IMPOSTA SUL VALORE A GGIUNTO Sommario 1.

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IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO Sommario 1. Premessa: la matrice comunitaria del tributo 2. Le imposte sui consumi dalla quantità di merci al “valore aggiunto” 3. Il meccanismo di funzionamento dell’IVA : la simmetria “addebito –detrazione” e la tassazione del consumo finale 4. La simmetria del sistema e l’autonomia delle nozioni IVA 5. Le operazioni IVA: requisito oggettivo e l'importanza della distinzione tra cessioni di beni e prestazioni di servizi 6. L’attività d’impresa o di lavoro autonomo come requisito per l’assoggettamento ad IVA e come differenza tra diverse modalità di tassazione 7. La territorialità dell'imposta 8. Il momento di effettuazione delle operazioni, la sua importanza nel sistema dell'IVA e il concetto di «esigibilità» dell'imposta 9. I regimi impositivi delle operazioni IVA: le operazioni imponibili, non imponibili ed esenti 10. Le Operazioni esenti, i limiti alla detrazione e il concetto di agevolazione nell’IVA. 11. La base imponibile (cenni alle «operazioni accessorie» e a quelle «escluse dalla base imponibile») ed i problemi connessi alla scelta dell'aliquota 12. La rivalsa, gli adempimenti del cessionario, e le controversie tra i due soggetti. 13. La detrazione dell'IVA sugli acquisti: limitazioni al rimborso e operazioni con IVA indetraibile 14. Il mutamento delle condizioni che regolano la detrazione dell'imposta a monte: la funzione dell'autoconsumo e della rettifica della detrazione 15. I regimi speciali e forfettari di determinazione dell'IVA 16. Gli obblighi formali: dichiarazioni di inizio di attività e obblighi di fatturazione 17. Le variazioni alle operazioni imponibili

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IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO

Sommario 1. Premessa: la matrice comunitaria del tributo 2. Le imposte sui consumi dalla quantità di merci al

“valore aggiunto” 3. Il meccanismo di funzionamento dell’IVA : la simmetria

“addebito –detrazione” e la tassazione del consumo finale

4. La simmetria del sistema e l’autonomia delle nozioni IVA 5. Le operazioni IVA: requisito oggettivo e l'importanza

della distinzione tra cessioni di beni e prestazioni di servizi

6. L’attività d’impresa o di lavoro autonomo come requisito per l’assoggettamento ad IVA e come differenza tra diverse modalità di tassazione

7. La territorialità dell'imposta 8. Il momento di effettuazione delle operazioni, la sua

importanza nel sistema dell'IVA e il concetto di «esigibilità» dell'imposta

9. I regimi impositivi delle operazioni IVA: le operazioni imponibili, non imponibili ed esenti

10. Le Operazioni esenti, i limiti alla detrazione e il concetto di agevolazione nell’IVA.

11. La base imponibile (cenni alle «operazioni accessorie» e a quelle «escluse dalla base imponibile») ed i problemi connessi alla scelta dell'aliquota

12. La rivalsa, gli adempimenti del cessionario, e le controversie tra i due soggetti.

13. La detrazione dell'IVA sugli acquisti: limitazioni al rimborso e operazioni con IVA indetraibile

14. Il mutamento delle condizioni che regolano la detrazione dell'imposta a monte: la funzione dell'autoconsumo e della rettifica della detrazione

15. I regimi speciali e forfettari di determinazione dell'IVA 16. Gli obblighi formali: dichiarazioni di inizio di attività

e obblighi di fatturazione 17. Le variazioni alle operazioni imponibili

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18. Registrazione contabile operazioni attive e degli acquisti. Le liquidazioni e i versamenti infrannuali

19. Dichiarazione annuale

1. Premessa: la matrice comunitaria del tributo

Il commento minuzioso alle disposizioni normative, in una voce enciclopedica, sarebbe al tempo stesso dispersivo e incompleto, visti i limiti di spazio; abbiamo preferito quindi selezionare alcune strutture portanti dell’imposta, utili a fini formativi da un lato e ricostruttivi dall’altro. Iniziamo dalla finalità di colpire il consumo “finale”, accompagnato dal metodo di applicare il tributo anche nei passaggi tra soggetti IVA e con consumatori finali.

Va anche evidenziato che l’IVA risponde ad un modello impositivo omogeneo adottato dai vari Stati della Comunità Europea; benché l’attuazione dell’IVA sia avvenuta prevalentemente con decreti legislativi su delega parlamentare, a monte della legislazione interna si trovavano peraltro, per quanto riguarda la struttura fondamentale del tributo, non soltanto ben precise direttive comunitarie spesso talmente dettagliate da costituire un notevole vincolo per lo stesso legislatore nazionale 1, nonchè un importante strumento interpretativo del diritto interno, ma anche regolamenti 2.

1 Il sistema dell'imposta, finalizzato ad essere condiviso dai Paesi della Comunità, è stato analiticamente disciplinato con direttive della comunità stessa. Il necessario presupposto è che le sue nozioni siano definite in modo uniforme nei Paesi della Comunità. Il recepimento di tali atti è però avvenuto, non soltanto nel nostro Paese ma in quasi tutti quelli della Comunità, sulla base di nozioni ed istituti giuridici mutuati da altre branche dell'ordinamento.

Il sistema dell'Iva utilizza, infatti, molte nozioni, come le cessioni di beni, le prestazioni di servizi, il mutuo, l'appalto, l'esercizio di imprese, il valore normale, la consegna o spedizione, la residenza nel territorio dello stato, i "beni relativi all'impresa", etc., che hanno un significato ben preciso in altre branche dell'ordinamento ed in particolare nel sistema delle imposte sui redditi e nel diritto civile.Questo potrebbe però condurre ad una diversa definizione della fattispecie impositiva, con vere e proprie asimmetrie in caso di rapporti internazionali: ad esempio duplici

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2. Le imposte sui consumi dalla quantità di merci al “valore aggiunto”

I dubbi connessi al particolare meccanismo di funzionamento del tributo sono stati superati e c’è una sostanziale concordia sul fatto che la capacità economica colpita dal tributo sia il consumo finale; ci troviamo, quindi, di fronte alla moderna evoluzione dei tributi sui consumi che in passato vennero applicati sulle quantità fisiche di merci, senza addentrarsi in calcoli sui loro valori, o men che meno sui corrispettivi della loro vendita.

Le imposte sui consumi, che in passato potevano essere applicate direttamente dai pubblici poteri con relativa facilità, controllando porti, vie di comunicazione, luoghi di mercato e stabilimenti di produzione, furono in genere prelevate in capo a chi movimentava grosse quantità di beni, come produttori, importatori, grossisti o singoli rivenditori, i quali se ne rivalevano sui consumatori, da un punto di vista meramente economico; questo meccanismo si è trasmesso anche all’attuale imposta sul valore aggiunto che viene prelevato normalmente da soggetti con un certa organizzazione e che nella fase della vendita “al minuto” vede un corrispettivo normalmente comprensivo dell’imposta. applicazioni della stessa imposta nello stato del fornitore e in quello del cliente, oppure mancata applicazione dell’imposta nell’uno e nell’altro. Queste conseguenze contrastano con l’obiettivo dell’armonizzazione e della costruzione di un grande unico mercato comunitario, con le stesse caratteristiche di un mercato nazionale.

Il sistema definito dalle direttive comunitarie e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee resta quindi quello cui si deve fare riferimento, soprattutto in tema di scambi comunitari, che richiedono una simmetrica individuazione delle operazioni.

La Corte di Giustizia ha, in proposito, affermato, con costante giurisprudenza, l'autonomia delle nozioni rilevanti per il sistema comune d'imposta ed ha evidenziato come l'accoglimento di nozioni enucleate in altri ordinamenti possa trovare spazio nel sistema comune d'imposta, soltanto laddove queste non contrastino con le direttive comunitarie.

Occorre, quindi, essere molto cauti verso meccanici trasferimenti nel sistema dell'Iva di soluzioni elaborate nel sistema delle imposte dirette, dovendo verificare caso per caso, se le diverse logiche dei due tributi giustifichino eventuali divergenze.

2 DEL FEDERICO, Tutela del contribuente ed integrazione giuridica europea, Pescara, 2003, 9.

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Questa elementare tassazione “a quantità” impediva però di considerare la diversa qualità dei beni, ove essa non si manifestasse in caratteristiche esteriori, rilevabili in modo snello dagli uffici preposti all’applicazione dei tributi. Inoltre, tale criterio di tassazione non era adeguato ai “consumi di servizi”, colpiti solo in relazione ai beni utilizzati per prestare il servizio medesimo, ad esempio la stoffa per il sarto, o il cibo per il ristoratore, ma non sul maggior valore dovuto all’opera del fornitore (non a caso, le attività di servizi venivano talvolta colpite indirettamente, attraverso le c.d. “imposte di patente”, commisurate al mero esercizio dell’attività).

L’imposta generale sull’entrata (IGE) fu un primo tentativo di colpire i consumi avvalendosi di strumenti analitico-contabili, cioè seguendo le forniture di beni e servizi nelle varie fasi della produzione e della distribuzione. Oltre ad essere spesso applicata in modo forfetario presuntivo. l'imposta era anche cumulativa, in quanto veniva applicata ad ogni stadio della produzione, con risultati tanto più gravosi quanto più fossero numerosi i passaggi di beni e servizi “a monte” del consumo finale. Proprio per ovviare a questo inconveniente, venne elaborato il particolare meccanismo procedurale che caratterizza l’IVA, dove tutti gli imprenditori e i professionisti devono applicare il tributo ai corrispettivi richiesti ai clienti, potendo pero’ detrarre il tributo dovuto ai propri fornitori, con diritto al rimborso di eventuali eccedenze a credito 3. In questo modo, di fatto e per differenza, l’imposta finisce per gravare sul solo consumatore finale. Un criterio alternativo avrebbe potuto essere quello di non applicare l’IVA a chi si qualificasse, di fronte ai propri fornitori, come imprenditore e professionista. Questo criterio avrebbe evitato il complesso meccanismo della detrazione dell’imposta a monte, ma avrebbe reso necessario controllare l’effettiva natura di imprenditori o professionisti da parte di coloro che si fossero qualificati come tali ai rispettivi fornitori, per evitare l’addebito del tributo, nonché l’utilizzazione dell’acquisto per

3 BASILAVECCHIA, Situazioni creditorie del contribuente e attuazione del tributo. Dalla detrazione al rimborso nell'imposta sul valore aggiunto, Pescara, 2000, passim.

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la loro attività economica e non per bisogni privati. Si preferì quindi, per esigenze di cautela fiscale, scegliere di applicare l’imposta in tutti i passaggi, evitando distinzioni a seconda che i clienti fossero consumatori finali o meno 4.

Proprio l’Italia, caratterizzata (soprattutto negli anni sessanta del ventesimo secolo) da una struttura distributiva estremamente frammentata e difficilmente controllabile, si oppose all'introduzione di un'imposta applicata al solo stadio del consumo finale e quindi all'ipotesi di non applicare il tributo a coloro che si qualifichino come imprenditori e professionisti. Questo criterio riemerge però quando la detrazione sarebbe troppo complessa: un caso eclatante è quello dei rapporti tra soggetti comunitari di stati diversi, dove la detrazione dovrebbe essere concessa da stati diversi da quello in cui risiede il beneficiario; nel caso dell'applicazione dell’IVA agli scambi all'interno della Comunità europea, di cui diremo a suo tempo, il fornitore estero non applica il tributo a chi esibisca una partita IVA e dichiari di acquistare nell’esercizio di un’impresa o di una professione. Certo, se fosse stato adottato anche negli scambi interni questo criterio, sarebbe stato ancor più manifesto, anche nella nomenclatura legislativa, il riferimento del tributo al consumo finale.

Nel meccanismo basato sulla detrazione, il consumo emerge “in controluce”, “per differenza”, in capo ai clienti privi del diritto a detrazione, in quanto “non agenti nell’esercizio d’imprese, arti o professioni”. Il riferimento al consumo rimase quindi il grande assente della nomenclatura legislativa, ma questo “convitato di pietra” aleggia dietro tutti gli istituti normativi. Anche se raramente viene chiamato per nome da una legislazione, comunitaria e interna, che ha scelto il sistema della “detrazione”, il consumo finale resta l’elemento di capacità economica che giustifica il tributo 5. A questa scelta tecnica è dovuta anche l’espressione “valore aggiunto” che sarebbe improprio riferire al “valore aggiunto” come dato di contabilità nazionale, e serve invece a ricordare

4 GIORGI, Detrazione e soggettività passiva nel sistema

dell’imposta sul valore aggiunto, Padova, 2005, 15. 5 CORDEIRO GUERRA, L'Iva quale imposta sui consumi, in Rass.

Trib., 2000, pag. 322 e ss..

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la neutralità del tributo; l’IVA dovuta da ciascun fornitore è sul “valore aggiunto” nel senso che essa avviene al netto delle precedenti applicazioni del tributo. Il “valore aggiunto” nell’IVA non è quindi aggiunto rispetto all’utilizzo di determinati fattori produttivi, bensì rispetto alle precedenti applicazioni del medesimo tributo.

3. Il meccanismo di funzionamento dell’IVA : la simmetria “addebito –detrazione” e la tassazione del consumo finale

L’IVA, riferendosi ai corrispettivi, si presta ad operare efficaciemente in quei contesti economici in cui è forte la presenza di grandi enti con una certa organizzazione amministrativa; quest’ultima rende, infatti, necessaria –prima di tutto per finalità interne alla struttura- una certa rigidità nella registrazione degli incassi, e sottrae al titolare la possibilità di acquisirli direttamente e di ometterne la registrazione fiscale 6.

Una volta agganciata l’imposta all’analisi delle singole operazioni, in base ai corrispettivi, il consumo finale poteva essere raggiunto attraverso due possibili regimi delle operazioni “intermedie”, intercorse cioà tra operatori economici “a monte” del consumatore. Un meccanismo si basa non imponibilità delle operazioni intercorse tra operatori economici, ed un altro sulla loro piena rilevanza impositiva, accompagnata però dalla detrazione in capo all’acquirente, che rende economicamente neutra l’applicazione dell’imposta.

Come regola generale, la scelta è caduta su questa seconda modalità, ed il fornitore, se imprenditore o professionista, deve addebitare al cliente il tributo, proporzionale al corrispettivo contrattuale, e versarlo all'erario, al netto dell’IVA da lui stesso corrisposta ai propri fornitori (art. 17 D.P.R. 633); i soggetti iva possono quindi detrarre l’imposta

6 I tentativi di colpire i consumi con tributi commisurati ai corrispettivi possono però avere successo solo in un’economia moderna, in cui “grandi enti”, come l’industria, la distribuzione organizzata, intercettano, per conto del fisco, buona parte dei redditi e dei consumi.

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dovuta ai loro fornitori dall'IVA sulle operazioni attive, col diritto al rimborso di eventuali eccedenze. In questo modo l'IVA giunge a colpire il consumo finale, mostrandosi invece neutrale nei «passaggi intermedi» di beni e servizi tra produttori, commercianti e professionisti. Quando la tassazione giunge al consumo finale, essa puo’ considerarsi davvero “sul valore aggiunto” rispetto alle precedenti applicazioni del tributo tra produttori, distributori e altri operatori economici. Questo criterio generale, come si è detto, fu però, sin dall’origine, affiancato da ipotesi in cui era adottato il suddetto criterio della “non imponibilità” nei confronti dei soggetti IVA: quest’ultimo criterio, nel 1993, è divenuto la regola nei rapporti “intracomunitari” tra soggetti IVA. Successivamente, questo sistema è stato esteso anche a talune operazioni “interne”, per limitare le frodi che si verificano quando il cliente versa, e detrae, un’imposta che il fornitore omette di versare, sfuggendo poi di fatto, rendendosi irreperibile, all’esecuzione coattiva.

4. Le operazioni IVA: requisito oggettivo e l'importanza della distinzione tra cessioni di beni e prestazioni di servizi

L'articolo 1 del decreto IVA definisce i requisiti necessari perché una operazione rilevi ai fini del tributo, stabilendo che deve trattarsi di cessioni di beni (art. 2) o prestazioni di servizi (art. 3) effettuate (art. 6) nel territorio dello Stato (art. 7) nell'esercizio di impresa (art. 4) o di arti e professioni (art. 5) nonché le importazioni da chiunque effettuate. In assenza del requisito oggettivo, di quello soggettivo e di quello territoriale, viene meno la rilevanza IVA dell’operazione, comunemente chiamata esclusa dal tributo.

Le modalità applicative del tributo seguono criteri diversi a seconda che l’operazione si inquadri tra le cessioni di beni o tra le prestazioni di servizi. E’ una distinzione strutturale del diritto tributario per cui si rimanda alla voce Cessioni di beni e prestazioni di servizi-Diritto tributario. Tra i due concetti, come sempre accade nelle scienze sociali, ci sono sfumature

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intermedie, e alcune norme sulle cessioni e sulle prestazioni servono proprio a regolamentarne alcune. A tal fine sono regolate (in genere inserendole tra le prestazioni di servizi) alcune operazioni caratterizzate da un misto di “dare” e di “fare”, come le somministrazioni di alimenti e bevande nei pubblici esercizi, per le cessioni di opere dell'ingegno e le cessioni di contratto.

La distinzione tra cessioni di beni e prestazioni di servizi non influenza in genere l’an bensì il quomodo dell’assoggettamento ad IVA, in quanto le due categorie di operazioni hanno un regime diverso sotto vari profili, tra cui il momento impositivo, il regime dei commercianti al minuto e l'obbligo di richiedere ad essi fattura, le prestazioni gratuite, il regime della ricevuta o dello scontrino fiscale, ed altri aspetti che ritroveremo in materia internazionale, e intracomunitaria, dall’appartenenza all’una o all’altra categoria può invece addirittura qualche volta dipendere l’assoggettamento o meno a tributo .

5. L’attività d’impresa o di lavoro autonomo come requisito per l’assoggettamento ad IVA e come differenza tra diverse modalità di tassazione

Le cessioni di beni e le presazioni di servizi per rientare

nella sfera di applicazione del tributo debbono essere effettuate dai soggetti IVA, cioè esercenti una attività economica di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate; la normativa interna prevede, quindi, perché un'operazione rientri nel campo di applicazione dell'IVA, che sia posta in essere nell'esercizio d'imprese, arti o professioni (queste ultime chiamate per brevità «lavoro autonomo») 7.

In linea di principio, e salvo eccezioni, l'IVA è, tuttavia, dovuta secondo le stesse modalità da imprenditori e lavoratori

7 SAMMARTINO, Profilo soggettivo del presupposto dell'Iva, Milano, 1979, passim.

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autonomi, sia perché tale distinzione è sconosciuta nel diritto comunitario, sia perché l'IVA deve essere applicata in modo simmetrico negli scambi tra i paesi membri della Comunità. Per quanto riguarda gli obblighi formali la distinzione ha rilievo nei casi in cui la normativa fa riferimento alle sole «imprese» o al solo esercizio di «arti e professioni».

Il requisito soggettivo IVA sussiste solo per le operazioni avvenute «nell'esercizio dell'attività», e non per quelle che i soggetti compiono alla stregua di tutti gli altri privati consumatori finali.

Per altre indicazioni su questi profili soggettivi IVA vedasi le voci Impresa(diritto tributario), Lavoro autonomo(diritto tributario) e Imprenditore Agricolo (diritto tributario).

6. La territorialità dell'imposta L'art. 7 stabilisce a quali condizioni un'operazione si

considera «effettuata nel territorio dello Stato» e quindi rientrante nel campo d'applicazione dell'imposta sotto il profilo della territorialità, come prevede l'art. 1.

Le operazioni che, in base all'art. 7, non si considerano «effettuate nel territorio dello stato» non rientrano, quindi, nel campo di applicazione dell'IVA; tali operazioni non devono perciò essere confuse con le operazioni «non imponibili» per le quali il presupposto territoriale si realizza, come conferma il loro assoggettamento agli obblighi formali di fatturazione, dichiarazione etc. 8.

Il principio generale, tipico delle imposte sul consumo, è quello della tassazione nel paese di destinazione, dove cioè avviene il consumo finale. Questo spiega il regime delle cessioni all'esportazione, la cui «non imponibilità» non ha carattere agevolativo, discendendo invece dai principi generali

8 Osserviamo per completezza che l'ultimo comma dell'articolo 7,

secondo cui le operazioni non imponibili (esportazioni etc.) non si considerano «effettuate nel territorio dello stato», contraddice tutto il resto della disciplina prevista per tali operazioni (fatturazione, registrazione, etc.) ed è perciò stato oggetto di una uniforme «interpretazione abrogante» anche se esplica una qualche limitata funzione, come ad esempio nel caso del rimborso a non residenti.

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del tributo. Più difficile è invece stabilire, come vedremo, dove avviene il consumo finale delle prestazioni di servizi.

Ciò spiega perché i criteri di territorialità sono diversi a seconda che si tratti di cessioni di beni o di prestazioni di servizi, e conferma incidentalmente l'importanza di questa distinzione 9.

Le cessioni si considerano effettuate in Italia quando i beni si trovano nel territorio dello Stato, nella condizione doganale di beni nazionali, nazionalizzati o in temporanea importazione.La territorialità delle cessioni di beni dipende perciò dal luogo dove si trovano i beni stessi, a nulla influendo la residenza delle parti tra cui avviene l'operazione; anche le cessioni intervenute tra due residenti in Italia saranno perciò fuori campo IVA se riguardanti un bene sito all'estero. Al contrario potranno considerarsi «effettuate nel territorio dello Stato» operazioni in cui entrambe le parti, od una di esse, non sono residenti; le operazioni Iva effettuate da non residenti nel territorio dello Stato o della Comunità, infatti, devono essere attratte a tassazione, almeno tendenzialmente, alle medesime condizioni a cui analoghe operazioni effettuate da soggetti residenti sono soggette all'imposta, perché non vi siano distorsioni della concorrenza.

L'occasione è, quindi, importante per precisare che, ogniqualvolta un'operazione (cessione di beni o prestazione di servizi) è effettuata nel territorio dello stato da un non residente, il non residente deve registrarsi in tale territorio ai fini IVA, identificandosi direttamente, istituendo una stabile organizzazione o nominando un rappresentante fiscale, a meno che la soggettività IVA dell'acquirente italiano consenta a quest’ultimo di emettere una cosiddetta «autofattura», registrando l'imposta sia tra le vendite che tra gli acquisti. L'autofatturazione è perciò neutrale (come del resto gli altri acquisti) qualora l'acquirente non abbia limiti alla detrazione dell'IVA «a monte». Quando l'acquirente non è soggetto IVA (ad es. consumatore finale) il non residente è teoricamente obbligato a registrarsi per applicare l'IVA, poiché altrimenti l'operazione — ancorché oggettivamente effettuata in Italia — sfuggirebbe al tributo.

9 CARPENTIERI, Il principio di territorialità nell'IVA, in Riv. Dir. Trib., 2002, I, 6 ss..

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La territorialità delle prestazioni di servizi, ricalcando le direttive comunitarie, è molto articolata e analitica, bilanciando criteri di precisione ed efficienza nel ricercare il luogo dove il “consumo del servizio” può ritenersi, convenzionalmente, avvenuto, vista la natura della prestazione.

Innannzi tutto viene in rilievo il luogo di stabilimento del fornitore del servizio, che è il criterio generale, in cui si assume che il luogo del consumo finale, spesso difficile da individuare, coincida con la sede del prestatore del servizio, che è la parte attiva del rapporto.

Viene, poi, in rilievo il luogo di stabilimento del cliente, se questi è un soggetto IVA o un soggetto extracomunitario, per una serie di prestazioni in cui è questo il luogo in cui ritenere verificato il consumo finale; una serie di operazioni (art. 7 lett. d) si considera effettuata in Italia se il cliente è residente in Italia ovvero (art. 7 lett. e) se il cliente è residente in un altro Stato della comunità europea ed in esso non è soggetto passivo dell'imposta (criterio analogo a quello dei “rapporti intracomunitari” di cui diremo più avanti). Tali prestazioni, se rese da un residente italiano a un residente di un altro paese CEE, sono perciò soggette a IVA in Italia qualora il destinatario sia un «consumatore finale», allo scopo di assicurare in tal caso l'applicazione dell'imposta.

Vengono, poi, in rilievo alcuni criteri particolari, come il luogo di esecuzione della prestazione, il luogo di ubicazione del bene oggetto della prestazione, o il luogo di utilizzo.

7. Il momento di effettuazione delle operazioni, la sua importanza nel sistema dell'IVA e il concetto di «esigibilità» dell'imposta

Il verificarsi dei tre requisiti - oggettivo, soggettivo e territoriale – non è ancora sufficiente, perché una operazione assuma rilevanza ai fini IVA; è, infatti, necessario che si verifichi anche l'effettuazione dell'operazione ai fini IVA. L'art. 6, individua, infatti, il momento di effettuazione dell'operazione ai fini IVA; talvolta tale momento è di per se

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sufficiente per ritenere effettuata una operazione anche in assenza di uno scambio sotto il profilo civilistico. Il momento di effettuazione delle operazioni è importante perché, prima di esso, non esiste alcuna operazione ai fini IVA e tutta l'attività anteriore rimane fiscalmente irrilevante qualora esso, poi, non si verifichi; ognuno dei momenti indicati nell'art. 6 (ad esempio consegna o pagamento parziale di corrispettivo) rende, peraltro, necessarie, almeno in linea di principio, autonome fatturazioni e/o registrazioni, anche se i vari momenti derivano da un unico rapporto contrattuale.

Le cessioni di beni immobili si considerano effettuate al momento della stipula dell'atto traslativo, mentre per i beni mobili l'operazione si considera effettuata quando il bene viene consegnato o spedito 10. I passaggi di proprietà anteriori ai momenti indicati nel testo sono perciò del tutto irrilevanti ai fini IVA e non comportano alcun adempimento formale, come ad esempio avviene per i contratti ad efficacia reale, che provocano immediatamente il passaggio della proprietà di beni mobili specificamente identificati, ma non ancora consegnati.

Quando la cessione di beni assume carattere periodico, come nei contratti di somministrazione, il criterio della consegna viene sostituito da quello del pagamento del corrispettivo (art. 6 comma 2 lett. a), in quanto la molteplicità e continuità delle cessioni, renderebbe troppo complicato trattarle una per una (si pensi ad esempio alle erogazioni di gas e di energia elettrica).

Per le prestazioni di servizi il criterio è molto più semplice, in quanto si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo e qui cogliamo una differenza rispetto alle imposte dirette, dove la competenza di tali prestazioni era in linea di principio basata sulla loro ultimazione.

10 Qualora il diritto reale sul bene si trasferisca successivamente ai

momenti suddetti, l'operazione si considera effettuata nel successivo momento in cui avviene il trasferimento del diritto (senza tener conto delle clausole di riserva della proprietà, ispirate a una mera finalità di garanzia) e comunque dopo un anno dalla consegna o dalla spedizione; si tratta ad esempio delle operazioni soggette a condizione sospensiva, delle vendite con riserva di gradimento e dei contratti estimatori.

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Il pagamento totale o parziale del corrispettivo prima dei momenti suddetti comporta l'effettuazione dell'operazione limitatamente all'importo pagato. Peraltro, dato che il pagamento deve riferirsi al corrispettivo, è irrilevante agli effetti dell'IVA il mero versamento di somme a titolo di caparra confirmatoria.

Sia per le cessioni che per le prestazioni un'eventuale emissione della fattura prima dei suddetti momenti impositivi è equiparata all'effettuazione dell'operazione (articolo 6 comma 4), beninteso limitatamente all'importo fatturato 11.

L’ «esigibilità» dell'imposta, che in genere coincide con i suddetti momenti di effettuazione delle operazioni, sussiste anche se il fornitore non l'ha ancora incassata dal cliente; esiste quindi un obbligo di anticipare all'Erario importi di IVA ancora non incassati, così come, simmetricamente, è detraibile IVA non ancora pagata ai fornitori. Possono perciò verificarsi vantaggi o svantaggi finanziari, consistenti nell'anticipata detrazione di IVA ancora non versata al fornitore o, viceversa, nell'anticipazione all'Erario di IVA che il cliente deve ancora versare

Nell'ultimo comma dell'art. 6 il concetto di esigibilità viene però svincolato dal momento di effettuazione dell'operazione per le operazioni verso una serie di enti pubblici, notoriamente ritardatari nei pagamenti; in tal caso l'esigibilità scatta quando l'ente pubblico procede al pagamento e solo in questo momento il fornitore ha l'obbligo di versare l'IVA su quelle che — per tutti gli altri profili — restano ordinarie fatture attive.

8. I regimi impositivi delle operazioni IVA: le operazioni imponibili, non imponibili ed esenti

L'imponibilità è il normale regime impositivo delle operazioni IVA; tuttavia esistono anche delle operazioni che pur rientrando nel campo di applicazione dell'IVA, non

11 Per evitare questa conseguenza è d'uso l'invio di solleciti di pagamento non costituenti fattura ai fini IVA, perché mancanti di taluni requisiti che l'art. 21 impone a tale documento, come avviene ad esempio per i cosiddetti «preavvisi di fattura»: in questo modo l'emissione della fattura viene rinviata a quando viene ricevuto il pagamento.

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comportano addebito di imposta, cioè quelle «non imponibili» ed «esenti» 12.

Il regime di non imponibilità, normalmente previsto per le operazioni con l'estero, assolve alla duplice funzione di sostituire la detrazione negli scambi intracomunitari tra soggetti IVA e di detassare gli scambi che hanno ad oggetto beni e servizi destinati ad essere consumati fuori della Comunità europea e per cui non sussiste, quindi, il presupposto impositivo (consumo finale nel territorio della Comunità).

Il regime di esenzione è previsto per operazioni molto eterogenee, dove ciascuna ipotesi è riconducibile a ragioni di tecnica tributaria, di opportunità pratica o di opportunità sociale; la funzione di tale regime è, comunque, di arrestare l'applicazione dell'IVA ad un certo momento degli scambi e di detassare gli scambi successivi.

Il regime di esenzione, arrestando l'applicazione dell'imposta ad un certo momento degli scambi, trasforma il fornitore di beni e servizi esenti in una sorta di consumatore finale ai fini IVA e perciò limita, nei modi che vedremo, il suo diritto alla detrazione.

I regimi impositivi dell'esenzione e della non imponibilità che in ambito comunitario sono rispettivamente definiti di esenzione e di esenzione con detrazione, si differenziano, quindi, anche per i riflessi che hanno sulla detraibilità dell'imposta a monte.

9. Le Operazioni esenti, i limiti alla detrazione e il concetto di agevolazione nell’IVA.

La particolarità delle operazioni esenti è quella di non consentire la detrazione dell’imposta sugli acquisti, trasformando in una sorta di consumatore finale l’impresa o il professionista che esercitasse solo operazioni di questo tipo; tale soggetto può anche chiedere di essere dispensato dagli

12 COMELLI, Iva nazionale e Iva comunitaria, Padova, 2000, 599 e

ss.; CENTORE, IVA europea. Aspetti interpretativi ed applicativi dell'IVA nazionale e comunitaria, IPSOA, 2006, 517 e ss..

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obblighi formali ed essere, quindi, equiparato ad un consumatore finale a quasi tutti gli effetti.

La categoria, composta dalle operazioni indicate nell'articolo 10, è molto eterogenea, e ciascuna ipotesi è riconducibile a ragioni di tecnica tributaria e di opportunità pratica. Alcuni gruppi omogenei di esenzioni sono quelle relative alle operazioni caratterizzate da una certa utilità sociale, come le operazioni mediche (n. 18), didattiche (n. 20) e le locazioni di buona parte degli immobili ad uso abitativo (come si ricava dall'intricatissimo n. 8).

Un altro gruppo omogeneo riguarda le operazioni finanziarie e assicurative; sono infatti esenti la maggior parte degli interessi, rappresentanti appunto il corrispettivo delle operazioni in senso ampio di prestito. Alla stessa finalità risponde l'esenzione per le cessioni di titoli e altre quote di partecipazione, istituzionalmente rappresentative di beni di secondo grado e per le quali è pertanto fuori luogo ipotizzare quel “consumo finale” che giustifica il tributo sotto il profilo della capacità economica. Possono esserci poi esenzioni dovute a ragioni tecniche di funzionamento del tributo, finalizzate alla simmetria tra detrazione a monte e tassazione a valle, come vedremo per l’art. 10, n. 27 quinquies.

Torniamo però ai limiti alla detrazione per le operazioni esenti, che già nella normativa europea di riferimento agevolano l'acquirente finale, cui non viene addebitata alcuna imposta, ma sono favorite ai fini IVA solo nella misura in cui siano “ad alto valore aggiunto”, cioè la loro effettuazione richieda, rispetto ai ricavi esenti, un modesto ammontare di acquisti soggetti al tributo. Un regime di esenzione potrebbe essere controproducente per attività industriali o commerciali, come aziende manifatturiere o distributive, e non a caso l’esenzione sussiste per attività di servizi a scarso contenuto materiale, come banche, assicurazioni, professioni sanitarie etc..

Il regime IVA più favorevole in assoluto non è perciò l'esenzione, ma l'esclusione o l’assoggettamento ad “aliquota zero”, un tempo diffuso e gradualmente eliminato dalle legislazioni IVA di quasi tutti i Paesi per effetto di pressioni comunitarie. In questo caso, grazie all’esenzione “a valle” e

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alla detrazione “a monte” tutta la filiera degli acquisti (costi di produzione, spese generali, compensi professionali etc.). sarebbe infatti esclusa da tassazione. Oggi, il regime IVA maggiormente di favore è quello rappresentato dall’applicazione di aliquote modeste, come quella minima del 4 percento; il regime di esenzione può, peraltro, provocare delle distorsioni nell'applicazione del tributo 13 e, quindi da un lato è stato applicato restrittivamente e dall'altro sono stati introdotti dei correttivi per evitare che fossero sfavarita la disaggregazione aziendale, come nel caso dei gruppi bancari e assicurativi.

Oltre a porre in essere gli adempimenti formali, chi effettua operazioni esenti resta pur sempre soggetto-IVA (in quanto imprenditore i professionista esercente una attività in maniera abituale) e deve tra l'altro applicare normalmente l'imposta sulle eventuali operazioni diverse da quelle esentate. Questo rende necessari correttivi, in cui l’esigenza di simmetria viene bilanciata con quelle di certezza e semplicità, per evitare il versamento di IVA sulla cessione di beni per i quali, in sede di acquisto, la detrazione era stata esclusa per via dell’effettuazione di operazioni esenti (provvede in proposito l'art. 10 n. 27-quinquies.

10. Le operazioni non imponibili in ambito comunitario L'assenza di un sistema di detrazione transfrontaliera e

l'esigenza di assicurare la neutralità dell'imposta negli scambi precedenti il consumo finale, come si è già evidenziato, hanno portato alla utilizzazione del sistema della non imponibilità in luogo della detrazione per la tassazione degli scambi tra soggetti IVA in ambito comunitario; tale sistema, sostituendo la detrazione è, ovviamente, applicabile soltanto agli scambi tra soggetti IVA, perché soltanto tali soggetti hanno diritto alla detrazione.

13 GALLO, Profili di una teoria dell'imposta sul valore aggiunto,

Roma, 1974, 117; MANZONI, L'imposta sul valore aggiunto, Torino (Giappichelli), 1973, 48; PERRONE CAPANO, [12], 167, 368 e 498;

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Il meccanismo di funzionamento dell’IVA in ambito comunitario per quanto riguarda lo scambio di beni tra soggetti IVA è stato, infatti, costruito, sottraendo all'imposizione prima del 1993 l'esportazione e poi la cessione intracomunitaria di beni e prevedendo l'imponibilità delle importazioni e degli acquisti intracomunitari di beni. La non imponibilità della cessione all'esportazione sostituiva la detrazione e l'imponibilità delle importazioni sostituiva l'imponibilità delle operazioni da parte del fornitore; la dogana, cioè, svolgeva le veci del fornitore negli scambi internazionali e quando è venuta meno la sua funzione negli scambi intracomunitari è stato attribuito al cliente l'obbligo di autofatturare le forniture di beni proveniente da altri Stati membri.

Gli scambi intracomunitari che vedono coinvolti clienti consumatori finali vengono trattati come gli scambi all'interno di un singolo Paese e di regola l'imposizione applicata è quella del Paese del fornitore; in tale ambito l'IVA funziona come se la Comunità europea fosse un unico grande paese. Tuttavia, la differenza nelle aliquote dell'imposta tra i diversi Paesi ha indotto gli Stati a chiedere che il fornitore applichi l'imposta con l'aliquota del Paese del cliente e quindi che si registrasse in tale Paese, se gli scambi eccedono un certo ammontare; tale misura, riconducibile a ragioni di cautela fiscale, non cambia il meccanismo di funzionamento dell'imposta negli scambi che vedono il cliente consumatore finale, ma cambia soltanto il luogo di tassazione.

Il meccanismo di funzionamento dell’IVA in ambito comunitario per quanto riguarda i servizi non funziona così bene come quello per i beni, sia perché i servizi non sono dotati di fisicità, sia perché gli istituti doganali non potevano essere utilizzati; il sistema è stato, quindi costruito, prevedendo delle regole di territorialità che rendessero imponibili le prestazioni di servizi, laddove fosse presumibile che si verificasse il consumo finale che impongono al cliente soggetto IVA di autofatturare l'operazione.

Le norme sulla territorialità che regolano la prestazione di servizi e le norme sulla non imponibilità delle cessioni di beni non sono, tuttavia, sufficienti ad assicurare sempre la

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neutralità dell'imposta negli scambi internazionali precedenti il consumo finale, poiché talvolta tali regole comportano l'applicazione dell'imposta alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi nel territorio dello stato del fornitore anche se il bene od il servizio oggetto dell'operazione sono destinati ad essere consumati fuori da tale territorio. L'esigenza di evitare distorsioni nell'applicazione dell'imposta in relazione agli scambi internazionali e l'esigenza di non sfavorire la fornitura di beni e servizi "comunitari" ha, quindi, determinato la necessità di prevedere un istituto, alternativo a quello della detrazione ed al regime di non imponibilità, che assicurasse la neutralità dell'imposta negli scambi internazionali precedenti il consumo finale; l'ottava direttiva del Consiglio delle comunità ha, perciò, introdotto nel sistema dell'Iva il rimborso a soggetti non stabiliti nel territorio dello stato in cui viene addebitata l'imposta ma stabiliti nel territorio di un altro stato membro della Comunità e la tredicesima direttiva ha esteso tale diritto anche ai soggetti non stabiliti in stati appartenenti alla Comunità.

11. La base imponibile (cenni alle «operazioni accessorie» e a quelle «escluse dalla base imponibile») ed i problemi connessi alla scelta dell'aliquota

Abbiamo già rilevato che, rispetto ad una tradizione secolare

di imposte sui consumi basate sulle quantità fisiche di merci o sul loro valore, l’IVA è più raffinata, essendo commisurata ai corrispettivi contrattuali; il valore normale della prestazione può solo costituire un indizio per dimostrare che il corrispettivo reale è superiore a quello fatturato.

Soltanto nelle limitate ipotesi di corrispettivo mancante ovvero espresso in natura è necessario procedere alla determinazione dell’imponibile in base al valore normale. Questo accade per le cessioni gratuite e l’autoconsumo, mentre il corrispettivo in natura è caratteristico delle «operazioni permutative» di cui all'art. 11. In tal caso l'IVA sarà applicata, da ciascuna delle parti, sul valore venale della prestazione resa, e non sul valore venale della prestazione ricevuta.

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Non fanno parte del corrispettivo alcune somme erogate al fornitore a diverso titolo, prima di tutto i rimborsi di anticipazioni sostenute in nome e per conto della controparte, a condizione che siano “debitamente documentate” 14. Esulano dal concetto di corrispettivo, per il loro carattere risarcitorio, anche le somme corrisposte a titolo di penalità, nonché gli interessi moratori, come conferma l’articolo 15. Meramente ricognitiva dei principi è anche l’esclusione da IVA della somma erogata dal fornitore al cliente, a titolo di risarcimento di danni provocati nell'effettuazione della prestazione (manca anche qui, infatti, sia una operazione di consumo sia uno specifico corrispettivo). L'imposta si applica con aliquote differenziate, in relazione alle varie tipologie di beni e di servizi, secondo limiti minimi e massimi previsti in sede europea. All’interno di questi margini, gli stati possono agevolare o penalizzare una certa tipologia di consumo rispetto alle altre. La manovra delle aliquote, sia pure in questi limiti, è un tipico strumento di politica economico-sociale per agevolare i consumi meritevoli o all’opposto penalizzare quelli voluttuari. Comunque, negli ultimi decenni si è assistito, anche in sede europea, ad un processo di convergenza delle aliquote, dove le più basse sono salite e quelle alte sono state diminuite 15. Oggi l'aliquota ordinaria in Italia è del 20%, mentre aliquote ridotte sono previste, per categorie merceologiche estremamente dettagliate, contenute nella tabella A che elenca i prodotti soggetti alle aliquote ridotte del 4, e del 10 percento 16. Molte aliquote speciali sono previste esclusivamente per le cessioni di beni, ovvero per le prestazioni di servizi e perciò,

14 Sarebbe eccessivo ritenere necessaria, per questa documentazione, la materiale esistenza di un documento giustificativo per ciascun rimborso, essendo sufficiente dimostrare, anche attraverso presunzioni e riferimenti alla comune esperienza, che non si tratta di somme corrisposte a titolo di corrispettivo.

15 CENTORE, IVA europea. Aspetti interpretativi ed applicativi dell'IVA nazionale e comunitaria, IPSOA, 2006, 665.

16 L'aliquota applicabile deve essere scelta in relazione al momento di effettuazione dell'operazione e pertanto, in caso di mutamento di aliquote, una stessa fornitura potrà scontare aliquote diverse ove una parte del corrispettivo sia stata pagata o fatturata prima della consegna, e — quando quest'ultima interviene — l'aliquota applicabile sia mutata.

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in assenza di correttivi, una prestazione di servizi diretta all'acquisizione di un bene soggetto ad aliquota agevolata, o ad aliquota maggiorata, sconterebbe l'aliquota normale. Le prestazioni di servizi «aventi ad oggetto la produzione di beni», e le prestazioni dirette alla locazione, ordinaria o finanziaria, al noleggio e simili, scontano, quindi, per espressa previsione dell'art. 16 la stessa aliquota applicabile per la cessione.

Le prestazioni accessorie, come ad esempio il trasporto, il montaggio o la posa in opera scontano (in base all'art. 12) l'aliquota applicabile alla prestazione principale.Il corrispettivo delle prestazioni accessorie rese dal cedente (con mezzi propri o avvalendosi di terzi) rientra perciò nella base imponibile dell'operazione principale, di cui segue la sorte ai fini dell'aliquota, della detrazione dell'IVA sugli acquisti e degli altri adempimenti formali. Ad esempio, se l'acquirente di una partita di frutta, soggetta all'aliquota del 4%, ne richiedesse il trasporto al cedente, il relativo corrispettivo andrebbe assoggettato alla medesima aliquota mentre, ove il trasporto fosse effettuato da un terzo su incarico del cessionario, il relativo corrispettivo sconterebbe l'aliquota ordinaria delle prestazioni di trasporto. Anche il corrispettivo del commissionario finisce per scontare l'aliquota applicabile al bene cui la commissione si riferisce, in quanto per tali contratti l'IVA adotta il criterio del «doppio passaggio». La provvigione emerge infatti, nella commissione alla vendita, come differenza tra il prezzo praticato dal commissionario al terzo ed il minor prezzo praticato dal committente al commissionario mentre, nella commissione all'acquisto, come differenza tra il prezzo praticato al committente dal commissionario ed il minor prezzo cui esso aveva acquistato la cosa dal terzo fornitore.

Per individuare la prestazione principale, occorre esaminare di volta in volta le caratteristiche del caso concreto, ma il criterio di riferimento sembra essere quello del “bene della vita” cui ha interesse il cliente. Va quindi considerata accessoria quell'operazione che non esplica una autonoma utilità senza l'operazione principale e che quindi non sarebbe

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stata richiesta, se non fosse fornita anche l'operazione principale 17.

12. La rivalsa, gli adempimenti del cessionario, e le controversie tra i due soggetti.

Benché da un punto di vista economico l'imposta gravi sui

consumatori finali, la normativa concentra sul fornitore i rapporti con l'amministrazione finanziaria, per una serie di ragioni pratiche appartenenti alla tradizione di qualsiasi imposta sul consumo 18.

L'obbligato nei confronti dello Stato è perciò il solo cedente, salve le cautele in capo al cessionario, delle quali diremo più avanti, sia nell’ipotesi di mancata fatturazione da parte del cedente, sia nell’ipotesi di mancato versamento dell’imposta nell’eventualità di abusi della (inevitabile) regola generale secondo cui la detrazione per il cliente non dipende dal versamento dell’imposta a cura del fornitore.

Il cedente dovrà rivalersi sul cessionario per l'importo dell'imposta (art. 18) 19, il che rappresenta un elemento di certezza nei rapporti economici, dov'è a priori noto che:

1) negli acquisti da dettaglianti (o da soggetti di cui all'articolo 22) il prezzo è comprensivo di IVA, come stabilisce l'art. 18 comma 2;

2) negli acquisti da altri soggetti-IVA il corrispettivo deve essere maggiorato dell'imposta.

17 Spesso dalla decisione su quale sia l'operazione principale

dipende anche l'inquadramento dell'intera prestazione tra le cessioni di beni o le prestazioni di servizi. Si pensi ad esempio alla fornitura di uno scaldabagno comprensiva della posa in opera (che dovrebbe inquadrarsi tra le cessioni di beni), mentre l'installazione di un impianto di riscaldamento dovrebbe concretare una prestazione di servizi per via dell'intensità della prestazione richiesta all'impresa (lavori di muratura, impianti elettrici etc.).

18 Sulla figura della rivalsa, SALVINI, Rivalsa, detrazione e capacita contributiva nell'imposta sul valore aggiunto, in Riv. Dir. Trib., 1993, I, pag. 1287 e ss..

19 Occorre notare, per completezza, la facoltatività della rivalsa (art. 18) per le cessioni gratuite (operazioni di cui alle lettere d) ed e) dell'art. 2).

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In base a queste previsioni, il cliente non potrà esimersi dal corrispondere l'IVA in aggiunta al corrispettivo pattuito, mentre il commerciante al minuto non ha alcun diritto di imporre maggiorazioni di prezzo a chi richiedesse la fattura.

Di norma, il cliente non è responsabile per i comportamenti del fornitore, a meno che egli non sia un soggetto IVA, acquirente del bene o del servizio, che non riceva fattura o riceva fattura irregolare senza porre in essere la regolarizzazione prevista dall'ottavo comma dell'art. 6 D.Lgs. 471/1997. La regolarizzazione suddetta consiste nella presentazione all'Autorità fiscale di un documento contenente le indicazioni di cui all'art. 21 dpr 633) e nel pagamento dell'imposta. Il pagamento dell'acquirente sostituisce quello ordinariamente effettuato al fornitore in sede di rivalsa e la relativa imposta sarà ammessa in detrazione secondo le regole generali. La regolarizzazione da parte del cessionario rende agevole agli uffici perseguire il cedente, applicandogli la relativa sanzione.

Il cliente non risponde del pagamento dell’imposta da parte del fornitore, e puo’ effettuare la detrazione anche se il proprio dante causa non versa il tributo. Questo ha peraltro innescato alcune frodi, in cui società di comodo, che per vari motivi non erano gravate da imposta sugli acquisti, incassavano l’IVA dai clienti ed omettevano di versarla. In questo caso, esistono talvolta elementi sintomatici di una corresponsabilità del cliente, in presenza dei quali, indicati dall’art. 60 bis del dpr 633, egli risponde in solido col fornitore del versamento del tributo. Tra cedente e cessionario possono peraltro sorgere controversie sul regime IVA applicabile all'operazione, perché l'IVA erroneamente addebitata non è detraibile; il punto costituisce peraltro un aspetto particolare del più generale problema delle liti tra privati concernenti il trattamento tributario di una determinata operazione e probabilmente deve essere risolto sulla scorta della prassi giurisprudenziale favorevole per altri versi (rapporti sostituto – sostituito) alla giurisdizione tributaria.

Meno strutturale, ed avente portata di sanzione impropria, distorsiva della neutralità del tributo, è invece la regola

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secondo cui la maggiore IVA pagata in conseguenza dell'accertamento non può neppure essere oggetto di rivalsa nei confronti del cliente (art. 60 comma 6) e graverà perciò interamente sul cedente. Proprio questa funzione di “sanzione impropria” giustifica una interpretazione restrittiva, limitata all’imposta pagata dopo un avviso d'accertamento o di rettifica e non anche alle imposte pagate dopo la constatazione della violazione (ad esempio da parte della Guardia di Finanza), prima ancora dell'avviso di rettifica o di accertamento 20.

13. La detrazione dell'IVA sugli acquisti: limitazioni al rimborso e operazioni con IVA indetraibile

La detrazione, come già evidenziato, costituisce il fulcro del meccanismo di funzionamento dell'imposta sul valore aggiunto per gli scambi interni e serve, come noto, ad eliminare qualsiasi incidenza economica dell'imposta sulle operazioni avvenute nel ciclo produttivo e distributivo 21.

La detrazione dell'imposta a monte è collegata alla effettuazione di operazioni soggette ad imposta ed, in linea di principio, non può subire limitazioni. Le limitazioni al diritto alla detrazione, infatti, da un lato incidono sul livello dell'imposizione fiscale e debbono, perciò, applicarsi in modo analogo in tutti gli Stati membri al fine di non compromettere il buon funzionamento del sistema comune d'imposta, e dall'altro determinano una diversa individuazione del soggetto che realizza il "consumo finale", ai fini Iva, e possono, quindi, provocare distorsioni nel funzionamento del meccanismo applicativo del tributo.

La detrazione può, quindi, essere limitata soltanto nei casi espressamente previsti dalla sesta direttiva.

Ai fini della detrazione dell’IVA i limiti sono due, uno relativo al rapporto tra l’acquisto e l’esercizio dell’impresa (in prima battuta simile all’inerenza) ed uno relativo ad eventuali relazioni tra l’acquisto ed operazioni non soggette a tributo

20 PICIOCCHI - GIORGI, L'addebito dell'IVA dopo l'inizio delle attività di controllo, in Dialoghi di diritto tributario, 2006, 385-411

21 GIORGI, Detrazione e soggettività passiva nel sistema dell’imposta sul valore aggiunto, Padova, 2005, 265 e ss..

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(ad esempio esenti), per le quali come abbiamo già anticipato non sussiste diritto a detrazione. Le simmetrie che governano l’IVA, tuttavia, consentono di affrontare in due modi il problema della “non inerenza”, cioè sia escludendo la detrazione sull’acquisto sia imponendo l'applicazione dell’IVA sulla utilizzazione per finalità di consumo privato. Negare la detrazione, ovvero ammetterla e applicare l’imposta al momento della destinazione del bene al consumo sono rimedi che si escludono a vicenda e non possono essere applicati entrambi. Nel nostro sistema interno, sembra essersi affermata la costruzione secondo cui il limite sta nella detrazione iniziale. Ad esempio, la detrazione dell'imposta sugli acquisti relativi al tempo stesso all'attività commerciale o professionale e alla « sfera privata » dello stesso soggetto (art. 19 comma 4) deve essere effettuata imputando secondo criteri oggettivi una quota parte dell'acquisto all'attività che dà diritto alla detrazione 22.

Sempre in quest’ottica si muove la normativa interna, mossa da intenti di cautela fiscale, sempre più oggetto di censure di ordine comunitario; l'art. 19bis/1 consente infatti la detrazione solo per gli acquisti « oggetto dell'attività propria dell'impresa quando si tratta di beni e servizi sospettati di facile utilizzabilità ad uso privato. L'oggetto dell'attività dell'impresa » comprende senz'altro i beni acquistati per finalità di commercio (si pensi ai rivenditori di autovetture) o noleggio. Peraltro si potrebbe approfondire rilevando come l'espressione «oggetto dell'attività propria dell'impresa» sia più ampia rispetto agli esempi appena accennati, potendo sussistere ogniqualvolta il bene caratterizzi e qualifichi l'attività propria dell'impresa, senza preclusioni per i beni strumentali aventi tali caratteristiche (ad esempio autovetture utilizzate come taxi o per recapiti veloci di merci).

La norma interna, a diffrenza delle norma comunitaria che lega la detrazione alla effettuazione di operazioni soggette all'imposta, prevede come regola generale la detraibilità dell'mposta a monte; laddove i beni e servizi cui l'imposta a monte

22 Si pensi all'IVA sulle utenze relative a un immobile adibito

contemporaneamente ad abitazione e a studio professionale, ovvero a laboratorio artigiano.

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si riferisce sono impiegati per effettuare operazioni non soggette all'imposta l'imposta non può, invece, essere detratta.

La detrazione è, infatti, esclusa per gli acquisti afferenti in modo specifico operazioni esenti o non soggette ad imposta (fatte salve, per disposizione del successivo comma 3 dell'art. 19 le cessioni all'esportazione, quelle « non soggette » per carenza di territorialità o per l'applicazione di regimi speciali). L'afferenza specifica ad operazioni esenti o non soggette deve essere valutata al momento dell'acquisto del bene, secondo criteri prospettici. La norma si affianca all'indetraibilità percentuale prevista, sempre in caso di operazioni esenti, dall’art.19 bis secondo il c.d. « pro rata » di cui diremo più avanti. C'è, peraltro, da segnalare una difficile coesistenza tra l'indetraibilità analitica, specificamente relativa all'afferenza del singolo bene o servizio ad operazioni esenti e l'indetraibilità percentuale, che sempre per le operazioni esenti è sancita dal successivo articolo 19-bis.

Più delicata è l'innovazione consistente nell'indetraibilità dell'IVA sugli acquisti afferenti le operazioni « non soggette », poiché la « non soggezione a IVA » può derivare dai motivi più diversi; si può ritenere che per aversi una operazione « non soggetta » ai fini della norma in questione l'impresa debba comunque conseguire una qualche utilità come accade per il conseguimento di premi, contributi, dividendi e altri introiti esclusi dall'imposta.

La detrazione IVA riguarda indiscriminatamente tutti gli acquisti, a nulla influendo l'eventuale utilizzabilità pluriennale del bene o del servizio acquistato; non ci sono infatti regole particolari (e quindi l'IVA sarà detraibile correntemente) per l'imposta sugli acquisti di beni strumentali ammortizzabili in più anni o di beni ancora invenduti alla fine dell'anno.

In base al “pro rata” la detrazione dell'imposta sugli acquisti è proporzionale al rapporto tra operazioni attive che danno diritto a detrazione e lo stesso importo, aumentato delle operazioni esenti (art. 19-bis). Questa percentuale sarà applicata all'IVA sugli acquisti, ottenendo così l'ammontare di

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IVA detraibile; al limite, ove esistano solo operazioni esenti, l'imposta sugli acquisti sarà del tutto indetraibile 23.

Quando la percentuale di detraibilità è molto bassa, può essere conveniente rinunciare del tutto alla detrazione ed adottare il regime di cui all'art. 36-bis, il quale comporta talune attenuazioni negli obblighi formali di fatturazione e registrazione delle operazioni attive esenti.

14. Il mutamento delle condizioni che regolano la detrazione dell'imposta a monte: la funzione dell'autoconsumo e della rettifica della detrazione

La detrazione immediata dell'imposta a monte impone correttivi qualora le condizioni sulla base delle quali essa è stata effettuata mutino; questa correzione serve a perseguire la coerenza e la tendenziale simmetria del meccanismo di funzionamento del sistema d'imposta (questa ricerca di simmetria, cioè di precisione rispetto allo schema teorico dell’imposta, deve essere ovviamente bilanciata con esigenze di snellezza, stabilità dei rapporti, semplicità etc.). Le due modalità previste per correggere la detrazione immediata sono l’autoconsumo, che abbiamo già visto, e la rettifica della detrazione; tali istituti, rappresentando modalità di correzione della detrazione, operano, quindi, laddove questa sia già stata effettuata sulla base delle condizioni previste per l'esercizio della detrazione dell'imposta a monte 24. L'autoconsumo corregge la detrazione quando viene meno la condizione dell'inerenza; cioè, ad esempio, quando si verifica una destinazione a finalità estranee a quelle dell'impresa. La rettifica della detrazione corregge la detrazione inizialmente effettuata, quando i beni e servizi vengono utilizzati per

23 La limitazione percentuale, peraltro, non scatta per operazioni

esenti effettuate in via occasionale o collaterali ad operazioni imponibili: l'art. 19-bis esclude infatti dal calcolo del « pro rata » le operazioni esenti indicate al numero 11 dell'art. 10, e quelle indicate ai numeri da 1 a 9 se non rientranti nell'attività propria dell'impresa ovvero accessorie ad operazioni imponibili: si pensi ad esempio agli interessi per dilazioni di pagamento concesse da un'impresa industriale

24 GIORGI, Detrazione e soggettività passiva nel sistema dell’imposta sul valore aggiunto, Padova, 2005, 449 e ss..

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effettuare operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione in misura diversa rispetto alla detrazione inizialmente effettuata.

15. I regimi speciali e forfettari di determinazione dell'IVA

Accanto al meccanismo ordinario basato sulla detrazione, ci sono anche dei regimi speciali per settori particolari.

In primo luogo la detrazione sugli acquisti è stata spesso sostituita, per le imprese di minori dimensioni, da detrazioni forfetarie commisurate all'IVA sulle operazioni attive. Si tratta di regimi succedutisi «ad intermittenza», apparsi e scomparsi nel tempo, nella consapevolezza che il sistema analitico-contabile da un lato è aministrativamente troppo gravoso per piccoli contribuenti e dall’altro può essere facilmente evaso da quelli di loro che operano direttamente con privati consumatori finali..

Il regime speciale per l'agricoltura (art. 34 D.P.R. 633) si applica alle cessioni dei prodotti agricoli compresi nella tabella A allegata al decreto IVA, ove effettuate nell'esercizio di attività di cui all'art. 2135 del codice civile; possono pertanto usufruire del regime speciale IVA anche soggetti esclusi dal regime catastale nelle imposte sui redditi. In tal caso la detrazione IVA è determinata applicando ai corrispettivi delle vendite percentuali di compensazione stabilite per ciascun settore agricolo con un decreto ministeriale che tende a commisurare l'IVA sulle vendite a quella mediamente assolta sugli acquisti dei produttori agricoli della categoria (acquisti per sementi, concimi, energia etc ). L'art. 34 D.P.R. 633 consente quindi all'agricoltore una rendita IVA qualora — come in genere accade — l'imposta assolta sugli acquisti effettivi sia inferiore a quella determinata forfettariamente.

La detrazione forfettaria dell'imposta sugli acquisti è prevista anche per l'applicazione dell'IVA a spettacoli e trattenimenti pubblici (art. 75 comma 5/633).

Altri regimi speciali previsti dall'articolo 74/633 sono accomunati, ancorché relativi a settori merceologici eterogenei, dall'intento di accentrare l'applicazione dell'IVA in

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capo al soggetto che si trova più «a monte» nella catena produttiva e distributiva, escludendo poi dall'imposta i successivi passaggi ed eliminando quindi, per essi, il meccanismo delle detrazioni e delle rivalse; l'IVA diventa così, in tali ipotesi, una sorta di imposta « monofase », applicata cioè ad un solo stadio della produzione o commercializzazione. Esempio emblematico di tale logica è il regime della stampa e dei libri, dove l'IVA è corrisposta una volta per tutte dall'editore sul numero di copie vendute; in questo modo sono poste fuori campo IVA le cessioni effettuate da distributori e edicolanti, che saranno perciò di solito in una posizione di costante credito IVA a causa dell'imposta assolta sugli altri acquisti.

Il regime speciale delle agenzie di viaggio è un regime in cui l'imposta viene determinata base da base, confrontando cioè i corrispettivi, non le imposte; tale regime è tendenzialmente applicabile ai cosiddetti pacchetti turistici e tende ad evitare i problemi di territorialità che si verificherebbero, se le prestazioni che compongono il pacchetto dovessero essere considerate singolarmente.

16. Gli obblighi formali: dichiarazioni di inizio di attività e obblighi di fatturazione

L'inizio dell'attività IVA deve essere comunicato all'Agenzia delle entrate competente per territorio, entro 30 giorni dall'inizio dell'attività. Una dichiarazione modificativa deve essere successivamente presentata ogniqualvolta uno degli elementi originariamente indicati (ad es. indirizzo, attività esercitata, etc.) subisca variazioni, ed infine al momento di cessazione dell'attività. In questo modo la situazione dei soggetti IVA, con i dati essenziali relativi a ciascuno di essi è costantemente a disposizione dell'Amministrazione finanziaria. L'ufficio competente è quello nella cui circoscrizione rientra la residenza anagrafica

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delle persone fisiche o la sede legale delle persone giuridiche 25.

A seguito di tale denuncia viene attribuito il numero di partita IVA che è indispensabile per procedere alla fatturazione e adempiere altri obblighi formali.

Le operazioni attive vengono documentate attraverso l'emissione della fattura prevista dall'art. 21 (con l'eccezione dei commercianti al minuto; si tratta di un classico documento commerciale, intestato, ma non sottoscritto, con le generalità delle parti, la numerazione progressiva, la descrizione della prestazione, il corrispettivo, la base imponibile e l'imposta, distintamente per ciascuna aliquota applicata nella stessa fattura, e l'IVA 26. Per alcune considerazioni più generali sull’utilizzo della fattura nella contabilità aziendale vedi voce Documenti contabili(diritto tributario).

L'obbligo di emissione della fattura scatta quando si verificano i « momenti di effettuazione delle operazioni » o di «esigibilità dell'imposta», indicati nell'art. 6; tale obbligo viene adempiuto con la consegna o spedizione del documento al cliente, non essendone quindi sufficiente la mera redazione.

Questa repentina necessità di redigere e spedire (o consegnare) la fattura lo stesso giorno dell'effettuazione dell'operazione è temperata dalla c.d. «fatturazione differita», ammessa ove la consegna o la spedizione risultino da un «documento di trasporto» che identifichi le parti, nel qual caso è ammessa, per tutte le cessioni effettuate nei confronti dello stesso cliente nello stesso mese, un'unica «fattura differita», entro il 15 del mese solare successivo a quello dei trasporti.

17. Le variazioni alle operazioni imponibili

Ove l'ammontare imponibile o l'imposta applicabile ad un'operazione aumentino per qualsiasi motivo, l'art. 26 comma 1, impone l'emissione di ulteriori fatture, denominate nella pratica « note di addebito » . Ciò può verificarsi a fronte di un

25 Per i residenti all'estero, privi di stabile organizzazione in Italia o di un rappresentante fiscale è competente il Centro operativo di Pescara delle Agenzia delle entrate.

26 COMELLI, Iva nazionale e Iva comunitaria, Padova, 2000, 799 e ss.

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maggior di corrispettivo, dovuto ex post per il verificarsi di una condizione o il decorso di un termine. L'imposta corrispondente alla variazione in aumento segue le regole generali e perciò può essere detratta dall'acquirente, se soggetto IVA: la variazione in aumento è cioè neutrale tra soggetti IVA, così come era neutrale l'operazione originaria.

La norma sulle variazioni in diminuzione, benché inserita tra gli aspetti procedurali dell'imposta, stabilisce prima di tutto i limiti e le condizioni entro cui è consentito porre nel nulla precedenti operazioni imponibili, o ridurne l’ammontare (commi 2 e 3 dell'art. 26). La variazione in diminuzione è meramente facoltativa, in quanto non aumenta mai il gettito e, a certe condizioni, può ridurlo. La fatturazione di un'operazione viene infatti annullata con l'emissione, da parte del cedente, di un documento esattamente opposto alla fattura (la c.d. « nota di accredito »), in base al quale il cedente restituisce l'importo dell'IVA al cessionario, recuperandolo dallo Stato mediante una corrispondente riduzione dell'IVA a debito. Il cessionario, ove sia soggetto IVA, dovrà riversare tale importo all'Erario, per controbilanciare la detrazione a suo tempo effettuata per la fattura oggetto di rettifica. E’ stato ritenuto che, in alternativa alla suddetta variazione in diminuzione, il cedente possa agire verso l'Erario per il rimborso, in base alle disposizioni generali sul contenzioso tributario (tenendo presente il rischio di cumulo tra rimborso al fornitore di una imposta che il cliente ha nel frattempo detratto secondo le regole generali).

Quando il cliente è un consumatore finale, acquisirà definitivamente l'imposta restituitagli dal fornitore a seguito della variazione; in altri termini, così come il consumatore finale era inciso dall'operazione rettificata, sarà così avvantaggiato dal suo annullamento; il cedente recupererà dall'erario l'imposta sull'operazione annullata. In sintesi gli effetti economici della variazione in diminuzione sono inversi a quelli dell'operazione rettificata e comportano un recupero d'imposta nella misura in cui l'operazione rettificata non fosse economicamente neutra per via della detrazione.

Per questo l'art. 26 circonda di alcuni limiti le variazioni in diminuzione, vietandole, qualora dipendano da un

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sopravvenuto accordo tra le parti, dopo un anno dall'effettuazione dell'operazione cui si riferiscono. Questo limite temporale non si applica quando la variazione dipende da dichiarazioni giudiziali di nullità, annullamento, risoluzione e simili, nonché da procedure concorsuali rimaste infruttuose 27. (Per ulteriori indicazioni vedasi la voce Documenti contabili(diritto tributario) relativamente alla c.d. Nota di credito, con cui vengono formalizzate tali operazioni).

La correzione di errori o incompletezze nelle registrazioni e nelle liquidazioni potrà avvenire a prescindere dall'emissione di un documento e consisterà soltanto in una annotazione correttiva nella contabilità di chi ha commesso l'errore

18. Registrazione contabile operazioni attive e degli acquisti. Le liquidazioni e i versamenti infrannuali

La liquidazione “per masse” dell’IVA avviene attraverso

scritture contabili, relative alle operazioni attive e agli acquisti. Si tratta dei registri delle fatture emesse e/o dei corrispettivi (artt. 23 e 24), e del registro degli acquisti (art. 25). Queste scritture possono suddividersi in libri sezionali com'è utile, dal punto di vista organizzativo, qualora i luoghi in cui vengono emesse o ricevute fatture siano molteplici. L'annotazione in tali registri è importante anche perché tutti i successivi obblighi di liquidazione, versamento e dichiarazione attengono alle operazioni registrate, o talvolta soggette a registrazione, nei periodi di riferimento, a nulla influendo il momento in cui l'operazione è stata effettuata o quello in cui la fattura è stata emessa.

Le scritture IVA non sono soggette a vidimazione iniziale e bollatura iniziale, e per la loro tenuta e conservazione vale quanto detto alla Voce “scritture contabili” salvi i termini di

27 Entrambe le suddette variazioni devono essere effettuate

utilizzando l'aliquota vigente al momento di effettuazione dell'operazione rettificata o integrata, indipendentemente dalle modificazioni nel frattempo introdotte alle aliquote IVA.

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registrazione, peculiari all'IVA e che si indicheranno più avanti.

Iniziando dalla registrazione delle operazioni attive, le fatture emesse devono essere annotate entro 15 giorni nel registro di cui all'art. 23, distintamente per aliquota e nell'ordine della loro numerazione, indicando le generalità del cliente, l'importo imponibile e l'imposta, distinti per aliquota.

La registrazione delle operazioni attive dei commercianti al minuto, da effettuare entro il giorno successivo a quello di effettuazione dell'operazione, non contiene invece alcuna distinzione tra base imponibile e imposta (art. 24), cumulando inoltre, distintamente per aliquota, tutte le operazioni effettuate.

Per le operazioni oggetto di scontrino fiscale, l'annotazione sul registro dei corrispettivi può essere effettuata, in modo cumulativo mensile, entro il 15 del mese successivo, allegando al registro dei corrispettivi gli scontrini riepilogativi giornalieri.

Le fatture di acquisto devono essere progressivamente numerate dal destinatario, e annotate sul registro degli acquisti, se si vuole portare in detrazione l'imposta nelle liquidazioni periodiche.

Con le registrazioni delle operazioni attive e degli acquisti, infatti, si accumuleranno, parallelamente, imposte a debito ed imposte detraibili, da confrontare periodicamente nella c.d. “liquidazione” (art. 27), mensile o trimestrale 28; se laliquidazione evidenzia una eccedenza a debito il versamento deve essere effettuato entro il 16 del mese successivo al priodo di riferimento, mantre l'eventuale eccedenza detraibile può essere portata in detrazione nel periodo successivo o essere chiesta a rimborso.

19. Dichiarazione annuale

28 Gli intervalli mensili riguardano la generalità dei soggetti IVA,

mentre quelli trimestrali riguardano i soggetti con volume d'affari inferiore alle soglie indicate nell’art. 32, e comporta il pagamento di una maggiorazione a titolo di forfetizzazione dell'interesse, qualora la liquidazione si chiuda a debito.

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Le informazioni riepilogative sull'attività del soggetto d'imposta pervengono agli uffici IVA attraverso la dichiarazione annuale. Quest’ultima consiste in un riepilogo, distinto per aliquota, delle operazioni attive e degli acquisti registrati nell'anno, nonché delle liquidazioni e dei versamenti periodici; proprio sotto questo profilo essa si differenzia dalla dichiarazione dei redditi, nella quale viene per la prima volta liquidata l'imposta dovuta, sono effettuate valutazioni, sono sommati algebricamente redditi di categorie diverse, sono fatti valere oneri deducibili etc.

La dichiarazione IVA serve piuttosto a riepilogare adempimenti precedentemente compiuti dal contribuente, ed è più simile alla dichiarazione dei sostituti d'imposta che alla dichiarazione dei redditi propri 29.

Ci si potrebbe chiedere se la dichiarazione annuale renda l'IVA un'imposta «di periodo» come quelle sui redditi, oppure se si rimanga di fronte a un'imposta c.d. «istantanea». Al di là delle inevitabili forzature di ogni classificazione, come «imposta istantanea» o come «imposta di periodo», l'IVA rappresenta una imposta istantanea liquidata “per masse”, con rilevanza di dati annuali solo sotto alcuni limitati profili (volume d'affari, pro rata, ammontare complessivo delle esportazioni etc.). Per altri versi l'imposta si presenta come istantanea: ad esempio le violazioni per omessa fatturazione e registrazione rimangono ferme ove accertate prima della dichiarazione e comunque la regolare dichiarazione delle operazioni non fatturate né registrate consente tutt'al più un'attenuazione delle relative sanzioni ma non le elimina.

29 GIORGI – LUPI, Sull'assenza di una responsabilità dei fornitori

per l'IVA non addebitata ai clienti, nell'obiettiva incertezza sul regime giuridico applicabile, in Dialoghi di diritto tributario, 2006, 1509.