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CAPITOLO 12 IMPIANTI IDROELETTRICI E TURBINE IDRAULICHE 12.1) Impianti idroelettrici. Le macchine motrici per fluidi incomprimibili sono essenzialmente destinate alla produzione d'energia elettrica e, nella quasi totalità dei casi, operano con acqua e sfruttano l'energia messa a disposizione dalla natura sotto forma d'energia potenziale gravitazionale. La potenza messa a disposizione attualmente dagli impianti idroelettrici in Italia è di circa il 1517% della potenza complessivamente prodotta; poiché non sono prevedibili, almeno per quanto riguarda gli impianti medio-grandi, ulteriori sfruttamenti delle risorse idriche disponibili, si può prevedere che il rapporto tra l'energia idraulica prodotta ed energia termica prodotta si ridurrà progressivamente all'aumentare della richiesta agli attuali ritmi di sviluppo (aumento medio annuo dell'energia prodotta di circa il 6.6% tra il 1973 e il 2003). Possibilità di un aumento di produzione di energia idroelettrica sono prevedibili dallo sviluppo di mini e micro impianti, cioè di quegli impianti di potenzialità inferiori rispettivamente a 2 MW e a 500 KW o con la trasformazione in impianti ad accumulo degli impianti tradizionali attualmente esistenti. Gli impianti idroelettrici si dividono principalmente in impianti a bacino (o a serbatoio), fig. 12.1, e ad acqua (o vena) fluente, fig 12.2. Come si può osservare dalle figure, in ambedue i tipi d'impianto le turbine sfruttano un salto geodetico che, però, è realizzato in maniera differente nei due casi: nel primo caso, le acque di Fig. 12.1 Fig 12.2

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CAPITOLO 12

IMPIANTI IDROELETTRICI E TURBINE IDRAULICHE

12.1) Impianti idroelettrici.

Le macchine motrici per fluidi incomprimibili sono essenzialmente destinate alla produzione

d'energia elettrica e, nella quasi totalità dei casi, operano con acqua e sfruttano l'energia messa

a disposizione dalla natura sotto forma d'energia potenziale gravitazionale. La potenza messa a

disposizione attualmente dagli impianti idroelettrici in Italia è di circa il 15÷17% della potenza

complessivamente prodotta; poiché non sono prevedibili, almeno per quanto riguarda gli

impianti medio-grandi, ulteriori sfruttamenti delle risorse idriche disponibili, si può prevedere

che il rapporto tra l'energia idraulica prodotta ed energia termica prodotta si ridurrà

progressivamente all'aumentare della richiesta agli attuali ritmi di sviluppo (aumento medio

annuo dell'energia prodotta di circa il 6.6% tra il 1973 e il 2003). Possibilità di un aumento di

produzione di energia idroelettrica sono prevedibili dallo sviluppo di mini e micro impianti,

cioè di quegli impianti di potenzialità inferiori rispettivamente a 2 MW e a 500 KW o con la

trasformazione in impianti ad accumulo degli impianti tradizionali attualmente esistenti.

Gli impianti idroelettrici si dividono principalmente in impianti a bacino (o a serbatoio), fig.

12.1, e ad acqua (o vena) fluente, fig 12.2.

Come si può osservare dalle figure, in ambedue i tipi d'impianto le turbine sfruttano un salto

geodetico che, però, è realizzato in maniera differente nei due casi: nel primo caso, le acque di

Fig. 12.1

Fig 12.2

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un dato bacino idrografico sono raccolte mediante uno sbarramento solitamente artificiale

(diga), nel secondo caso il dislivello utile è ottenuto mediante lo sbarramento d'un corso

d'acqua.

Gli impianti a bacino possono sfruttare cadute anche molto elevate (sino ai 2000 m del salto

più elevato in Canada) e permettono, in dipendenza dalle dimensioni del serbatoio d'accumulo,

la modulazione della portata erogabile in funzione delle esigenze dell'utenza.

Gli impianti ad acqua fluente operano con bassi salti motori (inferiori ai 20 m) e con portate

praticamente costanti e imposte dalle condizioni stagionali dei corsi d'acqua. Dovrà, in ogni

caso, per questo tipo di impianti essere garantita un portata minima al corso d'acqua (deflusso

minimo vitale, DMV) in modo tale da non compromettere la vita acquatica e l'ambiente

circostante.

Gli impianti a serbatoio, giornaliero o stagionale, consentono di concentrare la produzione in

determinate ore della giornata o in determinati periodi dell'anno, concorrendo, quindi, alla

produzione d'energia modulata mentre la produzione dell'energia di base è coperta dagli

impianti termoelettrici e ad acqua fluente. Le ragioni di una tale scelta sono dettate da

considerazioni sia di natura economica (in base alle quali risulta più conveniente produrre

energia di base con centrali termoelettriche e di punta con centrali idroelettriche) e sia relative ai tempi di risposta degli impianti idroelettrici, notevolmente più ridotti di quelli degli impianti termoelettrici. Al fine d'aumentare la produzione, un impianto idroelettrico a serbatoio può essere trasformato

in un impianto reversibile di pompaggio (impianti ad accumulo) in cui si utilizza l'energia

prodotta dalle centrali termoelettriche durante le ore a basso carico e basso costo, quali ad

esempio quelle notturne, per pompare l'acqua nel serbatoio. Tale acqua sarà poi utilizzata per

produrre energia modulata, a costi più elevati e quindi con vantaggio economico, durante le ore

di punta. In questo tipo d'impianti, le pompe e le turbine sono collegate allo stesso serbatoio

superiore mentre le pompe possono essere collegate ad un bacino inferiore fisicamente diverso

da quello in cui scaricano le turbine (stazioni di pompaggio di gronda) o allo stesso bacino di

scarico delle turbine. Per salti motori inferiori a 500÷600 m sono utilizzate macchine reversibili

(pompe-turbine) in grado di operare con buon rendimento sia come turbine in un senso di

rotazione e come pompe con rotazione inversa; per salti motori maggiori di 600 m si dovrà

prevedere l'utilizzo di due macchine differenti, ad esempio una turbina Pelton ed una pompa

centrifuga, calettate sullo stesso asse. Nelle figure 12.3 e 12.4 sono riportati due esempi delle

applicazioni sopra descritte.

Fig. 12.3

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Per quanto riguarda l'utilizzo di fluidi diversi dall'acqua, citiamo le turbine per il recupero

d'energia da liquidi in pressione, risultato di processi industriali, in particolare della

lavorazione di prodotti petroliferi, che altrimenti dovrebbe essere dissipata per laminazione.

Tali turbine dette HPRT (Hydraulic Power Recovery Turbine) possono essere utilizzate sia per

la produzione di energia elettrica, sia accoppiate a una pompa in sostituzione o in ausilio del

motore elettrico che la trascina. Per ragioni di convenienza economica, anche se con

rendimenti inferiori, si preferisce spesso utilizzare in questi casi una pompa in rotazione

inversa al posto di una turbina di tipo tradizionale.

Allo stato attuale, sono quantitativamente poco significative le turbine che sfruttano

direttamente l'energia cinetica delle correnti marine e dei grandi corsi d'acqua; si tratta, per lo

più, di turbine di derivazione eolica e destinate a mini e micro produzioni.

Fig. 12.4

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12.2) Classificazione delle turbine idrauliche.

Le turbine idrauliche sono macchine a flusso continuo che vengono classificate secondo criteri

diversi (alcuni dei quali già utilizzati nella classificazione delle pompe) e che sinteticamente di

seguito elenchiamo.

Criterio geometrico.

Secondo questo criterio, le turbine idrauliche si suddividono in turbine radiali (centripete) e a

flusso misto (turbine Francis), assiali a pale fisse o mobili (turbine Kaplan) e ruote tangenziali

(turbine Pelton). In base a questo criterio le motrici idrauliche possono essere inoltre suddivise

in motrici ad asse orizzontale o verticale, a vena (o camera) libera o chiusa, semplici o

pluristadio.

Criterio funzionale.

Secondo questo criterio le turbine sono classificate in base al salto motore o, preferibilmente, al

numero di giri caratteristico. Si avranno quindi:

a) Turbine per basse cadute (ad elica, Kaplan) hm<50÷60 m

b) Turbine per medie cadute (Francis, Francis reversibili, Turgo) hm<400÷500 m

c) Turbine per alte cadute (Pelton) hm>400 m

Poiché la geometria ottimale di una macchina non dipende solo dal salto motore sfruttabile ma

anche da altri fattori, quali portata e velocità di rotazione, alla precedente classificazione è

preferibile quella basata sul numero di giri caratteristico, secondo la quale si avranno:

a) Turbine lente (Pelton a uno o più getti) nc<60÷70

b) Turbine medie e veloci (Francis) 45<nc<450

c) Turbine veloci, rapide e ultra rapide (ad elica e Kaplan) nc>450

Criterio idrodinamico.

E' un criterio basato sul grado di reazione, vale a dire sulla quantità dell'energia messa a

disposizione della macchina che è trasformata in energia cinetica nel distributore o a cavallo

della girante.

Richiamando la definizione (7.8) del grado di reazione per le macchine idrauliche

=pg /

ptot / (12.1)

le turbine idrauliche si possono suddividere in:

a) Turbine ad azione o a vena libera (Pelton) 0

b) Turbine a reazione con grado di reazione medio (Francis) 0.4< <0.8

c) Turbine a reazione con grado di reazione elevato (Kaplan) >0.8

Trascurando le variazioni d'energia gravitazionale a cavallo della macchina e la velocità allo

scarico girante, dalla 12.1 si possono dedurre le espressioni del grado di reazione più

comunemente usate nel campo delle macchine motrici idrauliche:

=1v1

2

2ghm

e =1v1

2

2ghe

(12.2)

dove v1 è la velocità d'uscita dal distributore (velocità d'ingresso in girante).

Le due definizioni tendono a coincidere per elevati gradi di reazione mentre differiscono per

0. Per la turbina Pelton, ad esempio, è, come si vedrà più avanti, v1 = 2ghm e quindi

dalla prima definizione risulta =12>0 ( 0.98), mentre dalla seconda, supponendo i=0.9,

risulta =12/ i<0.

Dalle 12.2 e per un dato salto motore, si può osservare che la velocità d'ingresso in girante v1 è

massima per le turbine ad azione e diminuisce all'aumentare di : dall'espressione del lavoro

euleriano nelle condizioni di massimo rendimento (scarico assiale, le= u1v1cos 1) possiamo

dedurre che, a pari velocità periferica, le macchine ad azione forniscono i lavori maggiori o

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che, a pari lavoro fornito, richiedono le minori velocità periferiche. Sempre dalle 12.2 si può

osservare che =1 è possibile solo per v1=0, il che comporta sezioni di passaggio infinite per

portate diverse da zero; per non avere eccessive dimensioni della macchina, i gradi di reazione

massimi sono limitati, perciò, a poco più di 0.96. Notiamo, ancora, che un grado di reazione

nullo è possibile solo per flussi ideali con perdite interne alla macchina nulle mentre nelle

macchine reali, a causa delle dissipazioni, si avrà sempre un seppur piccolo effetto di reazione.

12.3) Turbina Pelton.

Nella fig. 12.5 a) è schematicamente rappresentata una turbina Pelton ad asse orizzontale e ad

un getto: come si può osservare dalla figura, l'acqua, incanalata per mezzo di una condotta,

giunge al livello della macchina in condizioni di elevata pressione che viene trasformata in

energia cinetica nella parte terminale del distributore (boccaglio o ugello), a sezione

decrescente e che scarica in aria alla pressione atmosferica. La velocità d'efflusso dal

distributore sarà pari alla velocità torricelliana d'efflusso da un serbatoio a pelo libero costante

ed uguale a:

v1 = 2g hg ye( ) = 2ghm (12.3)

Dove hg è il salto geodetico o caduta disponibile, pari alla differenza di quota tra il pelo libero

nel bacino a monte della turbina e l'asse del getto, ye sono le perdite di carico nella condotta

d'adduzione alla turbina e è il coefficiente d'efflusso che tiene conto delle perdite idrauliche

nel distributore ( 0.98 nelle condizioni di massima apertura della spina).

Si può osservare che la vena che interagisce con la pala della Pelton è a pressione costante e

uguale alla pressione atmosferica (turbina a vena libera), sarà, quindi, costante, a meno delle

perdite di carico, la velocità relativa w: la ruota Pelton, essendo nulla la variazione d'energia

cinetica a cavallo della girante, è perciò una turbina ad azione.

Come si vedrà più avanti, la velocità relativa di massimo rendimento è all'incirca la metà della

velocità assoluta v1 e diminuisce quindi con il salto motore con conseguente diminuzione della

spinta sulle pale e aumento del coefficiente di perdita sulle stesse. La non possibilità di ridurre

la pressione all'uscita del distributore con conseguente aumento delle velocità, assieme alla

perdita di salto corrispondente al dislivello tra l'asse del getto e il pelo libero dell'acqua nel

canale di scarico, rende questo tipo di turbine poco adatte ai bassi salti motori. La pratica

dell'idro-pneumatizzazione, che cerca di ovviare a questo problema racchiudendo la turbina in

una cassa a tenuta d'aria raccordata mediante una tubazione al bacino di scarico, ha avuto

Fig. 12.5

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scarse applicazioni a causa della complessità dell'impianto che ne risulta e del possibile innesco

della cavitazione.

All'interno del boccaglio è presente un otturatore (spina Doble) a bassa resistenza che permette

la regolazione della portata erogata: l'avanzamento o l'arretramento della spina determina,

infatti, la variazione della sezione di passaggio a velocità d'efflusso pressoché costante con

conseguente variazione della portata fluente (per una diminuzione della portata, a fronte della

diminuzione del coefficiente d'efflusso dovuto alla riduzione dell'area di passaggio si avrà un

aumento del salto motore per effetto delle diminuite perdite di carico). In figura è visibile il

tegolo deviatore che permette rapidi interventi sulla portata in caso di emergenze senza che si

possano manifestare distruttivi colpi d'ariete nelle condotte di adduzione.

Il getto in uscita dal distributore alimenta tangenzialmente la girante e interagisce con le pale

che, come si può osservare dalla fig. 12.5 b), hanno la forma di un doppio cucchiaio. Il getto,

che colpisce la pala quasi centralmente, è ripartito nei due cucchiai ed è deviato di quasi 180°,

conservando una componente ortogonale al getto che consente lo smaltimento laterale della

portata. Per effetto della variazione della quantità di moto del getto che colpisce la pala, si

determina sulla pala una spinta che mette in rotazione la girante; a causa della rotazione della

girante, la pala, dopo aver percorso un certo angolo, si sottrarrà all'interazione col getto ma,

prima che ciò avvenga, la pala successiva avrà già iniziato a interagire con il getto. Le pale

della girante sono, inoltre, sagomate in modo tale che l'angolo d'interazione del getto con le

pale sia il più possibile prossimo ai 90° (angolo di massimo rendimento del cucchiaio).

In fig. 12.6 a) è riportata la traccia del getto incidente sulla pala quando questa è in posizione

ortogonale rispetto al getto, mentre in fig. 12.6 b) sono rappresentate alcune posizioni assunte

dalla pala durante l'interazione col getto: come si può osservare dalla figura, nelle posizioni

precedenti quella d'ortogonalità, il getto sarà deviato, oltre che lateralmente, anche radialmente

verso l'alto (centripetazione) e, quindi, parte della sua energia cinetica sarà dissipata alla radice

del cucchiaio senza scambiare energia con lo stesso. Nelle posizioni successive a quella

d'ortogonalità si avrà, invece, una deviazione verso il basso (centrifugazione) e, quindi, una

parte del flusso lascerà la pala senza scambiare energia con il cucchiaio.

La pala dovrà essere sagomata in modo tale da poter interagire con il getto anche in posizioni

diverse da quella di massimo rendimento e dovrà perciò avere un notevole sviluppo radiale. Il

a) b) Fig 12.6

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numero e il passo delle pale saranno determinati in modo che vi siano almeno due pale sempre

"in presa" e che la portata possa essere liberamente smaltita, passando fra una pala e quella

adiacente senza pericolo d'urto sul dorso di quest'ultima.

Osserviamo che il diametro medio D rappresentato nelle figure precedenti è il diametro della

circonferenza immaginaria concentrica alla ruota Pelton e tangente all'asse del getto. Notiamo

ancora che, per ragioni pratiche, la ruota deve essere disposta alquanto sopra la superficie

libera del serbatoio di scarico. Per tale ragione, il salto geodetico effettivamente sfruttato dalla

turbina, pari alla differenza tra il pelo libero del bacino a monte e l'asse del getto, è inferiore a

quello messo a disposizione dalla natura, che è pari al dislivello fra il peli liberi dei bacini a

monte e a valle, di una quantità variabile a seconda delle dimensioni della macchina. Per

questo motivo, oltre al fatto più sopra accennato della impossibilità di operare a pressioni

inferiori a quella atmosferica allo scarico girante, sarà conveniente utilizzare la turbina Pelton

per salti motori elevati in modo che i fattori descritti non incidano troppo sulla potenza

disponibile.

Dimensioni delle pale, diametro del getto e diametro medio della ruota sono legati da relazioni

semiempiriche corrispondenti alle condizioni di massimo rendimento della macchina e a

contenute sollecitazioni meccaniche (citiamo, a titolo d'esempio, d/D 1/10 e h/d 2.5, dove h è

l'altezza della pala). Tali grandezze, attraverso il diametro del getto d, sono legate alla portata

elaborata dalla macchina e, quindi, al fine di evitare diametri della ruota eccessivamente grandi

con conseguenti elevate sollecitazioni meccaniche, converrà, all'aumentare della portata

elaborata dalla macchina, adottare macchine a più ugelli fino a un massimo di 6. Onde evitare

l'interferenza fra i singoli getti, per una macchina con un numero di getti superiore a 2 sarà

necessaria una configurazione ad asse verticale.

La portata elaborata da macchine pluri-getto sarà espressa mediante la relazione:

˙ V =d2

4v1z (12.4)

dove z è il numero di ugelli.

In fig. 12.7 è rappresentata una macchina ad asse verticale a 6 getti.

Osserviamo che nelle turbine pluri-getto ciascun getto può essere regolato indipendentemente

mediante l'avanzamento o l'arretramento della spina (regolazione per laminazione), senza che

il rendimento dei restanti getti sia sostanzialmente alterato dalla regolazione e dalla caduta di

rendimento di uno di essi. L'alimentazione di uno o più getti può inoltre essere interrotta

Fig. 12.7

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(parzializzazione della portata) riducendo proporzionalmente la portata elaborata dalla

macchina senza sensibili cadute di rendimento. Combinando la regolazione per

parzializzazione con quella per laminazione si ottengono notevoli possibilità di regolazione

della potenza fornita dalla macchina con cadute di rendimento contenute com'è possibile

osservare in fig. 12.8.

12.4) Rendimento e curve caratteristiche.

Vogliamo ora analizzare, traendone alcune indicazioni di progetto, il comportamento

fluidodinamico della turbina Pelton sotto le seguenti ipotesi:

- Flusso uni-dimensionale

- Asse del getto tangente al diametro medio della turbina

- Ortogonalità tra getto e pala (ipotesi che, in realtà, è valida in un solo istante)

Con riferimento all'asse del getto e ai triangoli di velocità rappresentati in fig. 12.5 b), si potrà

scrivere:

he =1

gu1v1 cos 1 u2v2 cos 2( ) =

1

gu v1 v2 cos 2( ) (12.5)

e tenendo presente che è: v2 cos 2 = u w2 cos 2

e che, tenendo conto delle perdite idrauliche sulla pala mediante un coefficiente di perdita ,

sarà w2= w1, sostituendo nella (12.5) si ottiene:

he =1

gu v1 u w1 cos 2( )( ) =

1

gu v1 u v1 u( )cos 2( )( )

da cui:

he =1

gu v1 u( ) 1+ cos 2( ) (12.6)

Dalla definizione di rendimento idraulico si ottiene ancora:

i =he

hm

=u v1 u( ) 1+ cos 2( )

ghm

(12.7)

Introducendo nella (12.7) il coefficiente di velocità periferica kp =u

2ghm

e tenendo presente

la (12.3), si ottiene infine:

i = 2kp ku( ) 1+ cos 2( ) (12.8)

Nell'ipotesi semplificativa che non vari al variare di kp, la 12.8 rappresenta una parabola con

concavità rivolta verso il basso e vertice in corrispondenza di kp= /2 .49 (condizione di

massimo rendimento). Per tale valore del coefficiente di velocità periferica il rendimento

idraulico della turbina Pelton varrà:

Fig. 12.8

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i max =2

21+ cos 2( ) (12.9)

Osserviamo che dalle condizioni di massimo rendimento si può immediatamente dedurre

u =2

2ghm =2

v1: la velocità periferica di ottimo è uguale all'incirca alla metà della velocità

del getto. Osserviamo ancora che il rendimento idraulico della ruota aumenta al diminuire

dell'angolo geometrico 2 ed è massimo per 2=0.Tale condizione non è però in pratica

accettabile poiché l'acqua scaricata dalle pale colpirebbe il dorso della pala successiva,

esercitando un'azione frenante con forte diminuzione di rendimento. Per evitare tali perdite

l'angolo di scarico dalla pala è in genere maggiore di 12÷15°. Nel caso di flusso ideale è =1 e =1 e dalla (12.9) il rendimento idraulico massimo è:

i max =1+ cos 2

2

Anche nel caso di flusso ideale risulta i<1 per 2>0. Tale risultato è giustificato dal fatto che il

rendimento idraulico tiene conto oltre che delle perdite idrauliche, nulle nel caso di flusso

ideale, anche dell'energia cinetica di scarico dalla pala che non è nulla per portate diverse da

zero e per sezioni di passaggio finite.

In fig. 12.9 sono qualitativamente riportati gli andamenti del rendimento idraulico in funzione

del coefficiente di velocità periferica per flussi ideali e reali.

Osserviamo che, per un dato salto motore e una data turbina, il coefficiente di velocità

periferica kp può variare soltanto variando la velocità di rotazione della turbina che, d'altra

parte, è imposta dall'alternatore in funzione della frequenza desiderata. Il coefficiente di

velocità periferica è, per quanto visto più sopra a proposito della regolazione della portata, un

parametro che resta pressoché costante nella fase di esercizio dell'impianto e potrà variare

soltanto durante le fasi di avviamento e di arresto dell'impianto.

Dalla fig. 12.9 si può osservare che il rendimento idraulico si annulla per kp= , condizione per

cui è u=v1 e, quindi, w1=0. Per tale velocità di rotazione la turbina non è alimentata e la potenza

erogata all'asse è nulla. Tali condizioni si manifestano per una caduta del carico all'alternatore

per cui la girante accelera fino a portarsi alla velocità di fuga, condizione per cui, come si è

detto, la potenza erogata dalla turbina è nulla. Dalle relazioni tra il kp di massimo rendimento e

il kp corrispondente al punto di fuga si deduce immediatamente che, per una turbina Pelton, la

velocità di fuga è pari al doppio della velocità di rotazione ottimale.

In fig. 12.9 è riportato inoltre l'andamento della coppia all'albero deducibile, tenendo presente

la (12.6), dalla relazione:

M =Pa = ˙ V he m v

D

2u= ˙ V

D

2kp( ) 1+ cos 2( ) m v (12.10)

Fig. 12.9

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Dalla (12.10) si può notare come nel caso di flusso ideale la coppia all'asse vari linearmente

con kp, sia massima allo spunto (kp=0) e si annulli in condizioni di fuga (kp=1). Nel caso di

comportamento reale l'andamento non sarà lineare a causa delle variazioni dei rendimenti e la

coppia si annullerà per kp= .

Diagrammi simili a quello riportato in fig. 12.9 possono essere ottenuti per diverse aperture del

distributore e possono poi essere sintetizzati in un unico diagramma caratteristico della

macchina quale quello qualitativamente riportato in forma adimensionale in fig 12.10.

Dalla figura si può osservare come il rendimento massimo si abbia per portata pari all'incirca

l'80% della portata massima e che risulti pressoché costante per gran parte del campo di

utilizzo.

Si può ancora notare come la curva della potenza non passi per l'origine degli assi in quanto

una parte della potenza sviluppata sarà necessaria per vincere gli attriti meccanici interni

(potenza a vuoto).

12.5) Dimensionamento di massima.

Tenendo presente che il dimensionamento di una macchina si effettua in genere per le

condizioni di massimo rendimento, sono definiti, per un dato salto motore e in base alle

relazioni descritte nel paragrafo precedente, il coefficiente kp e la velocità periferica u di

ottimo. Velocità periferica, velocità di rotazione e diametro medio della girante sono legati

dalla relazione: u= nD/60. La scelta di n e di D dovrà tenere conto di diversi fattori quali, ad

esempio, dimensioni contenute per limitare i costi e gli ingombri della macchina, diametro dei

getti e numero dei getti in rapporto alle dimensioni delle pale in modo da avere un buon

rendimento del cucchiaio ecc., che saranno di seguito precisati.

Dall'espressione del numero di giri caratteristico (8.14) che definisce la famiglia di macchine di

massimo rendimento per date condizioni operative, si ricava:

nc = 3.6560u

D

d2v1z

2 hm( )3

4

dove si è trascurato il rendimento della turbina. Per la 12.3:

Fig. 12.10

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nc = 3.6560u

D

d2z 2ghm( )14

2 2ghm( )3

42g( )

34 570

u

2ghm

d

Dz 570kp

d

Dz (12.11)

Come più sopra osservato, il rapporto d/D definisce le dimensioni della pala ed è di norma

fissato in modo da non avere pale eccessivamente grandi, con eccessivo appiattimento della

vena fluida sulla superficie del cucchiaio e conseguenti maggiori perdite idrauliche che

dipendono dalla superficie lambita, o pale troppo piccole per cui si avrà una deviazione del

getto meno ottimale con perdite crescenti. Tale rapporto ottimale dipende dal salto motore e

varia da 1/7 per i salti più bassi sino a 1/50 per i salti più elevati; per salti motori dell'ordine di

700 m il rapporto d/D vale all'incirca 1/10. Sostituendo tale valore nell'espressione (12.11) e

ricordando che il valore di massimo rendimento del coefficiente kp è pari a /2, si ottiene:

nc 27.5 z (12.12)

che fornisce, in termini di numero di giri caratteristico, il campo di buon funzionamento della

turbina Pelton al variare del numero di getti.

Per quanto riguarda la scelta del numero di getti economicamente più conveniente e

prescindendo da considerazioni legate alla regolazione della portata elaborata e della potenza

erogata all'asse, possiamo osservare che, per la (12.12), all'aumentare del numero di getti

aumenta il numero di giri caratteristico e quindi, per fissate condizioni operative di portata e

salto motore, ad un numero di getti maggiore corrispondono maggiori velocità di rotazione con

conseguenti minori dimensioni e costi della ruota della turbina e dell'alternatore ad essa

direttamente accoppiato.

D'altra parte, un maggior numero di getti comporta una maggior complessità della turbina e un

maggior costo della stessa; in conclusione, il numero di getti più conveniente, per determinate

condizioni operative della turbina, sarà scelto in base ad un criterio d'ottimizzazione economica

che tenga conto dei diversi aspetti più sopra accennati e di eventuali necessità di regolazione

della potenza erogata.

Definito il numero di getti e quindi definiti il numero di giri caratteristico e il diametro medio

della turbina, sarà necessario verificare che il rapporto d/D così ottenuto sia accettabile per un

buon rendimento della pala.

12.6) Turbina Francis.

La turbina Francis, schematicamente rappresentata in fig. 12.11, è una macchina a reazione a

vena chiusa, vale a dire senza punti di contatto con l'atmosfera e con pressione variabile da

punto a punto tra l'ingresso del distributore e l'uscita della girante.

Fig. 12.11

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Nella figura sono evidenziati il distributore a chiocciola (1) che distribuisce l'acqua su tutta la

periferia, il distributore palettato (2) che indirizza il fluido alla girante con un'appropriata

componente radiale e la girante (3) nei cui canali la corrente passa, nelle condizioni di massimo

rendimento, da una direzione prevalentemente radiale all'ingresso ad una praticamente assiale

allo scarico.

Nella fig. 12.12 è mostrata la vista della girante di una turbina Francis in cui è visibile la

curvatura delle pale.

Le pale del distributore possono essere ruotate, mediante un sistema di leveraggi servo

comandati, attorno ad un asse uscente dalla cassa della macchina, fig. 12.13 a) in modo da

variare l'inclinazione delle pale stesse al variare della portata fluente, fig 12.13 b).

Analogamente a quanto già visto nel caso delle pompe, anche per le turbine Francis la

geometria ottimale della girante dipenderà dalle condizioni operative della macchina e quindi

dal numero di giri caratteristico: all'aumentare del numero di giri caratteristico si passerà da

giranti con pale pressoché radiali e grado di reazione di circa 0.5 a giranti con pale quasi assiali

e grado di reazione superiore a 0.8.

Fig. 12.12

Fig. 12.13

Fig. 12.14

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In fig. 12.14 sono schematicamente presentati alcuni tipi di giranti e il loro campo

d'applicazione.

Riprendendo le considerazioni già svolte nel capitolo 5, si riportano in fig. 12.15 due diffusori

rettilinei di turbina Francis.

Nel caso a sinistra il diffusore è cilindrico, la velocità del fluido è costante e il diffusore ha solo

la funzione di consentire che la turbina possa essere installata sopra il livello del pelo libero nel

bacino di scarico; la pressione all'uscita della turbina è inferiore alla pressione atmosferica per

effetto sia del dislivello sia delle perdite di carico. Nello schema di destra il diffusore è conico

e, quindi, l'acqua al suo interno rallenta mentre la pressione aumenta; la depressione allo

scarico della turbina non è solamente dovuta al dislivello rispetto al bacino di scarico e alle

perdite, ma anche all'energia cinetica che in parte è recuperata sotto forma di pressione nel

diffusore.

Dalla relazione che lega l'altezza massima di scarico di una turbina al coefficiente di Thoma:

zsmax =patm pv + pg( )

hm + ys

si può osservare che l'altezza di scarico corrispondente alle condizioni di cavitazione incipiente

può, per determinati valori del prodotto hm, assumere valori nulli o negativi (turbine in

contropressione); in tali casi, che si possono verificare con turbine con elevato numero di giri

caratteristico, si dovrà utilizzare un diffusore con la forma rappresentata in fig. 12.16.

Fig. 12.15

Fig. 12.16

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Come si può osservare dalla figura, il diffusore scende dapprima verso il basso ma poi risale

verso l'alto raggiungendo il serbatoio d'invaso; in questo modo, il termine potenziale

rappresenta un contributo trascurabile alla depressione che si determina allo scarico della

girante o può essere reso negativo, evitando così l'insorgere della cavitazione allo scarico della

turbina.

12.7) Rendimento e grado di reazione.

Si è già osservato come, nelle condizioni d'esercizio di una turbina, il coefficiente di velocità

periferica kp non vari e come questo parametro sia usato nella fase di progetto della macchina;

ci limiteremo, perciò, nelle considerazioni seguenti alle condizioni di massimo rendimento,

condizioni per cui è nulla la componente tangenziale della velocità v2t allo scarico della turbina.

Per tali condizioni sarà:

he = i maxhm =1

gu1v1 cos 1

da cui:

v1 = i max

ghm

u1 cos 1

(12.13)

Dalla seconda delle (12.2) si ottiene:

=1v1

2

2ghe

=1v1

2

2ghm

1

i

da cui:

v1 = i 1( )2ghm

e per la (12.13):

2ghm

2u1 cos 1

=1( )

i max

da cui, tenendo presente la definizione del coefficiente di velocità periferica:

kp =1

2cos 1

i max

1( ) (12.14)

Dalla (12.14) si può osservare che il massimo rendimento è funzione di kp e dell'angolo di

apertura del distributore 1 e che il coefficiente di velocità periferica cresce al crescere del

grado di reazione, vale a dire che al crescere del grado di reazione la macchina deve essere

sempre più veloce. Per far sì che all'aumentare di la macchina non sia sottoposta a

sollecitazioni eccessive, all'aumentare del grado di reazione s'imporranno angoli d'ingresso in

girante maggiori (15° 1 40°).

Osserviamo ancora che al variare del grado di reazione cambierà la forma della pala: supposti,

infatti, assegnati un angolo di scarico dal distributore 1 e una velocità v1, all'aumentare di u1

diminuirà l'angolo d'ingresso in girante 1, sicché la pala diventa meno arcuata e tende ad

assumere la forma di un profilo idrodinamico. In particolare, a seconda che u1 sia minore,

uguale o maggiore di v1t si avranno pale all'indietro, radiali o in avanti rispetto al senso del

moto.

Dalla (12.14) è immediato trovare il legame tra salto motore e grado di reazione:

hm = 2u12 cos 1

2 1( )g i max

(12.15)

da cui si deduce che al diminuire del salto motore, e quindi al crescere del numero di giri

caratteristico, deve aumentare il grado di reazione.

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12.8) Regolazione.

La regolazione della potenza erogata dalla turbina è effettuata mediante variazione della portata

elaborata dalla macchina ottenuta modificando l'inclinazione delle pale del distributore e

variando di conseguenza le sezioni di passaggio. Angolo di scarico e velocità d'uscita dal

distributore sono imposti dalla geometria delle pale del distributore che sarà scelta in modo da

avere piccole variazioni nell'angolo di incidenza alle pale del rotore e quindi un contenuto

aumento delle perdite per incidenza. In fig. 12.17 sono mostrati i triangoli di velocità

all'ingresso e all'uscita girante al variare dell'inclinazione delle pale del distributore.

Si può osservare dalla figura che al variare dell'angolo d'uscita dal distributore 1 si ha una

riduzione della componente radiale della velocità d'ingresso nel rotore responsabile del

trasporto di massa. All'uscita della girante la velocità relativa w2 sarà diretta secondo un angolo

2 imposto dalla pala che resta quindi invariato al variare della portata; resta perciò invariata la

sezione di passaggio allo scarico girante. Al diminuire della portata diminuirà quindi la

componente assiale della velocità assoluta con conseguente aumento della componente

tangenziale v2t; analogo aumento della componente tangenziale si avrà per un aumento della

portata elaborata dalla turbina.

In conclusione, variando l'inclinazione delle pale del distributore e lasciando inalterata la

geometria del rotore, si altera l'intero comportamento idraulico della macchina con

conseguente caduta del rendimento ai carichi parziali più sensibile di quello che si ha nel caso

della Pelton o della Kaplan a pale orientabili.

Fig. 12.17

Fig. 12.18

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In fig. 12.18 sono evidenziate le considerazioni sopra esposte.

Nel caso in cui si rendano necessarie rapide riduzioni della portata e per evitare possibili colpi

d'ariete causati da manovre troppo rapide, nella condotta di adduzione alla turbina è presente

una tubazione di by-pass che scavalca la turbina stessa e permette la derivazione della portata

affluente alla macchina. In questa tubazione è presente una valvola automatica (valvola di

scarico sincrono) la cui apertura (parziale o totale) è simultanea alla chiusura del distributore.

La valvola si apre lasciando libera una sezione di passaggio uguale a quella ridotta dalla

manovra del distributore in modo che non si producano sensibili variazioni di portata e di

pressione nella condotta forzata. Successivamente la valvola si chiuderà lentamente impedendo

così la perdita della portata derivata.

12.9) Turbine a elica e turbine Kaplan.

Sono macchine assiali a reazione con un limitato numero di pale (fino a 6) disposte assialmente

sul mozzo che interagiscono con un flusso il cui moto elicoidale, senza componente radiale

della velocità, è imposto dal distributore; sia il distributore che la girante possono essere a pale

fisse (turbine a elica) o orientabili in modo da avere un buon rendimento anche ai carichi

parziali.

Il campo di utilizzo di queste macchine è quello dei modesti salti motori e delle grandi portate

con conseguente elevato numero di giri caratteristico che supera di norma quello delle Francis.

Come si può osservare dalla fig. 12.19, l'acqua arriva da un distributore a chiocciola (a) a un

distributore palettato con pale orientabili (b) alla cui uscita il moto è centripeto con una forte

componente tangenziale; l'acqua poi passa attraverso un canale toroidale non palettato (c) in

cui viene annullata la componente radiale del flusso. L'acqua colpirà poi le pale della girante

(d) dove la componente tangenziale della velocità è annullata e dalle quali il flusso è scaricato

assialmente nel diffusore (e).

A causa dei bassi salti disponibili e delle elevate velocità di scarico necessarie a contenere le

dimensioni della macchina, il diffusore per questo tipo di macchine sarà a sezione crescente e

del tipo a L come quello mostrato in fig. 12.16.

Nella figura si può osservare, inoltre, lo svergolamento delle pale della girante praticato al fine

di ridurre le perdite per incidenza.

Fig. 12.19

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Sulle pale s'instaurerà un moto a vortice libero caratterizzato dalla costanza del momento della

quantità di moto ed esprimibile mediante la relazione vtR=cost; appare evidente dalla relazione

scritta che quanto più ci si avvicina all'asse di rotazione tanto più si hanno elevate velocità con

conseguenti basse pressioni e pericolo di cavitazione. Per risolvere il problema potrà essere

necessario porre la macchina sotto battente.

Quando la caduta utilizzabile è molto bassa, la turbina può essere disposta assialmente in modo

da evitare andamenti troppo tortuosi dei condotti d'ammissione e di scarico; tali turbine

vengono dette anche a bulbo. In fig. 12.20 è rappresentata una turbina a bulbo ad asse quasi

orizzontale che opera sotto un caduta di 6 m.

In fig. 12.21 a) e b) sono mostrate rispettivamente la girante di una turbina ad elica a pale fisse

e quella di una Kaplan con le pale orientabili in posizione di chiusura completa.

12.10) Curve caratteristiche e diagrammi collinari.

Date le dimensioni delle macchine e l'entità delle grandezze in gioco, le prove sperimentali

sono di norma condotte su modelli in scala ridotta che possono essere modificati fino a ottenere

la geometria di massimo rendimento. I risultati delle prove condotte sul modello potranno

essere estesi a tutte le macchine appartenenti alla stessa famiglia del modello con le opportune

correzioni che tengano conto dell'effetto scala.

Fig. 12.20

Fig. 12.21

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Le curve caratteristiche delle turbine sono solitamente presentate con salto motore costante

poiché nella pratica la caduta è una grandezza che, per lo meno per le alte e medie cadute, è

poco variabile percentualmente.

Per le basse cadute si potranno avere variazioni percentuali del salto disponibile significative

ma, in ogni caso, più che la variazione della portata con il salto motore interesserà la variazione

della portata con il numero di giri della macchina.

I risultati delle prove sperimentali condotte sul modello sono solitamente rappresentati su

diagrammi simili a quell1 presentati in fig. 12.22 e che prendono il nome di diagrammi

collinari o diagrammi a conchiglia.

Nel diagramma di fig. 12.22 a) sono riportate le curve di isorendimento di un modello di

turbina Pelton al variare della portata e del numero di giri: come si può osservare, la condizione

di massimo rendimento corrisponde a una velocità di rotazione di 425 giri/min e a una portata

di 70 l/s. In fig. 12.22 b) sono riportate le curve di isorendimento di un turbina Kaplan al

variare della portata e del parametro n11 = nD hm per diverse aperture del distributore e

diverse inclinazioni delle pale della girante.

Ricordiamo che per macchine con lo stesso numero di giri caratteristico valgono le relazioni:

n

n'=

˙ V ˙ V

1

2 hm

h m

3

4

(12.16)

n

n'=

hm

h m

1

2 D

D (12.17)

V˙ V

=hm

h m

1

2 D D

2

(12.18)

che permettono di passare da una macchina ad un'altra della stessa famiglia facendo uso dei

parametri hm e D.

Fig. 12.22

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12.11) Criteri di scelta delle turbine idrauliche.

Come già osservato in precedenza, il criterio di scelta fondamentale delle turbomacchine è

basato sulla teoria della similitudine che permette la definizione della geometria ottimale per

particolari condizioni operative. Anche per le turbine idrauliche sono perciò reperibili in

letteratura tecnica diagrammi di origine empirica analoghi ai diagrammi presentati in fig. 12.23

(diagramma di Baljé) e in fig. 12.24 che definiscono i campi di buon funzionamento dei diversi

tipi di turbina.

Fig. 12.23

Fig. 12.24

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Dal diagramma di fig. 12.24 in cui sono sintetizzate le considerazioni più sopra esposte sui

campi di applicazione delle turbine idrauliche, si può osservare fra l'altro che mentre le Francis

e le Kaplan sono utilizzate in un ampio campo di portate, le turbine Pelton sono utilizzabili

solo nel campo delle basse portate; ciò deriva dalla caratteristica ammissione parziale delle

Pelton che non consente l'ammissione la distribuzione della portata su tutto l'arco dei 360°.

Nella figura sono inoltre evidenziate le zone di sovrapposizione, vale a dire i campi in cui è

possibile il buon funzionamento di tipi diversi di turbine.

In questi casi il criterio di scelta si baserà, oltre che su criteri di carattere economico o relativi

alla natura del fluido elaborato (acque con maggiori o minori contenuti di sabbia), anche su

considerazioni sul rendimento e sulle caratteristiche di regolazione.

Dalla fig. 12.25 in cui è riportata per macchine diverse l'andamento del rendimento in funzione

della portata percentuale, possiamo osservare che la Pelton, pur avendo un rendimento inferiore

a quello delle altre turbine, ha una curva di rendimento più piatta delle altre con un

conseguente campo di buon funzionamento più ampio.

La turbina Pelton sarà quindi preferita come macchina adatta alla regolazione mentre la Francis

sarà preferita per una produzione più costante. Considerazioni analoghe possono essere svolte

per quanto riguarda la scelta fra le turbine Francis e le Kaplan.

In fig. 12.24 è evidenziata una condizione operativa (punto (x)) per cui portata e salto motore

sono al di fuori del campo di buon funzionamento di qualsiasi tipo di turbina. Come già visto

nel caso delle pompe, è possibile rientrare nelle zone di buon funzionamento mediante una

disposizione delle macchine in serie o in parallelo.

Nel caso dell'esempio riportato, con una disposizione in parallelo si rientra nella zona di buon

rendimento delle Pelton mentre con la disposizione in serie si rientra in quella delle Francis.

Fig. 12.25

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Osserviamo che, diversamente che nel caso delle pompe, la disposizione in serie è raramente

adottata nel caso delle turbine idrauliche in quanto richiederebbe l'installazione delle macchine

in centrali diverse realizzate a livelli diversi. La soluzione, infatti, di avere macchine in serie in

un'unica centrale, posta alla base della caduta totale, richiederebbe che la macchina (o le

macchine) a monte debba funzionare a pressioni notevolmente superiori a quella atmosferica

con conseguenti problemi di sollecitazioni e di tenute. Questa soluzione è adottata negli

impianti in cui, per ragioni geodetiche, risulta conveniente realizzare più centrali a livello

diverso come quando, per esempio, lo sviluppo orizzontale della condotta è notevole o quando

esistono bacini di raccolta a diversi livelli.

Osserviamo ancora che con la disposizione in parallelo è possibile la regolazione indipendente

delle macchine, potendo arrivare anche all'esclusione di una o più macchine e riducendo in tal

modo proporzionalmente la potenza senza variazioni del rendimento delle altre macchine.