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CAPITOLO 10 IMPIANTI DI POMPAGGIO 10.1) Componenti di un impianto di pompaggio. Un impianto di pompaggio ha la funzione di trasformare l'aumento di pressione prodotto dalla pompa in un liquido in forme di energia di natura diversa a seconda del particolare utilizzo: energia potenziale gravitazionale (impianti di sollevamento), energia cinetica (impianti di iniezione), energia di pressione (impianti di compressione o di trasporto), ecc.. Spesso queste funzioni si trovano combinate nello stesso impianto: la funzione del trasporto, ad esempio, è presente in qualsiasi tipo d'impianto. Oltre la pompa, gli elementi principali che costituiscono un impianto di pompaggio sono: il motore che aziona la pompa, le tubazioni (d'aspirazione e di mandata), le valvole, i filtri, i serbatoi (d'aspirazione e di mandata), i sistemi d'innesco della pompa e di scarico dell'impianto. Diamo, di seguito, una descrizione sintetica dei principali componenti di un impianto di pompaggio e delle loro funzioni. Motori. Una pompa può essere trascinata da motori di diverso tipo: motori elettrici (a corrente alternata o continua), motori alternativi a combustione interna (Diesel o a ciclo Otto), turbine idrauliche o a vapore, ecc.. Nella fig. 10.1 sono riportati i costi puramente indicativi di alcuni gruppi motore-pompa al variare della potenza richiesta. In fig. 10.2 sono riportati i rendimenti, anch'essi puramente indicativi, di alcuni gruppi motore- pompa al variare della potenza richiesta. Fig. 10.1 Fig. 10.2

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CAPITOLO 10 IMPIANTI DI POMPAGGIO

10.1) Componenti di un impianto di pompaggio. Un impianto di pompaggio ha la funzione di trasformare l'aumento di pressione prodotto dalla pompa in un liquido in forme di energia di natura diversa a seconda del particolare utilizzo: energia potenziale gravitazionale (impianti di sollevamento), energia cinetica (impianti di iniezione), energia di pressione (impianti di compressione o di trasporto), ecc.. Spesso queste funzioni si trovano combinate nello stesso impianto: la funzione del trasporto, ad esempio, è presente in qualsiasi tipo d'impianto. Oltre la pompa, gli elementi principali che costituiscono un impianto di pompaggio sono: il motore che aziona la pompa, le tubazioni (d'aspirazione e di mandata), le valvole, i filtri, i serbatoi (d'aspirazione e di mandata), i sistemi d'innesco della pompa e di scarico dell'impianto. Diamo, di seguito, una descrizione sintetica dei principali componenti di un impianto di pompaggio e delle loro funzioni. Motori. Una pompa può essere trascinata da motori di diverso tipo: motori elettrici (a corrente alternata o continua), motori alternativi a combustione interna (Diesel o a ciclo Otto), turbine idrauliche o a vapore, ecc..

Nella fig. 10.1 sono riportati i costi puramente indicativi di alcuni gruppi motore-pompa al variare della potenza richiesta.

In fig. 10.2 sono riportati i rendimenti, anch'essi puramente indicativi, di alcuni gruppi motore-pompa al variare della potenza richiesta.

Fig. 10.1

Fig. 10.2

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La curva (a) si riferisce ad un gruppo pompa centrifuga-motore elettrico, la (b) ad un gruppo pompa centrifuga-motore diesel, la (c) a pompa alternativa-motrice a vapore e la (d) ad un gruppo pompa centrifuga-turbina a vapore. Come si può osservare dalle figure, il rendimento dell'accoppiamento pompa-motore elettrico è sempre maggiore degli altri accoppiamenti, ma al crescere della potenza gli altri sistemi, in particolare l'accoppiamento con la turbina a vapore, tendono a fornire migliori prestazioni a costi inferiori. D'altra parte, la scelta del tipo di motore dipende anche da altri fattori quali, ad esempio, la disponibilità di alimentazione elettrica o di altre fonti energetiche, il campo di regolazione dell'impianto, ecc.. Tubazioni. A seconda della natura del liquido, delle portate in gioco e delle pressioni, le tubazioni potranno essere costituite in ferro, acciaio, materiali non ferrosi (alluminio, rame, ottone), cemento armato o materiali plastici. Le tubazioni d'aspirazione sono sempre più brevi e di diametro maggiore di quelle di mandata al fine di contenere al minimo le perdite di carico e ridurre in tal modo il rischio di cavitazione. Per la stessa ragione, in aspirazione della pompa sarà ridotto il più possibile il numero di curve, gomiti, valvole, strumenti di misura e controllo, ecc. A titolo indicativo e nel caso di pompaggio d'acqua, osserviamo che, in base alle considerazioni sopra esposte, il diametro della condotta d'aspirazione è generalmente scelto in modo che la velocità del fluido sia mediamente compresa tra 1 m/s e 2 m/s. In ogni caso, dovrà sempre essere verificato che sia NPSHd > NPSHr. Le dimensioni delle tubazioni di mandata per il pompaggio di liquidi esenti da impurità sono scelte, come vedremo di seguito, in base a criteri d'ottimizzazione economica. Per il pompaggio di liquidi diversi, quali, ad esempio, miscele liquido-solidi sedimentanti (fanghi) o abrasivi, di paste o di cellulose, il diametro della tubazione sarà imposto da considerazioni diverse da quelle del solo criterio economico (ad esempio, la velocità minima del fluido che garantisca il trasporto del solido sospeso nel caso dei fanghi, la durata di parti della pompa e della tubazione per il trasporto di materiale abrasivo, ecc).

In fig. 10.3 sono sintetizzati i criteri di ottimizzazione economica in base ai quali si determina il diametro delle tubazioni di mandata. Diametri minori comportano un minore costo d'impianto (comprendente tubazioni, valvole, giunti, supporti, ecc…) ma maggiori perdite idrauliche e, quindi, una maggiore prevalenza richiesta, con conseguente maggior costo d'esercizio e d'acquisto della pompa; diametri maggiori comporteranno, al contrario, minor costo d'esercizio e d'acquisto della pompa ma un maggior costo d'installazione. Il diametro ottimale sarà quello cui corrisponderà il minimo costo complessivo, somma del costo d'impianto e di quello d'esercizio.

Fig. 10.3

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Si tenga presente a tale proposito che le perdite di carico calcolate nei modi che saranno descritti più oltre dovranno essere aumentate di norma di circa il 10% per tener conto dell'aumento di resistenza delle tubazioni dovuto all'usura. Valvole d'intercettazione e di regolazione. Le valvole d'intercettazione hanno la funzione di isolare una parte dell'impianto dal resto allo scopo di consentire operazioni di manutenzione o sostituzione di parti senza che l'impianto debba essere completamente svuotato; vengono disposte in diversi punti dell'impianto e hanno la caratteristica di poter funzionare o completamente aperte (con le minime perdite di carico possibile) o completamente chiuse (durante la manutenzione dell'impianto).

Nelle figg. 10.4, 10.5 e 10.6 sono rispettivamente rappresentati gli schemi di una valvola a sfera, di una valvola a farfalla e di una valvola a saracinesca.

Fig. 10.4

Fig.10.5

Fig.10.6

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Le valvole di regolazione consentono di variare la portata erogata dalla pompa mediante la variazione delle perdite localizzate indotte dall'organo otturatore nelle diverse posizioni che esso può assumere e che possono essere imposte dall'esterno mediante comandi manuali o automatici. Le valvole di regolazione più diffuse non differiscono sostanzialmente da quelle precedentemente illustrate se non per la possibilità di poter funzionare in tutte le condizioni intermedie tra quella di apertura e chiusura completa. Come già osservato, le valvole di regolazione saranno sempre inserite nel tratto di mandata della tubazione onde evitare il pericolo d'innesco della cavitazione. Valvole di ritegno. Hanno la funzione d'impedire lo svuotamento dell'impianto in caso d'arresto della pompa. Sono dotate di un elemento mobile (sfera, saracinesca, ecc…) che si apre durante il moto del fluido in una direzione e si chiude automaticamente quando il fluido tende a fluire in senso opposto (per tale ragione sono dette anche unidirezionali). Nella fig. 10.7 sono rappresentati alcuni tipi di valvole di ritegno: come si può osservare dalla figura, esse possono essere disposte orizzontalmente o verticalmente e la loro chiusura può essere provocata da una molla di richiamo o dall'azione fluidodinamica del liquido. La valvola di tipo c), detta anche valvola di fondo, è posta all'imbocco della tubazione d'aspirazione ed è dotata di una griglia, o succhieruola, che ha la funzione d'impedire l'aspirazione d'impurità solide che potrebbero danneggiare la pompa.

Le valvole di ritegno possono essere inserite in posizioni intermedie a protezione della pompa o di altre parti dell'impianto da eventuali colpi d'ariete. Valvole di sicurezza e di controllo. Le valvole di controllo hanno lo scopo di mantenere la pressione nell'impianto entro valori prefissati, mentre quelle di sicurezza, vedi fig. 10.8, hanno il compito di proteggere l'impianto, o parti d'esso, da pericolose sovra pressioni dovute a errori di manovra o a mal funzionamento dello stesso.

a) valvola a battente b) valvola a fungo

c) valvola a disco con succhieruola Fig. 10.7

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Serbatoi d'aspirazione e di mandata. Sono recipienti o bacini di dimensioni diverse, secondo la capacità dell'impianto, che contengono il liquido da aspirare e quello di mandata della pompa. Possono essere molto diversi a seconda delle funzioni dell'impianto, ma possiamo distinguerne due tipi fondamentali: bacini naturali, le cui pareti, rinforzare o meno, sono costituite dal suolo terrestre o da terrapieni, o serbatoi artificiali, in muratura o in metallo, aperti o chiusi, eventualmente in pressione. I serbatoi chiusi sono riempiti di liquido solo parzialmente in modo da consentire, grazie alla comprimibilità dei gas o dei vapori a contatto del liquido, la funzione di volano idraulico. Sistemi d'innesco e di scarico. Sono sistemi ausiliari che hanno la funzione di consentire il riempimento e lo svuotamento dell'impianto. Il sistema d'innesco è necessario quando una pompa non autoadescante non è posta sotto battente poiché, da sola, essa non è in grado di produrre una depressione sufficiente ad aspirare il liquido dal serbatoio d'aspirazione ed è, quindi, necessario riempire di liquido la pompa e tutto il tratto d'aspirazione: in tal caso, la pompa si dice innescata ed è in grado di funzionare, ossia di produrre una depressione sufficiente a mettere in moto la colonna liquida. E' opportuno osservare che, in ogni caso, l'azionamento di una pompa non innescata è da evitarsi a causa di possibili danneggiamenti che possono essere provocati dallo strisciamento di parti metalliche in moto relativo e a contatto diretto.

Nella fig. 10.9 sono rappresentati alcuni sistemi d'innesco: a) la pompa è dotata di una tubazione d'alimentazione, dalla rete idrica o da un serbatoio ausiliario, che consente l'innesco.

Fig. 10.8

Fig. 10.9

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b) nell'impianto è presente una derivazione sul tratto di mandata che scavalca la valvola d'intercettazione; essendo il serbatoio di mandata posto più in alto della pompa, questa verrà riempita aprendo la valvola posta sulla derivazione. Nel caso in cui il serbatoio di mandata sia allo stesso livello della pompa, oppure al di sotto di essa, la derivazione dovrà essere collegata ad un serbatoio ausiliario posto al di sopra della pompa. c) la pompa è collegata ad una pompa a vuoto per l'aspirazione dell'aria. Come si può osservare dalla figura, l'impianto è dotato di valvole di spurgo che permettono la fuoriuscita dell'aria durante la fase d'innesco della pompa. Tali valvole sono generalmente collocate sopra la pompa e in corrispondenza dei punti dell'impianto dove si possono formare sacche d'aria. Per quanto riguarda lo scarico dell'impianto, esso è realizzato mediante valvole di spurgo poste nei punti più bassi dell'impianto e con un'opportuna canalizzazione che consenta lo scarico del liquido.

Nella fig. 10.10 è rappresentato uno schema elementare di un impianto di sollevamento funzionante con una pompa centrifuga ed in cui sono presenti alcuni degli elementi più sopra descritti. E' utile osservare che il condotto d'aspirazione presenta un'inclinazione verso l'alto allo scopo di evitare la formazione di una zona di depressione nella condotta e quindi di una sacca d'aria in qualche punto di essa: in questo modo il punto di minima pressione è sempre all'interno della pompa (poco dopo la flangia d'ingresso) e le condizioni di possibile sviluppo della cavitazione sono correlabili allo NPSHr della pompa.

Fig. 10.10

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10.2) Curve caratteristiche esterne.

Facendo riferimento a un generico impianto di pompaggio e in base a quanto in precedenza dedotto, la prevalenza richiesta dall'impianto è espressa dalla relazione:

hm =p2 − p1

γ+

v22 − v1

2

2g+ z2 − z1 + ye (10.1)

dove con gli indici "1" e "2" si sono indicate due generiche sezioni a cavallo della macchina e con ye le perdite di carico esterne alla macchina. Se "1" corrisponde al livello del pelo libero del liquido nel serbatoio d'aspirazione e "2" a quello nel serbatoio di mandata, in cui le velocità v1 e v2 del fluido sono trascurabili, la (10.1) può essere riscritta nella forma: hm = h0 + ye (10.2) dove con:

h0 =p2 − p1

γ+ z2 − z1 (10.3)

si è indicata la prevalenza statica dell'impianto. Nel caso di serbatoi d'aspirazione e di mandata a cielo aperto, sarà p1 = p2 = patm e, quindi, la prevalenza statica si ridurrà alla sola prevalenza geodetica h0 = z2 − z1. Come già osservato, è definita curva caratteristica dell'impianto, o curva caratteristica esterna, la relazione che lega la prevalenza richiesta dall'impianto alla portata fluente nell'impianto. Per quanto sopra scritto, la caratteristica esterna sarà una curva con intercetta sull'asse delle ordinate pari alla prevalenza statica h0 e il cui andamento è determinato da quello delle perdite di carico esterne ye al variare della portata fluente nell'impianto. Le perdite di carico sono abitualmente suddivise in perdite localizzate, o concentrate, e perdite distribuite. Le prime dipendono dagli ostacoli che il fluido incontra nel suo cammino (gomiti, valvole, brusche variazioni di sezione, ecc.) e possono essere espresse da relazioni del tipo:

yl = ξ ii∑ vi

2

2g= ξ ii∑

˙ V 2

2gSi2 (10.4)

dove ξi è un coefficiente adimensionale di perdita che dipende dalla forma dell'ostacolo e vi è la velocità del liquido nel tratto di tubazione in cui è presente la perdita. Il coefficiente ξi è praticamente indipendente dal numero di Reynolds. Le perdite distribuite possono essere espresse dalla relazione:

yd = fii∑ vi

2

2g

li

Dhi

= f ii∑

˙ V 2

2gSi2

li

Dhi

(10.5)

dove fi è un coefficiente adimensionale, detto coefficiente d'attrito, riferito a un tratto di tubazione con diametro idraulico Dhi costante e li è la lunghezza del tratto. Il diametro idraulico è definito come:

Dh =4S

p

dove S è la sezione di passaggio e p il perimetro bagnato. Nel moto in tubazioni, il coefficiente d'attrito fi dipende dal numero di Reynolds Re e dalla scabrezza relativa εr = ε/Dh, rapporto tra l'altezza media della rugosità superficiale ed il diametro idraulico; tale dipendenza può essere espressa mediante relazioni analitiche, quali, ad esempio, quella di Colebrook-White valida in regime di transizione

f =1

−2log2.51

Re f+εr

3.7

⎝ ⎜

⎠ ⎟

⎝ ⎜ ⎜

⎠ ⎟ ⎟

2

o rappresentata mediante diagrammi quali l'abaco di Moody riportato in fig. 10.11.

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Osserviamo che in regime turbolento il coefficiente d'attrito è indipendente dal numero di Reybolds e, quindi, a questi regimi la caratteristica esterna sarà rappresentata da una parabola con concavità rivolta verso l'alto, mentre in regime laminare e di transizione il coefficiente d'attrito diminuisce all'aumentare del numero di Reynolds e quindi la caratteristica esterna sarà rappresentata da una funzione meno che quadratica della portata e che solo in via approssimativa potrà essere considerata una parabola. Dalle relazioni (10.4) e (10.5) appare evidente che, per una data portata, le perdite idrauliche in un generico impianto di pompaggio sono calcolabili una volta che siano noti i diametri delle tubazioni i cui criteri di scelta sono stati più sopra illustrati.

10.3) Condizioni di funzionamento. Stabilità.

Fig. 10.11

Fig 10.12

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In fig. 10.12 sono rappresentate le condizioni di funzionamento a regime di un impianto di pompaggio che sono date dall'intersezione della caratteristica interna con quella esterna; in tali condizioni, infatti, la prevalenza richiesta dall'impianto sarà uguale a quella fornita dalla pompa. La scelta della pompa sarà, di norma, effettuata in modo che, in condizioni di regime, l'intersezione fra le due caratteristiche cada in una zona di buon rendimento della pompa, di funzionamento stabile ed esente da cavitazione. La condizione di stabilità di funzionamento dipende dalla pendenza locale delle due caratteristiche in corrispondenza del punto di funzionamento: un punto di funzionamento sarà detto stabile quando la pendenza della caratteristica esterna sarà maggiore di quella interna (punto A della fig. 10.13).

In tali condizioni si può, infatti, osservare che un accidentale aumento di portata, provocato da variabilità nel funzionamento del motore che trascina la pompa o da pulsazioni di pressione prodotte dalla pompa, provoca una diminuzione della prevalenza fornita dalla pompa e un aumento di quella richiesta dall'impianto: il moto del liquido sarà perciò rallentato e il punto di funzionamento tenderà a tornare nelle condizioni originarie. Comportamento inverso, ma con uguale risultato di ripristino delle condizioni di partenza, si avrà per una diminuzione accidentale di portata. Si può osservare, invece, che quando l'intersezione delle due caratteristiche è tale che la pendenza della caratteristica esterna è minore di quella interna (punto B della fig. 10.13), si possono determinare condizioni d'instabilità di funzionamento: ad aumenti accidentali della portata corrispondono, infatti, aumenti della prevalenza fornita dalla pompa maggiori di quella richiesta dall'impianto, con conseguente allontanamento dalle condizioni originarie fino a nuove condizioni di equilibrio stabile (punto A della figura). L'inverso capiterà per una diminuzione accidentale della portata con spostamento del punto di funzionamento in C (condizione di portata nulla). Tali condizioni di funzionamento instabile sono particolarmente dannose in impianti in cui operino pompe in parallelo in quanto le fluttuazioni di pressione, associate alle oscillazioni di portata di una pompa in funzionamento instabile, si trasmettono alle altre pompe del parallelo comunicanti con la prima e che diventano, perciò, a loro volta instabili. In particolari condizioni di risonanza, le vibrazioni dovute all'instabilità di funzionamento delle pompe possono essere d'intensità tale da produrre, se protratte nel tempo, seri danni all'impianto o a parti di esso. Per quanto sopra descritto, l'instabilità di funzionamento si può verificare quando la caratteristica interna della pompa presenta un massimo e la prevalenza statica dell'impianto, h0' in fig. 10.13, è maggiore della prevalenza al chiuso della pompa hm0; la possibilità di un funzionamento instabile

Fig. 10.13

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non dipenderà quindi dalla sola pompa ma piuttosto dal particolare accoppiamento pompa-impianto e, per un dato accoppiamento, dalle particolari condizioni operative. E' da notare inoltre che nel caso in cui, per una data velocità di rotazione di regime della pompa, la prevalenza statica dell'impianto sia maggiore della prevalenza al chiuso della pompa, non sarà possibile l'avviamento dell'impianto a velocità di rotazione costante. L'avviamento sarà possibile solo aumentando la velocità di rotazione del motore e della pompa finché non sia hm0 > h0' e riducendo poi la velocità di rotazione fino a raggiungere le condizioni di regime. E' possibile anche, in alcuni impianti, ridurre in avvio la prevalenza statica dell'impianto mediante una derivazione posta su condotto di mandata in modo che sia h0 < hm0; avviato l'impianto, la valvola posta sulla derivazione sarà chiusa in modo da ottenere le condizioni operative desiderate. Comportamento instabile analogo a quello descritto si ha con pompe la cui caratteristica interna presenti un flesso com'è per alcune pompe a flusso misto e assiali. Nell'accoppiamento presentato in fig. 10.14 sono evidenziate tre possibili condizioni di funzionamento di cui A e C sono stabili mentre B è instabile; la regione compresa tra A e C sarà perciò da evitare in quanto zona di possibile funzionamento instabile.

Nel caso in cui la prevalenza statica dell'impianto h0 sia inferiore alla prevalenza al chiuso della pompa e la caratteristica interna della pompa presenti un massimo, in condizioni di regime stazionario è possibile un punto di funzionamento anche quando l'intersezione tra le due caratteristiche avvenga nel tratto ascendente della caratteristica interna (punto D in fig. 10.3). Nella realtà, il regime di funzionamento di una turbomacchina può essere solo mediamente considerato stazionario mentre invece, per una serie di ragioni che in parte sono state già esposte (instabilità di funzionamento del motore che trascina la macchina, passaggio delle pale del rotore davanti alle pale del diffusore palettato, se presente, o al becco della voluta, distacco della vena fluida dalla superficie delle pale, ecc.), il regime istantaneo di funzionamento sarà variabile nel tempo. In condizioni di regime variabile, l'analisi della stabilità di funzionamento per condizioni operative corrispondenti al tratto ascendente della caratteristica interna travalica i limiti del corso per cui ci limiteremo ad alcune sintetiche osservazioni: - il fenomeno d'instabilità che si può instaurare consiste in oscillazioni della portata dalla

mandata all'aspirazione e viceversa e che provoca forti oscillazioni nell'impianto che possono essere distruttive permanendo in tale regime di funzionamento(nei compressori tale fenomeno viene detto pompaggio)

- le condizioni del possibile manifestarsi del fenomeno descritto e l'ampiezza delle oscillazioni dipendono, fra le altre cose, dalla capacità di accumulo del fluido nel tratto di mandata della macchina. Alle condizioni operative dei più diffusi impianti industriali, i liquidi sono praticamente incomprimibili e quindi, una possibilità di accumulo sarà data solo dall'elasticità delle tubazioni e dalla comprimibilità dell'aria o dei vapori presenti nel serbatoio di mandata

- in assenza del serbatoio di mandata il funzionamento di una pompa sarà stabile anche nel tratto ascendente della caratteristica interna, come nell'ipotesi di regime stazionario. Nel caso, invece, della presenza di un serbatoio di mandata solo parzialmente riempito di liquido,

Fig. 10.14

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com'è nella maggioranza dei casi, per ridurre la capacità del tratto di tubazione in mandata della pompa ed evitare in tal modo l'insorgere dell'instabilità di funzionamento si dovrà collocare la valvola di regolazione della portata immediatamente dopo la pompa.

10.4) Regolazione della portata.

Nella maggior parte delle applicazioni industriali la regolazione della portata erogata da una pompa è realizzata in due modi fondamentali: mediante una regolazione dell'impianto o mediante la regolazione della pompa. La scelta del metodo di regolazione dipenderà da considerazioni di tipo economico, dalla semplicità operativa o dalla possibile applicabilità o meno di uno dei due criteri. Regolazione dell'impianto. E' il criterio più semplice ed economico. Esso consiste nell'agire sull'otturatore di una valvola di regolazione inserita sulla mandata della pompa, accoppiata a un motore a numero di giri fisso e quindi con caratteristica interna invariabile, in modo da far variare la sezione di passaggio del fluido; s'introduce in tal modo una perdita di carico localizzata variabile con conseguente variazione della pendenza della caratteristica esterna e, quindi, della sua intersezione con la caratteristica della pompa. Nella fig. 10.12 si può osservare come, a velocità di rotazione della pompa costante, un'aumentata pendenza della caratteristica esterna per effetto della parziale chiusura della valvola permetta di ridurre la portata erogata da ˙ V A a ˙ V B . A seconda delle dimensioni della valvola, della complessità dell'impianto e della frequenza prevista delle operazioni di regolazione, l'azionamento dell'otturatore potrà essere effettuato manualmente o mediante sistemi pneumatici, oleodinamici o idraulici.

Nel criterio della regolazione dell'impianto si può far rientrare la regolazione di sistemi di pompe in serie o in parallelo descritti nel capitolo 9. Facendo riferimento all'impianto con due pompe in parallelo, riportato a titolo d'esempio in fig. 10.15, possiamo osservare che, volendo ridurre la portata fluente da ˙ V A a ˙ V B possiamo operare in due modi: 1. esclusione di una pompa dell'accoppiamento (punto di funzionamento C). Supponendo per

semplicità che la caratteristica dell'impianto rimanga invariata, si ottiene una riduzione

percentuale della portata, Δ˙ V

˙ V A% =100

˙ V A − ˙ V B˙ V A

, di circa il 43%; la corrispondente variazione

della portata elaborata dalla singola pompa rispetto alle condizioni primitive, Δ ˙ V ˙ V A '

% =100˙ V C − ˙ V A '

˙ V A '

, sarà inferiore al 14% con una riduzione del rendimento contenuta

Fig. 10.15

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(quantomeno nell'ipotesi che le condizioni in A' corrispondano a quelle di massimo rendimento, condizioni alle quali la curva del rendimento è relativamente piatta)

2. regolazione sull'impianto agendo sulla caratteristica esterna in modo che il punto di funzionamento dell'accoppiamento si sposti in B. Le singole pompe si troveranno a erogare la portata ˙ V ′ ′ A con una caduta di rendimento superiore al caso precedente.

Combinando la regolazione discreta ottenuta con l'esclusione di una o più pompe di un accoppiamento in parallelo con quella continua, ottenibile agendo sulla valvola di regolazione dell'impianto, si possono realizzare condizioni di funzionamento con variazioni di rendimento delle pompe generalmente inferiori a quelle corrispondenti all'utilizzo di una singola pompa. Considerazioni analoghe possono essere fatte per accoppiamenti in serie o misti ottenendo analoghi risultati. La scelta fra un sistema che preveda l'utilizzo di una sola pompa piuttosto che un accoppiamento di più pompe sarà basata su criteri di convenienza economica che tengano conto sia del costo d'impianto, in base al quale il costo d'acquisto di una sola pompa è minore di quello di un accoppiamento in serie o in parallelo, sia del costo d'esercizio che sono minori per l'accoppiamento in virtù del maggior rendimento; in via del tutto generale, si può dire che l'accoppiamento di più pompe è più conveniente negli impianti che funzionano per lunghi periodi in condizioni molto variabili. In funzione delle prestazioni desiderate, la scelta del tipo d'accoppiamento più opportuno deve essere valutata di volta in volta in base alla pendenza delle caratteristiche interne ed esterne. In fig. 10.16 è mostrato come, al fine di ottenere un aumento della portata fluente, nel caso a), in cui la caratteristica dell'impianto e quella della pompa sono ripide, è più opportuna l'adozione di un accoppiamento di due pompe in serie piuttosto di quello in parallelo; il contrario per il caso b) in cui sia la caratteristica dell'impianto e sia quella della pompa sono piatte.

Per ciò che concerne la regolazione delle pompe volumetriche, rimandiamo a quanto detto nel paragrafo 9.4. Anche per questo tipo di pompe è però possibile una regolazione d'impianto, con velocità di rotazione della pompa costante, ponendo una derivazione (by-pass) sul condotto di mandata che riporti in parte il flusso in aspirazione: agendo sulle valvole di regolazione del condotto principale e della derivazione si potrà ottenere una diversa ripartizione della portata fluente nei due rami per una portata erogata dalla pompa costante. E' un tipo di regolazione evidentemente utilizzabile nei piccoli impianti, in cui sia contenuto il costo delle valvole e della potenza

a) b) Fig. 10.16

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assorbita dalla pompa, o per regolazioni episodiche poiché la potenza assorbita dalla pompa sarà sempre la stessa al variare dell'effetto utile e cioè della portata fluente nel condotto di mandata. Regolazione della pompa. E' un metodo di regolazione della portata attuabile accoppiando la pompa a un motore a numero di giri variabile e facendo variare la velocità di rotazione della pompa e, quindi, la sua caratteristica interna, mantenendo invariata la caratteristica dell'impianto, vedi fig. 10.12. E' un metodo di regolazione più costoso del precedente a causa del maggior costo del motore a numero di giri variabile rispetto a quello a numero di giri fisso e dell'apparato di comando del motore. Per ragioni di costo è raramente usato negli impianti di piccola e media portata anche se, con questo tipo di regolazione, si determinano cadute di rendimento della pompa più contenute di quelle provocate agendo sulla valvola di regolazione. La regolazione dell'impianto non è adoperata, invece, negli impianti di grande portata a causa del costo proibitivo delle valvole e dell'eccessiva potenza necessaria al loro azionamento. Osserviamo ancora che, per le pompe ad elevato numero di giri caratteristico quali, ad esempio, le pompe assiali, la potenza richiesta all'asse aumenta al diminuire della portata erogata a velocità di rotazione costante. Con tale tipo di pompe è, quindi, sconsigliabile l'utilizzo di una valvola di regolazione, giacché si avrebbe una diminuzione dell'effetto utile, vale a dire la diminuzione della portata erogata, con un aumento corrispondente della potenza richiesta. La variazione della portata erogata da una pompa assiale con velocità di rotazione costante, è possibile mediante la variazione, discreta o continua, dell'angolo di calettamento delle pale: a ciascuna configurazione delle pale corrisponde una curva caratteristica interna e una curva di rendimento.

Dalla fig. 10.17 è possibile osservare come, variando in modo continuo l'angolo di calettamento delle pale, è possibile muoversi lungo l'inviluppo delle diverse curve di rendimento, ossia sempre lungo i massimi di tali curve.

10.5) Avviamento delle pompe. All'avviamento, il motore che trascina la pompa dovrà essere in grado di fornire la potenza richiesta in condizioni di regime stazionario più quella necessaria a vincere le varie inerzie, detta potenza di spunto, che può essere anche 1÷1.5 volte la potenza richiesta a regime. La procedura d'avviamento sarà diversa in funzione dell'andamento della potenza richiesta dalla pompa al variare della portata erogata. Nel caso presentato in fig. 10.18 a), tipico delle pompe a basso numero di giri caratteristico, la potenza richiesta all'avviamento a portata erogata nulla è minore della potenza richiesta a regime; in tal caso, per non sovraccaricare eccessivamente il motore, sarà opportuno avviare la pompa con valvola di mandata chiusa.

Fig. 10.17

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Nel caso della fig. 10.18 b), tipico delle pompe ad elevato numero di giri caratteristico, la situazione è contraria a quella precedente e, quindi, si dovrà operare con valvola aperta quand'essa sia presente. Si fa notare che quando, a causa della propria l'inerzia, il fluido contenuto nella tubazione impedisce il rapido avviamento richiesto dalle pompe a elevato numero di giri caratteristico, formando una sorta di "tappo", si dovrà avviare la pompa alla minima velocità di rotazione possibile, onde avere la più piccola potenza di spunto, aumentando poi gradatamente la velocità di rotazione fino alle condizioni di regime. Nel caso in cui la pompa sia accoppiata ad un motore a numero di giri fisso, l'impianto dovrà essere dotato di una derivazione contenente poco fluido: all'avviamento, la valvola sulla derivazione sarà aperta e quella di mandata chiusa. Arrivata la pompa alla velocità di rotazione di regime, si chiuderà gradatamente la valvola sulla derivazione aprendo contemporaneamente l'altra.

10.6) Scelta delle pompe. Si è già accennato nei capitoli precedenti alle proprietà e ai diversi campi di funzionamento delle pompe. Le considerazioni svolte, sostanzialmente basate sui numeri caratteristici, restringono considerevolmente il campo di scelta di una pompa. A tali osservazioni generali si aggiungono, di volta in volta, limitazioni che nascono dal tipo d'impianto: in impianti in cui siano, ad esempio, controindicate vibrazioni dovute a moti variabili (impianti chimici, termoelettrici, ecc.), non sarà possibile l'uso di pompe volumetriche alternative, anche se i valori di prevalenza e portata richiederebbero questo tipo di pompe. E' possibile, d'altra parte, variare gli indici caratteristici ricorrendo alla suddivisione in serie o in parallelo: nel primo caso si riduce la prevalenza, e quindi si aumenta il numero di giri caratteristico, nel secondo si riduce la portata e quindi si diminuisce il numero di giri caratteristico. Un altro termine che può essere fatto variare in sede di progetto, ricorrendo eventualmente a trasmissioni meccaniche, è la velocità di rotazione della pompa. Portata e prevalenza richieste dall'impianto non sono, quindi, dati che definiscono univocamente un determinato tipo di pompa ma questi, per ogni singola pompa, possono essere variati, assieme alla velocità di rotazione, con la sola condizione che portata e prevalenza globali siano quelle di progetto dell'impianto. Per quanto riguarda i criteri di scelta economici, abbiamo più sopra accennato ai costi d'impianto e a quelli d'esercizio; secondo questi criteri possiamo osservare che la soluzione che prevede una pompa singola è meno costosa di quella che prevede più pompe fra loro accoppiate. D'altra parte, come si è visto, pompe accoppiate in serie o in parallelo permettono maggiori possibilità di regolazione con buon rendimento e minori spese d'esercizio, specie negli impianti che funzionano a lungo in condizioni variabili.

a) b) Fig. 10.18

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Altri elementi che possono condizionare la scelta della pompa sono le condizioni d'installazione (ad es. pompa sommersa) o le condizioni operative (pompe per fanghi, per miscele bifase, per paste o altri usi speciali). Altro elemento di scelta, cui si è più sopra accennato, è ancora è la scelta del tipo di motore che trascina la pompa. In definitiva, possiamo dire che la scelta della pompa è il risultato di un confronto fra diverse possibili soluzioni basate su criteri di ottimizzazione economica e sulle condizioni operative. Tale procedimento, ovviamente dispendioso, è però effettuato solo nel caso d'impianti di un certo rilievo, mentre nei casi più comuni si fa generalmente ricorso all'esperienza pratica basata sul numero di giri caratteristico.