a meno di accordo preventivo).Gli articoli firmati non rispecchianonecessariamente l’opinione della redazione.Rimaniamo a disposizione degli eventuali aventi dirittocon cui non sia stato possibile entrare in contatto;ricordando che la rivista non ha scopo di lucro.Chiunque voglia collaborare può scrivere o telefonare.Negozi, Enti, Associazioni e singoli diffusori usufruisconodi sconti speciali. In questo caso le copie verrannospedite in contrassegno.

SOMMARIO3 Editoriale4 Words from the EdgeIINord America8 Storia: In guerra a fianco dei bianchi10 L’arte femminile della sopravvivenza11 L’Onu critica gli USA per gli Shoshones12 Coalizione intertribale per difendere Bear

ButteChiapas14 Pesanti repressioni ad Ateneco, allerta

rossa zapatista15 La “Otra Campaña” Zapatista16 Dichiarazione di N’DONHUANI per l’auto-

nomia nei fatti e la resistenza indigenaEquador19 I movimenti indigeni chiedono la naziona-

lizzazione del petrolio20 La guerra per la coca mette in pericolo i

NUKAK-MAKÙBolivia23 Il gas e il petrolio tornano in mano del po-

polo bolivianoRubriche e varie25 Centro di Documentazione sui Popoli Mi-

nacciati26 Notizie dal mondo indigeno30 Nativi in carcere: Ray Allen34 Il bastone della parola36 XXIII meeting de “Il Cerchio”38 Inchiostro rosso: le recensioni del Cerchio39 Le tribu del Cerchio.

IL CERCHIO

Il Cerchio 2

in copertina, un disegno di Auro Basilicò(che ringraziamo)

Intestato a:Associazione IL CERCHIO

Via San Cresci, 1950032 Borgo San Lorenzo (FI)

AVVISO IMPORTANTE

NUOVO RECAPITO

per la quota associativacambia l’intestazione ma non

il numero di contocorrente

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Il Cerchio 3

La redazione

Carissimi amici del Cerchio,nello scorso numero avevamo dato spazio ad articoli su Ray Allen Running Bear, la sua storia,la sua condizione… e la nostra speranza che, nonostante tutto, qualcuno o qualcosa intervenisse all’ultimomomento ad impedire l’esecuzione della sua condanna a morte.Hanno ucciso la nostra speranza.Hanno ucciso Orso che corre.Questa volta abbiamo ritenuto doveroso pubblicare gli articoli e le riflessioni che ci sono pervenuti su questavicenda.Da parte nostra, ricordiamo che Ray ha chiesto agli amici di pensarlo finalmente libero, uscito “rinnovatocome un bambino dalla prigione dell’uomo bianco”.

Questo numero della rivista si apre con un breve resoconto del tour “Words from the Edge II”, che havisto tre poeti nativi americani in un giro di reading per l’Italia.In anteprima, pubblichiamo alcune loro poesie, ancora inedite in Italia, tradotte da Mauro Marra, delgruppo Huka Hey di Pordenone, che insieme ad Auro Basilicò ha organizzato il tour.

Infine, preannunciamo che nel prossimo numero vorremmo pubblicare un inserto speciale sulla didattica,con il resoconto di un laboratorio interculturale sulla conquista dell’america, svolto in una scuola media diPontassieve (FI). Ci saranno anche bibliografie, indicazioni di giochi e attività, ecc. Lo dedichiamo adinsegnanti, educatori, genitori che vogliano affrontare questi temi con i ragazzi, avendo ricevuto più volterichieste in questo senso.Lanciamo dunque un appello a chiunque voglia inviarci materiali, articoli, recensioni, considerazioni o quan-t’altro sull’argomento a farceli pervenire al più presto all’indirizzo della redazione, o per e-mail a [email protected].

ATTENZIONE:vogliamo ricordare a tutti i soci che, se non aveteversato la quota associativa de “IL CERCHIO”nell’ultimo anno, la vostra iscrizione è scaduta.Per continuare a sostenere il coordinamento ericevere il giornale vi invitiamo a rinnovare l’adesioneall’associazione, effettuate al più presto ilversamento, come indicato in fondo al giornale.

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Il Cerchio 4

Lance Henson - Laura Tohe - Kateri AkiwenzieCari Amici,Il secondo Words from the Edge si è appena concluso.Accompagnando Laura e Kateri all’aereo, la soddisfazione per il felice esito del Tour in sottile tristezza; nonsapevamo quando e se le avremmo riviste. Un altro capitolo della storia del Huka Hey e del Cerchio si eraconclusa.Era cominciata il quattro aprile quando Kateri era atterrata a Venezia. Ero Con Lance ad attenderla, vistoche io non la conoscevo e nel pomeriggio sarebbe arrivata Laura Tohe.Profondamente diverse, queste due donne hanno stabilito, nelle due settimane Del Tour, un profondorapporto di amicizia e di stima tra loro, con Lance, Indiscusso leader del gruppo, e con noi.Il Tour, giunto alla sua seconda edizione (la prima indimenticabile con Lance Henson, Apirana Taylor eMemchoubi) prevedeva sei appuntamenti: l’università di Forlì; Ravenna; Roma; L’Università di Udine;Pordenone; Ponte nelle Alpi (BL).L’appuntamento a Forlì è stato possibile grazie al prezioso aiuto della professoressa Mariella Lo Russo,amica e traduttrice di Kateri e vecchia amica di Lance, ed è stato molto intenso, con una partecipazioneattenta e profonda.Ravenna è la città di Massimiliano Galanti ed Augusto Giuliani, i quali con notevoli sforzi economici edorganizzativi, sono riusciti a coagulare attorno alle due poetesse e Lance l¹attenzione della città ed assicu-rare la presenza al meeting del professor Franco Meli e Mariella Lorusso. Grazie,bel lavoro.Poi siamo passati a Roma, ospiti di due persone fantastiche, Loredana e Maurizio Carocci e del loro“agriturismo Nativo-americano” vicino a Terni. Ci hanno accolto ed ospitato con calore ed entusiasmo, ed èstato un gran bel meeting.Un appuntamento classico è quello dell’Università di Udine, che ci aveva già ospitato nella prima edizione edaveva pubblicato gli atti del meeting. Ancora una volta, la professoressa Antonella Riem è stata un’ottimae competente ospite, assicurando il successo dell’iniziativa.Un oceano di studenti, distribuiti su due turni, ha salutato i poeti a Pordenone presso il Liceo classico dellacittà, grazie all’organizzazione curata assieme a Mario Giannatiempo ed i docenti di lingua inglese, Maccarone,Giuliani ed altri.Il Preside, professor Chiarotto, si è stupito per l’attenta e profonda partecipazione dei ragazzi che in altreoccasioni “culturali” avevano dato segnali di insofferenza e disinteresse: grazie anche a loro.Ultima, ma non per ultima, la meravigliosa serata a Ponte nelle Alpi, curata da due nuovi amici dell’HukaHey, Sebastiano Saviane ed Elisa Damiani, di Belluno. Momenti di intensa commozione hanno caratterizza-to la Lettura e le Parole di Lance, Laura e Kateri ed abbiamo sentito, tangibile e profonda, l’emozione chepercorreva l’auditorio visibilmente sensibilizzato dalle Poesie dei tre Nativi. Una serata fantastica.Tutti questi appuntamenti, dimenticavo, sono stati filmati da quattro operatori cinematografici spagnoli,che si sono sacrificati a viaggiare, dormire ospiti nelle varie case etc. a titolo puramente gratuito e che sisono impegnati a realizzare un film dalle circa quattro ore di ripresa e di presentarlo al “Sundance Festival”di Redford!Insomma un’altra gran bella avventura; grazie a tutti, anche, e soprattutto a Marco Codeglia e SimoneMasseroni, il quale ha sacrificato il suo tempo e le sue battute per Laura e Kateri, che, grazie a lui,ricorderanno sicuramente gli italiani e la loro allegria.

Auro e Mauro (HuKa Hey)

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Il Cerchio 5

È nato a Washington, D.C., nel 1944; è Cheyenne, Oglala e Francese (da parte del padreCajun).È stato allevato dai suoi prozii, Bertha e Bob Cook, che lui chiama nonni, in una fattoriavicino a Calumet, in Oklahoma. Il prozio Bob Cook era custode del Primo Capitolo dellaNative American Church dell’Oklahoma. Lance è l’ultimo dei cinque ragazzi cresciuti daquesta coppia. È quindi cresciuto nella cultura degli Cheyenne Meridionali.Dopo il liceo, ha prestato il servizio militare nel corpo dei Marines durante la guerra inVietnam.Si è laureato presso l’Oklahoma College of Liberai Arts (ora University of Science andArts dell’Oklahoma) di Chickasha. Ha anche un Master in scrittura creativa conseguito

all’Università di Tulsa. Dopo aver tenuto laboratori di poesia in diverse università americane per dieci anni, Lance comin-cia a viaggiare, lavorando sia in America che in Europa.Lance è membro della confraternita dei Soldati Cane (Dog Soldiers) Cheyenne, della Native American Church (la chiesadel peyote) e dell’American Indian Movement (AIM). In diverse occasioni ha partecipato alla Danza del Sole Cheyenne siain veste di danzatore che di assistente.Lance ha pubblicato 17 raccolte di poesie, metà delle quali negli Stati Uniti ed il resto all’estero. Le sue poesie sono statetradotte in 27 lingue e le sue opere sono state lette ed insegnate in 9 paesi. Ha partecipato allo One World Poetry Festivaldi Amsterdam, all’International Poetry Festival di Tarascona, in Francia, ed al Geraldine Dodge Poetry Festival in NewJersey. È anche coautore di due pièce teatrali, una delle quali, Winter Man, è stata rappresentata con successo dallacompagnia La MaMa Experimental Theatre Company. Nel 1993 Lance è stato anche conferenziere ufficiale degli Stati Unitia Singapore, in Tailanda, Nuova Guinea e Nuova Zelanda.È stato anche rappresentante ufficiale della nazione Southern Cheyenne all’European Free Alliance in Leeuwarden,Olanda, ed al Working Group of Indigenous Populations dell’ONU a Ginevra nel 1988.Ha tenuto vari seminari sullo storytelling Cheyenne all’Università di Udine, Facoltà di Scienze della Formazione.Ha coordinato e organizzato, insieme a Lisa Schnorff, il primo progetto di Words from the Edge, che ha portato nel 2000alcuni poeti nativi in tutta Europa per presentare e leggere le loro poesie.

Poesia da ammon

Troppo lontano sussurrò il buffone mentro atterra-vo dalla BavieraQuanto lontano è? scrissi sulla polvere del tavoloCon la strega che scarabocchiava il mio viso conuna penna scuraSul vento del deserto

E tutte le parole che io usavo nel telefonoNon riuscivano a compitare il tuo nome

Mentre mangiavo carne su una strada vicino all’ae-roportoSotto le PleiadiArrivarono degli sbirri del deserto con fucili cordialiMi strinsero la mano e mi portarono viaVerso la guerra dentro le loro menti

Sette cani con maschere mitiche saltarono fuori daun buco sacroDell’universoI due che non sono partiti sono con me oraI loro occhi brillano nelle piogge che volteggiano so-pra l’umanaTempesta di merda

Una notte luccicante continua a fuoriuscire dallamia testa

Lance Henson

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Il Cerchio 6

È una scrittrice Anishnaabe di origine Chippewa dellaNawash First Nation.Dal 1994 lei vive e lavora a Neyaashiinigmiing, nella Riser-va di Cape Croker della Penisola di Saugeen nell’Ontariosud occidentale, perché lì sono le sue radici, come lei dice.Oltre alla sua attività di scrittrice, Kateri gestisce una so-cietà di consulenza, la DammWrite! Consulting andCommunications, che lavora con gruppi e progetti delleFirst Nations. Lei è anche Direttore responsabile diKegedonce Press, una piccola casa editrice costituita nel1993 con lo scopo di pubblicare e promuovere le opere discrittori ed artisti, indigeni e non. Nel 1999 ha fondato laNiSHin Productions, una società di produzione indigena,che si è occupata di organizzare e promuovere tournee dicompagnie teatrali indigene, sia in Canada che all’estero,anche in collaborazione con Taki Rua Productions diWellington (Nuova Zelanda) per la promozione del teatroMaori.Nel 1996 Kateri ha tenuto corsi di scrittura creativa a stu-denti universitari presso la Scuola Internazionale di Scrit-tura En’owkin di Penticton nella Columbia Britannica. At-tualmente sta registrando un audio libro con un gruppo dicollaboratori indigeni che comprende Te Kupu, Koru, JoyHarjo, Marcos Arcentales, John Thorp, Lucho Abanto, RhysB. e Raven Polson-Lahache, oltre a preparare una raccoltadi poesie. Kateri sta anche tentando di pubblicare una rac-colta internazionale di opere erotiche di scrittori ed artistiindigeni, oltre ad aver curato recentemente una raccolta dinarrativa di scrittori indigeni di Canada, Stati Uniti, Austra-lia ed Aotearoa. Questo ultimo libro è stato copubblicatoda Kegedonce Press e Jukurrpa Books, un’affiliata di IADPress, casa editrice aborigena con sede in Alice Springs,Australia.Inoltre Kateri è interessata al progetto di protezione am-bientale Ndakinna Wilderness Project, all’apprendimentodella lingua Anishnaabe, allo studio dei sogni ed alle attivi-tà di raccolta tradizionale dei prodotti della terra.Le opere di Kateri sono state pubblicate in varie antologie,riviste e periodici in Canada, Stati Uniti, Aotearoa, Austra-lia e Germania, oltre ad apparire anche in mostre e galle-rie d’arte nella Columbia Britannica. Lei ha tenuto readinge conferenze in Canada, Stati Uniti, Australia, ed Aotearoa,e sulle radio nazionali in Canada ed Aotearoa.La Casa editrice di Kateri, Kegedonce Press, nel 2001 èstata insignita del titolo di Editore dell’anno (fuori degli StatiUniti) dal Wordcraft Circle of Native Writers and Storytellers.Oltre all’attività editoriale e di scrittrice, Kateri è anche un’at-tivista della lotta per i diritti dei popoli indigeni e fa parte dinumerosi comitati che si occupano di queste problematichesia in Canada che all’estero.

Terra che resisteraccoglietevi insieme su questo suoloquesta terra vivente ha radici di suonoquesta terra sepolcrale ha le ossa del pensatocome il paesaggio che le antenate hanno forgiatocome i sette antenati non abbiamo dimenticatocome il luogo spirituale dentro ognuno di noidove gli antenati parlano dentro di noidove le loro parole risvegliano il sogno in noidove il canto del tamburo risuona fra noidove gli alberi e la terra congiungono noidove la mente protegge noidove il cielo lassù riflette noie la terra grida giustiziae non c’è nessun’altro siamo solo noi

questa è la terra su cui noi stiamoquesta è la terra madre la nostra terraqui noi stiamo e non saremo spostatiqui la nostra ferma risoluzione provataqui mai più le nostre voci saranno azzittiteanche se i nostri modi contestatianche se i nostri racconti sacri ignoratianche se la nostra poesia deplorataanche se la nostra bocca schiaffeggiataanche se cambiano la mappale linee di confini tracciatee i nostri cosiddetti leader pedine del governonon saremo spostati da dove stiamonon dalla nostra madre la nostra terra

questa è la terra su cui resistiamoquesta è la nostra casa il nostro posto la terramadrequesto è il luogo del futuro e della memoriaquesta è la casa del cuore e della famigliaquesta è la terra della perseveranzaquesto è il luogo di resistenzaIpperwash Gustafsen Lake WanganuiChiapas Restigouche e Hawai’iOwen Sound Oka e Wounded Kneequesta è la terra dell’albero sacroBlack Hills, Uluru, Halawa Valleyle parole dette echeggiano in eternosoffio di parola data come onde nel marecome fossili in pietra antenate in mecome il luogo spirituale Nochemowaningdove gli spruzzi d’acqua ci hanno detto che un nuovo[giorno sta albeggiandoalzatevi sollevatevi difendete la vostra causarinsavite fatevi sentire facciamo risuonare le nostre vocialzatevi! fatevi sentire! siamo terra che resistenau-neebiwik! (alzati!) kittook! (dillo!) terra che resiste

Kateri Akiwenzie-Damm

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Il Cerchio 7

È una Diné (Navajo).È nata in Arizona a Fort Defiance ed è Tsenabahilnii (del clan dell’Acqua Dormiente) eTódích´íinii (clan dell’Acqua Amara). È cresciuta nella regione delle Chuska Mountains,sul confine orientale della Riserva Navajo, frequentando le scuole primarie e le superioriad Albuquerque.Laura scrive poesie e racconti, oltre a diversi saggi per lezioni e periodici di varie univer-sità. Le sue opere sono state pubblicate in numerose riviste, come Calyx e Callaloo.Inoltre le sue opere sono state trasposte in musica moderna corredata da coreografie acura della Moving Company in Omaha (Nebraska).Lei ha anche lavorato come coordinatrice in forum aperti e comitati di valutazione. Faparte del National Caucus Board of the Wordcraft Circle of Native Writers and Storytellers(Direttivo Nazionale del Circolo degli Scrittori e Narratori Nativi) e della Commissione diConsulenti della rivista Wicazo Sa Review. Lei è stata curatrice di Nebraska Humanities

e relatrice dei programmi Humanities Programs del Nebraska e dell’Arizona, oltre a lavorare per il Consiglio delle Arti siadel Nebraska che del Kansas.Laura è B.A. in psicologia dell’Università del New Mexico ed anche M.A. e Ph.D. in inglese dell’Università del Nebraskadove ha anche ottenuto una Regent Fellowship ed una Minority Fellowship a sostegno dei suoi studi. Attualmente rivesteil ruolo di Assistant Professor del Dipartimento di Inglese presso l’Università di Stato dell’Arizona.Laura tiene numerosi reading delle sue opere ed attualmente sta lavorando su un nuovo libro di poesie, storie e saggi:Talking Woman.Nel 1999 Laura è stata insignita del titolo di Writer of the Year - Poetry for No Parole Today, da parte del Wordcraft Circleof Native Writers, ed ha al suo attivo altri numerosi e prestigiosi riconoscimenti da varie istituzioni culturali ed Universitàamericane.

Cosa rese rossa questa terra?

Cosa rese rossa questa terra? Queste rocce rosse? Fu laluce di terra e cielo per ricordarci ogni giorno del colore

delle nostre nascite? È che tutti i sentieri che prendemmosulle nostre spalle o che furono forzati su di noi

cominciarono con il nostro sangue fino a Hweeãdi eritorno? Le nostre fragili vite tentate, coraggiose, oscillantiattraverso tutti i mondi dove abbiamo viaggiato. Ed ogni

volta che si arrivava, l’accelerazione dei nostri cuori.

Laura Tohe

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Il Cerchio 8

StoriaIN GUERRA AL FIANCO DEI BIANCHI

Una delle vicende meno note riguardanti i na-tivi nord-americani è La loro partecipazione alleguerre al fianco dell’uomo bianco. Le ragioni diquesto fenomeno, a prima vista sorprendentesono diverse e si possono far risalire all’epocacoloniale. Nel corso delle guerre per il predominiosull’America settentrionale, gli indiani furono alle-ati sia degli inglesi sia dei francesi e fu per otte-nere armi e altri beni provenienti dall’Europa chegli indiani presero ad uccidere la selvaggina, nonsolo per le proprie necessità di sussistenza, maanche per accumulare pelli e pellicce per poi ba-rattarle con i bianchi. Questo particolare com-

mercio cominciò all’inizio del XVI secolo e crebbe dipari passo con l’incremento del numero dei colonie, più il commercio delle pellicce si sviluppava, più leguerre tra le nazioni indiane aumentavano. Paralle-lamente aumentavano anche le alleanze che essestabilivano con gli europei allo scopo di ottenernearmi o diretto sostegno militare contro le tribù ne-miche e, gradualmente, l’alleanza con gli europeidiventò una questione di sopravvivenza per moltiindiani. Durante la Guerra d’Indipendenza america-na, molte tribù scelsero di appoggiare la GranBretagna. La principale ragione era che gli inglesiavevano promesso alle tribù che avrebbero conti-nuato ad approvvigionarle con armi da fuoco e altribeni di commercio, ma sopratutto che avrebberogarantito loro la proprietà delle terre tribali, ai sensidella Proclamazione Reale del 1763, e ciò era esat-tamente il contrario di quanto facevano in conti-nuazione i coloni americani che si erano ribellati allaCorona. Comunque, al termine della Guerra d’Indi-pendenza, americani e britannici si ritrovarono aParigi per negoziare la pace e firmare il trattato concui la Gran Bretagna riconobbe la nascita degli StatiUniti d’America. Gli indiani non furono presi in alcunaconsiderazione dai negoziatori, sia che fossero statialleati con l’una parte o con l’altra. I britannici non sipresero il disturbo di presentarli come loro alleati,nonché legittimi proprietari delle terre americane, elo stesso fecero i rappresentanti della neonata Re-pubblica americana.

Le ultime occasioni che le tribù ebbero di com-battere contro gli Stati Uniti alleandosi con altri bian-chi furono: la guerra del 1812, quando i britannicicercarono un immediato vantaggio alleandosi conTecumseh, il Capo degli Shawnee, che aveva riuni-to una dozzina di tribù convincendole che l’unità eral’unica soluzione per resistere ai coloni affamati diterra; la guerra degli Stati Uniti contro il Messico del1846-1848, quando alcuni indiani Pueblo si Custer

ed il Settimo Cavalleria al villaggio di Pentola Nera,sul fiume Washita. I Pawnee erano nemici tradizio-nali dei Sioux e per dieci anni, dal 1866 al 1877,aiutarono l’esercito a dare la caccia a Sioux,Cheyenne ed Araphao.

Con la creazione delle riserve ad ovest delMississippi-Missouri, il compito di mantenervi l’ordi-ne fu affidato ai militari. Poiché ciò era molto onero-so per l’erario americano, il Governo accettò il sug-gerimento del Commissario agli Affari Indiani che,nel 1877, sollecitò la creazione di un sistema di po-lizia indiana agli ordini degli Agenti Indiani che potes-se sostituire i militari nelle riserve. Il 27 maggio 1878,il congresso stanziò 30.000 dollari per pagare glistipendi dei primi poliziotti indiani e, alla fine di quel-l’anno, trenta Agenzie ebbero un proprio corpo dipolizia indiano. Diventarono quaranta nel 1880 ecinquantanove nel 1890. Il successo dell’istituzionedi queste forze di polizia indiana può essere spiega-to anche per il fatto che, spesso, esse sostituivanole tradizionali società tribali che avevano il compitodi mantenere la legge e l’ordine fra la loro gente.Questo è particolarmente vero per i Lakota, dovele società akicita giocavano un ruolo molto impor-tante. Il compito della polizia indiana al servizio del-l’uomo bianco fu, comunque, una deformazionedel ruolo tradizionale dell’akicita. I poliziotti indianinon erano eletti dal consiglio del villaggio, ma dalleautorità della riserva, e, di fatto, vi rap-presentavano gli interessi dei bianchi. Que-sta situazione anomala comportò anchedelle tragedie come quella che accadde il15 dicembre 1890, quando quarantatrepoliziotti indiani della riserva di StandingRock eseguirono l’ordine di circondare latenda di Toro Seduto. Nella confusioneche seguì il suo arresto, Toro Seduto fuucciso da due poliziotti indiani.

 Con la fine delle guerre indiane e lachiusura ufficiale della frontiera nel 1890,gli Stati Uniti proseguirono all’estero la re-alizzazione del loro destino manifesto e,sebbene non sia noto quanti indiani sianostati arruolati nell’esercito tra il 1898 ed il1916, ci sono sporadiche informazionisulla loro presenza in almeno quattro fat-ti militari degli Stati Uniti durante questoperiodo. I soldati indiani furono certamentepresenti al seguito delle truppe guidateda Roosvelt nel corso dell’invasione diCuba, durante la Guerra Ispano-Ameri-cana del 1898. Ci furono indiani con le

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Il Cerchio 9

truppe americane che repressero l’insurrezionefilippina del 1899-1901 e, in Cina, durante la ribellio-ne dei Boxer del 1900. Altri indiani furono al seguitodel Generale John J. Pershing quando entrò in Mes-sico con un corpo di spedizione, alla caccia di PanchoVilla, nel 1916. Nel corso del 1917, in piena PrimaGuerra Mondiale, circa 17.000 indiani si arruolarononell’esercito americano e poi furono inviati in Euro-pa, sul fronte occidentale, a combattere contro itedeschi. Sebbene questi indiani provenissero daquasi tutte le tribù più numerose, furono in partico-lare i Kiowa, i Comanche e gli Apache ad arruolarsicome volontari e, sebbene non avessero ancoraavuto la possibilità di diventare cittadini degli StatiUniti, furono volentieri accettati come soldati. Nel-l’ottobre del 1918, nel corso dei combattimenti inFrancia ad alcuni ufficiali di collegamento venne l’ideadi servirsi degli indiani per trasmettere messaggi incodice assolutamente indecifrabili dai tedeschi. Poi-ché i Choktow erano i più numerosi furono loro adessere scelti per questo sevizio. Quattro di questiindiani furono decorati con la Croix de Guerre fran-cese per altissimi meriti di guerra e atti di eroismo.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, più di 44.000indiani, il 12% del totale della popolazione indianadell’epoca, che era formata da 350.000 individui,combatterono nelle fila dell’esercito degli Stati Uniti,su tutti i fronti dell’Europa e del Pacifico. Tre di lorofurono insigniti della Medaglia d’Onore del Congres-so, per avere compiuto atti di eroismo durante lacampagna d’Italia. Come era già accaduto nellaGrande Guerra, di nuovo ci furono indiani che an-

darono in guerra senza essere cittadini americani,cosa che del resto accade ancora oggi con gli ispaniciinviati a combattere in Iraq. Fu il caso dei soldatiNavajo ed Apache, provenienti dall’Arizona e dalNew Mexico, Stati che non avevano recepito il de-creto che concedeva la cittadinanza agli indiani. Cifu anche chi, fra gli indiani, andò in guerra rispet-tando le regole formali. La Lega degli Iroquois, perrimarcare la sua esistenza come Nazione e perdare una “copertura giuridica” ai suoi giovani guer-rieri, dichiarò formalmente guerra alla Germanianazista. Ci furono invece tribù che rifiutarono di in-viare i propri giovani a combattere per una patriache non riconoscevano come propria. Fra questericordiamo gli Hopi, i Seminole, i Papago e gli Ute, icui giovani furono incarcerati per renitenza alla leva.Alcuni indiani, in prevalenza Apache, Navajo,Comanche e Lakota, furono utilizzati dai vari co-mandi americani come radiotelegrafisti. Il lavoro diquesti indiani, gli ormai famosi windtalkers, permisealle truppe americane di scambiarsi informazioni sen-za pericolo di essere compresi dal nemico. Il servi-zio fornito dai windtalkers fu così prezioso che ilsegreto sul loro impiego fu mantenuto assoluto finoal 1968. Molti soldati indiani combatterono anchenella Guerra di Corea e in Vietnam. Fu in quest’ulti-ma guerra che circa 41.500 di loro, per il 90%volontari, stabilirono una serie di record difficilmen-te riscontrabili in qualsiasi esercito. Gli indiani furo-no quasi sempre utilizzati nelle prime linee, nellepostazioni di combattimento avanzate e nelle trup-pe aviotrasportate. Il risultato fu che quasi il 40%degli indiani impiegati in Vietnam furono uccisi edil 37% di loro restarono feriti in combattimento.Anche nel corso della prima Guerra del Golfo Per-sico del 1991 gli indiani che vi parteciparono furo-no numerosi, almeno 25.000.

Se, fino alle due guerre mondiali, il mito dell’in-diano guerriero che parte per la guerra per dimo-strare a se stesso ed alla sua gente il propriovalore di combattente poteva ancora avere qual-che fondamento, la stessa cosa non può più es-sere ragionevolmente sostenuta nell’epoca attua-le. È possibile che ancora sopravviva un atteg-giamento culturale che si richiama agli antichi ri-tuali guerrieri, ma è più probabile che il maggioreincentivo che spinge i giovani indiani di oggi adarruolarsi sia la situazione di miseria e di mancan-za di prospettive nelle riserve. È probabilmenteper questo che i giovani indiani che oggi si arruo-lano nell’esercito americano lo fanno in una per-centuale doppia rispetto agli ispanici ed ai neriche, dopo gli American Indians, sono le “razze”più soggette alla povertà negli Stati Uniti.

Massimiliano Galanti

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Il Cerchio 10

L’ARTE FEMMINILE DELLA SOPRAVVIVENZA

“Se una madre perde il marito, può cucire o può procu-rarsi il cibo, mendicando o lavorando. Ma se un uomoperde la moglie, non può fare più niente”.Così Bessie Ericklook di Nuiqsut, nell’Alaskanordoccidentale, valuta il contributo delle donne e degliuomini alla vita comune. L’arte del cucire è così impor-tante perché nell’Artide la sopravvivenza dipendeva dallacapacità di produrre indumenti che proteggessero dalfreddo estremo. Senza una donna che gli fornisse gliabiti, tutta l’abilità nella caccia non era di alcuna utilità aun uomo. L’Artide e la zona subartica erano gli unici ter-ritori dell’America del Nord in cui gli abitanti originari ab-biano prodotto vestiti fatti su misura. Le donne eschimesiimpiegavano molto tempo e inventiva per confeziona-re, mettendo insieme le singole parti tagliate con preci-sione sull’individuo che doveva portarli, dei capi d’abbi-gliamento come il parka o l’anorak i cui nomi sono en-trati anche nelle lingue europee. Per tagliare si impiega-va il coltello da donna (ulu) dal taglio trasversale, percucire si usavano aghi d’osso e nervi di animali.Nell’Artide centrale, uomini e donne indossavano in in-verno due strati di pantaloni e di anorak, uno sul corpo,con la pelliccia calda rivolta verso l’interno, e uno al disopra, con il pelo all’esterno, spesso decorato con ban-de ornamentali e patchwork di diversi tipi di pelli, chedovevano impressionare sia gli uomini sia la selvaggina.Gli ornamenti alludevano all’origine del portatore. Le don-ne indossavano anorak con cappucci particolarmenteampi in cui potevano portare i bambini piccoli. Sull’anorakinterno si tenevano talismani e amuleti che assicurava-no la loro protezione. Gli anorak più caldi consistevanodi due strati di pelliccia di caribù e proteggevano bene,per un tempo abbastanza lungo, da temperature chescendevano al di sotto dei 50° C sotto zero. Tutti i lavo-ri di cucito eseguiti con pelli fresche di caribù dovevanoessere terminati prima dell’inverno, quando si usciva acacciare sulla banchisa, perché si credeva che mischia-re la caccia di mammiferi di terra con quella di mammife-ri di mare portasse sfortuna. Per i pantaloni e gli anorakestivi si impiegavano anche pelli di foca.In Alaska, i bianchi chiamavano mukluk gli stivali degliEschimesi, dalla parola yupik che indica la foca barbuta,della cui pelle erano fatti. Essi avevano una suola di cuo-io grezzo piegato in modo da proteggere i piedi dall’ac-qua. Quando era possibile, di fatto solo all’interno delleabitazioni, ci si toglieva la parte superiore del vestito e lasi rovesciava per far asciugare l’umidità di condensazio-ne e il sudore. Ci si muoveva cautamente per evitare disudare, perché, se il freddo penetrava attraverso gli stratiumidi di cuoio fino alla pelle bagnata, si correva il rischiodi morire assiderati.

Gli Yupik, che vivevano in un clima più mite, portavanoun abbigliamento meno aderente al corpo. I loro parkaarrivavano fino al ginocchio e sotto indossavano gambalie stivali di pelliccia o di pelle di pesce. Calze d’erba intrec-ciata, che era necessario cambiare spesso, servivanoad assorbire il sudore dei piedi, perché i piedi umidi sonofacilmente soggetti al congelamento. Quando pioveva,portavano parka impermeabili realizzati con strisce diintestini di leone marino o di pelle di pesce, che faceva-no parte anche dell’equipaggiamento per la caccia nelkayak. Il cacciatore ne fissava l’orlo inferiore al bordodel foro in cui si infilava per sedersi nel kayak e così tuttoil corpo era riparato dalle onde. Nelle Aleutine, questocapo di abbigliamento (in russo Kamleika) faceva partedei tributi che la popolazione doveva versare ai signorirussi, al tempo della colonia; mentre gli uomini caccia-vano lontre marine, le donne cucivano parka e kamleikache gli uomini e i mercanti russi avrebbero indossatol’anno seguente. Anche dopo l’introduzione dell’abbiglia-mento europeo, la kamleika rimase in uso ancora a lun-go perché proteggeva più efficacemente della pioggia.Il vestiario degli Aleuti, dei Koniag e dei Chegach era an-cora più leggero di quello degli Yupik. Uomini e donneportavano lunghi abiti senza cappucci. Il materiale im-piegato era spesso costituito da pelli intere di uccelli chesi cucivano insieme. L’uso di questo tipo di vestiario sidiffuse maggiormente in epoca coloniale, perché si eracostretti a consegnare ai russi le pelli di lontra marina,che prima erano quelle preferite e più impiegate. Stan-do alle antiche descrizioni, prima di conoscere gli stivalirussi e siberiani, gli Aleuti andavano scalzi, se non facevatroppo freddo. La stratificazione sociale di questi gruppipacifici – c’erano ric-chi capo-villaggio, lacui carica era eredita-ria, accanto a uominiliberi e a un piccolonumero di schiavi – siesprimeva anche nelloro abbigliamento. Imembri del ceto su-periore si distingue-vano dalla popolazio-ne comune e daglischiavi per i loro par-ticolari costumi e or-namenti: ad esempio,per i cappelli da cac-ciatore in legno, va-riopinti e ornati con fi-gure di avorio.

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Il Cerchio 11

WESTERN SHOSHONE

L’ONU critica il governo USA sul caso degliShoshoni Occidentali

Una commissione cruciale dell’ONU ha criticato il go-verno degli Stati Uniti per il trattamento riservato alla tribùdegli Shoshoni Occidentali del Nevada.

La Commissione delle Nazioni Unite per l’Eliminazionedella Discriminazione Razziale (CERD) ha chiesto al governostatunitense di “congelare” e “bloccare” le azioni intrapresecontro gli Shoshoni.

I diritti territoriali degli Shoshoni Occidentali erano statiriconosciuti dagli Stati Uniti nel 1863 con il Trattato di RubyValley. Ciononostante, il governo statunitense ha continuatoper molti anni a rivendicare la proprietà di quasi il 90% delleterre degli Shoshoni Occidentali, che si estendono approssi-mativamente per 60 milioni di acri tra gli stati Nevada, Idaho,Utah e California; terre di cui ancora oggi gli Shoshoni con-tinuano a prendersi cura, a usare e occupare.

Oggi, gli Stati Uniti affermano che si tratta di terre “pub-bliche” o di territori federali, e stanno usando parte di esseper test militari, estrazioni minerarie a cielo aperto e piani dismaltimento di scorie nucleari. Gli Shoshoni Occidentali cheusano le terre per il pascolo si sono visti più volte multare e confiscare il bestiame.

Dopo il verdetto dell’ONU, Joe Kennedy, membro degli Shoshoni Occidentali, ha dichia-rato: “Abbiamo il diritto di proteggere casa nostra e di fermare la distruzione della nostraterra, dell’acqua e dell’aria dagli abusi del governo degli Stati Uniti e delle multinazionali. Lasituazione è immorale e siamo contenti che la Commissione dell’ONU sia d’accordo con noi.Il nostro popolo ha visto più esperimenti nucleari di chiunque altro, in qualunque altra partedel mondo, ma nonostante le nostre proteste, i test sotterranei continuano. Non possiamotollerarlo - questa terra, l’aria e l’acqua sono sacre”.

La Commissione ha fatto pressione sul governo degli Stati Uniti chiedendogli di:· congelare qualsiasi progetto di privatizzazione delle terre ancestrali degli Shoshoni

Occidentali e i piani di trasferimento dei diritti di proprietà alle industrie estrattive edenergetiche;

· rinunciare alle attività pianificate e/o condotte sulle terre ancestrali degli ShoshoniOccidentali o collegate alle loro risorse naturali senza preventiva consultazione con latribù e nonostante le sue proteste;

· smettere di applicare tasse sul pascolo del bestiame, di multare gli Indiani per “scon-finamento” nella proprietà privata, di confiscare cavalli e bestiame, di porre dellerestrizioni alla caccia, alla pesca e alla raccolta dei frutti spontanei della terra; di porrefine agli arresti e di annullare tutte le multe già notificate agli Shoshoni Occidentaliper aver usato le loro terre ancestrali.

  Da SURVIVAL INTERNATIONAL ITALIA, 15 Mar 2006

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Il Cerchio 12

Owe Aku: Bring back the way

UNA COALIZIONE INTERTRIBALE PER DIFENDERE “BEAR BUTTE”abbiamo il diritto di vivere la Terra nella Sua sacralità

Quando i nostri antenati entrarono nella ri-serva per viverci sotto al Dipartimento di Guerradegli Stati Uniti, i Lakota Oyate portarono con sedue oggetti. Il primo, la Sacra Pipa del BisonteBianco. Il secondo, la mappa delle stelle. Questamappa insegna alla nostra Nazione come viverein maniera Spirituale qui sulla Terra, rispecchiandoquanto avviene nella Nazione delle Stelle, e suquesta mappa stellare vengono indicati i luoghigeografici che corrispondono alle Stelle nel Cielo.Ogni luogo geografico corrisponde ad una costel-lazione.

Quando le stelle si trovano in un luogo benpreciso del Cielo, noi qui dobbiamo trovarne lospecchio terrestre in modo tale da poter condur-re la Cerimonia Sacra Terrena in concomitanzaalla Cerimonia Sacra Celeste, e tra questi luoghisacri ve ne è uno che noi chiamiamo Mato Paha,o Bear Butte in lingua Inglese. Mentre la Nazionedelle Stelle si muoveva attraverso la volta cele-ste, noi ci spostavamo attraverso le montagneHe Sapa. Mentre le nostre genti si spostavanoattraverso le montagne più antiche della Terra,raccoglievamo cibo, selvaggina e medicine che ciaiutassero a sopravvivere all’inverno.

Nel linguaggio odierno si potrebbero chiama-re pianificazioni strategiche d’accampamento; men-tre ci trovavamo sulla Montagna Sacra, i nostrileader dei-tempi-non-troppo-lontani-che-furono sonostati accorti nell’includere questi luoghi sacri nei trat-tati di Fort Laramie del 1851 e 1868.

E’ ancora nostra responsabilità prenderci curadi questi luoghi, essi rientrano ancora nel nostroTreaty Terrotiory e DOBBIAMO opporci a qualsiasiforma di “sviluppo” si voglia imporre.

Attualmente si manifesta il pericolo di costrui-re un impero commerciale che, guarda caso, do-vrebbe portare il nome di “Sacred Grounds”. Dettocentro commerciale dovrebbe ospitare sei cam-peggi distribuiti su 600 acri, un anfiteatro dalle di-mensioni inverosimili, uno spazio dedito a concerti,diversi bar e la statua di un Nativo Americano altaoltre 80 piedi, che volgerà lo sguardo alla Monta-gna Sacra.

Il tutto per ospitare il “Biker Rally” di Sturgische darà vita ad una manifestazione che conterànon meno di 600,000 motociclisti. Ciò non solo pro-vocherà un rumore notevole bensì distruggerà an-

che la flora, spaventerà la fauna ed inquinerà il lagoche si trova nei pressi di Sturgis.

Bear Butte è “Nowch’wus” per la NazioneCheyenne. E’ “Mato Paha” per i Lakota.

Attraversando le Grandi Pianure oltre trenta Na-zioni Indigene riconoscono la sacralità di questo Butteed i poteri spirituali che ne conseguono sono benconosciuti alle nostre genti. Per questa ragione BearButte è fondante per la vita cerimoniale degli abitantidelle Grandi Pianure ed è indispensabile per lo stato disalute ed il benessere delle nostre genti. Tutte leforme di vita su Bear Butte debbono essere rispetta-te e difese. Nessuno può prendersi il diritto di distrug-gere o non rispettare la nostra Montagna Sacra.

Mentre noi, come popolo unito, consideriamo leBlack Hills sacre, Bear Butte è sotto diretto attaccoin questo preciso istante e noi ci prepariamo a difen-dere nuovamente la Mato Paha. Hanno già scavatolungo il pendio Nord della Montagna per posizionarvi ibagni chimici… il tutto nell’attesa di quella che potreb-

firstpeople

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Il Cerchio 13

be divenire la festa annuale dell’ubriacatura. I bikersporteranno milioni di dollari all’economia di Sturgis edalle persone che ritengono d’avere il diritto e la pro-prietà per gestire tale scempio.

Mai, da quando Custer vi scoprì l’oro, la nostraMato Paha è stata minacciata da una tale combina-zione d’ingordigia ed avversità burocratiche, gover-native e legali.

La nostra lotta per preservare Bear Butte per-dura da secoli. Nel 1876 Toro Seduto dei HunkpapaLakota riunì oltre 6000 Indiani al Butte per dir loro didifendere le nostre Terre Sacre. Cavallo Pazzo parlòper la montagna per ricordare al suo popolo che lePaha Sapa non sono in vendita. Diversi tradizionalistifurono incarcerati negli ultimi decenni solamente peraver ricordato le parole di Cavallo Pazzo “The BlackHills are NOT for sale”. All’inizio degli anno 80 FoolsCrow degli Oglala lottò in tribunale per salvare laMontagna (vedi il caso Fools Crow vc. Gullet, 706F.2d 865 [1983]). Egli perse la causa dopo essereriuscito a sostenere la sua battaglia sino alla CorteSuprema (464 UD 977 [1983]).

La “Coalizione Intertribale per difendere BearButte” è un gruppo costituito dalle Tribù e dalle loro“Società Tradizionaliste” unitesi per proteggere il no-stro diritto alla preghiera e per proteggere il dirittoalle nostre cerimonie.

Vogliamo richiamare l’attenzione di tutti coloroche prestano rispetto per l’eredità delle nostre gentie che praticano le vie ancestrali delle nostre Tribù:unitevi a noi per difendere il nostro modo di essere.

Le nostre varie Nazioni hanno acquisito Terracerimoniale vicino Bear Butte. Questa Terra è parteimportante della nostra Nazione Sovrana perché at-traverso essa preserviamo l’anello di congiunzionealla Montagna Sacra anche se essa è stata rimossadai nostri confini con i trattati del passato. Abbiamoacquistato la Terra con l’intenzione ed il diritto po-stoci dai nostri antenati nella pace e nel silenzio, equesto diritto prevale anche sulla città di Sturgis,Meade County, lo Stato del Sud Dakota ed in parti-colare dovrà prevalere sul “Sturgis Bike Rally”.

Abbiamo il diritto di vivere la Terra nella Suasacralità senza interferenze alcune da parte dellegià nominate entità. Intendiamo chiedere alle no-stre Nazioni, alle Società ed alle PersoneTradizionaliste di preservare questi diritti attraversol’organizzazione di un “gathering” durante i mesi diLuglio ed Agosto. Gathering che avrà inizio il 4 Luglioproprio sulle Terre Sovrane di Bear Butte. Comeunico popolo ci uniremo per formare un Campo Spi-rituale, un luogo di raccolta perché le nostre Societàvi possano nuovamente cantare i nostri antichi can-ti e rinnovare i nostri voti a Tunkashila. All’interno

Per contatti e info:

www.defendbearbutte.orgwww.matopaha.org

American Indian Law AlliancePhone: 001 – 212 – 477 – 9100Kent [email protected]

Owe Aku, Bring Back the WayPhone: 001 – 605 – 455 – 2155Debra White [email protected]

Phone: 001 – 605 – 538 – 4134Pam Afraid of [email protected]

Phone: 001 – 405 – 455 – 1122Vic Camp [email protected]

dell’accampamento chiederemo consiglio alle Don-ne anziane ed agli Uomini sacri perché essi ci pos-sano benedire con le loro cerimonie e le loro pre-ghiere. Che ci possano dare consiglio per continua-re a difendere la Montagna Sacra.

Sia come persone singole, sia come organizza-zione, continuiamo la lotta per difendere Bear Butte.Gli sforzi dei “Defenders of the Black Hills” (coalizio-ne Nativo Americana di gruppi ambientalisti) e la“International Alliance to Save Bear Butte” (Allean-za internazionale guidata da Nativi Americani) han-no permesso di prendere la guida nell’opposizioneagli “sviluppi” preposti su Bear Butte dallo Stato delSud Dakota.

E’ nostra speranza lavorare in armonia,supportando gli sforzi di coloro che per anni si sonoimpegnati nella lotta alla difesa delle nostre Terreancestrali, aggiungendo così le nostre voci alle loro.In futuro sarà nostro privilegio unirci a loro ed alleTribù in altre azioni legali e nel fornire testimonianzanei tribunali Americani per i Diritti negatici nei secoli.

Gli Anziani hanno avvisato di voler costruire uno“staff” tradizionale che sarà consacrato e che sidedicherà alla difesa di Nowah’wus (La Montagnache Insegna).

Il rally avrà inizio in Agosto ed entro tale datadovremo essere uniti in un piano d’azione pacifico espirituale per difendere Nopwah’wus, Mato Paha, lanostra Montagna Sacra: Bear Butte.

Hoka Hey,Thea Valentina

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Il Cerchio 14

Il 4 maggio l’Esercito Zapatista di Libe-razione Nazionale (EZLN) si dichiara nuo-vamente, ad un anno di distanza dall’ulti-ma volta, in “allerta rossa” a causa degliscontri avvenuti a Texcoco e San SalvadorAtenco, stato di México.

Le Giunte di Buon Governo e i MunicipiAutonomi Ribelli in Chiapas sono stati chiu-si.

Tutto è iniziato il 3 maggio a causa degli incidentitra poliziotti statali e federali con i commercianti am-bulanti di fiori avvenuti a Texcoco e San SalvadorAtenco, a 30 km da Città del Messico, dove vivonoe lavorano molti gruppi aderenti al Fronte dei PopoliUniti in Difesa della Terra (FPDT), movimento ade-rente alla “Otra Campana Zapatista” e già, nel 2001e 2002, nel mirino del governo federale, per essereriuscito, a suon di machete, ad impedire la costru-zione di un aeroporto internazionale sui loro terrenicoltivati.

I commercianti che vendono fiori e piante, fruttodella loro terra, sono stati aggrediti e in seguito sgom-berati perché il presidente municipale di Texcocopensa che siano deleteri all’immagine della città stes-sa e non gradisce la loro presenza in uno spaziodestinato alla Wal-Mart (nota multinazionale) percostruirvi un enorme centro commerciale.

Quindi il motivo dell’aggressione subita dai com-mercianti di Texcoco, e per estensione San SalvadorAtenco, è per il crimine di difendere la loro terra eun pezzo di marciapiede per vendere prodotti chegarantiscono il sostentamento di centinaia di fami-glie. Il 4 maggio lo sgombero degli ambulanti sfociain una giornata di violenza. Durante l’operazione dipolizia, durata circa sei ore, è successo di tutto.

Il risultato delle aggressioni è stato durissimo: lamorte di Javier Cortés, di 14 anni, ucciso da una

PESANTI REPRESSIONI AD ATENCOALLERTA ROSSA ZAPATISTA

pallottola della polizia, e non da un petardo comehanno ripetutamente comunicato i media, la mortedi Alexis Benumea, studente della Facoltà di Econo-mia dell’Università Autonoma di Città del Messico(UNAM), gente picchiata, centinaia di feriti, nume-rosi desaparecidos, 300 persone detenute, cinquestranieri espulsi, più di 40 casi di crimini sessuali (siparla di violenze di gruppo sulle donne arrestate),oltre che la distruzione indiscriminata di case e vei-coli da parte dei poliziotti.

Le mobilitazioni in difesa dei contadini non hannotardato ad arrivare. In Messico come in tutto il re-sto del mondo, davanti alle rappresentanze del go-verno negli Stati Uniti, a New York, Los Angeles,Houston, Boston, Chicago e San Francisco, in Ita-lia, a Milano, il giorno 4 giugno migliaia di personehanno manifestato la loro condanna nei confrontidella repressione governativa.

Noi non possiamo restare in silenzio di fronte adun atto caratterizzato da un’ingiustificata violenza,per puri scopi economici, da parte di coloro chedetengono il potere ed il cui unico obiettivo è dirimpolpare le tasche dei pochi signori del neoliberismofrenetico e di cancellare le proteste e i tentativi didifesa dei più deboli che non si vogliono conformaree arrendere di fronte a questa strategia della ten-sione.

Condanniamo pertanto l’operato delle forze di po-lizia statali e federali mandate dal governo Fox peraggredire la popolazione di San Salvador Atenco,chiediamo l’immediata scarcerazione di tutti i fer-mati, la revisione dell’espulsione e dell’allontanamentocoatto per cinque anni dei cinque cittadini stranieriespulsi e che il governo messicano, le autorità mu-nicipali ed i media ufficiali raccontino la verità sull’ac-caduto.

Articolo a cura dell’associazione paviainserieaPer ricevere la newsletter periodica dell’associa-

zione: http://www.paviainseriea.it

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Il Cerchio 15

La Otra Campaña è giunta al termine domenica 2 luglioin concomitanza con la giornata elettorale per il rinnovo delpresidente della repubblica messicana.

Partita il 1° gennaio del corrente anno dal caracol dellaGarrucha, nel cuore dei territori zapatisti, ha attraversatotutto il paese. In questi mesi il Delegato Zero (ilsubcomandante Marcos) ha incontrato migliaia di persone,gruppi, organizzazioni che avevano aderito alla sestadichiarazione della selva Lacandona, per tentare di costruireun “nuovo Messico dal basso e da sinistra”.

A questa campagna potevano partecipare tutti i gruppio le persone stanche divivere in un Messicoprivo di democrazia e digiustizia, e consapevolidella necessità di trovareuna nuova via per ilcambiamento, che nonpassasse per le elezionie di conseguenza per ipartiti politici.

Per tutta la otracampaña Marcos èrimasto molto ostile, anziè forse meglio dire moltocritico, verso i partitipolitici e i loro candidatialle elezioni presidenziali. Anche il candidato di sinistraLopez Obrador, rappresentante della coalizione “Per il benedi tutti” e rappresentante della sinistra, non ha mai riscossoi favori del Delegato Zero, perché comunque semprerientrante all’interno di un partito e comunque d’interessidi potenti che non sono collegati con il popolo. Confondereil populismo di Obrador con un’effettiva ondata dicambiamenti per il Messico potrebbe essere sicuramenteun errore.

L’Otra Campaña in questo periodo ha tentato dicostruire dei rapporti nuovi all’interno del paese e anche ilgrande scrittore Carlos Montemayor contestualizza la OtraCampaña con le elezioni definendola:

“La Otra Campaña non significa un’alternativa fra lepolitiche indigene e l’abbandono di queste politiche. Èun’aggiunta ai compiti dell’EZLN. È possibile che non abbiaavuto successo immediato, né sul piano politico né sul pianosociale. Ma questo non invalida né annulla l’attività politicasvolta nell’universo indigeno. La Otra Campaña non puòvincolarsi con le campagne dei partiti politici. È un progettoa lungo termine per una democratizzazione sostanziale delMessico. È una forma molto opportuna di indicare che lapolitica messicana, in questo momento, si sta limitando agliinteressi dell’élite del potere. E’ un modo per dire: attenzioneabbiamo bisogno di una forza sociale e la stiamo creandoaffinché agisca non solo quando si vota e a livelli che non silimitino a depositare la scheda nell’urna. Questi due segnalidella Otra Campaña dell’EZLN sono fondamentali edessenziali per uno sviluppo reale, effettivo, democratico inMessico. Che in questo momento non siano visibili i risultati

La “Otra Campaña” Zapatista

è vero. Ma questa mancanza di risultati non invalidal’importanza del progetto” (Il Manifesto - 07.07.2006)

Ora le urne sono chiuse ed il risultato elettorale èquanto mai incerto, o almeno i poteri forti hanno già di-chiarato il candidato della destra, Felipe Calderon, comevincitore delle elezioni.

La sinistra, ma non solo, parla apertamente di fortibrogli elettorali come riporta Gianni Proiettis il 12 luglio2006: “Domenica 2 luglio, la parte più sofferente della so-cietà messicana sperava di voltare pagina recandosi alle

urne. Li aspettava più di una bruttasorpresa. Migliaia di elettori che nonhanno potuto votare per mancanzadi schede o per un’inspiegabile can-cellazione dalle liste, l’InstitutoFederal Electoral che si è compor-tato come un qualsiasi arbitro ven-duto, milioni di voti spariti e poi im-provvisamente ricomparsi - ma nontutti – proprio negli stati con una for-te preferenza per Lopez Obrador”

In queste condizioni parlare didemocrazia in Messico risulta esse-re quantomeno un concetto moltoaleatorio.

Oltre alle elezioni questi mesi sono stati caratterizzatida fatti ben più gravi come la repressione avvenuta a SanSalvador Atenco, cittadina vicina a Città del Messico, dovela popolazione è stata vittima di una brutale repressione daparte delle forze “dell’ordine”. (N.d.r.: vedi l’altro articolo)

Altro fatto che indicava la situazione che sta vivendoattualmente il Messico è la repressione della protesta degliinsegnanti di Oaxaca. Il 14 maggio all’alba, il governo sta-tale ha smantellato il presidio che la sezione 22 del Sinda-cato Nazionale dei Lavoratori dell’Educazione mantiene dal22 maggio scorso e lo ha fatto con la forza pubblica dellostato anche se aveva dichiarato la sua “disponibilità al dia-logo”. Il saldo dello scontro dei poliziotti con gli insegnanti èstato di 92 feriti, tra manifestanti, bambini ed elementi disicurezza.

La società civile continua comunque ad organizzare ea resistere come sta facendo l’EZLN, ed anzi aumentano lerelazioni proprio tra zapatisti ed altre realtà dal basso ditutto il Messico.

Sarà sicuramente un percorso lungo ed irto di osta-coli, ma per lo meno ha avuto inizio.

Segno di questa organizzazione che continua è anchela dichiarazione alla fine del IV Congresso Nazionale Indi-geno, con il quale si esprime solidarietà con chi lotta controil malgoverno e soprattutto: “Continueremo ad esercitarela nostra autonomia nei fatti”, segno tangibile di una fortevolontà da parte della popolazione indigena di non farsi piùmettere da parte nel Messico moderno.

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Il Cerchio 16

Riuniti nella comunità indigena di N’donhuani-San Pedro Atlapulco, Stato del Messico, i delegati edelegate rappresentanti dei popoli indigeni nahua,zapoteca, wixárika, mazahua, amuzgo, cuicateco,kumiai, kikapu, purhépecha, tlahuica, chocholteco,chinanteco, ñu saavi, hñahñu, tenek, maya,totonaco, mayo, tlapaneco, coca, trique, tepehua,rarámuri, ch’ol, tzeltal, guachichil chichimeca, zoque,matlatzinca, mixe e popolucas di venticinque statidel paese per celebrare il Quarto Congresso Nazio-nale Indigeno, esprimono le seguenti considerazio-ni:

Dal tradimento dei tre poteri dell’Unione nel2001, quando lo Stato Messicano decise di non rico-noscere i diritti dei popoli indios, comprendemmoche eravamo soli e che dovevamo esercitare i no-stri diritti e la nostra autonomia nei fatti.

Facendo eco agli accordi presi a Nurío nel IIICongresso Nazionale Indigeno, abbiamo dato avvioalla regionalizzazione della casa di tutti. Non tutte leregioni hanno potuto farlo.

La guerra di sterminio scatenata contro i po-poli e le comunitàha frammentatopopoli e comunitàe la repressione ela cooptazione hadisarticolato moltispazi.

Tu t t a v i a ,non sono riusciti asterminarci. Cihanno colpito masiamo qui, e an-diamo avanti. Cisiamo qui riuniti edabbiamo unito leparole e le storiedi molti per grida-re al potere, alle

imprese, alla classe politica che non ci vinceranno.La nostra luce è viva.

Oggi capiamo che il nostro cuore batte in ogniangolo del paese e da San Pedro Atlapulco in que-sto IV Congresso Nazionale Indigeno condanniamoenergicamente e con tutta la nostra rabbia la re-pressione, l’assassinio e l’incarceramento nei con-fronti delle nostre comunità e popoli per il puro e vileinteresse di impossessarsi delle nostre risorse, spo-gliarci dei nostri territori e trasformarci in operai sala-riati lontani dalle nostre comunità per diventare fan-tasmi senza futuro nelle città.

Per questo San Salvador Atenco è uno spec-chio. Perché i suoi problemi sono i nostri problemi.Perché anche loro stanno difendendo la loro terra,anche loro sono contadini, anche loro difendono iloro raccolti, perché anche loro sono decisi a difen-dere la loro vita ed i loro diritti, la loro ragione ed illoro destino contro le grandi imprese che voglionodistruggerci.

Come i compagni di San Salvador Atenco inmolte regioni del paese, i popoli esercitano già la loroautonomia nei fatti.

Fa c c i a m oriunioni, laboratori,incontri, ma raf-forziamo anche lenostre assemblee,le nostre autoritàagrarie e tradizio-nali, la lotta in di-fesa delle nostreradici, la difesa deinostri boschi edacqua, la lottacontro lacertificazione dellenostre terre ed iservizi ambientali,esercitando sem-pre di più un’edu-

DICHIARAZIONE DI N’DONHUANI PERL’AUTONOMIA NEI FATTI E LA RESISTENZA

INDIGENA

Dichiarazione del IV Congresso Nazionale Indigeno San Pedro Atlapulco“Per l’autonomia nei fatti e la resistenza indigena”

San Pedro Atlapulco, Messico, 5-6 maggio 2006

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Il Cerchio 17

cazione autonoma. Lo facciamo in Jalisco, Colima,Michoacán, Guerrero, Yucatán, Puebla, Oaxaca,Stato del Messico, Sinaloa, Sonora, Chihuahua,Veracruz, Campeche, Quintana Roo, Durango,Nayarit, Baja California, Morelos, Coahuila, Chiapas,Guanajuato, San Luis Potosí e nello stesso DistritoFederal.

Lo facciamo lottando contro le miniere, le im-prese del legname, gli accaparratori di terra, controi grandi impresari accaparratore di alimenti come lacatena Wal-Mart, contro la privatizzazione delle no-stre acque, contro le leggi statali che vogliono legitti-mare la controriforma del 2001. Nella pratica del-l’autonomia e difesa dei nostri diritti abbiamo com-preso che i grandi interessi che oggi dominano ilmondo globalmente hanno cooptato il sistema deipartiti e la sua classe politica, imponendo le sue agen-de ed acutizzando i soprusi sui popoli.

Davanti alla sottomissione dello stato messicanogli interessi del grande capitale, siamo giunti alla con-clusione che non possiamo chiedere il riconoscimen-to dei diritti ad uno stato che ai nostri occhi ha persoogni legittimità. Oggi qui gridiamo allo stato messicanoche rifiutiamo la sua corruzione, il sistema politicodei partiti e tutte le leggi che non ubbidiscono all’inte-

resse del popolo, mettiamo in discussione il suomodello di sviluppo, il suo sistema razzista ediscriminatorio e respingiamo la sua politica di ster-minio e repressione contro i popoli, le comunità e lepersone il cui unico crimine è difendere la vita.

Pertanto dichiariamo:Continueremo ad esercitare la nostra autono-

mia nei fatti.Ratifichiamo La Sesta Dichiarazione della Sel-

va Lacandona e rivendichiamo l’Altra Campagna comeuno spazio di articolazione delle lotte indigene con glialtri settori che si mantengono in resistenza contro ilmodello neoliberale e la sua politica di sterminio.

Esigiamo la liberazione di tutti i prigionieri politicidel paese, in particolare la liberazione immediata ditutti quelli catturati a San Salvador Atenco e la regio-ne di Texcoco.

Esigiamo il ritiro immediato della polizia e deicorpi repressori dello Stato dalla regione di SanSalvador Atenco, ma anche di tutte le altre regionidel paese sotto controllo militare e poliziesco perminacciare ed impaurire i popoli e le comunità chelottano per la difesa del loro territorio e dei loro modidi vivere.

Ripudiamo gli omicidi dei compagni JavierCortés, ucciso dai poliziotti che hanno realizzato leazioni repressive a San Salvador Atenco, il compa-gno Concepción Gabino, della comunità indigena diCuzalapa che lottava per la difesa della terra nellaregione di Manantlán, Jalisco, ed il compagno FaustinoAcevedo di San Blas Atempa, nell ’Istmo diTehuantepec, mente si accingeva a raggiungerequesta comunità per partecipare ai lavori di questo

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Il Cerchio 18

Quarto Congresso.Ripudiamo anche le violenze perpetrate contro le

compagne arrestate a San Salvador Atenco dai poli-ziotti e la violenza sistematica e fascista che esercita loStato contro tutte le donne che con il loro lavoro riven-dicano le lotte di resistenza e dignità in tutto il paese.

Invitiamo a rafforzare tutte le regioni del Con-gresso Nazionale Indigeno e a svolgere con frequenzaperiodica riunioni di riflessione, azione e proposte.

Respingiamo tutte le leggi con le quali lo Statovuole espropriarci, legittimare la consegna del paeseed imporre controlli che restringono l’azione di popoli ecomunità e fanno lar-go alle imprese multina-zionali per devastare edimpadronirsi della ric-chezza materiale e spi-rituale dei nostri popolie di tutti i messicani.

Respingiamo iprogrammi di governoispirati dalle leggi men-zionate che vogliono di-videre le comunità.

Rinforzeremo imeccanismi di comuni-cazione tra le diverseregioni e comunità delCongresso NazionaleIndigeno.

Rinforzeremo erenderemo efficaci imeccanismi di solidarie-tà e impegno con le lot-te di tutte ed ognuna

delle comunità, organizzazioni epopoli indigeni.

Come ultimo punto dellanostra dichiarazione condannia-mo lo Stato messicano e invitia-mo tutti i popoli, comunità edorganizzazioni indigene e tutti isettori oppressi, a formare unfronte ampio anticapitalista chepromuova un processo che con-duca ad una Nuova Costituzio-ne e ad un’altra forma di gover-no che permetta il riconoscimentodei nostri diritti ed una societàgiusta, libera e democratica.

N’Donhuani-San PedroAtlapulco, territorio hñahñu del-l’Alto Lerma, 6 maggio 2006.

PER LA RICOSTITUZIONE INTEGRALE DEI NO-STRI POPOLIMAI PIÙ UN MESSICO SENZA DI NOICONGRESSO NAZIONALE INDIGENO

(tradotto dal Comitato Chiapas “Maribel” -Bergamo)

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Il Cerchio 19

“Tutte le imprese multinazionali hanno abusato dellanostra Amazzonia; sono entrati inopportunamente,cambiando molte cose importanti per i popoli indigeni equello che resta ora è solo disboscamento, povertà edesplazados (sfollati)”.Così il presidente del movimento dei popoli nativi Kichwasecuadoriani (Ecuarunari), Humberto Cholango, si è ri-volto al Presidente Alfredo Palacio, esortandolo a na-zionalizzare le riserve di greggio nazionali e a rescindereil contratto con l´impresa statunitense OccidentalPetroleum (Oxy).“Crediamo sia fondamentale stringere un patto socialee politico per recuperare il petrolio a beneficio di tutti gliecuadoriani”, ha proseguito Cholango sottolineando“l´urgenza di risarcire le comunità native” colpite dallosfruttamento indiscriminato del cosiddetto oro nero.

Dall’inizio dell’anno i movimenti sociali protestano con-tro la politica economica del governo.Dal 13 marzo le proteste pacifiche di tutte leforze sociali e popolari capeggiate dalla CONAIE,la Confederazione indigena dell’Ecuador, hannoparalizzato il Paese con scioperi e blocchi stra-dali.Le manifestazioni si sono estese in tutte le pro-vince, contro la firma del Trattato di libero com-mercio che il Presidente transitorio di Palaciovorrebbe siglare con gli Stati Uniti, contro il con-tratto-truffa stipulato dal Governo con la multi-nazionale statunitense Oxy, per il ritiro dei mili-tari dalla base di Manta e contro il Plan Colom-bia che viola la sovranità dello Stato ecuadoriano.In particolare la firma del Trattato di libero com-mercio, secondo le organizzazioni sociali, por-terebbe al disastro l’economia del Paese congrave danno ai piccoli produttori e alla sovrani-tà alimentare dell’Ecuador. L’entrata in vigoredel Trattato causerebbe un aumento dei prez-zi del 65% nella sola produzione agricola.I militari sono intervenuti reprimendo la prote-sta pacifica e lasciando sul campo più di centoferiti. Sono stati arrestati decine manifestanti.Il Presidente Palacio ha decretato lo Statod’Emergenza il 21 marzo, sospendendo i dirittie le libertà civili, ma le organizzazioni sociali han-no proseguito con le mobilitazioni.

EQUADOR

I MOVIMENTI INDIGENI CHIEDONO LA NAZIONALIZZAZIONEDEL PETROLIO

Dopo mesi di mobilitazioni, a metà maggio il go-verno ecuadoriano ha finalmente invalida il con-tratto con la Oxy e ha ordinato la confisca deisuoi beni nel paese.La richiesta di riesame della sanzione da partedella compagnia è stata rigettata; sarà proprio lacompagnia nazionale Petroecuador a gestire leoperazioni della multinazionale Usa.La compagnia petrolifera Oxy è anche coinvoltain un procedimento legale, con l´accusa di avervenduto il 40% delle sue azioni alla canadeseEncana senza prima aver consultato le autorità diQuito.L’Ecuador è il quinto produttore di petrolio inSudamerica; nel 2005 ha prodotto 523.000 barili ilgiorno di petrolio, di cui 194.000 da parte dellastatale Petroecuador e i rimanenti da imprese pri-vate. Nel paese la Oxy produce dal 1990 100.000barili il giorno provenienti dal bacino amazzonico.

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Il Cerchio 20

In Colombia, centocinquanta Indigeni apparte-nenti ad una delle ultime tribù nomadi dell’Amazzoniasi sono visti costretti ad abbandonare la loro terrasotto i fuochi incrociati della guerra della coca.

Un gran numero di guerriglieri di sinistra ha pre-so il controllo del territorio indigeno e combatte con-tro l’esercito colombiano e i paramilitari di destra.Tutte le parti coinvolte stanno cercando di conqui-stare il controllo del ricco traffico della droga cheprospera in questa remota regione del paese.

Gli Indigeni coinvolti appartengono al popolo deiNukak-Makù dell’Amazzonia colombiana orientale. INukak hanno vissuto per generazioni nella folta fo-resta nell’Amazzonia orientale colombiana, tra i fiumiInírida e Guaviare.

La tribù è una delle più isolate dell’Amazzonia. Èentrata per la prima volta in contatto con il mondoesterno nel 1988: dopo due attacchi sanguinari daparte di stranieri invasori, molti Nukak dovettero fug-gire dalla foresta entrando così, per la prima volta,in contatto con non-Indigeni, abitanti della cittadinacoloniale di Calamar.

Come spesso accade agli Indigeni isolati, i Nukakcontrassero rapidamente alcune malattie verso cuinon avevano difese immunitarie, principalmente in-fluenza e morbillo. Oltre 100 individui morirono (suuna popolazione che allora contava circa 1.000 per-sone).

A seguito di una campagna internazionale gui-data da Survival, la maggior parte delle terre deiNukak venne finalmente protetta sotto forma diresguardo - una zona di terreno destinata agli Indi-geni.

Purtroppo, la protezione dell’area non è basta-ta ad impedire che la popolazione venisse decimatada successive epidemie di malaria e influenza, eoggi si teme che i Nukak siano rimasti solo in 400.Ostacolata dalla violenza cronica che domina que-sta parte dell’Amazzonia, un tempo tranquilla, l’assi-stenza medica messa a disposizione dal governo èinsufficiente.

Fino a poco tempo fa, nonostante le ondate diviolenza e la colonizzazione periodica da parte deicontadini poveri del paese, la maggior parte dei Nukakriusciva comunque a praticare il tradizionale stile divita nomade basato sulla caccia e sulla raccolta. Maora i combattimenti sono divenuti molto intensi e la

COLOMBIA

AZIONE URGENTE

LA GUERRA PER LA COCA METTE IN PERICOLO I NUKAK-MAKÙPOPOLO NOMADE DELLA FORESTA

loro vita nella foresta è diventata impossibile. Oggi èa rischio la loro stessa sopravvivenza.

Negli ultimi anni, l’invasione è diventata una verae propria inondazione; il clima e l’inaccessibilità delterritorio, infatti, lo rendono ideale per la coltivazionedella coca, da cui si ricava la cocaina.

La presenza massiccia dei coltivatori di coca harichiamato nella regione l’esercito con il compito dicospargere le piantagioni di diserban-ti, per via aerea. Nel territorio deiNukak sono dispiegate oggi ingentiforze armate appartenenti sia al FARC(Forze Armate RivoluzionarieColombiane), ovvero ai più potentiguerriglieri di sinistra della Colombia,sia all’esercito dei paramilitari di de-stra, l’AUC. Entrambi i gruppi anelanoal controllo delle redditizie coltivazionidi coca. Gli Indiani, che in alcuni casisono stati costretti a lavorare nei cam-pi per l’una o l’altra fazione, sono sta-ti quindi coinvolti a forza nella “guerracivile” che da anni insanguina il pae-se.

L’afflusso dei coloni coltivatori dicoca e dei vari eserciti sta avendo uneffetto dirompente sulle vite di questiIndiani. A meno che tutte le parti nonsi mettano d’accordo per sospende-re le loro operazioni e per permetterealle équipe mediche di entrare e lavo-rare nell’area, gli effetti sulla tribù po-trebbero essere catastrofici.

Negli ultimi mesi, circa 50 Nukakhanno abbandonato le loro terre; 35hanno trovato rifugio nella cittadinapiù vicina mentre almeno altri 15 sisono dispersi in altre zone. Alcuni han-no trovato riparo nelle terre di unatribù limitrofa, quella dei Guayabero.Stando alle dichiarazioni dei rifugiati,due di loro sarebbero stati colpiti amorte proprio nel corso di una spara-toria incrociata.

“Siamo rimasti in pochi; i Nukaknon esistono quasi più. Gli stranierisono molti, e hanno case grandi. A

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Il Cerchio 21

loro non interessa che i Nukak vengano annientati”.Chorebe, uomo Nukak, Colombia.

I Nukak vivono nelle terre comprese tra i fiumiInírida e Guaviare. Insieme con altri cinque gruppi, iNukak formano il popolo dei Maku, un’etnia di cac-ciatori-raccoglitori nomadi che abita presso le nume-rose sorgenti dell’Amazzonia nord-occidentale.

Nonostante gli stereotipi dipingano gli Indigeniamazzonici come popoli di cacciatori-raccoglitori no-madi nascosti nel profondo della foresta, in realtà,quasi tutti gli Indigeni dell’Amazzonia vivono oggi incomunità stanziali lungo le rive dei fiumi. I Nukak,tuttavia, sono una delle pochissime società a con-

formarsi davvero allo stereotipo.Vivono in piccoli gruppi famigliari, ai fiumi prefe-

riscono le aree più remote della foresta e si sposta-no in continuazione. Di fatto non stanno mai nellostesso luogo per più di qualche giorno. Dato il lorointenso nomadismo, non possono che possederepoche cose, facilmente trasportabili. In pochi istantiriescono ad arrotolare le amache, fatte di fibre ve-getali, a riporle nei loro zaini artigianali insieme ai vasie ai pochi oggetti che posseggono, e ad andarsenevia velocemente.

Le loro case hanno una struttura molto legge-ra, fatta di legno e foglie di palma, appena sufficien-te per appendervi sotto un’amaca. Ogni famiglia hail suo focolare che viene usato non solo per cucina eriscaldasi, ma anche per bruciarvi le erbe che allon-tanano le zanzare. I Maku si nutrono di pesce, sel-vaggina, tartarughe, frutta, verdura, noci, insetti emiele. Gli uomini cacciano con lance e cerbottane, ele punte dei dardi sono intinte nel curaro, un velenoricavato da cinque piante differenti.

Che cosa puoi fare per aiutarli?Dal 1969, Survival ha dimostrato in molti casi

che il sostegno mirato dell’opinione pubblica può sal-vare i popoli in pericolo dall’annientamento. Dedican-do pochi minuti a scrivere agli indirizzi sottostanti,potrete realmente aiutare i Nukak: ogni singola let-tera farà la differenza.

La penna è l’arma più efficace di cui Survivaldisponga per assicurare il rispetto dei popoli tribali.Le lettere che invadono gli uffici di capi di stato emultinazionali raggiungono l’obiettivo desiderato, per-ché sono scritte a mano o personalizzate inveceche prestampate. Per scrivere una lettera efficacebasta copiare di proprio pugno i concetti espressinell’esempio o ispirarsi ad essi per stendere un testopersonale. Fatelo subito: grazie a voi, Survival hagià vinto molte battaglie!

In cosa consiste la campagna di Survival? Aseguito di un’intensa campagna condotta da Survival,nel 1991 il governo colombiano ha protetto il 95%del territorio dei Nukak conferendogli lo status diresguardo: un appezzamento di terra appartenenteagli Indiani. Quando i coltivatori di coca e i gruppiarmati sono entrati nel territorio, Survival ha comin-ciato ad esercitare pressioni sul governo della Co-lombia chiedendogli di entrare subito in negoziazionecon tutte le parti coinvolte nel conflitto con l’obiettivodi escludere il territorio Nukak (e quello dei vicini In-diani Guayabero) da qualsiasi operazione armata.Survival chiede anche che vengano sospese le

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Il Cerchio 22

fumigazioni aeree sui campi di coca presenti nel ter-ritorio dei Nukak e che venga varata un’appropriatapolitica di trasferimento e reinsediamento dei colonisu terre in cui possano dedicarsi a colture legali.

Per favore, scrivi una lettera come questa (bre-ve, cortese e in italiano):

Gli Indiani Nukak sono vittime innocenti dellaguerra della coca che divampa in Colombia. Mi rivol-go a voi chiedendo che le autorità entrino subito innegoziazione con tutte le parti coinvolte nel conflittocon l’obiettivo di escludere il territorio Nukak (e quel-lo dei vicini Indiani Guayabero) da qualsiasi opera-zione armata. Le fumigazioni aeree sui campi di cocapresenti nel territorio dei Nukak devono essere so-spese e dovrebbe essere varata al più presto un’ap-propriata politica di trasferimento e reinsediamentodei coloni su terre in cui possano dedicarsi a colturelegali. I Nukak che sono stati sfrattati devono esse-re aiutati a ritornare nelle loro terre e deve essereofferta loro un’assistenza sanitaria appropriata.

Grazie. Saluti e firma.

Spediscila a (affrancatura prioritaria e 0,80):

His Excellency Alvaro Uribe VelezPresident of the RepublicCarrera 8 n. 7-26, Palacio de Nariño,Santa Fe de Bogotá, ColombiaFax: 0057 1 - 2842186 / 2867434 / 3375890 /3420592Email: [email protected]

Se possibile, mandane copia a:

Mr Michael FrühlingOffice in Colombia of the UN High Commissionerfor Human RightsCalle 114 No. 9-45 Torre B Oficina 1101Edificio Teleport Business ParkBogotá, D.C., ColombiaFax: 0057 1 – 6583301 / 6293637Email: [email protected]

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Il Cerchio 23

Il primo maggio 2006: con il Decreto supremo 28701“Eroi del Chaco” Evo Morales ha nazionalizzato lerisorse energetiche della Bolivia

Durante la festa dei Lavoratori, quando tutti eranoriuniti nelle piazze, aspettando il decreto sul lavoro el’aumento salariale, fedele a quanto promesso dalprogramma elettorale che lo ha portato alla Presi-denza della Bolivia, Evo Morales ha nazionalizzato lerisorse energetiche del Paese.Gli articoli del decreto, letti direttamente dallo stes-so Presidente, con in testa il casco dell’azienda pe-trolifera pubblica YPFB, sono rimbalzati su tutte letelevisioni, radio e strade di La Paz, fino alla PlazaMurillo dove il Popolo in festa agitava le uipaleboliviane.

La Bolivia è stata negli ultimi sei anni al centro digrandi battaglie che si giocano per il controllo dellerisorse idriche e idrocarburifere. I movimenti e lasocietà civile boliviana hanno saputo ottenere stori-che vittorie difendendo allo stesso tempo diritti indi-viduali e la sovranità del loro paese.Straordinaria esperienza che ha avuto inizio con laguerra dell’acqua di Cochabamba nell’aprile del 2000,durante la quale i movimenti riuniti nella Coordindadorade Defensa del Agua y la Vida, dopo tre mesi dilotta e resistenza nelle piazze, hanno tolto dalle manidelle multinazionali BECHTEL, EDISON e ABENGOAle risorse idriche della regione cochabambina resti-tuendo al popolo la gestione di un bene comune e

BOLIVIA

IL GAS E IL PETROLIO TORNANO NELLE MANI DELPOPOLO BOLIVIANO

di un diritto fondamentale. E che poi è proseguitanella città Aymara de El Alto, dove la FEJUVE(Federacion de Juntas Vecinales) è riuscita a bloc-care le privatizzazioni imposte dalla multinazionaleSuez-Lyonnaise des Eaux. Vittorie capaci di conta-minare i movimenti a livello planetario e di incideresui cambiamenti istituzionali di diversi Paesi, a parti-re proprio dalla Bolivia.“Questa è la prima nazionalizzazione del secolo XXI”ha così ha dichiarato alla folla il Vice Presidente, AlvaroGarcia Linera, dal Palazzo del governo “a partire daoggi gli idrocarburi saranno di tutti i Boliviani. Mai piùtorneranno nelle mani delle imprese multinazionali.Oggi la Patria alza la testa. In questo momento le

forze armate dell’Esercito e dellaPolizia stanno occupando 56 sta-zioni idrocarburifere”.L’intervento dell’esercito e l’oc-cupazione delle imprese è sta-to un gesto simbolico, ma diforte impatto emotivo sull’opi-nione pubblica. Meno simbolichee più concrete sono invece leimplicazioni economiche e politi-che che seguiranno nei prossi-mi mesi.Dal primo maggio del 2006 lerisorse energetiche del Paesesono dello Stato Boliviano. At-traverso l’impresa pubblica YPBF(Yacimientos Petrol iferosFiscales Bolivianos) le risorsesaranno distribuite ed esporta-

IL DIRITTO ALL’ACQUA:LA GUERRA DELL’ACQUA IN BOLIVIA

Il 10 luglio è venuto in Italia per la prima volta un esponente delGoverno boliviano di Evo Morales Aima: il Ministro dell’Acqua AbelMamani, in occasione del convegno organizzato da “A SUD Ecologiae cooperazione ONLUS”, presso la Sala del consiglio Provinciale diRoma. Il Ministero dell’Acqua rappresenta un’esperienza di nuovaistituzionalità sociale, in cui i movimenti e le istituzioni identificanonella difesa dei Beni Comuni l’unico modo per contrastare leprivatizzazioni, le politiche di aggiustamento strutturale delle organiz-zazioni sopranazionali e lo strapotere delle multinazionali, che costi-tuiscono una costante minaccia per l’accesso all’acqua di ogni esse-re umano. La nascita del Ministero dell’Acqua in Bolivia è, infatti, unodei risultati più evidenti dei prodotti dai movimenti come laCoordinadora Nacional de Defensa del Agua y la Vida e la FEJUVE.

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Il Cerchio 24

INAUGURATO A CHILIMARCA IL PROGETTO RETI D’ACQUA

Domenica 23 aprile, nella provincia di Cochabamba, è iniziato il Progetto di A Sud “Reti d?Acqua”,finanziato dall’AATO “Laguna di Venezia”. Un progetto di cooperazione che garantirà l’accesso aiservizi basici a circa 1500 famiglie del Municipio di Cercado, e della comunità di Villas de Chilimarca delMunicipio di Tiquipaya.Il progetto vede impegnata l’intera comunità sia nell’esecuzione del progetto sia nella gestione delsistema idrico sanitario di cui sarà unica proprietaria.Il progetto avrà una durata di un anno e i comitati dell’acqua di Miraflores, 26 Febrero, Salvadora,Max Fernandez, Satellite, Chilimarca, Trojes, Juventud de Chilimarca, avranno piena autonomia nellagestione di un sistema idrico sanitario realizzato da un progetto orizzontale, nato a Chilimarca, portatoavanti da A Sud, appoggiato in Italia, tra gli altri, dal settimanale Carta, da Ingegneria Senza Frontieree garantito finanziariamente da Banca Etica.Anche il sistema di finanziamento rispetta il principio orizzontale di partecipazione e di mutua solidarietàtra i popoli del Nord e del Sud del Mondo. Reti d’Acqua è infatti finanziato grazie al “Fondo diSolidarietà“ istituito dall’AATO della Provincia di Venezia, attraverso la tassazione di un centesimo almetro cubo del consumo locale di acqua potabile.Oscar Olivera, portavoce della Coordinadora del Agua y la Vida ha dichiarato “Stiamo dimostrando cheè possibile costruire un nuovo tipo di convivenza sociale, che è possibile dare risposta alle nostredifficoltà e sofferenze in maniera collettiva e senza intermediazioni di partiti e padroni. Questo è ilfuturo dell’umanità, basato su forme di autogestione e autogoverno”.

Cochabamba 26 aprile.A SUD Ecologia e cooperazione ONLUS

te all’estero. Entro 60 giorni la stessa YPBF si oc-cuperà dell’intera catena produttiva degli idrocarburi(esplorazione, produzione commercializzazione tra-sporto, controllo delle quantità, industrializzazione).Le multinazionali avranno 180 giorni di tempo perfirmare un nuovo contratto con lo Stato boliviano.Tre imprese petrolifere Chaco, Andina eTransredes, circa il 10% delle riserve petrolifere,passano direttamente sotto il controllo dello statoBoliviano, sempre attraverso YPBF.I campi di San Alberto e di Sabalo, che produconocirca il 70% del gas boliviano, dovranno versarel’82% per cento della produzione allo stato boliviano;il 18% resterà alle imprese Petrobras, Total e RepsolYPF. Con la legge precedente avveniva esatta-mente l’opposto. I Campi meno produttivi verse-ranno invece il 50% della produzione al Paese.Alla luce della nuova normativa nelle cassesemivuote della Bolivia entreranno l’anno circa 780milioni di dollari, 320 milioni di dollari in più che servi-ranno per industrializzare e rendere efficiente l’im-presa pubblica YPBF.“Dopo la nazionalizzazione delle risorse energetiche,stiamo preparando i decreti anche per la naziona-lizzazione dell’estrazione mineraria, delle risorseforestali e per la distribuzione delle terre” ha dichia-rato Evo MoralesI rappresentanti dei movimenti, che incalzano ilPresidente più che altro sulla prossima assemblea

Costituente ched o v r e b b eridisegnare ilvolto della Boli-via, si sonoespressi in ma-niera positivaper le misureprese dal go-verno.Solo il segreta-rio della COB,Jaime Solares,che aveva mobi-litato i sindacati perl’aumento salarialee una nuova leggesul lavoro, ha classifi-cato il decreto come una semplice presa in giro.”Lemultinazionali devono essere espulse dal Paesesenza indennizzo” ha dichiarato il segretario sinda-cale.I colossi dell’energia coinvolti dalla nazionalizzazio-ne lanciano intanto messaggi di moderata preoc-cupazione. “Il decreto non è un gesto amichevolee può essere inteso come una rottura degli accor-di fino ad ora mantenuti con il governo boliviano”,ha fatto sapere il portavoce della multinazionalePetrobras.

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Il Cerchio 25

CHI SIAMO

Nel 1992 è nata a Firenze l’Associazione per i Popoli Minacciati, sezione italiana dell’omonima organizzazionetedesca. Alla fine del 1999, in seguito a divergenze sulla guerra del Kossovo, abbiamo lasciato l’associazio-ne tedesca e abbiamo assunto la denominazione attuale. Il nostro obiettivo è rimasto lo stessi: sensibilizzarel’opinione pubblica affinché conosca i problemi delle minoranze e dei popoli indigeni. Dal Sudan al Pacifico,dall’Amazzonia all’Europa, questi rappresentano una parte rilevante dei conflitti contemporanei. Ovunque cisono popoli che lottano contro la pirateria genetica, l’inquinamento ambientale, la repressione dei dirittilinguistici e religiosi, il colonialismo nucleare, l’industrializzazione selvaggia. Anche l’Onu, un tempo sorda aquesti temi, dedica loro una crescente attenzione.Il centro di documentazione al quale fa riferimento il nostro nome è quello che sta sorgendo ad OsteriaNuova, nei pressi di Firenze. E’ il primo archivio italiano interamente dedicato ai problemi delle minoranze,dei popoli indigeni e delle nazioni senza stato. Raccoglie migliaia di pubblicazioni - riviste, libri, tesi universitarie– in varie lingue: italiano, inglese, spagnolo, francese, tedesco, svedese, etc.

INIZIATIVE

In 13 anni d’attività abbiamo organizzato oltre 40 conferenze sui temi più svariati: dagli Indiani del Nordamericaagli indigeni della Siberia, dai Kurdi alle minoranze europee. Abbiamo collaborato con le istituzioni locali diFirenze, Greve in Chianti, Monsummano Terme, etc. Al tempo stesso abbiamo collaborato con altreassociazioni, fra le quali Amnesty International, Kiwani, Testimonianze, Transafrica e Xena. Abbiamopartecipato a conferenze organizzate da altri, come il Primo Congresso Mondiale Berbero (1997). Ognianno la nostra associazione è presente all’ONU di Ginevra, dove si riunisce il Gruppo di Lavoro sui PopoliIndigeni.

PUBBLICAZIONI

La causa dei popoliL’unica rivista italiana dedicata ai problemi delle minoranze, dei popoli indigeni e delle nazioni senza stato. Gliarticoli sono firmati da autorevoli esperti italiani e stranieri, ma anche dagli esponenti dei popoli in questione.Dalla Corsica al Nepal, dagli Indiani del Nordamerica ai popoli indigeni del Pacifico, la rivista offre unpanorama aggiornato delle lotte indigene odierne.

Mailing list PopoliLa nostra mailing list contiene aggiornamenti su libri, riviste e altre iniziative organizzate in Italia e all’estero.Inoltre, un calendario mensile su mostre, conferenze e festival.

LibriAmerica indigena (1992)I custodi della terra (1993)Popoli indigeni popoli minacciati (1998)Il sangue della terra. La lotta degli U’wa contro la Occidental Petroleum (2003)

BibliografiePer poter aiutare i laureandi, i giornalisti e gli studiosi curiamo una bibliografiaitaliana (1966-oggi) che viene costantemente aggiornata. Oltre a questa, stia-mo raccogliendo il materiale per altre due bibliografie tematiche in italiano: unasulle minoranze religiose e una sui film dedicati ai problemi delle minoranze.

Via Trieste 11 - 50139 FirenzeTel. 055-485927 - [email protected]://popoli.open-lab.com (indirizzo provvisorio)

Centro di Documentazione sui Popoli Minacciati

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La fonte e la data delle notizie sono riportate tra parentesi. Per qualsiasi segnalazione o richiesta diulteriori informazioni si prega di contattare Il Cerchio oppure direttamente gli indirizzi indicati.

A SUD

Ecologia e cooperazioneONLUSRedazione A SUD: via A.Contarini 13, 00154, [email protected] www.asud.nettel: 06 5748332

BANGLADESH

- I coloni feriscono 50 Jumma eviolentano due donne. Cin-quanta uomini del popoloJumma sono stati feriti e duedonne sono state violentatedurante un attacco condottodai coloni bengalesi, che han-no assalito due villaggi nellazona settentrionale delleChittagong Hill. (fonte: Survival28.04.06)

BOTSWANA

- Una malattiamisteriosa stauccidendo iBoscimani sfrat-tati. Dall’iniziodell’anno, alme-no 15 Boscimanisono morti im-provvisamentenel campo direinsediamentodi New Xade percause scono-sciute, e tresono in condizio-ni critiche. Nono-stante le autori-tà siano al cor-rente dell’epide-mia, i Boscimaninon hanno an-cora ricevutonessuna assi-stenza medicagove rna t i va .

Contemporaneamente, allaCamera dei Lord britannica, al-cuni suoi membri continuanoad affermare che i Boscimanisono primitivi e che il governoli ha trasferiti “per il loro bene”.(fonte: Survival 29.03.06)

- Cacciatori boscimani arrestatie torturati sotto minaccia ar-mata. Agli inizi di aprile, ottoBoscimani sono stati arrestatisotto la minaccia delle armi,sono stati minacciati di morte

e poi torturati. Dopo aver tra-scorso una notte in carcere,sono stati multati per aver cac-ciato nella Central KalahariGame Reserve, in Botswana.(fonte: Survival 28.04.06)

- Si è concluso ilprocesso - minac-ce di morte aiBoscimani. Il lun-go processointentato daiBoscimani controil governo delBotswana si èconcluso martedì16 maggio. Daquando è iniziato,oltre il 10% delle243 persone coin-volte nel caso giu-diziario sono mor-te nei campi direinsediamento.La scorsa setti-mana gli attivistiRoy Sesana eJ u m a n d aGakelebone han-no ricevuto mi-nacce di morte. Ilverdetto è atteson e l l ’ a u t u n n o .(fonte: Survival15.06.06)

Il Cerchio 26

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MOSTRA

“INDOAMERICA - Archeologia ed

Etnografia del Sud America

al Castello Sforzesco”

Milano, Sala Castellana, Cortile della

Rocchetta, Castello Sforzesco

fino al 29 gennaio 2007

Orari: martedì-domenica 9-13; 14-17,30

info: www.comune.milano.it/craai

(da: www.soconasincomindios.it)

BRASILE

- Gli Indiani Krenak bloccano laferrovia. Il 1 dicembre, pressoMinas Gerais, in Brasile, due-cento Indiani Krenak hannobloccato la ferrovia Vitória-Minaschiedendo il pieno riconoscimen-to dei loro territori. Parte dellaterra dei Krenak era già statarestituita loro nel 1997, dopo chequesta era rimasta per moltianni nelle mani di colonizzatorie grandi proprietari terrieri.Ciononostante, un’importantearea conosciuta come SeteSalões non è ancora stata rico-nosciuta. I Krenak chiedonoanche un risarcimento per idanni causati alla loro terra dal-la diga idroelettrica Aimorés, eun dialogo con la CompanhiaVale do Rio Doce, responsabiledella ferrovia che attraversa laloro terra. La protesta deiKrenak ha incontrato il soste-gno di ottanta indiani di altre tri-bù, tra le quali i Tupinikim ed iGuaraní. (fonte: Survival07.12.06)

- Obiettivi puntati sulla politi-ca indigena Gli Indiani delBrasile hanno chiesto a Lulale dimissioni del funzionariodel FUNAI più importantedel paese, Mércio PereiraGomes. Il presidente del-l’agenzia governativa agliAffari indiani avrebbe dichia-rato che gli Indiani hannogià abbastanza terra e che,pertanto, le lororivendicazioni territoriali po-trebbero in futuro essere li-mitate. (fonte: Survival18.02.06)

- Una tribù amazzonica minaccia-ta dalla soia conquista la primapagina dei telegiornali britanni-ci. L’otto marzo, la remota tri-bù degli Enawene Nawedell’Amazzonia brasiliana haconquistato la prima pagina dei

telegiornali nazionali britannicicon un efficace servizio suldisboscamento della loro terraeffettuato per far spazio allepiantagioni di soia. (fonte:Survival 29.03.06)

- Un nuovo rapporto denunciaaumento di violenze e suicidi tragli indigeni. Un nuovo rapportodenuncia che gli Indiani del Bra-sile stanno soffrendo alti livellidi violenza a causa della perdi-ta delle loro terre. Il dossier, re-datto dal CIMI, un’ONG brasi-liana legata alla Chiesa Cattoli-ca, rivela che tra il 2003 e il2005 sono stati uccisi media-mente 40 Indiani l’anno e che,nello stesso periodo, 24 Indianil’anno si sono suicidati. Lo stu-dio mostra chiaramente che esi-ste un legame diretto tra la vio-lenza e la demarcazione delleterre: “meno terra demarcatasignifica più casi di violenza”. L’ul-timo capitolo è dedicato ai po-

poli incontattati; il CIMI stimache in Brasile vi siano oggi 60gruppi isolati, di cui 17 sareb-bero a rischi di estinzione immi-nente a causa delle attivitàincontrollate di usurpatori di ter-ra, tagliatori di legna e allevatori.(fonte: Survival 15.06.06)

COLOMBIA

- Denunciamo le gravi minaccedi cui sono oggetto in Colombiale organizzazioni indigene e so-ciali impegnate nella difesa deidiritti umani. La guerra “spor-ca” portata avanti a scopo inti-midatorio dalle forze paramilitarilegate agli interessi economiciche ruotano attorno al gover-no del Presidente Uribe, si è in-tensificata nei giorni di campa-gna elettorale. Il responso del-le urne ha inoltre decretato larielezione dello stesso Presiden-te, considerato dalle forze so-ciali il padre del paramilitarismodi stato. Hanno subito pressio-ni e intimidazioni l’Onic (Orga-nizzazione indigena di Colombia)e alcune organizzazioni indige-ne locali come quelle dei popoliU’wa, dei Bari, dei Nasa e degliAwa. Nella lista nera figuranoanche alcuni media alternativicome il “Sistema d’informazio-ne Etnias de Colombia”. Ad esso

appartiene anche il periodi-co virtuale “Actualidad etni-ca” curato dalla FundaciònHemera, un’organizzazioneche si batte per i diritti dellepopolazioni indigene e che,insieme all’associazione ASud, sta realizzando in Co-lombia un progetto di assi-stenza legale in difesa deidiritti delle popolazioni nati-ve. In un comunicato laFundaciòn Hemera si appel-la alla stampa e alle orga-nizzazioni internazionali, inparticolare alla Commissio-ne Interamericana per i Di-

ritti Umani, affinché il governoColombiano possa garantirel’incolumità di quanti lottano nelPaese in difesa dei diritti uma-ni. Per dare forza e vigore allaloro azione vi invitiamo a man-dare un messaggio di appog-gio e solidarietà alle seguenti

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SURVIVAL INTERNATIONAL

È un’organizzazione mondiale di so-stegno ai popoli tribali. Difende il lorodiritto a decidere del proprio futuroe li aiuta a proteggere le loro vite, leloro terre e i loro diritti umani. Nonriceve fondi governativi e dipendedalle donazioni del pubblico.Per ulteriori informazioni o aiuti:http://www.survival.itoppure [email protected] ricevere le e-news in italiano, in-vii un messaggio vuoto a:[email protected]

organizzazioni:[email protected]@onic.org.coe in copia a:[email protected](fonte: A SUD Ecologia e coo-perazione ONLUS 01.06.06)

INDIA

- La tribù più isolata del mondouccide due invasori. ISentinelese sono recentemen-te apparsi sulle prime pagine dimolti quotidiani per aver uccisodue pescatori che si erano av-vicinati illegalmente alla loro iso-la. Per proteggere la tribùda sfruttamento, violenzee malattie, la legge proibi-sce a chiunque di avvicinar-si a meno di 5 km dall’isoladi North Sentinel. Negli ulti-mi anni, tuttavia, un nume-ro crescente di persone hainiziato a violare le costeproibite uccidendo alcuni in-digeni. L’arrivo degli stranieriè quindi vissuto dalla tribùcome una grave minaccia.(fonte: Survival 18.02.06)

- Una commissione governa-tiva per decidere del futu-ro degli Jarawa. Il governoindiano ha costituito unanuova commissione chedeciderà del futuro della tri-bù degli Jarawa delle IsoleAndamane. Gli Jarawa,che sono entrati in contat-to con i coloni indiani cheabitano sulle loro isole solonel 1998, si trovano sotto lacrescente minaccia dell’invasio-ne dei cacciatori di frodo. (fon-te: Survival 28.04.06)

- Epidemia colpisce il 16% degliJarawa. I medici delle IsoleAndamane hanno confermatoche alcuni Jarawa hanno con-tratto il morbillo. Le autorità lo-

cali avevanonegato chefosse scop-piata un’epi-demia tra latribù, sostenendo al con-trario che un certo numero diJarawa soffrisse in realtà di eru-zioni cutanee dovute al caldo.Il mese scorso, molti bambiniJarawa erano stati ricoveratipresso il G. B. Pant Hospitaldella città di Port Blair; soffriva-no di varie malattie, tra cui pol-monite e infezioni agli occhi,comuni effetti secondari delmorbillo. Attualmente hannotutti fatto ritorno alla loro fore-sta. (fonte: Survival 15.06.06)

MESSICO

- Assassinato attivista in Messi-co: La settimana passataFrancisco Gabijo Quizonez èstato assassinato nella suacasa di Cuzalapa. A Jalisco inMessico l’immensa miniera diferro a cielo aperto del Paese

contamina una delle più impor-tanti aree protette del Messi-co, la riserva della Biosfera deManantlàn, e mette in pericolola sopravvivenza di cultureancestrali come quella deinàhua-otomì. Le organizzazionisociali riunite nel collettivo Pro-Manantlàn che lotta in difesadei diritti umani e il rispetto del-la biodiversità nella Costa Sur e

la Sierra de Manantlàn, de-nunciano all’opinione pubblicainternazionale lo sfruttamen-to indiscriminato, il lavorosottopagato, il disastro am-bientale e sociale provocatodalla miniera di cui la multina-zionale Ternium è proprieta-ria. Lo stesso comitato ha for-malmente accusato di fron-te al Tribunal Latinoamericanodel Agua la multinazionale ita-liana per la contaminazioneprodotta dalle sostanze tos-siche scaricate dalla minieranel rìo Marabasco. Altre de-nunce sono state inoltrate peri gravi danni causati alla po-polazione civile e all’ambientedalla miniera di ferro LasEncinas, nella località di SanMiguel de Aquila,(Michoacàn) sempre di pro-prietà della Ternium. (fonte:A SUD Ecologia e coopera-

zione ONLUS 24.03.06)

NAZIONI UNITE

- Ammoniti USA e Botswana suicasi Indiani Shoshoni eBoscimani. A pochi giorni di di-stanza, la Commissione delle

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Nazioni Unite per l’Eli-minazione delle

Discriminazioni Razziali (CERD)ha ammonito il governo degliStati Uniti e quello del Botswanaper il trattamento da loro riser-vato agli Indiani Shoshoni Occi-dentali del Nevada da un lato eai Boscimani del Kalahari Cen-trale dall’altro. Molte le racco-mandazioni e le richieste avan-zate dall’ONU a riguardo. (fon-te: Survival 29.03.06)

POPOLI INDIGENINEL MONDO

- La salute dei popoli indigeni èdiventata la peggiore del mon-do. In collaborazione con laScuola di Igiene e Medicina Tro-picale di Londra e SurvivalInternational, questa settima-na la rivista medica The Lancetha diffuso una serie di articoli dialto profilo denunciando la scioc-cante crisi sanitaria che i popoliindigeni stanno vivendo a livellomondiale. Gli articoli dimostra-no come la salute dei popoli in-digeni che hanno subito lacolonizzazione o il furto delle loroterre sia diventata oggi di granlunga peggiore di quella del re-sto della popolazione, sia neipaesi poveri come in quelli ric-chi. In Australia, l’aspettativa divita degli uomini Aborigeni è di59 anni, di contro ai 77 annidegli uomini Australiani in gene-rale. La mortalità infantile tragli Aborigeni è di tre volte su-periore alla media nazionale. I

Guaraní del Brasile soffrono in-vece del tasso i suicidi più altodel Sud America. (fonte:Survival 15.06.06)

PARAGUAY

- I missionari fondamentalisti fre-quentano regolarmente gruppoindigeno appena contattato. LaNew Tribes Mission (NTM), con-troversa organizzazione missio-naria fondamentalista america-na, si reca ogni settimana pres-so un gruppo di Indiani AyoreoTotobiegosode da poco entratiin contatto con l’esterno perimpartire loro lezioni di Bibbiaevangelica. (fonte: Survival29.03.06)

SUDAMERICA

Le principali organizzazioni indige-ne delle Ande, di Colombia,Ecuador, Cile, Argentina eGuatemala hanno iniziatoquesta settimana un lungocammino attraverso i territo-ri ancestrali dei loro antenatifino al “centro del mondo”,Cusco. La nascita dellaCoordinadora Andina signifi-ca che i popoli indigeni vo-gliono diventare protagonistiattivi dei cambiamenti strut-turali nei loro Stati nazionali.La Coordinadora sarà anchelo strumento per risponderead ogni forma d’imposizionee di esclusione cui sono sog-getti i popoli originari dalle po-litiche dei Governi, e per con-quistare spazi di partecipa-zione e di auto determina-zione.

(fonte: A SUD Ecologiae cooperazione ONLUS13.07.06)

Il Cerchio 29Auro Basilicò

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RAY ALLEN:INGIUSTIZIA E’ FATTA 17 gennaio 2006: Clarence Ray Allen è stato giustiziato.

Il 76enne indiano Choktaw cieco, diabetico e costretto suuna sedia a rotelle, è stato messo a morte con un’iniezio-ne letale nel carcere di San Quintino, in California, dovefino all’ultimo aveva atteso il pronunciamento della CorteSuprema degli Stati Uniti, la sua ultima speranza di evitarel’esecuzione.La Corte ha tuttavia respinto l’appello presentato dai suoi avvocati, che avevano chiesto di blocca-re l’esecuzione perché incostituzionale, ritenendola una punizione “crudele e inusuale”, consideratal’età e le condizioni fisiche del condannato. La Corte Suprema era l’ultima possibilità per Allen, dopoche vari giudici federali ed il governatore della California Arnold Schwarzenegger avevano respinto isuoi appelli.“L’età e lo stato di salute del condannato” aveva detto Schwarzenegger “non sono un motivo perevitare l’esecuzione, inoltre Allen ha commesso i suoi reati quando aveva 50 anni, quindi in etàmatura”.Secondo i giudici della Corte d’Appello di San Francisco, che hanno esaminato il caso, “la sua età ela sua esperienza hanno solo reso più acuta la sua abilità di calcolare a freddo ogni passaggiodell’esecuzione dei suoi crimini”.Allen doveva rispondere di aver commissionato nel 1980 l’assassinio di tre persone, quando sitrovava già in carcere per scontare un ergastolo per un precedente delitto. Una delle tre vittime,Bryon Schletewitz, era stato il testimone chiave per la sua condanna, le altre erano due adolescen-ti che lavoravano con Schletewitz.Contro l’esecuzione di Allen sono state organizzate veglie di preghiera e di protesta all’esterno delpenitenziario californiano.Allen è la seconda persona più anziana giustiziata negli Stati Uniti dal 1976, anno in cui la CorteSuprema Usa ha riammesso la pena di morte. Il più anziano ad essere giustiziato è stato JohnNixon, messo a morte in Mississippi lo scorso dicembre, all’età di 77 anni.Sempre in relazione alla California, di recente 40 tra procuratori, giudici e dirigenti di polizia, sia alivello statale sia federale, hanno chiesto in una lettera indirizzata ai membri della Camera californianache nello stato vengano sospese le esecuzioni, mentre una Commissione esamina equità e accu-ratezza nell’amministrazione della pena capitale.Il sostegno alla proposta di moratoria è trasversale, considerato che tra i firmatari dell’appello cisono sia favorevoli che contrari alla pena di morte.“Considerato che i test del Dna e nuove prove hanno dimostrato in tutto il Paese l’innocenza di piùdi 121 persone che erano state condannate a morte” è scritto nella lettera “crediamo che unasospensione temporanea delle esecuzioni in California sia necessaria, mentre ci assicuriamo, perquanto possibile, che l’amministrazione della giustizia penale in questo stato sia giusta e accurata.”Un Disegno di legge (Assembly Bill 1121), che prevede la moratoria delle esecuzioni fino al 1°gennaio 2009, è all’esame della Camera californiana, mentre la Commissione sulla Giusta Ammini-strazione della Giustizia dovrà presentare al Governatore e al Parlamento i risultati della sua inchie-sta entro il 31 dicembre 2007.“Siamo convinti” spiegano i firmatari dell’appello “che fermare le esecuzioni finché le raccomanda-zioni della Commissione non saranno prese in considerazione e, se necessario, attuate, sia unamisura non solo pragmatica, ma anche prudente”.

Andrea Bozzeda

Il Cerchio 30

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Cari amici del Cerchio, sono Donna Bisonte Bianco della tribù di Orso Che Corre.Da anni i miei alunni conoscono Marco Red Eagle Cinque e sono legati ad Orso Che Corre.Hanno avuto un’idea, che vi allego, così come l’ho mandata anche a Marco: è solo un’idea, maanche Balilla ha scatenato una rivolta con una sola pietra! Un triste, affettuoso abbraccio,Patrizia  (Patrizia Ribelli Ricci da Alghero).

BOICOTTAGGIO A SCHWARZENEGGER

Il testo della letterà può apparire come un’ istintiva rivalsa o come una lucida risposta ma inogni caso è una precisa azione politica e culturale, ancor più efficace se pensiamo che con lamaggior parte dei suoi film, l’attore non trasmette di certo modelli orientati verso una cultu-ra di pace.Sottoscriviamo la dichiarazione di questi studenti e invitiamo anche tutti i nostri soci a fareproprio questo “boicottaggio”.

La redazione

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RAY ALLEN:INGIUSTIZIA E’ FATTA

Nevicava la sera in cui ebbi i l pensiero discrivere…nevicava mentre mi girai per guardare l’oro-logio in cucina…”nemmeno 12 ore fa hanno uccisoOrso Che Corre”. Nuovamente volsi lo sguardoall’esterno…osservando il biancore della neve e cer-cando silenzio in essa.Avrei voluto scrivere in quel preciso istante…ma pen-sieri lontani confluivano ad una rapidità tale da nonpermettere l’incontro tra carta e penna.Sei anni fa scelsi d’andare negli USA per incontrarealcuni detenuti Nativi… uno dei miei amici richiuso

nella “iron house” (casa di ferro) di Boisenell’Idaho era a digiuno da oltre 20 giorni edaveva da poco aveva anche iniziato lo scio-pero della sete. Sentendo il suo avvocato altelefono decisi di tentare un’incontro…primache potesse essere troppo tardi. Con l’occa-sione definì un programma di viaggio che mipermettesse altresì lo scalo a SanFrancisco…qualche ora dopo avrei potutoessere a San Quentin per trovare ancheFernando Eros Caro, detenuto, allora con-dannato a morte, i cui disegni avete pubbli-cato ne “Il Cerchio” di Gennaio.Le persone che mi accolsero nelle loro case,persone di cui non conoscevo nemmeno ilvolto e che non sapevano nulla di me..macon un unico obiettivo che ciaccomunava…quello dell’abolizione della penadi morte, mi hanno dato tutta l’assistenza eprotezione di cui avevo bisogno per il genered’intervento che andavo ad eseguire.Delle giornate trascorse a Boise ho ricordiquasi da brivido. L’intenzione era quella d’en-trare nel carcere per incontrare il mio amicoMark ma nonostante un permesso compila-to in precedenza e firmato dalle autorità del-la casa di ferro questo non fu possibile. L’au-torizzazione fu revocata dal Direttore del pe-nitenziario che in occasione dell’incontro conme, piccola donna italiana venuta da oltrecontinente per verificare di persona le condi-zioni di detenzione dell’amico, ebbe ungranché da tuonare sulle persone che per-corrono il cammino della contrapposizione alleautorità. Voleva mettermi paura, rendermiancor più piccola ai miei stessi occhi…ma il“grande” direttore non ci riuscì. “Non potròentrare nel carcere ma almeno mi avvicine-rò a quella struttura imponente e ne cattu-rerò tutto il male” pensai. Così feci. In unvecchio ed arrugginito furgoncino, con la mac-china fotografica sulle ginocchia. Lasciai il“confortevole ed accogliente” ufficio della Di-rezione situato non lontano dal Municipio incentro città (una tappa dal Sindaco prima

Thea Valentina Gardellin

d’avven-turarmi nelH i g hD e s e r tnon mel’avrebbetolta nes-suno ma costui si rifiutò d’incontrarmi…almeno il Di-rettore del carcere s’era dimostrato superiore in que-sto). Che strano pensai (era il 14 Febbraio) che tuttigli edifici pubblici espongano bandiere decorate perla festività di San Valentino…grandi cuori rossi appesiovunque…le segretarie alle reception…dotate di ce-stini e piatti argentati ricolmi di cioccolatini a forma dicuore…e nessuno che abbia il buon sentimento didarmi ascolto…di condividere almeno un pensiero suldestino di Mark, sul destino degli allora 22 condan-nati a morte che si trovavano nell’Idaho MaximumSecurity Institution (IMSI). Che controsenso, quasisurreale l’ambiente pulito, lindo, “camuffato” delleistituzioni che dovrebbero garantire la tutela di TUT-TI i cittadini mentre invece una parte di questi; talunipoveri, taluni appartenenti a minoranze etniche, talunisenza educazione alcuna, vivono rinchiusi in piccolegabbie di ferro…a volte in totale isolamento, sotto-terra, luce ed aria artificiali…hhhmmmm e poi t’ap-pendo un bel drappo di cuori rossi allafinestra…benvenuti nell’ipocrisia.Ritorno alla ruggine del furgoncino con destinazioneIMSI. Tim, il marito di Rosemary, guida la vetturamasticando lentamente semi di girasole. E’ concen-trato sulla guida, su quanto ci aspetterà alle portedel carcere…è preoccupato per i miei innumerevoliinterventi con i giornalisti, per il mio viaggio in auto-bus del giorno prima, in piedi a parlare agli altri pas-seggeri di quanto avviene in quella immensa struttu-ra carceraria situata alle porte della lorocittadina…struttura di cui molti cittadini eranoignari…”per forza” mi dice “il Sindaco non ti vuoleincontrare, per forza il Direttore del Carcere è anda-to su tutte le furie…era evidente che il Governatoredello Stato dell’Idaho non ti volesse ricevere nono-stante i due giorni di veglia che hai fatto seduta inuna poltroncina di fronte al suo ufficio…stai metten-do confusione al loro sistema” e poi scoppia in unarisata sonora e ci stringiamo le mani ridendo…eglistesso fa parte dei movimenti abolizionisti, lui e suamoglie e tutte le persone che hanno invitato a casa.Tim è senza lavoro proprio a causa del suo impegnopolitico, Rosemary fa la bibliotecaria e con i bambiniha costruito un carcere di cartone e polistirolo…dicedi volerli educare sin da piccoli alla disapprovazionedelle peggiori regole istituzionali.Stiamo entrando nel High Desert, l’alto desertodell’Idaho, laddove venne costruito il carcere. Timvede le torrette, “stai attenta con quella macchina

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fotografica, tienila bassa e scat-ta solamente quando te lo dicoio. Non possiamofermarci…proseguirò lentamen-te ma non troppo, e tu stai bas-sa… sit low”. Mi raggelo, quasinon riesco a

fotografare…imponente struttura, maledetta strut-tura del male in mezzo al nulla. Letteralmente muradi filo spinato, macché mura…giganteschi gomitoli difilo spinato ricoperti di taglienti lamette, fila dopo filae poi il grande muro che sorregge le torrette ovepiccoli uomini armati di grandi fucili sono pronti a spa-rare. Il carcere vero e proprio, laddove le personenon hanno finestre per vedere il mondo, si vedeappena. La sua struttura si nasconde dietro allerecinzioni di protezione. E qui…dove hanno lasciato illoro abbondanti drappi degli innamorati? Forse po-tremo tingere quei spaventosi gomitoli di rosso…sima non d’amore bensì di sofferenza, di dolore, d’ab-bandono e di morte.Lascio Boise il giorno dopo…vado a San Francisco, aSan Quentin per la precisione, dove spero che il per-messo abbia la validità che le autorità del penitenzia-rio gli avevano dato. Sono le quattro del mattino edattraverso la città in pullman per arrivare al carcere.Il Golden Gate all’alba è certamente impressionantema i miei pensieri corrono verso il parlatorio del brac-cio della morte. M’accompagna Patsy, un’anzianasignora che aveva un figlio detenuto a San Quentin.E’ rassicurante sentirla al mio fianco…mi sussurra“no fear”, non avere paura. Alle porte del carcere visono già diverse persone…è molto presto,prestissimo…ma nessuno vuole perdere nemmenoun istante della giornata che trascorrerà con il pro-prio famigliare..e già perché nel parlatorio del bracciodella morte vi puoi stare anche tutta la giornata…nonvi sono limiti di tempo…e non vi sono vetri divisoriche dividono il tuo incontro. Mi descrivono la stanzaadibita agl’incontri…un ampio salone con tante sedieed alcuni tavolini. Ti puoi sedere ovunque, puoi an-che mangiare qualcosa se voi…hanno degli distribu-tori automatici di cui può usufruire anche il condan-nato a morte..insomma, nonostante la fama di SanQuentin, la sala degl’incontri è piuttosto “libera”. Si,vi è un grande vetro blindato in fondo alla stanzadietro ai quali si potranno intravedere i volti di queidetenuti considerati troppo pericolosi per la stanzaadiacente – detenuti pericolosi che parleranno ai lorofamigliari attraverso un telefono. Vi è una sorta ditorretta in miniatura ove un armatissimo gruppo digiganti veglia ogni tuo battito cardiaco, vi sono tele-camere e microspie e guardie armate sino ai dentiche circolano tra le sedie però nel complesso seiabbastanza libero di comunicare e se vuoi, anche disorridere alle persone che incontri. Lentamente en-

triamo dopo aver verificato se i colori dei nostri indu-menti rispecchiano i colori indicati nel regolamentocarcerario. Reggiseni con ferretto vietati, il metallofarebbe suonare i metal-detector. Via eventuali col-lane, anelli, orecchini. Via gli stivali, via cinture, via leparrucche. Niente trucco, niente fermagli nei capelli…imetal detector a San Quentin sono molto sensibili.Una pennellata di “ cera” sul dorso della mano…unasorta di colla rilevabile dai raggi infrarossi sparsi unpo’ ovunque…questo renderà possibile rin-tracciare ogni tuo passo…e poi via verso laporta del parlatorio del braccio della morte.Ho tanta paura, l’abbiamo tutte (sì perchésiamo in maggioranza donne conbambini…afroamericane, ispaniche, nativoamericane…ma le donne bianche? Ah, si,per fortuna ci sono io, venuta dall’Italia pertrovare un fratello Azteco/Yaqui.Aspettiamo, i nostri famigliari, i nostri amici,ci raggiungeranno dopo aver subito innume-revoli controlli tra cui lo strip-searching (con-trollo anale). Eccoli che entrano…questi ter-rificanti assassini, uomini senza scrupoli, uo-mini al margine della società…eccoli che cisorridono, che ci stringono la mano, che ciparlano. Che tentano d’abbracciare i loro bim-bi, che asciugano le lacrime alle loro donne,che consolano madri, figlie, figli…che inco-raggiano ad andare avanti…eccole le “belveumane” della televisione e dei giornali…Edio? Cosa ci faccio qui tra tutti questi “assas-sini”.? Che stringo le mani agli amici diFernando, che vengo introdotta alle famigliecome una sorta di angelo custode. Cosahanno fatto queste mani? Di quali delitti sonocolpevoli? Di quali innocenti? A quale pover-tà, a quali ingiurie, a quali difficoltà, a qualipregiudizi, a quali ingiustizie, a quali dolori sonostate sottoposte queste mani?Guardo le persone negli occhi, mi confrontoin silenzio…incontro lo sguardo d’un signorecon una lacrima blu tatuata sul volto, incon-tro il terrore d’un giovane ragazzo d’origineasiatica (non poteva avere più di vent’anni)da poco condannato a morte…non riesce astare fermo…si contorce dalla paura ed adognuno che incontra nel grande parlatoriochiede scusa….”sorry, sorry, please forgiveme, excuse me” un ripetersi di scuse lascia-te a mezz’aria tra le parole degli altri detenuti.Lascio il carcere dopo alcune ore, ho il volo che miriporterà a casa e non posso rischiare di perderlo.Lascio dietro di me le persone che ho incontrato,porto con me i loro sguardi. Questi mi basterannoper essere sempre consapevole che la condanna amorte è sbagliata.

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DA RORAIMA:Carissimi,

Innanzi tutto un grazie per la disponibilità dimostrata inviando al Presidente del Brasile Lula, la lettera diringraziamento per l’omologazione della terra indigena Raposa Serra do Sol. Questa mail è per tenerviinformati dell’evoluzione della situazione a Roraima e delle nostre attivi-tà.Il 2005 è stato veramente un anno di grande importanza per lanostra azione a favore dei più Poveri in Brasile. Pur in pochi, abbiamosaputo esercitare una grande pressione politica a livello nazionale einternazionale sul Governo Brasiliano, coinvolgendo giornali e Tv.In Italia abbiamo raccolto 44.000 firme a sostegno delle rivendicazionidi “Nos existimos”, in difesa dei Popoli Indigeni e degli emarginati urbanie rurali di Roraima, e le abbiamo consegnate alla Presidenza del Sena-to Italiano: esse sono state portate dal Presidente della Commissio-ne per i Diritti Umani del Senato alle massime Autorità Brasiliane.Ed è stata fondamentale la pressione internazionale per ottenereche finalmente il 15 aprile 2005 il Presidente del Brasile Luiz InácioLula da Silva abbia “omologato”, cioè riconosciuto di diritto degliindigeni, il territorio Raposa – Serra do Sol, imponendo per legge l’espul-sione degli occupanti, a tutt’oggi però non avvenuta.

Credo che tutti dobbiamo essere fieri dei risultati ottenuti. Con l’im-pegno di sensibilizzazione e con i fondi raccolti abbiamo creato operedi beneficenza immediata, ma soprattutto abbiamo sostenuto unMovimento di liberazione che non solo ha portato frutti a Roraima,ma che ha determinato un precedente giuridico fondamentale perl’omologazione di tutte le altre aree indigene del Brasile. Così abbia-mo devoluto i fondi raccolti nel 2005:Per sostenere il Movimento “Nòs existimos” a Roraima, nel suo sforzo di difendere i diritti all’esistenzadei popoli indigeni, dei piccoli agricoltori sfruttati e degli emarginati urbani, abbiamo versato al Missiona-rio della Consolata padre Silvano Sabatini 22.000 Euro. Sono stati impiegati soprattutto per il progetto“Pre-vestibular”, un Corso per la preparazione all’esame d’ammissione universitaria accessibile acentoventi ragazzi poverissimi di Roraima, per formare finalmente una classe dirigente favorevole agliultimi e agli oppressi, e non più totalmente legata ad un’oligarchia economica.Inoltre i nostri fondi sono stati impiegati per la diffusione del giornale “Vira Volta” (“Volta pagina”) incinquemila copie, unica fonte d’informazione alternativa ai giornali e alle TV tutte in mano ai latifondistie ai politici corrotti, e per il sostegno ai Corsi di Formazione dei leaders, al Mercato Equo e Solidale, alMicro-credito.Sempre per Roraima, per la ricostruzione della Missione di Surumù, abbiamo fatto un versamentourgente alla Missionaria della Consolata suor Leta Botta di Euro 1.000.A Vitoria (Espirito Santo), per l’acquisto di due barche per la Cooperativa di Pescatori, e per laCooperativa Alimentare, che sfama centinaia di poveri, nonché per il sostegno al CDDH (Centro diDifesa dei Diritti Umani) per la difesa legale degli sfruttati e degli oppressi, abbiamo versato alComboniano fratel Francesco d’Aiuto 13.551 Euro.Inoltre abbiamo presentato Progetti a sostegno dei Poveri di Roraima al Comune e alla Provincia diTorino, alla Regione Piemonte, alla Campagna “Quaresima di Fraternità” della Diocesi di Torino, esiamo in attesa di risposte concrete.Il 17 settembre, centocinquanta uomini, incappucciati e armati, contrari all’omologazione della Raposa- Serra do Sol, hanno dato alle fiamme il Centro di Formazione e Cultura Indigena, l’Ospedale e laChiesa della Missione di Surumù. E’ stato un colpo durissimo anche per noi, perché negli anni passati

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avevamo tanto investito su Surumù, l’unica Scuola e l’unico Ospedale della Raposa - Serra do Sol,un’area indigena vasta come due terzi del Piemonte. Ma gli Indigeni non si sono persi di coraggio. Dopoun primo momento di smarrimento e di sgomento, hanno fatto una celebrazione liturgica sulle ceneridella Missione, proclamando che esse diventeranno seme per ricostruirla più rigogliosa. I giovani hannoripreso lo studio all’ombra delle grande piante di mango che circondano la Missione. E più di centofamiglie di Indios, quasi mille persone su un totale di diciassettemila presenti nell’area, hanno deciso ditrasferirsi attorno alla Missione di Surumù, pur essendo questa in una zona brulla e non fertile, perdifendere da nuovi attacchi, con un cordone di capanne, quella Scuola che essi considerano fondamen-tale per il loro futuro.Il 24 novembre un’altra comunità indigena nella regione di Surumù, Nova Vitoria, è stata assalita, conl’incendio di due case e la distruzione dei pochi beni degli Indios. Inoltre è ripresa l’invasione da parte deigarimpeiros (i cercatori di minerali) delle terre degli Yanomani, con un preoccupante aumento dei casi dimalaria e di altre malattie.Occorre che siamo oggi più che mai vicini ai nostri amici Indigeni nella ricostruzione della Missionedistrutta, nel loro delicato cammino di autodeterminazione e di sviluppo dell’area Raposa - Serra do Sol,nella difesa del territorio Yanomani.I contributi possono essere versati sul c.c. 5153368 presso l’UniCredit Banca, Agenzia Torino Caboto,ABI 02008, CAB 01113, intestato a COMITATO RESTITUZIONE MISSIONARIA. Su www.giemmegi.orgpotrete trovare ulteriori informazioni e documentazioni, con le foto della Missione distrutta.

Carlo Migliettacon il CO.RO. (Comitato Roraima di solidarietà con i Popoli Indigeni del Brasile) e il GMG (GruppoMissionario Giovanile)

Vorrei dare il mio semplice contributo al vostro invito a farci sentire sull’importanza del Cerchio: condivi-do e faccio mie le idee mandate da Giovanna A., Stefano e dagli altri amici che vi hanno scritto esull’importanza che ha per noi Il Cerchio,  non ci piove:  Il Cerchio e’ l’unica voce che è rimasta ai nativiamericani e a tutti i popoli indigeni : non lasciamola morire!Certo siamo un po’ in pochi, ma su questo si potrebbe divulgare maggiormente la nostra rivista,magari con degli incontri appoggiandoci ad associazioni già esistenti sul territorio come ad esempio gliAmici della Natura di cui io faccio parte; od ancora mediante gazebo nelle maggiori piazze italiane omeglio con dei concerti in cui esponiamo il nostro messaggio.Ci potremmo avvalere anche di emittenti locali (radio e tv) dividendoci i compiti in base alle nostreresidenze in modo da divulgare il messaggio più capillarmente possibile.Se qualcuno mi può aiutare mi potrei occupare della Vallecamonica e del lago d’Iseo.W IL CERCHIO!CIAOUGO RICCI 

La redazione ti ringrazia per le parole di incoraggiamento e esorta ancora una volta tut-ti i soci a fare il possibile per la diffusione del giornale e dei suoi contenuti; chiunqueabbia la possibilità di distribuirlo, in vari modi, può contattarci e possiamo spedirne uncerto numero di copie.

Come abbiamo già avuto modo di dire nell’ultimo numero del giornale, come CERCHIOesprimiamo la nostra gioia per la felice conclusione di una vicenda che andava avanti ormaida troppi anni: finalmente è stata ottenuta la demarcazione delle terre indigene! Ai fratelli diRoraima manifestiamo anche la nostra solidarietà per gli attacchi e le violenze subite.

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Il Cerchio 36

XXIII meeting de “Il Cerchio”

Rispescia (Grosseto) 2 - 3 - 4 giugno 2006

E siamo arrivati al XXIII° meeting e questa volta ci siamo ritrovati al Centro per loSviluppo Sostenibile di Legambiente, “I Girasoli”, a Rispescia (Grosseto). Si direbbeche un posto migliore non potrebbe esserci per il nostro meeting; cibi biologici,impianti di fitodepurazione e recupero delle acque piovane, pannelli solari,riciclaggio……compatibilità completa con i principi cui s’ispira qualsiasi appassionatodi culture pennute come noi.Erano presenti: Thea Valentina e Flavio di Heyata - Auro e Massimiliano di HukaHey - Claudio e Sandra - Toni e Margherita di Kiwani - Massimiliano di Wanbli Gleska– Gabriella - Alberto, Matteo e Vittorio di Alternativi - Giuliano e Michela - Claudia e Robertodi Mitakuye Oyasin, Antonio e Marilisa da Sassari

Ordini del giorno:1) Tour “Word from the Edge”;2) situazione associazione;3) progetto di ricerca storica;4) varie ed eventuali.

Claudio ripropone la questione del sito. Causa inutilizzo, il dominio del service provider Etico Web non è statorinnovato. Roberto di Mitakuye Oyasin si offre di gestire da adesso il sito, a cominciare dalla registrazionedel nuovo indirizzo www.ilcerchio.eu . Resta compito dei singoli e dei gruppi inviare il materiale per lapubblicazione.

Auro relaziona sul tour di “Word from the Edge 2006”, che quest’anno ha toccato Forlì, Ravenna, Roma,Udine e Ponte delle Alpi. Auro si dichiara soddisfatto dell’esito del tour, sia per la qualità dell’evento che perl’affluenza di pubblico. Huka Hey si ripropone di ripetere ancora l’evento presto, ma non l’anno prossimo. Alivello di iniziative, Huka Hey preannuncia una mostra fotografica per i prossimi ottobre/novembre sulperiodo storico compreso tra Little Big Horn e Wounded Knee.

La situazione dell’associazione.Toni relaziona il coordinamento sul bilancio dell’associazione. Le nuove quote associative dell’anno in corsosono state finora 44, quota tendenzialmente stabile rispetto agli anni precedenti, che si ritiene tuttaviaancora troppo bassa. Si propone di adottare delle iniziative volte ad aumentare la diffusione della rivista, trale quali quella di ipotizzare un’uscita della rivista come allegato periodico di un quotidiano. In forza dei buonirapporti esistenti, si decide di incaricare Thea Valentina di Heyata di contattare Marco Cinque, de “IlManifesto”, per valutare la fattibilità della proposta.

Il progetto di ricerca storica.Vittorio introduce gli aspetti generali del progetto. Dopo averne illustrato le premesse e le caratteristiche,Alberto e Matteo ne espongono i dettagli. Il progetto si propone di fare un lavoro di ricerca sugli aspettimeno noti della colonizzazione americana, allo scopo di realizzare una sorta di “controinformazionerevisionistica”. Ne segue una discussione sui criteri e sui principi che devono regolare il lavoro di ricerca.Dopo aver ascoltato il progetto, il coord.to decide di collaborare al progetto solo come consulenza, nondisponendo di fondi da destinare a questo tipo di attività. Le associazioni presenti dichiarano di garantire,oltre all’accesso alla documentazione in loro possesso, anche l’appoggio logistico necessario nel caso in cuiil progetto si concretizzasse.Il progetto pertanto sarà seguito da “Alternativi”, che terrà il coordinamento aggiornato sull’avanzamento

Coordinamento Nazionale di sostegno ai/dai popoli nativoamericani.

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del progetto.

VarieIn seguito all’esecuzione di Ray Allen, una scolaresca di Olmedo (Sassari), ci ha inviato per cono-scenza una lettera inviata al governatore della California Schwarznegger, con la quale gli hanno co-municato che non vedranno più i suoi film.

Thea Valentina e Flavio ci informano sul programma del festival “Monteciorock”, a Vicenza dal 5 giu-gno al 1 luglio, quest’anno completamente dedicato ai quattro elementi.

Alberto riferisce di aver conosciuto un gruppo di giovani Lakota che gli hanno parlato del crescentemalcontento verso i raduni estivi dei motociclisti ai piedi di Bear Butte, a Sturgiss. I Lakota hanno in-viato dei documenti nei quali preannunciano fortissime azioni di protesta e boicottaggio versoquesti raduni e soprattutto verso l’annunciata intenzione del gover-no USA di acquistare i terreni ai piedidella montagna per destinarli adarea di servizio per i motociclisti.Alberto si impegna a richiederee a fornire informazioni più det-tagliate sia per un articolo dapubblicare sulla rivista sia per fu-ture azioni di solidarietà con iLakota.

Vittorio riferisce della crescenteprotesta di tutte le tribùdell’Arizona contro l’utilizzo dellaneve artificiale per le stazionisciistiche sul S. Francis Peak, perprodurre la quale si prelevanograndi quantità di acqua a valle(non depurata) e si utilizzanoaggreganti chimici non biode-gradabili.Anche qui, si cercherà diavere notizie più det-tagliate.

La prossima riunionedel coordinamento siterrà l’autunno prossi-mo, in luogo e data dadecidere. Come sem-pre, chi fosse interes-sato a parteciparepuò contattare unodei gruppi del coordi-namento o la reda-zione.

Auro Basilicò

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“Il Sangue della Terra. Atlante geografico del petrolio” è unlibro che per la prima volta analizza e denuncia, con dati,documenti e testimonianze, i disastri ambientali, le viola-zioni dei diritti umani, le aggressioni e i crimini commessi suuno degli ecosistemi più importanti al mondo e sulle popo-lazioni indigene che lo proteggono.Ma è anche una geografia della resistenza. Popoli, come iCofanes, gli Shuar e i Kichwas, a rischio della loro sopravvi-venza, lottano contro le trivelle per difendere la“Pachamama”, la madre terra, e il petrolio che loro consi-derano il sangue stesso del pianeta.Sul banco degli imputati: 13 multinazionali del petrolio. Par-te lesa: l’Amazzonia ecuadoriana e i popoli che la abitanoda millenni e cercano di difenderla. Il libro è diviso in 16capitoli, tanti quanti sono i “blocchi petroliferi”, dati in con-cessione a Repsol, Eni, Encana e a tante altre “sorelle delpetrolio”.L’Amazzonia appare divisa e svenduta in tanti rettangolineri, in cui la foresta viene distrutta e le popolazioni assas-sinate, nel silenzio e nell’indifferenza dei media. Una ferocerincorsa al petrolio che, come in una cruenta e delirante“febbre dell’oro nero”, calpesta vite umane e incenerisce il polmone del nostro pianeta. Al di là delle

pubblicità patinate, le multinazionali del petrolio risultanoilluminate da una luce sinistra che ne svela il volto aggres-sivo e violento. I Capitoli sono arricchiti da 20 mappe geo-grafiche in cui risultano perfettamente identificabili i pozzi dipetrolio, i conflitti e le resistenze dei popoli guardiani dellaterra.

Il Sangue della Terra, realizzato dall’associazione italiana ASud, dalla Ong ecuadoriana Acciòn Ecologia e pubblicato inItalia da Derive Approdi, sarà in libreria a giugno.

IL SANGUE DELLA TERRAAtlante geografico del petrolio

Multinazionali e resistenze indigenenell’Amazzonia ecuadoriana

È uscito il nuovo numero della rivista “La causa dei popoli”,che contiene un ampio dossier sugli Indiani del Nordamerica,con particolare attenzione alle ricadute della “guerra al terrori-smo” sulle loro condizioni.“La causa dei popoli” è l’unica rivista italiana dedicata ai pro-blemi delle minoranze e dei popoli indigeni.L’indirizzo provvisorio del sito è: http://popoli.open-lab.com

Alessandro Michelucci (direttore)

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Questi sono i gruppi che attualmente costituiscono il Coordinamen-to Nazionale di Sostegno ai Nativi Americani

*Associazione Kiwani - Il Risveglio via Palagio 29 - 50065 Pontassieve (FI).Tel/fax : 055 8450201 e-mail: [email protected]

*Waga Chun c/o Piero Fantoni, Via Valinosio, 3 - Cortandone (AT), Tel 0161 849179*Associazione Wambli Glesca c/o Massimiliano Galanti, Via Val Pusteria 27, 48100 Ravenna.

Tel. 0544 0407058 e-mail: [email protected]*Coordinamento per il Monte Graham c/o Corrado Baccolini P.zza Sassatelli 34, 41057

Spilamberto (MO) Tel. 059 935140*Associazione Alter-Nativi c/o Vittorio Delle Fratte, via H.A. Taine 51 00100 Roma

Tel. 06 72673072 oppure 335 7533193 e-mail: [email protected]*Associazione Huka Hey c/o Auro Basilicò, Via Pitter 1, 33170 Pordenone. Tel. 0434 370558

e-mail: [email protected] - [email protected]*Associazione Mitakuye Oyasin c/o Claudia Sodo, Via C.F. Bellingeri 4, 00168 Roma

Tel. 06 33 88 066 - 339 37 40 640 e-mail: [email protected]*Comitato Pro Indios di Roraima (Brasile) Silvia Zaccaria c/o ASAL Ass. Studi America Latina

via Tacito 10, 00193 ROMA tel. 0039.06 32 35 389 – fax 0039.06 32 35 388e-mail: [email protected] – www.indiosdiroraima.org

*Gruoppo Heyata c/o Claudio Rigodanzo - Via Costo, 9 - 37030 Roncò (VR) Tel.045 6545052 E-mail: [email protected] : [email protected]

*Referente per la libreria de “Il Cerchio”: Giuliano Pozzi Tel. 339 63 59 170e-mail: [email protected]

*Coordinatore de “Il Cerchio”: Vittorio Delle Fratte tel. 335 7533193

e-mail: [email protected](per far parte del coordinamento e collaborare basta contattare uno dei gruppi o partecipare agli incontrile cui date cercheremo sempre di divulgare attraverso questo giornale, il sito internet e le comunicazioniai soci)

Le Tribù del Cerchio

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IL CERCHIO èl’Associazione senza fini di lucro

che coordina i numerosi gruppi ed indivi-dualità italiani che svolgono attività di sostegno

ai Nativi Americani e di salvaguardia della Madre Ter-ra: prigionieri politici, lotte per difendere le terre ancestrali

e tribali, iniziative volte alla salvaguardia delle culture native,programmi di sostegno economico e di raccolta fondi per pa-

gare spese legali e petizioni, tenendo contatti con le associazionid’oltreoceano.Questo periodico ti fa avere notizie dal continente americano, èuno spazio indipendente aperto a tutti, un posto dove confrontarsi ecrescere insieme, uno strumento di conoscenza e di lotta nato dal-l’esigenza di persone diverse, che pur vivendo lontane con esperienzee percorsi differenti sentono “qualcosa che le accomuna”.IL CERCHIO rappresenta uno dei pochi collegamenti con la realtà deiNativi in quanto le notizie, il più delle volte ignorate dal mondo della“grande informazione”, provengono da contatti diretti con essi.  Questo giornale parla anche della spiritualità, dell’arte e dellaletteratura dei Nativi Americani e sostiene le loro lotte come

sostiene quelle di ogni popolazione nativa che abbia lemedesime difficoltà a mantenere viva la propria iden-

tità culturale.

ASSOCIATI A “IL CERCHIO”

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Chi si associa usufruisce di uno sconto del 10% sull’acquisto di libri sui/dei NativiAmericani, scegliendo da un catalogo che comprende tutte le migliori uscite editoriali

italiane.

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Per Informazioni o chiarimenti, ci puoi contattare ai numeri055 8450201 (Ass.ne KIWANI) - 339 63 59 170 (Giuliano) - 335 7533193 (Vittorio)

Quota associativa per un anno, 26 Euro (che da diritto a ricevere il giornale) da ver-sarsi sul

Conto corrente postale n 26748509Intestato a:

Associazione IL CERCHIOVia San Cresci, 19

50032 Borgo San Lorenzo (FI)