Impatto Magazine: Gli indici statistici // N. #9 // 2 dicembre 2014

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www.impattomagazine.it // [email protected] // Impatto Magazine: Gli indici statistici. Questa settimana in primo piano: Ritorna il meeting dell'Opec, nasce l'asse Arabia Saudita - Stati Uniti per mettere in difficoltà Russia e Iran? Follow Us on Facebook: https://www.facebook.com/impattomagazine

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isale al 1906 la prima sentenza, in materia civile,che, “in nome di Sua Maestà Vittorio Emanuele

III”, dichiarava la pericolosità dell’amianto.La questione, promossa dalla società inglese British Asbestos Company Limited contro un giornale piemontese, riguardava un articolo che parlava dei problemi di una fabbrica amiantifera della provincia di Torino. I giudici respinsero le richieste della società certificando che la lavorazione era dannosa per la salute. L’ultima a riguardo, invece, risale a poco più di una settiana fa ed ad esprimersi è stata proprio la Suprema Corte di legittimità, la Cassazione; il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, Mr. Eternit per dirla in breve, non dovrà più scontare diciotto anni di reclusione e risarcire le famiglie delle migliaia di vittime dell’amianto, e ciò non perché il fatto non sussista o non costituisca reato, ma per intervenuta prescrizione nel caso specifico di disastro ambientale.Tremila morti, tremila anime ammalatesi di mesotelioma pleurico ed asbestosi, tutte appartenenti ai paesi di Casale Monferrato (Alessandria), Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli).Nell’Aprile 2013, la Corte d’Appello di Torino aveva condannato Sir Eternit e Socio – il barone belga Louis De Cartier, morto prima

della sentenza, a diciotto anni di reclusione (due in più rispetto al verdetto di primo grado) più risarcimento di cento milioni di euro (alle novecentotrentadue parti lese) per disastro doloso.Da quanto si legge dalla sentenza, i galantuomini avrebbero continuato a mantenere operative le proprie fabbriche pur essendo a conoscenza dell’alta tossicità dell’amianto.Troppo tempo è passato dai fatti e quindi è stato tutto annullato; non si sarebbe potuto fare altrimenti, come spiega lo stesso Iacoviello (PG) che ha avallato la richiesta di prescrizione, “contestare il reato di disastro ambientale è stato un errore giuridico, perché questo tipo di accusa non è sostenuta dal diritto”. A differenza del reato per il crollo di una casa che è immediatamente contestabile, non è giuridicamente possibile prevedere la permanenza di un reato che causa morti a distanza di parecchi decenni.Il mesotelioma maligno, difatti, ha un’alta latenza (cioè si manifesta solo molti anni dopo l’esposizione all’amianto). La Cassazione ha stabilito che di amianto non si muore, o meglio si muore, ma, poiché l’omicidio non è imputato contestualmente all’accusa di disastro ambientale, il colpevole va assolto. Il processo del secolo si è concluso con una sentenza beffa, nessun colpevole. La parola “Amianto” deriva dal greco e significa incorruttibile…d’altronde come la fedina penale di Patron Eternit.

Novantotto anni di casi sull’amianto

Arriva la sentenza beffa, Mr. Eternit non dovrà più scontare diciotto anni e risarcire le famiglie delle migliaia di vittime.

FlavioDi Fusco

EditorialeN.9 | 2 Dicembre 2014

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Chi di voi vorrà fare il giornalista, si ricordi di scegliere il proprio padrone: il lettore!

Indro Montanelli

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rmai è indiscutibile il ruolo di leader che la Germania ha assunto in Europa, sia dal punto di vista economico

sia in ambito politico, ma questa leadership può essere incontrastata o ci sono altre potenze europee pronte a lanciare il guanto di sfida?Di certo sono tanti i paesi che versano in condizioni difficili e che non hanno come obiettivo l’assunzione di una posizione di vertice, bensì puntano a risolvere rilevanti problemi interni e a rientrare quanto prima nei parametri di Maastricht che, sempre più spesso, sono oggetto di deroga e testimoniano le forti condizioni di indebitamento in cui alcune economie nazionali versano. I dissesti finanziari di Grecia, Italia, Spagna e Portogallo sono sotto gli occhi di tutti e tra prestiti, debiti e presunte rivoluzioni nel mondo del lavoro, le condizioni sembrano ormai destinate a cambiare molto lentamente e, forse, molto difficilmente. Nello scenario europeo c’è, però, una nazione solida, con un ricco patrimonio di risorse naturali e che non è sempre considerata nelle analisi di più ampio respiro, visto che non ha adottato la moneta unica; si tratta del Regno Unito, che ancora una volta si appresta a chiudere l’anno con la prestigiosa etichetta di economia europea con la crescita più rapida tra i maggiori stati. Le previsioni

del 2013 sono state confermate dai dati registrati nell’anno in corso e ciò che sottolinea con maggior forza le buone condizioni di salute delle casse della terra d’Albione è l’ammontare del deficit pubblico, in netto calo per la prima volta dagli anni della crisi.Le previsioni, inoltre, sono particolarmente rosee e l’economia del Regno Unito si lancia in corsia di sorpasso a danno della Germania, operazione che, secondo autorevoli stime, sembra potersi realizzare nel 2030, dopo un sostanziale affiancamento nel 2028. I punti di forza dello scenario d’oltremanica sono la forza della moneta, un livello di imposizione fiscale sopportabile e la crescita della popolazione, ma soprattutto il potere d’acquisto delle famiglie, che riprende a crescere per la prima volta dal 2009. I dati raccolti nell’ultimo biennio mostrano, addirittura, il Regno Unito come l’economia più forte del mondo occidentale subito dopo gli Stati Uniti. Ma chi capitanerà la corsa al PIL più alto nel 2030? Beh, sembrano essere pochi i dubbi: la Cina quadruplicherà il proprio prodotto interno lordo nei prossimi 15 anni e, a sua volta, realizzerà uno storico sorpasso sugli Stati Uniti, mentre un’altra “nuova” economia si farà spazio verso il podio dei paesi più ricchi, vale a dire l’India, altro esempio di crescita che prosegue a ritmi elevati. Queste, ovviamente, sono previsioni e tra un anno si potranno già avere alcune risposte rilevanti.

I teutonici dopo decenni di egemonia economica in Europa iniziano ad arrancare e intanto la Bretagna tenta il soprasso.

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MarcoTregua

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Germania una leadership a tempo?

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Direttore ResponsabileEmanuela Guarnieri

Responsabile EditorialeGuglielmo Pulcini

AttualitàAnna AnnunziataGiorgia MangiapiaMarina FinaldiFlavio Di Fusco

EconomiaPierluigi PataccaGennaro BattistaMarco Tregua

CulturaLiliana SquillacciottiGiangiacomo Morozzo

ScienzeClaudio Candia

Gastronomia Eleonora Baluci

EditorialistiValerio Varchetta

TraduzioniDario Rondanini

GraficaEnnio GrillettoVittoria Fiorito

Edito da Gruppo Editoriale ImpattoIT [email protected] CoordinamentoPulseoIT 07369271213 [email protected]

Testata Registrata presso il tribunale di Napoli con decreto presidenziale numero 22 del 2 Aprile 2014.

Le foto presenti su Impatto Mag sono state in larga parte prese da Internet e quindi valutate di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, lo possono segnalare alla redazione (tramite e-mail: [email protected]) che provvederà prontamente alla rimozione delle immagini utilizzate.

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La calciatrice del Liverpool, pilastro della nazionale femminile inglese, racconta la propria vita da senza tetto.

Fara Williams, il mediano senza un tetto in cui vivere.

C’erano una volta i bambini luna. Ossia lo spettro autistico e il modo diverso di guardare un mondo che non esclude.

Spettro dell’autismo, un aquilone che vola.

16Attimi dicolore

Venti anni

National Geographic ci mostra la vita come un caleidoscopio.

La paura e la rinascita della capitale Kigali a venti anni dal terribile genocidio in Ruanda.

Angolo del Libro.Buio RossoUn nuovo romanzo composto da dieci racconti thriller.

L’ImmacolataViaggio nei cibi tradizionali italiani dell’8 dicembre,

Stazioni Napoletane. Linea UnoRacconto sugli strampalati ragionamenti in un vagone.

Storie all’internodi baracche: PlasticAvventure noir in un futuro che non riconosce l’umanità.

In attesa sul binario. Vagone del destino I dolci e romantici racconti di una giovane pendolare.

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SommarioN.9 | 2 Dicembre 2014

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Gliindici

statisticiQuando Andrew Forrest decise di

affrontare il problema della schiavitù, Bill Gates ebbe gli consigliò di trovare un modo per quantificarla. Statistica,

croce e delizia delle analisi sulla contemporaneità.

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35. 39. 43.

Tutti i segreti sul creare musica direttamente da casa. Esempi famosi di una pratica artistica sempre più diffusa e produttiva.

Home recording, ma è un arma a doppio taglio?

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Massimo Gramellini e la sua infanzia. Un amore troppo grande, strappato troppo presto, da braccia troppo piccole.

Massimo Gramellini. Il coraggio di fare bei sogni.

Non vi sarà nessun taglio alla produzione del petrolio. Arabia Saudita e USA si muovono a discapito di Russia ed Iran.

Ecco il ritorno dell’OPEC. Scenari in evoluzione.

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Un aquilone

che volaC’erano una volta i bambini luna. Lo spettro autistico e il modo diverso di guardare il mondo. Ma sempre con il coraggio di affermare: “Chi sono io. Ragazzo autistico” Redatto da

Giorgia Mangiapia

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SocietàN.9 | 2 Dicembre 2014

I bambini - I bambini delle fate aprono orizzonti e liberano un mondo racchiuso in uno scrigno. Sta a noi capire il tesoro racchiuso nello scrigno. Sta a noi creare una rete per permettere loro di non cadere ma volare.

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“Un aquilone che vola forte e visibile. Se manca l’aria cade” Spiegaci questa tua frase “Sono io. È la mia via vita da ragazzo autistico sicuro che senza l‘aiuto di tutti, non vive.” Qualcosa da aggiungere?“Resistiamo se esistiamo”.

A parlare è Andrea. Un bambino pesce o un bambino della luna. Così in passato si preferiva definire chi sente le cose in modo diverso, né in meglio né in peggio, ma con una visione prospettica diversa della realtà. Come se su una tavolozza di colori non si percepissero e vedessero colori pastello ma colori accesi, vivi e chiassosi e come se - in un luogo all’aria aperta - le voci intorno, i suoni e i rumori fossero amplificati mentre le immagini restano sfocate creando confusione e disadattamento. La difficoltà principale che s’incontra, nel tentativo di declinare la composita e multiforme espressione eziopatologica dello spettro

Da un lato - Melanie Klein descrisse l’autismo per prima.

Dall’altro - Leo Kanner è stato lo scopritore della sindrome di Kanner.

autistico, è derivante dal fatto che esistono diverse chiavi di lettura e di interpretazione delle sue forme. Oggi si parla di ASD. Disturbi dello spettro autistico caratterizzati da una compromissione delle relazioni sociali, da una perseverazione e da un deficit di comunicazione e rappresentano un disturbo o ancor meglio una sindrome – lì dove con il termine sindrome si definisce ciò che non si riesce a catalogare al meglio e ciò che non è preciso– pervasiva dello sviluppo con una prevalenza riportata in stime che va da 1/150 a 1/88. Si nasce autistici o lo si diventa? L’autismo rappresenta ancora oggi un enigma e la sua eziologia è ancora in gran parte sconosciuta. Vi è una componente genetica significativa tra le cause così come determinanti sono i fattori ambientali - si pensi alle infezioni materne, ai deficit immunitari, all’esposizione in fase neonatale ad agenti neurotossici– o anche cause alimentari o ambientali

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su una base poligenica e di deprivazione affettiva che potrebbero rivestire un ruolo predisponente allo sviluppo della patologia. Alcune ricerche hanno investigato anche sull’assunzione di zinco, alluminio e di altri metalli pesanti e di un serto liquido usato negli anni passati per iniettare i vaccini che poteva essere dannoso, da qui l’allarmismo dilagante su internet nei confronti delle vaccinazioni. I dati epistemologici nell’ultimo decennio hanno rilevato un aumento dei casi di spettro autistico che,

in parte derivante da una migliore definizione dei criteri diagnostici e da una maggiore attenzione alle patologie neuropsichiatriche dell’età evolutiva, richiede – a prescindere dalle cause di quest’aumento nell’incidenza - un profondo processo di riorganizzazione dei servizi. Partendo da quelli sanitari per la tempestività delle diagnosi e la standardizzazione dei criteri diagnostici, per la continuità stessa tra diagnosi e inizio di un adeguato progetto terapeutico integrato precoce.

Vedo le parole e non riesco a dirle - È sempre Andrea a parlare attraverso la comunicazione facilitata. Andrea emoziona. Per conoscere le persone, tocca la loro pancia e l’accarezza. In un mondo in cui non si va più d’istinto né di pancia ma si ragiona e razionalizza, si costruiscono strategie e strade spianate, Andrea scardina tutto. Tocca la pancia senza preavviso, di scatto e crea un contatto. Lui che ha, nella sua sindrome, difficoltà nel creare e mantenere rapporti relazionali prende l’iniziativa

Vedo le parole e non riesco a dirleQuando un pensiero emoziona, non conta sia espresso in parole. Ci sono momenti, in cui un sorriso scatena sensazioni impossibili da limitare in una parola.

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ed è estremamente fisico. “Sento la pancia di persone per conoscere chi mi sta vicino. Mi presento alle persone toccandole e sto tranquillo. Se Andrea non tocca vedo confusione e ko per Andrea che si agita. Faccio le prove di controllarmi ogni giorno. Devo mettere in ordine tante cose e aspetto finché non resisto più e sto male. Andrea chiede aiuto a testa confusa e male sto”. Andrea è fortunato perché è consapevole della situazione, lotta contro se stesso, non invano se riesce a mantenere alta la consapevolezza, ed ha un obiettivo: farsi conoscere e far conoscere quello che erroneamente definiamo autismo perché solo così potrà esistere e resistere. Non esiste l’autismo. Esistono gli autismi o meglio, per usare il termine appropriato, esistono i disturbi, al plurale, dello spettro autistico. La parola spettro indica proprio un continuum in cui l’espressione clinica di tale disturbo si differenzia attraverso il livello di gravità della sintomatologia nei due sintomi principali. L’errore principale sta

Newton - teorico della gravità, mostro segni d’autismo in vita.

Einstein - Autistico secondo molti studiosi, teorizzò la relatività.

nella generalizzazione mentre in realtà ogni caso è a sé.

Quali sono le forme di autismo?L’autismo autistico sindrome di Kanner rappresenta il quadro psicopatologico più grave tra quelli che comportano un disturbo dello sviluppo. Forte è la siderazione affettiva, l’ossessivo e pregnante rifiuto di accettare la vicinanza degli altri, il ritardo dello sviluppo per il quale il soggetto non raggiunge lo stadio degli oggetti e ciò genera ansia, manifesta comportamenti caratterizzanti di vero terrore se un oggetto è spostato dal suo posto, diviene un despota che impone le sue scelte, sembra quasi non avvertire il dolore. Esistono anche altre forme di autismo come l’x-fragile, la sindrome di Rett, di Angelam, la sindrome da intolleranza che rientrano nella sfera genetica mentre vi è una casistica che è una risposta allo stress acuto e cronico e di cui fanno parte le sindromi ipercinetiche (si compongono di un’enorme varietà di quadri che

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vanno da una normale irrequietezza sino a raggiungere forme gravi come l’autismo ipercinetico), i disturbi della personalità (tra le diverse forme classificatorie vanno a collocarsi quelle derivanti da psicopatologia da atteggiamento iper-razionale, quelli derivanti dalla sindrome da deficit di sviluppo psico-mentale e la più diffusa sindrome di Asperger-Bordeline. I casi ad alto funzionamento, per intenderci), il ritardo dello sviluppo psico-mentale. I bambini che rientrano nello spettro autistico non seguono i modelli tipici dello sviluppo infantile e la pervasività della sintomatologia determina condizioni di disabilità, con limitazioni gravi nell’autonomia. In comorbilità con altre patologie psichiatriche e comportamenti alimentari atipici presentano spesso problemi comportamentali come aggressività. Incontinenza emotiva, ritardo dello sviluppo mentale, riduzione massiccia degli interessi sociali, compromissione del linguaggio sono alcune delle conseguenze dei diversi disturbi che si presentano in ogni soggetto a livello diversi. E di nuovo ritornano le parole di Andrea: “Sono un uomo imprigionato nei pensieri di libertà”. Per spezzare le catene della prigione da cui Andrea vuole uscire, contro qualsiasi profilo clinico, Franco prende suo figlio Andrea e parte

per un viaggio senza schemi. Senza bussola e senza coordinate. Una mossa azzardata e pericolosa che avrebbe potuto provocare ulteriori danni in un soggetto che, per la sua sindrome, avrebbe potuto dare risposte di disagio e di malessere di fronte ai cambiamenti repentini e che avrebbe potuto scatenare crisi di rabbia verso sé o gli altri a causa delle stereotipie e della ripetitività dei gesti che la patologia porta a sviluppare. Un viaggio in America in moto per tre mesi e per chilometri dagli Stati Uniti al Centro e Sud America. Si è trattato dell’esperimento di un padre che ha rischiato. Un padre che ha voluto dimostrare di prendere “di pancia” una realtà che ti cambia la vita. Te la stravolge. “O mi metto a piangere tutta la vita o mi abbatto e butto giù – com’è facile che succeda perché è un dramma molto grosso questo dell’autismo quando entra nelle famiglie – oppure decidi che non deve essere così. Decidi che devi metterci l’energia, la positività, decidi soprattutto che è tuo figlio che a due anni e mezzo si trova a vivere una vita probabilmente in salita rispetto a tutti gli altri”. Da qui il viaggio. Le emozioni. Un viaggio per perdersi e ritrovarsi. Un viaggio raccontato in un libro ormai ben conosciuto Se ti abbraccio non aver paura. Un viaggio per far conoscere una

La conoscenzaUn mondo chiuso in uno sguardo. Un mondo da scoprire attraverso i sensi e la tecnologia. Lì dove una logica sembra non esserci, si trova un universo parallelo di significati.

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realtà. La realtà di chi ha un mondo chiuso in uno scrigno. Franco Antonello ha fondato l’Associazione “I bambini delle fate” affinché ci si apra ad un’educazione sociale. Affinché si crei nel quotidiano una rete fatta di piccoli gesti che possono aprire orizzonti, segnare un cammino e liberare un mondo racchiuso in uno scrigno. Nell’intervista al Professor Silvio Campi – Fondatore dell’Associazione di Ricerca - Intervento in Età evolutiva e Psicologo dirigente presso l’ASL RM A di Roma – si è parlato

proprio delle tecniche comportamentistiche che si basano sull’insegnare all’ambiente ad adattarsi al soggetto son sindrome da disturbo dello spettro autistico perché “l’autismo è un enorme bisogno. S’insegna a convivere. S’insegna a lavarsi, a vestirsi e questo è tantissimo per chi non riesce a convivere con un figlio autistico”. Creare un sostegno e una rete per sostenere e supportare affinché vi sia una riduzione del danno. E se prima non c’erano tutte queste tecniche così strutturate

in realtà chi lavora con empatia e coscienza le strade, per una riduzione del danno, se le apriva e spianava. Il professor Campi ricorda: “Ho seguito un bimbo autistico negli anni ’80. È diventato Campione di Maratona nelle Paraolimpiadi. Correva come un matto. Non parlava ma correva”. La sua esperienza insegna che poter lavorare con bambini che la società ritiene “diversi” arricchisce e apre nuove prospettive. Il problema, sottolinea Campi, è che ci si occupa

Tangram - Giochi per comunicare. Forme per costruire. Tangram e costruzioni per creare e riordinare. Come tanti piccoli tasselli messi in equilibrio nella mente.

Dalla nascita - Il diritto ad una vita che gli offra la possibilità di esprimere e potenziare le proprie intelligenze.Un diritto dell’uno e del ciascuno. Un diritto da garantire.

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AttualitàN.3 | 21 Ottobre 2014

Charles Schulz - fumettista e creatore dei Peanuts, in vita fu anche esso autistico.

Alfred Hitchcock - famoso regista horror, fu affetto durante la vita dalla Sindrome di Kanner.

dei bambini autistici ma “un adulto autistico che fine fa?”. “ Se si tratta di un autistico grave diviene un adulto psicotico e il destino è psichiatrico perché in quel caso non vi è altra via. Se si tratta di una forma leggera di autismo la via d’inserimento è possibile. Ciò che nel bambino era una patologia nell’adulto può divenire un carattere. Adulti caratteriali e tutti i caratteri hanno motivi di esistere”. L’importante è agire e fare, accogliendo senza generalizzare per costruire dei percorsi appropriati della presa in carico delle persone con autismo. Alla stessa

maniera, Franco Antonello: “C’è chi dice che vivere con un figlio autistico significa sottostare a una specie di tirannia. Mi viene da ridere al pensiero di cosa accadrebbe al mondo se cadesse sotto il controllo di Andrea. Per prima cosa le settimane avrebbero un colore. Nella settimana del rosso via libera al commercio di carote, arance, pomodori. Sovvenzioni solo a questi produttori e blocco totale alla circolazione di camion con broccoli, verze e piselli. Ma quando arriva la settimana verde i negozi si riempiono delle verdure prima vietate, le casse d’arance vengono

Il percorso è illuminato ed io viaggio dalla parte di coloro che sono venuti molto prima di me, e sarà brillante per coloro che mi seguono.

Hans Aspergerteorico della Sindrome

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SocietàN.9 | 2 Dicembre 2014

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Woody Allen - Cinque volte premio Oscar, l’umorista di New York ha la Kanner.

Andy Warol - fotografo e artista, è un esempio della teorizzata unione tra autismo e genialità.

immediatamente rispedite in Sicilia e le carote infilate, una a una, nel terreno. Naturalmente nel punto esatto da cui erano state tolte, che non si possono mica mettere carote provenienti dalla Francia su terra ferrarese. Non ci sarebbe mai una settimana viola, peccato per i fan di prugne e melanzane.” Un mondo visto con occhi diversi spesso incapaci di metterlo in parole ma che, forse, come in uno scrigno ne percepiscono maggiori sfumature più intense e più pure. Andrea così scrive: “Ragazzo autistico sono io con povere risorse ma

consapevole di essere forte adolescente, paure come tutti i miei compagni ho di diventare vero adulto con intelligente cuore, voglio vita piena di lunghi pensieri per altri indifesi amici, unico scopo servire con tanti sogni per aiutare gente che bisogno doloroso ha. Tantissimo ho da dare. Dico sono tanto diverso con figura fuori uguale agli altri, dentro giostra di colori ho. Niente di stonato universo con pianeti da scoprire ho nel mio diverso cervello di ragazzo che lotta per crescere migliore”. Un aquilone di colori che vibra nell’aria della vita.

Marine Le PenEuroparlamentare

“Credetemi ma per avere successo nella scienza e nell’arte un pizzico di autismo è davvero essenziale.

Hans Aspergerpediatra austiaco

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paura e rinascita

kigaliventi anni dopo la

strage

Ad un ragazzo di 20 anni o meno, che oggi inizia l’università o sta per terminare la scuola, con ogni probabilità il nome Ruanda non dirà molto. Sarà uno dei tanti Paesi dell’Africa, poveri, con numerosi contrasti sociali, con una democrazia precaria, al pari di tanti altri. Dire Ruanda, Burundi o Repubblica Centrafricana vorrà dire quasi la stessa cosa. Per chi invece ha solo pochi anni in più e, nell’estate del 1994, era anche solo un ragazzino, questa parola, questo nome è associato ad uno dei più spaventosi eventi della storia recente: il genocidio tra Hutu e Tutsi.

La tragedia tra l’indifferenza del Mondo Nel 1994, tra le notizie che arrivavano dai Balcani e l’attesa per i Mondiali di calcio negli Stati Uniti, irruppero le notizie provenienti dall’Africa, e dal Ruanda in particolare, sul massacro che si stava svolgendo in quel Paese, e che in tre mesi causò tra gli 800’000 e il milione di morti, frutto di una lotta tra i due gruppi etnici del Paese. Gruppi etnici, quello hutu e quello tutsi, la cui effettiva differenza è ancora oggetto di dibattito tra gli antropologi ed è comunque un derivato del colonialismo belga in quelle zone, che ha

Redatto daValerio Varchetta

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AttualitàN.9 | 2 Dicembre 2014

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creato quasi a tavolino una divisione tra i gruppi che ha avuto ripercussioni a livello sociale durante e dopo il periodo coloniale, alimentando odio e rivalità pronte ad esplodere da un momento all’altro. Con l’indipendenza del 1962, il Paese, ritrovatosi con una classe dirigente di etnia hutu, è stato teatro di numerosi scontri di natura etnica, preludio allo scoppio della violenza più brutale seguito alla morte in un incidente aereo del presidente Juvénal Habyarimana, favorevole ad un’apertura nei confronti dei Tutsi. “Tagliate gli alberi alti”, fu il segnale alle milizie hutu di iniziare il massacro, compiuto con ogni mezzo; per i meno fortunati la morte arrivò a colpi di machete, più economici delle pistole per i militari. A facilitare il tutto ci fu l’uso delle carte d’identità ereditate dai Belgi, dove era riportata l’etnia: facilmente, da una richiesta di un documento da parte di un militare, dipendeva la vita o la morte a

Quando la gente, cari telespettatori, mi chiede “perché odi i Tutsi?” io rispondo: “leggete la nostra storia”, i Tutsi erano collaboratori dei coloni belgi, avevano preso le nostre terre e ci avevano presi a frustate.

Hotel Rwanda George Rutagunda

introduzione del film

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La pietraUna parete. La forza sprigionata dalla pietra. La stessa forza delle mani di una donna. Unite, ferme. Stabili e concrete. In un’armonia di colori peculiari della sua tradizione, uno sguardo di difesa e di stanca rassegnazione.

Dignità e riservatezzaTerra d’Africa da cui nasce il mal d’Africa. Quel richiamo al fascino di una terra che in sé ha il tutto e il niente. La dignità di chi la abita nel silenzio della riservatezza.

prima, mentre fu molto ambiguo il ruolo della Francia, accusata da più parti di sostenere gli Hutu responsabili dei massacri. Dopo il massacro Le violenze cessarono nel luglio del 1994 con la vittoria dei Tutsi, consegnando il potere in mano a Paul Kagame, attuale Presidente del Ruanda. Il Paese vive ora in un delicatissimo equilibrio, tra la paura di una nuova esplosione di violenza e il governo di Kagame, autoritario e antidemocratico come molti in quell’area del Mondo.

Quella ruandese, però, è una situazione politica figlia di quanto accaduto 20 anni fa, dove sembra necessaria una mano forte come quella di Kagame per evitare un nuovo massacro; il Presidente, di etnia Tutsi, sa bene che in caso di elezioni democratiche, da lui sempre osteggiate, rischierebbe di perdere perché si ritroverebbe contro la maggioranza dei voti hutu. Per mantenere il potere, quindi, utilizza un certo autoritarismo senza risparmiare alcun mezzo, compreso l’assassinio di oppositori

seconda di cosa ci fosse scritto. In quei 100 giorni, al ritmo di quasi 10’000 vite umane uccise al minuto, si consumarono massacri tra i peggiori della storia senza che il Mondo intero prendesse posizione o si muovesse per tempo per evitare gli sviluppi peggiori della crisi ruandese, in particolare mancò un intervento deciso degli Stati Uniti, ancora scottati dagli eventi accaduti in Somalia l’anno

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Non sia stupido generale! A chi vuole che creda la gente! Se ne sta lì con le sue cinque stellette sul petto.

RusesabaginaHotel Rwanda

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Tra l’erba alta - in un luogo ancora incontaminato si sprigiona la sensualità di un corpo ribelle, finalmente liberato.

Un incontro e un’unione - due mani che si stringono. Gli abiti della festa immortalano un momento di opaca serietà.

politici. Un capo di Stato che quindi si macchia del sangue di chi vi si oppone, ma senza che si prenda posizione nei suoi confronti, perché si rischierebbe di far ripiombare il Paese nella violenza e nell’anarchia, suscitando il terrore in quella parte della popolazione che ha vissuto in prima persona i tragici fatti del 1994 e che si trova davanti l’incubo che possa ricominciare tutto daccapo. Una presa di posizione della comunità internazionale, tra l’altro, dopo i silenzi che furono il principale complice del dilagare delle violenze

risulterebbe ormai fuori luogo e indebolirebbe molto la posizione di Kagame con il serio rischio di prestare il fianco alle frange più estreme dell’opposizione. La voglia di rinascita Dietro a questa situazione c’è quindi la voglia di un Paese di lasciarsi il passato alle spalle e di ripartire. Il Presidente ha spesso dichiarato di avere come modello quello di Singapore, ora come ora lontanissimo, nonostante uno sviluppo economico importante negli ultimi 10 anni. Le ferite però sono ancora aperte in un Paese dimenticato dal Mondo

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Con l’Europa non si afferma un’idea di pace, ma di guerra: paesi l’un contro l’altro armati.

“Dai tempi dell’Olocausto, il mondo ha fallito più di una volta nel prevenire o porre fine a dei tragici genocidi, ne sono esempio Cambogia, Ruanda e Jugoslavia.

Kofi AnnanDiplomatico ghanese

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mentre vi si consumava la tragedia più immane della sua storia, che quindi accetta la situazione politica attuale ben sapendo che la strada di una definitiva rinascita è difficile. D’altronde, il Ruanda è stato abbandonato a lungo ed è di nuovo tornato nel dimenticatoio delle preoccupazioni internazionali, forse perché lontano da giacimenti di gas o petrolio. In quest’ottica rientra anche il j’accuse di Kagame alla Francia e al Belgio nelle celebrazioni in ricordo del

ventennale della strage, a cui i due Paesi non hanno potuto inviare delegazioni perché non invitati a causa delle loro antiche responsabilità: quelle coloniali del Belgio, che hanno posto le basi per un odio etnico che non avrebbe avuto alcuna ragion d’essere e quelle francesi, i quali, oltre a sostenere in modo ambiguo i responsabili, ospitano ancora alcuni di essi, che vivono tranquillamente in Francia. La reazione di un Capo dello Stato autoritario e sanguinario, al contempo accettato e non

particolarmente osteggiato dalla popolazione che vuole voltare pagina, è la fotografia di uno Stato ancora ferito, che si è visto lasciato a se stesso mentre affogava nel sangue e che faticosamente vuole emergere da un passato oscuro, da un presente difficile e precario, e protrarsi verso un futuro migliore, nonostante resti uno dei Paesi più poveri del Mondo. Un Paese che forse non è ancora in grado di camminare da solo, ma non ha alternative per non ripiombare nel baratro.

Paul Kagame - Fondatore del partito Rwandan Patriotic Front, è noto soprattutto per l’importante ruolo svolto nella conclusione del genocidio ruandese del 1994 e nella seconda guerra del Congo.

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AttualitàN.9 | 2 Dicembre 2014

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StorieN.9 | 2 Dicembre 2014

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La favoladi Fara

Gladiatrice a centrocampo e nella vita. Fara Williams, icona del calcio femminile d’oltremanica, svela il suo tragico passato

da vagabonda in una intervista al Guardian.

Quando Fara Williams abbassa lo sguardo e inizia a piangere, è come se si aprisse una piccola porta sul suo passato: ricordi pronti a liberarsi immediatamente dal suo corpo. E, allora, gli occhi di Fara iniziano a parlare. Iniziano a raccontare la favola dell’atleta con il maggior numero di presenze nella nazionale di calcio femminile inglese, che per anni ha dovuto combattere con lo spettro di non avere una casa in cui dormire. Gli occhi di Fara parlano, le lacrime scendono, rigando il viso di una guerriera che ha combattuto tante battaglie, sia dentro che fuori dal campo da gioco. Una forza di spirito, esternata senza remore, in una recente intervista al prestigioso quotidiano britannico The Guardian.

Ma chi è Fara Williams? - Fara Williams, oltremanica è sinonimo di calcio femminile. Classe ‘84, l’atleta trentenne, durante la sua carriera ha totalizzato centotrenta presenze con la rappresentativa inglese, cinque con la

compagine della Gran Bretagna e grazie al suo aiuto, nelle due ultime (sebbene complicate) stagioni, la squadra femminile di Liverpool ha centrato consecutivamente l’obiettivo scudetto. Il 23 novembre la Williams ha giocato per la sua nazionale contro la Germania, dimostrando quanto il calcio femminile sia cresciuto di popolarità negli ultimi anni. Il primo match tra squadre femminili che si è disputato nel nuovo stadio a Wembley, infatti, ha visto un’affluenza notevole. Oltre 55.000 i tagliandi venduti a fronte dei soli 40.000 che ha realizzato la Nazionale maschile per l’incontro con la Norvegia. Un picco di vendite che, tra l’altro, è stato limitato dalle autorità competenti per via del problema dei trasporti. La vita di Fara, però, è stata molto più combattuta e dura dei suoi contrasti da mediano a centrocampo. La Williams, difatti, è stata una senzatetto per oltre sette anni, giocando per la nazionale inglese mentre passava da un rifugio notturno all’altro nei sobborghi di

Redatto daDario Rondanini

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Londra. Due vite parallele, che la tesserata dell’FC Liverpool, è riuscita a tenere separate per molti anni, bugie su bugie che, per orgoglio e per vergogna, hanno portato ben pochi a conoscere la vera situazione economia e sociale di Fara, tanto che, anche molte compagne di squadra, prima della sua intervista al The Guardian, ignoravano che la ex Everton per molto tempo avesse vissuto per strada.

Le barriere della disperazione - La ragazza si mostra calma davanti ai giornalisti quando ha raccontato di come una disputa familiare l’abbia costretta al vagabondaggio e ad interrompere ogni rapporto con la madre per nove anni. Fara inizia a piangere proprio parlando, con estrema chiarezza, di lei: “È una donna brillante” dice di sua madre Tanya, con la quale si è da poco ricongiunta. “È stata graziosa. Sa, con il tempo, ci si accorge che la vita è breve. Non abbiamo molto tempo in questo mondo, quindi ho deciso di voler stare di nuovo con lei. Non abbiamo mai parlato di quello che è successo tra noi, ma per me la cosa fondamentale è che mia madre è stata la mia eroina durante la crescita”. Queste parole provenienti dal profondo del cuore hanno fatto rompere la diga che si era creata tra di loro. “Quando andavo per gli ostelli, non legavo con le persone. Restavo sempre sulle mie, avevo innalzato una barriera. Non sorridevo

mai, e sicuramente sembravo incutere timore agli altri. Ogni volta che quella barriera era in piedi, sembrava che fossi troppo dura per lasciarmi andare al pianto. Me ne accorgo ora, quando mi confronto con le ragazze che condividono il mio stesso passato. Erigono la stessa barriera, ma la cosa importante è trattarle come persone normali e non guardarle dall’alto in basso. Io sono stata fortunata ad avere la possibilità di giocare a calcio. Molte ragazze vagabonde non hanno la stessa speranza. Molte pensano che se otterranno abbastanza soldi con l’elemosina, useranno quei soldi per comprare alcol e droga o per superare la giornata. E se non tocca a loro stare in strada a chiedere l’elemosina, ma ad un altro del gruppo, useranno i soldi ottenuti da quest’ultimo per realizzare gli stessi propositi. È un circolo vizioso.”

Il coraggio nella parola calcio - Fara, invece, non ha mai perso la speranza: “Il calcio non me lo ha mai permesso. Ho sempre avuto la fermezza di credere di essere brava in qualcosa. È una gran cosa averlo lì nei momenti in cui pensi che tutto sommato non ti è rimasto nulla”. Fara ricorda di essere cresciuta in una tenuta di Battersea: “Non è mai stato facile per mia madre.”, prosegue “eravamo quattro figli, ed avevamo un solo genitore. Mi ha sempre sostenuto al meglio delle sue possibilità, ma è stato davvero difficile comprare i primi scarpini da calcio.

Fara Williams allenamento in Nazionale.

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sentivo terrorizzata”. Tanto che per proteggersi, Fara inventò un metodo surreale: “Mi ero abituata a girarmi mentre camminavo. Facevo 100 metri e mi giravo. Sembravo pazza io stessa. Un ragazzo però, mi disse che i vagabondi si comportano come matti proprio per far sì che la gente non si avvicini a loro. Fanno dei versacci per spaventarti, ma la realtà è che loro hanno più paura di te. Se non ci parli, certe cose non puoi capirle. Cominciai anche io a fare i versacci quando un gruppo di persone mi si avvicinava, per far credere di essere più pazza di loro. La cosa peggiore del vagabondaggio è che la gente ti giudica senza conoscere la tua storia. Per me è stata la cosa più difficile, a volte accade e basta. Puoi perdere il lavoro, così come la famiglia”.

Ero quella che le stava più vicina. Ero molto protettiva nei suoi confronti, e anche quando eravamo lontane pensavo a lei ogni giorno, e sono sicura che anche lei abbia fatto lo stesso.”Durante la sua infanzia, ci furono problemi tra il padre naturale e il patrigno e, quindi, Fara fu allevata per un po’ dai nonni. Alla fine, però, tornò a casa con la madre e con una zia. Un periodo burrascoso che si chiuse con l’inizio del suo vagabondaggio. “Molti dei bambini della tenuta amavano mia madre e lei si prendeva cura di loro. È sempre stato tipico di mia mamma, ed anche con la zia c’era questo forte ascendente, ma ciononostante io e mia zia non andavamo per nulla d’accordo. Un giorno, lei mi urlò di andarmene, ed

io lo feci. Avevo 17 anni e pensai che sarebbe andato tutto bene, ma fin quando non compi un passo del genere, non ti accorgi mai di quanto sia difficile. Fu un duro colpo per me, ma non lo dissi a nessuno, e non volevo tornare. La vedevo come una debolezza e non volevo che pensassero di aver vinto”. I suoi ricordi continuano come un fiume in piena: “Avevo un po’ paura in strada. La prima notte in cui camminai tra i vagabondi, ebbi molto timore per la mia vita e il mio futuro. Avevo un mio punto di vista sul vagabondaggio, come chiunque altro, del resto. Vedevo questo e quell’altro vagabondo venire verso di me e pensavo: “Miseriaccia, ho paura. È pazzo, è pazzo”. Vedevo gente con i bastoni ed anche quelli che non lo avevano sembravano dei matti. Mi

Calcio femminile - è in rapida ascesa negli sport d’oltremanica.

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una vagabonda alle sue compagne di squadra, Fara risponde di non ricordarlo con esattezza. “Giocavo gli Europei del 2005 ed entravo e uscivo continuamente degli ostelli. Forse solo Kelly Smith (la più grande calciatrice inglese della storia) ne era a conoscenza. Anche lei aveva i suoi problemi e vedeva il suo avvocato nel vicolo accanto al mio ostello. La incontrai in uno Strabucks e le chiesi cosa stesse facendo lì. Lei mi disse che stava consultandosi con il suo avvocato. Kelly gioca in modo fantastico e non so come faccia. È una

persona molto umile, ci ho anche passato del tempo in stanza insieme. È anche la persona più divertente della squadra”.Ma quando è finita la Williams vagabonda? “Sono arrivata qui a Liverpool, per giocare nell’Everton. Mo Murley (l’allora allenatrice), mi ha aiutata moltissimo. In genere mi pagava i viaggi da Londra, ma poi fu lei stessa a trovarmi un lavoro. Disse che sarei stata una grande aggiunta al novero dei coach della FA (l’equivalente inglese della FIGC) e quindi devo tutto a lei e alle mie compagne di squadra

Gioco di squadra - La Williams ha sempre tenuto nascosti i suoi problemi alle compagne di squadra e, in effetti, la verità è venuta a galla solo quando Hope Powell - sua allenatrice della nazionale inglese per molto tempo - scoprì il suo stato di senza tetto poco dopo che la giovane calciatrice aveva lasciato la sua casa. “Avevamo un raduno dell’under 19 ed alla fine del viaggio, Hope mi vide gironzolare senza meta. Mi chiese dove stessi andando e davanti alla mia indecisione, lei stessa decise di portarmi alla stazione di King’s Cross, dove c’è il supporto per i vagabondi. Da sola non avrei mai avuto il coraggio di andarci. Hope era molto accomodante. Sua madre era una badante, quindi lei mi capiva. Mi spinse a raggiungere gli ostelli, era come una madre per me. Quando mi stabilii nel rifugio, mi portò un sacco a pelo. Detto così sembra patetico, ma quando sei su un letto duro, con lenzuola che appartengono ad altra gente, è un gesto che vale molto”. Poi, nel 2001, Fara debutta con la nazionale inglese a livello internazionale. Aveva solo 17 anni e si era trasferita in un ostello a Victoria. “Era dall’altra parte del ponte di Buttersea. Incontrai per caso una mia vecchia compagna di squadra al Chelsea, che mi chiese cosa stessi facendo da quelle parti. Io le dissi tutto e lei fu molto gentile, portandomi anche a casa sua per un bagno caldo. All’inizio, però, non volevo dirlo a nessuno”.Quando però le viene chiesto il momento esatto in cui ha rivelato di essere

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Kelly Smith - è considerata da molti la più grande calciatrice.

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all’Everton, come Amy Kane, che mi ha tenuta a casa sua e mi ha aiutata ad ambientarmi”.Fuori da Londra, Fara ha iniziato a vivere una vita convenzionale, ma la mancanza della madre le ha fatto riaprire vecchie ferite: “La cosa incredibile è che non abbiamo parlato per nove anni. La vidi solo una volta, al funerale

nonostante dentro di sé fosse impegnata in dura battaglia personale. Memorabile l’esultanza con il cuore (fatto di dita) dopo il gol con l’Italia. Un segnale che la madre interpretò come una richiesta di riconciliazione. Così rintracciò il numero di Fara attraverso alcune sue amiche di Londra: “Mi arrivò un messaggio sul cellulare. Lessi che era da parte di mia madre e lo cancellai senza leggerlo. Fu la prima volta che provò a contattarmi. In seguito, poi, mi pentii di

di mio nonno. Ci incrociammo, ma senza dire nulla. Io e mia madre siamo entrambe molto testarde”.

Il cammino con la nazionale - Quando nel 2009, l’Inghilterra arrivò in finale nel Campionato Europeo, la giovane calciatrice era il già il nucleo centrale dell’intera squadra

non averlo letto e di non aver tenuto il numero. Ricordo solo che piansi sul mio letto”.Due anni dopo, invece, durante un incontro per le qualificazioni alla Coppa del Mondo contro la Svizzera, nel 2011, Farà segnò al cinquantesimo minuto esatto. Un messaggio temporale eloquente per la madre che da sempre è dedita alla lettura dei tarocchi.“Ci qualificammo ai mondiali, eravamo in hotel e le ragazze stavano bevendo. Mi arrivò un messaggio di mia madre e salii in stanza

a leggerlo. Diceva: “Grazie per il gol e per l’esultanza”, per poi continuare dicendo che io avevo segnato al minuto numero 50 e che lei avrebbe compiuto cinquant’anni due giorni dopo. Piansi a dirotto”. “Quando ci incontrammo fu molto naturale, come se non ci fossimo mai divise. La cosa brutta fu solo doversi salutare e ritornare di nuovo sulla propria strada. Sapevo che sarebbe passato altro tempo prima di rivederla. Purtroppo la distanza geografica era

aumentata, io vivevo già a Liverpool, ma il mio cuore era pieno di gioia sapendo che lei aveva iniziato a seguire il calcio solo per me”.Fara nell’incontro dello scorso 23 novembre, perso 3 – 0 contro la Germania, ha realizzato 136 presenze. “Il pubblico l’ha resa un occasione speciale, soprattutto per il fatto di essere a Wembley e per giocatore contro la migliore rappresentativa femminile del mondo”. Un’ospite speciale tra gli spettatori, Steven Gerrar - è il

mito di Fara Williams.

Fara - in una azione con la maglia 10 dell’Inghilterra.

Quando sei un ragazzino e usi la tua immaginazione, ti vedi fare goal a Wembley con 100.000 tifosi che urlano il tuo nome. Non pensi a tutto ciò che ti toccherà prima di quel momento.

George Best

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la madre di Fara, che ancora ha seguito la figlia ritrovata con grande orgoglio e amore. La Williams, in cuor suo, crede di essere l’equivalente femminile di Steven Gerrard: “Mi sento come lui perché gioco a centrocampo e faccio dei lunghi passaggi in diagonale, ma non sono al suo livello. Lui è un guerriero.”Dopo tante peripezie, dunque, l’incredibile vita di Fara sembra aver raggiunto un equilibrio. Dopo essersi ritrovata con sua madre,

infatti, la centrocampista, lo scorso mese, ha anche ottenuto un ulteriore titolo, soffiando con il suo Liverpool il titolo al Chelsea. All’ultimo turno di campionato, il Liverpool era al terzo posto con tre punti di svantaggio rispetto al Chelsea; ma dopo la vittoria della squadra del Merseyside contro Bristol Academy, condita tra l’altro da un gol di Fara, e la sconfitta dei rivali londinesi, il Liverpool si è laureato campione d’Inghilterra per la seconda volta consecutiva.

Quando ricorda la reazione della madre dopo quella vittoria improbabile, si apre in un sorriso spontaneo: “Mia madre non smise mai di ripetermi che avremmo vinto il campionato. Lei è un po’ pazza, quindi io non le credevo e le dicevo che ormai eravamo fuori dai giochi. Lei mi ripeteva di fidarmi perché sicuramente avremmo vinto.” Al termine della partita, negli spogliatoi, Fara accende il cellulare e legge: “Te l’avevo detto!”

Reds - La squadra femminile dell’FC Liverpool ha conquistato per il secondo anno consecutivo lo scudetto. Quest’anno il titolo è arrivato all’ultima giornata soffiandolo agli avversari del Chelsea.

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EconomiaN.9 | 2 Dicembre 2014

Gli indici

statistici

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studenti, il PISA: questo indice valuta il rendimento scolastico dei 15enni di quasi tutti i paesi del mondo, confrontandone le capacità di lettura e comprensione dei testi, le abilità matematiche e scientifiche. Si tratta di un indice estremamente meticoloso, che unisce decine di sottomisure opportunamente standardizzate, usufruendo di una metodologia chiara e illustrata anche nei suoi limiti.I ministri dell’istruzione dei paesi più sviluppati al mondo tengono in grande considerazione i dati forniti dal PISA. Nel 2001, quando fu pubblicata la prima classifica, stupì il basso posizionamento della Germania, di poco al di sotto della media OCSE in tutte le categorie. Bastò questo per convincere il governo tedesco a finanziare un programma di riforme dal valore di 4 miliardi di € che ha portato a risultati più che concreti. Oggi la Germania è nella TOP20 di tutte le classifiche, toccando addirittura la 12ma posizione nella categoria delle scienze. Risultati ancora più deprecabili furono quelli ottenuti dagli studenti italiani, ma nel nostro paese invece di criticare il sistema scolastico, chiaramente inefficiente e vetusto, a essere attaccato fu il metodo dell’analisi. Ancora oggi gli studenti meridionali si ritrovano con livelli di istruzione degni di un paese in via di sviluppo, solo i liceali del nordest possono vantare un’istruzione di livello europeo.

Indici virtuosi, il caso del TIP - Il dipartimento di stato americano, ogni anno, pubblica un rapporto detto TIP (Trafficking in Person), che si occupa del dramma della tratta illegale degli esseri umani. I governi dei paesi in via di sviluppo vengono così classificati in

Gli indici

Redatto da Gennaro Battista

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statistici

Gli indici statistici combinano numerose misurazioni in un unico punteggio, fornendo così dei dati significativi e di semplice lettura a chi ne fa uso. Mettendo insieme vari parametri opportunamente pesati è possibile ottenere valutazioni sintetiche su qualsiasi argomento, e infatti esistono indici di tutti i tipi, dedicati alle più svariate questioni sociali: dall’istruzione sino alla misura della felicità. Negli ultimi vent’anni gli indici hanno goduto di un vero e proprio boom; piacciono così tanto da essere diventati il piatto principale attraverso cui si forma l’opinione pubblica. Dato ciò, migliorare il proprio posizionamento nei vari ranking è divenuto un obiettivo fondamentale dei policy

maker occidentali.

Indici virtuosi, l’esempio del PISA Ogni tre anni viene pubblicato il programma dell’OCSE per la valutazione internazionale degli

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EconomiaN.8 | 25 Novembre 2014

base alla loro disponibilità a combattere questa piaga. Un giudizio negativo spesso può compromettere l’immagine di una nazione, facendo sì che essa perda aiuti e investimenti dell’estero.Il TIP è talmente importante che nel 2010, a seguito dell’ottenimento di un buon punteggio, il ministero dell’interno del Pakistan commentava ufficialmente i risultati ottenuti nel ranking, dicendo che gli sforzi compiuti nella lotta alla tratta avevano “elevato la statura del Pakistan agli occhi del mondo intero”.La relazione di quest’anno

ha riguardato 190 paesi, e ha condizionato le scelte politiche di molti di essi. Ad esempio, i risultati del TIP sono fortemente vincolati dalla presenza di una legislazione specifica contro il traffico di esseri umani, così che nei paesi più intensamente coinvolti nella tratta si è assistito ad un fiorire di sanzioni penali in materia. Queste nuove leggi hanno sicuramente migliorato la loro posizione nell’indice, sebbene non significhino niente senza azioni di controllo e repressione concrete. Secondo molti esperti,

infatti, criminalizzare il traffico è inutile laddove l’applicazione della legge è debole e le ragioni economiche che spingono alla migrazione sono forti. Come al solito, quando la domanda è troppo forte scoraggiare l’offerta diventa uno sforzo pressoché inutile.Le valutazioni degli indici, quindi, possono risultare in alcuni casi anche fuorvianti, distorte. Ma se nel caso del TIP è stato l’intervento posticcio degli stati a fornire infine risultati non del tutto convincenti, in altri è invece lo stesso indice ad esser nato male, basandosi

José Ángel Gurría Treviño - È un politico e diplomatico messicano. Dal 1º giugno 2006 è il Segretario Generale dell’OCSE. Dal dicembre 1994 al gennaio 1998 è stato Ministro degli Affari Esteri.

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EconomiaN.9 | 2 Dicembre 2014

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su dati traballanti, difficili da raccogliere e quantificare.

Indici senza né capo né coda, il Global Slavery Index - Quando Andrew Forrest, facoltoso filantropo australiano, decise di affrontare il problema della schiavitù, Bill Gates ebbe a consigliargli di trovare un modo per quantificarla, perché “se non si può misurare, non esiste”. Nacque così il Global Slavery Index, una classifica che include oltre 160 paesi, stilata per comprendere la diffusione della schiavitù nel mondo, in modo da includere le vittime della tratta, i lavoratori forzati e

le spose bambine.Questa classifica ha ricevuto molta attenzione mediatica, e la sua stima di quasi 30 milioni di persone ridotte in schiavitù in tutto il mondo ha fatto notizia ovunque. Ma è ampiamente criticabile: per alcuni paesi non si è cercato di stimare davvero l’incidenza della schiavitù, ma sono stati utilizzati dati inerenti altre nazioni. I tassi riguardanti la Gran Bretagna sono stati applicati anche per l’Irlanda e l’Islanda, mentre quelli per l’America sono stati utilizzati anche per valutare diverse nazioni dell’Europa occidentale, tra cui la Germania.

Andrew Forrest - CEO di Fortescue Metals Group, è un generoso filantropo australiano.

Bill Gates - È il fondatore e presidente onorario di Microsoft. È stato il più ricco del mondo dal 1996 al 2009.

Il peggior uso della statistica è quando la si dedica a fini retorici o propagandistici, non per sapere, bensì per far credere ai semplicioni.

Sergio Ricossa Economista italiano

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Giorgio AllevaAttuale presidente dell’ISTAT, 59 anni, ordinario di statistica all’università la Sapienza di Roma, crede molto alla necessità del superamento della logica proprietaria dei dati pubblici, per favorirne la circolarità.

Pier Carlo PadoanNominato vice segretario generale dell’OCSE nel 2007 ne è divenuto capo economista nel 2009. Dal 24 febbraio 2014 è Ministro dell’Economia e delle Finanze del Governo Renzi.

affermava: “i truffatori già sanno come truccare un dato, gli uomini onesti devono imparare a farlo per legittima difesa”.Gli indici di performance sono solo l’ultima frontiera della truffa dei dati. Piacciono tantissimo ai lettori perché sono facili da consultare, e piacciono ancora di più alle lobby perché sono altrettanto facili da manipolare. Accanto agli indici più seri, finanziati da enti di grande prestigio, che possono illuminare sulle anomalie di un mondo chiaramente imperfetto, nascono ogni giorno nuovi indici in realtà del tutto fuorvianti.Secondo l’Economist

per fare un indice spurio basta poco: dati vecchi, tratti da campioni piccoli o distorti, mescolati tra loro sebbene provenienti da fonti totalmente diverse, usando magari ponderazioni del tutto arbitrarie. E quando neppure barare coi numeri riesce, si possono utilizzare accademici di bassa lega, facili alla prostituzione intellettuale e pronti a fornire congetture astruse e accomodanti, da marchiare rigorosamente col bollino di “parere degli esperti”.Nascondere tutto questo però può scatenare dei dubbi nei lettori; pubblicare il metodo utilizzato, invece,

Tutto ciò è del tutto insensato, significa fornire dati che non sono reali, numeri inventati! E anche se diffusi per una buona causa, restano una bufala.Ciò è avvenuto proprio per il potere degli indici di condizionare le politiche dei paesi. Nell’ultimo periodo sono nati numerosi indici fallaci, sviluppati da lobby, ONG e governi per sostenere le proprie istanze, anche a discapito della realtà stessa.Come si trucca un indice? Mentire con la statistica è un’arte antica, già nel 1954 Darrell Huff

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Molte statistiche sono palesemente false. Riescono a passare solo perché la magia dei numeri provoca una sospensione del buon senso.

Darrell Huff

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EuriSpes - Gian Maria Fara (Tempio Pausania, 1951) è un sociologo italiano, dal 1982 presidente dell’Eurispes.

EuroStat - Walter Radermacher (1952), professore di statistica, è l’attuale presidente di Eurostat.

anche se in sordina, è consigliabile. L’importante è patinare il tutto attraverso l’approvazione di esperti sapientemente prezzolati.Soprattutto, in un indice si può sempre mettere ciò che si vuole, in modo da definire sia il problema che la soluzione. La classifica dei paesi più business friendly può magari favorire i paesi con le leggi più severe, anche se non vengono mai applicate. E così indici sulla condizione delle donne possono premiare gli alti livelli di istruzione raggiunti dalle donne in Arabia Saudita, sottovalutando il fatto che studiare sia forse la loro unica libertà.

Se uno vuole parlar male degli immigrati, come va di moda ultimamente in Italia, può sempre dire che essi sottraggono le case popolari agli italiani, quando in realtà, sebbene nel bando del 2009 indetto dal comune di Torino il 45% dei richiedenti fosse straniero, solo il 10% di essi si è visto assegnare una casa! Nel comune di Genova, su 185 abitazioni messe a disposizione, solo 9 sono andate ad immigrati. A Bologna su 12.458 alloggi popolari assegnati, solo 1.122 sono finiti agli stranieri. Ma tanto che importa? Alla fine i numeri da prendere in considerazione li decide chi commissiona l’indice!

Con l’Europa non si afferma un’idea di pace, ma di guerra: paesi l’un contro l’altro armati.

Darrell HuffGiornalista americano

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Una statistica ben confenzionata funziona meglio di una “grande bugia” alla maniera della propaganda hitleriana: inganna, ma non rivela l’origine dell’imbroglio.

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EconomiaN.8 | 25 Novembre 2014

OPECscenari inevoluzioneIl 166esimo meeting dell’OPEC riserva una grande sorpresa: non vi sarà nessun taglio alla produzione del petrolio. Gli analisti sostengono che l’Arabia Saudita manovri assieme agli Stati Uniti d’America a discapito di Russia ed Iran.

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L’esito del 166esimo meeting dell’OPEC probabilmente entrerà negli annali: nessun taglio alla produzione di petrolio. E nessuna richiesta ufficiale ai Paesi membri di mantenere il livello dell’output, fermo dal 2011, sui 30 milioni di barili al giorno.Scelta dura e decisa. E se vogliamo, anche, incredibilmente paradossale. Un ossimoro, perché alla fine, il cartello ha deciso di sposare la tesi liberista. Sarà il mercato a riequilibrare i prezzi. E all’indomani della riunione, tenutasi come consuetudine nei palazzi viennesi, il mercato non è stato clemente: il Brent è scivolato a 70.02 USD, mentre il WTI ha chiuso a 66.2 USD. Un calo che a questo punto si attesta su livelli importanti: -36% dai massimi di luglio.

Giornalisti sereni con il pieno a buon prezzo - Abdallah El Badri, segretario dell’OPEC, al termine della riunione, ha dichiarato: “Non abbiamo

un prezzo di riferimento, né minimo né massimo”. E in risposta alle incalzanti domande dei giornalisti, ha chiosato: “Perché vi preoccupate della nostra produzione? Capirei se foste dei trader, ma siete giornalisti. Rallegratevi, ora potrete risparmiare quando fate il pieno all’automobile”. Il primo responsabile dei mancati tagli resta, comunque, Ali Al-Naimi, ministro del petrolio dell’Arabia Saudita, che già nei giorni antecedenti al meeting aveva lasciato intendere che l’OPEC non avrebbe mosso un passo per far rimbalzare i prezzi.Una fermezza che oggi pare inevitabile, soprattutto per due motivi:Il primo, l’OPEC come di consueto paga un handicap strutturale. E un dilemma probabilmente irrisolvibile: “chi dovrebbe o potrebbe tagliare la produzione?”. Ad oggi, infatti, i sauditi

Diezani Alison Madueke Eletta come presidentessa dell’OPEC durante l’ultimo meeting. È il primo presidente donna dell’organizzazione.

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Il petrolio - Il calo dell’oro nero a questo punto si attesta su livelli davvero importanti: -36% dai massimi di luglio.

Redatto daPierlugi Patacca

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già stanno facendo più di chiunque altro per tenere a freno la loro offerta di oro nero. E lo stesso vale per gli altri produttori, anche se per motivi diversi. Come, ad esempio, la Nigeria, che s’è arenata a causa di in una forte instabilità interna e una maxisvalutazione della naira. Il secondo motivo, invece, si ricollega alle errate previsioni dei mesi scorsi. Evidentemente oggi il cartello s’è accorto di aver rovinosamente sottovalutato la produzione di shale oil statunitense. Attualmente, infatti, gli Stati Uniti hanno sommerso il mercato di

petrolio, con una produzione che si è attestata a livelli inimmaginabili. E che oggi è paragonabile quasi a quella di Iran, Nigeria e Libia messe insieme. Tagliare la produzione adesso, potrebbe quindi significare fare un grosso favore ai rivali a stelle e strisce.

Mosca e Teheran - Gli analisti sono comunque divisi. Anche se le chiavi di lettura, tutto sommato, si riducono a due: c’è chi crede che la decisione di non abbattere la produzione sia proprio ricollegabile alla volontà di spiazzare i produttori americani, che oggi pagano

livelli di costi di produzione troppo alti; e dall’altro lato c’è chi ribalta questa posizione, sostenendo che l’Arabia Saudita, al contrario, stia dando un aiuto proprio agli Stati Uniti, mettendo in difficoltà Russia e Iran. Già, perché probabilmente ad uscire con le ossa rotte da questa partita sono proprio i russi e gli iraniani. Teheran ha dovuto, suo malgrado, allinearsi alla posizione dei rivali sauditi, consapevole che una lotta interna al cartello non avrebbe portato il Paese molto lontano. Soprattutto a causa delle pesanti sanzioni internazionali,

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EconomiaN.8 | 25 Novembre 2014

Principe Al-Waleed - Ha accumulato la sua immensa fortuna grazie a fruttuosi investimenti in campo petrolifero. Grazie al suo fiuto per gli affari sull’oro nero è soprannominato “Il Warren Buffett d’Arabia”.

EconomiaN.9 | 2 Dicembre 2014

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che stanno penalizzando la sua economia. Mosca, intanto, si è vista costretta a raccogliere la sfida, pur consapevole della necessità di un prezzo del petrolio a livelli molto più alti, per mantenere stabile l’economia.

L’instabilità del mercatoUna situazione molto difficile, soprattutto perché i mercati hanno già mostrato segni di instabilità verso le economie fortemente connesse all’export di petrolio. E proprio il rublo, all’indomani dell’esito di Vienna ha registrato un pesante scivolone in borsa. Notizia poco confortante

per Putin, già alle strette per le sanzioni internazionali: avere una moneta debole significa, infatti, un aumento esponenziale del peso dei debiti. E qualche colosso russo già inizia a risentirne, come Rosneft che ha appena chiesto al governo un aiuto per sostenere le passività.Eppure, se da un lato il crollo del greggio potrebbe trascinare molti produttori nell’oblio, dall’altro potrebbe favorire l’economia reale di molti altri Paesi. Il capo della ricerca sulle commodity di Citigroup, Ed Morse, sostiene che un Brent a 80

dollari al barile equivale ad una riduzione delle tasse di quasi 600 dollari all’anno per una famiglia statunitense. E i risparmi potrebbero riguardare da vicino anche il nostro continente, che al momento è alla finestra, insieme con il capo della BCE, Mario Draghi, che preme in favore di un QE europeo. E l’Italia? L’Italia, invece, non fa testo. Il crollo del greggio non produce grandi effetti per le nostre pompe di benzina. Perché, come sostengono moltissimi imprenditori, la nostra è una “Repubblica fondata sulle accise, anziché sul lavoro”.

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Bijan Namdar Zangeneh - È un politico iraniano, che ha occupato diverse posizioni all’interno dei ministeri del suo paese. Al momento è il ministro del Petrolio iraniano.

Ali Al-Naimi - Nato nel 1935, attualmente è il ministro del Petrolio e delle risorse minerali dell’Arabia Saudita. Il suo curriculum annovera anche un master alla Stanford.

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il coraggio

di farebei sogni

“Liberati dal piombo che hai sul cuore, Massimo. È una vita che ti tormenti e tormenti tua madre con questo strazio. Una vita che la sento pesare sopra noi. Basta! Mandale tutto il tuo amore e lasciala finalmente andare...” Lasciare andare. Lasciare andare l’assenza, il dolore. Lasciare andare il rancore, le parole non dette, i rimproveri taciuti. Lasciare andare il tempo negato. Lascaiare andare le delusioni e le gioie, mutilate della condivisione. Lasciare andare chi ti ha messo al mondo. Lasciare andare il ricordo di chi, quello

stesso modo, non lo abita più da tempo. “Solo il perdono ti rimette in contatto con l’energia dell’amore”. “Lasciare andare”, dunque, nella maniera più complessa che l’essere umano riesca anche solo semplicemente a concepire; perdonando.Arrabbiarsi, elaborare, imparare a convivere, perdonare e tornare ad amare. Prima se stessi, e poi il prossimo. Se stessi, attraverso il prossimo. Un percorso lungo, lungo una vita intera. Quarant’anni di silenzi. Quarant’anni di deliberato e premeditato silenzio. Qual è il limite?

Redatto daLiliana Squillacciotti

CulturaN.9 | 2 Dicembre 2014

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Quando è davvero possibile addossarsi la responsabilità di tacere, in merito alla vita altrui?“Breve riposo dona alla mamma, Signore. Svegliala, falle un caffè e rimandala subito qui. È mia mamma, capito? O riporti giù lei o fai venire su me. Scegli tu. Ma in fretta. Facciamo che adesso chiudo gli occhi e quando li riapro hai deciso? Così sia”. La storia di una mamma andata via troppo presto, e la storia di un bambino, di un adolescente, di un adulto, che a quella mancanza cerca di sopperire. Che, a quella mancanza, cerca di sopravvivere. In qualsiasi modo possibile. La fantasia, la sublimazione, l’aridità. La storia di un segreto, di una rimozione che appare essere stata quanto mai volontaria man mano che si procede con la lettura. “Fai bei sogni” è una storia semplice, scritta in modo semplice. Raccontata dall’interno, più dallo stomaco che dal cuore. Una storia che, a seconda di chi la ascolta, assume sfumature diverse, con

Nelle infatuazioni a senso unico l’oggetto del nostro amore si limita a negarci il suo. Ci toglie qualcosa che ci aveva dato soltanto nella nostra immaginazione. Ma quando un sentimento ricambiato cessa di esserlo si interrompe brutalmente il flusso di un energia condivisa.

Massimo GramelliniFai bei sogni

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AttualitàN.3 | 21 Ottobre 2014

I sogni - Gramellini descrive la forza nel superare la morte della madre a nove anni.

Massimo Gramellini - Vice direttore di La Stampa, nel 2012 ha scritto il romanzo autobiografico Fai bei sogni.

quella costante empatica che è impossibile non provare per un bimbo privato del primo amore della propria vita. Un mostro, colpevole di aver aver strappato via, troppo presto, da braccia troppo piccole, un amore troppo grande. Ma. Ma, se quel mostro alberga nel cuore, e nella mente, di chi più al mondo ti abbia mai voluto, desiderato ed amato, come si potrà mai pensare di essere voluti, desiderati ed amati da qualcun altro? Come si potrà mai mettere in atto il processo del perdono? Come si potrà mai accettare l’idea che non si sia venuti

al mondo semplicemente per essere poi rifiutati? “Mi sarei accontentato di tenere i piedi per terra. Invece camminavo sulle punte come un elfo. Le mie suole erano consumate soltanto sul davanti e i talloni fluttuavano a mezz’aria senza combinare niente di utile. Camminavo sulle punte e le guardavo di continuo, perchè non ero capace di alzare gli occhi al cielo. Avevo le mie ragioni. Il cielo mi faceva paura. E anche la terra.” “Coraggio”. Ciò che maggiormente traspare dalle righe di un romanzo semplice, e che nella sua semplicità riesce a non risultare mai

Non difesi il mio sogno, per la semplice ragione che non lo ascoltavo più. I sogni sono radicati nell’anima e la mia era fuori servizio.

Massimo Gramellini

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CulturaN.9 | 2 Dicembre 2014

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EconomiaN.8 | 25 Novembre 2014

banale o stucchevole, è che il “coraggio” sia la parola d’ordine. Ci vuole coraggio nei momenti bui, ci vuole coraggio per capire che le difese hanno tutto il diritto di esistere, ma che chi le ha costruite ha tutto il diritto dipoterle abbassare, per godere dei momenti di luce. Ci vuole coraggio per alzare gli occhi al cielo, noncuranti degli ostacoli presenti sulla terra. Ci vuole coraggio per riuscire a tenere a bada i mostri generati dalla vita, lo stesso coraggio che ci vuole per concedersi il lusso di seguire i propri sogni. Ci

vuole coraggio da vendere, per riuscire a non diventare vittime degli atti altrui. Ci vuole coraggio per affrontare il male che non puoi vedere,ed altrettanto coraggio ci vuole per capire che chi da quel male viene sopraffatto, non necessariamente sia privo di amore. Semplicemente, il coraggio, spesso, viene a mancare. Un romanzo sull’amore più grande, quello di una madre, visto dagli occhi di un figlio che di quell’amore, non ne ha avuto abbastanza. La storia di un mostro subdolo, che va abbracciato e perdonato per

vederlo, finalmente, svanire. La storia di come sia possibile imparare a “tenere i piedi per terra senza smettere di alzare gli occhi al cielo”. “Le mani di Elisa hanno percorso traiettorie insondabili intorno alla mia testa e la sua voce ha pronunciato parole che non sono riuscito a comprendere. Ma qualcuno dentro di me le aveva capito molto bene. Belfagor. L’ho sentito rattrappirsi come una spugna consunta e poi disintegrarsi in una pioggia di frammenti subito inghiottiti dal buio”.

La Torino di Gramellini - La Mole, simbolo di una città, Torino. Simbolo di Italia. Una mole che s’innalza e svetta nel cielo nella sua stabile imponenza e nella leggerezza della sua arte architettonica.

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Home Record

un’arma a doppio

taglio?

L’angolo del libro Buio Rosso

Con l’avvento della musica digitale, al giorno d’oggi, possedere un piccolo studio di registrazione domestico è alla portata di tutti. Sul mercato, ormai, esiste una tale quantità di strumenti e attrezzature da accontentare le tasche di tutti. Proprio per questo,

però, spesso si finisce con l’acquistare materiale poco idoneo o addirittura scadente. Cosa occorre davvero per crearsi una piccola postazione di home recording? Uno dei vantaggi della “registrazione casalinga”, senz’altro, consiste nell’avere a portata

di scrivania, nella propria camera, un “registratore h24 di ispirazioni”: cantanti e musicisti, infatti, hanno la possibilità di poter registrare in qualsiasi momento ogni idea, sequenza di note e ritmo che gli passi per la testa. Per chi invece volesse intraprendere

Buio rosso è un libro composto da dieci racconti thriller - horror. Roberto Ricci è l’autore, di Ancona e di professione fa il parrucchiere. Dopo aver vinto nel 2012 il Premio Racconti nella rete - sezione soggetti per cortometraggi ha proseguito con successo nella scrittura, guadagnandosi dalla stampa l’appellativo di parrucchiere del brivido. I dieci racconti sono un sentito omaggio al cinema gotico Italiano degli anni 70, quello di Bava, Argento,

Fulci e altri grandi maestri. Tra i racconti spiccano Il Cappotto, vincitore del già citato concorso, e Guanti Neri. Entrambi sono divenuti due cortometraggi. Altro racconto importante è Specchi Infranti, il più lungo e sicuramente più impegnativo, dove il cinema e la letteratura si mescolano in una trama gialla che non risparmia paure. Di maestri del brivido ce ne sono diversi, ma il parrucchiere del brivido è uno soltanto.

CulturaN.9 | 2 Dicembre 2014

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Redatto daLuigi ‘Rey’ D’Errico

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una carriera da tecnico del suono, l’ideale sarebbe soffermarsi su alcuni punti. Primo fra tutti, sicuramente rendere idonea l’acustica della stanza. Apportare le giuste correzioni all’ ambiente scelto per lavorare rende indispensabile l’intervento di un professionista. Il “fai da te”, in queste circostanze, spesso provoca errori che in futuro potrebbero compromettere la qualità del proprio lavoro. Il passo successivo, è la scelta dell’attrezzatura: in primis, valutare la tipologia della scheda

audio (indispensabile per convertire il segnale analogico in uno digitale). Dobbiamo registrare delle voci? Allora ci sarà indispensabile procurarci degli ingressi microfonici dotati di apposita alimentazione phantom. E per registrare degli strumenti? In questo caso la scelta ricadrà su ingressi di linea ad alta impedenza. Allo stesso modo va effettuata la scelta del microfono: per registrare una voce ne sceglieremo uno a condensatore, per chitarre acustiche e batterie, opteremo invece per quelli dinamici. Il

The Boss

The Stones

Il mitico Bruce Springsteen compose e registrò su un tape, nella propria camera da letto, sia l’album Nebraska sia Born in the U.S.A.

I Rolling Stones composero Exile on Main Street mentre soggiornavano in Francia. Non potendo aspettare il ritorno in studio registrarono in casa utilizzando l’attrezzatura sul van.

Altri casi famosiNumerosi cantanti hanno inciso i loro successi in casa. Ad esempio Bon Iver, David Gray, Emitt Rhodes, Beck, Phox, Owl City, Rosie Thomas e The Wrens.z

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monitor, invece, è una scelta “d’orecchio”: in questo caso, insomma, il detto “anche l’occhio vuole la sua parte”, non vale. Meglio preferire la coerenza del suono all’iper colorazione. Senza cavi di alta qualità, ultimo

ma non ultimo, scordatevi quanto detto finora. E ricordate: provate, per quanto possibile, a mettere da parte il vostro gusto personale. Ciò che conta è l’orecchio! Ascoltate, quindi e…buona musica.

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GastronomiaN.9 | 2 Dicembre 2014

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La tavoladelle feste

Alla scoperta di antiche e nuove tradizioni della festa dell’Immacolata. Viaggio nei

sapori e nei colori che distinguono la cucina italiana durante l’8 dicembre.

Annunciazione! Annunciazione! Tu Marì Marì fai il figlio di Salvatore. Gabriele t’ha dato la buona notizia. Annunciazione! Annunciazione!

Una Annunciazione peculiare, tipica dello spirito di Napoli, che racchiude in sé verità nascoste. La risata è veritiera. Come veritiero è il ruolo di Maria nella sua Immacolata Concezione. La Buona Novella. L’Annuncio che porterà al cambiamento dell’umanità. Lo stravolgimento della vita di una donna innalzata a simbolo di dedizione totale verso il suo Dio. Il dogma dell’Immacolata Concezione ha un ruolo tale da vedere l’istituzione di un festa che nasce l’8 dicembre 1854, per volere di Papa Pio IX con la bolla Ineffabilis Deus. Da allora l’8 dicembre ha rappresentato l’avvento del periodo natalizio e, specialmente al sud Italia, come ogni festività che si rispetti, porta con sé tradizioni e piatti tipici. È tradizione rispettare il digiuno, pratica che sembra essere nata durante il governo dei Borbone nel Regno di Napoli. Si narra

che la regina di Napoli, in procinto di partorire ed in preda a fortissimi dolori, chiese la grazia alla Madonna per far nascere il bambino senza problemi ed in salute, promettendole che avrebbe fatto fare digiuno a tutti i suoi sudditi. Il bambino nacque sano la vigilia dell’Immacolata e così il re, forse Ferdinando I di Borbone, ordinò il digiuno a tutti gli abitanti del regno. Anche a Matera per il pranzo della vigilia dell’Immacolata si osserva rigorosamente il digiuno, rinforzando, invece, la cena. In linea con il divieto per i cattolici di consumare carne, la tipica cena materana del 7 dicembre è a base di baccalà in umido e ficcilatidd (noto anche come tortanello), una sorta di ciambella di pane con semi di finocchio, preparato solo una volta l’anno, che rappresenta con la sua forma la perfezione dell’Immacolata Concezione. Ai due piatti tipici della cena della vigilia si sono uniti, negli ultimi anni, gli spaghetti aglio, olio e peperoncino, utile rinforzo per le fatiche del giorno successivo,

Redatto daEleonora Baluci

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data in cui si addobbano, secondo tradizione, albero di Natale e presepe. Sempre in Basilicata, a partire dall’8 dicembre si iniziano a preparare le cartellate (carteddhrate), rotelline dolci fritte, simili alle chiacchere di Carnevale, da intingere nel miele. Un tempo, in Basilicata, dopo il tradizionale digiuno della vigilia, nelle botteghe, il mastro offriva la cena ai propri operai e apprendisti, cena che solitamente consisteva in un piatto di spaghetti, prodotti nei pastifici cittadini, con sugo e baccalà, il tutto servito dalla moglie del mastro. A partire dall’8 dicembre, inoltre,

nelle case si iniziavano a preparare i dolci (e non solo) tipici del Natale, come le friselle, le strattate, le meringhe, i biscottini al vino bianco, i biscotti grossi all’uovo ricoperti di zucchero ed i pasticcini, gioia per tutti i bambini. Simile al ficcilatid materano è il tarallo dell’Immacolata (u taradde della Maculete), grande ciambella salata con semi di anice e finocchio (talvolta aromatizzata con sambuca), preparato in Puglia, anch’esso consumato per la vigilia, dando così inizio alle festività natalizie. Sempre il 7 dicembre si preparano i vermicelli col baccalà (vermiceddhi cu lu

baccalà), conditi con un sugo a base di salsa di pomodoro, baccalà infarinato e cipolla. Piatti tipici, invece, del pranzo dell’Immacolata, in alcune zone della Puglia, sono gli spaghetti alla San Giovanniello (San Giuvannidd), pasta semplice con ingredienti poveri e genuini, come pomodorini, aglio, olive ed acciughe, ed il baccalà fritto, quest’ultimo consumato anche in Calabria, Campania e Puglia. Anche nel Salento e in tutta la Puglia centromeridionale la giornata antecedente all’Immacolata Concezione è dedicata al digiuno, digiuno in cui è ammesso solo il consumo di puccie. Le

Pasta - Gli spaghetti alla San Giovanniello (San Giuvannidd), tipici della tradizione lucana dell’8 dicembre, sono conditi con ingredienti poveri come pomodoro, aglio, olive, acciughe e un po’ di prezzemolo.

GastronomiaN.9 | 2 Dicembre 2014

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la tradizione del digiuno della vigilia è molto sentita, dopo che, la notte tra il 7 e l’8 dicembre 1710, un forte terremoto colpì la città senza distruggerla, miracolo attribuito alla Madonna, così come avvenne nel 1743, anno in cui l’Immacolata fu dichiarata patrona. A Bari invece, sempre la vigilia, regna sulle tavole l’anguilla, consumata arrosto o al sugo, usato anche per condire gli spaghetti. In Campania, come ogni vigilia di festa, si usa consumare la pizza di scarole, torta rustica ripiena di olive nere, scarola, capperi, uvetta e pinoli, preparata per rimanere leggeri in vista delle grandi abbuffate dei giorni successivi. Sempre in Campania, in particolar modo nella costiera Amalfitana, si preparano le zeppole dell’Immacolata, piccole palline di impasto dolce, fritte e poi arricchite con miele e confettini colorati, da gustare anche nella versione salata, più grandi e ripiene con mozzarella e prosciutto cotto. In Sicilia la festa dell’Immacolata Concezione è molto sentita, in virtù della smisurata venerazione del

puccie sono panini morbidi, ricoperti a fine cottura di farina bianca a simboleggiare la purezza della Madonna, che si possono trovare più piccoli e ripieni di olive in salamoia (pucce uliate) o più grandi e vuote, da farcire a piacimento, di solito con tonno, capperi, provolone, pomodorini, acciughe e pesciolini fritti sott’aceto detti franfullicchi. Una variante della puccia è prodotta a Gallipoli, la puccia caddhipulina, che contiene nell’impasto anche burro, pomodori, acciughe, tonno, capperi ed olio extravergine di oliva. Terminato il digiuno al tramonto, la cena del 7 dicembre prevede baccalà al sugo o con le patate e pittule (o pettole), frittelle fatte solo di farina, acqua e lievito, vuote o farcite con i più svariati ingredienti, come gamberetti, calamari, baccalà, cavolfiore, fiori di zucca, rape, patate dolci o alla pizzaiola, con olive, porro, capperi e

pomodorini. Verdura tipica della cena della vigilia sono le rape, usate come ripieno per le pittule ma anche consumate come contorno, come la ricetta delle rape ‘Nfucate, in cui la verdura viene saltata in padella con olio, aglio, olive nere ed abbondante peperoncino piccante; in altre zone della Puglia si ritrovano invece nelle famose orecchiette alle cime di rapa. A Taranto

Orecchiette con cime di rapa un piatto tradizionale pugliese.

Pizza con le scarole - un piatto tipico partenopeo.

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Baccalà fritto Il baccalà fritto si prepara semplicemente con baccalà ammollato e poi asciugato, tagliato a listarelle e passato in una pastella a base di farina, burro e acqua, poi fritto in abbondante olio prima di essere servito caldo in tavola.

popolo nei confronti della Vergine; diverse sono, da zona a zona, le ricette tipiche della vigilia e del giorno di festa. A Palermo classico piatto del 7 dicembre è lo sfincione, focaccia morbida con pomodoro, acciughe, caciocavallo, origano e cipolla, il cui nome deriva dal latino spongia, spugna, ad indicare la consistenza dell’impasto; a Bagheria, dove lo sfincione si consuma ad ogni vigilia di festività, si usa prepararlo senza il pomodoro, in versione bianca con ricotta o tuma. Sempre nel capoluogo siciliano si serve il baccalà fritto, per la vigilia, e l’8 gli anelletti al forno, pasta

a forma di piccoli anelli, condita con ragù di carne e caciocavallo, preparata in tutta la Sicilia, i giorni di festa, con diverse varianti. Diffuse sono anche le sfincette dela Vergine Immacolata (sfincitieddi), palline fritte, che possono essere preparate dolci, con dentro un pezzetto di cioccolato o semplicemente rotolate in zucchero e cannella, o salate, ripiene con acciughe o ricotta. L’Immacolata è anche il giorno in cui si iniziano a preparare i dolci tipici del Natale, tra cui il buccellato, ciambella di pasta frolla ripiena di fichi secchi, canditi

Solo la sua Immacolata Concezione spiega come, tra i sentimenti di Maria, non esista alcun tipo di contrasto o di tensione tra la dedizione a Dio e quella da riservarsi allo sposo.

Adrienne von Speyr

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GastronomiaN.9 | 2 Dicembre 2014

Lo sfincioneè un prodotto tipico della gastronomia palermitana. È stato ufficialmente inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

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e, a volte, pezzetti di cioccolato, ricoperta poi di glassa bianca o frutta candita. Prodotta e consumata in tutta l’isola è la petrafennula (o petrafernula), torrone molto duro a base di mandorle, miele e scorze di arancia e cedro, di origine araba.Prodotta anch’essa in varie parti della Sicilia ma con diverse varianti è la muffoletta, pagnotta di grano tenero: a Ravanusa (Agrigento) la muffoletta si impasta con i semi di finocchio e si farcisce con sarde o formaggio, ad Agrigento ed a Canicattì si impasta con i semi di cumino, a Caltanissetta questi panini diventano dolci ed arricchiti con chiodi di garofano e cannella. L’usanza di consumare le muffolette la vigilia dell’Immacolata è legata al digiuno prefestivo: tutt’oggi i panettieri mandano per le strade, alle prime luci dell’alba del 7 dicembre, bambini e ragazzini al grido di “muffulette cauri

cauri” (panini caldi caldi), da consumare come unico pasto della giornata. La tradizione siciliana delle muffolette ha perfino raggiunto anche l’altra sponda dell’oceano, quando nel 1906 Salvatore Lupo, immigrante siciliano, fondò a New Orleans il Central Grocery e cominciò a produrre questi panini farciti per i siciliani del luogo, divenuti poi simbolo della città. Ogni 8 dicembre dell’anno, sulle tavole prende forma la tradizione. Ogni tradizione è specchio di credenze e realtà che assumono significato e valore. Un dogma richiama il bisogno di rendere manifesti e visibili tali valori. Nell’arte culinaria e no, lo si rende vivo con dedizione, con un sorriso, con un odore di intimità che ispira certezze e che, intorno ad un tavolo o raccolti in un luogo di preghiera, fa sentire uniti, parte di una verità rivelata.

Pirtusa vuttaLa Basilicata, si sa, è terra di vino e quale migliore occasione per assaggiare il frutto dell’infaticabile lavoro dei contadini vignaioli se non il giorno dell’8 dicembre. Festa che è definita anche giorno del “pirtusa vutta” (che, in italiano, significa bucare la botte). Si tratta della tradizionale festa della “spillatura delle botti” che ogni anno si celebra nella festa dedicata anche all’Immacolata Concezione. Secondo l’antica cultura contadina del mondo lucano, assieme a tanti prodotti tipici locali, si assaggia il vino nuovo che si attinge direttamente dalla botte.

MuffolettaIn origine si chiamava Muffulettu, con tre “u” appunto, ma come è avvenuto per tutti gli immigrati italiani che all’inizio del Novecento sono sbarcati ad Ellis Island per abbracciare una nuova cittadinanza, anche il suo nome è stato americanizzato.

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RomanzataN.9 | 2 Dicembre 2014

Romanzata

LINEA UNO

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Affonda. Accavallo le gambe, e ricordo che non posso fumare. Però respiro l’aria sottoterra. Ascolto la radio dalle cuffiette. C’è un nuovo idolo delle poltrone serali. Ha la camicia bianca e la cravatta verde. Parla, parla, anche alla radio. Fenomeno. Riesce sempre ad avere risposte a tutto. Peccato che non ci siano domande giuste da porgli. Il Vangelo secondo Matteo, Pasolini l’avrà creato pensando alla deriva che avrebbe preso la sua Italia. Arriva il treno. Il vento aumenta. Me ne accorgo. Salgo. Prossima fermata “Quattro giornate”. Mi viene in mente Gennarino Capuozzo. Organizzò la rivolta ai tedeschi e li cacciò. Furono quattro giorni di morte e orgoglio. L’Italia non ricorda. Io si. Quel bambino che ribaltò la città cancellando svastiche e fasci con la dignità di una miseria popolana, ricca di rabbia miscelata a dignità artistica. Quel bambino che guidò una città a stendere il tappeto rosso agli alleati accolti come liberatori di una città fantasma, vuota di nemici. Quel bambino che morì dopo che aveva reso una medaglia al valore militare alla sua città. È solo una fermata di una metropolitana. È solo una città che ha la monnezza tossica che le cola come lacrime dalle viscere. Morto. Faceva il panettiere. Aveva dodici anni. Aveva gli occhi della vita che si inarca e si arrampica sulle pendici del passato e si capovolge al futuro senza passare per il presente. Assente. Il tempo. Assente. Esodato dalla storia. Cassaintegrato della memoria. Sudo. Sono in piedi, attaccato. Guardo tutti attaccati. Ho un brivido. È l’unico momento in cui rivedo tanta gente coi pugni chiusi. In un vagone, quando è attaccata per non cadere. Un tipo basso, seduto discute con un altro

Romanzata

Scritto da Armando De Martino

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LINEA UNO

Mi fermo e cerco un posto per sedermi. Scruto intorno. Siamo sotto terra. Siamo sotterrati consapevoli. Siamo sotterrati ma non facciamo danni. Dalle nostre parti si sotterrano danni d’oro. Sono seduto e guardo intorno le persone perplesse. Le persone infreddolite, le persone allegre. Il vento ed un annuncio ci ricorda che siamo sottoterra ma vivi. C’è roba sottoterra che ci ricorda che siamo morti che camminano. Ammantati, alienati, destinati ad essere carta di credito per il mercato nero delle bustarelle differenziate. La camorra come scudo, la politica come lancia, le anime che fumano dai corpi freddi i bersagli. Guardo il telefono, non c’è campo. Isolati. Una signora guarda l’orologio. Il tempo. Sbuffa

rammaricandosi con le mani. Quando si arriva alle stazioni c’è sempre un treno che è partito prima del nostro. Inevitabile. Il tempismo è un soldatino di piombo su un cavallo di cartone.

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seduto di fronte. Gli occhi passano tra culi e borse e s’incrociano. Si lamenta degli immigrati. Troppi ed inutili secondo lui. Il tipo dall’altra parte annuisce e dice che la Lega fa bene. Vedi che il buon Matteo ha appeal? Penso. Non dico nulla. Seguo interessato. Il tipo ci informa che ci sono nuovi barconi pronti a sbarcare e che porteranno l’ebola, lavoreranno per poco in cambio e un giorno l’Italia non avrà più un’identità. Lo guardo. Fisso. Inarco il

sopracciglio sinistro. Non se ne accorge. I suoi occhi guardano solo oltre un culo. Incalza, dicendo che lo zio è stato un grande. Emigrato in America ora è ricco. Appunto. Siamo stati i primi ad essere barconizzati. Nessuno ci ha mai sparato addosso. Sudamerica, Stati Uniti, Belgio, Germania, Olanda. Ovunque. Scende. Saluta. È orgoglioso. Altra fermata. Altro giro. Altro momento di solitudine. Quella seria. Quella dei fiumi che immagini scendano dalle

montagne diritti in faccia per svegliarti. Tocca a me. Scendo. Il cielo è plumbeo, il silenzio si dissolve mentre incalzano clacson e grida. Qualcuno va di fretta. Tutti vanno di fretta. Vogliono scappare, fuori dalla crisi. Lo spread emozionale è sempre a minimi livelli, al massimo c’è l’interesse del prestito di pazienza per stare a galla, su uno stivale in mezzo al mare. “Lasciare libero il passaggio” la saracinesca emette un sentenza, non pone un divieto.

Metro - Un treno in partenza o un treno in arrivo. In un viaggio del cambiamento fatto di attese, corse e fermate improvvise. Su binari paralleli per poter scegliere il destino o lasciare che ti scelga.

RomanzataN.9 | 2 Dicembre 2014

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Una discarica

PlasticQuando il futuro si incrocia con la disumanità. Firmato da Marina Finaldi.

Vagone del

DestinoI dolci racconti di una pendolare. Firmato da Josy Monaco.

FEUILLETONNumero V

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Plastic tttDavanti ai nostri occhi, si stagliava il biglietto da visita del nuovo mondo: un maleodorante accumulo di composti organici e sintetici.

Scritto da Marina Finaldi

PARTE II - Quando giungemmo alla recinzione di filo spinato che circondava la discarica era ormai notte fonda. Era buio, buio pesto. La luna, nascosta da nere nuvole dense e fitte, occhieggiava di tanto in tanto in basso verso di noi, illuminando di riflessi argentei la barba di Saul che sussultava piano sul suo petto affaticato. Le orecchie tese ad ascoltare ogni minimo rumore, gli occhi che scandagliavano l’oscurità, stava in piedi dietro di me,

immobile come una statua. Io stavo accovacciata vicino alla rete con un paio di grosse pinze nella mano sudata e lavoravo, la lingua tra i denti, per ricavare un passaggio. Un impercettibile ‘clank’ ruppe il silenzio: il metallo aveva ceduto. Entrammo. Davanti ai nostri occhi, si stagliava il biglietto da visita del nuovo mondo: un enorme, maleodorante, accumulo di composti organici e sintetici, di cartone pressato bagnato e ridotto in poltiglia, abiti e scarpe

impolverati e coperti di fango, scampoli di materiale non più identificabile, attrezzatura sportiva, vecchi televisori, impianti stereo e personal computer obsoleti, pozzanghere di liquame gorgogliante, buste di plastica squarciate che, issate come vessilli su quella montagna artificiale, si agitavano spasmodicamente nel vento. I vasti fianchi della montagna erano protesi verso di noi, come per abbracciarci, per accoglierci; il suo petto,

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La discaricaLa discarica come terra del tutto. Dove tutto si può trovare e usare.

Filo spinatoAttraverso una rete si delimita un confine. Si tracciano limiti da non valicare.

Crescere tra i rifiuti Uun bambino su di loro. Estraneo ma intimo con un cumulo disumano.

tuttavia la stragrande maggioranza della roba che riuscivamo a portare via da quel posto non era mai vecchia o usurata o scaduta e poteva essere riutilizzata ancora per qualche tempo. Il cambio della stagione era il momento più propizio per rovistare trai rifiuti alla ricerca di qualche tesoro: era il momento in cui le Creature gettavano via le cose nuove più vecchie per acquistare cose nuove più nuove, il momento in cui più che mai bisognava seguire La Moda. La Moda era il loro unico credo, il loro unico fine. La loro vita era scandita dai suoi precetti, dalle sue condizioni. La Moda era legge. Controllava

ogni cosa, decideva tutto: com’era giusto apparire, cos’era giusto indossare, cos’era giusto ascoltare, leggere, mangiare o amare. Ogni stagione portava, così, con sé una piccola rivoluzione nel mondo delle Creature, che si affannavano nella persecuzione di ideali sempre diversi, sempre nuovi e sempre più distanti da realtà e natura. Frutta e ortaggi venivano ormai prodotti solamente in serra, la fauna marina era stata decimata, gli allevamenti di carne bovina occupavano il posto una volta riservato ai parchi naturali. Ricordo ancora quando, qualche anno fa, era impazzata la moda folle

scosceso e imponente, ci impediva la visuale. Stando bene attenti a non incespicare, intraprendemmo il cammino lungo il sentiero che si dipanava giù per la conca nella quale sorgeva l’immondezzaio. Era stato costruito per far passare i grossi macchinari che trasportavano i rifiuti dalla montagna all’inceneritore, all’altro capo della discarica. Un grosso ratto ci tagliò la strada. Sopra le nostre teste, corvi gracchianti descrivevano cerchi sempre più ampi nel cielo. La discarica era, per noi, la cosa che più si avvicinava al concetto di centro commerciale. Certo, la merce non era impilata in bell’ordine, né si poteva asserire che fosse pulita o attraente o invitante in qualsivoglia maniera,

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La moda Il mondo disumano ed incantato delle Creature persegue la Moda. Nella discarica si trova tutto ciò che può essere ancora una volta riutilizzato. Il mondo elimina e cancella non per utilità ma solo per il piacere di farlo.

di adottare maialini pigmei come animali domestici: se ne poteva incontrare ancora qualcuno, della stazza e del peso di un cinghiale adulto, grufolare affannosamente nei meandri della discarica, alla ricerca di cibo. Erano parecchio aggressivi. Nonostante la grande quantità di articoli che vi si potevano trovare facesse gola a tutti gli abitanti della Baraccopoli, eravamo in pochi ad avventurarci al suo interno. Lì dentro succedevano cose strane, cose inspiegabili. La gente spariva. Il caso più eclatante era stato quello di Sid Manolunga, un

personaggio abbastanza conosciuto nella Baraccopoli poiché, trafficando in rifiuti di contrabbando, si vedeva spesso al mercato nero. Sid Manolunga conosceva la discarica come nessun altro: conosceva ogni tunnel, anfratto o passaggio segreto per accedervi, conosceva quali erano i giorni di scarico, sapeva distinguere la merce rivendibile, sapeva come rovistare nella grossa montagna senza provocare una valanga. Conosceva persino la guardia all’entrata. Una fredda sera di Novembre, Sid Manolunga vi si addentrò insieme al

Il consumismo è interessante perché non è affatto un materialismo, ma una forma di spiritualismo.Consumare, è distruggersi nel consumo.

Fabrice Hadjadjfilosofo e teologo francese

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Nello sporcoUn animale come simbolo di aggressività. Grufolando nei cunicoli bui della discarica. Emblmea di quella atmosfera disumana che sfocia spesso in violenza ed indifferenza.

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cugino Lefty per il solito giro di perlustrazione. Lefty tornò solo alla Baraccopoli. Non seppe spiegare alla madre in lacrime di Sid che fine avesse fatto il suo ragazzo. Lo trovarono sette mesi dopo che vagava, nudo come un verme e disorientato, ai confini della Baraccopoli. Una brutta ferita gli percorreva la schiena, era molto magro e non aveva più i capelli. Sid non parlò mai di quello che gli era successo. In effetti, non parlò mai più. Era come se dal quel taglio nella schiena gli avessero tirato fuori l’anima e l’avessero sostituita con l’imbottitura

che si utilizza per riempire le bambole di pezza e gli animali impagliati. Morì poco dopo, per un’infezione. Saul aveva fatto di tutto per salvarlo. Ci avvicinammo al punto in cui, la volta precedente, avevo trovato i blister. “È qui”, annunciai. Il respiro affannoso, Saul si piegò e cominciò a scavare. Sacha e io lo imitammo. C’era un odore strano nell’aria, un odore chimico, pungente, che pizzicava le narici. Continuammo a scavare. Poco a poco, ogni rumore intorno a noi si spense: lo sciabordio del liquame,

le buste di plastica nel vento, lo zampettio dei ratti, il gracchiare dei corvi. I contorni della discarica divennero più morbidi, meno netti…Sentii pizzicare anche gli occhi. Li chiusi per un attimo, necessario a scacciare quella fastidiosa sensazione. Quando li riaprii pizzicavano ancora. L’odore era sparito. Avevo una luce bianca puntata negli occhi. Non riuscivo a muovermi. L’ultima cosa che percepii prima di perdere conoscenza furono un paio di grosse tenaglie sospese sopra il mio corpo inerme. Non mi trovavo più nella discarica. Continua

La luce bianca - Non riuscivo a muovermi L’ultima cosa che percepii prima di perdere conoscenza furono un paio di grosse tenaglie sospese sopra il mio corpo inerme. Non mi trovavo più nella discarica.

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Una vitaa Colori

GalleriaN.9 | 2 Dicembre 2014

La vita in colori e i colori della vita. Uno scambio vicendevole di nuance e tinte, schizzi di colore e sfumature. Quando la natura sconvolge e le ombre intensificano le profondità dei toni. Dall’Oriente all’Occidente attraverso il linguaggio della luce che si divide nelle sue irridescenze, fotografi d’eccezione mostrano quadri di colori. Una galleria proposta dal portale web di National Geographic.

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I riflessi di una vetrataNella cornice di una arco

a sesto acuto, un bianco puro in femminile nel

damascato antico su cui si distende l’oriente.

(Ph. Roberto Cattani)

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Nel porto del sudest asiatico, luci verdi illuminano il contenitore più trafficato al mondo.(Ph. Justin Guariglia)

Correre, scappare, inseguire. Raggiungere, conquistare, ricercare. Vorticosamente nel miscuglio di tinte pastello. (Ph. Frans Lanting)

Nel fondo degli abissi, dove padroni incontrastati sono gli animali marini, le sfumature

del cielo irrompono improvvise.(Ph. Brian Skerry)

Nuance incontenibili

Container a Singapore

Una luce blu cobalto

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In Nuova Zelanda specie indisturbate attirano l’attenzione di subacquei di tutto il mondo.(Ph. Brian Skerry)

Un vicolo cieco. Lampioni come fari. Come luce in un teatro si apre il sipario della quaotidianità.(Ph. Jim Richardson)

In un girotondo di urla e risate, tra eccitazione e

paura, gialli rossi blu verdi librano eterei nell’aria.

(Ph. Marie Marthe Gagnon)

DEEPPURPLE

SGUARDO MARINO

La giostra della vita

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Nel buio della notte, luci psichedeliche tracciano percorsi incorciati, paralleli, divisi e diversi.(Ph. Jodi Cobb)

Steli e tulipani in attesa della rugiada in una fredda mattina olandese.(Ph. James Blair)

Cristalli di zucchero come vetrate. Catturano la luce da un’angolazione diversa. Per

la meraviglia della vista.(Ph. Victor Boswell)

fogliearancio

LINEE DI COLORE

UNA LUCE CRISTALLIZZATA

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Sulla laguna di Venezia, un villaggio di pescatori. Un viaggio in barca e sei tra piccoli e colorati mondi in miniatura. (Ph. Jim Richardson)

Rosso melograno, verde mela, viola uva, giallo arancio. Quando il sapore colpisce la vista. (Ph. Pete Ryan)

Calci in vista e boa colorati. Sorrisi ammiccanti e

costumi luccicosi. Nel tripudio del glamour.

(Ph. Dean Conger)

corposità del sapore

scatolecolorate

Il can can del Carillon

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Mani che toccano, mani che stringono e si stringono. Mani che tingono e si tingono per una festa indù nella stagione dell’esplosione: la primavera.(Ph. Ratan Sonal)

Parrucche per coprirsi e divertirsi. Colori fluo per sconvolgere, giocare e meravigliare.(Ph. Greg Dale)

Occhi rossi e piedi aran-cioni per mettere in fuga i predatori. L’astuzia in una

simpatica smorfia. (Ph. Angi Nelson)

new yorkcity

colore in polvere

Raganella e fresia rossa

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Incontri di una pendolare Vagone del destino

Scritto da Josy Monaco

La pazienza, più che una virtù, è un talento che si coltiva attraverso le pratiche di vita quotidiana. Fiumane arginate di carrelli pilotati da individui che si trasformano in soldati per difendere il delicato equilibrio della fila alla cassa di un supermercato. Oppure, la gestione dello stress che si accumula negli uffici postali. Si badi bene, non il mio bensì quello delle persone che mi stanno avanti e indietro, quello di chi è persino riuscito a conquistare un posto a sedere e anche quello degli impiegati che pur dovendo

lavorare per qualche mese o poco meno, portano sul volto l’evoluzione di uno stato d’animo: dalla gioia di aver un impiego dignitosamente retribuito, all’ansia di ritornare a cercare grandi occasioni ai mercatini delle pulci. Tale mood, viene sfogato sulle persone pazienti il cui unico obiettivo è spuntare tutte le voci della lista degli impegni settimanali. Non è da meno la fila negli ambulatori. Comune a molti, rara a chi vive di favoritismi. Chi non ha mai provato l’ebbrezza di una confessione con uno sconosciuto?

Una conversazione che nasce con una risposta scortese e finisce con un saluto paragonabile agli addii degli anni ‘20 e ‘30 che si caratterizzavano per fazzoletti colorati che asciugavano le lacrime di madri e mogli consapevoli di non incrociare mai più gli occhi dell’amore. Avrei una mole di file da raccontare. Mi limito a rendervi partecipi di quella che ha sviluppato in me un’ansia catartica. All’inizio della mia relazione con biglietti, orari e sedili condivisi ero molto spaventata. In realtà, sono ancora del parere che

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SguardiChi non ha mai provato l’ebbrezza di una confessione con uno sconosciuto? Una conversazione che nasce con una risposta scortese e termina con gli occhi dell’amore.

L’aria della stazioneBiglietti, orari. sedili. L’attesa di un treno. L’atmosfera della stazione. Snervante.

tutte le stazioni del mondo, si verifica il fenomeno dell’inerzia dei movimenti: se la persona che si trova in vantaggio sulle scale mobili, ad una biglietteria, o su un binario agisce frettolosamente tutti gli altri lo seguiranno automaticamente. Ebbene, oggi tocca a me aprire le danze di teste e colli che si muovono a destra e a sinistra nella speranza di vedere la luce verde che si accompagna a quella gialla e luminosa che sancisce l’arrivo del treno. Non mi piace provocare ansia negli altri. È da ben otto primavere che ho imparato ad apprezzare i doni del tempo che passa in attesa di iniziare un nuovo viaggio. È per questo che ho deciso di

dare un senso alle cuffiette gialle che ho posizionato all’entrata del condotto uditivo: dopo quaranta minuti, non fanno più silenzio. Il folle sulla collina del quale raccontano i Beatles continua la sua avventura. Dedico questo pezzo della storia della musica ad una vecchina piena di buste e pacchi che tiene tra le mani con una forza tale da fare invidia alle giovani donne che si preoccupano di rovinare la costosa manicure realizzata con un fornetto. Il colletto di volpino che adorna il cappotto blu di tessuto bouclè risalta l’anello dorato che porta alla mano sinistra. Non faccio in tempo ad offrirle il mio posto a sedere perché mi segue con la testa rivolta verso

l’attesa di un treno, soprattutto per un lasso prolungato di tempo, costituisca qualcosa di snervante. Questo lo posso testimoniare io che nascondo e custodisco un vassoio di pastarelle nella mia borsa di cuoio alla quale proprio ieri sera, seguendo il consiglio di una sconosciuta incontrata durante la fila in tabaccheria, ho dato una bella pulita con un prodotto impiegato nella pulizia delle superfici di legno. Tenete presente che prima di uscire di casa, ho inebriato i miei capelli spruzzando il seguente composto: una pesca matura, due cucchiai di patchouly, limone e cacao. Ho letto la ricetta su uno di quei magazine gratuiti che distribuiscono le multinazionali erboristiche negli store arredati secondo i dettami dell’arredamento giapponese. Sono un alone che respira e il ritardo del treno sta dando la possibilità agli insetti di corteggiarmi. Sono seduta su una delle panchine di pietra di questa stazione sperduta della periferia di Napoli. Mentre il vento fa viaggiare nelle mie narici il mix di odori che emano, osservo distrattamente le mappe che indicano le destinazioni d’arrivo. Il vociare delle persone confonde i miei pensieri che ruotano intorno all’appuntamento che potrei perdere. Dal mio punto di vista, in

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un miraggio: le rotaie annunciano che il treno sta arrivando. Come un salame di cioccolato arriva accompagnato dallo Small Town Boy dei Bronski Beat. I piedi dei pendolari che si affrettano a raggiungere il vagone sembrano andare a tempo di musica e coreograficamente si accompagnano a quelli di coloro appena giunti in

nascondono una storia. Le porte si chiudono, il capotreno fischia. Il viaggio ha inizio e io incomincio a fantasticare che il mio momento preferito non è lontano: il treno è quasi arrivato a destinazione e se qualcuno scende, di certo, potrò sedermi. La verità è che per arrivare alla fermata di mio interesse, occorre circa mezz’ora. L’occhio nel cielo, l’Eye in The Sky degli Alan Parson Project mi riporta alla realtà dei fatti: il treno non ha fatto sosta alla prima fermata. Ha continuato a proseguire. Quel che mi suscita

stazione. Consapevole che tutto resterà immutato per almeno cinque minuti, mi alzo con calma. Presto attenzione al goloso contenuto della mia borsa e, accompagnata dall’alone di profumi, salgo sul treno e tra una spallata, un colpo di ascella e di aliti che non ricordano rose e violette, riesco a dispormi vicino

disappunto è che nessuno dei passeggeri sembra essersi accorto della cosa. Probabilmente qualcuno comincerà a scendere alla fermata successiva. Placando i battiti cardiaci, continuo il mio gioco preferito: osservo mani, piedi, occhi, teste. Il divertimento si interrompe perché si avvicina a me l’anziana donna alla quale non ho ceduto il posto quando il treno si faceva attendere. Avvicina il suo volto a me come in uno zoom. Pochi centimetri dividono i nostri occhi. Non emette alcun suono, eppure

mi parla: mi dice che sono io che sto conducendo il viaggio. Sta a me decidere dove far arrivare il treno che si fermerà solo quando sarò io a volerlo. É il viaggio del cambiamento. Mentre nei tunnel del suono penetra un pezzo di musica Chill out, da grigio e bianco il vagone assume i toni di un arcobaleno di luci al neon. Fuori il cielo si colora di arancione mentre il sole sembra un piatto di carta dipinto con tempera gialla. I pali ai quali i passeggeri si mantengono hanno le

fattezze di una canna di bambù. Il colletto di volpino della vecchina ora è orchidea radiante. Con sorprendente agilità comincia una lunga corsa lungo il vagone che di tanto in tanto interrompe slittando e sgommando con le scarpe di velluto nero con la suola quasi staccata. Le avrà comprate per pochi euro in un mercatino dell’usato. Questo non ha importanza perché sfoga la sua follia staccando l’unico sedile non occupato lanciandolo Panchine di attesa

una stazione sperduta

Pastarelle - custodite nella mia borsa di cuoio bella pulita.

al finestrino. Non mi è dato di sapere se arriverò o meno in tempo all’appuntamento e pertanto spoglio il mio polso dall’orologio pirate black, il colore preferito dei Punk del 1978. Mi è stato regalato da una parente che nel 1978 ha vissuto a Londra facendo propria la filosofia di vita cantata dai Sex Pistols. É un po’ sua la colpa del mio modo di vedere la vita e dello sguardo perso che assumo quando osservo le persone attraverso i vetri delle finestre dei vagoni ferroviari. Scarpe, ginocchia e volti che dietro la serietà delle labbra chiuse

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per aria. Tutti i pendolari ridono divertiti della cosa. Tornando indietro, slitta davanti a me chiedendomi se io sarei capace di fare quel che mi sta dimostrando. Trova la risposta da sola: è negativa. La paura mi impedisce di guardare oltre. La prendo come una sfida e mi metto in gioco. Vinco l’imbarazzo e provo a staccare l’obliteratrice. Non riesco perché non appena la sfioro assume le sembianze di una fontana dalla quale sgorga panna montata che lentamente crea un fiume bianco nel vagone. Continuando a ripetermi che non ne sono capace, la vecchina stacca un altro sedile. Colpita nell’orgoglio, provo a staccarne uno sul quale è seduto un uomo in giacca e cravatta di peso importante. Di nuovo non riesco: si è trasformato in un rinoceronte. La gente intorno ride, nessuno si spaventa tranne me. Si, ho paura, è la verità. Decido di staccare la musica ma quando porto le mani alle cuffiette mi accorgo che non ci sono più. Sono diventate un’estensione del mio corpo. Al posto delle orecchie ho delle casse stereo di forma circolare. Mentre osservo la vecchina che urla e continua a staccare altri sedili stranamente inoccupati, perdo la capacità di chiederle da dove trova tanta forza. Improvvisamente, il fiume di panna si fa più profondo. Dai finestrini sta entrando acqua. I passeggeri, restano inermi, osservano ma non protestano contro un treno che non ha ancora aperto le porte ad una fermata. L’acqua ha quasi riempito l’intero vagone, eppure la vecchina sembra non perdere la potenza nelle braccia e continua ad urlare senza nemmeno affogare.

Temo che questa sia invece la mia sorte. Realizzo che non arriverò mai al mio appuntamento. Sperando che le cose cambino, provo a staccare un sedile. Mi preparo: pancia in dentro, addome contratto, sento che le vene nelle tempie stanno per scoppiare. L’acqua mi è nemica. Voglio vincere la paura. Mentre sto per farcela, l’arzilla donna salta verso di me cingendomi la vita: mi aiuta a staccare il sedile. Ci riesco. Mi chiede di lanciarlo verso la porta che delimita il vagone dove ci troviamo con quello successivo. Effettuo il lancio : il sedile va dritto verso quel che ho preso di mira. Non si rompe. Ci passa attraverso trasformando la porta nella serratura di una chiave. Comincio a nuotare nel vagone allagato. Il cielo arancione inizia a versare lacrime turchesi. Mi volto, mi guardo intorno: la vecchina è lontana da me. Riesco a sentire la sua voce: mi grida «Indaco è il tuo colore». Agito le braccia e le gambe come una rana tentando di raggiungerla. Ha ripreso a staccare i sedili. La calma degli altri passeggeri mi genera ansia. Il suono della sua voce è così acuto da stimolare il battito cardiaco. Quando sono abbastanza vicina le nostre mani si legano. Guida anche me. Tutte le porte del vagone hanno preso le sembianze di una serratura. L’acqua ci passa attraverso liberando così il vagone. Tira la mia borsa. La apre tirando fuori il vassoio di pastarelle. Eliminando la carta ormai bagnata, le prende una ad una e le lancia sui passeggeri. Sfogliatelle, crostatine e babà si fanno cappelli. Nonostante ciò, restano inermi. La vecchina,

Scale mobiliInerzia dei movimenti.

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accarezza le mani in segno di conforto, porge i suoi calzini come una corona. Scarto la confezione che li contiene, tolgo gli stivali e ci infilo i piedi. Spostandosi come su un tappeto elettronico, mi lascia e si avvicina ad una coppia di passeggeri inermi che con sorpresa reagiscono alla sua vicinanza. Predice loro il futuro e gli lascia una coperta. Si volta e mi sorride. Poi, canticchia una canzone che racconta di lunghe corse per raggiungere il treno mentre i violini continuavano a suonare con i fischi del capostazione. Continuando a cantare, mi chiede di risolvere un indovinello: “Lo cerchi, lo desideri ma non lo riesci ad ottenere. Eppure è sotto i tuoi occhi, a volte moltiplicato. Che cosa sarà mai? Risolvi questo indovinello e il treno si

senza placare né abbassare il tono di voce mi spiega che ognuna delle persone che vedo, rappresenta i tasselli della mia formazione personale che hanno contribuito a generare in me traumi. Ci sediamo su quel che resta dei sedili strappati. Il pavimento è gommoso e sui vetri c’ é una patina di caffè. Riesco ugualmente a vedere la mia immagine riflessa. I piedi mi fanno male. Gli occhi dei pendolari sono puntati su di me. In particolare quelli di un bambino che ha tra le manine un libro dalla copertina color indaco. Provo ad avvicinarmi e gli chiedo se posso sfogliarlo. Punta i suoi occhi nei miei ma non mi da risposta. Riesco a togliere il libro dalle sue mani. Lo sfoglio, le pagine sono bianche. Non ci sono parole, né disegni. Glielo restituisco. La

vecchina mi spiega che non vedo il contenuto perché già lo conosco. L’ho già letto. Tutto è successo quando ho accettato di barattare i miei ricordi con il folle giullare delle calze. Con la leggiadria e l’eleganza di un maggiordomo d’altri tempi, vedo entrare dalla porta a forma di serratura, un uomo con uno smoking a pois rosa: mi propone i suoi calzini speciali. Il volto è disteso, non sembra stanco. Ha i capelli nero corvino, gonfi come quelli di un clown. Illuminato dai raggi verde smeraldo riflessi nei suoi orecchini a forma di campana tubolare, insiste affinché io prenda almeno un paio di calzini. Inizio a desiderare che la super vecchina agisca per me. Così non è. Sembra proprio che devo sbrigarmela da sola. Con un gesto simile a quello di un amico che

Dedica - una vecchina piena di buste della spesa e pacchi.

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ai paletti fatti di canna di bambù e corro slittando come la buffa vecchina. Sul più bello arriva un controllore. Nelle mani ha un’obliteratrice che per l’occasione si è trasformato in una chitarra. Prendo uno dei miei stivali e lo utilizzo come se fosse una tromba. Tutto sembra aumentare in velocità. Gambe e braccia mi tremano. La bocca si apre senza il mio comando. Canto con una voce che non sembra la mia. Dal pavimento cresce una pianta che porta alla vetta non un fiore, bensì uno spartito musicale senza note. Mi concentro e come

per magia creo una nuova melodia. Ricevo applausi e fischi di gradimento. La vecchina si avvicina a me come all’inizio del viaggio: mi dice che dobbiamo tornare indietro. Facciamo il percorso a ritroso e tutti cantano in coro per comunicarmi che ho risolto l’indovinello. Tutto inizia a tremare. I sedili con sopra anche i passeggeri, iniziano a staccarsi uno ad uno mentre un tappeto si srotola lungo tutto il vagone diramandosi a destra e a sinistra verso le porte d’uscita. Il cielo riprende il suo colore azzurro, i pali di canna di bambù tornano ad

fermerà alla tua destinazione. “Priva ormai della capacità di stupirmi, partecipo al gioco. Voglio comunicarlo a quel buffo individuo ma è vicino alla porta che si apre offrendogli delle scale. Poi si chiude e ritorna ad assumere la forma di una serratura. Mi accorgo che la vecchina sta costruendo qualcosa con i sedili che ha staccato. Li sta unendo e nel frattempo ha infilato dei calzini colorati come dei guanti. Tocca l’accumulo di sedili che prendono le sembianze di un pianoforte. Inizia a suonare le note di una melodia inedita allietando così l’intero vagone. I passeggeri si alzano unendosi in un lento. A me si avvicina un un ragazzo ben vestito: occhiali rossi, abito elegante, ventiquattr’ore e personal computer. Sedutosi accanto a me scrive mentre batte i piedi sul pavimento. Luci colorate rallegrano l’atmosfera, provengono dalle mappe di destinazione poste sopra le porte. Qualcuno si lancia allegramente sul pavimento gommoso dal sapore di panna. Abbandono il mio nuovo compagno di viaggio e comincio a vagare come se fossi su un tapis roulant che mi guida. Guardandomi intorno mi accorgo che tutti ai piedi hanno i calzini del folle giullare delle calze. C’è anche chi li estrae da un cestino di paglia come se fossero i fiori da distribuire in una cerimonia. La soluzione all’indovinello è l’unica cosa che non vedo. Così, decido di unirmi alla mischia e comincio a divertirmi. Batto le mani, saltello qui e la, giro intorno

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La corsa - verso il vagone che sembra andare a tempo di musica.

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essere di ferro. Lentamente tutto torna alla normalità. Sono sola in quel vagone. Il treno comincia a fermarsi stazione dopo stazione. Metto le mani in tasca: cerco l’orologio. Sono curiosa di sapere che ora è. Le luci nel vagone si spengono. È buio. L’unica luce che scorgo è quella dei raggi del sole che provano ad entrare

mano una busta dalla quale tira fuori mele rosse che rotolano sul pavimento gommoso. Saranno all’incirca più di un centinaio di mele. Lentamente i passeggeri si mettono in fila davanti a lei ballando la samba e schioccando le dita sul percorso tracciato dai frutti del peccato. Sento dentro di me una musica che parte. Mi volto e vedo un’altra fila di passeggeri. Come in una catena di montaggio, ognuno coreograficamente si passa i miei dolci. Il penultimo della fila li poggia uno ad uno sul capo

tunnel dopo tunnel. Le porte hanno ancora le sembianze di una serratura gigante. Le oltrepasso. Mi accorgo che ci sono delle persone. Sono statue di gesso dallo sguardo amorfo e senza vita. Sono l’unica alla quale batte il cuore. Non c’è più nessuno. Nemmeno il mondo c’è. Ci sono soltanto io. È la resa dei conti finale.

prima di riporli nel vassoio di cartone che non è più bagnato. Quando l’ultimo pasticcino ha concluso la coreografia, tutti i passeggeri si uniscono in un trenino di festa che si muove lungo tutto il vagone. Avanzano verso di me. È il mio pensiero che li dirige. Passato e presente stanno per scontrarsi. Io al centro. Hanno il potere schiacciarmi. A me la scelta. Urlo e tutto si ferma. Le porte del treno si aprono. Mi volto. Non c’è più nessuno. Le due file sono sparite. Intravedo il nome di una stazione: la vecchina

scende. Mi affaccio di nuovo al finestrino: il treno è, di nuovo, il freddo prodotto di un progetto ferroviario. Il mio volto è riflesso nel vetro: un paio di orecchini di perla adornano i miei lobi insieme alle cuffiette. Una nuova fermata: il bambino con il libro indaco, mano nella mano con la sua mamma, scende. Ci vuole ancora un po’ affinché giunga anche il mio turno. Edifici, campi di grano, laghi e strade sembrano scarabocchi di velocità fino

a quando non assumono l’aspetto che tutti conosciamo quando anche il folle giullare delle calze conclude il suo viaggio. Una mela che rotola sul pavimento accompagna la mia attesa. I suoni dell’Africa annunciano la mia destinazione. Le porte impiegano qualche minuto per aprirsi. Si fondono e si trasformano di nuovo in una grande serratura fino ad aprirsi. Mi diramano qualche scalino che solco quasi con dispiacere. Non ho più paura. Surreale - tutto si

trasforma all’interno.

Porte - il capotreno fischia e il viaggio ha subito inizio.

Guardo fuori. Il treno è in una galleria. C’è pietra intorno e non c’è via d’uscita. Mi guardo intorno. Mi volto. Dietro di me tutto è in miniatura. Mi spavento e inizio ad andare veloce. Vedo una luce provenire dall’ esterno. Non mi sembra il sole. Mi affaccio al finestrino. Il treno sta prendendo colore, si sta velocemente vestendo di toni psichedelici, quasi sembra virtuale. Le persone sono tornate vive. Improvvisamente si alzano tutti. Odo in lontananza applausi e fischi. Al centro trovo la vecchina con in

Page 74: Impatto Magazine: Gli indici statistici // N. #9 // 2 dicembre 2014

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Chi di voi vorrà fare il giornalista, si ricordi di scegliere il proprio padrone: il lettore!

Indro Montanelli

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stanco della vecchia

EDITORIA?!MPATTO MAG si apre al mercato digitale dei device mobili.