IN PIENA FACOLTÀ - Ottobre 2011

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Edizione di Ottobre 2011 di "In Piena Facoltà"

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Ridotto l’adeguamento ISTAT, indennità di mora, nuova soglia ISEE

Messo all’angolo, il Rettore si rimangia molti degli aumenti proposti EL mese di luglio 2011, il Magnifico Rettore ha pensato bene di metter mano al Regolamento d‟Ateneo sulla Contribuzione Studentesca. La scelta di proporre la modifica a luglio inoltrato (e non prima, per poterne discutere adeguatamente anche con

gli studenti) si fonda su almeno un paio di ragioni: la prima è la considerazione che le immatricolazioni alle porte rendevano non rimandabile l‟intervento; la seconda, è che, ad estate inoltrata, i pochi studenti rimasti a Siena per gli ultimi esami difficilmente si sarebbero sognati di scendere in piazza per protestare. E‟ così iniziato l‟iter di modifica, che comporta il parere obbligatorio, ma non vincolante, del Consiglio Studentesco. E proprio qui, Link Siena e le altre forze studentesche hanno fatto sentire la loro voce. Questo parere, anche se non obbligatorio, è di un certo peso perché, se contrario, il Consiglio di Amministrazione non può approvare la modifica con la maggioranza semplice, ma occorre un quorum superiore, cosa che non è sempre scontata, e che ha sempre messo in allerta i rettori degli ultimi anni. In più, l‟aver chiesto un parere “urgente” ha pregiudicato il diritto di preavviso di 15 giorni col quale esso deve essere richiesto, e ciò avrebbe potuto condurre, come chiarito dal Presidente del Consiglio Studentesco in una nota ufficiale dai toni accesi, alla annullabilità della deliberazione del CdA, per violazione dell‟iter fissato nello Statuto. Alla luce di questi argomenti, il Rettore, il Pro-Rettore ed il Direttore Amministrativo hanno deciso di rivedere grandemente la loro proposta, ed in particolare si sono rimangiati tutta la serie di aumenti previsti per tutti i Corsi di Laurea a Ciclo Unico, limitando gli aumenti solo a quei corsi che, per il maggior costo delle strutture (in particolare i laboratori) necessitano di maggiori somme per il funzionamento (così Farmacia, Medicina, Odontoiatria e CTF). Inoltre, l‟aggiornamento ISTAT, applicato agli studenti di tutti i corsi di laurea, è stato limitato al solo 1,5% per il 2011 (escludendo l‟aumento per il 2010, che all‟epoca non fu operato per la bocciatura da parte degli studenti). È stata infine ripristinata l‟indennità di mora, che colpirà coloro che pagheranno in ritardo le tasse universitarie, giustificata dall‟Amministrazione con l‟esigenza di ridurre i casi (numerosissimi) di ritardo nel pagamento da parte degli studenti. La maggior conquista è comunque rappresentata dal fatto di avere ottenuto l‟innalzamento del valore dell‟indicatore della situazione economica equivalente da 20.000 a 23.000 euro. Come è noto, la seconda rata delle tasse può essere ridotta in base al reddito ed al merito di ciascuno studente. Con l‟innalzamento della soglia, avranno diritto alla riduzione per reddito coloro che hanno un valore ISEE inferiore a 23.000 euro, che è ovviamente un numero di studenti ben maggiore rispetto a coloro che godevano del beneficio con il precedente limite. Link Siena ha chiesto ed ottenuto la istituzione di una commissione per la revisione complessiva del sistema della tassazione, al fine di costruire un regime di contribuzione studentesca più equo e rispettoso della qualificazione dell‟Istruzione Universitaria quale bene comune, del quale deve esser garantita l‟accessibilità a tutti. Allo stesso modo, il nuovo sistema dovrà esser capace di colpire i molti — ahimè troppi — furbetti che, ricorrendo alle magie di un commercialista senza scrupoli, riescono oggi ad ottenere benefici non dovuti, a danno di chi ne avrebbe realmente diritto e dell‟intero sistema Paese.

Andrea Greco Rappresentante Link Siena della facoltà di Giurisprudenza

Presidente del Consiglio Studentesco

Il Rettorato. Sullo sfondo, Don Zauker in abito da

sera illustra a un elefante i vantaggi degli aumenti.

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Tra alloggi saturi e matricole a valanga, sguardo sulle problematiche

Anno nuovo, grane nuove (e anche un bel po’ delle vecchie). Che si fa? RRIVA il nuovo anno accademico e con esso arrivano le novità. Per la verità, i problemi vecchi restano e a questi se ne aggiungono di nuovi. Ciò che è rimasto, e che ci ritroviamo dall‟anno scorso, è il costo aumentato a tre euro per il pasto

alla mensa universitaria. Non ci lamentiamo del fatto che la mensa universitaria ci sia ancora. I fondi mancano. E quelli che ci sono andrebbero investiti meglio. Scopriamo che viene inaugurata una nuova residenza per gli studenti, in viale Sardegna, che rende tutti più contenti. Ciò può comportare la calmierazione del costo degli affitti dai privati delle camere, perché chi affitta non è sicuro di riuscire a farlo, è una conseguenza logica, che si riverbera anche sulla situazione residenziale per le famiglie senesi. In tal modo gli studenti senza borsa di studio alloggerebbero a un minor costo, i senesi anche, gli studenti vincitori di borsa di studio risparmierebbero l‟affitto che sono costretti a pagare in attesa che si liberi un posto effettivo e per il quale il contributo offerto dall‟ARDSU risulta davvero esiguo. Utilizzo il condizionale perché circolano voci sull‟eventuale chiusura della residenza dell‟Acquacalda. Aprirne una e chiuderne un‟altra sarebbe davvero inconcepibile. I fondi mancano. E quelli che ci sono andrebbero investiti meglio. Una novità dell‟anno impossibile da non notare è lo spropositato aumento del numero dei nuovi iscritti alla facoltà di Farmacia e al corso di Laurea di Scienze Biologiche. Leggende narrano di più di 600 nuove matricole alla prima e 400 per il secondo. I corsi slittano, l‟organizzazione degli orari deve essere rivista, gli studenti seguono le lezioni bivaccando a terra o accalcandosi nei corridoi per seguire attraverso la porta aperta, anche se questo accade in tutte le facoltà, a dire il vero. E se ci fossero quest‟anno gli scioperi dei ricercatori a cui abbiamo assistito l‟anno scorso, cosa accadrebbe? E come fare a garantire a tutti l‟uso dei laboratori? Ricollegandoci ai posti letto, è evidente che quest‟anno la speculazione e il mercato nero subiranno un‟impennata. Ma questo ci riporta a un altro tema caldo per l‟università: il numero chiuso. Pare che Siena sia rimasta l‟ultima a numero aperto per Farmacia e quasi l‟ultima per Scienze Biologiche. Ecco uno dei motivi che portano tanti studenti in città. Oltre al fatto che molti di questi sono quelli che, non avendo superato il test di medicina, si iscrivono a questi corsi per prepararsi a sostenerlo di nuovo l‟anno prossimo e magari farsi convalidare anche qualche esame. Altro problema presente per colpa del numero chiuso. Per tutta risposta circola voce che anche Siena l‟anno prossimo si adeguerà alle altre Università. Così invece di affermarsi come ultima spiaggia per l‟apertura del sapere a tutti quelli che vogliono imparare, invece di ampliare la portata didattica, ci si barrica a riccio anche qui. Sorge spontaneo chiedersi quale sia la concezione di cultura in base alla quale Siena si candida a capitale europea della cultura per il 2019. I fondi mancano. E quelli che ci sono andrebbero investiti meglio. Arriva il nuovo anno accademico e con esso continua l‟indignazione verso la chiusura della cultura e verso il tentativo di cancellare il nostro futuro. Arriva l‟autunno e non è mai abbastanza caldo, così tutti si approfittano dei giovani e, se c‟è da tagliare, l‟istruzione è sempre la prima a farne le spese. Di questo parleremo, per questo ci batteremo, nelle piazze come nei luoghi di confronto, istituzionali e non. Ci sono studenti universitari che si buttano a testa bassa esclusivamente sullo studio, senza sapere cosa accade intorno a loro, rimettendosi alla clemenza del professore per gli esami, ottenendo anche ottimi risultati ma diventando un numero essi stessi, e magari anche lamentandosi se qualcuno glielo fa presente. Ci sono studenti universitari che tanto studenti non sono ed effettivamente rovinano l‟immagine che di essi si dovrebbe avere. Ci sono infine studenti universitari che oltre a studiare per gli esami trovano modo di interessarsi di società, cultura, evoluzione del paese, e che non riescono proprio a subire passivamente gli abusi di alcun genere. Tu, che tipo di studente sei?

Antonio Totonik Gallo

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Gli studenti fanno centro: stop alle arroganze decisionali dei docenti

L’Osservatorio per la Didattica: basta coi Far West nelle facoltà ER rimettere in piedi un Ateneo messo in ginocchio da anni di mala gestione, e dai tagli sconsiderati di un Governo nazionale che teme la formazione di studenti che, domani, saranno elettori “liberi” perché dotati di capacità critica, l‟Amministrazione

dell‟Università ha individuato, quale caposaldo, quello di riaffermare la divisione delle competenze tra i vari organi e organismi, in un contesto nel quale la bufera degli ultimi anni ha legittimato ciascuno, per dirla fuori dai denti, a fare un po‟ come gli è parso. Si sono così diffuse pratiche del tutto arbitrarie, spesso in contrasto con i Regolamenti Didattici d‟Ateneo, di Facoltà e di Corso di Laurea. I rappresentanti di Link Siena negli organi, quando si sono resi conto di trovarsi davanti ad una violazione, si sono attivati immediatamente per trovare una soluzione che ristabilisse la legittimità dell‟agire di professori ed uffici. Talvolta, però, anche per i Presidi risulta difficile sradicare cattive pratiche che sono ormai consolidate, e allora la violazione rimane. I rappresentanti di Link Siena hanno scovato situazioni ai limiti dell‟inverosimile, che hanno interessato due delle maggiori facoltà dell‟Ateneo. Nella facoltà di Lettere, alcuni docenti tenevano delle prove di “sbarramento”, una per sessione, il cui superamento era condizione per frequentare i dieci appelli ordinari previsti per gli esami di profitto. Nella facoltà di Medicina e Chirurgia, alcuni docenti avrebbero “ritardato” (di sei mesi) nel trasmettere i risultati di un tirocinio frequentato dagli studenti, con il risultato che i crediti rischiavano di non essere registrati in tempo per le scadenze di calcolo tasse e borse di studio. In entrambi i casi, saggiamente, i rappresentanti di facoltà, di fronte a Presidi e Presidenti di Comitati che non sapevano come risolvere il problema (e così facendo, ne permettevano il perpetrarsi) si sono rivolti al Consiglio Studentesco. Quest‟organo, di norma, non entra nel merito di affari che riguardano le singole facoltà, ma nei casi in discorso un intervento è sembrato opportuno, vista la gravità dell‟impatto di tali violazioni sugli studenti e sulle loro carriere. In sintesi, il quadro che se ne trae è che alcuni docenti ritengono di potersi sottrarre dall‟osservare le norme che regolano la didattica nell‟Ateneo e nella loro stessa facoltà! Una simile situazione esigeva di esser posta, con forza, all‟attenzione di Rettore, Pro-Rettore alla Didattica, Direttore Amministrativo e dell‟Osservatorio per la Didattica. Dall‟ultima adunanza dell‟Osservatorio, in particolare, i docenti rappresentanti delle facoltà interessate, messi davanti all‟evidenza, hanno ammesso che l‟inerzia dei quali li si accusava c‟è stata, e l‟hanno giustificata col fatto che tanto i Presidi quanto i Presidenti dei comitati sarebbero sprovvisti di poteri “incisivi” nei confronti dei colleghi autori della violazione. Per questo motivo l‟Osservatorio ha formalmente chiesto un intervento del Senato Accademico, che è l‟organo competente, tra l‟altro, ad assumere i provvedimenti disciplinari nei confronti dei docenti. Come è evidente, quella di non avere poteri incisivi è una scusa che non regge. È preciso obbligo del Comitato per la didattica, che apprenda di una violazione in cui incorra un docente, richiamare il docente stesso e riferire al Preside. Nel caso in cui la violazione permanga, sarà il Preside a dover informare il Senato Accademico perché valuti il caso e, se ve ne sono gli estremi, applichi sanzioni disciplinari. In ogni caso, il polverone sollevato sui singoli casi citati ha permesso di eliminare le violazioni: a lettere, le prove scritte sono passate da due a otto (lo stesso numero degli appelli, dei quali diventano componente) e a Medicina i crediti sono stati registrati in tempo utile per i conteggi della segreteria e del DSU. Ciò mostra in tutta evidenza come sia stata ben riposta la fiducia degli studenti che, votando Link Siena, si assicurano la miglior rappresentanza dei propri interessi, tanto in facoltà quanto negli organi d‟Ateneo ed in quelli dell‟Azienda Regionale per il Diritto allo Studio.

Andrea Greco

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Perché affrontare (uccidendola) la bestia nera del debito pubblico

Pensieri oziosi di un economista ozioso su un sistema…vizioso N simulacro di spettro si aggira per l‟Europa. E nonostante quanto pensino e dicano Napolitano e altre vivaci intellettualità, non si tratta affatto del pericolo rappresentato dal debito pubblico, ma piuttosto dalle misure pensate (minacciate?) per contrastare il

debito pubblico stesso. È stato già messo in luce da tanti, e anche piuttosto chiaramente, come la cura da cavallo che l‟Europa e le istituzioni sovranazionali pretendono dai paesi con una esposizione debitoria pesante (Grecia, Italia e Spagna oggi, i paesi sudamericani negli anni „80) sia, più che una soluzione, una generalizzazione e un‟elevazione a livello sistemico di una situazione di crisi permanente, una situazione d‟emergenza che permetta misure drastiche che mascherano nient‟altro che una massiccia redistribuzione di reddito e potere dalle fasce più deboli a quelle privilegiate della popolazione. Tutto ciò, senza

ovviamente minimamente andare ad intaccare il problema per il quale erano state concepite o dietro al quale erano state mascherate. La spiegazione di questo non è affatto complicata o astratta ed oltre a essere a portata di ragionamento di qualsiasi persona di buon senso, non dovrebbe sfuggire a chi ha seguito almeno per un anno un qualsiasi corso di economia: come è risaputo, gli indicatori critici di “stabilità” di un paese sono rappresentati dai rapporti deficit/PIL e debito/PIL. Ora, non è complicato capire che misure capestro come quelle che oggi la Grecia si vede imposte (taglio drastico della spesa pubblica e sociale, congelamento dei salari, licenziamenti nel settore pubblico, scure sulle pensioni e sul welfare) non possano che avere effetti drammaticamente recessivi e depressivi sull‟economia interna. Cosa che si traduce in una diminuzione del denominatore degli indici sopra menzionati, con la conseguenza che ad una riduzione in termini assoluti del debito non segue affatto una riduzione del rapporto tra debito e prodotto interno lordo. È francamente curioso come nessun osservatore mainstream colga con chiarezza quanto accade nella pratica di un paese appena al di là del Mediterraneo, da mesi sotto tutela e assistenza, che nonostante le lacrime ed il sangue è chiamato anche in questi giorni ad un ulteriore e criminale sacrificio, con effetti molto probabilmente mortali sulla coesione sociale ed il livello di benessere. Incidentalmente, non si può affatto valutare quanto accade in Grecia come un caso specifico e non generalizzabile. Decenni di applicazione del Washington Consensus ad opera di FMI e Banca Mondiale hanno prodotto unicamente questi risultati, a tutte le latitudini dove sono stati applicati i dogmi prescritti, ottenendo

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unicamente la profondizzazione della crisi del debito in America Latina e nel Sud-est Asiatico e rafforzando un processo di dipendenza e colonizzazione da parte del nord del mondo che fortunatamente, negli ultimi dieci anni, sembra essere stato arrestato e forse definitivamente rovesciato, almeno in quello che un tempo veniva considerato come il patio trasero (giardino sul retro) degli Stati Uniti. Preso atto che non c‟è alcuna ragione né teorica né empirica per attendersi un risultato diverso in Italia (o in Spagna, Irlanda e tutti gli altri paesi oggi nel mirino della speculazione del grande capitale finanziario internazionale), sgomberato il campo dalla possibilità e soprattutto dall‟opportunità di cercare soluzioni tra le braccia di chi, le istituzioni europee, difende e propugna un‟ortodossia di tagli e privatizzazioni come unica ricetta possibile, è doveroso provare ad immaginare vie alternative. Curiosamente, la situazione critica in cui versano i conti patrii contiene in se i germi di una paradossale posizione di forza, che lascia prefigurare una via d‟uscita radicale dalla crisi del debito. Si è scritto e detto molto su come questo debito non ci appartenga, su come non spetti a noi farcene carico, su come debba finalmente pagare chi ha sempre prosperato come un parassita grazie a privilegi e rendite di posizione. Tutto vero, tutto giusto. Proprio per questo la via d‟uscita risiede in una posizione chiara e univoca, potremmo definirla una minaccia, che i paesi sotto attacco speculativo devono assumere di fronte ai mercati internazionali, questo nuovo soggetto della geo-politica, una minaccia che, colloquialmente, può essere riassunta in estrema sintesi: “non abbiamo i mezzi e non li avremo mai per ripagare uno stock abnorme di debito pubblico. Inoltre, non ne abbiamo nessuna intenzione, perché anche solo tentarlo avrebbe conseguenze disastrose per il nostro presente ed il nostro futuro”. Tutto questo si traduce con una semplice parola, paventata come un esito funesto e che invece deve diventare uno strumento eccezionale di pressione: default. Default che non può essere controllato o guidato (controllato e guidato da chi?), un default che deve invece essere semplice riappropriazione e liberazione da soffocanti e permanenti catene. L‟ulteriore paradosso è che una postura del genere permette anche una uscita dalla palude

perfettamente interna al “sistema”, uscita che sarebbe anche la più probabile e realizzabile: partendo dalla posizione di forza data da un pronunciamento chiaro che vada nella direzione di rinnegare gli impegni con speculatori e simili, sarebbe plausibile per i paesi indebitati contrattare con i propri creditori un rinegoziamento del debito, a condizioni maggiormente sostenibili, come ad esempio il dimezzamento dello stock da ripagare ed un allungamento delle scadenze dei titoli. Incidentalmente, questo otterrebbe anche il risultato di

“tranquillizzare i mercati” (questa fantastica e nuova espressione, estremamente in voga), allontanando il rischio di insolvenza dello Stato interessato e togliendo alla speculazione il pretesto per il proprio agire. Le possibili obiezioni?

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”Questo tipo di misure non sarebbero mai accettate dalle istituzioni internazionali e dalla comunità degli investitori.” Per quanto riguarda il primo soggetto probabilmente no, ma questa è una scelta politica chiara che va fatta. Per quanto riguarda gli investitori, la risposta è probabilmente meno netta. Di fronte alla scelta tra vedere i titoli detenuti nel proprio portafoglio dimezzati nel valore o diventati carta straccia, la prima opzione potrebbe essere preferibile, e se non lo fosse lo deve diventare, non essendo soggetta a trattative ma semplicemente qualcosa di cui prendere atto. “E i piccoli risparmiatori, che investono i guadagni di una vita in BOT e CCT?” Fermo restando che la quota di debito pubblico italiano detenuta da singoli cittadini è molto bassa (circa il 13%, tutto il resto è nelle mani di banche, società finanziarie e istituzioni sovranazionali), la perdita di valore dei titoli detenuti sarebbe più che compensata dal liberarsi da un vincolo che è usato da decenni come scusa per massicce operazioni di redistribuzione del reddito, delle quali la manovra finanziaria attuale è solamente l‟ultimo episodio, ultimo episodio che, sotto questo aspetto, non ha assolutamente nulla di dissimile da quelle firmate Prodi-Padoa Schioppa e da quelle che probabilmente saranno immaginate da un futuro governo post-berlusconiano, così restando le cose. “È un’ipotesi realizzabile e giusta dal punto di vista economico?” La domanda stessa, verosimilmente, non è legittima. Il considerare l‟economia come una scienza esatta, con le sue leggi “fisiche” universalmente vere, è un inganno profondo ed ipocrita. Alle decisioni da prendere in campo economico sottendono sempre giudizi di valore, scelte di priorità, interessi di parte (che un tempo sarebbero stati definiti interessi di classe) da tutelare a scapito di altri. Non c‟è nulla giusto o sbagliato in assoluto. Ci sono decisioni che sono giuste per le banche e per una percentuale piccolissima di popolazione, ci sono decisioni giuste per chi studia, lavora o percepisce una pensione. E sono due tipi di scelte che non si conciliano mai. Post scriptum. Un vecchio saggio sosteneva che la storia, quando si ripete, assume sempre le sembianze di una farsa. Era un vecchio saggio piuttosto lungimirante. A distanza di qualche secolo dall‟utilizzo che gli antichi Romani facevano del divide et impera, a distanza di qualche decennio dall‟impero coloniale britannico che in India, fomentando le tensioni e le divisioni etniche, si presentava come necessario per il mantenimento dell‟ordine e della pace, al giorno d‟oggi le celebri agenzie di rating fanno esattamente lo stesso gioco, presentandosi come una guida ed un faro per il povero, piccolo, disinformato e sperduto investitore che ricerca tutela per evitare che i suoi soldi vadano in fumo a causa di un cattivo investimento. Proprio qui entrano in gioco Standard and Poor‟s, Moody‟s e pochissime altre, dando utili consigli su cosa è sicuro e cosa non lo è, su cosa è al riparo dalla speculazione e dalla crisi e cosa invece rischia di essere un junk bond (tralasciamo, per amore di discussione, il fatto che spesso non ci prendono. La condotta adottata agli albori della crisi dei subprime è cosa tristemente nota). Peccato che la loro stessa presunta necessità sia data proprio dal loro agire come orientatori della speculazione stessa, come dispensatori di segnali che creano lo spostarsi di enormi flussi di capitali che portano esattamente ai misteriosi saliscendi borsistici dei quali tutti i giorni i nostri telegiornali approssimativamente ci informano, misteriosi saliscendi di cui fortunatamente il piccolo e innocente risparmiatore non si deve preoccupare perché l‟agenzia di rating di fiducia gli offre sinteticamente tutte le informazioni di cui ha bisogno. Tutto fila, ma non c‟è una certa circolarità logica in tutto il ragionamento?

Riccardo Pariboni

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Non esiste solo un cambiamento. Né solo un modo di approcciarvisi

La maturazione può davvero considerarsi una vicenda anagrafica? O sempre avuto la convinzione che più una persona cresce, più diventa consapevole, responsabile, saggia. Questa maturazione non è altro che un cambiamento, che chiamerei verticale. Per distinguerlo da un cambiamento orizzontale, definizione di un

semplice passaggio da un‟idea a un‟altra. In sostanza: in verticale si va da un pensiero a uno migliore; in orizzontale, semplicemente, si va da un pensiero a un altro. Suppongo che anche la società consideri il crescere come un cambiamento verticale, forse per questo c‟è un limite stabilito a diciott‟anni per compiere determinati atti, come firmare contratti, prendere la patente…essere eletti sindaci o consiglieri; forse per questo per essere eletti deputati ci vogliono venticinque anni, per votare per il Senato lo stesso, per essere eletti Senatori ce ne vogliono quaranta; forse per questo, per essere eletti Presidente della Repubblica, bisogna avere almeno cinquant‟anni. Anni di esperienza, di maturazione, di perfezionamento dell‟essere, verso sé stessi e verso gli altri. È così che la Repubblica Italiana si è formata, con questi principi, con questa coscienza. I valori della saggezza di una persona che cresce, i valori della necessità di saggezza per rivestire certi ruoli sociali. Ma oggi, guardando la società, sono davvero questi i valori che caratterizzano l‟Italia?

Mi sembra invece di notare che non ci siano differenze tra una persona di vent‟anni e una di settanta. Tutti litigano allo stesso modo, tutti si relazionano a sé stessi e agli altri allo stesso modo, tutti pensano a sé stessi e basta, allo stesso modo. In quarant‟anni la gente non impara ad ascoltare. Una società costruita sul vuoto. Sarà il conformismo, sarà la televisione, sarà la globalizzazione, poco importa. Forse è il capitalismo, forse il consumismo, forse non abbiamo capito cosa intendevano i maya per “fine del mondo nel 2012”... Però è strano che masse che possono farsi un‟idea di come va il mondo intorno a loro, perdano

lo slancio sociale e chiudano gli occhi per non vedere. Non so quale sia la causa e quale l‟effetto, ma quelle soglie di età di cui parlavo sembrano davvero ipocrite, dunque. Non si capisce perché un bambino di nove anni non possa votare e perché uno di venti non possa diventare Primo Ministro. Quale è la differenza? Tra un bambino di vent‟anni e un bamboccio di settanta? Quale? Forse a settant‟anni si sa capire che le persone vanno sapute ascoltare? No. Forse a settant‟anni si sa capire che per rendere costruttivo un dialogo bisogna saper interpretare le parole dell‟una e dell‟altra parte, e poi renderle comprensibili alle parti a vicenda? No. A settant‟anni si capisce che se due persone stanno bene è meglio che se ne sta bene una sola? No. A settant‟anni si capisce che il mondo lo prendiamo in prestito dai nostri genitori e lo passiamo ai nostri figli? No. A settant‟anni si capisce che il mondo è dei giovani? No. Un ventenne lo capisce, ma passa per opportunista. A settant‟anni si capisce che un mondo migliore per tutti è possibile, che ci sono metodi, tecnologie, risorse per farlo? No. Un ventenne lo capisce, ma non lo ascolta nessuno. Ho capito che la società non premia chi cambia in verticale, ma chi, nel crescere, impara a cambiare meglio degli altri in orizzontale, passando da un‟idea a un‟altra, che non è mai una migliore. Come la pallina di un flipper, come un perenne venduto, senza la capacità e la volontà di farsi uomo civile.

Antonio Totonik Gallo

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Gli Ingresso Libero, figli di un grandissimo poeta e di una società malata

Riflessioni sul successo di una cover band di un profeta crotonese Siena c‟è un gruppo che riscuote successo più regolare di un diesel: dove attaccano il jack, è tutto sistematicamente esaurito. Non chiamano gli Hell‟s Angels a far da security, né hanno quarantordici fantastiliardi (sic) di follower decerebrate su Facebook: sono cinque

normalissimi ragazzi, un gruppo che canta le canzoni (“che sentiva sempre a lu mare”, bien sûr) di Rino Gaetano. Benvenuti nel magico mondo degli Ingresso Libero, ragazzi. Il line-up dovrebbe essere già noto a chi bazzica con frequenza i loro concerti: la voce è quella di Alexandro Furia, alla chitarra c‟è il “senatore” Stefano Castagna, le basse frequenze sono il dominio di Tobia Ciaglia, le pelli le pesta Pippo Guidarelli, e ai tasti bianchi e neri provvede Alessandro Filardi. Una macchina da spettacolo collaudatissima, un ingranaggio di trascinamento garantito dal Barone Rosso al Cambio, passando per le tante feste di Link Siena dove sono nati e cresciuti. Ma cosa c‟è dietro il devastante successo degli Ingresso Libero? Solo la tecnica, l‟affiatamento? Provo ad azzardare una risposta: non solo. Forse la scintilla che innesca tutta la reazione è proprio Rino Gaetano da Crotone. Provo adesso ad abbozzare un‟argomentazione. Chi è — chi era, sigh — Rino Gaetano? Risposte a caso: una mente libera, un sognatore romantico, uno spirito terrone (ehm, lo scrivente è di Bitonto, tifa Bari e si porta da casa olio, pane, salumi e formaggi), un occhio attento, un grande cuore. Bene, potrebbe bastare. Un terrone che sogna una libertà non di cartone, con realismo ma senza rinunciare alla solidarietà e a un pizzico di romanticismo. Più o meno, il ritratto di una vasta fetta di fuorisede. Fuorisede spesso frustrato e soffocato nelle sue doverose ambizioni: non è facile convivere con un governo che gli strozza il futuro (“con la cultuva non si mangia”, cit.), peraltro con il placet di un partito che ha fatto del tiro al terùn/nègher/culatùn di turno un pilastro del suo credo politico; con un ideale di “libertà” reso cianotico dal Dio Denaro (aggettivo blasfemo a caso); con un modello comportamentale imposto dai media che ha stravolto le gerarchie etiche e decisionali nella direzione di una “camorra fredda”: posizione sociale e rispetto esteriore da difendere a colpi di arroganza — incruenta, per carità, mi si sporcano le scarpe nuove. Il resto è fuffa, e non ci compri il caviale. Sfigato, invidioso e magari comunista, hi hi hi. E allora viene quasi normale gridare inni come Nuntereggae più, La zappa, il tridente, il rastrello, Rosita, Agapito Malteni il ferroviere, Ad esempio a me piace il sud, fino all‟immancabile Ma il cielo è sempre più blu, come atti liberatori contro una società avvelenata e sorda, molto poco liquida (sorry, professor Bauman) e anzi decisamente solida, marrone e ricca di acido solfidrico e mercaptani. A buon intenditor. E insomma: sì, abbiamo un fottutissimo bisogno degli Ingresso Libero e di Rino Gaetano. Ad oggi, solo la bravura degli uni e il genio dell‟altro possono davvero interpretare la rabbia, la determinazione e la passione umana e sociale dei tanti ragazzi che vanno in visibilio ai primi accordi de L’operaio della Fiat (La 1100). Perché Rino è il menestrello di quella che un certo ministro della Repubblica chiama, tronfio del suo scranno romano, “l‟Italia peggiore”. Un popolo torchiato da un meccanismo tarato male e tenuto peggio, silenziato da servi con gli zinnannà (a beneficio dei non appuli: i piatti da banda) o da golem coi manganelli. Sfruttato, represso, calpestato, odiato. E ti aaaaaaaaamo, Maaaaaaaaaariùùùù, oh, oh, oh oh…

Francis Sannicandro

“Aida, come sei bella…” R.G.

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Vi presentiamo la sottile linea tra lo scrivere una storia e viverla

Eh, sì: succede anche a Siena. Ma probabilmente non lo saprai mai… SCII anche quella sera. Faceva freddo, e sbattevo i piedi per terra mentre camminavo. Fumavo sen-za fumare, le nuvole di condensa mi mettono allegria, mi diverte “fare la nebbia”. La notte prima avevo avuto caldo con lei sopra di me, e quel bacino era arte, quel suo modo di muo-

verlo, fluido, da perderti nel suo giro, scivolando tra piacere e sudore, e lasciandoti andare ad un orgasmo precoce, senza nemmeno accorgetene. Poi era uscita dal letto, si era rivestita e se ne era andata. Avevo diritto, con ragione, ad una seconda volta. La rivincita non si nega a nessuna. Quella sera non sapevo dove fosse. Ero stanco. Ero andato a letto alle sei di mattina, ero sveglio dalle undici. Ero molto stanco. Chiesi una sigaretta fatta ad un passante. Non me la diede. Me ne girai una, tranquillamente seduto su un gradino. La Moretti da 66cl era ghiacciata e la sorseggiai, andando contro il luogo comune di mezza birra a sorso. L’inverno, per antonomasia, è sempre il declino dei luoghi comuni, può essere anche chiamato pausa, letargo, sonno stagionale. Sta di fatto che ero stanco e bevevo a piccoli sorsi la birra universitaria per eccellenza. Accesi la sigaretta. Pensai che avrei voluto avere quella seconda volta, per gustarmela. La prima volta è sem-pre un attimo bruciato nella scoperta, nella fame di sapere, nella forza centrifuga di un bacino come quello. Erano le dieci, poca gente in giro e nessuna speranza di vederne di più con l’avanzare del tempo. Non ho mai

rimpianto l’estate, mi è sempre piaciuto il freddo, ho sempre dato la colpa per la desolazione di gennaio alla gente. Almeno questo luogo comune non declina mai. Delle ragazze passarono, dai loro sederi le giudi-cai ottimi termini di paragone, era un chiodo fis-so, avrei voluto averla sopra di me. La conoscevo di vista, capita quando sei da più di un anno a Siena, e soprattutto rimbalzi nello strettissimo spazio delle mura. Ci siamo presentati tanto per caso, quanto forzatamente le sono finito addosso. “Scusa, sono un po’ brillo”, è stata la mia scusa. “Tranquillo, lo sono anch’io”, è stata la sua ri-sposta, che mi è suonata come un invito. La maggior inibizione nelle relazioni è il nostro

cervello. L’alcol aiuta ad aggirarla, e l’ingenuità con cui ho creduto che quello fosse un invito mi ha convinto a provarci. Ma quella sera non avrei potuto dire dove fosse, e sinceramente ero sicuro che non sarebbe uscita. È questo il problema delle donne: basta una notte di sesso con uno sconosciuto per appagare il loro senso di avventura o per eliminarlo come disdicevole errore. O forse sono le troppe seghe che mi fan venire sempre vo-glia di una mano estranea. Arrivai in piazza, i tre tizi seduti vicino alla fonte mi aspettavano con due bottiglie di vino piene ed una vuo-ta, per certo prese alla Conad. Per quanto fosse scadente quel vino, ridevano con le giacche,braccia e bocche aperte, incuranti del freddo e che fosse metà settimana. “Questa città è un mortorio.” “E chi se ne frega! Finché l’acqua fa male...” “...il vino farà cantare!” Dicono che le matricole siano le peggiori: bevono, si ubriacano e vomitano dappertutto, perché si ritrovano senza il guinzaglio dei genitori, e naturalmente puntano all’estremo di quella che credono essere “libertà”. Quei tre tizi, dopo due e anche quattro anni di università, sfatavano un altro luogo comune. Mi sedetti, alzai la Moretti e bevvi quanto riuscivo a reggere con la gola gelata. Dovevo raggiungerli, scon-figgere la stanchezza e non pensare che mi sarei dovuto soddisfare da solo. Purtroppo questo è rimasto quella sera un ultimo, triste luogo comune.

H.

Ottobre 2011 in piena facoltà 11

Sbloccati i crediti a Giurisprudenza – Proroga alle Professioni Sanitarie

Dal Polo Mattioli a San Miniato. Passando dalla Sala Consiliare… UANDO qualcosa va male circola sulla bocca di tutti e nessuno si tira indietro dal punta-re il dito verso qualcuno. Quando qualcosa va bene non se ne accorge nessuno e nessuno ne parla.

Tutti gli studenti che passeranno dal vecchio al nuovo piano di studi del corso di laurea magistrale non si saranno neanche accorti che il 15 settembre 2011 c‟è stato un Consiglio di Facoltà, nel quale i rappresentanti di Link Siena, Tobia Ciaglia e Andrea Greco, sono riusciti a far passare una lo-ro proposta. Tutti questi studenti non si saranno accorti che se non risultano fuori corso è solo merito di questa modifica. Infatti prima di tale data era stato approvato, e comunicato con un avviso di facoltà sul sito internet, che i crediti che valevano per potersi iscrivere agli anni suc-cessivi al primo erano quelli calcolati sul nuovo piano di studi, mentre gli esami che già erano stati sostenuti ma risultavano adesso in anni successivi, venivano congelati, per scongelarli negli anni opportuni. Grazie alla modifica approvata, invece, per valutare a quale anno si deve i-scrivere uno studente che transiti al nuovo piano di studi, si considerano tutti i crediti ottenuti sul vecchio piano di studi, quindi compresi gli esami congelati. Gli studenti si sarebbero ritrovati iscritti come fuori corso, con perdita di borse di studio, carriera universitaria macchiata, e la sola colpa di aver sostenuto gli esami con la diligenza necessaria di uno studente universitario; mentre se possono adesso stare tranquilli, con il naso sui libri senza ne-cessità di alzare la testa per guardarsi intorno a vedere cosa succede, il merito va alla fiducia ripo-sta nei rappresentanti di Link Siena.

Pochi avranno notato che quest‟anno le immatricolazioni ai corsi di laurea in tutte le Professioni Sanitarie, relativamente alla prima graduatoria valida, hanno su-bito una proroga di due giorni, dal 27 al 29 settembre. Certo gli studenti che ne hanno giovato se ne saranno accorti. Si era venu-ta a creare, infatti, una situazione particolare: il test veniva soste-nuto l‟8 settembre, da tale data la graduatoria sarebbe dovuta u-scire entro 15 giorni, cioè entro il 23, cioè un venerdì; tutti gli an-ni le graduatorie escono sempre all‟ultimo giorno utile, con la motivazione che la segreteria a Siena lavora con più puntigliosità che nelle altre città, così da evitare errori; praticamente circa 300 studenti si sarebbero dovuto immatricolare in soli due giorni, cioè il 26 e il 27, con evidenti disagi sia per i fuori sede che i non. I rappresentanti di Link Siena, notando tale situazione, hanno in-formato tempestivamente il Presidente del Consiglio Studentesco, Andrea Greco, che altrettanto tempestivamente ha messo al corrente il rettore e il pro-rettore per la didattica. Pochi giorni dopo veniva approvata, per la prima volta in tanti anni, una proroga eccezionale al termine per le imma-tricolazioni per la prima graduatoria delle professioni sanitarie.

Antonio Totonik Gallo

12 in piena facoltà Ottobre 2011

Sferzante postilla umoristica a cura di Viva la Satira (facebook.com/vivalasatira)

Questo giornalino è in distribuzione gratuita grazie al contributo dell’Azienda Regionale

per il Diritto allo Studio Universitario