Impatto Magazine: Dubbi su Spotify // N. #8 // 25 novembre 2014

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h, benedetta burocrazia! Quante volte ci siamo arrovellati tra scadenze, ultimi minuti, linguaggi incomprensibili?

Perché quando ci troviamo a pensare al cosiddetto potere d’ufficio ci vengono in mente i nostri corpi sepolti sotto una montagna di carta e “nero su bianco”? Imbustati in foderine trasparenti e attaccati a sangue come protocolli da una spillatrice. Domande in carta semplice che semplice non è mai, carte intestate, timbri e contro-timbri, bolli e firme che ci provocano tachicardie e bile, impiegati col dito puntato che paiono dirci “sei arrivato tardi” o al massimo “beh, sei arrivato in tempo, ma di queste carte non c’hai capito niente”. Una lingua a parte, distante dall’uso comune, documenti e formule di saluto che mai ci sogneremmo di utilizzare nel linguaggio vivo: signorie vostre e generalità declinate come casi latini, arcaismi e latinismi da far impazzire i più grandi cultori dell’antichità. Ghirigori giuridici da rendere l’Azzeccagarbugli manzoniano un facilitatore della comunicazione. Il nostro Italo Calvino in un geniale articolo del 1965 coniò il termine “antilingua” e ci raccontò come un fatto banale potesse essere raccontato in un linguaggio comune e come, lo stesso “fattarello”, l’avrebbe verbalizzato un agente di polizia, aggiungendo elementi innecessari

e ridondanti, tutt’altro che chiarificatori. Sono passati quasi 50 anni da quell’articolo, eppure, la situazione, non pare essere migliorata. Nel frattempo, negli ultimi anni, varie amministrazioni si sono riempite la bocca con termini come “sburocratizzazione”, “semplificazione degli atti” e “procedure online”, vantando “geniali” legende esplicative in cui, punto per punto, si riescono a confondere ulteriormente le idee del malcapitato “richiedente”, qualora fosse stato possibile.Chi controlla i controllori? Chi stabilisce il limite tra uso ed abuso di questo potere d’ufficio? Per quanto il cittadino deve sentirsi ignorante di fronte a un’istituzione che probabilmente ignorante lo è davvero ma si fa scudo dietro i paroloni obsoleti che utilizza in maniera meccanica dal I secolo dopo Cristo? Senza generalizzare oltremodo, sono troppi i funzionari che non funzionano ed eccessive le parole che non parlano. La “buona scuola” del domani dovrà inserire tra le sue materie lo studio della lingua burocratese oppure insegnerà ai funzionari del domani a non abusare della nobile ars dicendi? Non volendo disconoscere a codesto ufficio il diritto di non ingerenza, viene tuttavia fatta richiesta che siano comunicati gli esiti della Commissione. Post scriptum: fateci sapere!

Usi ed Abusidel burocratese

Il potere d’ufficio come una valanga di carta e inchiosto. Bisogna insegnare la non-lingua ai funzionari del domani?

A

EmanuelaGuarnieri

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EditorialeN.8 | 25 Novembre 2014

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l mese di novembre si sta caratterizzando sempre più come il momento di passaggio di mano dal pubblico al privato per tante

attività e senza distinzioni territoriali; sono, difatti, tante le operazioni in corso che porteranno alla cessione di attività detenute dagli enti statali ai privati, il cui intervento è ormai una necessità inderogabile per le casse pubbliche.Partendo dal caso che ha fatto più “rumore” negli ultimi giorni, lo stato francese ha deciso che cederà parte delle sue partecipazioni nel settore dell’energia entro la fine del 2015 per favorire il miglioramento delle performance economico-ambientali e una parziale copertura del debito accumulato. Le prime cessioni riguarderanno le strutture negli aeroporti di Tolosa e Parigi; tra i potenziali acquirenti si vocifera che ci siano degli operatori cinesi, soprattutto per la struttura di Tolosa.Più netta la condizione espressa dal governo portoghese, che si appresta a cedere la totalità delle quote della compagnia aerea di bandiera entro il prossimo settembre; particolarmente preoccupante è stata un’affermazione del Ministro dell’Economia portoghese, secondo cui “l’unico criterio che conta è l’ammontare dell’offerta”, a testimonianza della finalità di copertura della posizione debitoria. Tra gli acquirenti figurano alcuni

investitori di Spagna e Brasile, i due paesi con il maggior numero di rapporti commerciali via aerea con il Portogallo.Anche in Italia la condizione sembra simile e ancora una volta il settore aeroportuale è al centro di un’operazione di ristrutturazione del bilancio, dato che la privatizzazione dell’Enav è sempre più vicina, seppur limitatamente al 49% delle quote in portafoglio. L’introito atteso si aggira intorno al miliardo di Euro e l’operazione è vicina alla conferma, benché i risultati dell’ultimo esercizio siano stati estremamente positivi.In direzione del tutto inversa va, invece, la Germania, dove alcune municipalità hanno deliberato circa l’acquisizione di alcune aziende private impegnate nell’erogazione di pubblici servizi, dopo che, un quinquennio fa, l’operazione era avvenuta a parti invertite. La spinta della cittadinanza è stata decisiva, viste le proteste legate alla riduzione della qualità dei servizi, accompagnata dall’impennata dei costi. Cosa accadrà tra un quinquennio in Francia, Portogallo, Italia e negli altri paesi che stanno privatizzando le aziende pubbliche? Le attuali condizioni delle finanze statali sembrano far intravedere l’impossibilità di una riacquisizione, mentre resta la speranza che i sacrifici attuali possano servire a salvaguardare quanto ancora nelle mani dei governi centrali.

In Europa novembre si sta caratterizzando come il mese delle privatizzazioni. E l’Italia lavora per il passaggio di Enav.

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MarcoTregua

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Adesso chiedol’aiuto del privato

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GraficaEnnio GrillettoVittoria Fiorito

Edito da Gruppo Editoriale ImpattoIT [email protected] CoordinamentoPulseoIT 07369271213 [email protected]

Testata Registrata presso il tribunale di Napoli con decreto presidenziale numero 22 del 2 Aprile 2014.

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Un breve viaggio nel famoso romanzo di Richard Bach. Un romanzo filosofico che ha segnato una intera generazione.

Due più Due. Il gabbiano Jonathan Livingston.

Un romanzo di Matteo Motterlini spiega le interazioni socioeconomiche attravero i Peanuts di Schulz.

La psicoeconomia per Charlie Brown.

10Scatti inAcqua

NaturaDomani

Una galleria fotografica sugli attimi all’interno dell’oro blu.

Le recenti alluvioni in Italia ripropongono il tema del rapporto tra progresso e impatto ambientale.

Tre luoghi di assoluta magia architettonicaTre meraviglie italiane che affascinano il mondo.

Il RadicchioL’oro rosso del Veneto completa le tavole italiane.

Storie all’internodi baracche: PlasticAvventure noir in un futuro che non riconosce l’umanità.

Finalmente ti ho TrovataCronaca di un omicidio firmato Jack the Ripper

Il principe Pasta FrollaLa fantastica leggenda del bacio avvelenato.

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SommarioN.8 | 25 Novembre 2014

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Che guaio

SpotifyTaylor Swift si scaglia contro Spotify

e rimuove tutti i propri album dalla piattaforma di streaming musicale. Intanto i musicisti chiedono al CEO Ek maggiore equità di trattamento.

23.

30. 31. 45.

La lotta delle Femen continua a suon di blasfemia. Intanto Papa Francesco presenzia all’UE da politico o da religioso?

God is not a magician.Pope is not a politician.

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Quando l’isola non è solo un elemento geografico. Simbolismo dei lembi di terra in mezzo al mare nella cultura moderna.

Quando l’isola non è solo un elemento geografico.

Qualcosa in grado di trafiggere l’ora, sempre la stessa, della noia adolescenziale. Fare mattino è una questione morale.

Cesare Pavese: il diavolo sulle colline torinesi.

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Psicoeconomiae Charlie BrownUn romanzo di Matteo Motterlini spiega le interazioni socioeconomiche attravero i Peanuts. Il passaggio dall’approccio istituzionalista all’approccio comportamentale.

Redatto daGiorgia Mangiapia

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Cosa accade se un economista unisce la razionalità scientifica alla psicologia, la metodologia scientifica alla sociologia? Nasce un nuovo ambito di studio, nuova teoria e pratica definita del nudge, la spinta felice, che risulta ormai aver acquisito un’importanza non ai margini nel migliorare le nostre decisioni, il comportamento sociale e la convivenza. Matteo Motterlini e la sua “Psicoenomia di Charlie Brown” si concentrano su vari aspetti della cognizione umana, partendo dal linguaggio per tener conto del rapporto tra la mente e il cervello, dell’economia comportamentale, delle neuroscienze cognitive e della decisione ponendo particolare attenzione all’indagine sperimentale multidisciplinare e alle ricadute pratiche applicative. Sin pensi al delpolicy making – il principio di precauzione che prevede il dar via libera

ad un’innovazione solo dopo aver stabilito forme decisionali trasparenti che prevedano il coinvolgimento dei cittadini– e all’evidence–based policy – il termine evidence richiama e rimanda all’idea di validazione empirica e di prova scientifica e comporta l’uso di metodi, inizialmente nell’ambito medico che poi hanno visto un’estensione dei loro approcci in vari ambiti di azione, destinati a creare degli stati dell’arte sintetici per l’azione, elaborati per rispondere a questioni pratiche specifiche secondo criteri espliciti e su meta-analisi quantitative a cui seguano valutazioni della qualità delle conoscenze disponibili e una riflessione sul loro carattere, sulle prove che le corroborano e sui principi di gerarchizzazione delle prove stesse per poter realizzare dei metodi per orientarsi nella letteratura scientifica. Risulta chiaro come le conoscenze scientifiche non

Charlie - Capace di infinita determinazione e testardaggine è in realtà dominato dalle sue ansie e manchevolezze, nonché dai suoi compagni.

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Lucy - detiene il chiosco psichiatrico, dove Lucy dispensa, per cinque centesimi, consigli spesso inutili agli altri personaggi.

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possano rimanere relegate nel proprio ambito ma entrino nell’elaborazione delle politiche pubbliche invitando ad una riflessione di fondo sul modo in cui possono essere prodotte, valutate e rese accessibili delle conoscenze e delle meta-conoscenze affidabili per l’aiuto alle decisioni. Bisogna quindi prendere in considerazione un campo di studi multidisciplinare sviluppatosi all’interno della scienza politica e contaminato da altre scienze e discipline come la sociologia, la statistica e l’economia. Il focus

dell’analisi cambia: spostato dal potere e dalle istituzioni allo studio dei comportamenti dei soggetti operanti nell’arena pubblica.Dall’approccio istituzionalista a quello comportamentale. Quindi viene a crearsi un lavoro di ricerca che ha come unità d’ analisi il problema collettivo nei confronti del quale le autorità pubbliche stabiliscono di operare ed agire per poter fare o non fare qualcosa con l’uso di metodi scelti che possono variare, induttivi o deduttivi, e con finalità descrittive o prescrittive. È in quest’ambito che si muove il

filosofo e neuroeconomista italiano Motterlini che parte dal presupposto che le varie metodologie vadano confrontate con la storia della scienza in quanto i canoni della logica della scoperta non sono fissati una volta per sempre ma mutano nel tempo anche se con ritmi non necessariamente uguali a quelli delle teorie scientifiche. Focalizzando i suoi studi su questioni di metodologia dell’economia attraverso una prospettiva interdisciplinare – in cui s’intrecciano la riflessione epistemologica, delle scienze cognitive e dell’economia

Schroeder - È un bambino che ama suonare il suo pianoforte giocattoloed ha una profonda venerazione per Beethoven, di cui ne festeggia la nascita. È anche oggetto dell’amore non corrisposto di Lucy.

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sperimentale con la teoria della scelta e della decisione individuale in condizioni d’incertezza – Motterlini analizza “lo status delle assunzioni della teoria della scelta razionale, valutando l’impatto delle violazioni comportamentali sistematiche alle restrizioni assiomatiche imposte dai modelli normativi di razionalità”. Nel suo studio assumono valore le ragioni epistemologiche per la composizione della frattura economia e psicologia cognitiva nell’ambito della teoria della decisione e suggeriscono di guardare ai risultati recenti dell’economia cognitiva in prospettiva di una nuova prospettiva quasi razionale in cui si possano rafforzare le previsioni del comportamento economico degli esseri umani con i modelli neoclassici. E così nasce la sua psicoeconomia di Charlie Brown: “Siamo casi da fumetto e non casi da manuale? Non c’è niente di male. Anzi è un presupposto che apre a strategie utili e ad applicazioni sorprendenti. La psicoeconomia di Charlie Brown non è uno schema filosofico,

Da un lato - Charles M. Schulz, creatore dei Peanuts.

Dall’altro - Matteo Monterlini, filosofo in materia socioeconomica.

né tantomeno una coperta di Linus, afferrata per confortare lo specialista in un mondo che tanto non funziona e mai funzionerà. È una proposta di un approccio concreto per cambiare in meglio i comportamenti che influenzano il benessere di tutti. Consigli pratici come quelli di Lucy: “Psychiatric help: 5 cent”. Tutto questo ha un fascino meno irresistibile dell’economia esatta? Può darsi. Ma, giunti a questo punto, basta che funzioni”. Le ricerche di Motterlini indagano le basi neurobiologiche della razionalità umana attraverso lo studio dei correlati neurali, ovvero la rete o circuito di neuroni biologici, dei processi decisionali nei contesti economico-finanziari ponendo particolare attenzione al ruolo svolto dalle emozioni, dal rimpianto e dall’apprendimento sociale. Allo stesso tempo analizza, progetta e sperimenta i modi in cui i risultati dell’economia comportamentale e della neuroeconomia possono realizzare e informare politiche pubbliche più efficaci e basate sull’evidenza. In

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un’intervista, afferma: “Anche in un campo che si vorrebbe razionale come la nostra azione economica, tendiamo a cadere nelle più disparate trappole mentali. Ci piace pensare di essere freddi e calcolatori, capaci di soppesare vantaggi e probabilità. Invece siamo un po’ tutti come Peanuts: ci lasciamo trasportare dalla collera come Lucy, bloccare dall’indecisione come Linus, ingannare dall’egocentrismo come Snoopy o dominare dall’insicurezza e dalla paura come Charlie Brown sulla pedana del lanciatore nel campo di baseball, sballottato tra pensieri troppo negativi o illusioni inutilmente rosee. Contrariamente a quanto siamo portati a credere, le decisioni economiche che prendiamo ogni giorno non riguardano solo il denaro. Sono dettate anche da motivi immateriali, ma non per questo meno influenti e concreti, come evitare le perdite e i rimpianti.” C’è un coinvolgimento della paura, della rabbia e frustrazione, dell’invidia e dell’orgoglio, dell’onore e dell’ingiustizia e della mancanza di ottimismo e di fiducia.

Mancanza di ottimismo e di fiducia sono lo specchio della nostra società - È per questo che si sente il bisogno di ricondurre al mondo reale i modelli economici dei manuali, secondo Motterlini, su cui sono state costruite

le fondamenta di un sistema di vita, lavoro e commercio che sta crollando. Si avverte sempre più l’esigenza di trovare nuovi strumenti per risolvere problemi anziché complicarli. Se finora i Governi hanno elaborato ideologie e luoghi comuni, ora si deve cominciare a verificare l’efficacia di quello che ci presume per poter usare la nostra “irrazionalità” per il nostro bene. Un esempio dell’effetto della pressione sociale sui comportamenti ecosostenibili è presente in uno studio fatto: sul sito di Opower, startup che offre servizi per ridurre i consumi energetici, il risparmio ottenuto dal 2007 ad oggi a circa la metà del prodotto dell’industria americana dell’energia solare, ovvero quello che serve per alimentare una città con 850mila abitanti per un anno intero. In questa maniera salgono a 340 milioni di euro i soldi risparmiati dai consumatori in bolletta. Oltre 3 milioni di tonnellate di Co2 in meno e il car sharing si stima abbia permesso di evitare 750mila tonnellate di anidride carbonica dalla sua introduzione. Ora Opower ha ottenuto un risultato 4 volte maggiore. In che maniera è riuscito nell’intento? Ha aggiunto alla bolletta il consumo energetico dell’abitazione del cliente confrontato con quello medio del quartiere. il semplice fatto di aver fornito alla persone una comparazione dei propri

My dear FriendCharlie Brown ha un “amico di penna”, cui scrive lettere mai corrisposte, anche perché si è spesso dimenticato di metterci il francobollo, con ortografia errata e macchie d’inchiostro.

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consumi rispetto a quelli dei vicini ha consentito di aumentare i risparmi energetici in media tra il 2 e il 6%. Ecco come si possono cambiare e migliorare efficacemente le situazioni se si fa leva sulla volontà. Sempre Motterlini pone l’esempio della Nandahome, una società che produce sveglie per così dire “intelligenti”, in quanto fanno leva sulla forza di volontà intervenendo su un punto cruciale: la differenza tra svegliarsi e alzarsi. Intenzione e azione. “la sera puntiamo la sveglia per il mattino, ma quando arriva

quel fatidico momento il 40% di noi ricorre più volte al bottone dello snooze, la funzione per cui la sveglia ci consente altri cinque minuti di sonno prima di suonare ancora, e poi altri cinque e altri cinque ancora. Come tutte le sere, siamo certi che la mattina dopo saremo in piedi puntuali. Ma, comen tutte le mattine, siamo ancora a letto. Clocky – è questo il nome della sveglia intelligente – non ce lo lascia fare. Clocky ci conosce bene, sa esattamente quando intenzione e azione non si incontrano, e puntuale come una sveglia, è quello

che è, quando arriva l’ora non solo suona, ma salta dal comodino e inizia a correre per la stanza sulle due ruote si cui è accessoriata. […]. Una spinta gentile e un po’ odiosa che aiuta a tener fede ai nostri impegni.” Se ne deduce che lo scarto tra ciò che si pianifica di fare e ciò che effettivamente si fa è uno dei maggiori sprechi di tempo, di soldi, di energie della nostra vita. come i personaggi di Peanuts si deve far leva sui processi cognitivi e verificare la validità delle intuizioni teoriche nel mondo reale. Passando così dall’intenzione all’azione.

Woodstock Si tratta dell’unico personaggio principale che parla (o pensa) senza utilizzare le lettere dell’alfabeto latino.

Linus van PeltBenché molto giovane, Linus è molto saggio (ma a volte spiccatamente ingenuo) ed è, con le sue frequenti citazioni delle Sacre Scritture, di fatto il filosofo ed il teologo della striscia.

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progresso e

sviluppo

il futuro della

natura

“Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d’acqua e l’acqua è traboccata sulla tovaglia. Tutto qui. Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri e il sasso era grande come una montagna e di sotto, sulla tovaglia, stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi. Non è che si sia rotto il bicchiere quindi non si può [...] dare della bestia a chi l’ha costruito. Il bicchiere era fatto a regola d’arte, testimonianza della tenacia, del talento, e del coraggio umano. “

“Ecco la valle della sciagura: fango, silenzio, solitudine e capire subito che tutto ciò è definitivo;

più niente da fare o da dire. Cinque paesi, migliaia di persone, ieri c’erano, oggi sono terra e nessuno ha colpa; nessuno poteva prevedere. In tempi atomici si potrebbe dire che questa è una sciagura pulita, gli uomini non ci hanno messo le mani: tutto è stato fatto dalla natura che non è buona e non è cattiva, ma indifferente. E ci vogliono queste sciagure per capirlo! Non uno di noi moscerini vivo, se davvero la natura si decidesse a muovere guerra...”

Così scrivevano rispettivamente Dino Buzzati e Giorgio Bocca all’indomani della tragedia del Vajont,

Redatto daValerio Varchetta

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AttualitàN.8 | 25 Novembre 2014

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dopo la gigantesca ondata che distrusse ciò che trovò sul suo cammino in quella valle tra le montagne al confine tra Veneto e Friuli. Uno solo il denominatore comune: sciagura, disgrazia, imprevedibilità, un capriccio della natura cattiva o al più indifferente, per usare le parole di Bocca, costato la vita a quasi 2000 persone. Oggi, dopo varie inchieste, sappiamo che non fu così, che aveva ragione chi accusava già prima del fatto i costruttori della diga di aver realizzato l’impresa lì dove non si poteva, perché l’impianto poggiava su una montagna che presentava una gigantesca frana che si trovava lì da migliaia di anni, e che forse avrebbe continuato a stare ferma se non si fosse andati a sollecitarla con l’acqua di un lago artificiale.

Una lezione non ancora imparata - Questa è stata forse la prima grande lezione che la natura ha inflitto in Italia all’uomo che pensava che il progresso tecnologico e il guadagno potessero fare a meno del rispetto dell’ambiente

Si invoca sempre meno il “progresso” e sempre più il “cambiamento”, e quel che si adduce per illustrarne i vantaggi sono soltanto i sintomi molteplici di una catastrofe senza uguali.

Emil Cioran L’inconveniente

di essere nati

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Giovani genovesi De Andrè cantava Dolcenera con i suoi spilli fittpi di acqua che penetravano tra i tetti, nelle case, sulla carne della gente e spingevano ad alzarsi, a muoversi per un sostegno reciproco colmo di umanità. Tutte le foto sono di Marco Bertorello/AFP/Getty Images.

Angeli del fangoTra calcinacci, abiti luridi e pelle sporca, corpi bagnati, la solidarietà riscalda dove la spietatezza dell’acqua ha colpito lasciando il gelo. Dove l’indifferente incompetenza delle istituzioni si è fermata solo a guardare.

terreno e delle campagne ha reso tutto più vulnerabile, più difficile il drenaggio delle acque dei torrenti che spesso vengono convogliate nelle fognature, senza però che questo sia sufficiente quando le piogge sono più copiose.L’alluvione di Genova e i danni subiti da Milano non sono purtroppo una novità in Italia, che da tempo si trova a dover fronteggiare emergenze di questo tipo, senza che vengano però prese misure strutturali o che ci sia un vero e proprio cambio di mentalità.

Infatti, non solo non vengono attuate le misure necessarie per una vera e propria messa in sicurezza (espressione con cui ci si riempie la bocca, magari senza sapere cosa realmente sia) che comporterebbe un rafforzamento degli argini con un’adeguata manutenzione, ma si continua a costruire e a togliere lo spazio naturale ai corsi d’acqua senza badare all’impatto che ciò potrebbe avere.

Il clima cambia, e noi? Una volta era Marzo il mese che nella cultura

circostante, ma a quanto pare i fatti di questi ultimi tempi dimostrano come la lezione non sia stata compresa fino in fondo. Diverse città del Nord Italia messe in ginocchio dal maltempo, da torrenti che esondano e riempiono di acqua e fango le strade, mietendo a volte delle vittime. Non si può più invocare la disgrazia se fiumiciattoli che a stento compaiono sulle cartine creano questi danni: l’urbanizzazione selvaggia, l’avanzamento della città e dell’asfalto a scapito del

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La divina provvidenza provoca catastrofi affinché i contemporanei più intelligenti scrivano stupidaggini.

Nicolás Dávila

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In foto - Scendere per strada per smuovere i resti ma soprattutto le coscienze.

In foto - Quando dalla stanchezza fisica si trae gioia morale. Le giovani di Genova, gli Angeli del Fango e i loro sorrisi.

popolare era considerato pazzo, ora invece l’intero ciclo delle stagioni non sembra più corrispondere a quello a cui siamo abituati, con estati e inverni molto più lunghi del normale. Le conseguenze non saranno probabilmente quelle apocalittiche descritte in diversi film come “The day after tomorrow”, ma già adesso si possono notare ingenti danni, soprattutto all’agricoltura. L’aumento delle temperature, infatti, e la conseguente diminuzione delle piogge in molte zone, rischia di portare a conseguenze importanti, sia dal punto di vista nutritivo,

vista lo scarseggiare delle colture, sia da quello economico, con variazioni importanti del rapporto tra domanda e offerta, con danni ingenti per le comunità che vivono soprattutto del lavoro della terra. Non solo: l’alterazione del clima può causare una maggiore proliferazione di parassiti e di erbe infestanti, con danni a lungo termine sulla catena alimentare. Questo è avvenuto soprattutto per l’emissione incontrollata di CO2 e CFC nell’atmosfera, che ha fatto sì che avanzassero le aree desertiche in seguito a un surriscaldamento globale.

Con l’Europa non si afferma un’idea di pace, ma di guerra: paesi l’un contro l’altro armati.

“Forse le alluvioni ci insegnano che gli errori dell’uomo sono i migliori insegnanti, vanno ascoltati con quell’impegno che poi porta all’azione.

Stephen Littleword

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Un’altra conseguenza importante è stato il verificarsi di fenomeni temporaleschi gravi, tipici delle aree tropicali, anche in zone del mondo dove questi fenomeni non erano diffusi e dove si era impreparati a fronteggiarli.

Natura cattiva? - Il discorso, che può sembrare leopardiano, potrebbe far pensare a una natura che ha deciso di muovere guerra all’umanità, come disse Bocca all’indomani del Vajont; la verità è però che la natura sta solo reagendo alle sollecitazioni

che l’uomo le sta inviando, è più che una madre una sorella che si difende da chi le vuole male con i mezzi che ha, che cerca anche di mandare segnali a chi, in nome del profitto, pensa di poterne disporre a proprio piacimento, di poterla distruggere e modificare, come è avvenuto al Vajont, come è avvenuto nell’Asia centrale con il Lago d’Aral, al confine tra Uzbekistan e Kazakistan. Quello che era uno dei più grandi laghi del mondo, infatti, ora quasi non esiste più, completamente prosciugato artificialmente da un’opera

del governo sovietico che ha utilizzato per scopi agricoli l’acqua dei due immissari del lago, che così non ha più potuto compensare la perdita d’acqua dovuta all’evaporazione.Le recenti alluvioni e i continui cambiamenti climatici mostrano come non sia più possibile procedere indiscriminatamente con l’evoluzione tecnologica senza tenere conto dell’impatto ambientale, perché la Terra in cui viviamo è una sola e non è detto che non si raggiunga un punto di non ritorno.

In foto - Dal fango prende forma la forza di ricominciare di nuovo, di non annegare tragicamente nella disperazione. Dopo la catastrofe bisogna ristabilire l’ordine in un caos dove in cui non ci si riconosce più.

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EconomiaN.8 | 25 Novembre 2014

Una bomba su

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sul servizio streaming. Una dicotomia di impostazione filosofica che si riduce nel chiedersi se il pacchetto gratuito, supportato dalle pubblicità, abbia lo stesso valore del pacchetto con abbonamento “premium”, che elimina completamente qualsiasi forma di promozione commerciale.“Secondo me, gli utenti con l’account premium sono quelli che sul serio comprano i dischi, pagando la loro somma mensile”, ha sentenziato Jonathan Dickins, manager della nota cantante britannica Adele, al Web Summit di questo mese. “Personalmente credo che per superare il problema del pacchetto indifferenziato sia per abbonati che per utenti free, senza compiere gesti estremi come quello fatto da Taylor Switf, si potrebbe rendere disponibile una serie di prodotti, in via esclusiva e per un arco temporale ben definito, prima sull’account premium, e solo alla scadenza distribuirlo anche per la versione gratuita. Ma ad oggi questo sistema non è consentito da Spotify.”Dickins ha poi affermato di credere che lo streaming sia il futuro, indipendentemente dalle preferente del grande pubblico, ma allo stesso tempo ha dichiarato che Spotify ha bisogno di nuovi meccanismi di funzionamento, specialmente per quanto concerne la retribuzione economica. “Spotify funzionerà solo se ci saranno abbastanza persone disposte a sborsare del denaro”.

L’urlo della Swift che terrorizza l’occidente - Ma perché la diatriba con Taylor Swift è una questione davvero spinosa per Spotify? Il portale svedese creato da Daniel Ek è utilizzato da molti artisti di fama internazione come Coldplay, Beyoncé e la stessa

Una bomba su

Redatto da Dario Rondanini

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Dopo oltre un decennio di vendite in completo declino, l’industria della musica ha cambiato la propria strategia commerciale investendo in servizi di streaming audio come Spotity. Ma davvero questi ultimi possono offrire una strada lineare verso il ritorno alla crescita delle vendite nel breve futuro? Purtroppo, non tutti i musicisti si ritengono favorevoli a questo tipo di innovazione distributiva e la fila degli obbiettori sta divenendo sempre più lunga e rumorosa. Da Thom York che non teme nel definire Spotify “l’ultimo, disperato peto di un corpo morente” a Taylor Swift che rimuove tutti i suoi album dalla applicazione. La serie di artisti di spicco che iniziano ad interrogarsi

sulla legittimità del servizio è ormai vistosa e non può essere ignorata dalle analisi di mercato. Infatti, la rimozione degli album operata dalla Swift ha generato un nuovo dibattito

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loro manager, condividono questa presa di posizione. “C’è molta confusione attorno a questa scelta di Taylor. Indubbiamente Spotify è un ottimo servizio, ma così come è ottimizzato per l’utenza, deve puntare a diventare anche un partner migliore per le case discografiche”.

Le ragioni di Ek e i numeri straordinari di Spotify - Ed è attorno a questo folto intrecciarsi di considerazioni che il dibattito sullo streaming musicale si è alimentato così

tanto fino a spostare il punto focale della questione dalle contestazioni sull’ideologia anti – streaming della Swift al quesito se Spotify debba essere più flessibile riguardo ai timori di taluni artisti, i quali vorrebbero la loro musica disponibile solo per gli utenti premium. A difesa della libertà gestionale della piattaforma, è intervenuto il CEO dell’azienda Daniel Ek, il quale ha dichiarato che con 50 milioni di utenti attivi, di cui 12 milioni e mezzo di utenti premium e due miliardi

Adele, i quali pianificando una messa in vetrina dei loro album, impedendone temporaneamente lo streaming, massimizzano – per un paio di mesi - i profitti sulle vendite dei dischi e sui download nelle piattaforme di selling e non di sharing.Rimuovendo tutti i suoi album dal catalogo, la Swift ha fatto sorgere un nuovo quesito, ossia se gli album debbano essere resi disponibili senza limitazioni di sorta sia agli utenti premium che ai non pagati, su tutti i servizi di streaming simili a Spotify. Infatti, non cambiando termine di paragone, la musica di Taylor Swift, dopo l’esodo della piattaforma svedese, è rimasta comunque disponibile, su Rdio, Napster e Beats Music (quest’ultima di proprietà della Apple), ma solo per utilizzatori abbonati. Le motivazioni della Swift, su questa operazione esplosiva, sono state ben contornate, in un breve commento su Yahoo, ed non hanno lasciato spazio ad ulteriori obiezioni da parte degli operatori del mercato musicale. “Non ho intenzione di rendere il lavoro di una vita disponibile per un esperimento commerciale che a mio giudizio non gratifica pienamente produttori, compositori, artisti e creatori di musica”, ha dichiarato l’artista statunitense, che ha poi aggiunto: “Non sono, nemmeno, d’accordo sul fatto che la musica non abbia valore e che debba essere gratuita”.Scott Borchetta, che dirige l’etichetta discografica della Swift, la Big Machine, ha dichiarato, in seguito, che altri artisti, insieme con i

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In foto - Daniel Ek, CEO e fondatore di Spotify.

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di dollari elargiti alle casse discografiche e ai produttori dal 2008, la politica di non restrizione del contenuto da parte di Spotify, è la miglior strategia competitiva per guidare le vendite della piattaforma e non alternarne il successo. Il giovane imprenditore svedese, infatti, ha puntualizzato sul suo blog: “Ecco la nostra chiave di lettura: più dell’80% dei nostri utenti ha iniziato come un utilizzatore free della piattaforma. Se non ci fossero gli utenti free, oggi non ci sarebbero oltre dodici milioni di utenti premium

e allo stesso tempo non ci sarebbero quei due miliardi distribuiti ai realizzatori della nostra materia prima, ossia la musica”. Ed infatti i numeri non danno torto a Spotify, che con 12,5 milioni di abbonati supera in blocco i numeri cumulati dei suoi diretti rivali. Deezer, infatti, somma 5 milioni di utenti premium, Rhaspdoy (e la sua versione europea Napster) si contrappone con 2 milioni, mentre sono ignoti i paganti di Rdio e Beats Music.

The Big (War) Machine Inoltre, la dichiarazione

Per me questo non è mainstream. Per me questo è l’ultimo, disperato peto di un corpo morente. La cosa importante è cosa verrà dopo.

Thom YorkeRadiohead

Scott Borchetta - Gestore della The Big Machine, è il manager della cantante Taylor Swift.

Taylor Swift - Classe 1989, la giovane cantautrice statunitense di genere folk e pop, è in attività dal 2006.

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Ed Sheeran(favorevole)“Ho suonato per un pubblico che conosceva tutte le parole di tutte le canzoni, nonostante fossero uscite quella stessa settimana. E tutto perché i ragazzi andavano su Spotify e le ascoltavano. Questo è quello che aiuta la visibilità di un album.”

Billy Bragg (favorevole) “Ho sempre pensato che il predicare contro Spotify da parte degli artisti, abbia la stessa utilità che avrebbe avuto protestare conto i walkman Sony negli anni ‘80”.

un ulteriore rilancio da parte di Spotify. La piattaforma, infatti, ha dichiarato di aver pagato due milioni di dollari, nel periodo preso in considerazione da Borchetta, per la diffusione della Swift in tutto il globo, e che il mezzo milione tirato in ballo dal produttore della cantante statunitense era riferito solo alla frazione mensile (dei sei milioni annui) prima che la Swift decidesse di abbandonare il circuito.Analizzando le due versioni, comunque, è facile intuire che un fondo di verità vi è in ambo parti. Resta comunque difficile comprendere come – nonostante

le considerevoli cifre in palio – la diatriba scatenata dal gesto della Swift e supportata dal suo management sia stata enfatizzata pubblicamente anche da Spotify, accentuando così una rottura che avrebbe sicuramente portato a discussioni da parte da analisti e operatori di mercato sull’equità della piattaforma svedese per la diffusione musicale.La situazione, poi, si è ulteriormente aggravata quando gli album di Taylor Swift sono stati resi disponibili sul più grande competitor futuribile di Spotify, ossia su Youtube Music Key, lanciato nel web da qualche settimana e

dell’amministratore delegato Daniel Ek secondo cui Spotify era in procinto di versare il saldo di 6 milioni annui per gli streaming di una “top artist come Taylor Swift” prima della rimozione delle sue playlist, ha fatto infiammare una disputa con Borchetta, il quale, a sua volta, ha rivelato al “Time” che la Big Machine aveva ricevuto solo un pagamento di quasi cinquecentomila dollari, nell’anno precedente, per lo streaming su Spotify della musica di Taylor Swift, e solo per gli ascolti nel territorio americano.Un tira e molla che ha consentito

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Spotify versa il 70% dei profitti ai musicisti e ai depositari dei diritti d’autore. Se oggi dovessi pubblicare ‘Thriller’ state certi che lo farei su Spotify.

Quincy Jones

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di proprietà di Google. La scelta di abbracciare questo nuovo circuito di streaming, attuata dalla cantante statunitense, difatti, ha destato più di un dubbio considerando che la piattaforma musicale della azienda di Mountain View ha deciso di attuare la stessa politica decisionale di Spotify in materia distributiva, ossia la non differenziazione contenutistica tra pacchetti free e accessi premium.

I timori di Spotify e le strategie per il futuroCiononostante, nella guerra tra Spotify e la Big Machine, per il momento, l’azienda di Daniel Ek sta avendo la peggio. Difatti, l’ultimo album della Swift, “1989”, ha venduto più di 1,2 milioni di copie solo negli Stati Uniti ed ha fatto convergere molti fan della giovane cantante sulla neo piattaforma musicale di Google; mentre, Spotify - sull’onda della contestazione da parte di

molti artisti - ha iniziato a considerare delle possibili revisioni sulla politica di non restrizione.La disputa tra la Swift e l’applicazione svedese, tra l’altro, è venuta fuori nel momento in cui il management di Spotify stava cercando di ottenere il beneplacito di quei musicisti che ancor oggi si lamentano di non guadagnare abbastanza attraverso i servizi in streaming. Proteste alimentante anche dalla sfiducia che questi stessi artisti nutrono nel fatto che le grandi etichette possiedono almeno il 18% della compagnia svedese mediante i pacchetti azionari ricevuti durante la negoziazione delle prime licenze, nel 2007 e nel 2008.Difatti, alcuni operatori del settore musicale sospettano che questi colossi discografici stiano aspettando un guadagno inatteso - che potrebbe verificarsi qualora Spotify diventasse una compagnia

Dov’è Spotify?Spotify è un servizio musicale che offre lo streaming on demand di una selezione di brani di varie case discografiche ed etichette indipendenti, incluse Sony, EMI, Warner Music Group e Universal.Lanciato nell’ottobre 2008 dalla startup svedese Spotify AB, il servizio è disponibile in Australia, Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Hong Kong, Islanda, Isole Faroe, Italia, Lettonia, Lituania, Malesia, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Singapore, Spagna, Svezia, Svizzera e States.

David Byrne (contrario)“Siti come Spotify, sono semplicemente una versione legalizzata di piattaforme come Napster e Pirate Bay, con l’unica eccezione che con i servizi streaming, le case discografiche ottengono considerevoli anticipi”.

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“Il vero problema non sta tra lo streaming o i download digitali.” - ha sottolineato il frontman degli U2 - “Il vero problema, la vera lotta, sta tra l’opacità e la trasparenza. L’industria della musica si è sempre evoluta con l’inganno”.Una questione su cui, ancora una volta, Daniel Ek ha prontamente replicato attraverso il suo blog. “Molti problemi che hanno colpito l’industria musicale fin dalla sua creazione ci sono ancora. Abbiamo già elargito oltre due miliardi di dollari con le royalties verso le etichette musicali, e se questi soldi non arrivano alla comunità creativa con la giusta trasparenza e il giusto tempismo, sarà un bel problema”.Insomma, Spotify, dal canto suo, ha già superato i propri

rivali nella trasparenza, in primis pubblicando i dettagli di come calcola le royalties che elargisce alle case discografiche per l’utilizzo dei diritti musicali sulle opere da loro prodotte, ma soprattutto fornendo agli artisti dei dati analitici che attestano con quanta frequenza la loro musica viene ascoltata dagli utenti della piattaforma.Ad ogni modo, l’asimmetria informativa citata da Bono non va ricercata in una carenza illustrativa sui dati di utilizzo e sulla diffusione dei parametri economici attuati, ma sta tuttavia nell’ignorare quali siano i termini degli accordi di licenza con le case discografiche, e come i pagamenti anticipati vengano poi ripartiti tra proprietari del diritto e creatori del prodotto. Un problema che, però, non attanaglia solo Spotify ma anche Youtube, i canali distributivi di Apple e ogni compagnia che estende il proprio operato nella diffusione musicale in formato digitale.La battaglia sulla ricerca della trasparenza in ambito

pubblica o qualora venisse acquisita da qualche multinazionale del settore digitale – e, allo stesso tempo, temono che i fatturati (oltre che i grossi anticipi che Spotify rilascia alle etichette quando si ridiscutono le licenze) saranno soggetti di asimmetrie distributive, e che queste ultime andranno a penalizzare in maniera considerevole i musicisti.Un clima ostile per via della poca trasparenzaDunque, non è difficile immaginare, che l’acre disputa tra Swift e Spotify non sia altro che frutto del clima rancoroso che iniziano a nutrire i musicisti verso l’intero panorama musicale. Un punto, tra altro, profondamente analizzato da una icona della musica contemporanea come Bono, alla Web Summit Conference.

Io credo che si debba ancora discutere se questo sia il progresso, o se si sta lentamente togliendo la parola ‘musica’ dall’insegna dell’industria musicale.

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Peter Sterky - è l’analista dati ufficale di Spotify.

Taylor Swift

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musicale, dunque, è combattuta da una schiera sempre densa di artisti e operatori del settore, che forse intravedono nello streaming un’opportunità per bypassare il filtro oppressivo delle case discografiche. Al momento la posizione scomoda di Spotify è nel trovarsi nel bel mezzo di questo tira e molla tra produzione creativa e sfruttamento economico della stessa. Tuttavia l’apertura comunicativa e distributiva della rete sembra favorire, in maniera consistente, lo schieramento dei musicisti,

i quali hanno sicuramente l’arma più potente a loro disposizione, ossia quella di non rifornire più il mercato musicale di materia prima, fin quando non verranno modificati gli equilibri economici e la simmetria informativa. Lo streaming, quindi, è sicuramente l’alternativa più importante per il futuro dell’industria musicale, e quindi come ogni progetto va bene ragionato e preservato. Si deve creare un’area di mercato capace nel soddisfare non solo le pretese di chi investe negli artisti, ma anche le ragioni di questi ultimi. Le proiezioni

del settore musicale, non dovranno più contemplare musicisti raggirati o parcheggiati, ma dovranno consentire un accesso libero, meritocratico e economicamente sostenibile a chi vorrà diffondere le proprie produzioni verso il vasto pubblico. La dinamitarda Taylor Swift, nel suo piccolo, ha lanciato un sasso contro un sistema e adesso sta a quest’ultimo evitare una sassaiola che impedisca la crescita della musica e lo sviluppo armonioso e funzionale dell’arte moderna.

Oskar Stålil brillante svedese è il Chief technical officer della piattaforma Spotify.

Il giovane svedeseDaniel Ek, 21 Febbraio 1983, prima di Spotify è stato CEO di uTorrent e BitTorrent. Nonostante la sua giovane eta è già stato in copertina sulla prestigiosa rivista Forbes.

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DUEpiù

dueDue più due, è sempre due più due. La staticità dei numeri. Proprietà commutativa, cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia. Si impara quando? In prima elementare? E poi rimane lì. Niente da rispolverare, niente da rivedere, niente di diverso da cercare. Statico, sicuro, certo. Con le parole è diverso, con i libri è diverso. Un libro muta perché noi, per primi, mutiamo. Cambia a seconda della sensibilità di chi lo sfoglia, può essere allo stesso tempo meraviglioso e pessimo, basta cambiare gli occhi di chi legge. Cambiando gli occhi il risultato

cambia. Due più due, è sempre due più due. Non esistono “libri per tutti”, nessun libro è davvero “per tutti” , esistono, quello sì, libri che “crescono”. Quelli che crescono insieme al lettore. Crescono insieme alle mani di chi ha la pazienza di rileggerli, di chi non si stanca di interrogarli, sapendo, che le risposte cambiano proprio come le domande, e che, entrambe, sono figlie dell’età. Quelli sono i libri che si amano di più, quelli con cui si crea un legame quasi affettivo, con i quali si scivola in un do ut des continuo. Favolette prima, metafore poi. A otto anni c’è un gabbiano da

Redatto daLiliana Squillacciotti

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qualche parte lassù che fa parte dello Stormo Buonappetito, e vuole imparare a volare, meglio di tutti. A sedici anni c’è un gabbiano che si sente intralciato da se stesso, allontanato dallo Stormo perché “diverso”, simbolo di una crescente voglia di evadere e di non conformarsi. A ventiquattro anni c’è sempre lo stesso gabbiano che su se stesso decide di lavorarci, che cerca di imparare da chi ha più esperienza, che si batte per insegnare agli altri più che sgomitare per un posto in primo piano. “Il gabbiano Jonathan Livingston” è senza dubbio uno di quei libri che sanno “crescere”. Perfetto per un primo approccio alla lettura, chi lo legge, sa di doverlo rifare. E’ un libro che sa aspettare, si prende il suo tempo, sulle librerie, sulle mensole, spesso in versioni fotocopiate (se tramandato!) … raccoglie la sua buona dose di polvere, fin quando mani pazienti e più adulte non sentono di dover contribuire ad appagare un desiderio che parte da una

Scegliamo il nostro mondo successivo in base a ciò che apprendiamo in questo. Se non impari nulla, il mondo di poi sarà identico a quello di prima, e avrai anche là le stesse limitazioni che hai qui, gli stessi handicap.

Richard Bach Il gabbiano

Jonathan Livingston

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AttualitàN.3 | 21 Ottobre 2014

Richard Bach - ha scritto nel 1970 il celebre romanzo generazionale Il gabbiano Jonathan Livingston.

Hall Bartlett - nel 1973 diretto la pellicola tratta dall’omonimo romanzo.

zona più profonda, diventata a sua volta più adulta. Una grande metafora sulla libertà, individuale prima, universale poi. Sull’impegno, sull’importanza del coraggio, quello che serve ad andare via e lo stesso che occorre per tornare, per restare. Un viaggio al di là del “qui” e dell’ “ora”, quell’obiettivo di autoperfezionamento che si trasforma in una voglia, più matura, di condivisione. Risvegliare le anime intorpidite; “D’ora in poi vivere qui sarà più vario e interessante ... Noi avremo una nuova ragione di vita. Ci solleveremo dalle tenebre

dell’ignoranza, ci accorgeremo di essere creature di grande intelligenza e abilità. Saremo liberi! Impareremo a volare!”. Avere voglia di creare qualcosa di nuovo, di far vedere, di testimoniare agli altri che un’alternativa c’è. Best seller negli anni ’70, il romanzo breve di Richard Bach non perde mai la propria attualità, e non perde mai la capacità di far riflettere. “Ciascuno di noi è, in verità, un’immagine del grande gabbiano, un’infinita idea di libertà, senza limiti.” Non è un libro per tutti, ma tutti dovrebbero provare a leggerlo. Almeno una volta, o forse due.

Ciascuno di noi è, in verità, un’immagine del grande gabbiano, un’infinita idea di libertà, senza limiti.

RichardBach

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CulturaN.8 | 25 Novembre 2014

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mara è la giovinezza sui ciglioni neri di Torino. Lo

sanno bene Pieretto e Oreste, e lo sa bene il Poli, nel suo squallido valzer di cocaina e frustrazione. La notte non è mai un avanzo del giorno per loro, ma un regno insaziabile di noia e speranza: un incedere fra le vie e le piazze, sulle colline, sulle strade deserte, che è un inseguire la sensazione di andare, di viaggiare ancora, di trovarsi nel mezzo di qualcosa; e sperare che prima o poi, per qualche assurda ragione, al di là del viaggio, della strada e del tedioso abbraccio che avvolge la bella Torino, ci sia finalmente qualcosa di diverso. Qualcosa in grado di trafiggere l’ora, sempre la stessa, della noia adolescenziale. Così, fare mattino è una questione morale: resistere al crepuscolo più di quanto non sappia fare il tedio, girovagare sui colli come disperati, nell’incedere della notte, in attesa, sempre in attesa. Ma tutto ciò che si avverte è l’incedere di un sapore: quello del sangue e della terra

Qualcosa in grado di trafiggere l’ora, sempre la stessa, della noia adolescenziale. Fare mattino è una questione morale.

A

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Cesare Pavese: Il diavolo sulle colline

di cui è colma la poesia della vita nelle notti di Torino. Ed è pur bella la città, dai ciglioni neri: l’unico sguardo che rompe, forse per un attimo, l’immagine della noia. Ma non è sufficiente a chi viaggia per viaggiare, a chi sente per sentire. Nulla si spende più volentieri della bellezza, e nulla dura meno, se non il piacere della stessa. Così l’insistere dei colli, delle strade e dei discorsi alle quattro del mattino è un treno inarrestabile, carico di tragedia.

D’altronde erano già neri di tigli di Gozzano, nei Colloqui; come se Torino fosse marchiata da un destino troppo intenso, che trasforma l’adolescenza in un rito di passaggio tra la vita e la morte. L’intero intrico di vie, piazze e strade, è l’intrico esistenziale da cui nasce Lavorare stanca. Pavese regala il ritaglio di una città perduta per sempre nella sua irresistibile e triste bellezza, una perla sempre grigia e viva, un inesauribile stato di cose che avvolge Torino.

GiangiacomoMorozzo

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L’anima di un’isolaQuando l’isola non è solo un elemento geografico. Simbolismo dei lembi di terra in mezzo al mare nella letteratura moderna e nella cinematografia.

Sogno - L’isola rappresentata come un luogo all’interno di uno spazio indefinito. Una navicella di preservazione e di perdizione. Un deserto in cui possono nascere gioie e paure. Dove regna la vita e la morte.

Redatto da Lorenzo Turriziani

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Un’isola è un susseguirsi vertiginoso di immagini contrastanti, l’archetipo dello stesso spazio immaginario, dello spazio non perfettamente conosciuto, della differenza e finanche dell’estraneità. Nella letteratura, così come in seguito sugli schermi cinematografici di tutto il mondo, i lembi di terra circondati dal mare sono stati, di volta in volta, proposti come luoghi carichi di un simbolismo e talvolta di un misticismo sempre nuovo ed evocativo. Emblemi della lontananza, del distacco dalla civiltà per un ritrovato stato di natura, microcosmi del paradosso e della limitazione, spesso banchi di prova della vita da poter vivere e del premio da raggiungere.

Il signore e le mosche - Sull’isola tutto sembra correre a velocità doppia, gli eventi si susseguono più in fretta e con ritmi più enfatici. Le sue misure ristrette e il suo isolamento non consentono mediazioni tra forze opposte; quasi

Da un lato - Sir James M. Barrie, creatore di Peter Pan.

Dall’altro - William Golding, Nobel per la letteratura nel 1983.

fosse una riproduzione in scala ridotta di eterni conflitti e pulsioni sociali. Un esperimento di laboratorio nel quale osservare reazioni e comportamenti umani di una comunità costretta alla convivenza. Che poi è un qualcosa che si realizza ogni giorno su più ampia scala, nella realtà quotidiana. Con la

Siamo isole nell’oceano della solitudine, e arcipelaghi le città dove l’amore naufraga, giù dai marciapiedi un cuore rotola, lo accarezza solo la musica.

Giovanni ScialpiCigarettes and Coffee

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a prevalere sull’intelligenza e il senso del peccato. Ma questo è l’evidente sintomo di un imbarbarimento dei costumi ormai imperante e di una tendenza alla crudeltà instillata nell’uomo fin dai suoi germogli, se quest’odio sconfinato proviene dai bambini, che nell’immaginario anche letterario sono gli innocenti per antonomasia. La giovane comunità riesce a mutare un paradiso naturale in un inferno di incredibile desolazione, trasformando in velleità l’ambizione utopistica di creazione di un nuovo eden.

Il borghese - In tante storie di naufraghi e di mare, l’isola cui approdavano i parecchi sventurati o fuggiaschi, oltre che salvezza era un luogo quanto mai simbolico di purezza e libertà in cui sfuggire ai mali della storia

e della società, un archetipo paradisiaco che consentiva di naufragare in un mare d’incertezze e di rinascere per nuove avventure. Robinson Crusoe è il libro d’avventura per eccellenza, il primo bestseller della storia, uno di quei racconti spesso vittime di rifacimenti o semplificazioni a scopo didattico, una pietra miliare nell’immaginario collettivo di grandi e piccoli. Per Robinson l’isola si carica di un sentimento patriottico. Nonostante simboleggi l’unica ancora di salvezza e sopravvivenza, viene dapprima patita come esilio dalla civiltà e solo successivamente goduta quasi come colonia. Il territorio selvaggio diviene il banco di prova ideale per l’intraprendenza borghese dell’epoca di Defoe, di cui Robinson ne è il rappresentante più riuscito, oltre che prototipo ante litteram del più classico self-made man statunitense. In lui si intrecciano istanze

differenza che da un’isola non si può scappare.Lo spiega bene William Golding, premio Nobel per la Letteratura nel 1983. Il suo Il signore delle mosche (o, se preferite, Lord of the flies) è un romanzo d’avventura di gran successo. Ma è anche un’amara analisi sulla degradazione e il decadimento dei rapporti umani a seguito della diffusione di ideologie contrastanti, vera e propria provocazione pessimistica circa la concezione dell’uomo, una creatura irrimediabilmente malvagia, sia in società che in natura. Ed è la giovane età dei protagonisti a rendere ancora più cruda ed estrema la visione fatalista dell’autore. Nella classica dicotomia bene-male d’ascendenza manichea sono gli istinti animaleschi

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Il signore delle mosche Una rappresentazione.

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Nessun uomo è un’isola, completo in sé stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto.

John Donnesaggista inglese

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religiose di matrice protestante, come il bisogno di rigenerarsi in completa solitudine ma anche l’inclinazione al lavoro. E la solitudine e il distacco dal mondo civilizzato che fanno da cornice all’intero racconto rafforzano ed enfatizzano con vigore l’esaltazione dell’individualismo e la rivendicazione dell’attività economica e del mondo degli affari come vero campo d’applicazione per

l’impegno cristiano.

L’isola che non c’è - Gli unici esempi di isole “positive” sembrano essere quelli legati maggiormente all’immaginario dei bambini. L’irrequieto Peter Pan è il personaggio che più di altri riesce a stigmatizzare il bisogno di evasione e di esplorazione dei bambini, la loro capacità di costruire un rapporto con la realtà a partire dalla percezione di realtà immaginarie. L’Isola che non c’è è chiaramente

un luogo ideale, frutto della più ingenua fantasia infantile, ma sopratutto l’esplicazione di un pensiero creativo, che riesce a concepire spazi e tempi diversi da quelli reali e a plasmare luoghi utopici che fanno da sfondo ai sogni dei bambini.Ed in questo filone, oltre che il Peter Pan di Barrie, si innesta un autentico capolavoro della letteratura d’evasione, L’isola del tesoro di Stevenson: una

Peter PanSi tratta di un bambino in grado di volare e che si rifiuta di crescere.

Gli instinti di viaggioRobinson Crusoe è figlio di un mercante di Brema emigrato in Inghilterra. Nato nel 1632 nella città portuale di York, il padre lo educa severamente alla nuova condizione di rappresentante cadetto della classe media; il giovane però decide d’imbarcarsi.

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più in contatto con il mondo circostante si fa sentire in maniera sempre maggiore. L’era della globalizzazione e della contrazione spazio-temporale ha condotto al paradosso dello smarrimento.

Dispersi - Lost è stata una delle serie più importanti della storia della televisione, un successo di proporzioni enormi, se non planetarie, in un’epoca in cui i serial (in special modo gli statunitensi) hanno raggiunto livelli qualitativi altissimi. Incentrato su un gruppo di sopravissuti ad un terribile incidente

aereo in un’isola misteriosa e sperduta nell’Oceano Pacifico, la serie è riuscita a conquistare milioni di persone incollandole davanti agli schermi, grazie alla particolarissima descrizione dei personaggi e un’ambientazione capace di mostrarsi al contempo paradisiaca e terrificante, uno scrigno di misteri sempre più inquietanti di puntata in puntata. Il filo conduttore che lega l’intera serie è quello della Redenzione. La maggior parte dei superstiti del volo sono infatti convinti di essersi comportati male nel loro passato e

nuova dimensione che permette di prendere le distanze dalla realtà, ma al tempo stesso dominarla per imparare a gestire le proprie emozioni.

FedEx - Di isole, il cinema ne ha viste tante. In Cast Away un Tom Hanks in forma smagliante si traveste nei panni di Chuck Nolan, che a seguito di un incidente aereo si ritrova ai confini del mondo, perso in un’isola deserta sulla quale dovrà lottare per la sopravvivenza, imparando il rispetto per le forze della natura. Chuck è il perfetto rappresentante della caotica civiltà occidentale, un affermato agente della Federal Express con l’ossessione per la puntualità. Le sue avventure su quel lembo di terra incontaminato lo condurranno ad un rapporto intimo con la natura. L’isola diviene un banco di prova in cui l’essere umano è costretto a riconoscere la sua limitatezza in confronto a forze troppo grandi per poter essere domate. Un chiaro rovesciamento di ruoli rispetto all’epopea di Defoe; senz’altro più attuale. Ma la natura può rivelarsi allo stesso tempo salvatrice per coloro che sanno comprenderla. Lo stesso mare che lo avvinghiava a quelle spiagge selvagge gli dona un detrito di vetroresina per poter fuggire. L’esperienza catartitca dell’isola lo cambierà radicalmente, da razionale cittadino del terzo millennio Chuck è ora un uomo diverso, un uomo più spirituale e legato all’essenza della vita. Del resto, in un’epoca storica ipertecnologica la sensazione di non entrare

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Steve McQueen - protagonista del film drammatico Papillon.

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Papillon di Henri Charrière. Il suo racconto ha segnato un’ epoca oltre che gli animi di migliaia di lettori. L’ avventura di un detenuto sino al suo epilogo finale, l’evasione da quell’isola che idealizzava in pieno l’alienazione e l’oppressione dei carcerati, sembrano quasi riecheggiare l’orrore dei campi di concentramento nazisti.

Una metafora - In definitiva il concetto stesso di isola è uno scrigno pieno di metafore. Una serie di realtà differenti che non passano mai inosservate proprio perché esse si differenziano rispetto a ciò che le circonda. Che sia desiderio di evasione o luogo immaginario di purificazione, quel che è certo è che scrittori o registi continueranno sempre ad essere affascinati da uno scoglio in mezzo al mare. Un posto nel quale potranno affacciarsi ed entrarvi senza pagare il biglietto, per cercare di darsi delle risposte. Come uno scienziato nel suo laboratorio. Come un sognatore nei luoghi sconosciuti della sua mente.

cercano dunque nell’isola il modo di redimersi. E questa terra che è talmente misteriosa da oscillare tra realtà e immaginazione, incarna alla perfezione la volontà dei protagonisti di ritrovare se stessi in un viaggio introspettivo. E così uno spazio geografico acquisisce un’anima e diviene il palcoscenico delle inquietudini e dei sentimenti più vari dei naufraghi.

Papillon - L’isola non è solo un luogo geografico, e su questo non ci piove. A volte è frutto di immaginazione e bisogno d’evasione dalla realtà, o l’artificio di uno scrittore per sfruttarne tutte le potenzialità narrative e metaforiche. Ma spesso è anche un luogo reale, il teatro di atroci e brutali accadimenti storici. L’Isola del Diavolo si trova nella Guyana francese, nell’America del sud. Durante l’impero di Napoleone serviva un luogo da utilizzare come “discarica

sociale” per allontanare dalla Francia le persone scomode o pericolose per la nazione. E quel territorio impervio e lontano dal mondo occidentale sembrava l’ideale. Nella Guyana francese si moriva per malattie e maltrattamenti, i carcerati erano costretti a subire continui abusi. Ed una cronaca della vita che vi si conduceva si legge nel

Tom Hanks - nei panni di Chuck Nolan in Cast Away.

Dottor Jack Shephard- il protagonista della serie Lost.

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Pantarei. Tutto scorre. Tutto è in divenire. Come la sua laguna. Mentre tutto scorre, Lei, la Serenissima, s’innalza maestosa, come una matrona. Nella sua fermezza e nella sua forza dominatrice, Venezia è Donna, Matrona, Signora. Lascia che tutto scorra e cambi nel proprio divenire ai suoi piedi, baciati dalle acque come uno schiavo bacia la sua padrona. Una gondola e un

uomo, un remo che s’immerge nell’acqua come una carezza fatta di nascosto tra le mura protettive che li circondano. Poco importa se da una finestra occhi guarderanno e bocche parleranno. Mentre tutto scorre, quell’attimo eterno resterà intatto nei ricordi della sua Laguna, nel sorriso consenziente della Matrona, protettrice di amori e amanti.

ScorciN.8 | 25 Novembre 2014

Come in un sogno. Passeggi per strade che sanno di antico, alzi lo sguardo e vedi palazzi e monumenti che hanno un sapore di arte, in un misto di pittura, di scultura e di architettura. I colori assumono sfumature diverse, più intense: il colore del bronzo, del mattone, della certo e del sicuro. Di qualcosa di stabile realizzato

con destrezza, con precisione e con la metodicità del pensiero. L’aria porta con sé il sapore della storia in costume, di quelle che vedi muoversi, con eleganza, in un teatro. Di quelli medievali. E ovunque spira un vento di poesia che sa di lingua. Quella lingua italiana che ispirava versi, svegliava le menti e scaldava cuori.

La monarchia. La Repubblica. L’impero. Roma caput mundi. Il tutto in un ritorno circolare al potere. Roma è il Potere. Roma è luogo di partenza e arrivo. È la città cosmopolita immersa nella tradizione del passato più lontano. Roma è ricordo, nostalgia. Roma è la dolce vita in bianco e nero. È la possibilità di cambiare. È aria, è fulcro di un mondo contraddittorio di limiti

e risorse, di maestosità e passato in rovina. È specchio di un’ Italia di cui è regina. Dove l’arroganza si mescola alla schiettezza. Dove le radici s’intrecciano allo straniero. Dove la Grande Bellezza si risveglia ogni giorno al suono dello scroscio del suo fiume che la bagna e l’assapora. All’ombra del ricordo di un Colosso. Un ricordo che non si vuol lasciare andar via.

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venezia

ROMA

firenze

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L’oro rossodel Veneto

Viaggio nelle varietà di radicchi coltivate sul territorio nazionale. Un alimento che

arricchisce di gusto i piatti, donando una vibrante e piacevole croccantezza.

L’autunno dai colori caldi. L’autunno del rosso della creta, del marrone del fango divenuto terra, del giallo delle foglie stese come un tappeto scrosciante ai passi di chi passeggia frettoloso nel freddo che avanza, nel vento che scompiglia e nella prima pioggia che bagna. Passi veloci in cerca di calore, passi desiderosi di aprire un porta, varcare un uscio e potersi sedere assaporando i frutti di stagione, dal sapore aspro o dolce, per la protezione che profondono e assicurano. Frutta e verdura dell’autunno ricordano i rimedi della nonna, le premurose attenzioni di un mondo che a volte non si sente più vicino ma che, in realtà, ritroviamo in natura. Sotto i nostri occhi. Nelle forme più semplici e umili.Primo a presentarsi sui taglieri in legno che rimanda al contatto verace con la terra se solo si pensa all’etimologia del suo nome è il radicchio. Tra le verdure più versatili, adatto ad essere consumato crudo e cotto che sia, maggiormente conosciuto ed apprezzato nel nord Italia, da secoli luogo di

eccellente produzione, ma meritevole di prendere posto sulle tavole di tutto il Belpaese.Con il termine radicchio si indica un particolar tipo di cicoria, a foglie rosse o variegate. Il nome deriva dal latino volgare “radiculum”, diminutivo di “radicula”, a sua volta diminutivo di “radix”, radice. La cicoria (cicorium intybus) da sempre cresce spontanea lungo le strade; nei secoli scorsi tale pianta veniva usata come foraggio o consumata cotta dai contadini che la raccoglievano nei campi mentre le sue radici venivano tostate e macinate per essere usate come surrogato del caffè. La varietà di cicoria a foglia rossa invece sembra sia di origine orientale, portata nel corso del ‘400 nella Repubblica di Venezia, dove poi fu intrapresa la coltivazione.Il più famoso e diffuso di tutti i radicchi coltivati è il Radicchio Rosso di Treviso IGP, del quale esistono due varianti: la varietà precoce e la varietà tardiva. Il Rosso di Treviso precoce si presenta con cespo allungato e viene raccolto

Redatto daEleonora Baluci

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a partire dal 1° settembre quando, dopo l’estate, viene legato per consentire al cuore di sviluppare nuove foglie di colore viola intenso. La varietà precoce può essere consumata sia cotta sia cruda, data la sua modesta amarezza. La sua zona di produzione comprende l’intero territorio di 28 comuni della provincia di Treviso, 6 comuni della provincia di Padova e 7 comuni della provincia di Venezia. Maggiormente pregiato, a causa del suo lungo processo di produzione, è il Rosso di Treviso tardivo, considerato il “padre di tutti i radicchi del Veneto”; esso va raccolto, secondo il

disciplinare di produzione, a partire dal 1° novembre e solo dopo almeno due brinate, tali da favorire una colorazione maggiormente intensa. La sua zona di produzione comprende il territorio di 17 comuni della provincia di Treviso, 2 comuni della provincia di Padova e 5 comuni della provincia di Venezia. Il tardivo, dopo la raccolta, viene legato e la sua radice (detta fittone) immersa per 15-20 giorni in acqua purissima di risorgiva, a temperatura costante attorno ai 13 gradi, ed in assenza di luce: questo processo è detto imbianchimento e serve ad eliminare le note amarognole

della pianta ed a conferirle il caratteristico colore acceso. La fase seguente è la toilettatura, fase in cui vengono eliminate le foglie esterne e scortecciato il fittone; il radicchio quindi è pronto per essere commercializzato, sempre conservato in posizione orizzontale.Il Radicchio Variegato di Castelfranco IGP nacque dall’incrocio tra il radicchio rosso di Treviso e l’indivia scarola, verso la fine dell’800; è di colore bianco crema, con foglie dal bordo frastagliato e variegate in tinte dal viola chiaro al rosso, e cespo tondo. Esso è coltivato in 25 comuni della provincia di Treviso,19

In foto - Una insalata di quinoa, mele verdi, noci, uvetta e radicchio rosso. Cuocete la quinoa. Una volta fredda mescolatela con il radicchio tardivo di Treviso, la mela verde, le noci e l’uvetta.

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precoce, raccolta dal 1° aprile al 15 luglio, e la tardiva, raccolta dal 1° settembre al 31 marzo. Le zone di produzione della tipologia precoce comprendono i comuni di Chioggia e Rosolina, mentre la varietà tardiva viene prodotta nei comuni di Chioggia, Cavarzere e Cona, nella provincia di Venezia, Codevigo e Correzzola, nella provincia di Padova, Rosolina, Loreo, Porto Viro, Taglio di Po e Ariano Polesine, nella provincia di Rovigo. La raccolta avviene recidendo la radice pochi centimetri sotto il cespo, segue poi la toelettatura con coltellini ricurvi detti roncole, operazione di solito attuata nel campo stesso di produzione. Il “Consorzio di Tutela del Radicchio di Chioggia” è nato nel novembre 2009, dopo che, a fine 2008, il radicio de Ciosa, come è chiamato in dialetto chioggiotto, ha ottenuto il riconoscimento IGP.Il Radicchio di Verona IGP (anche detto cicoria rossa o cicoria trevigiana) è prodotto nel basso Veneto, in 32 comuni della provincia di Verona, 13 comuni della provincia di

della provincia di Padova e 8 della provincia di Venezia. La raccolta del Variegato di Castelfranco inizia il 1° ottobre, sradicato dal terreno con 10 cm di fittone e messo ad imbiancare al buio per far sviluppare nuove foglie prive di clorofilla.Il radicchio Variegato di Castelfranco ed il Rosso di Treviso sono stati i primi, fra i tipi di radicchi coltivati in Veneto e primi ortaggi a livello nazionale, ad aver acquisito dal1° luglio 1996 il riconoscimento IGP; proprio per salvaguardare e promuovere queste pregiate varietà nello stesso anno è nato il “Consorzio Tutela Radicchio Rosso di Treviso e Variegato di Castelfranco”.Il Radicchio di Chioggia IGP ha forma sferica molto compatta e foglie viola intenso; viene anche chiamato rosa di Chioggia per la somiglianza con il fiore. È maggiormente indicato per il consumo da

crudo. La sua storia ha inizio nei primi decenni del ‘900 quando i contadini locali, con un’opportuna selezione delle piante con cuore più raccolto, diedero vita alla coltivazione del variegato di Chioggia, poi sostituito con la varietà dal colore uniforme che oggi è coltivata e venduta in ambito nazionale ed internazionale. Anche del radicchio di Chioggia esistono due varietà: la

Penne - con radicchio rosso, speck croccante e salsa di noci.

In foglia - delle orecchiette insaporite con radicchio rosso.

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Risotto Il risotto salsiccia e radicchio è una saporita ricetta che vede il radicchio fatto saltare in padella con lo scalogno e l’olio e poi aggiunto alla salsiccia sbriciolata fatta rosolare a parte. Si aggiungerà poi il riso lasciandolo cuocere con il brodo.

Vicenza e 12 comuni in provincia di Padova. Ha forma allungata e foglie compatte rosso scuro; anch’esso presenta una varietà precoce, raccolta dal 1°ottobre ed una tardiva, raccolta da dicembre a febbraio. La varietà tardiva prevede, dopo la raccolta, un’ulteriore fase di imbianchimento, in modo che, in determinate condizioni di umidità, luce e temperatura, la pianta possa riprendere il processo vegetativo e le foglie possano acquisire croccantezza ed un sapore inconfondibile. Il 27 novembre 2013 è nato il “Consorzio per la tutela e valorizzazione del Radicchio di Verona

IGP” che “ha la funzione di tutela, di promozione, di valorizzazione, di informazione del consumatore e di cura generale degli interessi relativi alla denominazione IGP”. L’oro rosso della Bassa, così come spesso è definito, deriva dal più famoso radicchio di Treviso e la sua coltivazione su larga scala, destinata al commercio nazionale ed internazionale, nacque solo dopo la seconda guerra mondiale, pur essendo il radicchio, nei territori del Veneto, coltivato già dal Settecento. Esso infatti veniva piantato nei broli, gli orti cittadini,

Consar radici co l’azeo, sal e ciciole. Polenta, radici e ozei par aria zera el magnar de i primi migranti talian. Chi magna radici e salata fa la vita beata!

Emigrati delTriveneto

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Fresca insalataIl radicchio è il perfetto abbinamento per molte insalate. La sua croccantezza arricchisce il gusto del piatto e lo completa. In foto vi è una insalata di rucola, radicchio e grana padano, arricchita da olio al basilico e crostini di pane.

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negli interfilari delle piante da frutto e della vite; in seguito, alla fine del XIX secolo, il belga Francesco Van den Borre portò in Italia la tecnica dell’imbianchimento. Le piante venivano poi pulite nelle stalle e vendute con il nome di zermoii (germogli in dialetto locale).Meno conosciuto è il Radicchio variegato di Lusia, nato, per esigenze commerciali, dal Rosso di Treviso precoce. Ha forma sferica, con foglie molto compatte color crema e leggera variegatura viola; dal gusto amarognolo, è ottimo da consumare crudo nelle insalate. La qualità variegata ha sostituito sui mercati quasi interamente, dagli anni ’70-’80, la qualità bianca, sempre ottenuta per derivazione da altri radicchi, nella zona di Lusia, in provincia di Rovigo.Oltre ai già citati esiste anche un altro tipo di radicchio, il radicchio dell’orso, nome con cui è indicata la Cicerbita alpina

(o Cicerbita violetta), pianta erbacea perenne che cresce spontanea sull’arco alpino, sopra i 1400 metri. Ha forma simile ad un asparago, verde con sfumature violacee; la raccolta avviene dopo lo scioglimento dei ghiacciai, tra aprile e giugno. A causa della sua prelibatezza tale pianta sta diventando sempre più rara, tanto che, in alcune zone la sua raccolta è regolamentata dal 2006, fissandola a 2 kg al giorno per persona e limitandone anche gli orari. La cicerbita è ottima lessata, anche come condimento per la pasta; conservata in agrodolce o sott’olio diventa un ottimo antipasto.L’autunno, in questa veste, è una stagione appetitosa. Rende possibile la magia del passato. Il ricordo delle radici e il ritorno ad esse. La certezza che l’uomo appartiene alla terra, alla propria Terra e da essa trae benefici, Ne trae memoria e da essa – dalla memoria e dalla terra - trae nutrimento.

Amaro al radicchioL’amaro al radicchio rosso di Treviso è un liquore che si ottiene dall’I.G.P. radicchio rosso di Treviso. La zona di produzione è l’intera provincia di Treviso. Per ottenere l’amaro si utilizza la varietà tardiva del radicchio I.G.P. Il prodotto viene pulito e messo in infusione in alcool mescolato ad acqua per raggiungere la gradazione di 50 gradi. Dopo macerazione per 60 giorni, il prodotto subisce una distillazione e poi si imbottiglia.

FarfalleOttimo abbinamento per il radicchio rosso sono le farfalle. Condibili con salsiccia, speak croccante o tonno, possono essere servite sia fredde che calde. A fine cottura possono essere mantecate con un po’ di burro ed acqua di cottura.

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on sono certamente delle novelline del panorama politico mondiale, non aspirano ad alti scranni

istituzionali né – tantomeno – a quelli religiosi; il loro obiettivo è quello di combattere il machismo occidentale e far capire al mondo che la donna non è soltanto un balocco sessuale. Queste ragazze, anzi, queste donne sono le Femen, da sei anni girano per l’Europa ed al grido di slogan più o meno condivisibili, lottano contro il sessimo e le altre discriminazioni…rigorosamente a seno nudo. Circa trecento donne di età compresa fra i diciotto ed i venti anni sono il nucleo pulsante, il cervello di questa organizzazione, a cui devono aggiungersi le venti “sciagurate” che periodicamente fanno inorridire e gridare al pubblico scandalo le frange più radicali del bigottismo mondiale.Ma perché proprio il corpo? “È l’unico modo per essere ascoltati in Ucraina). Se avessimo manifestato con il solo ausilio di cartelloni le nostre richieste non sarebbero state nemmeno notate, affermano, il femminismo tradizionale non avrebbe attecchito, né con le donne né con la stampa, né tanto meno con la società.”Ognuno combatte con ciò che ha e con ciò che pensa possa portare ai migliori frutti, nei limiti di ciò che è lecito e legale, ça va sans dire. Le Femen sono da poco tornate alla ribalta in seguito all’accaduto di

una settimana fa davanti Piazza San Pietro, dove quattro di loro – emulando autoerotismo con un crocifisso – hanno attirato i passanti al grido di “Your morals, your religion? Keep it inside” o ancora “God is not a magician, Pope is not a politician”. Sebbene si possano non condividere le pratiche tendenti alla blasfemia ed a ledere la sensibilità dei credenti, a coloro i quali si fanno portatori indiscussi della grazia di Nostrosignore, stigmatizzando tali forme di protesta come “offensive alla dignità umana”, bisognerebbe ricordare quanto siano state e siano offensive posizioni che l’Istituzione ecclesiastica ha da sempre tenuto nei confronti del progresso scientifico e tecnologico, dell’omosessualità, della possibilità di autodeterminarsi in punto di morte e nei confronti della donna stessa. Insomma, come si suole volgarmente dire: chi semina odio, raccoglie tempesta.Oggi martedì 25 Novembre – come ricordato dalle stesse Femen durante il programma di Giulia Innocenzi – il Pontefice è stato al Parlamento Europeo. È forse questo un esempio di deficit di laicismo? E’ forse questo l’esempio della perpetua immistione della Chiesa all’interno della Politica? Sicuramente sono da condannare i modi con cui le Femen hanno da ultimo manifestato a San Pietro, ma quando i ferventi Cattolici condanneranno le intromissioni della Curia nella politica? Pope is not a politician.

God is not a magicianPope is not a politician

La lotta delle Femen continua a suon di blasfemia. Intanto Papa Francesco presenzia all’UE da politico o da religioso?

FlavioDi Fusco

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Una baraccopoli

PlasticQuando il futuro si incrocia con la disumanità. Firmato da Marina Finaldi.

Finalmente ti ho

TrovataLa storia di una notte con Jack lo Squartatore. Firmato da Laguna Morgan.

Il principe

Pasta frollae la leggenda del bacio avvelenato. Firmatoda Josy Monaco.

FEUILLETONNumero IV

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Plastic tttDa che ho memoria, ho sempre vissuto nella Baraccopoli sulla collina, appena fuori dalla città. Costruita prima che io nascessi.

Scritto da Marina Finaldi

PARTE I - Il ticchettio della pioggia sul pavimento fangoso scandiva lo scorrere del tempo; le gocce picchiavano con insistenza ciò che restava del tetto di lamiera. Dal mio sontuoso giaciglio di stracci potevo osservare l’acqua rugginosa colare giù dalla grondaia scalcagnata. Il rumore tonante del cielo mi aveva strappata al dolce e ovattato oblio del sonno, scaraventandomi nella banale realtà di un mondo freddo e incolore.

Controvoglia, gli occhi cisposi, mi alzai cercando di ignorare un altro genere di suono, quello vuoto e gorgogliante del mio stomaco. Indossai velocemente la felpa e i jeans sdruciti; mi avvicinai allo specchio che campeggiava sulla parete di fianco alla porta d’ingresso, rotto in più punti e con i bordi anneriti. Ero riuscita a recuperarlo qualche settimana prima durante una sortita alla discarica. Non senza sforzi, riuscii a districare con le

dita la folta matassa di capelli. Lanciai un’occhiata supplichevole all’immagine nello specchio: a ricambiare lo sguardo era una giovane donna con gli occhi e gli zigomi sporgenti, resi ancor più evidenti dal volto sottile ed emaciato. Dalla bocca della donna facevano capolino due file di denti ben allineati e ricoperti da una patina giallastra; l’incisivo superiore di sinistra era visibilmente scheggiato. Mi allontanai dallo specchio, mi calai il cappuccio della

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Glia allevamentiAli che si sollevano al di sopra della sporca realtà delle baracche.

Felpa e cappuccioIn una baraccopoli si è nudi. Un capuccio copre, difende. Protegge il proprio sguardo.

La vita delle baraccopoliDove impossibile sembra poter vivere, la giovane energia.

più svegli, quelli che per primi avevano intuito il carattere permanente di quel trasferimento nella Baraccopoli, erano riusciti a ritagliarsi, all’interno del proprio spazio, un piccolo cortile nel quale allevare piccioni e altri uccelli da usare come merce di scambio al mercato nero. Quest’ultimo si teneva una volta alla settimana, nella vecchia scuola abbandonata. Era lì che mi stavo dirigendo.Era un edificio ancora solido, uno dei pochi della zona che potesse vantare un tetto in cemento. Lungo tutto il perimetro erano state disseminate delle rudimentali trappole anti intrusione; alcuni

bambini, probabilmente ingaggiati come sentinelle, si aggiravano lì intorno furtivi, stando bene attenti a rimanere nascosti tra i cumuli d’immondizia che lo circondavano. Sicurezza e discrezione erano fondamentali per la buona riuscita del mercato: non c’erano più state infiltrazioni delle Creature da anni, tuttavia sapevamo che le autorità erano sempre in agguato, pronte ad agire non appena avessimo messo il piede in fallo. Andai spedita verso la palestra, dove ero sicura di trovare Saul. Il trambusto festoso degli ambulanti mi travolse. Si potrebbe pensare che un’atmosfera così vitale e

felpa sulla testa e uscii. A darmi il benvenuto, l’odore nauseabondo dei cumuli di rifiuti marcescenti accatastati lungo la strada. Mi feci largo tra pozzanghere melmose e schiere di abitazioni del tutto identiche alla mia.Da che ho memoria, ho sempre vissuto nella Baraccopoli sulla collina, appena fuori dalla città. Era stata costruita prima che io nascessi per dare seguito a una normativa del governo, che prevedeva un nuovo piano di urbanizzazione per prevenire il sovrappopolamento. Doveva essere una soluzione provvisoria. Ogni baracca si componeva di un’unica, spoglia camera. I bagni erano in comune e si trovavano appena più in basso, vicino al canale di scolo della fogna metropolitana. I

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Il medicoOgni ruga parla. Ogni ruga è un ricordo. Una cicatrice. Una firma del destino. Del destino, della sorte o dell’agire? Come sentieri sul volto si confondono le domande a cui forse non si possono dare risposte.

caotica si addicesse poco all’aspetto decadente e misero della sala. Si potrebbe pensare che il pavimento scrostato, le pareti coperte di muffa e l’accumulo di calcinacci caduti dal soffitto cozzassero con i vividi colori delle bancarelle, il profumo fragrante dei fiori di campo, lo scambio acceso di trattative o il risuonare di pacche sulle spalle e risate a conclusione di un affare. Qualcuno potrebbe addirittura obiettare che non avessimo molto di cui gioire o ridere, che le uniche emozioni legittime che un abitante della Baraccopoli possa provare siano il disagio e l’invidia del prossimo benestante. Nei casi più estremi, si arriva persino a concederci il diritto di provare rabbia (a patto che quest’ultima non sfoci in un sentimento manifesto e rivoltoso, che comporterebbe a sua volta l’esercizio altrettanto legittimo, per questi individui, del diritto di tapparci la bocca con qualunque mezzo). Notai una piccola folla

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La scuola abbandonatainterni decadenti della struttura.

di persone in cerchio che si accalcavano e si spintonavano per guadagnare una posizione migliore per vedere qualcosa. Al centro di quel cerchio, accovacciato sul suo sgabello sbilenco, stava Saul. Raccontava una storia. Gli piaceva raccontare storie del vecchio mondo, quando lui era ancora un bambino e le Creature non erano neppure una lontana minaccia. Saul era uno dei membri anziani della comunità. Capelli e barba erano ormai completamente bianchi e non ci sentiva quasi più dall’orecchio destro, tuttavia, a quasi ottant’anni, conservava ancora il vigore e la forza di un uomo di mezza età. Tempo addietro era stato un medico. Si era trasferito di sua spontanea volontà nella Baraccopoli con la famiglia dopo un brutto incidente che aveva causato alla moglie Sara la perdita di entrambe le gambe. Aveva sorpreso l’infermiera del reparto ortopedia

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cercare di iniettarle il veleno mentre dormiva: il nuovo governo non tollerava gli invalidi. Mi avvicinai e gli feci un cenno con la mano. A sua volta, Saul, senza interrompere il suo racconto, m’indicò con l’indice dritto il giovane Sacha, che si stava momentaneamente prendendo cura del banchetto di suo padre. Saul scambiava consulenze e prestazioni mediche con cibo e merce utile all’esercizio della sua professione. Speravo di poter barattare alcuni medicinali che avevo trovato giù alla discarica, insieme allo specchio, con l’ottima zuppa fredda di piccione di Sara.

Sacha esaminò ogni blister, accatastando i farmaci ancora utilizzabili da una parte e scartando con mala grazia tutti gli altri. Stava osservando con attenzione minuziosa l’ultima scatola da un minuto buono quando aggrottò le sopracciglia.“Papà, vieni qui un secondo!”L’anziano medico fece spallucce alla folla e si incamminò verso di noi. “Il dovere mi chiama”, esclamò a mo’ di scusa. Senza una parola, prese la scatola dalle mani del figlio e cominciò a studiarla. Era stranamente intatta: tutte le pillole erano al loro posto; il foglietto illustrativo, schiacciato

contro le pareti della scatola, non era mai stato spiegato e letto. Era evidentemente nuova. L’unico dettaglio mancante era il nome del farmaco, che lasciava un bianco vuoto sul cartoncino sottile. Saul lesse e rilesse il foglietto senza posa, alla ricerca di un indizio. Poi, d’improvviso, le rughe sulla fronte del medico divennero più evidenti: “Dove hai trovato questa?”. “Giù alla discarica, al confine con la città”. Lanciò un’occhiata penetrante a Sacha, che annuì, poi disse: “Mi ci puoi portare?” Continua

Medicine - Un baratto per continuare. Pillole da barattare. Come per vendersi l’anima. Pillole in fondo ad una discarica. Luogo di ladra necessità in cui tutto è lecito e nulla è giudicabile.

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finalmente

ti hotrovata

L’avevo inseguita a lungo, Zenzero, prima di trovarla a Whitechapel. E anche lì avevo avuto difficoltà a mettere le mani su di lei. Era famosa e sfuggente. E quattro puttane avevano pagato per lei. Una di loro mi aveva fornito il miglior rene fritto della mia vita. Ma adesso avevo finalmente messo le mani su di lei. Su quei capelli rossi come le fiamme dell’inferno, quei fianchi che avrebbero fatto dannare un santo, e quegli occhi azzurri distanti quanto il paradiso. La stanzetta malmessa in cui esercitava non prometteva bene, ma, in effetti, non ero lì per

una visita di cortesia. Dentro quattro mura, avrei avuto il tempo di fare tutto quello che volevo. Di farle tutto quello che volevo.«Posso offrirVi del the?», propose, armeggiando con il bollitore.«No», risposi, asciutto. Non ero lì per fare conversazione, e lo sapevamo entrambi. Zenzero mi offrì un sorriso carico di sottintesi, dirigendosi allo squallido letto addossato alla parete, ondeggiando i fianchi.«Avete preferenze?» chiese, sedendosi sul letto e iniziando a slacciarsi il corsetto.In tre passi fui davanti a lei, la punta del coltello

Redatto daLaguna Morgan

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premuta contro quella gola bianca… e un fastidioso gonfiore nei pantaloni.Non è lei da viva che ti eccita, Jack. È la prospettiva di ucciderla.Zenzero reclinò la testa all’indietro, guardandomi con occhi che avevo assunto le dimensioni di piattini da the. Potevo vedere il frenetico pulsare del sangue nelle vene ai lati del collo, il respiro sempre più veloce per la paura, il seno niveo alzarsi e abbassarsi, invitante… e i miei lombi dolere dal desiderio di possederla, almeno una volta, una sola…Soffocai un gemito, abbassando lentamente il coltello, facendolo scorrere sulla sua pelle, senza lasciare traccia, fino a tagliare di netto non solo i lacci ma tutto il corsetto. Zenzero sussultò, lasciandosi sfuggire un verso inarticolato, senza urlare.Saggia scelta.Indugiai per un attimo ad osservarla. Pallida per la paura, gli occhi sgranati, i capelli rossi scomposti e la veste stracciata, era ancora più invitante. Seguii con gli occhi un ricciolo fulvo che, dalla tempia, le accarezzava il viso, scivolava sulla clavicola e poggiava sul seno.

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Il mio coltello è così bello e affilato che mi viene voglia di rimettermi al lavoro subito se ne ho la possibilità. Buona fortuna. Sinceramente vostro. Jack

Lo Squartatore Lettera al direttore

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Era sufficiente. Feci un altro passo, e la vidi sussultare. Spalancò ancora di più gli occhi.«Vi prego, no… farò tutto ciò che volete», implorò. Un leggero velo di sudore aveva iniziato a imperlarle la fronte.Allungai una mano, afferrandola malamente per una spalla. Tremante, si lasciò trattare come una bambola di pezza. Poggiai il coltello sul comodino, fissandola. Cercava di ricoprirsi alla meglio ed evitava il mio sguardo. La prima puttana pudica che avessi mai incontrato. «Spogliati», ordinai. Lei tentennò. Non avevo la pazienza per aspettare i suoi comodi e ripresi il coltello. Distruggere quel suo orribile vestito tra le sue proteste e singhiozzi fu soddisfacente, ma mai quanto lo sarebbe stato ciò che le avrei fatto dopo.«Vi prego, non uccidetemi…» pigolò. Posai di nuovo l’arma, prendendole il volto tra le mani«Prima che abbia finito con te, mi implorerai di ucciderti», dissi, per poi spingerla sul letto. «Oh, se mi implorerai», aggiunsi, slacciandomi le braghe. Non ebbi bisogno di ordinarglielo: Zenzero spalancò le gambe senza indugi. Non era pronta e non mi interessava che lo fosse. Più dolore le infliggevo, maggiore sarebbe stata la soddisfazione finale. La possedei con forza, gioendo dei suoi singhiozzi e delle lacrime. E più lei esprimeva disagio e sconforto, più io mi eccitavo. Ma non era abbastanza. Mancava qualcosa. Qualcosa di fondamentale. C’era un solo difetto: era ancora viva.Uscii da lei e afferrai il coltello. Zenzero notò il gesto e lanciò un grido. Fu breve. La lama

le penetrò nel collo come se fosse burro, una, due, tre volte, aprendo una voragine e innaffiandomi copiosamente di sangue. Non vi badai. Non badai nemmeno al suo sguardo sempre più vitreo, ma solo alla sua carne che si raffreddava nella fredda mattina di novembre, mentre scopavo il cadavere di Mary Jane Kelly, prostituta irlandese meglio nota come Zenzero.Le afferrai i fianchi – quei fianchi che non avrebbero più ondeggiato per nessuno – e la presi ancora, e ancora, e ancora…«Sei mia, ora, sgualdrina!» grugnii, riversando il mio seme nel suo ventre freddo.Col fiato corto, mi alzai dal letto e osservai la donna che mi aveva dato il tormento, avvelenandomi l’anima. Nuda. Bianca. Rossa.E ancora così maledettamente invitante.Non doveva essere invitante. Non doveva esserlo per nessuno.Iniziai dal volto, affondando il coltello più e più volte. Nemmeno sua madre l’avrebbe riconosciuta. Poi, le tagliai le orecchie, lasciandole sul comodino.Poco. Troppo poco. Percorsi il suo corpo con lo sguardo, alla ricerca di ispirazione. Proseguii incidendole le braccia. Poi mi concentrai sui seni. Quei seni che mai, mai più avrebbero provocato qualcuno, rotondi e ammiccanti, soffocati dal corsetto. Sollevai il primo e iniziai, lentamente e minuziosamente, a incidere la carne alla base. Tagli piccoli e lenti, come affettare del roastbeef, ognuno più profondo del precedente, fino a poter tenere tra le mani l’ambito premio, viscido di sangue e flaccido

Gli occhi nella notteIl volto di The Ripper.

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buona, prima di gettarle nel camino acceso, insieme alla mia camicia, ormai irrimediabilmente rovinata. Con un ultimo sguardo di desiderio e astio al cadavere, indossai il soprabito e lasciai la squallida stanzetta di Mary Jane, portando via – letteralmente – il suo cuore, come lei aveva fatto col mio.Mi allontanai rapido per vicoli e viottoli dove nessuno mi avrebbe notato. Ora, potevo riposarmi. Ora, Jack poteva ritirarsi dalle scene.

come un pesce morto. Glielo misi sotto la testa, a mo’ di cuscino. Ripetei l’operazione con l’altro, per poi abbandonarlo con mala grazia in fondo al letto.Poco, ancora poco.Mentre decidevo come procedere, che altro togliere, mi gingillai col coltello, aprendole degli squarci fra le costole, grandi abbastanza da vederci attraverso. Poi le incisi l’addome, aprendole le carni come i petali di un fiore. Affondai le mani nelle sue viscere. L’odore del sangue che iniziava già ad irrancidire e del contenuto delle sue budella era nauseante, e il tatto non era da meno: viscide, molli, morte.E qualcosa di me smetteva di essere flaccido, di nuovo reclamava il corpo morto di Zenzero. Lo accontentai, ma non come prima, affondando nello squarcio che le avevo fatto nella gola.Sfogata di nuovo la lussuria, tornai al mio lavoro. Con perizia asportai le viscere e gli organi femminili,

disseminandoli sul letto e per la stanza. Proseguii con lo stesso lavoro di incisione e asportazione anche per le cosce, quelle stesse cosce che si erano aperte per un’infinità di uomini – anche per me – e che ora nessuno avrebbe più avuto allacciate intorno ai fianchi.Quando mi ritenni soddisfatto, feci un passo indietro, quasi scivolando nella pozza di sangue che si allargava sul pavimento. Raccolsi le vesti di Zenzero e le usai per ripulirmi alla

Carnefice - Jack lo Squartatore e la vittima.

Fumo di Londra - La nebbia nelle strade della capitale inglese.

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L’oro blunel Mondo

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Per festeggiare i suoi primi 111 anni Hansgrohe (azienda che realizza rubinetteria di design) ha scelto di indire un concorso internazionale dedicato all’Oro Blu: è nata così la pubblicazione “Magical: 111 luoghi d’acqua più belli al mondo” edita da Merian/Travel House Media. Il primo premio è andato al tedesco André Becker per uno scatto realizzato sulla spiaggia di Cape Town in Sudafrica. In questo giro del mondo attraverso l’acqua, l’Italia è rappresentata da una poetica immagine del Lago di Garda all’alba e da uno dei partecipanti selezionati, il fotografo friulano Yan Bertoni di Buja (UD), con una fotografia scattata sul fiume Salar de Uyuni in Bolivia.

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Pescatori al tramonto8 Mui Ne Beach. In

uno specchio di sabbia bagnata, ombre riflesse e l’immensità dell’oro blu.

(Ph Carmen Vetter)

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8 Dove a dominare è il ghiaccio. Dove la natura non consente invasioni, il suo spettacolo ha inizio.(Ph. Dieter Brecheis)

Si confondono i confini fino a perdersi l’uno nell’altro nella distesa di sale di Salar de Uyuni. (Ph. Yan Bertioni)

Le onde, la spuma del mare. Un richiamo

naturale. La libertà la senti dentro.

(Ph. Andrè Becker)

Come un puntino

nell’isola di Elephant

Sud Africa e l’elemento

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Sfumature di colori, dimensioni e forme. La pace interiore della musica del mare.(Ph. Alexander Luders)

L’equilibrio stabile e instabile di un ponte sul mare fin dove la vista si perde.(Ph. Frank Hromadka)

Il vento che sfiora, ali spiegate e piccoli passi

mentre il pensiero vaga.(Ph. Andrea Hinterleitner)

fascino dell’ignoto

gradini di sassi

Tra nuvole e ali

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Un sorriso e la spontaneità di un gioco. Nell’acqua ci si confonde e con essa si fonde.(Ph. Antonio Perez)

Pennellate lucide, precise, dipingono la solitudine appagante di una casa solitaria.(Ph. Thomas Oser)

La bellezza naturale e senza inganni dell’India

(Ph. Martin Winter)

Un affresco perfetto

GOCCEDI GIOIA

Una canoa, un uomo, un fiume.

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Il principe Pasta Frolla e la leggenda del bacio avvelenato

Scritto da Josy Monaco

Kinokia sorgeva un tempo in una valle dove il sole era sempre alto nel modo giusto e le stelle facevano da scenografia alle storie più romantiche. Il popolo dei kinokiani, era fatto di gente umile e dal buon cuore. Le donne erano di piccola statura con il corpicino aggraziato e i capelli ramati. Gli uomini erano di media statura e robusti. Non presentavano un fisico da guerrieri ma erano forti e massicci. I loro abiti erano vivaci e le stoffe richiamavano i colori delle

caramelle. Ogni giorno lavoravano operosamente per mantenere vivo il clima di pace che si respirava. Vivevano dei prodotti dolciari che producevano. Di buon mattino tutto il popolo si riuniva a fare colazione attorno ad una tavola imbandita con dolci di ogni tipo, forma e sapore. C’erano poi gruppi di kinokiani specializzati nell’ideare nuove ricette. Di sera si ritrovavano tutti intorno al fuoco a cantare e creare storie intorno al fuoco fatato. C’era sempre un buon odore

e spesso si intravedeva un pizzico di polvere magica. L’odio era sconosciuto a Kinokia. Victor Bewyasm era un sovrano che si distingueva da quelli di ogni tempo. Non viveva in un castello in cima alla collina. La sua casa color crema pasticcera era al centro del villaggio accanto a quelle dei kinokiani. Questo non solo per le sue doti da leader ma anche per aiutare il popolo a proteggere il segreto dei segreti: la formula dominante dei sentimenti del mondo. Nessuno degli abitanti era a

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uuu

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I fortiUomini forti con abiti coloro caramello lasciavano intatta l’armonia di questa valla incantata.

Le donne e gli uominiIn una fiaba incantevole compaiono donne con capelli ramati e uomini in abiti vivaci color caramelle.

uomini di kinokia lottarono fianco a fianco con Victor Bewyasm per sconfiggerli. Nel frattempo le donne utilizzarono ogni incantesimo per liberare la principessa. Purtroppo, ogni singolo cittadino di kinokia fu sconfitto e ucciso. Donne e uomini. Solo Victor Bewyasm era rimasto indenne con addosso una maledizione: sarebbe stato immortale per vedere sorgere su Kinokia tanti altri regni senza mai più amare ed essere amato. Così fu per qualche tempo durato secoli. Arrivò l’anno 2014 e Victor Bewyasm era conosciuto tra la gente come il vecchio cioccolatiere e pasticcere che viveva in un cottage di montagna in un luogo dedicato alla cultura sciistica dove la luce del

sole era fioca e nevicava tutto l’anno. Victor Bewyasm era parecchio affascinato dalla evoluzione che il mondo e la società avevano avuto grazie ai nuovi mezzi di comunicazione. Non solo la radio e la TV che pullulavano di canali e frequenze rispetto al tempo della sua giovinezza ma anche il web con tanti contenuti e aggiornamenti in tempo reale. In particolare era colpito e stupito dalla moda dilagante dei tanti cuochi e pasticceri improvvisati che ogni giorno intrattenevano la sua solitaria vita. L’amore che lo nutriva ogni giorno era quello per il suo laboratorio. Un meraviglioso laboratorio dolciario. Era un ambiente colorato e profumava di zucchero.

conoscenza del segreto tranne due persone: il sovrano Victor Bewyasm e la principessa Peruaci. Solo loro avevano il privilegio di sapere dove fosse custodita la formula. Se un giorno qualcuno dal cuore non puro avesse avuto tra le mani il segreto dei segreti, sarebbe giunta la fine del regno di Kinokia e di ogni altro regno. Il male avrebbe regnato per sempre. I cuori sarebbero diventati di pietra. Il mondo sarebbe scomparso per sempre. Il sole non avrebbe più illuminato i giorni e le stelle sarebbero diventate pezzi di carbone. Il buio avrebbe governato. Arrivò il giorno in cui il sole sembrava tardare a sorgere. Le stelle erano alte nel cielo ma non brillavano in modo splendente. Il popolo di Kinokia attribuì la causa al cambio delle stagioni ma Victor Bewyasm aveva uno strano presentimento. I tempi erano ancora prematuri per una nuova stagione. Qualcosa stava accadendo. Mentre tutti erano intorno al fuoco e la principessa Peruaci cantava con la sua melodiosa voce, uscì dal fuoco un essere con un cappuccio nero. Senza mostrarsi in volto, prese la principessa Peruaci tra le sue grinfie e la risucchiò nel fuoco. Era Dostoluk sovrano del male ed era lì per rubare il segreto dei segreti. In un lampo spuntarono migliaia di uomini incappucciati e armati. Gli

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Non c’era forma, non c’era creatura che non riuscisse a riprodurre in dolcezza. Era rimasto solo da quando Kinokia fu distrutta molti secoli addietro da Dostoluk. Victor Bewyasm riempiva il suo cuore preparando torte e biscotti per i turisti che passavano dalle sue parti. Era definito un mago pasticciere e farciva i suoi

guanciotte rosse e una coppola a scacchi in testa. Dei jeans blu scuro, un maglione a collo alto giallo e delle bretelle. Era grazie ai contatti con la gente che passava le vacanze dalle sue parti che si informava costantemente sugli avvenimenti del mondo. Un bel giorno, ispirato dai tanti programmi di cucina e cake design, decise di dare un senso alla sua vita, creare una pasta diversa, provare a riprodurre l’antica formula dei dolci di Kinokoia. Realizzare la ricetta con il segreto dei segreti per riportare Kinokia a nuova

dolci con della polvere magica tale da generare amore in tutti coloro che li assaggiavano. Non c’era mai stato giorno durante il quale non aveva in mente il ricordo degli abitanti di Kinokia che combattevano, fianco a fianco a lui, con i matterelli magici contro l’esercito di Dostoluck. Viveva con l’obiettivo di rivendicare il regno di

vita. Mancava un piano specifico. Il vecchio Victor Bewyasm era in attesa di un lampo di genio. Un pomeriggio, mentre vedeva il sole tramontare, si accorse di due persone. Un padre ed un figlio che si abbracciavano, conversavano e ridevano tra loro amorevolmente. Il senso di solitudine provato in quel momento fu la molla che gli fornì l’idea giusta: realizzare un uomo di pasta frolla con dentro al cuore il segreto dei segreti. Avrebbe creato l’uomo prescelto per far risorgere Kinokia a nuova vita in nome dell’amore. Chiuse a chiave la porta del

cottage, serrò le finestre, spense la luce, accese la fiaccola, aprì una botola e lentamente con le ginocchia scricchiolanti e il busto ancora bene eretto, scese le scale che lo portavano nel suo vero laboratorio. Alle persone che gli facevano visita, aveva sempre solo mostrato un classico laboratorio colorato pieno di dolciumi e leccornie. In realtà il laboratorio vero era sotto il cottage, in una cantina. Arrivò all’ultimo scalino. Accese l’interruttore. Aprì una

credenza e prese gli ingredienti. Uova, latte, burro, farina ma non il lievito. Vicino la credenza mosse una levetta che ruotò la parete e si aprì quasi in un’altra dimensione. Le pareti erano giallo canarino, al centro una grande tavola con ingredienti di ogni tipo. C’erano il barattolo con la sigla “amore”, il vasetto con la sigla “allegria” e il vasetto con la scritta “desideri”. Fu quest’ultimo che prese. Appoggiò uno ad uno gli ingredienti sul tavolo bene illuminato e Col cappuccio

l’essere che arriva.

Fuoco - attorno si cantano e si ballano storie tutti insieme.

Kinokia distrutto e la memoria della principessa Peruaci. Kinokia era scomparsa per sempre e Victor Bewyasm era condannato a vivere la sua vita in solitudine per tutti i secoli dei secoli. Di Kinokia era rimasto solo il nome e molti anni dopo era sorto il villaggio di montagna dove viveva dove il clima era sempre incerto e i prati erano candidi. Ogni tanto conversava con qualche turista o vacanziero che si trovava nei paraggi. Sorrideva ai bambini che gli saltavano al collo come se fosse il loro nonno. Aveva

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ricco di mestoli, formine, mattarelli, scodelle. Di fronte una grande cucina di mattoni con un forno enorme. Victor Bewyasm scelse il recipiente più adatto e cominciò a versare gli ingredienti uno lasciando in sospeso il vasetto con la scritta “ desideri”. Per l’impasto si servì delle sue ossute mani. Lavorò con molta energia fino a quando non venne fuori una bella palla di pasta frolla. La cosparse di farina e con l’ausilio di un coltello rosso iniziò a tagliarne alcuni pezzi. Il primo pezzo e il secondo pezzo li allungò facendone venire fuori delle gambe. Il terzo pezzo lo stese con il mattarello. Era la parte centrale del corpo. Passò poi al quarto e al quinto pezzo che allungò per formare braccia e mani. Con tanta minuzia prese una forchetta e ricavò dalla pasta cinque dita. L’ultimo pezzo era la testa. Quell’enorme biscotto aveva davvero le sembianze di un uomo di pasta frolla. Si allungò verso una credenza rosa pesca e prese vari tipi di colorante. Spennellò una ad una le singole parti del corpo. Con degli avanzi di pasta creò dei bottoni verdi, lilla e gialli. Guardò quel corpo di pasta frolla con tanta emozione e timore. Prese poi il barattolo con la scritta “desideri” e pronunciò le parole: «Vai o mio desiderio, parti e torna da me con ciò che sta in fondo al cuore mio: Kinokia». Si avvicinò al forno sempre pronto a cuocere qualsiasi cosa e ripose il vassoio con l’impasto di pasta frolla. Lo chiuse e girò la manopola della temperatura di colore turchese. Poi girò il suo antico timer a forma di biscotto e lo programmò per venti minuti circa. Venti minuti

cominciavano a sembrare un’eternità. Chissà cosa ne sarebbe venuto fuori. Sarebbe stato deforme il suo uomo di pasta frolla? Sarebbe stato in grado di far risorgere Kinokia? Si sarebbe spezzato al minimo movimento? Victor Bewyasm impaziente andò su e giù per il passaggio segreto del laboratorio molte molte volte. Con il suo orecchio arrossato cercava di capire se c’erano persone fuori. Sentiva voci di bambini entusiasti di aver utilizzato gli scii per la prima volta. Guardava quel timer girare e mentre girava ripercorreva con la mente tutti i momenti della sua vita. Insieme al ticchettio giravano le immagini delle quattro stagioni. In ogni stagione c’era lui con un suo momento speciale. C’era lui con la sua dolce solitudine a chiedersi perché la principessa Peruaci fosse stata brutalmente fatta fuori. C’era lui nell’ultimo minuto di timer ad immaginarsi il suo uomo di pasta frolla. Il timer suonò. Venti minuti erano trascorsi. Aprì il forno. Tirò fuori un uomo biscottato. Purtroppo non aveva l’aspetto che sperava. Così, deluso, lo ripose sul tavolo e lo coprì con della carta forno. Al massimo l’avrebbe servito ai bimbi che passavano dalle sue parti a sciare. Fece per spegnere la luce del laboratorio quando sentì qualcosa muoversi. Si voltò. C’era un ragazzo seduto in mezzo al tavolo. Era un fanciullo incantevole con sembianze umane. Fatto di carne ed ossa. L’aspetto era bellissimo e aveva degli occhi dolcissimi. Felice e pimpante di gioia Victor Bewyasm si presentò al giovane uomo nato dalla pasta frolla e gli diede un nome: Pesoj. Conquistando il tempo che

Il vecchio cioccolatiereviveva in un cottage.

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passare di lì, Sojuta, una ragazza passata da quelle parti per caso mentre faceva allenamento sulla neve. Non era in quel luogo come turista. Zoppicava perché si era slogata una caviglia e non avendo nulla con cui medicarsi cercava aiuto. Alzando la testa notò il volto di Pesoj alla finestra del cottage di legno. Con qualche piccolo sforzo si avvicinò alla porta. Rendendosi conto che era

sempre scorreva veloce, iniziò sin da subito ad impartirgli le giuste lezioni per essere un valido guerriero e valido sovrano del nuovo regno di Kinokia. Ogni giorno della settimana era dedicato ad una lezione. Gli leggeva le più belle fiabe d’amore attraverso le quali cercava di insegnargli anche il galateo. Molto ci teneva il vecchio Victor Bewyasm affinché il suo figlio di pasta frolla avesse buone maniere con il prossimo. Legge suprema di Kinokia era infatti l’amore in ogni sua forma. Soprattutto gli dava lezioni di cucina affinché potesse preparare i dolci fatati. Un mattino, mentre scriveva una ricetta morì. Aveva un segreto da rivelargli. Si trattava del segreto nascosto nel laboratorio che avrebbe fatto tornare in vita il regno di Kinokia. Aveva sconfitto il sortilegio dell’immortalità e dunque significava che la ricetta era andata a buon

fine. Il regno di Kinokia sarebbe presto tornato a splendere. Sconvolto Pesoj passò molto tempo a vivere da solo in solitudine in quel cottage e non riusciva a dialogare con nessuno perché era ossessionato dalla ricerca del segreto. Salutava qualche gruppo di bambini di tanto in tanto ma si faceva vedere molto poco. Durante uno dei tanti tramonti che Pesoi guardava solo e pensoso, si trovò a

Victor Bewyasm - si muove pensieroso per il suo laboratorio.

Omino di pasta frolla - con dentro il segreto dei segreti.

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Sojuta diede la buona notte a Pesoj. Il giovane intimorito ma felice di trovarsi in una casa circondato da persone, non chiuse occhio tutta la notte. Aspettò l’alba avvolto nella coperta di lana arancione a chiedersi come poteva ricambiare l’ospitalità. Si voltò e vide un quadro che raffiugrava il Sole. Fu in quell’attimo che ebbe un’idea geniale. Si recò in cucina dove la sera prima aveva bevuto una tazza di caffè. Aprì mobili, credenza e frigorifero e iniziò a mettersi all’opera. Il profumo di cannella e cioccolato cominciò ad

espandersi per tutta la casa e a passare sotto il naso di tutti gli abitanti della casa. Sojuta scese in cucina incuriosita e desiderosa di preparare una buona colazione a Pesoj. Dovette ricredersi perché trovò il tavolo imbandito di ogni cosa. Biscotti al cioccolato, ciambelle con marmellata e crostate. Latte e caffè già miscelati e succo d’arancia. A seguire arrivarono i genitori di Sojuta che sembrarono apprezzare il gesto di Pesoj. Mentre mangiavano tutti i membri della famiglia iniziarono ad addolcire i lineamenti del volto e a

già aperta decise di entrarci. Si trovò davanti uno spettacolo sublime. Sculture, angeli, fate, cuori, bimbi fatti di pasta frolla. Chiese più volte se in casa ci fosse qualcuno ma non ebbe risposta. Continuò così a curiosare fin quando non si trovò sulla botola che portava al laboratorio segreto. La alzò e pur con qualche difficoltà per la caviglia dolorante, scese le scale una ad una. Si trovò in un laboratorio dove al tavolo c’era un ragazzo dall’aspetto rassicurante e dal viso buono, Pesoj. Con la schiena robusta e i movimenti eleganti, il giovane uomo si voltò a chiedere ad Sojuta come poteva esserle d’aiuto. Lei gli mostrò la caviglia dolorante e, tra un impacco di ghiaccio e l’altro, iniziarono a conversare. Era la prima volta che Pesoj si apriva e raccontava la sua vita. Raccontò alla piccola Sojuta, dai capelli mossi rosso rame e gli occhioni verdi, che viveva solo da molti anni e di non avere nessuno e di essere cresciuto in maniera atipica. Stava per spiegarle come era nato ma la fanciulla intenerita si propose di aiutarlo. Lo invitò a seguirla e a stare a casa sua come ospite per il tempo che bastava a costruirsi una vita vera. Quando Sojuta tornò a casa con un uomo sconosciuto e mai visto prima, nessuno dei membri della sua famiglia era favorevole. Li dovette pregare in ginocchio affinché accettassero di ospitarlo fino quando non si arresero. A Pesoj fu dato un posto letto sul divano e qualche coperta di lana che profumava di sapone presa dall’armadio appositamente per lui.

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Profumo - di cioccolata e cannella inebriano l’ambiente.

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scambiarsi tenerezze reciproche. Le doti culinarie di Pesoj furono apprezzate al punto tale che la madre di Sojuta decise di presentarlo ai vicini. Pian piano tutti, iniziando a provare affetto per il giovane e provando gusto nell’assaggiare i suoi manicaretti, decisero di commissionargli la preparazione di dolci

si amava. Fu in quel momento che il giovane uomo capì che pur non conoscendo il segreto dei segreti nascosto nel laboratorio, stava iniziando a compiere la volontà di suo padre Victor Bewyasm. Più realizzava prodotti da forno e più l’anima degli abitanti di Kinokia veniva fuori. Ogni giorno che passava Sojuta si innamorava di sempre più di Peroj e iniziò a guardarlo con occhi diversi. Era incantata da lui, dai suoi modi di fare e dalla sua purezza d’animo. Il sentimento sembrava

personalizzati in modo tale da aiutarlo anche economicamente. I dolci di Pesoj sembravano avere uno strano effetto sulle persone. Aprivano i loro cuori e scioglievano anche quelli più duri. Molto frequenti furono gli episodi di riappacificazione tra persone che non si parlavano più. Chi si odiava improvvisamente

reciproco tanto che Peroj, ogni giorno, preparava dei biscotti speciali solo per lei. Aveva scelto di non dichiararsi ancora. Prima doveva compiere la missione per la quale era stato creato: Kinokia. Sojuta aveva già un fidanzato, Tim, un ragazzo dal cuore non proprio puro che decise di mettere i bastoni tra le ruote al povero Peroj. Fu in occasione della preparazione dei biscotti per una festa di quartiere che Tim riuscì a mettere Peroj nei guai. In realtà, lo spirito di Dostoluck si era

reincarnato in Tim ma Peroj non lo aveva ancora capito. Approfittando della sua bontà escogitò un diabolico piano per rovinargli la reputazione. Fingendosi appassionato di cake design e coloranti, indusse Peroj a provarli per farcire i suoi biscotti. Si trattava in realtà di veleno. Peroj passò molte ore a preparare i biscotti, erano circa 400. Erano di varie forme e colori. Il giorno della festa di quartiere li portò e li distribuì con molto orgoglio. Una donna sulla

cinquantina dai capelli neri raccolti e con un abito verde acqua assaggiò con tutta la sua golosità il primo biscotto che masticò con le sue guancette paffute. Pochi attimi dopo la donna fu colta da un malore e Peroj fu accusato di tentato omicidio. Grazie a quell’episodio capì che il momento della rivincita contro Dostloluk era arrivato. Decise così di fuggire via correndo verso la sua vecchia casa in montagna alla ricerca del segreto di laboratorio. Vasetti - liberano

allegria ed amore.

Laboratorio - si apre verso nuove dimensioni inesplorate.

La vita è come i dolci. Puoi avere tutti gli ingredienti e le istruzioni della ricetta, ma non basta perché siano realmente buoni.

Alessandro D’Avenia

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Sojuta corse a cercarlo. Non riusciva a stargli dietro perché correva troppo. Lo trovò poi alla riva di un lago ghiacciato. Peroj avvertendo la sua presenza le confessò di aver scoperto il sentimento d’amore che lei teneva nascosto nel cuore e di ricambiarlo. Fu in quel momento che Sojuta ebbe prova che Peroj possedeva qualcosa di superiore, qualcosa di magico. Non era di questa terra. Peroj le raccontò la storia di Kinokia, dei magici dolciumi e di Dostoluck che era tornato per impedirgli di far risorgere Kinokia. Lui le chiese

dolcemente di assaggiare la sua anima. Mentre stavano per sancire il loro amore, arrivò Dostoluk sotto le sembianze di Tim minacciando di sparare se non avesse lasciato libera Sojuta. Il gesto di Tim/Dostoluk acuì ancora di più la volontà della giovane donna dai capelli ramati tanto da schierarsi davanti a Peroj per proteggerlo. Avrebbe preferito essere colpita a morte piuttosto che perdere il vero amore. Per questo motivo tirò fuori dalla tasca uno dei biscotti avvelenati addentandolo. Peroj, per evitare che la donna che

amava mangiasse il biscotto avvelenato, si precipitò sulle sue labbra. Di conseguenza Ti/mDostoluk, ferito dalla sconfitta, gettò la sua arma tra gli alberi e si trasformò in una bolla nera che scoppiò all’istante. Purtroppo nulla fu utile per salvare la vita di Sojuta che morì d’amore per Peroj il quale, ingerendo a sua volta pezzi del biscotto avvelenato, tornò pasta frolla finendo in mille briciole. La storia, il sortilegio di Dostoluk sembravano confermarsi. Sojuta era scomparsa come la principessa Peruaci. Eppure, senza un motivo apparente,

Un’alba - Qualcuno con un cappello rosso si indrodusse nel cottage di montagna, aprì la botola del laboratorio segreto con la sicurezza di chi era stato già lì e ruppe le uova turchesi nella ciotola di cristallo.

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il cielo si rischiarò, la neve cominciò a sciogliersi e il sole iniziò a splendere alto nel cielo. Il segreto per far risorgere Kinokia stava nell’amore puro. Ecco qual era il segreto nascosto nel laboratorio. Amore puro sopra ogni cosa. Kinokia stava per tornare in auge perché in quella terra nello stesso punto dove secoli e secoli prima la principessa Peruaci e il popolo di Kinokia erano stati cancellati si era compiuto il

più dolce gesto d’amore. Da quel momento in poi tutti coloro che avevano assaggiato i biscotti fatati iniziarono a parlare di Kinokia e a definirsi Kinokiani. Soprattutto si iniziò a narrare che tutti gli amanti che si baciavano in quel luogo dovevano avere con sé dei biscotti perché è lì che ebbe origine la leggenda del bacio sulle labbra come segno d’amore. Di Peroj e Sojuta nessuno più seppe nulla se non che i

TurchesiEcco un uovo turchese

che l’uomo dal cappello rosso ruppe

nella citola di cristallo.

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loro spiriti avrebbero agito per sempre insieme agli angeli dell’amore per fare incontrare le anime di fiamma gemella di tutto il mondo. Eppure all’alba, qualcuno con un cappello rosso si introdusse nel cottage di montagna, aprì la botola del laboratorio segreto con la sicurezza di chi era stato li già altre volte, accese la luce e ruppe delle uova turchesi in una ciotola di cristallo.

L’amoreE pian piano, tra una ragazza passata per caso e l’uomo nato dalla pasta frolla può nascere un amore puro e sincero.

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