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  • Dirigere la scienza al femminile

    a cura di M. Carolina Brandi

    Imppaagginaazioone e ggraaficcaa Conosci per scegliere editrice s.c.

    SStaamppaa Tipografia Ostiense - Roma

    Edditooree Consiglio Nazionale delle Ricerche - Roma

    Copyright © 2013, Consiglio Nazionale delle Ricerche

    La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte

  • Indice

    PrefazioneIntroduzione

    Dott.ssa Cristina SabbioniDirettore dell’Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima

    (ISAC), Dip. Scienze del sistema Terra e tecnologie per l’am-

    biente

    Dott.ssa Sonia TonariniDirettore dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse (IGG), Dip.

    Scienze del sistema Terra e tecnologie per l’ambiente

    Prof.ssa Clara BalsanoDirettore dell’Istituto di Biologia e Patologia Molecolari

    (IBPM), Dip. Scienze biomediche

    Prof.ssa Maria Carla GilardiDirettore dell’Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare

    (IBFM), Dip. Scienze biomediche

    Dott.ssa Anne Marie TeuleDirettore dell’Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia

    (IBCN), Dip. Scienze biomediche

    Dott.ssa Lidietta GiornoDirettore dell’Istituto per la Tecnologia delle Membrane (ITM),

    Dip. Scienze chimiche e tecnologie dei materiali

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  • Dott.ssa Barbara NicolausDirettore dell’Istituto di Chimica Biomolecolare (ICB), Dip.

    Scienze chimiche e tecnologie dei materiali

    Dott.ssa Giuseppina PadelettiDirettore f.f. dell’Istituto per lo Studio dei Materiali Nano

    strutturati (ISMN), Dip. Scienze chimiche e tecnologie dei

    materiali

    Dott.ssa Incoronata TrittoDirettore dell’Istituto per lo Studio delle Macromolecole

    (ISMAC), Dip. Scienze chimiche e tecnologie dei materiali

    Dott.ssa Lucia SorbaDirettore dell’Istituto Nanoscienze (NANO), Dip. Scienze

    Fisiche e Tecnologie della Materia

    Dott.ssa Alida BellosiDirettore dell’Istituto di Scienza e Tecnologia dei Materiali

    Ceramici (ISTEC), Dip. Ingegneria, ICT e Tecnologie per

    l’Energia e i Trasporti

    Ing. Paola BertolazziDirettore dell’Istituto di Analisi dei Sistemi ed Informatica

    "Antonio Ruberti" (IASI), Dip. Ingegneria, ICT e tecnologie per

    l’energia e i trasporti

    Dott.ssa Bianca Maria VagliecoDirettore dell’Istituto motori (IM), Dip. Ingegneria, ICT e tec-

    nologie per l’energia e i trasporti

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  • Dott.ssa Sveva AvvedutoDirettore dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politi-

    che sociali (IRPPS), Dip. Scienze umane e sociali, patrimonio

    culturale

    Dott.ssa Rosa BottinoDirettore dell’Istituto Tecnologie Didattiche (ITD), Dip. Scienze

    umane e sociali, patrimonio culturale

    Dott.ssa Antonella EminaDirettore dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea

    (ISEM), Dip. Scienze umane e sociali, patrimonio culturale

    Dott.ssa Manuela SannaDirettore dell’Istituto per la Storia del Pensiero Filosofico e

    Scientifico Moderno (ISPF), Dip. Scienze umane e sociali,

    patrimonio culturale

    Dott.ssa Paola SantoroDirettore dell’Istituto di Studi sul Mediterraneo Antico (ISMA),

    Dip. Scienze umane e sociali, patrimonio culturale

    Dott.ssa Daniela TiscorniaDirettore dell’Istituto Teorie e Tecniche dell’Informazione

    Giuridica (ITTIG), Dip. Scienze umane e sociali, patrimonio

    culturale

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  • Prefazione

    Sono trascorsi 90 anni dalla fondazione del Consiglio Nazionaledelle Ricerche ed il Comitato Unico di Garanzia per le pariopportunità e contro le discriminazioni (CUG CNR) ha pensatodi celebrare questa ricorrenza ponendo all’attenzione delle col-leghe e dei colleghi l’esperienza di quelle donne che, avendoraggiunto rilevanti risultati scientifici, sono state incaricate anchedella direzione di importanti organi di ricerca dell’Ente.

    È infatti ben noto che la percentuale femminile tra i ricercato-ri, pur se è andata aumentando nell’ultimo quarto di secolo, siè sempre mantenuta piuttosto bassa e molto inferiore alla per-centuale demografica1.

    I dati elaborati dal Comitato2 mostrano come le donne trovinomolta difficoltà a farsi spazio nella classe dirigente del maggiorEnte di ricerca italiano. Il risultato dell’azione di analisi dei dati el’impegno e la sollecitazione al riequilibrio della rappresentanzadi genere si è manifestata negli ultimi anni con una sempre mag-giore attenzione al problema della parità anche nel CNR.

    Da parte nostra consideriamo un successo il nostro lungo edoscuro lavoro che, oltre a gratificare le nostre eccellenze femmi-nili in termini di maggiore presenza, si sta rivelando utile ad intro-durre nel management dell’Ente un punto di vista di genere comechiave di lettura di tutta l’attività organizzativo-gestionale, chedovrà riorientare le scelte future, evitando così la dispersione o la

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    1 Vedi, ad esempio, M.C. Brandi, M.G. Caruso, L. Cerbara e C. Crescimbene Le risor-se per la ricerca scientifica negli ultimi 40 anni in ITALIA 150 ANNI: popolazione, wel-fare, scienza e società, a cura di Sveva Avveduto, Roma, Gangemi Editore S.p.A.,2011.

    2 I dati resi disponibili dall’ing. Alessio Marchetti (Data Manager dell’Ente) sono statielaborati dalle dott.sse Giulia Barbiero e M. Rosaria Capobianco del CUG.

  • perdita consistente di capitale umano e professionale.Anche questa pubblicazione evidenzia come le donne riescano,

    indipendentemente dai propri meriti curriculari e accademici enonostante dotti innegabili di rigore, impegno e perseveranza, araggiungere i vertici della carriera: ad esempio, su 107 Istituti diRicerca del CNR, il principale Ente pubblico di ricerca italiano, solo20 sono diretti da donne3.

    Le domande rivolte alle Direttrici dei nostri Istituti rivelano unvissuto spesso faticoso in termini di rinunce personali, ma ricco digratificazioni intellettuali per gli obiettivi raggiunti e infine di capa-cità non comuni di coniugare l’impegno scientifico con il ruolomanageriale connesso all’incarico.

    Solo alcune, però, e spesso timidamente, ci hanno raccontato ladifficoltà di conciliare questi diversi ruoli con i carichi familiari, comese questo tema così importante nella loro vita, curiosamente, noncostituisse una delle criticità più gravi nella parità di genere.

    Una riflessione più attenta e approfondita su questo aspettosarà affrontato nel Convegno appositamente dedicato “Direttoree scienziata al CNR, un binomio possibile”.

    Infine la scelta di far parlare le donne attraverso la loro sto-ria ci è sembrato il modo migliore per festeggiare il 90° delCNR, facendo sì che le esperienze vissute possano essere diesempio e di incoraggiamento per le ricercatrici più giovani, chepur nelle asperità del percorso da affrontare coltivano la stessapassione e motivazione.

    Dott. Gabriella LiberatiPresidente del Comitato Unico di Garanzia

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    3 Non sono incluse le eventuali vincitrici di concorso per Direttore di Istituti CNR, deli-berate dopo il 30 settembre 2013.

  • Introduzione

    Questa pubblicazione dà voce alle Direttrici degli Istituti delCNR, che raccontano i propri percorsi di vita e scientifici in brevinote autobiografiche. Queste derivano da una serie di interviste“strutturate” a quante tra loro hanno voluto rispondere, che sonola quasi totalità.

    Il metodo di indagine utilizzato nell’intervista, è stato sceltoper diversi motivi.

    In primo luogo, anche se ovviamente le nostre domandecostituivano solo una guida per la stesura della nota autobiogra-fica e le intervistate erano lasciate libere di rispondere alle 10domande, non seguendo necessariamente lo schema stabilito edi approfondire e/o trattare anche aspetti più specifici.

    Inoltre si è cercato così, attraverso la disposizione di una“traccia”, di toccare diverse aree tematiche, facendo interagirepiani e livelli teorici differenti e appartenenti all’area macro(variabili esterne di carattere economico, politico e culturale, fat-tori strutturali ecc.), all’area intermedia (reti sociali e scientifiche)e all’area micro (fattori individuali).

    In particolare, le domande si articolavano in tre blocchi didomande. Il primo, riguardava le ragioni che hanno spinto leintervistate a dedicarsi alla ricerca ed al settore scientifico nelquale operano attualmente, il secondo, il percorso formativo e dicarriera, il terzo la propria esperienza di gestione di un organo diricerca del CNR, i problemi che si incontrano in questo incarico, isuggerimenti per migliorare la struttura dell’Ente e la sua retescientifica, i rapporti attuali tra ricerca e politica e l’evoluzione nel-l’arco della loro carriera.

    Tutte le risposte hanno sostanzialmente seguito questa trac-cia, permettendo, attraverso il confronto delle interviste, di far

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  • emergere somiglianze e differenze e, sulla base di questi ele-menti, sono venuti a delinearsi alcuni tipi di “uniformità soggia-centi”. Infatti, pur tenendo in conto le specificità dei rispettivi per-corsi scientifici, sono emersi fattori e dinamiche comuni su cuiavviare alcune riflessioni.

    Il fatto di avere in qualche modo indirizzato le interviste nonha escluso ovviamente la possibilità di utilizzare quello cheHannerz chiama “il metodo della serendipity”, ossia il trovareper caso una cosa mentre se ne cerca un’altra, formulando cosìnuove ipotesi.

    Ci auguriamo che questo nostro lavoro possa essere di aiutoa tutte le colleghe, specialmente a quelle più giovani che stannoora iniziando il proprio percorso nella ricerca.

    Attraverso il confronto delle interviste, al di là delle naturalidifferenze dovute al fatto di operare in settori scientifici molto dif-ferenti, emergono molti punti comuni nelle note autobiografiche.

    La principale uniformità, come per altro non era difficile pre-vedere, è stata quella di una grande passione per il propriolavoro, sia quando questa è stato frutto di una scelta giovanileperseguita con tenacia, sia quando vi si è giunte quasi per caso.

    Comune è anche la preoccupazione per il futuro della ricer-ca, in un momento nel quale le risorse umane ed economicheper questa attività vanno facendosi sempre più scarse. Questoelemento, appare in modo più o meno esplicito, ma è presentein tutte le interviste, mettendo in evidenza le difficoltà di chi, conmezzi a disposizione sempre più limitati, cerca di mantenere unalto livello scientifico. Non rara è anche la denuncia dei proble-mi relativi ai vincoli burocratici, imposti all’Ente, da una legisla-zione poco attenta alla specificità del lavoro di ricerca.

    Tuttavia, in tutte le interviste, è evidente una valutazione larga-mente positiva del CNR e delle sue grandi potenzialità scientifi-che, soprattutto in campi di ricerca interdisciplinari.

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  • Un’ulteriore uniformità è quella del riconoscimento del ruoloavuto da un “maestro”, che mostra con chiarezza il ruolo essen-ziale, nella formazione della nuova conoscenza, dell’esistenza diuna “scuola” che permetta l’accumulo del sapere e quindi, percitare Isaac Newton, di “vedere più lontano perché si sta sullespalle di giganti”: questo importante aspetto del lavoro scientifi-co è oggi spesso sottovalutato.

    Vale anche sottolineare, come nella quasi totalità delle rispo-ste, le Direttrici ritengano di potere consigliare di intraprendereun percorso nella ricerca (che non poche definiscono come “ilmestiere più bello del mondo”) ad una giovane fortemente moti-vata e che senta di essere disposta ad affrontare i sacrifici e glisforzi che questa carriera richiede. Sul come affrontare questopercorso però i pareri si differenziano: se qualcuna teme che lasituazione attuale richieda poi inevitabilmente di emigrare inqualche nazione più attenta alla ricerca scientifica, altre ritengo-no invece che si possano avere prospettive nel nostro Paese,magari a patto di poter contare nel privato “su un compagno,comprensivo e disponibile” per riuscire a “rendere il camminomeno pesante”.

    Infine, bisogna notare come, anche se si prende atto del fattoche “per quanto riguarda i ruoli di management politico e ammi-nistrativo, prevale l’abitudine di privilegiare le figure maschili”,poche sono le intervistate che dichiarano di avere dovuto affron-tare effettive discriminazioni di genere: questo dato apparente-mente contraddice le nostre statistiche (basti a questo propositocitare l’ultima edizione del rapporto She figures4). Si potrebbesupporre come solo gli ambiti non discriminatori favoriscono leeccellenze, mentre in altri contesti le donne non emergono.

    Come avevamo anticipato, dal nostro lavoro emergonoanche alcuni risultati inaspettati. Tra questi, forse il più significa-tivo è stato quello di non aver rilevato, pur nelle ovvie differen-

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  • ze dei modi di raffrontarsi con le tematiche scientifiche, atteggia-menti sostanzialmente differenti tra le Direttrici di strutture cheoperano nelle scienze matematiche, fisiche, naturali e tecnologi-che e quelle che invece gestiscono istituti di scienze umane. Ciòin sostanza costituisce una conferma ulteriore del fatto che lascienza è fondamentalmente unitaria e che l’avere creato diffe-renze e barriere tra le scienze che si occupano dell’uomo e quel-le che si occupano della natura è un pregiudizio che andrebbesuperato.

    Dott.ssa M.Carolina BrandiMembro CUG - IRPPS CNR

    4 Hannerz, Ulf, Exploring the City. Inquires Toward an Urban Anthropology, New York,Columbia University Press, 1980 European Commission She figures http://ec.euro-pa.eu/research/science society/document_library/pdf_06/she figures 2012_en.pdf,2013).

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  • quello che fu poi il mio maestro, il Professor Ottavio Vittori.Spendo solo poche parole sul primo rapporto di lavoro

    che ho avuto con il CNR, per attualizzare la situazione cheviveva alla fine degli anni 70 il mondo della ricerca. C’eraallora il blocco delle borse di studio e dei concorsi, quindiper poter lavorare al CNR aprii una ditta artigiana per lariparazione di strumentazione scientifica e mi diedi unmassimo di due anni prima di fare concorsi al di fuori delCNR, dove avrei voluto restare.

    È a Ottavio Vittori che debbo tutto quello che so delmestiere di ricercatore. Ottavio è una delle due personegeniali che ho avuto la fortuna di conoscere nelle mia vitaed essere stata introdotta al mondo della ricerca con la suavisione del mondo, il suo stile, il suo senso di libertà e diirriverenza è stata una esperienza unica. “La ricerca non èuna raccolta di francobolli” e qui andare a discutere i risul-tati che avevo ottenuto non era mai cosa semplice.Cominciare a scrivere un articolo, appena si formulavauna ipotesi con i primi dati a disposizione, era un altrodegli esercizi che trovavo per lo meno prematuro e che èdiventato poi un metodo di lavoro. Che la ricerca e quindiil nostro lavoro dovesse esser giocato in un’arena interna-zionale era fuori discussione e questo ha fatto parte nonsolo del mio DNA, ma di quello dell’intero Istituto che hacreato. Lo ringrazio di tutto, in uno dei pochi modi cheforse avrebbe accettato: rivolgendogli un pensiero gratodalla cima di Monte Cimone, dove c’è l’Osservatoriometeo–climatico che l’Istituto gli ha dedicato e dove lui hacominciato a lavorare gettando le basi della fisica dell’at-mosfera in Italia.

    Dopo due anni al FISBAT, dei vari concorsi che ho tenta-to, vinsi un posto da ricercatore al centro di ricerca

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  • dell’ENEL CRTN (Centro Ricerca Termica e Nucleare) aMilano, dove mi sono occupata delle emissioni di gas eaerosol da centrali termoelettriche a olio e a carbone. Èstata un’esperienza importante e formativa in un grandeEnte, con notevole disponibilità di infrastrutture di ricerca efinanziamenti, che mi hanno consentito di svolgere e orga-nizzare una intensa attività sperimentale, oltre che impara-re molto sul piano della gestione e del coordinamento.

    Sono poi rientrata al CNR è ho avuto la possibilità dilavorare da subito nell’ambito di progetti finanziati dall’al-lora CEE (Comunità Economica Europea) nel primoProgramma Quadro di Ricerca (ricevevamo finanziamentiin Ecu, per dare il senso della prospettiva temporale).Lavorare con continuità a livello europeo è stata uno deimiei obiettivi. Ho quindi partecipato e coordinato progettiincentrati sull’impatto dell’inquinamento atmosferico, delclima e del microclima sul patrimonio culturale.

    Ho avuto anche l’opportunità di svolgere vari incarichipresso la Direzione Generale Ricerca della CommissioneEuropea, fra cui il ruolo di Chair dell’Expert AdvisoryGroup dell’Azione Chiave “La città del Futuro” nel 5°Programma Quadro.

    Da 13 anni insegno all’Università di Bologna, ora anchenell’ambito di un corso di laurea internazionale: insegnaremi piace e non mi capita mai di chiedermi cosa abbiacombinato dopo una giornata di docenza.

    A livello di gestione manageriale il ruolo di Direttore F.F.dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima (ISAC),che ricopro da 2010, è sicuramente l’esperienza piùimportante per le dimensioni, la struttura e il livello di com-petenze dell’Istituto. ISAC è articolato in 7 Sedi di ricerca,ha 109 unità di personale strutturato, di cui 80

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  • ricercatori/tecnologi, 15 tecnici e 14 amministrativi, e gesti-sce una consistente infrastruttura per il monitoraggio atmo-sferico costituita da laboratori e 7 osservatori permanentidi cui 2 ad alta quota (la Stazione "Ottavio Vittori" a M.teCimone e il Climate Observatory – Pyramid in Himalaya).L’Istituto si occupa di clima, osservazioni della terra emeteorologia, oceanografia, composizione dell’atmosferae dispersione di inquinanti, incluse le problematiche con-nesse all’impatto sulla salute, sugli ecosistemi e sul patri-monio culturale. ISAC produce ricerca di eccellenza ed èpienamente integrato nel contesto internazionale che sioccupa di monitorare l’atmosfera, descriverne l’evoluzionee i suoi cambiamenti, passati e futuri.

    Gli aspetti di maggiore impegno che comporta laDirezione di un Istituto delle dimensioni dell’ISAC sonosicuramente la gestione del personale e delle infrastrutturedi ricerca. A questo si aggiungono le criticità che coincido-no in larga parte con le problematiche generali dell’Ente edel sistema ricerca italiano, prima fra tutte le ridotte dispo-nibilità di risorse per R&S e la mancanza di continuità nellapolitica nazionale della ricerca.

    All’interno del CNR va rafforzato il senso di appartenen-za all’Ente attraverso una maggiore comunicazione verso iricercatori e verso la struttura di gestione della rete delCNR, Istituti e Dipartimenti. Obiettivi condivisi, maggiorecircolazione delle informazioni e trasparenza nei bilancisono punti sui quali si deve basare la gestione dell’Ente.

    I rapporti fra ricerca e politica sono decisamente cam-biati negli ultimi anni verso una maggiore consapevolezzadel ruolo che la ricerca deve avere nella società, non solonella diffusione dei risultati, ma anche nel coinvolgereimprese e utilizzatori nel processo di implementazione

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  • della ricerca stessa. In questo senso il CNR è evoluto raf-forzando la multidisciplinarità che lo caratterizza, passan-do da una struttura disciplinare (fisica, chimica, etc.) aDipartimenti creati su base tematica. Infine la politicanazionale della ricerca sta puntando su una maggioreinternazionalizzazione, attraverso una correlazione fra lepriorità sostenute in Horizon2020, le Azioni diProgrammazione Congiunta (JPI) e la preparazione delPiano Nazionale della Ricerca.

    A una giovane laureata mi sento di suggerire di fare laricercatrice, perché lo ritengo ancora oggi il lavoro piùbello del mondo, nonostante tutto e nonostante il tanto damigliorare e da cambiare, come del resto accade in tantialtri ambiti lavorativi.

    Sulle tematiche di ricerca sono le aspirazioni e gli inte-ressi personali che debbono prevalere. Posso solo far nota-re, che pur dovendo un ricercatore guardare al mondo, lescienze ambientali, in cui opero, non potranno mai esserecompletamente delocalizzate. Quindi prospettive ci saran-no anche in Italia.

    Consigli posso darne solo perché so che vengono giu-stamente quasi sempre inascoltati.

    E sono avere fiducia in se stessi, avere passione e averetenacia.

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  • L’Università, gli esami, la tesi sono stati passi dovuti enecessari per colmare, almeno in parte, le carenze dellamia preparazione. Anche gli anni universitari sono statistrani: da una parte ero già una ricercatrice che pubblica-va e collaborava con numerosi ricercatori universitari; dal-l’altra una studentessa che faticava a preparare gli esamispecialmente quelli relativi a discipline più distanti dallageochimica. Ed è stato durante la preparazione della tesidi laurea che ho incominciato a lavorare con il ProfFabrizio Innocenti, altra figura fondamentale nel mio per-corso lavorativo. Da lui ho imparato la rigorosità del meto-do scientifico, la pazienza e il contraddittorio, oltre all’umil-tà che necessariamente accompagnano il lavoro scientifi-co. I grandi temi della ricerca internazionale e in particola-re lo studio dei complessi processi che avvengono nellezone di subduzione (aree particolarmente importanti siaper la formazione di nuova crosta sia per il riciclaggio dimateriali superficiali nel mantello terrestre) sono entratinella mia ricerca con il Prof. W.P. Leeman. Vorrei però sot-tolineare che sono stati tanti i ricercatori, i professori uni-versitari e i tecnici dei laboratori che hanno avuto un ruoloimportante nel mio percorso scientifico: da tutti, indistinta-mente ho imparato qualcosa.

    L’Istituto che mi trovo a dirigere (come direttore facentefunzione) conta oltre 90 unità di personale CNR e circa 60ricercatori associati (prevalentemente universitari). L’Istitutodi Geoscienze e Georisorse nasce nel 2002 dalla fusionedi sette Centri CNR ospitati nelle Università di Torino, Pavia,Padova, Firenze, Pisa e Roma e di due Istituti presentinell’Area della Ricerca di Pisa. Ed è proprio per come ènato che l’IGG è un Istituto eterogeneo anche se accumu-nato da importanti apparecchiature scientifiche e indirizza-

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  • to prevalentemente alla geochimica e alla geotermia.Sebbene l’IGG abbia un’alta produttività scientifica (siaquantitativa che qualitativa) soffre molto per la mancanzadi una politica di rinnovamento e mantenimento della piat-taforma strumentale, politica ormai abbandonata dal CNRda 20 anni. Nella mia esperienza alla direzione dell’istitu-to mi sono resa conto che sarebbe auspicabile che il ruolodi direttore venisse attribuito a manager con competenzeamministrative in grado di organizzare al meglio la masto-dontica burocrazia di cui è vittima il CNR. I ricercatori sonoin grado di presentare programmi e/o progetti a tutte leagenzie di finanziamento, hanno idee e grande capacitàlavorativa. Quello di cui hanno bisogno sono infrastruttureanalitiche e di servizio all’avanguardia su cui basarsi perpresentare e svolgere i loro progetti, infrastrutture chedovrebbero essere garantite a livello nazionale. Ancora,come ricercatrice sento la necessità di lavorare in un Entecon regole precise e codificate, non più affidate alle cono-scenze individuali degli amministrativi della sede centraleche si barcamenano tra leggi, circolari, delibere etc. sia delCNR che della Funzione Pubblica, quest’ultima con regola-menti che mal si adattano ai lavoratori della ricerca.Sarebbe inoltre opportuno organizzare la ricerca degli Entipubblici e delle Università in forme più consone a sfruttarele opportunità che la Comunità Europea mette a disposi-zione, come ad esempio le istituzioni di laboratori europeianche in Italia.

    Avendo lavorato nel CNR dal lontano 1973 posso testi-moniare un radicale cambiamento del ruolo della politicanel CNR: per molti anni la politica ha dato le linee guidagenerali, gli obiettivi che il CNR doveva perseguire ma, neilaboratori e negli istituti non si è mai avvertita un’invasione

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  • di campo. Oggi si avverte sempre più pesantemente ilruolo della polita nella gestione della ricerca. A mio avvi-so, questo è dovuto alla ormai cronica mancanza di fondiordinari (l’IGG aveva un’assegnazione ordinaria di700.000 euro nel 2002 e di 80.000 euro nel 2012) che hadeterminato un ruolo sempre più importante degli EntiLocali; Enti che richiedono al CNR attività anche importan-ti ma locali e determinate da emergenze più che indirizza-re verso una programmazione a lungo termine consonaalle future necessità del Paese.

    L’ultima questione sulla quale chiedete un commento èveramente difficile e richiede di essere affrontata su duepiani diversi. Sul piano razionale, ad una figlia direi di nondedicarsi alla ricerca in Italia, troppi lacci e lacciuoli, lun-ghi anni di precariato senza possibilità di programmare leattività lavorative e di conseguenza la vita privata. Sulpiano emotivo non posso che dire che la ricerca è un granbel modo di lavorare: risolvere un problema dopo tantotempo passato nei laboratori e studiando le esperienze dialtri ricercatori è una gratificazione profonda che ci spingea fare e dare sempre di più. Se poi si è fortunati e, comenel mio caso, arrivano anche i riconoscimenti dei colleghie delle Istituzioni è proprio il massimo.

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  • lungo periodo lavorativo a Parigi, in adorabile anonimato,presso il laboratorio di "Biochimie Genetique" dell'HopitalCochin. Poco più di tre anni passati a lavorare per un pro-getto di ricerca finalizzato a creare topi transgenici cheesprimevano la proteina X del virus B dell'epatite, giungen-do, nel 1992, a svolgere attività d’insegnamento pressol'Università di Parigi V. Difficile raccontare in poche parolequell’indimenticabile esperienza. Diciamo che l'ho vissutacome una sorta di prova del fuoco, l'iniziazione ad unmondo ancora prevalentemente maschile e fortementeintriso di spirito competitivo. Credo di essermela cavatabene, affinando il carattere e, soprattutto, il metodo dilavoro.

    Da quel momento in poi – avevo meno di trent'anni –decisi che la mia carriera professionale si sarebbe svilup-pata su tre piani complementari: la didattica, la ricerca el’assistenza. Ero convinta, allora come adesso, della reci-proca e continua influenza che si determina tra le tre atti-vità: un buon medico è spesso anche un buon docente equalche volta un buon ricercatore, e viceversa. In un certosenso, la stessa clinica si poggia su questi pilastri, a cui siaggiunge l'esperienza, la pazienza e una specie di “visnaturalis”, una predisposizione caratteriale e spirituale alladiagnosi ed alla gestione della terapia.

    Allora, ecco in breve i punti salienti del mio cursus, che siriassumono, partendo dagli albori, in una borsa di studioconseguita nel 1990 presso l'European Molecolar BiologyOrganization (EMBO) per ricerche sullo studio dell'epatocar-cinoma, e nel superamento – dopo multiformi e faticoseesperienze di didattica, assistenza e ricerca – del concorso diProfessore Associato di Medicina Interna presso l'Universitàdell'Aquila (1992), che mi conferisce l'anno successivo la

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  • responsabilità della docenza della Medicina Interna. In que-gli anni insegno non solo al Corso di Laurea in Medicina eChirurgia, ma anche al Corso in Laurea di Odontoiatria eProtesi Dentaria, Biotecnologie, Infermieristica, oltre ad inse-gnare presso numerose Scuole di Specializzazione (MedicinaInterna, Gastroenterologia, Cardiologia, Allergologia edImmunologia Clinica). In quel periodo sono anche responsa-bile del Laboratorio e dell’Ambulatorio di Epatologia Clinicasempre presso l’Università dell’Aquila.

    Comincia a questo punto l'intenso periodo del "doppiolavoro" scientifico, tra l'Università dell'Aquila, il Dipartimentodi Medicina Interna dell'Università “Sapienza” Università diRoma, dove sono responsabile del corretto svolgimento diprogetti di ricerca basati su trials clinici, e, come se nonbastasse, nello stesso periodo mi impegno, a creare e diri-gere il Laboratorio di Oncologia Virale e Molecolare dellaFondazione Francesco Balsano, già Fondazione AndreaCesalpino.

    Finalmente, nel 2006 vinco il concorso di ProfessoreOrdinario in Medicina Interna.

    Com’è nella natura delle cose di chi si occupa attivamen-te di ricerca sperimentale, gli impegni si moltiplicano. Diventovalutatore di progetti nazionali e internazionali, entrando nelnovero degli esperti del MIUR e del National Institute ofHealth (NIH), e vengo scelta come referee di un bel numerodi riviste scientifiche: Hepatology, Gastroenterology, Journalof Hepatology, Oncogene, Cancer Research, Journal of CellPhysiology, Liver International, etc.

    Partecipo, inoltre, all’attività scientifica di diverse socie-tà: Accademia delle Scienze, Accademia Medica di Roma,European Association for the Study of the Liver,Associazione Italiana per lo Studio del Fegato, Società

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  • Italiana di Medicina Interna, Società Italiana diGastroenterologia, Società Italiana di Biofisica e BiologiaMolecolare.

    Intanto, mi sono sposata (con un medico, ti pareva?) eho avuto la gioia di due adorabili figli. I miei cari sonosempre stati il motore propulsore della mia attività lavora-tiva, e un costante spunto di riflessione sulla vera essenzadella vita.

    Torniamo alla carriera; sviluppo un buon volume di atti-vità, soprattutto nel campo della ricerca: brevetti, pubblica-zioni, saggi, conferenze, lectiones magistralis. Il dettaglio sipuò leggere nel mio curriculum completo pubblicato sulsito istituzionale dell'IBPM.

    A questo punto non posso però evitare di far riferimen-to ad un’esperienza che è stata per me veramente impor-tante e formativa. Il 6 Aprile del 2009, un terribile terremo-to sconvolse la città dell'Aquila e distrusse gran parte dellenostre strutture universitarie, Il MIUR e l'Università deciserodi costituire una “task force” per rimettere in piedi non sologli edifici destinati alla didattica, ma anche i laboratori diricerca. Fui delegata a quest'ultima funzione, e trascorsiquasi due anni in una in una stanza del Ministero diPiazzale Kennedy (la 108, lo ricordo ancora), sviluppandoattività di ricognizione, analisi e supporto tecnico che, neltempo, hanno cominciato a dare importanti risultati. Alpunto che, nel giugno del 2013, il Ministro per la CoesioneTerritoriale, Professor Carlo Trigilia, ha dichiarato che ilGoverno si impegna per fare dell'Aquila una città della cul-tura e della ricerca, segnando in questo modo il progettodi ricostruzione e rilancio.

    Nel frattempo, mentre continuo a dividermi tra insegna-mento, ricerca ed attività assistenziale, si conclude la com-

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  • plessa procedura che mi consente di assumere la direzionedell’Istituto di Biologia e Patologia Molecolari (IBPM) del CNR.

    Un passaggio essenziale, il momento di maggior rilievodi un’esperienza che travalica un ventennio di attività lavo-rativa. Non intendo nascondere l’emozione del momento.Il Consiglio Nazionale delle Ricerche rappresenta l’orientedel movimento scientifico italiano, un punto di riferimentoper tutti gli uomini di cultura che ambiscono a costruire deicontenuti complessi, concorrendo alla crescita del proprioPaese e della comunità internazionale.

    Ovviamente, non può esserci edificazione senza orga-nizzazione; e in Italia, purtroppo, organizzarsi significa farei conti con l’amministrazione e la burocrazia. Bene, in pocopiù di un anno di lavoro all’IBPM, ho imparato a conosce-re il back–office di strutture che conseguono risultati rile-vanti anche a livello internazionale, non solo in virtù dellastraordinaria competenza ed abnegazione dei ricercatori,ma anche grazie all’aiuto della struttura amministrativache li sostiene.

    È vero, la nostra pubblicistica è densa di narrazioniamare, di storie di ricercatori incompresi costretti ad emi-grare, di potenzialità non utilizzate, di mancati collega-menti tra ricerca e industria. Eppure, l’idea che mi sonofatta praticando i laboratori del mio Istituto e gli uffici dire-zionali del CNR è che, indipendentemente dai pregiudizi eda alcuni episodi di palese sottovalutazione, il modello“anarchico” e “individualista”, sul quale si basa il fluireinterminabile della nostra attività, appare decisamentecompetitivo rispetto a situazioni e assetti molto più gerar-chizzati e omogenei. Con questo non voglio dire che l’ag-gregazione di competenze non dia più forza e capacitàcompetitiva, metto solo in luce una caratteristica di noi ita-

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  • liani: l’individualismo. Restiamo il Paese di Galilei e dellacocciutaggine intellettuale, che riesce a fare tesoro perfinodell’autoreferenzialità. Il Paese nel quale la ricerca pura,che non può essere, né ora né mai, considerata in basealla capacità produttiva, resta in cima ai pensieri di ogniricercatore che con forza e abnegazione si accinge adapprofondire le conoscenze relative la Medicina e leScienze della Vita.

    Mi si chiede quali siano i punti di forza e di debolezzadella magnifica struttura che ci ospita, ci assiste e ci nutre.Sarò leale e, facendo uso di quella che Daniel Golemanchiama “intelligenza emozionale”, elencherò le criticità cheavverto maggiormente:

    � esiste un problema di logistica; le strutture che ospi-tano i ricercatori sono spesso disagevoli, scomode,prive di quelle “amenities” che accompagnano ecolorano la giornata, innescando quel buon umoreche sta alla base della creatività;

    � la comunicazione circola con difficoltà. Non si hapercezione di un network attivo, capace di innescare“feedback” ad alto valore aggiunto. Non credo sia unproblema di tecnologie e strumenti; si tratta, in buonaparte, di un difetto d’impostazione. Dipendesse dame, proverei a proporre dei veri e propri “circoli diqualità”, alla maniera della vecchia Cambridge (tè epasticcini compresi);

    � manca una capacità strutturata e unitaria di negozia-zione sui finanziamenti disponibili su scala nazionalee internazionale. Penso ai copiosi fondi europei, adHorizon 2020, a tutte le occasioni che il sistema di“fund raising” rende disponibili. Parcellizzare la trat-

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  • tativa è sfiancante e improduttivo, forse sarebbenecessario un accorpamento della domanda, da affi-dare ad una struttura dedicata, che faciliti e organiz-zi il “matching” tra domanda e offerta;

    � si dovrebbe finalmente decidere e sottoscrivere achiare note come si articola ed evolve il nostro rap-porto con le Università. Ad oggi, i processi di ottimiz-zazione delle competenze mi sembrano ancora insuf-ficienti e contraddittori. Si può fare meglio.Decisamente di più.

    D’altra parte, vivendo all’interno della struttura, si percepi-sce l’esistenza di uno straordinario sedimento culturale, diuna conoscenza multiforme che si è accumulata attraversogenerazioni di studiosi, docenti e ricercatori, una cono-scenza che rende possibile, ancora oggi e nonostante lacongiuntura negativa, scommettere sul futuro dell’Italia.

    Dunque, spazio ai giovani! Ai quali consiglio di nonavere timore, e di addentrarsi nella foresta del nostromestiere animati di tanta motivazione, santa pazienza efiducia nei propri mezzi. Abbiamo una vasta platea di belleintelligenze, cresciute su una base formativa non soloquantitativa, ma anche qualitativa. Siamo figli di Leonardoe Galilei, è vero: ma anche di Virgilio, Leon Battista Alberti,Vivaldi, del liceo classico (che ho frequentato con grandis-sima gioia, decidendo lì del mio destino).

    Oggi ci si pone con insistenza il problema di una corret-ta politica di genere, e credo che questa rassegna biogra-fica abbia anche l’obiettivo di sottolineare i ritardi e gliscompensi che il nostro mondo determina per le pariopportunità. Sulla base della mia personale esperienza,debbo dire che – nel mondo della ricerca ed in particolare

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  • dentro il CNR – la differenza di genere non è così marca-ta come in altre attività lavorative. Anche se va detto che,ancora oggi, per quanto riguarda i ruoli di managementpolitico e amministrativo, prevale l’abitudine di privilegiarele figure maschili.

    In conclusione: da autodidatta per volontà (come dicevadi se stesso il grande musicista Pierre Boulez) sono convin-ta che esiste ancora un grande margine di crescita emiglioramento per la ricerca italiana. Gli obiettivi di ricon-versione sostenibile ed inclusiva del modello di crescitasono alla nostra portata, sia perché gli individui e le comu-nità ne sono consapevoli, sia perché le soluzioni – in medi-cina, in biologia, in economia, in scienze della terra – sonoin fondo a portata di mano.

    Sono una neofita del CNR. Eppure sono certa che da quinascerà una nuova prospettiva di futuro.

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  • ture per tomografia ad emissione (SPECT e PET) prime inItalia, ma prime anche a livello internazionale, e… nonsono più andata via. Le competenze in fisica erano indi-spensabili per il funzionamento di queste apparecchiature,per la loro caratterizzazione, per la messa a punto di pro-tocolli innovativi, per la valutazione e il miglioramentodella qualità delle immagini, e ho trovato dunque un ruoloin questo ambito.

    Sono stati anni di grande entusiasmo, con il senso cre-scente di partecipazione ad un progetto, che si sviluppavarapidamente con la direzione lungimirante del Prof.Ferruccio Fazio, inseguendo tecnologie a rapidissima evo-luzione, ampliando e consolidando progressivamente ilnostro gruppo di ricerca e aprendoci a collaborazioni coni maggiori centri del settore in Italia e nel mondo. Ho subi-to apprezzato la fatica ma anche il valore del lavoro inter-disciplinare. Lavorare insieme a medici, ingegneri, chimici,biologi, tecnici, ognuno con un proprio punto di vista, unproprio linguaggio, talvolta con qualche rigidità, è statouna sfida. Vinta, credo, con pazienza, attenzione, ascolto,lavorando insieme e portando sempre l’obiettivo finale inevidenza. Il gruppo è cresciuto e ha avuto modo di svilup-pare con successo linee di ricerca importanti, dall’uso delleimmagini nelle neuroscienze per lo studio delle funzionicognitive alla applicazione delle immagini nella stadiazio-ne dei tumori in oncologia. E in questo scenario si è crea-to anche un gruppo di ricercatori fisici e ingegneri, checonfrontandosi con queste tecnologie sofisticate e con ladomanda dei clinici, ha affiancato la ricerca clinica, pursalvaguardando e sviluppando una ricerca autonoma nelcampo della strumentazione biomedica e della elaborazio-ne delle immagini.

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  • L’esperienza all’estero, a Londra presso la MRCCyclotron Unit, culla di molte innovazioni nell’ambito dellaPET, allo sviluppo di alcune delle quali ho avuto il privilegiodi partecipare, è stata importante, rafforzando la mia auto-nomia nella ricerca.

    Mi sono formata con queste esperienze e con la guidadi un maestro, il Prof. Fazio. Ho imparato il metodo scien-tifico, ho imparato l’importanza di non perdere mai di vistal’obiettivo, cercando soluzioni, accettando gli insuccessi eimparando da questi, traendo soddisfazione dai successi,come tappe per un progetto più grande.

    Nel 2009 ho lasciato l’Università per ritornare al CNR edirigere l’IBFM. Si tratta di una esperienza importante chesto vivendo con grande intensità. L’IBFM è un Istituto didimensioni contenute, ma articolato, con tre sedi e moltiinteressi di ricerca tra loro accomunati principalmente dal-l’utilizzo di tecnologie, tra cui quelle delle bioimmagini equelle ICT. Con il nuovo incarico di Direttore, mi sonoposta come obiettivi prioritari di consolidare l’Istituto, soste-nere collaborazioni interne, aprire a collaborazioni ester-ne, soprattutto ringiovanire l’Istituto dando grande spazioai giovani ricercatori. Con la partecipazione attivadell’IBFM tutto, ricercatori, tecnici, amministrativi, e con ilsupporto del Consiglio di Istituto, abbiamo intrapreso ini-ziative per garantire la sostenibilità delle ricerche e pro-muoverne nuovi sviluppi. Abbiamo cercato e colto oppor-tunità, aderito a programmi di ricerca, sottomesso proget-ti, organizzato incontri. Importanti sono state le tante inizia-tive di aggregazioni, cluster, infrastrutture, a livello regio-nale, nazionale, europeo. Hanno permesso nuove collabo-razioni, nuove sinergie, nuovi progetti, hanno permesso difare rete, scoprire competenze in Istituti CNR e gruppi di

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  • ricerca vicini, che non conoscevamo, e con cui sono possi-bili stimolanti collaborazioni. E in parallelo a questa inten-sa attività progettuale, la produttività scientifica dell’Istitutoè in crescita.

    Nel complesso, in questa mia recente esperienza, horitrovato un CNR in corso di trasformazione e di rinnova-mento, in cerca di risposte ai mutamenti sociali, economi-ci, politici. Le difficoltà sono indubbiamente tante. Le criti-cità e complessità che ogni giorno incontriamo sono ogget-tive e ogni giorno in crescita. Le risorse limitate, la difficol-tà nella programmazione, l’irrigidimento delle procedure,la burocratizzazione dei processi, che non sono solo CNR,né solo italiani, ma di sistema, sono motivo di preoccupa-zione, talvolta di scoraggiamento e frustrazione.

    In questi anni ho tuttavia trovato nel CNR anche, forte,evidente, il senso di appartenenza all’Istituzione, l’orgoglioper i tanti successi, purtroppo forse talvolta sottovalutati emisconosciuti, un capitale di conoscenze e competenzeunico, un’energia feconda. Abbiamo bisogno di dare giu-sta soddisfazione a questa ricchezza. Per questo, abbiamobisogno di riconoscerci in una politica che crede nellaricerca e nella innovazione come via per la crescita delPaese, anche in momenti bui come quello che stiamovivendo, e che, sulla base di questo convincimento, ricor-dando le parole del Presidente Napolitano in occasione dei90 anni del CNR, garantisce alle persone che fanno ricer-ca la serenità necessaria per dare il meglio con la passio-ne di cui sono capaci. Abbiamo bisogno di ritrovare valorirobusti e condivisi che facciano da perno, dando la giustadimensione alle regole e ai regolamenti.

    In questo processo di rinnovamento che il CNR tuttocerca e chiede, un ruolo fondamentale è ovviamente quel-

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  • lo dei giovani ricercatori. I giovani esigono tanto e dannotantissimo. Esigono obiettivi chiari e strategie, esigono cheil sistema funzioni, e ne hanno diritto, ti pongono di frontealle responsabilità. Al contempo, portano aria fresca, entu-siasmo, motivazione, stimoli, pensieri nuovi e modo nuovodi pensare, velocità, dinamica, prospettive. È a loro chedobbiamo guardare, sono loro che dobbiamo ascoltare, èsulla loro energia che dobbiamo fare leva.

    So di essere stata fortunata. Ho fatto ricerca in un ambi-to, quello dell’imaging biomedico, in anni rivoluzionari,cavalcando l’onda delle innovazioni tecnologiche, cono-scendo e confrontandomi con i grandi di questo settore.Riconosco molti privilegi di cui ho goduto e godo. Amare ilmio lavoro e farlo con passione. Avere incontrato personedi grande valore, sul piano scientifico e sul piano umano,la cui intelligenza e saggezza mi sono state e sono di sti-molo e modello, e a cui sono legata da stima, affetto edamicizia. Poter stare con i giovani, a cui insegnare, e da cuiimparare.

    È difficile oggi consigliare ai giovani quale percorsointraprendere, suggerire quello della ricerca in un momen-to di ristrettezze e difficoltà. Mi piace tuttavia concluderequesta breve nota ricordando parole tratte da un discorsodi Martin Luther King che faccio mie:

    “Cercate ardentemente di scoprire a cosa siete chiama-ti e poi mettetevi a farlo appassionatamente”.

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  • rea. Il Prof. Bovet, noto per i suoi studi di farmacologiagenerale e psicofarmacologia, aveva deciso di orientare lesue ricerche verso una disciplina nascente: la genetica delcomportamento. Conviene ricordare che prima di riuscirea studiare influenze genetiche sul comportamento inatti-vando o amplificando l'espressione di particolari geni,pochi ma appassionati gruppi di ricercatori affrontavanoquesto argomento studiando variazioni naturali del com-portamento in popolazioni di roditori geneticamente omo-genee. Tali studi richiedevano imperativamente lo svolgi-mento di analisi comportamentali molto dettagliate. Io erofresca di una tesi di Laurea intitolata “Apprendimento spa-ziale nei piccoli mammiferi: variabilità, plasticità e prepa-razione dei sistemi di risposte”: il Prof Bovet, anticipando ifuturi programmi Erasmus, mi propose di passare un’annonel suo laboratorio a Roma. Il mio compito era di dare uncontributo allosviluppo di nuove tecniche comportamentalisui ceppi puri di topi che, insieme a sua moglie, FilomenaBovet Nitti, e ai suoi collaboratori, Alberto Oliverio, MarioSansone, Claudio Castellano e Paolo Renzi, il Prof. Bovetstudiava da alcuni anni sotto il profilo delle loro differenzenelle capacità di memoria e nella risposta ai psicofarmaci.

    Ricevere una simile proposta a 22 anni, dopo una laureaconseguita con massimo dei voti in un’ottima Università mapur sempre della provincia francese, non capitava spesso.Non rimasi indifferente a questa opportunità e approdaiquindi a Roma con una borsa CNR per lavorare nelLaboratorio di Psicobiologia e Psicofarmacologia sito in ViaReno, nell’elegante quartiere Coppedè. Questo laboratorioera decisamente impostato con dei criteri internazionali:ricercatori francesi, svizzeri, russi, polacchi, ungheresi,argentini, peruviani, tedeschi si fermavamo lì per brevi o

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  • lunghi periodi, ognuno apportando un punto di vista, unidea o una tecnica complementare in grado di avanzarenell’analisi della relazione gene–comportamento.Ovviamente, affermare negli anni settanta che differenzeindividuali nelle capacità intellettive dipendessero da geniereditati non era proprio in linea con le teorie socio–politi-che dominanti in quel periodo. Tuttavia, indifferenti a que-sto modo errato di porre il problema, Daniel Bovet e i suoicollaboratori andavano avanti ponendo le basi della futuragenetica molecolare e dell’ancor più recente epigenetica.

    L’anno passato a Roma diede luogo a due pubblicazio-ni sui “Comptes Rendus de l’Académie des Sciences”.Tornai in Francia, ottenni un posto di ricercatore CNRS e miavviai verso Parigi, o più precisamente Gif–sur–Yvette,dove fui assegnata al LPN (Laboratoire de PhysiologieNerveuse), nel DPP (Département de Psychophysiologie)diretto dal Prof. Vincent Bloch. Tappa certamente importan-te quella di Gif–sur–Yvette: non si trattava più valutare ilruolo de geni sul comportamento usando popolazioni sele-zionate in base a tecniche mendeliane ma di capire se que-sti animali, così diversi nei loro geni e nel loro comporta-mento, fossero anche diversi nella loro morfologia e fun-zionalità cerebrale. Questo periodo fu dedicato all’appren-dimento di tecniche di elettrofisiologia per investigare,attraverso stimolazioni o registrazioni di popolazioni neu-ronali in roditori, le basi cerebrali della memoria e dell’ap-prendimento. Fra queste tecniche, l’analisi del ritmo elet-trofisiologico theta registrato in una regione del cervellochiamata ippocampo, che svolge un ruolo importantissimonel consolidamento delle memorie, diede dei risultati inte-ressanti. Riuscimmo, insieme a Catherine Maho, una miacollega del CNRS, a mostrare una relazione diretta fra

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  • abolizione del ritmo theta dopo lesioni delle connessionisetto–ippocampali e abolizione della memoria poi, in unpasso successivo, dimostrammo l’esistenza di una relazio-ne diretta fra ripristino del ritmo theta con somministrazio-ni di agonisti colinergici e ripristino della memoria.

    Il ritorno in Italia avvenne sempre nel Laboratorio diPsicobiologia e Psicofarmacologia oramai diretto dal Prof.Alberto Oliverio. Fu un momento di grande effervescenzaintellettuale. Analizzai l’effetto di lesioni cerebrali su diver-se forme di memoria sempre in ceppi puri di topi, misuraicome i neuroni modificano la loro morfologia in seguito adapprendimento aumentando il loro numero di sinapsi,ossia di punti di contatti fra neuroni, adoperai nuovimodelli animali, questa volta non più geneticamente sele-zionati ma geneticamente modificati in grado di “modelliz-zare” disfunzioni o patologie della memoria simili a quelleriscontrate nell’uomo. Questo fu reso possibile dall’immen-sa flessibilità, a livello delle tematiche e delle metodiche,che viene garantita in un laboratorio italiano. Le idee cir-colano e le collaborazioni sono informali nonché rapida-mente attuate. Questo deriva probabilmente dal fatto che,una volta assunto, un ricercatore CNR gode di una grandelibertà di manovra. Infatti, contrariamente ai laboratorifrancesi dove, almeno fino a pochi anni fa, si raccoman-dava ad un ricercatore assunto per lavorare su un datoargomento di non allontanarsi da quell’argomento, sipoteva in Italia liberamente decidere di spostare il propriointeresse verso nuove tematiche. Questo aspetto tende asparire per un motivo molto semplice: data la carenza difinanziamenti, la ricerca va avanti grazie al finanziamentodi progetti molto specifici e i comandatari controllano congrande attenzione che i risultati ottenuti siano strettamente

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  • affini alle linee guide del progetto. Negli anni novanta, nacque in Italia un’iniziativa estre-

    mamente interessante per la ricerca in biomedica, ossia lacreazione degli Istituti di Ricerca a Carattere Clinico eScientifico (IRCCS). Gli IRCCS dipendono dal Ministerodella Salute e devono, per statuto, fare convergere labora-tori di ricerca clinica e di ricerca di base sullo stesso cam-pus. La Fondazione Santa Lucia (FSL) di Roma era quindiindicata per radunare intorno alla sua clinica specialisticadi neuro–riabilitazione, molti laboratori in grado di studia-re il sistema nervoso a tutti i suoi livelli di funzionalità: dalsingolo canale ionico della cellula nervosa alle patologieneurodegenerative del sistema nervoso nell’uomo. Il CNRcapì rapidamente l’interesse a lavorare in stretto contattocon gli IRCCS e trasferì l’ex–Istituto di Neurobiologia eMedicina Molecolare insieme al nostro gruppo romanodell’Istituto di Neuroscienze presso i laboratori di ricercasperimentale della FSL. Il nostro arrivo in una sede costrui-ta ad hoc, dove erano presenti molti gruppi di ricerca pro-venienti dalla FSL stessa, dall’Università, dall’IstitutoEuropeo di Ricerca sul Cervello (EBRI) fondato da RitaLevi–Montalcini, nonché gruppi finanziati da Telethon,diede un formidabile slancio al nostro lavoro. Siamo tut-t’ora in questa sede dove possiamo interagire con personeesperte in campi complementari al nostro, disporre di stru-menti comuni, organizzare seminari di rilievo e partecipa-re a bandi di finanziamento sottoponendo progetti com-plessi e articolati. Per abbattere maggiormente le barrieretematiche, i gruppi di ricerca CNR presso la sede FSL e lasede CNR di Monterotondo sono stati raggruppati in ununico Istituto, l’Istituto di Biologia Cellulare eNeurobiologia per il quale mi è stato chiesto di assumere

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  • l’incarico di Direttore facente funzioni. Purtroppo, siamoquasi al termine della nostra convenzione con la FSL e cisono decisioni da prendere: rimanere dove siamo rinno-vando la convenzione, trasferirci a Monterotondo, o trova-re una sede che ci permetta di lavorare ancora in simili otti-me condizioni. Spero che la dirigenza CNR valuterà rapi-damente la situazione e identificherà la soluzione che cigarantisca un futuro in linea con quello che abbiamo fino-ra costruito.

    Con passar del tempo, il ricercatore tende a spostarsidal bancone di laboratorio verso attività di gestione e pro-mozione della ricerca. Apprezzo di essere stata chiamata afar parte dei comitati editoriali di riviste scientifiche interna-zionali quali “Behavioural Brain Research”, “BehaviorGenetics” e “Neurobiology of Learning and Memory”, poinominata Editore Associato della rivista “Frontiers InBehavioral Neuroscience”. Sono anche lusingata di esserestata eletta membro del comitato esecutivo (2002–2006)della European Brain and Behaviour Society (EBBS) ePresidente (2012–1014) di questa Società il cui scopo è dipromuovere la ricerca in neuroscienze ad un livello dieccellenza (www.ebbs–science.org). La mia elezione, nellostesso periodo, al comitato esecutivo della FENS(Federazione Europea delle Società di Neuroscienze.www.fens.org) che raggruppa più di quaranta societànazionali europee di neuroscienze è stato anche fonte diprofonda soddisfazione. In questo comitato, sono respon-sabile dell’attuazione del futuro programma di scuole ecentri di formazione CHET (Center of High Education andTraining). Stiamo attualmente valutando le candidature diquattro paesi europei pronti a fornire una sede, del mate-riale e dei finanziamenti per accogliere chiunque si voglia

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  • dedicare all’addestramento ed all’aggiornamento di gio-vani ricercatori europei. Questo progetto è appassionantepoiché mira ad aumentare la competitività dei nostri gio-vani colleghi a livello internazionale con ricadute direttesulla qualità della nostra ricerca e sul futuro del nostropaese. L’augurio è tuttavia che per mancanza di posti inItalia, questi giovani non siano poi assorbiti da paesi pron-ti ad utilizzare capacità che abbiamo cosi intensamentecercato di sviluppare.

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  • che, sulle disquisizioni sofiste dell'uomo come misura dellecose che sono in quanto sono e di quelle che non sono inquanto non sono, sull'uno di Parmenide, sulla canna pen-sante di Pascal, … dal dubbio cartesiano agli assi cartesia-ni … il legame è stato consequenziale.

    La conoscenza dei fondamenti alla base del funziona-mento dei processi ed il loro utilizzo per il progresso socia-le mi ha sempre affascinato. Spesso, uso prendere in pre-stito il pensiero di Leonardo – "La luce della scienza cercoe 'l suo beneficio" – per fare una immodesta sintesi del miointeresse per la scienza e la tecnologia. Per questo motivo,la prima volta che sono entrata nell'aula convegni dellasede centrale del CNR e ho visto scritto questo motto in altosul podio, è stato bello "riconoscersi".

    Un altro aspetto che mi ha sempre molto stimolato nelmio lavoro è il continuo confronto a livello internazionale.Questo scambio con colleghi di diverse culture, costumi,tradizioni, approcci, attitudini, … stimola quell'aperturamentale di cui la scoperta scientifica si nutre – e mi ricordasempre che l'essere umano è sì una fragile "canna", ma conla straordinaria forza di essere "pensante".

    A noi l'impegno per la libertà di scegliere.La libertà è meglio garantita dalla conoscenza, in tutti i

    suoi svariati profili. La nostra società è stata tradizional-mente permeata maggiormente dalla cultura letterariarispetto a quella scientifica (per es. è certamente più popo-lare l'espressione "essere o non essere" che "E = mc2").

    Per meglio completare la mia formazione, indirizzo imiei studi universitari al settore scientifico e conseguo lalaurea in Scienze Biologiche (nel 1990) ed il Dottorato diRicerca in Tecnologie Chimiche e dei Nuovi Materiali(1994), presso l’Università della Calabria. Nel momento

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  • della scelta dell'argomento della tesi di laurea mi interessoalla scienza ed ingegneria delle membrane, sotto la super-visione del Prof. Enrico Drioli, “le grand nom de le mem-branes” comme on dit en France. L'approfondimento è poicontinuato durante il dottorato di ricerca e post–dottorato,ed oggi sono riconosciuta esperta a livello internazionale,nel settore con specifiche competenze nelle biotecnologie amembrana. Nel corso del Dottorato e post Dottorato hosvolto esperienze all’estero, negli Stati Uniti presso laSepracor Inc a Boston nel 1992, in Olanda presso laATO–DLO nel 1994, in Francia presso l’Università diCompiègne nel 1997 e nel 2000.

    Svolgo ricerca nel settore della scienza ed ingegneriadelle membrane da circa 20 anni. Sono responsabile diprogetti di ricerca a livello nazionale, europeo ed interna-zionale. Co–autore di 2 libri, co–editore di 6 libri e dellaEncyclopedia of Membranes, autore di oltre 90 peer revie-wed articoli scientifici in giornali internazionali.

    Sono stata Editor of the Elsevier Scirus Topic Page onChemical Engineering (http://topics.scirus.com), dal2008–2011, Member of Advisory Board of the Polish Journalof Chemical Technology dal 2007 (http://versita.com/scien-ce/chemistry/pjch/editors/), Member of the Editorial Boardof the Journal of Membrane Science dal 2009, Member ofthe Editorial Board of Reviews in Chemical Engineering dal2010.

    Sono membro della European Membrane Society (EMS)ed ho ricoperto il ruolo di Presidente della Società nel bien-nio febbraio 2009 – febbraio 2011. Editore del MembraneNews, la newsletter della EMS dal 2002.

    Dal 2009 sono membro del Board of Directors dellaEuropean Membrane House (EMH), l’entità legale con sede

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  • in Belgio nata dal Network di Eccellenza NanoMemProfinanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del VIProgramma Quadro, per promuovere le tecnologie amembrana nel settore industriale. Ho anche la responsabi-lità quale Leader del Cluster on “Nano structuredMembranes in Food Application” della EMH.

    Sono Visiting Professor presso la Tianjin University ofScience and Technology, Cina, dal 2008.

    Ho svolto la funzione di membro esperto esterno delcomitato di valutazione del dottorato di ricerca pressol’Università del Cairo, Egitto; l’Università di Toulouse,Francia e l’INSA–Paris Tech, Francia.

    Sono stata invitata in Francia a svolgere il ruolo di “AlterEgo” del Dr. Pierre Aimar del CNRS di Toulouse durante lasettimana di celebrazione scientifica del CNRS, nel 2010.

    Ho svolto lezioni plenarie e seminari su invito in vari con-gressi e Istituzioni di Ricerca pubbliche e in aziende all’este-ro, incluso Corea del Sud, Cina, India, Vietnam, Russia,Polonia, Ungheria, Egitto, Francia, Svizzera, Stati Uniti.

    Oltre alle relazioni in ambito europeo, particolarmenteattive sono quelle con la Cina (dove annualmente vieneorganizzato un incontro presso l’International Centre ofWeihai) e la Corea del Sud, dove il mese di giungo del2011 è stato firmato un Memorandum of Understandingcon la Hanyang University in Seoul per la creazione di un“International Joint Lab on Membrane Technology” tral’ITM e la Hanyang University.

    La crescente richiesta nel nostro tempo di nuove ed alter-native tecnologie per processi produttivi che siano capaci dirispettare l’ambiente, ridurre il consumo energetico,aumentare la produzione nella logica dello sviluppo di pro-cessi industriali sostenibili, trova risposta nelle tecnologie a

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  • membrana e nelle loro varie applicazioni. Per es. il tratta-mento e la purificazione di acque reflue, la produzione dimolecole con proprietà farmacologiche, la rigenerazionetissutale sono finemente controllati dall’architettura dellamembrana, ad hoc “disegnata” dal membranologo.Ispirandomi ai modelli biologici, presenti in natura, ho svi-luppato sistemi artificiali biomimetici a membrana altamen-te selettivi (unendo le proprietà di biomolecole a quelle dimembrane artificiali) in grado di distinguere a livello mole-colare tra sostanze chimiche aventi proprietà chimico–fisi-che molto simili (come per esempio molecole chirali).

    I successi riscontrati nel corso delle mie attività di ricer-ca mi hanno valso il riconoscimento del PremioInternazionale Guido Dorso per la Ricerca 2011. Il premiomi è stato consegnato al Senato della Repubblica, pressola sala Zuccari di palazzo Giustiniani a Roma, il 13 ottobre2011. Luigi Ambrosio mi accompagnava in rappresentan-za del Presidente del CNR. Ero insieme a Emilio, mio mari-to, che spesso disegna per me le copertine dei libri e delleriviste che pubblico, quindi, anche per una condivisione dimeriti oltre che d'amore.

    L’iniziativa – patrocinata dal Senato della Repubblica edall’Università degli studi di Napoli Federico II – segnaladal 1970 contestualmente giovani studiosi del nostroMezzogiorno e personalità del mondo istituzionale, econo-mico, scientifico e culturale che “hanno contribuito con laloro attività a sostenere le esigenze di sviluppo e di pro-gresso del Sud ”. Quale assegnataria del premio, ho anchericevuto il titolo di "Ambasciatore del Sud", … lingua mor-tal non dice quel ch'io sentiva in core.

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  • origine vegetale. E così, dopo anni di ricerca, ecco il “superpomodoro”, un successo scientifico targato CNR di Napoliche ha fatto il giro del mondo.

    Ed ancora il recupero delle biomolecole dagli scartivegetali industriali, come le bucce di pomodoro, nell'otticadelle bioraffinerie. Tutte queste ricerche non potevano esse-re sviluppate senza la collaborazione entusiasta del miogruppo di ricerca una famiglia per me, Licia, Anna, Paola,Pina, Valeria, Ida, Enrico, Eduardo, e molti altri ancora chehanno reso questi anni dedicati alla ricerca un vero e pro-prio sentirsi a casa.

    Il mio 110 e lode è maturato tra laboratori e ricerca. Findal secondo anno di università, ho vissuto l’attività speri-mentale nel laboratorio di chimica biologica sotto la guidadella prof.ssa Benedetta Farina. Con lei ed il suo gruppo diricerca ho imparato cosa significhi fare ricerca: rigore, pre-cisione, continuità, sacrificio, dedizione, spirito di gruppo.Una “maestra” che ha caratterizzato poi le mie scelte e ilmio curriculum di ricercatore. Laurea in Scienze Biologichenel 1977, borsa di studio CNR nel 1978, fino al concorsodi ricercatore espletato nel 1982. E da allora tutta la miacarriera si è sviluppata nell’istituto di chimica delle moleco-le di interesse biologico (ICMIB), oggi istituto di chimicabiomolecolare (ICB) di Pozzuoli.

    Nel 2001 sono diventata Primo Ricercatore e subitodopo Dirigente di Ricerca. Dal luglio 2013 ho assunto l’in-carico di Direttore Facente Funzioni del mio istituto. Unagrande opportunità, una grande soddisfazione.

    La Direzione apre conoscenze, rapporti nuovi e proiettail lavoro dell’Istituto in un contesto più vasto ed articolatocon la responsabilità di dare risposte molteplici ad un col-lettivo di lavoro che, nonostante le oggettive difficoltà della

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  • ricerca in Italia, non deve mai perdere l’entusiasmo e lapassione per il proprio lavoro. Con un obiettivo: offrire aigiovani qualificati opportunità e possibilità di ricerca. Neglianni i tanti giovani entrati nel CNR hanno anche rappre-sentato un’entusiasmante stimolo a fare sempre meglio.Un percorso di vita scientifica che, tra l’altro, non mi hanegato l’esperienza di moglie e madre di Andrea edAlessandro, rendendomi completa e serena.

    Tra i problemi dirigenziali c’è il rischio di una eccessivaburocratizzazione della ricerca. Il giusto continuo richiamoad un rigore di spese, specialmente in tempi di crisi, nondeve mai penalizzare l’autonomia, la duttilità, la fantasia,la sperimentazione di un ricercatore.

    Il successo del CNR a Napoli è comunque rappresenta-to da un supporto amministrativo di grande professionali-tà e competenza, fondamentale per i nostri progetti. Conuna certezza mai abbandonare il confronto internazionale.

    L’eccellenza del CNR deve confrontarsi sempre di piùcon la rete scientifica mondiale. Le nuove tecnologie dicomunicazione consentono notevoli risparmi economici econtinuità di collaborazione. Nei nostri laboratori, infatti,non deve mai mancare la presenza di studenti e ricercato-ri stranieri.

    Un occhio particolare infine, per il deposito di brevetti tar-gati CNR. Sono migliaia le ricerche che hanno portato veree proprie rivoluzioni anche nella vita pratica, ricerche chepotrebbero rappresentare per l’Ente una risorsa economica.

    Il giusto rapporto tra ricerca e politica, come in tutti icampi, è sempre positivo e fondamentale. L’attivazione difondi, investimenti, sviluppo di filoni di ricerca, collabora-zioni internazionali, tutto è sempre dipeso anche da politi-che che hanno salvaguardato la ricerca pubblica, tutelan-

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  • do però l’autonomia dell’Ente e dei suoi ricercatori. Questogiusto equilibrio non deve mai venire meno. Anche se oggisi sente un forte bisogno di una partecipazione più attiva epropositiva del mondo della ricerca alle scelte politiche diindirizzo, alla formulazione di leggi e regolamenti. Unapolitica che non sa ascoltare e coinvolgere è una politicasenza respiro.

    Ad un giovane, infine, aprirei subito le porte del labora-torio spiegandogli che la sua sarà una scelta di vita.

    La ricerca chiede dedizione assoluta. Il fascino di unamissione che contrasta spesso con la lunghezza dei percor-si d’ingresso e la insufficiente remunerazione economica.Ma in tanti decenni di lavoro ho visto che la sfida è statavinta da molti giovani.

    Ieri come oggi, per il bene della ricerca pubblica, que-ste opportunità devono essere offerte ed attuate.

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  • La vita professionale si è rivelata ovviamente più impe-gnativa rispetto al percorso universitario, soprattutto per gliincarichi e le responsabilità legate alle posizioni che horicoperto nel tempo, sacrificando, a volte, me stessa e lamia famiglia. Appena laureata, non essendoci allora, perfortuna, una cultura diffusa del precariato, risposi ad unannuncio di un’azienda che operava nel settore dell’indu-stria siderurgica e sono entrata subito nel mondo del lavo-ro. Questa esperienza mi ha lasciato la capacità di affron-tare in modo pragmatico problemi reali e di trovare rapi-damente soluzioni soddisfacenti. È in questo periodo cheho potuto effettuare stages stimolanti in Inghilterra eBelgio. Dopo tre anni, tramite concorso pubblico, sonostata assunta come ricercatrice al CNR; in questo modo hoavuto la possibilità di tornare ad occuparmi di ricerca che,con i suoi aspetti stimolanti e motivanti, mi era mancatadurante la precedente esperienza. Il mio percorso formati-vo è proseguito con stages in Francia presso laboratoriall’avanguardia, nel settore di mia competenza, dandomicosì la possibilità di interagire e confrontarmi con ambien-ti di ricerca internazionali.

    Da direttore dell’Istituto per lo Studio dei Materiali Nanostrutturati ho toccato con mano le difficoltà che incontranole donne in un percorso di carriera a certi livelli. Il nostroambiente parla ancora un linguaggio troppo maschile eper le donne, specie se con famiglia, rimane molto diffici-le conciliare l’aspetto lavorativo con quello personale efamiliare. Eppure non dovrebbe essere un’impresa titanica.È necessaria un’evoluzione del sistema culturale e lavorati-vo, e c’è sicuramente ancora molto da fare. Si potrebberosviluppare nuove modalità di lavoro, trasformando i tradi-zionali sistemi organizzativi in modo tale da offrire alle

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  • donne contesti realmente paritari, non gestiti secondomodelli comportamentali unicamente maschili, tuttoravigenti, e rendendoli adatti ad accogliere in ugual misurauomini e donne.

    E ancora, ci sarebbe bisogno di concedere maggiorespazio alle donne nelle Commissioni e nei Comitati ove ven-gono prese le decisioni: la mancanza o insufficienza di diri-genza femminile è un ostacolo all’ingresso di nuove gene-razioni di donne e alla definizione di politiche opportune.

    Dall'ultima edizione dell'indagine She figures, pubblica-ta dalla Commissione europea, la presenza delle donnenelle discipline e carriere scientifiche rimane ancora insuf-ficiente. Le donne rappresentano soltanto il 33% dei ricer-catori europei, il 20% dei professori ordinari e il 15,5% deidirettori delle istituzioni nel settore dell'istruzione superiore.

    Da uno studio fatto nell’aprile 2011 all’interno del CNR,è emerso che le donne a capo di Istituti erano poco più del15% (18/108), ancor meno i direttori di Dipartimento (9%che corrispondeva a 1/11) ed era pari a zero la presenzafemminile nel Consiglio di amministrazione. Oggi non cisono donne tra i direttori di Dipartimento e i membri fem-minili nel CdA sono due. La presenza femminile, quindi,rimane ancora una minoranza nei ruoli strategici del CNR.In generale, le posizioni di responsabilità continuano adessere occupate prevalentemente da uomini e secondo laricerca Observa–Science in Society 2008 di ValeriaArzenton, la difficoltà di conciliare la carriera con la vitafamiliare (tempo di cura alla famiglia sottrae tempo allacarriera/ricerca) sarebbe la causa di ciò per tutti i ricerca-tori interrogati.

    Nel 2006, ad un seminario del National Bureau ofEconomics Research, Lawrence Summers, rettore dell’ate-

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  • neo di Harward, ha addirittura definito le scienziate gene-ticamente inferiori agli uomini, identificando le cause delloro minor successo in scienza e matematica in quelle bio-logiche. D’altronde, come sottolineava il politico canadesedonna Charlotte Whitton: “Le donne devono fare qualcosadue volte meglio degli uomini per essere giudicate brave lametà. Per fortuna non è difficile”.

    Oggi tra i giovani ricercatori si registra un passo avantiverso il superamento di una serie di luoghi comuni che vor-rebbero il genere femminile poco portato alla scienza.

    Se io dovessi dare dei consigli alle donne che voglionointraprendere un percorso di carriera in ambito scientifico,suggerirei di seguire le proprie scelte con moltissima deter-minazione, di avere grande preparazione e passione e dioperare per avere un idoneo sostegno familiare. Infatti,laddove la nostra società non riesce a intervenire con sup-porti adeguati, che ci permetterebbero di avere pari oppor-tunità, poter contare su un compagno, comprensivo edisponibile, come io stessa ho avuto la fortuna di avere,rende senz’altro il cammino più fattibile e meno pesante.La persistenza di una divisione dei compiti di tipo tradizio-nale, che aggrava le donne della piena responsabilità delleattività domestiche e della cura dei figli, rappresenta nellamaggioranza degli ambiti professionali, una delle criticitàpiù gravi della parità di genere.

    Per quanto riguarda le Istituzioni legate alla Scienza ealla Ricerca, credo sia ancora più importante che esse pon-gano l’attenzione sul contributo che le donne possono edevono continuare a dare, fornendo un punta di vistadiverso da quello da cui si è abituati a guardare le cose,proprio perché da visioni differenti scaturiscono prospettiveinaspettate e in grado di arricchire il dibattito scientifico. La

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  • differenza, in questo senso, è un grande valore aggiunto.A tal proposito voglio citare un’intervista fatta a Sarah

    Gavit, scienziata e program manager for JPL's Solar SailTechnology Program della NASA (California Institute ofTechnology). La giornalista le chiese come lavorava unadonna alla NASA e se ci fossero discriminazioni. Lei rispo-se: “Oggi si lavora molto bene ed essendoci diverse donneè logico che qualcuna assuma anche posizioni di coman-do. Riguardo alla discriminazione, qui al Jet Propulsion Labdi Pasadena siamo considerate sullo stesso piano. Ma forsesiamo state scelte anche perché si voleva un nuovo mododi pensare per affrontare il futuro”.

    Per concludere, direi che è davvero importante porrel’attenzione sul contributo che le donne possono dare allaScienza e c’è bisogno di riflettere sulle conseguenze dellaperdita del contributo femminile, del diverso approccio chepuò invece arricchire e alimentare il dibattito scientificoperché un linguaggio diverso non può che offrire visionidiverse e prospettive nuove.

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  • diversa dal mio paese. Nel pensionato dove ho vissuto iprimi anni a Roma ho fatto amicizia con ragazze che pro-venivano da altre realtà e che cercavano di rimanere nelmondo della ricerca, e le presi ad esempio. Così dopo lalaurea, quando vidi un bando per una Scuola diSpecializzazione del Politecnico di Milano in Scienza deiPolimeri, feci la domanda. A Roma non c’era un corso supolimeri o macromolecole, ma un ricercatore del CNR chelavorava nel laboratorio dove avevo fatto la tesi mi disseche Giulio Natta aveva creato una scuola da Nobel aMilano e che sicuramente doveva essere una buona scuo-la. Così arrivai a Milano dove ho potuto scegliere di svol-gere il mio lavoro di tesi nei laboratori dell’Istituto diChimica delle Macromolecole del CNR, un istituto fondatoda Giulio Natta ad un passo dal Politecnico, con ilProfessor Adolfo Zambelli, uno dei suoi allievi più geniali.Ho avuto la possibilità di vivere da vicino la sua curiosità ela passione per la ricerca, senza orari e senza limiti, e daisuoi collaboratori la possibilità di apprendere un metodo.

    Ho avuto la pazienza di aspettare che ci fosse un’occa-sione e nell’82 sono diventata ricercatrice CNR nello stes-so istituto. Il presidente del consiglio scientifico dell’ICM erail Prof Piero Pino, forse il più famoso collaboratore diNatta, e quando gli chiesi un consiglio per andare unperiodo all’estero, mi suggerì il Prof Robert H Grubbs delCaltech (USA). Il tempo passato al Caltech (13 mesi tral’87 e l’88) fu anch’esso importantissimo per me.L’ambiente era culturalmente stimolantissimo e la passionee la dedizione di giovani sotto i trent’anni per la ricerca ela loro capacità di riuscire a diventare autonomi e creativicosì giovani fu fondamentale. Quei giovani scrivevano dasoli i lavori che il Professore inviava a riviste come il JACS

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  • e dopo il dottorato o il postdoc diventavano giovanissimiprofessori a Stanford o al MIT. Il ritorno in Italia fu anch’es-so duro. Non è facile tentare di emulare i successi dei gio-vani PhD americani con le nostre risorse, anche di queitempi, ma con tenacia ho cercato di creare una mia auto-nomia ed identità scientifica. I rapporti con altri colleghieuropei conosciuti al Caltech e la disponibilità dei miei col-leghi del CNR di Milano mi aiutarono ad applicarmi a pro-getti europei e ad avere successo. È a loro e ai giovani chegrazie ai finanziamenti di questi progetti hanno collabora-to con me che devo l’aver raggiunto la posizione che hoadesso.

    A volte ripenso alla mia timidezza e ai timori di tantiprimi giorni e primi colloqui: all’università di Roma, nellaboratorio del centro del CNR dove ho fatto la tesi, il col-loquio per la scuola dei polimeri all’istituto di ChimicaIndustriale del Politecnico di Milano, il primo colloquio conil futuro supervisor della Scuola di specializzazione il ProfZambelli, il primo colloquio al Caltech con il prof. Grubbs(futuro Premio Nobel per la chimica nel 2005).Ripercorrendo le mie esperienze e i passi fatti in questianni, credo siano stati il sostegno dei miei genitori, l’esem-pio dei miei maestri e colleghi assieme alla mia passioneper il lavoro, le mie curiosità e la mia tenacia, a portarmifino a qui a dirigere l’Istituto per lo Studio delleMacromolecole del CNR, l’istituto in cui è iniziata la miavita scientifica.

    È un incarico di cui mi sento molto onorata. Ho semprepensato che la direzione dell’istituto fosse un compitoimpegnativo perché speranze e sogni, scientifici e non, ditanti colleghi e giovani ti sono affidati. Dai miei inizi nelmondo della ricerca, l’interesse in Italia di politici, indu-

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  • striali e singoli cittadini per la ricerca è molto diminuito,concentrandosi su facili profitti immediati. Ora tutto èdiventato più difficile: un giovane ha molte meno probabi-lità di accedere ad un concorso da ricercatore e non cisono quasi più opportunità di avere borse di studio italia-ne per passare dei periodi all’estero; all’Università e alCNR non ci sono più fondi per la ricerca libera o per stru-mentazioni; tutti per ottenere finanziamenti per le nostrericerche dobbiamo applicarci a bandi sempre più compe-titivi e finalizzati ed a volte i fondi ottenuti sono sufficientisolo per le spese di base, una volta garantite a livello cen-trale del CNR.

    Per le donne, invece, sono aumentate le probabilità diriuscire a farsi valere, il mondo del CNR in cui sono entra-ta era prevalentemente maschile, le statistiche mostrano unaumento della percentuale di ricercatrici nel corso deglianni. Credo che sia dovuto al loro minore interesse perguadagni immediati e spero che questa caratteristica siriverberi a livello più generale in politiche della ricerca piùlungimiranti che contribuiscano a ricreare le condizioni incui i giovani riescano ad esprimere la loro passione e bra-vura nell’affrontare problematiche scientifiche. Ed è questoil mio desiderio: riuscire a trasmettere a colleghi più giova-ni o a giovani dottorandi la passione per un lavoro bellis-simo e la speranza di potercela fare.

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  • pre dedicata con passione alle materie scientifiche.Elemento molto importante delle mie scelte future è stata lapresenza al Liceo di una bravissima professoressa diMatematica che mi ha dato grandi motivazioni.All’Università mi sono iscritta al Corso di Laurea in Fisica,all’inizio non è stato davvero facile provenendo dagli studiclassici ma poi dopo i primi esami le cose sono andateavanti senza problemi.

    Che ricordi ha dei suoi studi universitari?Gli anni dell’Università sono stati abbastanza impegnativima ho studiato con due mie colleghe ed siamo riuscite adandare avanti insieme fino alla Laurea. Poi ognuno ha per-corso una strada professionale diversa; io ho lasciatol'Italia per iniziare la mia attività di ricerca in Germania.

    Può brevemente riassumerci quale è stato il suo percorso dicarriera?Dopo aver conseguito la Laurea in Fisica all’Universitàdegli Studi di Roma “La Sapienza” ho viaggiato molto. Hosvolto diverse esperienze all’estero in Germania, a Berlinoe Monaco, e negli USA, a Madison e Minneapolis che mihanno formato sia da un punto di vista personale che pro-fessionale. In quegli anni ho passato dei momenti difficilima anche esperienze importanti e formative. Tornata inItalia mi sono spostata tra diverse città: Roma, Trieste,Modena e Pisa, lavorando prima come ricercatrice al Cnr,poi come Professore Associato all’Università di Modena eReggio Emilia e successivamente alla Scuola NormaleSuperiore di Pisa per poi tornare a lavorare come dirigen-te di ricerca presso il CRS–NEST di Pisa.

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  • Ora dirige una struttura del CNR: come giudica questa suaesperienza?Dal Febbraio 2010, anno di costituzione dell’IstitutoNanoscienze del CNR che ha sede a Pisa e di cui fannoparte le UOS di Modena e di Lecce, ho svolto la funzionedi Direttore. In questi primi anni ho impostato la strategiascientifica e organizzativa dell’Istituto, che ha richiesto unimpegno importante in aggiunta alla mia attività scientifi-ca. Sono stati anni molto impegnativi. In questi tre anni hocercato di rafforzare la qualità scientifica dell’Istituto ededicato molta attenzione ad aumentare l’interazione e lecollaborazioni tra i ricercatori operanti nelle diverse sediattraverso l’organizzazione di numerose iniziative: semina-ri, workshop, visite ai laboratori, visite e meeting con grup-pi di ricerca. Dal 23 Ottobre 2013 sono stata nominataDirettore dell’Istituto Nanoscienze in questo senso la miaattività da Direttore, con un ruolo istituzionale, è appenainiziata. In questi anni coprire il ruolo di Direttore facentefunzione è stata un esperienza fondamentale per la miaattività dirigenziale anche se psicologicamente non facilecoprendo una posizione temporanea senza una scadenzaben definita.

    Quali sono i problemi che incontra nel suo incarico attuale?I problemi principali sono legati all’incremento della buro-crazia nell’amministrazione pubblica e quindi anche nelCnr. Il carico di mansioni burocratiche e amministrative dasvolgere ha creato un'amplificazione del problema a causadi un ridotto numero di unità di personale, soprattutto nellafase iniziale della nascita dell'Istituto. Fortunatamente aseguito di recenti trasferimenti da altre strutture Cnr e dellapossibilità di acquisire nuove unità di personale ammini-

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  • strativo, specie tramite il canale previsto per i disabili, lastruttura amministrativa si è potenziata e ha raggiunto unasituazione stabile e funzionale. Un altro problema che hoincontrato in questi tre anni è associato alla riduzione delfinanziamento di fondi ordinari interni che negli ultimi annisono stati appena sufficienti a coprire le spese cogentidell’Istituto e non permettono di potere finanziare nuoveattività di ricerca o potenziare iniziative di rilievo. Questofenomeno di fatto impedisce alla Direzione di determinarecon la necessaria efficacia le strategie scientifichedell'Istituto.

    Ha qualche suggerimento per migliorare la strutturadell’Ente e la sua rete scientifica?Credo che se il Cnr riuscisse a svincolarsi dalle regole lega-te all’amministrazione pubblicala gestione degli Istituti e lavita dei ricercatori migliorerebbe molto rendendo le proce-dure amministrative più snelle e semplici.

    Quali sono, a suo giudizio, i rapporti attuali tra ricerca epolitica? Pensa che questi siano cambiati, nel bene o nelmale, da quando ha iniziato la sua carriera scientifica?Quando ho iniziato la mia carriera scientifica i finanzia-menti per la ricerca erano di altra entità. Per esempio,attraverso il finanziamento di un grande progetto da partedell’INFM ho potuto rientrare in Italia ed iniziare un’attivitàdi ricerca indipendente, diventando responsabile di ungruppo di ricerca. Oggi i finanziamenti dedicati alla ricer-ca sono insufficienti e vengono di anno in anno ridottianche a causa dei problemi economici che sono presentinel nostro paese. Purtroppo la politica non fa rientrare laricerca tra le attività strategiche e importanti per la crescita

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  • del paese e molti parlamentari pensano che investire soldiper la ricerca sia inutile. Quindi in questo periodo di crisieconomica i finanziamenti dedicati alla ricerca stanno rag-giungendo dei valori minimi non più sostenibili e l’attivitàdi ricerca può continuare solo attraverso finanziamentiesterni.

    Suggerirebbe ad una giovane appena laureata nella suadisciplina di dedicarsi alla ricerca? Se sì, che consigli ledarebbe?Dopo tutti questi anni dedicati alla ricerca continuo a pen-sare che questa attività sia entusiasmante e che valga lapena dedicarsi alla ricerca. Lavorare però in Italia, almomento è difficile, per le motivazioni descritte preceden-temente, quindi io suggerirei ad uno/una giovane di anda-re a lavorare all’estero per crearsi una professionalità,conoscere il mondo e poi ritornare in Italia solo con unaprospettiva valida tra le mani. Credo che l'Italia si dovreb-be dotare di procedure e modalità per fare in modo che igiovani brillanti, dopo avere trascorso un periodo formati-vo all’estero, possano tornare a lavorare in Italia e mette-re a disposizione del sistema nazionale le loro competenzee capacità. Fortunatamente negli ultimi tempi qualche ini-ziativa e segnale avente questo obiettivo è stata creata edauspico che di più verrà proposto nel prossimo futuro.

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  • no i connotati. E poi un’