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NOTIZIARIOTRIMESTRALE DI STORIA, ARTE, CULTURA, ECONOMIA E VITA SOCIALE - Direzione e Amministrazione: SAVONA - Piazza Brandale, 2. ANNO XLI - NUMERO 2/2014 - Direttore: Carlo Cerva. - Dir. resp.: Fabio Sabatelli. Stampa: Marco Sabatelli Editore, Savona - Aut. Trib. Savona - N.217 del 21-12-73 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, Direzione Commerciale Business Savona. Oggi come ieri, possiamo dire con fierezza: I nativi di Savona di idee e di credenze diverse ma riuniti dall’amore della propria città, deliberano di costituirsi in una associazione intitolata dalla vecchia torre comunale – A Campanassa – per rievocare e custodire le memorie storiche dei loro avi, per cooperare al bene di Savona con unità d’intenti, alieni da spirito di parte. Mandano un saluto fraterno a quanti di altri paesi e città risiedono in Savona e ne hanno accresciuto e accrescono le fortune col lavoro e con l’opera intelligente”. (Politeama Garibaldi, Giovedì 24 aprile 1924, grande adunanza preparatoria dell’Associazione che stava nascendo. Ordine del giorno approvato). 90 º

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NOTIZIARIO TRIMESTRALE DI STORIA, ARTE, CULTURA, ECONOMIA E VITA SOCIALE - Direzione e Amministrazione: SAVONA - Piazza Brandale, 2. ANNO XLI - NUMERO 2/2014 - Direttore: Carlo Cerva. - Dir. resp.: Fabio Sabatelli.Stampa: Marco Sabatelli Editore, Savona - Aut. Trib. Savona - N. 217 del 21-12-73 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, Direzione Commerciale Business Savona.

Oggi come ieri, possiamo direcon fierezza:“I nativi di Savona di idee e di credenzediverse ma riuniti dall’amore dellapropria città, deliberanodi costituirsi in una associazioneintitolata dalla vecchia torre comunale– A Campanassa – per rievocaree custodire le memorie storiche dei loroavi, per cooperare al bene di Savonacon unità d’intenti, alieni da spiritodi parte.Mandano un saluto fraterno a quantidi altri paesi e città risiedono in Savonae ne hanno accresciuto e accresconole fortune col lavoro e conl’opera intelligente”.

(Politeama Garibaldi, Giovedì 24 aprile 1924, grande adunanzapreparatoria dell’Associazione che stava nascendo. Ordine delgiorno approvato).

90º

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A Campanassa N.2/20142

VITA DELL’ASSOCIAZIONE

Gruppo Storico“A Campanassa”Città di SavonaVuoi far parte del gruppo

storico “A Campanassa”Città di Savona? Contatta lasegreteria della Associazio-ne e iscriviti come Figuran-te, Armigero o Musicante,parteciperai alla vita delGruppo e sfilerai nelle piùimportanti rappresentazionistoriche. Tel. 019-821379,oppure al 347-9800982.

Compagniateatrale dialettale“A Campanassa”Città di Savona

protagonisti cercansiVuoi entrare nel fantastico

mondo del Teatro dialettale?La Compagnia Dialettale “ACampanassa” Città di Savo-na, la nostra Compagnia, tiaspetta per un provino.

Telefonare al lunedì o algiovedì pomeriggio delle ore16,00 alle ore 18,00 aln. 019-821379, 3479800982,3393209981

NUOVI SOCICiarlo MonicaFacchinello GiuseppeFalco LauraGrillo AdeleGrimaldi GiorgioMinuto Maria Pia

Il Consiglio Direttivo e ilPresidente porgono ai nuovisoci il più cordiale benvenutonella nostra famiglia.

SOCI DEFUNTINoberasco FrancescoSanvenero Minuto CarlottaVoarino Stelvio.

Il Consiglio Direttivo e ilPresidente porgono alla fami-glia le più sentite condoglianze.

Gruppo di studio“Amixi du dialettu”

della “A Campanassa”Gli amici del dialetto che

si riuniscono 2 volte al mesesotto la guida del prof. EzioViglione per imparare lagrafia sabazia, per approfon-dire curiosità lessicali, perpronunciare correttamente ildialetto di “Letimbria”, percondividere le proprie pro-duzioni, attendono nuoviamici (soci) per viveremomenti gioiosi nello spi-rito dei padri.

Tel. 019-821379

Iscrizioni alla “A Campanassa”Chi desidera associarsi, può recarsi presso la sede del-

l’Associazione, P.zza del Brandale 2, nei giorni di lunedìe giovedì, dalle ore 16 alle ore 18,00.

A.A.A. ATTENZIONEQuota sociale

La “A Campanassa”, per vivere, conta soprattuttosulla quota annuale versata puntualmente dagli asso-ciati di Euro 20 (venti).

Ai soci che non l’hanno ancora fatto, e che certamentehanno a cuore la nostra Associazione, chiediamo di met-tersi in regola. Numero C/C postale 13580170 A Cam-panassa Associazione Savonese.

Si può adempiere a quello che è un preciso obbligoverso l’Associazione anche direttamente presso lasegreteria o presso il “Touring Club Italiano” in viaVerzellino 64 r.

Nello scorso mese di marzo il Sodalizio Siculo Savonese “L. Pirandel-lo” grazie alla disponibilità del Comune di Savona e con l’attiva collabo-razione de “I Cattivi Maestri” ha offerto ai savonesi, presso le OfficineSolimano, tre serate di letteratura, teatro e musica, con lo scrittore, dram-maturgo e cantautore Umberto Gugliotta, siciliano poliedrico e genialeche ha risalito tutta la Penisola, trovando, come molti “foresti” approdoprofessionale e familiare nell’ospitale Savona.

NUOVO ARCOBALENONESTORE II EDIZIONE

Premio “Orizzonti letterari” a giornalistia Carlo Cerva

per aver contribuito a valorizzare i piùnobili ideali del progresso sociale e contemporaneo.

Sodalizio Siculo Savonese “Luigi Pirandello”Diploma “Nord-Sud”

A conclusione del trittico, il sodalizio e Umberto hanno conferito ildiploma “Nord-Sud” a Paolo Patorniti in arte Paolo Nobel, un altrosiciliano che felicemente interpreta Re Cicciolin, la maschera savone-se per eccellenza: ospite d’onore il Presidente de “A Campanassa”Carlo Cerva, accompagnato dalla Vice Presidente Delia Pollero Zuc-chi e da un terzo artista siculo, il noto illusionista Ago il Mago, al se-colo Agostino Grasso.

Una bella serata in cui, come in tante altre piacevoli occasioni, le dueculture, savonese e siciliana, hanno avuto un felice momento di sintesi.

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A Campanassa N.2/2014 3

Associazione Savonese “A Campanassa”

ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCIIl Parlamento Generale (Assemblea Generale dei Soci), è indetto ai sensi dell’articolo 8 dello Statuto Sociale, il giorno28 giugno 2014 in prima convocazione alle ore 15.00 ed alle ore 16.30 in seconda convocazione, presso la Sede Socialein Piazza del Brandale n. 2, Savona.Sono iscritti all’Ordine del Giorno i seguenti argomenti:

1) Nomina Ufficio Presidenza Assemblea;2) Lettura ed approvazione verbale del Parlamento precedente;3) Relazione morale del Presidente (Maestro Anziano);4) Relazione finanziaria del Tesoriere (Rettore di Malapaga);5) Relazione dei Revisori dei Conti (Collegio dei Sindacatori);6) Varie ed eventuali.

Con viva cordialità. Il Presidente(Maestro Anziano)

Carlo Cerva

CALENDARIOLUGLIO, AGOSTO,

SETTEMBRE, OTTOBRE 201420 Luglio Domenica Visita al complesso del Brandale

dalle ore 17.00alle ore 19.00

20 Luglio Domenica ore 21.00 Spettacolo di canto, musica e danza “Festa a Palazzo Santa Chiara”Papa Sisto IV - Il trionfo del Rinascimento (vedi pag. 18)

26 Luglio Sabato ore 17.00 “Un museo Pelagos in Fortezza”Palazzo dell’Anziania Presentazione progetto di Luisa e Pasquale Gabbaria Mistrangelo:

Partecipano:Gianni Venturino, Architetto; Simona Lanza, Economista(vedi “A Campanassa” n. 1 2014 pag. 34)

20 Settembre Sabato ore 17.00 Ripresentiamo:Palazzo dell’Anziania Navigare rende curiosi

Cristoforo Colombo e Amerigo Vespuccidi Franco Icardi

4 Ottobre Sabato ore 17.00 Ripresentiamo:Palazzo dell’Anziania Gli antichi Liguri e le Ligurie.

La Val Bormida e Roccavignaledi Franco Icardi

12 Ottobre Domenica ore 10.00 Giornata Nazionale di Cristoforo ColomboPalazzo dell’Anziania

GASTRONOMIA ROSTICCERIA

Via San Lorenzo 42 r - Savona - Tel. 019/848110 - Nuova Gestione

Aperto anche la domenica mattinaCucina Ligure e Nazionale - Ravioli di nostra produzione - Fritto misto di pesce

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A Campanassa N.2/20144

“A CAMPANASSA”Un eccezionale e costante impegno

a cura di Carlo Cerva

L’associazione savonese “ACampanassa” di storia, arte,cultura, economia e vita socia-le, ha sede, fin dall’epoca dellasua fondazione, nel complessodel Brandale.

Innumerevoli e multiformisono le iniziative e le attività chehanno visto e vedono impegnatal’Associazione nei suoi 90 ope-rosi anni di vita al servizio diSavona. Nel 1927 ha dato vita al“Concorso dei pastori”, cuiseguirono dal 1933 gli annuali“Concorsi dei presepi”, al finedi rinnovare e perpetuare l’anticatradizione del Natale mediante lapremiazione degli allestimentigiudicati migliori e artisticamen-te di maggior pregio; tradizione,questa, rinnovata negli ultimiquarantanni con le “Mostre deipresepi nell’arte ceramica” nellasala del palazzo degli Anzianiinaugurate ogni 13 dicembre,festa di Santa Lucia. Dal 1933,dopo due secoli di interruzione,ha ripristinato la medievale tradi-zione della cerimonia del “Con-fuoco” celebrata l’ultima dome-nica prima del Santo Natale conla consegna di artistici vasi inceramica al Sindaco della città diSavona. Tra il 1929 ed il 1933 hapromosso tre “Concorsi di can-zonette dialettali”, poi ripresi apartire dal 1955 come “Concorsidi poesia dialettale”, dal 1974intitolati alla memoria di “Bep-pìn da Cà”, Giuseppe Cava, ilpoeta dialettale savonese delNovecento. Ha soprinteso allanascita di “Re Cicciolìn”, lamaschera dialettale savonesecreata dalla matita del pittoreRomeo Bevilacqua nel 1953,che è oggi interpretata da Pao-lo Patorniti, in arte PaoloNobel. Ogni anno organizza ilCarnevale Savonese di cui èindiscusso Re ed animatore“Cicciolin”. Dopo aver aderitonel 1955 all’“Unione Italianadelle Famiglie Regionali”, hapartecipato alla fondazione della“Consulta Ligure”, istituita il 24novembre 1973, insieme ad altreassociazioni liguri gemelle.Riconoscimenti e consensi hannopoi ottenuto, nel corso degli anni,la Compagnia Teatrale Dialetta-le “A Campanassa Città diSavona”, il Gruppo Storico “ACampanassa Città di Savona” il

“Gruppo musicale”, il Gruppodi studio “Amixi du dialettu deA Campanassa”. Dal 1973 l’as-sociazione ha indetto la “Marciadelle Civiche Libertà”, poi tra-sformata dal 1988 in “Paliu diBurghi”, per rievocare la nascitadel “Libero Comune di Savona”il 10 aprile del 1191. E ogni 12Ottobre celebra l’annuale“Giornata di Gristoforo Colom-bo”: entrambe le manifestazio-ni, dal 2004 sono organizzateinsieme all’AmministrazioneComunale.

L’Associazione ha ideato l’or-ganizzazione annuale delle“Sejann-e Cunviviäli” per lavalorizzazione della nostra cucina.Organizza, altresì, gite a finalitàculturale e diportistica.

È presente nel mondo delvolontariato.

Dal 2006 organizza le semprepiù frequenti “Visite Guidate alComplesso del Brandale”.

“Dal 2012 promuove e orga-nizza la Mostra ConcorsoInternazionale di Modellismo eFigurini Storici e Fantasy”.

Dal 2006 ha avviato il riordinodella “Biblioteca Sociale PoggioPoggi” riorganizzandola in duesezioni.

Molteplici, poi, le iniziativeeditoriali promosse e patrocinateda “A Campanassa” nel corsodegli anni, tra cui il prestigiosoperiodico trimestrale, il famosoLünäju e la celebre Grammati-ca di Ezio Viglione “Il purovernacolo sabazio”, nonché lemanifestazioni artistiche emusicali presentate nelle sale delpalazzo degli Anziani. L’associa-zione, ha costituito, insieme alla“Società Savonese di StoriaPatria”, alla sezione savonese di“Italia Nostra” e all’“IstitutoInternazionale di Studi Liguri”,la “Consulta Culturale Savone-se”, sorta allo scopo di risponde-re, in primo luogo, alle esigenzedi tutela, difesa e conservazionedel patrimonio storico, artistico,culturale e paesaggistico del ter-ritorio savonese.

L’Associazione ha promossol’istituzione della “FondazioneSavonese per gli Studi sullaMano” a tutela della ScuolaRegionale di Chirurgia dellaMano di Savona e la presiede.

C.C.

I PRESIDENTIDELLA “CAMPANASSA”

ASTENGO Avv. Paolo Andrea Alessandro 1923-1925

ASTENGO Dott. Giacomo 1925-1926

VARALDO Dr. Francesco 1926-1927

POGGI Dr. Poggio 1928-1940

GARASSINI Prof. Giovanni Battista 1940-1942

FERRO Avv. Andrea Silvio 1943-1945

PESSANO Avv. Arnaldo Mario 1946-1951

ASTENGO Dr. Agostino Mario 1951-dim.

DELLE PIANE Ing. Paolo Mario Agostino 1951-1952

SGUERSO Prof. Silvio 1952-1954

BERLINGIERI Dr. Enrico 1954-1958

LEONE Comm. Michele Giovanni 1959-1969

MARTINENGO Avv. Benedetto 1969-1970

BRUNETTI Comm. Pasquale 1970-1975

NOBILI Comm. Renato 1975-1978

PELUFFO Ing. Rocco 1978-2003

FANCELLO Cav. Rag. Nazzario Celestino 2003-2006

CERVA Comm. Rag. Carlo Enrico Luigi 2006- in carica

Cella campanaria della Torre del Brandale “La Campanassa”.

La Campanassa, particolare.

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A Campanassa N.2/2014 5

ORGANI SOCIALI DEL 90ºAggiornamento al 14 maggio 2014

CONSIGLIO DIRETTIVOConsiglieri eletti:CERVA CarloZUCCHI DeliaASCHERO MarcoBOTTINELLI SimonettaMASCARINO GiuseppePARODI Maria GiovannaSACCOMANI ErnestoVENTURELLI AlessandroVIGLIONE EzioNICOLINI IvanoASTENGO AgostinoMIRA GiorgioGALLOTTI GiovanniPASTORINO BrunoSACCHI AlbertoOLIVERI Anna MariaCANEPARI AlbertoBOZZO NicolòGAGGERO GiovanniGUASTAVINO MarioMARTINENGO Maria Nunzia

Consiglieri cooptati:BOSCHIAZZO LucianoDE MITRI GiacomoFARCI Pietro PaoloGRASSO AgostinoPATORNITI PaoloROCCA PatriziaVALENTE Flavio

COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTIBROTTO Angela PresidenteTESTA Giuseppe SegretarioVANARA Mauro PAGANELLI Luigi TORCELLO Marco

CONSULTA CULTURALE SAVONESEDelegazione de “A Campanassa”CERVA CarloFANCELLO NazzarioMADAMA LuigiPESCE Luca

CONSULTA LIGURE DELLE ASSOCIAZIONIRappresentante de “A Campanassa”MIRENGHI Dante

COLLEGIO DEI PROBIVIRIMIRENGHI Dante PresidenteGAMBETTA Paolo SegretarioFEMIA Raffaella BERTOLOTTO Carlo MORESCO Italo RETTURA Beniamino

COMITATO ESECUTIVO

CERVA Carlo PresidenteZUCCHI Delia Vice Presidente VicarioBOTTINELLI Simonetta Vice PresidenteMIRA Giorgio TesorierePASTORINO Bruno Segretario - EconomoASCHERO Marco Vice Segretario - Sovrintendente

organizzazione eventiASTENGO Agostino Vice SegretarioPARODI Maria Giovanna Bibliotecaria-ArchivistaOLIVERI Anna Maria Addetta tesseramentoGALLOTTI Giovanni Addetto stampaGAGGERO Giovanni Responsabile di sedeGUASTAVINO Mario Vice responsabile di sedeVENTURELLI Alessandro Addetto comunicazioni telematicheDE MITRI Giacomo Alfiere - Officiale dei Palvesi

PICCARDO Giuseppe Segretario del Consiglio Direttivo

COADIUTORI CULTURALIBAGLIETTO WalterBELFIORE NadiaCERRO BrunaCERVA Gisella

COLLABORATORI OPERATIVIBRUNETTO PAGANO Maria CarlaGOTTARDI Giorgio

FONDAZIONE SAVONESE PER GLI STUDI SULLA MANOCERVA Carlo Presidente (in quanto Presidente de “A Campanassa”)TESTA Giuseppe Tesoriere (nominato dal C.D. de “A Campanassa”)

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A Campanassa N.2/20146

COMMISSIONE AFFARI CULTURALI

BOTTINELLI Simonetta PresidenteBAGLIETTO WalterBELFIORE NadiaBOTTA FrancescaBOZZO NicolòCANEPARI AlbertoCERRO BrunaCERVA GisellaGALLOTTI GiovanniNICOLINI IvanoPARODI Maria GiovannaRASO AlessandroROCCA PierpaolaVENTURELLI AlessandroVIGLIONE EzioZUCCHI Delia

COMMISSIONE AFFARI ECONOMICI

VALENTE Flavio PresidenteASTENGO AgostinoMARTINENGO Maria NunziaSACCOMANI ErnestoVENTURELLI Alessandro

COMMISSIONE AFFARI URBANISTICI

SACCHI Alberto PresidenteGABBARIA MISTRANGELO PasqualeMADAMA LuigiPESCE Luca

GRUPPO DEL DIALETTO - DIRETTIVO

VIGLIONE Ezio Presidente (nominatodal C.D. dell’Associazione)

BELFIORE NadiaBOTTINELLI SimonettaBUZZONI GiannaCASTELLI EzioMIRA Giorgio

GRUPPO STORICO“ A CAMPANASSA” CITTÀ DI SAVONA - DIRETTIVO

GRASSO Agostino PresidenteASCHERO Marco (Nominato dal C.D. dell’Associazione)BOSCHIAZZO LucianoCODINO PatriziaROVERE Antonio

RE CICCIOLIN - RE DEL CARNEVALE SAVONESE

PATORNITI Paolo in arte PAOLO NOBEL (nomina annuale)

“OFFICIO DI CICCIOLIN” - DIRETTIVO

CERVA Carlo (quale Presidente dell’Associazione)PATORNITI Paolo in arte PAOLO NOBEL (quale ricoprente

il ruolo di Re Cicciolin)

FARCI Pietro Paolo ResponsabileCACCIOTTI VincenzoDI MANTUA StellaLAVAGNA LauraVALLERGA Marina

GRUPPO MUSICALE - DIRETTIVO

NICOLINI Ivano PresidenteCERVA GisellaGRASSO AgostinoMALLARINI EugenioPARODI MARIA GiovannaPATORNITI PaoloVENTURELLI Alessandro

GRUPPO TEATRALE DIALETTALE“A CAMPANASSA” CITTÀ DI SAVONA - DIRETTIVO

IGHINA Giovanni PresidenteASCHERO Marco (Nominato dal C.D. dell’Associazione)BIALE GiovanniCIARLO MonicaCRAVIOTTO Laura

ORGANI SOCIALI DEL 90ºAggiornamento al 14 maggio 2014

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A Campanassa N.2/2014 7

L’avvenire: 5 maggio 1925.

I PRIMI ANNI DELLA “A CAMPANASSA”A novant’anni dalla fondazione emergono dai giornali i primi passi

dell’Associazione nella Savona degli anni Venti del Novecentodi Giovanni Gallotti

23 gennaio 1925: interessi cittadiniNella riunione del 23 gennaio 1925, il

Consiglio Direttivo che aveva nominatoal suo interno una Commissione edilizia,prese posizione su alcuni importantiproblemi cittadini. In particolare vennesottolineato il problema dello scaricodelle acque di rifiuto nelle zone dove sisvolgeva l’attività balneare e quello del-l’illuminazione notturna di alcune zonedalla città. La A Campanassa divenne inquei mesi un punto di riferimento alquale si affidavano i cittadini per espor-re le loro idee ed anche le critiche versol’amministrazione comunale. Lo testi-monia una lettera pubblicata su “Il Cit-tadino” di sabato 28 marzo 1925 da unapersona che si firma “uno che vuol benea Savona”. Reggeva allora il Comuneun Commissario, il cavalier Mercuri eda lui l’anonimo cittadino si rivolse percriticare l’idea dell’amministrazione, al-lora in ristrettezze finanziarie, di utiliz-zare lo spazio dell’attuale piazza Saffi,per costruire edifici e finanziare così lacostruzione di via Cavour. Fortunata-mente la protesta fu accolta, il buon sen-so ebbe la meglio ed oggi possiamo soloimmaginare quali sarebbero state le con-seguenze della mancanza di uno spaziocome quello della piazza per il trafficocittadino.

Prime iniziative per il rialzamento dellaTorre

Per far seguito alle richieste di nume-rosi soci, desiderosi di riportare la Torredel Brandale all’altezza primitiva di cir-ca 50 metri, furono distribuite nei nego-zi numerose schede per aderire alla sot-toscrizione. Le somme raccolte sarannopoi depositate su un libretto di risparmioaperto presso una banca cittadina.

L’innoIl giornale “Il Cittadino”, del 14 feb-

braio 1925, pubblicò quello che venneallora definito un inno dedicato alla ACampanassa, autore Giulio EmanueleMinuto.

Partecipazione al congresso dei dialettiLa A Campanassa partecipò nel mese

di aprile, a Milano, al primo congressodei dialetti d’Italia, promosso per inizia-tiva della “Famiglia Meneghina”. La Li-guria fu rappresentata oltre che dall’as-sociazione savonese anche da A Compa-gna di Genova. L’iniziativa fu giudicatacome molto importante perché fino aquel momento gli studi dialettali eranostati affidati solo o a sparsi dilettanti o apochi glottologi. Nel congresso milane-se una sezione fu dedicata anche al fol-klore.

Preparativi per l’inaugurazione dellabandiera

Si avvicinava il grande giorno dell’i-naugurazione del vessillo sociale previ-sta per domenica 3 maggio 1925 ed ilConsiglio Direttivo, alla fine di aprilefece pubblicare un numero unico edesortò consiglieri, soci e cittadini ad es-sere presenti alla cerimonia ed al corteo,che si sarebbe mosso alle 8,30 del matti-no, da piazza del Brandale verso la Cat-tedrale.

3 maggio 1925: inaugurazionedel vessillo sociale

Fu definita una festa grandiosa ed au-stera, quella del 3 maggio 1925, per l’en-tusiastico concorso della cittadinanza e ilmirabile senso di concordia. “Il

dente, avvocato Ernesto Astengo seguitodal commissario del Comune, dal sotto-prefetto e da Filippo Noberasco. Il cor-teo si riformò ancora per giungere, alle12 all’albergo Torino dove si svolse ilbanchetto sociale. Iniziativa importante

mune di Savona. Questo fu l’ordine delgiorno votato, riportato da “Il Cittadino”di sabato 25 luglio: “Considerando chela crisi amministrativa in cui da tempoversa il nostro Comune si ripercuotedannosamente sulla cura e sullo svilup-po degli interessi cittadini; che è urgentedare al Comune la propria rappresen-tanza legittima ed una amministrazioneche assuma la responsabilità dei suoi at-ti di fronte agli elettori ed alla popola-zione; che nelle condizioni presenti dellospirito pubblico è augurabile possa co-stituirsi un’amministrazione civica, sen-za preconcetti di parte, ma che unica-mente abbia in sé gli elementi di una vi-ta duratura ed operosa. Chiedono al Go-verno, che al più presto vengano indettele elezioni per la nomina del ConsiglioComunale, assicurando piena, incondi-zionata libertà di voto”. Una presa di po-sizione di grande coraggio per quei tem-pi, nei quali il regime fascista stava or-mai sopprimendo gli ultimi bagliori ri-masti di democrazia e di libertà.

Il saluto alla campana di RoveretoDomenica 4 ottobre 1925 alle undici

del mattino, la Campanassa suonò perun’occasione speciale: l’inaugurazionenello storico castello di Rovereto, sottogli auspici del re, della Campana dei Ca-duti. Come quella di Savona, posta inpiazza Mameli, ed inaugurata due annipiù tardi, nel 1927, suonerà da allora tut-te le sere per ricordare i Caduti dellaGrande guerra. Tutte le campane stori-che d’Italia fecero sentire in quel mo-mento la loro voce.

Il 12 ottobreLa A Campanssa si preparava a celebra-

re il 12 ottobre e Cristoforo Colombo, delquale, secondo l’Associazione, Savona ri-vendicava i natali, con la stampa di un nu-mero unico, che sarà poi inviato gratuita-mente ai savonesi emigrati nelle Ameri-che. Un corteo, partì dalla piazza delBrandale per deporre una corona davantila casa dei genitori del navigatore doveparlò Filippo Noberasco, sostò poi davantial palazzo comunale allora in piazza Cha-brol. La piazza del Brandale fu imbandie-rata mentre la Campanassa fece sentire lasua voce l’undici ed il dodici ottobre.

Una visita alle autoritàAlla fine dell’anno i dirigenti dell’As-

sociazione si recarono in visita alle auto-rità cittadine, il Sottoprefetto ed il Sinda-co. L’intenzione fu quella di stabilire unaprofonda collaborazione e di svolgere unintenso lavoro nell’interesse della città.Furono anche prospettati, alle autorità, ipiù impellenti problemi di Savona.

In difesa della Camera di CommercioIl 1925 si chiuse, per la A Campanassa

con una decisa presa di posizione. IlConsiglio Direttivo si oppose fermamen-te alla ventilata soppressione della Ca-mera di Commercio di Savona, ritenen-do che: “l’imponente sviluppo dell’eco-nomia savonese è ben degno di esseredisciplinato e diretto da una propria isti-tuzione locale”.(2 - continua)

G.G.

Letimbro” di martedì 5 maggio così de-scriveva la cerimonia: “Sotto il vetustoBrandale, mentre dall’alta cella si dif-fondevano i rintocchi possenti dellaCampanassa, abbiamo visto uomini la-voratori del popolo, personaggi eminentidella città, rappresentanti di tutti i ceti edi tutte le classi, accomunati in un unicovincolo di commozione e di fraternità,che trovava le sue origini dall’intimo,profondo senso di sano civismo, che tuttili pervadeva ed animava”. Già la seraprecedente la Torre del Brandale era illu-minata a festa ed il giorno successivo,domenica, alle 9,30, la piazza si riempìdi gente. Si formò il corteo, in testa labanda Forzano, che attraverso via Giuriae via Caboto, giunse in Cattedrale. Allanuova bandiera della “A Campanassa”facevano corona i valletti del Municipioed il vessillo della Società dei Marinai.La bandiera fu benedetta da monsignorFrancesco Gozo, madrina Luigina Zuni-ni, figlia di Ignazio, tra i fondatori del-l’associazione. Dopo la cerimonia inCattedrale si riformò il corteo che giunseal teatro Chiabrera. Qui parlò il presi-

di quella giornata fu l’elargizione all’o-spedale San Paolo ed all’Ospizio Orfa-notrofio del Santuario della cospicuasomma di mille lire ciascuno. Nel pome-riggio, in pazza Sisto IV, concerto dellabanda Forzano.

Contro l’impianto della PetroleaMercoledì 8 luglio, l’Associazione or-

ganizzò una assemblea pubblica, allaquale parteciparono molti cittadini, perdiscutere sulla proposta di impianto aLegino, in località Braia, di un grandestabilimento petrolifero, quello che di-verrà la Petrolea. L’ordine del giorno vo-tato al termine dell’assemblea fu contra-rio all’impianto dello stabilimento, per lasua ubicazione, per i danni che ne sareb-bero derivati alle spiagge ed agli stabili-menti balneari e perché l’impiego dioperai sarebbe stato modesto.

La situazione amministrativadel Comune

Il 23 luglio 1925 si svolse un’assem-blea straordinaria dei soci che discussesulla situazione amministrativa del Co-

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A Campanassa N.2/20148

IL LIBERO COMUNESAVONESE

di Giovanni GallottiIl 10 aprile 2014 abbiamo cele-

brato l’823° anniversario della na-scita del Libero Comune di Savo-na. È una data importante nellastoria bimillenaria della città. Nonera un caso isolato nelle vicendeitaliane, altre città, in quegli stessidecenni si erano emancipate pro-clamandosi comuni indipendenti.Ad esempio Tortona nel 1090, Astie Torino, nel 1091, Chieri, nel1158, che si erano rese autonomedal peso della marca della contessaAdelaide. Seguirono Novara, nel1100, Vercelli, nel 1120, Acqui,nel 1183, emancipatisi da antichi

domini vescovili ed ancora Novi,nel 1135, dal dominio imperiale,Genova, nel 1152, Ventimiglia eCasale, nel 1157, Alessandria eSavigliano, nel 1168 ed infine Al-ba, nel 1183, resisi indipendentidal dominio feudale.

I fermenti di libertà giunsero an-che nella città del ponente ligure. Icommerci, soprattutto con l’Orien-te, i guadagni da questi derivati ela conseguente floridezza econo-mica, consentirono a Savona dicompletare la sua evoluzione de-mocratica, allineandosi con le altrecittà vicine del nord Italia.

Il Caro nostro amico e coetaneo Giulio Emanuele Minuto, discen-dente di savonesissima famiglia (il padre suo, Sebastiano, fu rimato-re e disegnatore argutissimo su argomenti satirici comparsi 50 annior sono in gazzette amene, d’occasione), ci invia il seguente Inno chenoi pubblichiamo, se non altro, astraendo dal giudizio letterario suqualche strofa alquanto peccabile, e chi non pecca in questo mondo!Per l’accesa savonesità, estratto certo, dalla fiammella che scaldamolti cuori semplici e puri, fra il grigiore tutt’altro che ideale di co-loro son più cicciollâe che savoneixi.

Parli dunque la musa di G.E. Minuto:Campanassa do BrandaleMonumento de gran gloriaDâu têu tôre MedioevaleCanta l’inno da Vittoria!Canta ai zoveni e speranzeCanta ai a i vêgi a libertâeCanta a tûtti e rimembranzeDe grandesse tramontae.

Ato o numme de Savonn aPe l’Italia fa sûnnàDe sti Monti pe a Coronn aL’eco forte o rispondià!

Sciû da e Ciasse ciamma e genteDai Caroggi e da-e ContrâeDo servaggio impertinenteComme a i tempi aboraschâe;Ciamma i figgi de SabaziaNon degeneri da-i poaêNe e fortûnn e e ne a disgraziaNe o servaggio e a libertaê!

Ato o nomme de Savonn aetc. etc.

Campanassa do BrandaleManda a-i venti i têu rintocchiComme un canto trionfaleComme un làbaro co i fiocchiPe-e disteise e pe e MontagneChe o têu squillo u vagghe benA sveggiane e têu CompagneComme a i vespri Sicilien!

Ato o nomme de Savonn aetc. etc.

Giulio Emanuele Minuto

Testo pubblicato in grafia originale dell’autore

L’INNO DELLAA CAMPANASSA

a cura di Giovanni Gallotti

Con un atto solenne, i quattroconsoli del Comune savonese, Ar-naldo Iolta, Pellegrino Rossi, Bon-giovanni Foldrato e Ardissone diGoffredo, acquistarono dal mar-chese di Savona, Ottone Del Car-retto, tutto il territorio compresotra la chiesa di San Pietro in Carpi-gnano, il crinale dei monti, il colledi Priocco ed il mare. Il prezzo sta-bilito fu di mille e cinquecento liredi Genova.

Con lo stesso documento, un attodi acquisto del territorio su cuisorgeva la città, che la svincolavadal dominio dei Del Carretto, ven-ne creato un libero governo popo-lare. L’atto fu stipulato nella chie-sa di San Pietro il vecchio, le cuistrutture sono ancora oggi ingloba-te nell’edificio sulla piazza delBrandale, sul lato destro dellaCampanassa.

Il documento recita: “Io Oddone,per la grazia di Dio, marchese diSavona, vendo, consegno e confe-risco a voi quattro consoli savone-si, Arnaldo Iolta, Pellegrino Rossi,Bongiovanni Foldrato, e Ardissonedi Goffredo, acquirenti per il Co-

barla. Per il prezzo tra me e voiconvenuto di lire mille cinquecentodi Genova, del quale mi dico con-tento e soddisfatto. E contro questavendita non agirò in avvenire, maprometto formalmente e legittima-mente a voi, predetti consoli, ed aifuturi di difenderla, obbligando inpegno tutti i miei beni. Confessod’avervi tutto consegnato, posses-sione e dominio, nulla in me rite-nuto, salvo i giuramenti che ri-guardano i suddetti vassalli, e sal-vo il giuramento che tra noi corredi incastellare fra i detti confini,tutto il resto, giusta quanto sopra èscritto, vi rilascio e consegno. Ol-tre a ciò, giuro a voi sui santi van-geli che avrò sempre in perpetuoquesta vendita ferma e stabile, eche in nessun modo e potere con-travverrò alla stessa; prometto dirimettermi, occorrendo, al pareredi un savio e di quanto legalmentestabilirà, affinché il tutto rimangasaldo ed irrevocabile. Così sia”.

L’atto, rogato dal notaio GuidoMilanese, vide la presenza dei te-stimoni Arnaldo Ferralasino, Ber-tolotto di Giovanni maestro, Ansal-

mune di Savona, tutto quanto ho eposseggo da San Pietro in Carpi-gnano in qua sino a Savona ed insu sino al giogo, eccetto la castel-lania di Quiliano; e tutto quantoho e posseggo in Legino e Lava-gnola fino al colle di Priocco, edal giogo sino alla ripa del mare,eccetto il feudo dei signori di Albi-sola che fu del marchese di Mon-ferrato; e tutto quanto ho e posseg-go in Savona, cioè Ansaldo Bocca-dorzo e Pellegrino Rosso, null’al-tro in me ritenuto con tutte quelleragioni e azioni che aveva e posse-deva sino a questo tempo, rinun-ciando ad ogni diritto ed azionepei quali questa vendita in qualsia-si modo possa da me o da qualun-que altra persona venire impeditao disturbata. Prometto inoltre avoi, prefati consoli, che Alda miaconsorte rimette a voi tutte le sueragioni ed azioni in questa venditada me a voi fatta, e che avrà fermala vendita stessa, rinunciando adogni diritto ed azione per cui essao per essa altra persona possa inqualche modo impedirla o distur-

do De Donna Maiorica, Leone,Conrado di Duranti Raimondo del-la Trinchera, Gandolfo Agnelli,Guglielmo Porto e Cavagnario.

Poco dopo, il 30 aprile con unatto rogato nel castello di Segnodal notaio Arnaldo Cumano, allapresenza di dieci testimoni, la con-tessa Alda, moglie di Ottone, con-fermò la vendita effettuata dal ma-rito al Comune savonese.

Infine il 18 novembre 1191, conun diploma emanato da Pontedeci-mo, l’imperatore Enrico IV, succe-duto a Federico Barbarossa nel1190, confermò l’atto del 10 aprile.Iniziava il periodo indicato daglistorici come l’epoca del LiberoComune savonese, nel quale le isti-tuzioni cittadine godettero di unacerta autonomia.

Fu il punto di arrivo di un pro-cesso che durava da alcuni decen-ni. L’autonomia del Comune savo-nese, dopo complesse ed intricatevicende, terminò nel 1528 con ladefinitiva sottomissione a Genova.

G.G.

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10 APRILE 2014 “ANNIVERSARIO LIBERO COMUNE”

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A Campanassa N.2/201410

L’area di Legino in corso di scavo.

LEGINO: UN INSEDIAMENTODI ETÀ ROMANA A SAVONA

di Francesca BulgarelliL’amata Legino di Gabriello

Chiabrera si impone all’attività ditutela sin dalla metà degli anni ’90del secolo scorso, con i progettiiniziali del nuovo polo residenzia-le previsto tra Via Fratelli Rey eVia Pietragrossa. Completato illungo iter autorizzativo, nel corsodel quale la Soprintendenza avevaripetutamente segnalato l’alto ri-schio archeologico ed espressospecifiche prescrizioni, nel 2006venne dato avvio ai lavori, prece-duti da una lettura preventiva del-l’area mediante carotaggi appro-fonditi e indagini geognostichenon distruttive, che confermaronol’interesse dell’area già ipotizzatoda Nino Lamboglia. Insieme conl’impresa costruttrice e l’ammini-strazione comunale di Savona ven-ne pertanto concordato un pro-gramma di assistenza archeologicacontinua contestuale alle varie fasidei lavori edili, che prevedeva in-dagini preventive e approfondi-menti archeologici. La pianifica-zione programmata degli interven-ti ha permesso di conseguire risul-tati di straordinaria rilevanza per latutela archeologica e la conoscen-za del territorio.

Lo scavo estensivo su un’area dica 2000 mq, saggi mirati e prospe-zioni geognostiche hanno riportatoin luce vani e strutture che possia-mo attribuire ad un esteso impian-to a carattere residenziale e rusti-co- produttivo di età romana, arti-colato con ambienti dislocati supiani a quote decrescenti lungo ilpendio collinare esposto verso illitorale, opportunamente regolariz-zato. Alle quote inferiori sono statiindividuati ambienti quadrangolariallineati pertinenti alle fasi più tar-de dell’insediamento, destinatiprevalentemente a magazzini e adattività produttive; conservati soloa livello delle fondazioni, insiste-vano su strutture di una fase piùantica, della quale rimangono am-pie porzioni di mosaici pavimenta-li a tessere in calcare grigio. Alcu-ne canalizzazioni in laterizio affio-ranti dalle sezioni indicano l’e-stendersi verso nord est dell’inse-diamento antico, le cui strutturenon si sono conservate alle quotesuperiori a causa delle trasforma-zioni apportate dall’attività agrico-la ininterrotta sul sito sino ai nostrigiorni. I reperti ceramici, metallicie numismatici consentono una da-tazione tra la fine del I secolo a.C.e il successivo, in un momento incui i valori sociali e culturali tra-smessi dalla romanizzazione si im-pongono sul substrato ligure.

Gli ambienti si affacciavano ver-so il fondo della valletta dove unabassura, soggetta a impaludamento

(Leze/ Legino è toponimo collega-to con il concetto di zona umida)presentava sistemazioni messe inatto per bonificare il terreno, amezzo di gettate di pietrame, ciot-toli e frammenti di laterizi e fittili,tra cui in gran numero i contenitorida trasporto. Materiali assegnabilial IV-V secolo d.C., tra cui anforee recipienti in pietra ollare, datanoal tardoantico le ultime, sporadi-che frequentazioni dell’area, pro-babilmente sempre legate ad atti-vità agricole o di sfruttamento delterritorio.

sono inoltre comparsi con l’esten-dersi delle indagini in direzionedella sommità della collinetta allespalle nuovo quartiere: si tratta diun settore del complesso antico ca-ratterizzato da ambienti adibiti allalavorazione e trasformazione deiprodotti agricoli in cui è riconosci-bile un vano che per la presenzadella base di un torchio potrebbeessere identificato come locale perla premitura o la macinatura. Tra imacroresti vegetali rinvenuti sulpiano di calpestio, numerosi vinac-cioli e pedicelli di Vitis vinifera,

Del tutto eccezionale è la sco-perta, nel corso delle indagini pre-ventive all’ampliamento del can-tiere edile, di una cortina murariain pietra conservata per una lun-ghezza di circa 80 m e un’altezzadi 2 m; la struttura – un unicumnel quadro dei rinvenimenti di etàromana sull’attuale territorio ligu-re – di cui è ricostruibile il perime-tro trapezoidale, è stata interpreta-ta come recinzione della proprietàed è relativa ad una fase di II-IIIsecolo del complesso. Consideratolo stato di conservazione non otti-male dell’imponente struttura mu-raria e il suo posizionamento sulfondo della bassura, è stato ritenu-to opportuno assicurarne la messain sicurezza mediante reinterro; ef-fettuati posizionamento e rilievigrafici, eseguito il restauro staticoe il consolidamento, il muro, pro-tetto da tessuto non tessuto e gab-bie di legno, è stato ricoperto diterra e messo in sicurezza. Per ri-spettarne la presenza, pur non invista, è stata ottenuta una varianteprogettuale al fine di non interferi-re direttamente sulla superficiecon alcuna struttura edilizia mo-derna.

Ulteriori e inattesi rinvenimenti

attribuibili a resti della pigiatura,potrebbero convalidare l’ipotesiche nel vano si svolgessero attivitàdi torchiatura dell’uva; un ambien-te allungato disposto perpendico-larmente rispetto al vano del tor-chio era forse destinato ad acco-gliere i grandi dolia per la conser-vazione del vino o dei cereali, co-me attestano frammenti di pareti edi orlo dei grandi contenitori fittili.Il dato si allinea con una serie dirinvenimenti che portano ad attri-buire una spiccata, e precoce, vo-cazione vitivinicola proprio nelcomprensorio savonese, dove inparticolare il territorio leginesesembra essere stato connotato daun’accentuata attività vitivinicola,menzionata nei documenti medie-vali e ancora attiva sino a pochianni or sono.

In aderenza alla cella vinaria, ri-cavata ad una quota ribassata, èstato rinvenuto un vano ancora do-tato di pavimento musivo in tesse-re bianche profilato da cornici intessere nere. Si tratta di una sco-perta di grande rilevanza, in quan-to il mosaico leginese al momentoè l’unico rinvenuto ancora in situnella Liguria marittima tra Genovae Albenga. Realizzato con tecnica

accurata in piccole tessere di di-mensioni costanti (cm 1 x 1) stesesu una preparazione in malta rosa-ta, il mosaico riveste l’intero am-biente a pianta rettangolare (m 4 x3) dotato nei due lati brevi di duepiccoli vani pavimentati in cemen-tizio bianco, in uno dei quali è dariconoscere forse un armadio enell’altro uno spazio di servizio.Le pareti di questo ambiente eranodecorate a vivace policromia, dicui si mantengono tracce di colorerosso, rosa e azzurro nei crolli de-gli intonaci sopra il pavimento.Resti di colonnine in laterizio rin-venuti oltre la soglia, crollate neivani sottostanti, sono indizio diuna corte aperta, su cui si affaccia-va il vano con mosaico.

I dati stratigrafici e i reperti ar-cheologici indicano che la vita del-l’impianto leginese può collocarsinel complesso tra lo scorcio del Isec. a. C. e il III d.C., quando il si-to viene abbandonato, con sporadi-che frequentazioni tarde limitateagli interventi di ripristino dellabonifica sul fondo dell’avvalla-mento. Lo studio scientifico deidati di scavo e dei materiali rinve-nuti potrà meglio chiarire la tipo-logia dell’insediamento, che almomento sembra corrispondere aduna villa con spiccata attività pro-duttiva inserita nel suo fundus, po-sta sui primi rilievi collinari dellaconca leginese dominante il litora-le marino e la circostante vallettadel torrente Molinero (fossatumMolinellum). Il fitto popolamentoin età romana con nuclei a caratte-re agricolo, ville rustiche e fattorieè testimoniato dalla persistenza nelLeginese di toponimi prediali co-me Lusignano, attestato anche adAlbenga, e Viriano citati come ter-mini di proprietà nei documentimedievali, e dalla presenza di poliemergenti sul territorio rappresen-tati in età altomedievale da edificidi culto di antica dedicazione, S.Anastasia, SS. Pietro e Paolo, S.Ambrogio, oggi parrocchia di Le-gino.

Tra le caratteristiche del sito,che giustificano il precoce interes-se insediativo, spicca la valenzastradale: di qui infatti passava laviabilità parallela alla costa checollegava Savona con Vado, dovesi congiungeva con la Via AemiliaScauri poi Iulia Augusta prove-niente da Acqui attraverso il Colledi Cadibona. L’intero settore erainteressato da direttrici di collega-mento tra la costa e il valico, tracui la più importante era ricordatanel Medioevo come via antiqua.Gli itinerari antichi collocano traAlba Docilia (Albisola Superiore)e Vada Sabatia (Vado Ligure) una

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A Campanassa N.2/2014 11

Il mosaico prima dell’intervento di restauro.

località denominata Vico Virginis,che già Nino Lamboglia, pionieredell’archeologia ligure e naziona-le, identificava con Legino, non-ostante la critica sia divisa tra l’at-tribuzione a Legino o al quartieredi Lavagnola, a oriente di Savona,dove sono segnalati vecchi ritrova-menti.

Sulla medesima direttrice era alli-neato, a poche centinaia di metri dalnucleo insediativo, il vasto sepol-creto composto da tombe a cassa la-terizia e “alla cappuccina”, portatoin luce a più riprese tra la metàdell’800 e i primi decenni del ’900dalle disastrose piene del Molinero.

Nel 2008, grazie alla segnala-zione di Francesco Murialdo, ri-scontrata in occasione di ripetutisopralluoghi congiunti, nell’alveodel rio Molinero è stata portata inluce una nuova tomba “alla cap-puccina” in parte sconvolta dal-l’attività del torrente. Lo scavo ri-velava che dell’inumato, depostosu di un livello di terra e sabbiadepurata accuratamente lisciato, siconservavano parzialmente leestremità inferiori, mentre il restodello scheletro era stato asportatodalla corrente. Accanto alla gambadestra era collocata una lucerna,sotto alla quale appariva una mas-sa metallica fortemente degradata.Il restauro condotto nel Laborato-rio della Soprintendenza, lungo eaccurato, ha appurato che la crosta

di ossidazione inglobava le testedei chiodini (clavi) disposti a filelongitudinali sulle suole di robustecalzature, che erano state collocateaccanto al defunto.

La sepoltura, datata al II secolod.C., potrebbe confermare la con-temporaneità dell’insediamentorinvenuto con l’area cimiteriale,relativa ad un gruppo di sociale dicondizioni medie, composto forsedi contadini, soldati o liberti.

L’intento della Soprintendenzadi conservare le strutture rinvenutea Legino, lasciandone in vista al-

meno parte mediante un’azione ditutela, conoscenza e valorizzazio-ne necessariamente compatibilecon la sostenibilità economica del-la conservazione, ha trovato sinto-nia e concreta adesione, oltre chenel determinante contributo dellaFondazione De Mari, nel program-ma dell’amministrazione comuna-le di Savona, che partecipa all’atti-vità di comunicazione, recupero evalorizzazione al fine di avvicina-re i cittadini alla conoscenza dellastoria antica di un contesto urbanoa loro familiare.

Savona e Legino in particolaresono per me strettamente associatialla figura, e ora al ricordo, diFrancesco Murialdo. L’ attivitàistituzionale sul territorio, che sindall’inizio del mio incarico pressola Soprintendenza Archeologicadella Liguria, ha coinciso con latutela e, in secondo piano, con laricerca nella provincia di Savona,ha potuto contare sui suggerimentie sulla conoscenza di FrancescoMurialdo: sempre disponibile alconfronto e attento, mai geloso delsuo sapere, appassionato e tenacequanto riservato e mite.

BIBLIOGRAFIAF. BULGARELLI, Mosaici pavimentaliromani dal Savonese. Un aggiorna-mento, in Atti e Memorie Società Sa-vonese di Storia Patria, n.s., XLVII,2011, pp. 27-41.F. BULGARELLI, I Romani a Savona, inArcheo n. 338 aprile 2013, pp. 6- 10.F. BULGARELLI, Sepoltura di età ro-mana nel Rio Molinero a Legino (Sa-vona), in Archeologia in Liguria III,2008-2009, Genova 2013, pp. 135-136.F. BULGARELLI, C. VANALI, Savona.Indagini nell’insediamento romano diLegino, in Archeologia in Liguria IV,2010-2011, Genova 2013, pp. 141-142F. BULGARELLI, C. VANALI, Un mosai-co dall’ insediamento romano di Sa-vona Legino, in Atti Aiscom XIX,Isernia 2013, Roma 2014, pp. 423-432.

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A Campanassa N.2/201412

CONSULTA CULTURALE SAVONESE

DEPOSITO ARCHEOLOGICO DEL PRIAMÀR:UN ASSURDO PROVVEDIMENTO BUROCRATICO CREA

NUOVI OSTACOLI PER LO STUDIO E LA RICERCA. PERCHÉ? Il museo archeologico del Priamàr,

creato dal nulla nel 1990 dall’IstitutoInternazionale di Studi Liguri (chetuttora lo gestisce su incarico del Co-mune di Savona), è il “civico museoarcheologico della Città di Savona”. Ildeposito archeologico del Priamàr è il“deposito archeologico della Città diSavona”.

Va rilevato che quasi la totalitàdei reperti archeologici conservatinel Deposito proviene dalle campa-gne di scavi archeologici condotti aSavona negli ultimi cinquant’annidall’Istituto di Studi Liguri (dal1956 ad oggi) su concessione delMinistero per i Beni e le AttivitàCulturali. Va rilevato che in base al-la normativa vigente i reperti di unoscavo archeologico possono esseredati in temporaneo deposito al Con-cessionario a scopo di studio, defi-nitivo restauro e pubblicazione, inquanto titolato a studiarne e pubbli-carne i contenuti scientifici.

Contro ogni logica ed ogni ele-mentare buon senso, dallo scorsomese di novembre l’Amministrazio-ne comunale di Savona ha deciso diseparare la gestione del Deposito Ar-cheologico da quella del Museo Ar-cheologico, senza tenere conto chein un Museo i materiali esposti e imateriali depositati sono ovviamentecomplementari e spesso esposti a ro-tazione e senza ricordare i diritti checompetono all’Istituto Internaziona-le di Studi Liguri in qualità di con-cessionario di 67 distinte campagnedi scavi archeologici (dall’anno1956 fino allo scorso anno 2013),che hanno portato nuova luce sullastoria della nostra Città di Savona.

In data odierna, 31 maggio,mentre questo Giornale sta perandare in stampa, da parte del-l’Amministrazione comunale diSavona non è pervenuto alcun ri-scontro alle lettere e alle mail in-viate dalla Consulta Culturale trail 15 aprile e il 22 maggio.

Mail della Consulta CulturaleSavonese inviata il 22 maggio2014 all’Amministrazione comu-nale di Savona (al Sindaco e, perconoscenza, al Vicesindaco, all’As-sessore alla Cultura, alla Dirigentedel Settore Cultura del Comune diSavona, alla Presidente della TerzaCommissione Consiliare e al Presi-dente delegato della Consulta co-munale per il Priamàr).

Oggetto: Deposito Archeologicodel Priamàr: ULTERIORE RI-CHIESTA di incontro URGEN-TE di questa Consulta con l’Am-ministrane comunale di Savona

Egregio Signor Sindaco,sono ormai trascorsi 37 giorni da

quando questa “Consulta CulturaleSavonese” chiese ufficialmente aLei, al Vicesindaco e all’Assessorealla Cultura la disponibilità per un“incontro urgente (possibilmentecongiunto) per grave problemainerente la fruizione dell’accessoal Deposito Archeologico del Pria-màr e della Città di Savona”.

Ventiquattro giorni or sono, il 28aprile u.s., questa Consulta Cultura-le inviò inoltre a Lei, al suo Vice eall’Assessore competente un pro-memoria circa l’incontro richiesto.

Non abbiamo ricevuto alcun ri-scontro alle due richieste.

Il tempo trascorso ci pare notevo-

le, incompatibile con l’urgenza del-la cosa.

Provvediamo pertanto ora a ri-chiedere ufficialmente la Sua per-sonale disponibilità per tale in-contro urgente. Le chiediamo per-tanto ufficialmente un incontro.

Speriamo che l’incontro persona-le con Lei possa essere tempestivo emeno problematico dell’organizza-zione di un incontro congiunto conLei e con gli altri due Assessori: ipo-tizziamo infatti che la (finora) man-cata risposta sia forse dovuta alladifficoltà dell’Amministrazione Co-munale di trovare la contemporaneadisponibilità Sua e degli altri dueEsponenti della Giunta da Lei pre-sieduta.

Questa Consulta Culturale ri-mane pertanto in attesa di un Suocortese riscontro.

Distinti saluti.

P.S.1: inviamo questa nota ancheai Consiglieri Comunali presidentedella “Terza Commissione Consi-liare” e “presidente delegato” della“Consulta Comunale per il Pria-màr”, non solo per Loro conoscen-za, ma anche per Loro evidentecompetenza.

P.S.2: alleghiamo copia dellamail del 28 aprile u.s. e della letteraufficiale consegnata il 15 aprilescorso all’Amministrazione Comu-nale.

Mail della Consulta Culturale Sa-vonese inviata il 28 aprile 2014 al-l’Amministrazione comunale di Sa-vona (Sindaco, Vicesindaco, Assesso-re e Dirigente del Settore Cultura).

Oggetto: Necessità di sospensioneconsegna chiavi Deposito Archeolo-gico, in attesa di incontro di questaConsulta con l’Amministrazionecomunale di Savona.

Gent.mi Signori Sindaco e Vice-sindaco, Gent.me Signore Assesso-re alla Cultura e Dirigente del Set-tore Cultura, fino ad oggi non ab-biamo avuto alcun riscontro allanostra lettera di richiesta d’incon-tro, consegnata alla Loro attenzionequattordici giorni or sono (alleghia-mo alla presente mail, a titolo dipro-memoria, la lettera da noi con-segnata).

Nel ricordare alle SS.LL. in indi-rizzo la necessità e l’urgenza dell’in-contro, evidenziamo alla SignoraDirigente del Settore Cultura chela Sua richiesta posta al Presiden-te della Sezione Sabazia dell’Isti-tuto Internazionale di Studi Liguricon la propria nota n. 16801 datata 4aprile 2014 (ma consegnata manual-mente a tale Istituto solo in data 11aprile u.s.) “di voler provvedere allaconsegna delle chiavi del depositoentro e non oltre 15 giorni dal rice-vimento della presente” (lettera) adavviso di questa Consulta Cultu-rale deve evidentemente essere so-spesa in attesa delle conclusioni ache potranno essere concordatenell’incontro richiesto da questaConsulta, che si spera possa avveni-re quanto prima.

Il Consiglio Direttivo di questaConsulta Culturale chiede pertan-to alla Signora Dirigente del Setto-re Cultura e all’AmministrazioneComunale di Savona la sospensio-ne di quanto richiesto l’11 aprile

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A Campanassa N.2/2014 13

scorso all’Istituto di Studi Liguri,in attesa delle conclusioni che po-tranno essere concordate nell’in-contro richiesto da questa Consul-ta Culturale.

A nome del Consiglio Direttivodi questa Consulta, ci è gradital’occasione per porgere i più cor-diali saluti.

Lettera della Consulta Cultura-le Savonese data 12 aprile 2014,consegnata il 15 aprile all’UfficioProtocollo del Comune di Savona:indirizzata all’Amministrazionecomunale di Savona (Sindaco, Vi-cesindaco e Assessore Cultura e,per conoscenza, alla Dirigente delSettore Cultura).

OGGETTO: Richiesta di in-contro urgente con le SS. LL. inindirizzo (possibilmente congiun-tamente: Sindaco-Vicesindaco-Assessore Cultura) per grave pro-blema inerente la fruizione del-l’accesso al Deposito Archeologi-co del Priamàr e della Città di Sa-vona.

Gent.mi Signori Sindaco e Vice-sindaco, Gent.ma Signora Assesso-re alla Cultura, a nome del Consi-glio Direttivo della “Consulta Cul-turale Savonese” chiediamo un in-contro urgente con Tutti Loro in in-dirizzo, allo scopo di trovare unasoluzione a un problema che nasceda una lettera che il Comune di Sa-vona ha recentemente inviato a unadelle Associazioni componenti que-sta “Consulta Culturale”.

Giovedì 11 aprile la Dirigente delSettore Cultura del Comune di Savo-na, arch. Sperati, ha infatti consegnatoall’Istituto Internazionale di Studi Li-guri una lettera (datata 4 aprile), conla quale si richiede “di voler provve-dere alla consegna delle chiavi deldeposito (archeologico) entro e nonoltre 15 giorni dal ricevimento dellapresente” e si precisa altresì che in fu-turo, per “accedere al deposito, si do-vrà procedere nel rispetto dell’accor-do sottoscritto (rif. Art.7, c. 4)”.

Premesso che non c’è ovviamen-te contrarietà al fatto che anche la“Soprintendenza per i Beni Archeo-logici della Liguria” diventi parteattiva nella gestione e nella conser-vazione del Deposito di quasi ses-sant’anni di Studi e Ricerche con-dotti e finanziati a Savona dall’Isti-tuto di Studi Liguri, ci pare peròche la cosa non sia in antitesi con lanecessità dei ricercatori dell’Istituto

di accedere ripetutamente a tale De-posito, per le attività di studio e do-cumentazione dei reperti portateavanti con passione e competenzain tutti questi anni e tuttora in cor-so, anche in stretta collaborazionecon l’Università di Genova (va tral’altro rilevato che parecchie Tesi dilaurea specialistiche in Archeologianegli ultimi anni e nell’anno in cor-so hanno riguardato e riguardanoproprio reperti archeologici conser-vati nel Deposito Archeologico delPriamàr).

Nell’incontro URGENTE chequesta Consulta Culturale richiedeall’Amministrazione Comunale(nelle persone del Sindaco, del Vi-cesindaco e dell’Assessore alla Cul-tura) vorremmo pertanto capirequali ostacoli ci sarebbero al fattoche dispongano delle chiavi del“Deposito Archeologico” tanto laSoprintendenza per i Beni Archeo-logici” quanto l’“Istituto Interna-zionale di Studi Liguri”.

Premesso che sarebbe inconcepi-bile che siano esclusi dalla possibi-lità di accedere al Deposito (perproseguire gli studi dei materialiconservati) proprio i ricercatori chehanno dedicato parecchio del lorotempo libero a riportare alla luce ta-li materiali, è impressione di questaConsulta che il Comune di Savonatenda a ridurre il rapporto tra il Co-mune e l’Ente gestore del MuseoArcheologico a un mero rapporto di“concessione” e di “contratto”.

A nostro avviso dovrebbe inveceessere maggiormente costruttivo emeno burocratico il rapporto del-l’Amministrazione Comunale conl’Istituto di Studi Liguri, che ha alle-stito partendo da zero un Museo cheprima non esisteva a Savona, realiz-zato proprio con gli studi, gli scavi ele ricerche che hanno consentito l’e-sposizione dei materiali che propriotale Istituto ha portato alla luce, insessant’anni di ricerche e lavori chehanno coinvolto l’esperienza e il la-voro volontario e gratuito di decine edecine di Associati. Esperti, Studen-ti, oltre che di un gran numero diDocenti e Laureati e Laureandi del-l’Università di Genova.

Tanto per essere chiari sino in fon-do, riteniamo che per il Comune diSavona si tratti di cosa ben diversache far gestire a “Terzi” una raccoltadi libri o di raccolte artistiche che un“Ente gestore” si trovi a dover tenereaperti al pubblico e rendere sempli-cemente disponibili alla fruizione delpubblico!

L’impressione di questa “ConsultaCulturale” è invece che il Comunedi Savona tenda a rapportarsi conl’Istituto di Studi Liguri nello stessomodo puntiglioso e burocratico colquale si rapporta (forse) con i con-cessionari di “servizi”, quali adesempio il bar-ristorante presente sulPriamàr, o le cooperative sociali checollabora no all’apertura del Pria-màr, del Teatro e della Pinacoteca, oaltri ancora.

Non era a conoscenza di questa“Consulta Culturale Savonese” chenel “Contratto di gestione del Mu-seo Archeologico” nello scorso me-se di novembre il “Settore Cultura”del Comune di Savona avesse deci-so di scrivere che “L’accesso alDeposito Archeologico dovrà esse-re concordato e richiesto di volta involta alla Soprintendenza”: se loavessimo saputo prima avremmochiesto prima un incontro col Sin-daco e gli altri Assessori aventi inqualche modo deleghe per questioniattinenti al Deposito Archeologico.

Se il problema è semplicemente le-gato all’aspetto burocratico di quantoil Comune ha scritto in tale “Contrat-to”, pensiamo che non ci sia proble-ma a un nuovo passo burocratico cheprovveda ad integrarlo o modificarlotenendo conto delle necessità esposteai punti precedenti.

Vorremmo pertanto avere un in-contro urgente con le SS.LL. in in-dirizzo per vedere come uscire dicomune accordo da questa incre-sciosa situazione.

Cordiali saluti.

P.S.: pensiamo che sia comunqueopportuno evidenziare che tutti gliarmadi e i contenitori nei quali sonoconservati i materiali archeologicidel Deposito sono di proprietàesclusiva dell’Istituto Internaziona-le di Studi Liguri e non del Comunedi Savona... Si tratta di decine di ar-madi e di centinaia di cassettiere...

CONSULTA CULTURALE SAVONESE

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CONSULTA CULTURALE SAVONESE

PRIAMÀR: NOVITÀ SULL’ABSIDE DELL’ANTICACATTEDRALE UN DISEGNO DEL 1636 CONFERMA

L’IMPORTANZA DI STRUTTURE TUTTORAESISTENTI, AFFACCIATE SUL MARE

di Rinaldo Massucco

Nel corso delle accurate ricer-che condotte negli scorsi annianche nell’Archivio Ansaldo,l’amico Marcello Penner (autoredel noto volume sulla storia dellostabilimento siderurgico ILVA-Italsider-OMSAV, “Una fabbricaall’ombra del Priamar. L’indu-stria del ferro e dell’acciaio aSavona (1861-1993)”), aveva re-perito un’interessante fotografiache documenta i lavori eseguitidall’ILVA negli anni 1953-1954,quando furono costruite due bre-vi gallerie ferroviarie tra la For-tezza e la seicentesca Cortinafortificata di S. Francesco - Ss.Nazario e Celso (utilizzata in su-perficie come “passeggiata Tren-to e Trieste”). In quegli annil’ILVA aveva infatti affittato dalComune di Savona il Fossato diS. Francesco (l’area compresa tra“Trento e Trieste” e la Fortezzacinquecentesca), per collocarviun “binario asta di manovra”,utilizzato per la composizionedei convogli ferroviari dello sta-bilimento: in un’epoca in cui lerisorse finanziarie non costitui-vano un problema, in quattro equattr’otto il Priamàr fu perfora-to da due brevi gallerie ferrovia-rie di collegamento.

Nella fotografia (che l’amicoMarcello mi aveva gentilmentesegnalato e messo a disposizio-ne) si nota un interessante ele-mento strutturale immediatamen-te a destra della galleria ILVA incostruzione: un grande arco inpietra con doppio ordine di conciche sostengono la sovrastanteparete in blocchi di pietra sullaquale poggia parte dell’absidepoligonale dell’antica cattedraledi Savona, un tempo a picco sulmare.

Come è ben noto a tutti i Sa-vonesi, finora non è mai statoconsentito a nessuno di vedere

la parte dell’abside dell’anticacattedrale che compare sulla de-stra della fotografia, perché nes-suno può accedere nelle aree ex-industriali sottostanti al Priamàr.Dal 2005 il Piano Regolatoredel Porto prevede che il piazzale

effettuare una ricognizione: hocosì potuto verificare che l’im-ponente arcata è tuttora conser-vata, anche se è semi-nascostasotto una grande tettoia in ferrocostruita dall’ILVA per protezio-ne dalla caduta di pietre e matto-

al livello del mare, ma ha la baseinterrata nel terrapieno ex-Italsi-der, a quota metri 4,50 s.l.m.

Per combinazione, il mesescorso sulla nuova rivista “Pig-menti Cultura” (Periodico del-l’Associazione Culturale e del

Sulla destra della galleria ferroviaria ILVA, in costruzione, è ben evidente la grande arcata che sostiene parte dell’abside dell’anti-ca cattedrale. Sulla sinistra della fotografia compare la passeggiata “Trento e Trieste” (Foto Archivio Ansaldo, anno 1954).

ex-Italsider sia utilizzato comespazio urbano per sport, turi-smo, spettacolo e tempo libero,ma dopo nove anni tali previsio-ni attendono tuttora di essere at-tuate.

Nel mese di febbraio di que-st’anno la “Consulta Comunaleper il Priamàr” (organo tecnico-consultivo del Comune del qualefaccio parte) vi ha però potuto

ni dalle mura della Fortezza.Appurato che tale struttura ar-

chitettonica esiste ancora e che èdi rilevanza tale che meriterebbeun’adeguata valorizzazione (as-sieme alla sovrastante abside tut-tora conservata), rimaneva da ca-pire quale fosse la sua funzione:cosa non molto semplice, consi-derato che l’abside dell’anticacattedrale oggi non si trova più

Paesaggio “Renzo Aiolfi”, a. 1°,n. 1, Maggio 2014, pag. 1) è sta-to pubblicato un interessante ar-ticolo di Armando Di Raimondo(“La Fortezza di Savona in tredisegni del 1636”), che illustraquanto trovato da tale ricercatoretra la documentazione del Fortedi Gavi, in corso di studio daparte sua. I tre disegni (conserva-ti presso l’Archivio di Stato di

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A Campanassa N.2/2014 15

CONSULTA CULTURALE SAVONESE

Genova) non erano finora noti.In uno di essi è raffigurata unaveduta prospettica della Fortezzavista dal mare e sono rappresen-tate in modo realistico le muradella Cittadella poggianti diretta-mente sulla falesia del promon-torio roccioso del Priamàr.

Si vede molto bene che la partepiù avanzata sul mare di tali mu-ra (quelle che riutilizzarono le

stenere le strutture absidali in unpunto in cui la falesia del pro-montorio presentava una rien-tranza.

Al di sotto dell’arco, a livellodella spiaggia, è disegnata un’a-pertura rettangolare che (secondola relazione del 30 agosto 1686ritrovata da Di Raimondo) davaaccesso a “un vacuo che penetradentro palmi 18 per dritto, setteper largo, e sei di altezza nelquale potrebbero star dentro conbuon tempo dieci o dodici huo-mini coperti e fare qualsivogliasorte di mine pregiudiziali allaFortezza”.

Alla luce di queste novità sa-rebbe interessante condurre nelpiazzale ex-Italsider un saggio discavo che discenda per tre-quat-tro metri in adiacenza alle murasotto all’arcata superstite: si po-trebbe così rintracciare almenouna parte dell’apertura dell’an-fratto (presumibilmente muratonel 1636) e si potrebbe chiarirese si trattava solo di un pertugionaturale oppure di un’eventualesortita della Fortezza o di altro.

Si potrebbe poi abbassare finoal livello del mare tutta una fa-scia di terreno di rispetto adia-cente alla parte prominente delpromontorio del Priamàr sullaquale si innalzava la cattedrale:l’effetto sarebbe veramente spet-tacolare e suggestivo.

In prima battuta sarebbe per-tanto necessario che l’AutoritàPortuale metta al più presto adisposizione della Città di Savo-na almeno il settore del piazzaleex-Italsider adiacente alle strut-ture superstiti dell’antica catte-drale: solo in questo modo si po-

strutture dell’abside dell’anticacattedrale) poggiava su due spe-roni avanzati della falesia, tra iquali nel 1636 si sviluppava unapiccola spiaggia.

Il disegno raffigura anche lagrande arcata tuttora esistente,evidentemente costruita per so-

tranno esaminare con attenzionele strutture architettoniche del-l’arcata e delle murature sorrette,che potrebbero risalire all’Età ro-manica (certamente preesistentiall’abside poligonale rinascimen-tale).

Queste novità emerse ultima-mente per l’area absidale del-l’antica basilica del Priamàr sonodi importanza tale che il Comunedi Savona, la Soprintendenza peri Beni Architettonici e Paesaggi-stici della Liguria e la RegioneLiguria dovrebbero fare in modoche l’antica arcata finora descrit-

ta e le murature adiacenti riman-gano ben visibili e siano valoriz-zate nel migliore dei modi: sa-rebbe veramente assurdo permet-tere che vengano occultate dietroalle ingombranti strutture di unanuova passerella pedonale che(rispettando comunque i “desi-derata” della Giunta comunale)può benissimo trovare una collo-cazione ben diversa e valida,quanto meno a una congrua di-stanza dalla falesia e dalle muradel Priamàr.

R.M.

Particolare del lato-mare della Fortezza di Savona (disegno del 1636 pubblicato su“Pigmenti Cultura”, a. 1°, n. 1, Periodico dell’Associazione “Renzo Aiolfi”). La let-tera A indica l’abside dell’antica cattedrale di Savona; la lettera B mostra l’imboccodel “vacuo” posto sulla spiaggia, sovrastato dalla grande arcata tuttora esistente(Archivio di Stato di Genova).

Particolare dell’antica arcata delle mu-rature absidali della Cattedrale delPriamàr (Foto Archivio Ansaldo, anno1954).

Del Buonodal 1860

SAVONA - VADO LIGURE - SASSELLO - TELEFONO 019.850405

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A Campanassa N.2/201416

Centrale a carbone di Vado Ligure: di chi le responsabilità?

IN UN PAESECHE SI VOGLIA DEFINIRE

CIVILE IL RICATTO TRA SALUTEE LAVORO È IRRICEVIBILE

di Fernando BoninoQuesta è la premessa alla

quale le istituzioni dovrebbe-ro ispirare la loro azione e leconseguenti responsabili deci-sioni: il che esclude la facoltàdi schierarsi aprioristicamenteda una parte, in difesa oltranzi-sta dell’ambiente, o dall’altra indifesa altrettanto intransigentedell’occupazione, perchè que-sto sarebbe soltanto il modo piùsemplice, in quanto sostenutoda formulazioni ideologicheapodittiche, di affrontare il pro-blema, che andrebbe invece ag-gredito senza guardare in faccianessuno, ma mirando soltantoalle realtà dei fatti per il benedei cittadini e dei lavoratorisenza fare sconti a chi bara.

Personalmente, pur non aven-do doti divinatorie, ma sempli-cemente mettendo assieme lenotizie che avevo, già anni orsono sostenni, negli organismianche regionali del mio sinda-cato, due cose: che non esiste-va il carbone pulito e che aVado non venivano rispettatigli impegni sugli interventimigliorativi delle emissioni eche forse era il caso di pren-dere posizione prima che lasituazione precipitasse. Fuianche redarguito per queste af-fermazioni che parvero disso-nanti dalla linea seguita dalletre Organizzazioni Confederali.

In oggi, guarda caso, lascienza ufficiale prevalentenon riconosce l’esistenza delcarbone pulito, se non altroper rispettare quel principio diprecauzione che ha valore giu-ridico, e la Magistratura haappurato che l’Azienda Tir-reno Power non ha ottempe-rato alle prescrizioni per po-ter svolgere l’attività senzaconseguenze sulla salute e perdi più avrebbe prodotto (cfr.La Stampa del 14.3) dati noncorretti.

In questi anni, intanto, gli am-ministratori locali, sull’ondaemozionale dei comitati, hannodi fatto rifiutato ogni aperturaverso soluzioni che non fosseroradicali, fornendo a Tirreno Po-wer l’alibi per non fare nulla diquello che era necessario farementre le Organizzazioni Sin-dacali si sono trincerate dietrola difesa “tout court” dei postidi lavoro e l’azienda ha trac-cheggiato senza costrutto con ilrisultato che, in assenza dell’as-sunzione di responsabilità cheproducessero l’allineamento aiparametri previsti dalle norma-tive, ci ha pensato la Magistra-tura che peraltro ha tra i suoicompiti/doveri, anche quello diintervenire quando la legge nonviene rispettata. Non si vengadunque a cianciare di invasionedi campo del potere giudiziario!

Un lavoratore giustamentepreoccupato pone una do-

manda, anzi, “la” domanda:“... possibile che tra ammaz-zare la gente e chiudere tuttonon ci sia una via di mezzo?”(La Stampa del 13.3): caro la-voratore, certo che c’è una viadi mezzo: quella, come scrive-vo sopra, di affrontare la dispu-ta in maniera non ideologica odi parte, ma pretendendo il ri-spetto degli impegni, senza la-sciarsi fuorviare da chimereambientalistiche e occupazio-nali, in modo tale da far emer-gere la verità e le contraddizio-ni e responsabilità di chi haprodotto il problema, sia perdebita chiarezza, sia per nonoffrire alibi ad alcuno dei sog-getti interessati alla vicendaevitando così che a pagare sia-no i lavoratori, ma chi ha tenu-to comportamenti al di fuoridella legalità.

Sono convinto che affrontan-do la questione fin dal suo na-

scere con la dovuta fermezza,senza allarmismi enfatizzati,ma anche con la piena e con-vinta consapevolezza di avere ache fare con un problema chenon può essere risolto compiu-tamente se non contemperandointeressi diversi, non si sarebbearrivati a fermare la centrale: enon è titolo di merito per istitu-zioni e sindacato (e chi scrive èsindacalista convinto ma nonper questo cieco di fronte aglierrori) che l’azione combinatadei soggetti citati non abbiaprodotto risultati se non quellodi lasciar esplodere una situa-zione che andava affrontata inaltra maniera.

Sono pronto a scendere inpiazza in difesa dell’occupa-zione, a patto che non vengatrascurato o ignorato il prin-cipio della tutela della salute,dei lavoratori stessi e dei cit-tadini. F.B.

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A Campanassa N.2/2014 17

ANZIANI: INCIVILTÀSOCIALE CRESCENTE

di Fernando BoninoUn bel film di fantascienza di

parecchi anni orsono “2022 I so-pravvissuti” mostrava un mondoinaridito e impoverito material-mente ed eticamente, dove la sor-te riservata alle persone conside-rate sovrabbondanti e inutili e inparticolare agli anziani, era il sui-cidio legalizzato e assistito cheveniva attuato mentre scorreva-no, negli ultimi istanti di vita,immagini struggenti di una natu-ra che non esisteva più perchèdevastata dall’uomo, accompa-gnate da pagine di musica classi-ca ormai dimenticate quali “laPastorale” e “Il Mattino” (dalPeer Gynt), emotivamente toc-canti ed evocative per renderemeno traumatico il trapasso.

Mi pare che nel nostro Paese,un tempo “culla della civiltà”, sistia affermando un percorso diquesto tipo sulle ali di una inci-viltà sociale sempre più marca-ta: evidentemente titolo più am-bito è quello, consono ai giorniattuali, di “culla delle barba-rie”: lavorano con entusiasmo atale finalità giornalisti, mas-smediologhi e politici che, confalse argomentazioni o parzialiverità (il che è anche peggio inquanto azione più subdola) ali-mentano l’ostilità tra genera-zioni e il conflitto tra poveri.

Le voci (troppo smentite pernon essere vere) che circolano inquesti giorni sull’ennesima bottadestinata ai pensionati, al siste-ma di welfare e ai lavoratori ladicono lunga sulla reale volontàdi riequilibrare la distribuzionedella ricchezza: il riequilibrioviene, come sempre, realizzatotra poveri: si pensa di toglierequalcosa a chi è un pochinomeno povero per darlo a chi èalla canna del gas, assumendocome discrimine livelli di reddi-to troppo modesti, spacciando iltutto per equità sociale e politicadi crescita in favore dei giovani,mentre il calo della disoccupa-zione resterà una chimera se nonsi interverrà fermamente e pe-santemente per rimuovere le cas-se vere che bloccano il Paese: lacorruzione dilagante e generaliz-zata, che, oltre a tutti i danni pro-dotti su ogni versante, falsa laconcorrenza pulita alimentandoulteriore illegalità contro il lavo-ro e il fisco, il malaffare che at-

traversa la società anche nellesue articolazioni e manifestazio-ni più modeste, la vischiosità diun sistema normativo (i testi uni-ci sono oggetti quasi sconosciutial nostro diritto) dove si può tro-vare tutto e il contrario di tuttoper la gioia (e il portafoglio) de-gli azzeccagarbugli sia di liberaprofessione, che dipendenti, spe-

secondo il vigente sistema di tiposolidaristico, con la contribuzio-ne dei lavoratori e delle aziendein oggi attivi (non solo dei giova-ni, peraltro), ma è altrettantovero che i pensionati di oggicon la loro contribuzione da la-voratori hanno pagato le pre-stazioni ai pensionati di ieri ecosì a ritroso nel tempo per cui

cie in posizioni dirigenziali, dal-le amministrazioni pubbliche e,non ultima, l’evasione fiscale.

Ancora recentemente (mamentre scrivo altre voci simili sisusseguono) un giornalista di cuinon voglio neppure fare il nome,che collabora con uno dei piùimportanti settimanali d’Italia(considerato progressista), a pro-posito della fuga di laureati te-stualmente scrive: “La migrazio-ne è anche il prodotto del nostrosistema pensionistico, che con-cede generose pensioni ai vec-chi, finanziate con il prelievo suigiovani”, esprimendo un concet-to che ormai è diventato martel-lante propaganda.

In effetti (ecco la mezza veri-tà) corrisponde al vero che lepensioni (quanto generose nonso, posto che la media è attornoai mille euro) vengono pagate,

potremmo correttamente soste-nere che soltanto i primi pen-sionati, al tempo del duce, han-no goduto di prestazioni senzaaver contribuito ad esse.

Inoltre va tenuto ben presenteche la contribuzione versatadagli attuali pensionati quandoerano in attività rappresenta, atutti gli effetti contrattuali egiuridici, salario differito: per-tanto si tratta di importo di lo-ro proprietà e ad essi dovuto.Si aggiunga che se questi contri-buti anzichè essere utilizzati perpagare le pensioni (anche dei ge-nitori e dei nonni dei soggettioggi così critici verso il sistemasolidaristico, soggetti che peral-tro ne hanno serenamente bene-ficiato a livello di benessere fa-miliare), se questi contributi –dicevo – fossero stati accantonatie investiti, con pochi calcoli di

matematica attuariale se ne po-trebbe evidenziare la congruitàdi copertura della spesa pensio-nistica ordinaria: forse non quel-la riveniente dai fondi speciali(tra cui, se non sbaglio, quellodei giornalisti) che garantisconoprestazioni pesanti e sono stati inlarga parte rifilati all’INPS quan-do hanno superato il limite dellasostenibilità o quella derivanteda privilegi vergognosi che ven-gono solo sfiorati dai tagli: maquesti (guarda un po’!) sonoconsiderati diritti acquisiti eistangibili, forse perchè sono de-nominati in maniera diversa, adesempio vitalizi, mentre i dirittidei pensionati “normali” e degliesodati possono essere mortifica-ti e calpestati a piacere.

Inoltre è bene non “dimentica-re” che a carico della contribu-zione previdenziale di lavoratorie aziende viene posta anche granparte della spesa per gli ammor-tizzatori sociali, perchè in que-sto Paese non si riesce neppurea tenere separati i conti dellaprevidenza da quelli delle pre-stazioni sociali di sostegno cheandrebbero finanziate dalla fi-scalità generale (ma la lotta al-l’evasione per ricavare le risorsenecessarie, resta confinata alcampo delle buone intenzioni, omeglio, della “poudre auxyeux”!): a qualcuno evidente-mente questa confusione devefare comodo, anche per imba-stirci sopra quel contrasto ge-nerazionale e tra poveri che è adir poco vergognoso, che lemezze verità contribuiscono adalimentare e che risulta tanto uti-le per tenere divisi “i sudditi”che, ahimè, ci cascano sistemati-camente!

Chi ha lavorato e versatocontribuzione in maniera cor-retta, non può essere attaccatocome un ladrone da strada: legeneralizzazioni degli epigonidi queste teorie malsane, oltreche distorte, costituiscono unvero e proprio crimine controla convivenza civile e danneg-giano gravemente il Paese: èl’ora di ribellarci contro questeforme di banditismo morale, seci resta almeno un po’ di digni-tà e di fare quadrato per difen-dere il futuro nostro e dei no-stri figli e nipoti. F.B.

Eso Peluzzi.

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A Campanassa N.2/201418

FESTA A PALAZZO SANTA CHIARA“PAPA SISTO IV:

IL TRIONFO DEL RINASCIMENTO”

Pro Musica AntiquaSavona

Gruppo di Danza StoricaLe Gratie D’Amore

FAIDelegazione Savona

AssociazioneA Campanassa

Cappella MusicaleBartolomelo Della Rovere

Domenica 20 Luglio alle ore21, in occasione del 600º anni-versario della nascita di PapaSisto IV, in concomitanza delprogetto di riapertura di Palaz-zo Della Rovere, l’Associazio-ne Culturale “Pro MusicaAntiqua”, il gruppo di danzastorica “Le Gratie d’Amore”e la Cappella Musicale “Bar-tolomeo Della Rovere”; incollaborazione con l’Ass.Cult. “A Campanassa”; conla partecipazione straordina-ria del “FAI”, Delegazione diSavona.

Con il patrocinio del Comunedi Savona; Camera di Commer-cio di Savona; Fondazione DeMari; Rotary Club di Savonapresentano il programma di fe-steggiamenti che culminerà conuno spettacolo di Canto, Musi-ca e Danza, dal titolo: Festa aPalazzo Santa Chiara “PapaSisto IV: il Trionfo del Rina-scimento”.

Coreografico spettacolo dicanto, musica e danza rinasci-mentale, a partire dall’epoca diPapa Sisto IV, eseguito dall’en-semble “Pro Musica Antiqua”in collaborazione con il gruppodi Danza Antica “Le Gratie

D’Amore” di Lavagna, nei pre-ziosi e sgargianti costumi arti-stici.

Il luogo prescelto è il cortiledi Palazzo Santa Chiara, di cuisi intende a breve ripristinare ilpassaggio che anticamente col-legava il Duomo al porto.

In subordine lo spettacoloverrà comunque realizzato inPiazza del Duomo, nella zonaantistante al Palazzo SantaChiara.

Sono già stati concessi tutti ipermessi necessari per poterlautilizzare, come pure quello dichiuderla momentaneamente altraffico (che già è limitato).

Come per la rassegna dell’an-no scorso, anche quest’annocontiamo sul patrocinio dellaDiocesi di Savona-Noli, conpermesso specifico per l’eventoin oggetto.

Una festa a cui tutta la citta-dinanza sarà invitata, come pu-re tutte le associazioni che han-no a cuore la storia savonese.

Verranno predisposti 120 po-sti a sedere, inoltre il pubblicoverrà invitato a sedersi sullagradinata del Duomo o resteràad assistere in piedi attorno alcortile o alla piazza.

Cortile o piazza verranno do-tati di un impianto di amplifica-zione per sonorizzare, ma senzachiasso, per non disturbare levicinanze.

Musicisti e danzatori opere-ranno all’interno del cortile onella piazza, a ridosso del Pa-lazzo.

Musica Sacra in memoria delnostro grande Papa, ma anchemusica profana appartenentealla sua epoca che avrebbe ve-rosimilmente contribuito ad al-lietare una festa in suo onore:mottetti e madrigali, canzoni esonate, monodiche o polifoni-che, ritmiche o armoniose, oralanguide, ora virtuosistiche; pa-vane, gagliarde, saltarelli e bas-se danze, danze lente e veloci,compassate e concitate, dallecoreografie ora semplici oracomplesse, parate tra ghirlandedi fiori, giostre di nastri intrec-ciati, clamore di bastoni in ar-dite tenzoni, bagliori di torcedanzanti.

Il programma avrà inizioalle ore 17, con l’apertura alpubblico del complesso delBrandale, a cura dell’Asso-ciazione “A Campanassa”che quest’anno festeggia il

90º anniversario della suafondazione.

Dalle ore 18 il Fai Delega-zione di Savona, sarà presen-te in Piazza Duomo per infor-mare il pubblico sulla storiadel Palazzo della Rovere.

Verso le ore 20, il CorteoStorico dell’Associazione “ACampanassa” accompagneràturisti e spettatori nel Chio-stro del Palazzo o in PiazzaDuomo per lo spettacolo.

La serata si aprirà con l’intro-duzione delle autorità presentie anche durante lo spettacolosono previsti interventi: deirappresentanti della Diocesi,dell’Assessore alla Cultura delComune di Savona, dei respon-sabili del FAI di Savona, delleassociazioni partecipanti.

Si prevede l’impiego di alme-no 50 artisti: soprano, 8 musici-sti e almeno 12 danzatori, il co-ro Della Rovere con 30 ele-menti ca., oltre ad un numeroimprecisato di figuranti; la du-rata dell’intero spettacolo saràcompresa entro due ore: dalle21 alle 23 ca.

“Pro Musica Antiqua”Savona

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A Campanassa N.2/2014 19

OBIETTIVO INDISCRETO

CENTRO STORICOMEDIEVALEARCHIVOLTO

GUGLIELMO SAVONESEP.ZZA DEL BRANDALE

Un “evidente” esempiodi alto senso del decoro

urbano e di rispetto per ilpiù antico monumento della Città;

- Barriere architettoniche in libertà;- Arredo urbano messo a casaccio

(ad esempio panchine)

- Diffusori di calore incatenati aimuri e alla inferriata della finestra

del Palazzo dell’Anziania,alla Torre del Brandale;

- Linee elettriche-cavi, ad usoprivato, installate ovunque:

sui muri del monumento,a mezz’aria, per terra;

- Materiali vari depositatisenza ritegno alcuno;

- Riassumendo: un libero deposito,alla faccia del Complesso del

Brandale, dei savonesi, dei turisti

Impianto elettrico,ovviamente “provvisorio”,

che attraversa la “Chiappinata”da anni, con grande intralcio

e pericolo per tutti,soprattutto per anzianie portatori di handicap.

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A Campanassa N.2/201420

CUNTULLEa cura di Agostino Astengo

U scälmuUn giurnu un scignuru u s’acorze d’ha-

véi ùn po’ de infesiùn deré, de sutta, e uva da-u megu.

U ghe cunta: “Vei sun ·andètu in bärcacun ‘n amigu; a bärca a l’ha scrulóu ùnpo’, sun ·andètu in stranbalùn, e sun cöituproppiu insc’ ou scälmu, e oua u me famä!”

U megu u mìa ‘n po’, e u storse u nä-zu. “Scià l’è propiu següu che u fuise ùnscälmu? A mi me pä’n’ätra cosa”. “Scì Scì, u l’ea propiu ùn scäl-mu!”

“Scià stagghe a sentì, se u l’ea ùn scälmu, a cüa a l’è unn-a, ma seu l’ea ‘n’ätra cosa, a cüa a l’è ‘n’ätra!

Cusse femmu?”L’ommu u ghe pensa ‘n mumentu e poi u dixe:”Va beh! Femmu

cuscì!Cumme cüa u me dagghe püre l’ätra, ....Però u l’ea ‘n scälmu!!!”

‘Na giurnä in canpagnaUn giurnu maju e mugé se ne van a fä

un giu p’â canpagna e trövan ‘na bellafaturìa.

U gh’ea insc’â porta un cuntadìn etaccan discursu.

Parlandu d’u ciü e d’u menu, l’ommu u i porta a vedde a stalla,duvve u stäva ripuzandu un bèllu tou.

A Scignùa, tütta interesä, a dumanda: “Ma quantu u travaggia stubellu tou, avanti de ripuzäse?”

U cuntadìn u rispunde: “Quarche votta u se ne fa anche dùe o trèa-u giurnu!”

“Salüte!!!” A dixe a Scignùa e dandu de gummiu a-u maju: “Ti hèsentìu?”

L’ommu, de rimandu, faxendu ‘na faccia ‘n po’ surgnunn-a, u du-manda a sö votta:” Ma miga senpre cun a mèxima vacca?!!” “E nu”U rispunde u cuntadìn: “Tütte e votte cun ünn-a divèrsa!”

“Ah, ti veddi, cangiandu bestia che rizültäti!!” U cummenta umaju faxendu ‘n surizettu a-a mugé ch’a s’ea ingrugnìa.

Marietta e Miché

Un giurnu Miché u l’è ·andètu da- u meguperché u l’äva un po’ de mä de pansa, e umegu u ghe dà ‘na cüa a bäse de suposte.

Miché u riva a cà, e u dixe a sö mugé: “Ma-rietta, pe piaxéi, pòrtime ‘n gottu d’ègua chedevu pigiä e meixinn-e”. Intantu u leze in-sc’ou papé: “Da assumersi per via anale”.

“Marietta, cusse u vö dì per vìa anäle?”“N’ou só, teléfuna a-u megu e dumàndighelu”Miché u telefuna, e u megu u rispunde: “Deve metterle nell’ano”.“Marietta, cusse u l’è l’ano?”“T’ho ditu che n’ou so. Fatte spiegä ben cumme fä”.Miché u telefuna turna a-u megu, e u ghe dumanda: “Sciu megu,

scià scüze, cusse u l’è l’ano?”U megu, gentile, u ghe rispunde: “Deve metterle nel retto, ha capi-

to?” “Scì, grassie”.“Marietta, cusse u l’è il retto?”“E cusse ti vö che sacce mi de ste parolle növe, Teléfuna ‘na

bunn-a votta e dumàndighelu ben.”Miché u teléfuna p’â tersa votta a-u megu ch’u ghe rispunde bèllu

ceu: “Ch’u s’ê ciante int’u cü!”Marietta a vedde che Michè u fa a faccia ‘n po’ cuntrariä e a ghe

dumanda: “U megu u t’ha spiegóu cumme fä?”“Na, u s’è ragióu e u nu me l’ha vusciüu dì!”

U pelegrìn·Un giurnu ·un pelegrìn ch’u turnäva da ‘n viaggiu

a” Lourdes” u s’è catóu ‘na bèlla butiggia de co-gnàc, de quellu bun, e quande u se prezenta a-afruntea, u dugané u ghe dumanda se u gh’ha quar-cosa da dichiarä. “Ninte” U rispunde.

“E inte quella butiggia cus’u gh’è?” U insciste udugané.

“Ègua, ègua de Lourdes!”U dugané u storçe u näzu, u ranca u tappu e u pröva a sentì l’oudù.“Ma stu chi u l’è cognàc, e me pä ascì proppiu bun!”“Miràculu!!!!!!” U crìa l’ommu, faxéndu finta de nu savèine nin-

te...

“Pegue”

A maina e i sö recammi,freidu e remuìn de sabbia,u mà cu’e “pegue” a sciammi e u ventu ch’u stralabbia.

Giuliano Meirana

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A Campanassa N.2/2014 21

OBIETTIVO INDISCRETO

EX CENTRALE ELETTRICASAVONA - C.SO VTTORIO VENETO

La chiamano“archeologia industriale” sarà..... (?!)

Certamente è uno sfruttamentointensivo di aree e una accozzaglia

di stili architettoniciveramente assurda. Il cattivo gusto

regna sovrano, l’arroganza pure.“Vuolsi così colà, dove si puote

Ciò che si vuole, e più non dimandare”.

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A Campanassa N.2/201422

L’ORATORIO DISAN BERNARDO IN VALLE

di Francesca Botta

Il frammento di pavimento.

Data e circostanza sconosciute: sicuramente, vista la presenza di soldati, carabinierie uomini in camicia nera, qualche ricorrenza di carattere militare. Si intravede a de-stra l’angolo della chiesa di S. Bernardo, a sinistra una parte della facciata dell’ora-torio e al centro la casa di Vittorio Lagasio.

Qualche sera fa, guardando intv lo sceneggiato A testa alta cheracconta la storia dei carabiniericonosciuti come “martiri di Fie-sole”, che si consegnarono ai te-deschi per scongiurare una rap-presaglia, proprio sulla scena del-la loro fucilazione mi è saltataagli occhi una data: 12 agosto1944. Ho guardato sul calendarioperpetuo: un sabato. Estate diguerra, sarebbe stata l’ultima, manessuno lo sapeva. Un giorno ter-ribile per l’Italia. Lo stesso dellastrage nazista di S. Anna di Staz-zema, in Versilia: un paese raso alsuolo e quasi seicento civili mas-sacrati senza un perché. Lo stessodei tremendi bombardamenti al-leati sulla Liguria, su Savona, do-ve alla Rocca di Legino quarantapersone morirono in un rifugioantiaereo, uccise dallo sposta-mento d’aria provocato dalloscoppio di una bomba all’ingres-so. Lo stesso in cui la Valle, rite-nuta sicura, fu colpita a tradimen-to in ciò, si può dire, che aveva dipiù caro.

Abbiamo rivissuto da poco laProcessione del Venerdì Santo: èmolto probabile che tutti coloroche leggono questo giornale co-noscano la storia degli oratori,delle Confraternite, delle casse;che sappiano che una di esse,l’Ecce Homo, è il rifacimento diun’opera perduta durante un bom-bardamento che distrusse un ora-torio. Ma ho fatto un salto sullasedia leggendo in internet, piùvolte e su fonti autorevoli, che sitrattava dell’oratorio della SS.Trinità, ed è il motivo per cui hodeciso di scrivere su questo argo-mento. Non è vero. Tutti voi cheleggete sapete senz’altro anchequesto, ma lasciatemelo dire: non

è vero. L’oratorio bombardato eraquello di S. Bernardo in Valle, eospitava temporaneamente l’EcceHomo (di Giovanni Andrea Torre,maestro del Maragliano), che ap-parteneva effettivamente allaConfraternita della SS. Trinità,perché era la cassa più bella e piùpreziosa, quella che bisognavapiù delle altre proteggere dallaguerra. Che ironia, che destino.

Settant’anni. Una memoria chesi affievolisce, immagini chesbiadiscono nella mente di coloro– pochi, ormai – che vivono anco-ra per dire di averle viste. Nessu-na fotografia per quell’edificioche una sorte beffarda sembraaver destinato all’oblio più totale:ne sono state cercate per anni,inutilmente. Sappiamo che sorge-va, per chi incontra la chiesa di S.Bernardo provenendo da Savona,sulla sinistra del sagrato, dove og-gi si trova il muro che sorregge la

Confraternita di S. Maria del Suf-fragio. Di essa resta solo, in par-rocchia, qualche cappa bianca.

Settant’anni. Tanti ne avrebbeoggi Giovanni, che era nato agennaio. Il papà Vittorio Lagasioe la mamma Maria Cerisola ave-vano deciso di portare lui e i fra-tellini Stefano e Santino, di sei equattro anni, via da Savona, viadai bombardamenti. Vittorio a S.Bernardo ci era nato e aveva lacasa, tra l’oratorio e la chiesa: unposto tranquillo per i suoi bambi-ni, sua moglie, le due sorelle cheaveva con sé. Un posto doveaspettare un po’ più serenamentela fine di quella guerra che, dopo-tutto, non sarebbe certo potutadurare per sempre...

Quel mattino si sentono gli ae-rei e le bombe su Savona. Succe-de spesso, purtroppo, e anche inpaese sono stati costruiti i rifugi:ma, in fondo, che bersaglio puòessere una frazioncina di contadi-ni? Sì, è vero, laggiù alla conce-ria, in riva al Letimbro, ci sono itedeschi, ma basta non infastidirlie si può stare in pace. Hanno per-sino portato qui la cassa più belladella città, apposta per non ri-schiare danni, non lo avrebberofatto se non fossero certi che siaal sicuro, no? E così in oratorio inquesti giorni le casse sono due:

piazza soprastante; sappiamo an-che che l’interno era simile all’o-ratorio di S. Dalmazio, a Lava-gnola. Una costruzione secolare,forse contemporanea alla chiesastessa, che nella sua forma primi-tiva è medievale; certamente an-teriore al 1691, anno in cui, se-condo i documenti rintracciatinell’archivio parrocchiale, fu ri-costituita a S. Bernardo in Valle la

tra una settimana sarà la festa pa-tronale, e i confratelli hanno giàprelevato dalla sua nicchia inchiesa la statua di S. Bernardoche sarà portata in processione alSantuario. Anche quella è prezio-sa quanto l’altra: sono dello stes-so autore. E poi c’è il grande cro-cifisso con i “canti” d’argento,che aprirà il corteo.

Mamma mia, stamattina è unatragedia laggiù. Povera Savona,chissà quanti morti. Ma come maiil rumore si fa sempre più forte?Sembra di avercelo sulla testa,quel maledetto aereo...

L’inferno. Quattro bombe, forsecinque. Esplodono tutte. Le primecadono praticamente in cerchio,sulla collina e di là dal ponte, do-ve non ci sono abitazioni; ma alcentro del cerchio ci sono la chie-sa, la casa di Vittorio, l’oratorio.È lì che precipita l’ultima: sfiorala chiesa, la risparmia, ma sbri-ciola in un sol colpo l’oratorio ela casa.

C’è chi si salva per caso, peruna questione di minuti: sono ap-pena terminate delle funzioni inparrocchia, e molti stanno tornan-do a casa a piedi. Il boato li cogliedi sorpresa, li terrorizza, li fa ac-correre: là dov’erano fino a pochiminuti prima c’è un cumulo dimacerie. Qualcuno è già al lavo-ro: ci sono sette persone là sotto.Ma un momento, laggiù c’è unlettino. Lo spostamento d’ariadell’esplosione l’ha scaraventatovia, e dentro... oh, Gesù... dentroc’è il piccolo di quattro anni, San-tino. Senza un graffio.

Si scava con furia, con ango-scia, ma anche con un filo di spe-ranza: se c’è stato un miracolo,possono essercene anche altri.Che in qualche modo siano vivi,Signore, che questo bambino nonsia rimasto solo. Ed effettivamen-te il secondo miracolo accade,perché a un certo punto, da sottoun blocco di pietra, riemergonovive le due sorelle di Vittorio: nonsono state schiacciate perché il la-strone è rimasto puntellato controuna trave e, invece di ucciderle, leha protette. Ma poi passano le oresenza che da sotto le macerie pro-venga più alcun suono: quandoVittorio, Maria, Stefano e Giovan-ni vengono trovati, uno a uno, so-no solo corpi senza vita.

Non c’è festa per quell’anno inpaese. Il 14 agosto vengono cele-brati i funerali e le quattro salmesono tumulate nel vicino cimitero.Per le due donne superstiti c’è amalapena il tempo di guarire dalleferite del corpo, per non parlare di

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A Campanassa N.2/2014 23

Festa patronale di S. Bernardo, 1923. I confratelli ritratti, con il Cristo e la statua diS. Bernardo che andranno perduti, sul portone dell’oratorio.

quelle dello spirito: c’è da pensa-re a un bimbo di quattro anni checerca la mamma, il papà, i fratel-lini, e come spiegargli che, sì, luiè vivo e sta bene, ma ha perso tut-to nello spazio di una manciata disecondi? E anche i confratelli,con la morte nel cuore, radunano iresti di un’esperienza secolare difede e di carità cancellata in pochiistanti: le cappe bianche, i grandilibri semidistrutti del Messale edel Graduale che stavano sul leg-gio al centro della navata, i “can-ti” d’argento del Crocifisso. Nien-t’altro si è salvato. Il Cristo, lastatua di S. Bernardo, la cassadell’Ecce Homo, gli scanni, l’or-gano che stava su in cantoria...polvere. È l’ultimo atto: la Con-fraternita cessa di esistere e nonsarà più ricostituita.

Vittorio era il fratello di donGino Lagasio, nostro sacerdotediocesano mancato nel 2009. Nel1992, durante i lavori di rifaci-mento del sagrato della chiesa, gliscavi riportarono in superficie unframmento del pavimento dell’o-ratorio, a mattonelle bianche e ne-re, e il parroco di allora, don An-drea Giusto, volle collocarlo ametà della nuova scalinata di ac-cesso alla piazza soprastante; incorrispondenza fu murata una

piccola lapide commemorativa.Due anni dopo, nel 1994, don Gi-no venne a celebrare la Messa aS. Bernardo nel cinquantesimoanniversario del bombardamento.Ricordo che in quell’occasionequalcuno mi indicò un signore dimezza età a testa china tra la gen-te: era Santino, il bambino scam-pato alla strage. Non l’ho mai piùrivisto (mi dissero che viveva lon-tano da Savona) e, confesso, nonlo riconoscerei più: ma tutte levolte che, passando per quellascala, mi cade lo sguardo sulla la-pide che ricorda l’oratorio distrut-to – e, ammetto, non succedespesso, perché vivendoci di frontesubentra l’abitudine – io rivedoquel capo chino e mi sembra l’im-magine più vera di ciò che è acca-duto. A lui non era permesso di-menticare. Noi rischiamo di farlo,perché i testimoni non ci sonoquasi più: e io ho voluto, ancorauna volta, raccontare questa storiaperché un simile rischio non sipuò correre. Savona ha persoun’importantissima opera d’arte,che tuttora viene giustamente ri-cordata; la Valle sa di aver perso,con essa e ancor prima di essa,quattro dei suoi figli. Sono passatisettant’anni: non dimentichiamoli.

F.B.

Il libro si intitola “Aerei su Sa-vona, storie di piloti ed aerei ca-duti in provincia di Savona”, auto-ri Bruno Chionetti, Riccardo Rosae Gianluigi Usai ed è stato stam-pato nel giugno 2010. Ricostruiscele vicende di quattro aerei cadutidurante la seconda guerra mondia-le in provincia di Savona. Il primonei pressi di Altare, il località Ta-gliate. Il secondo, quello che ri-guarda san Bernardo, si svolse neicieli savonesi ed ebbe come prota-gonista uno squadrone di aerei sta-tunitensi. Il terzo fu un aereo in-glese caduto nei pressi di Bormidae l’ultimo è l’episodio abbastanzanoto dell’aereo caduto a san Pietrod’Olba che aveva a bordo IanSmith, poi diventato presidentedella Rhodesia. Così FrancescaBotta, nell’articolo pubblicato sulnumero 1/2005 del Mater Miseri-cordiae descrisse quel tragico 12agosto 1944: “Sono circa le 8,15quando un rombo che si fa semprepiù vicino fa vibrare i vetri dellefinestre. È un aereo, uno dei tantiche certamente passeranno ognigiorno... Cadono quattro, forsecinque bombe: una alla Moa, oltreil ponte che, dall’altra parte dellastrada, attraversa il Letimbro;una o due in Arsella, la collina difronte alla piazza dove oggi sor-gono i tralicci dell’ENEL; un’al-tra nel rian da Giardinn-a, il ru-scello che sbuca dietro il sagratoscendendo dalla collina di san Mi-chele”. L’ultima è al più tremendae colpisce in pieno l’oratorio e gliedifici intorno alla chiesa. Quattrole vittime: Vittorio Lagasio, di 35anni, sua moglie Maria Cerisola di30 e i due figli Giovanni e Stefa-no, rispettivamente di 7 mesi e disei anni. L’oratorio, dove era con-servata la cassa della processionedel Venerdì Santo con l’Ecce Ho-mo, opera di Gio Andrea Torre, èsbriciolato. Da allora una doman-da assilla gli abitanti della Valle.Perché fu colpita proprio san Ber-nardo? Sempre nello stesso artico-lo così si scrisse: “Il pilota del-l’aereo alleato che ha sganciato lebombe ha commesso un tragicoerrore, questo è stato appuratocon certezza; ma quale fosse inrealtà il bersaglio dell’azione è ri-masto in sostanza un mistero. Duele versioni dell’accaduto: la pri-ma, che in un precedente volo diricognizione una riunione all’e-

sterno dell’oratorio (forse i parte-cipanti alla novena di san Bernar-do) fosse stata considerata assem-bramento sospetto e potenzial-mente pericoloso; la seconda, piùaccreditata e senz’altro più plau-sibile, che il campanile della chie-sa sia stato scambiato per la cimi-niera della vicinissima cartiera,tuttora visibile, dove in effetti sitrovava un distaccamento di sol-dati tedeschi”.

Quello stesso giorno, un’altraassurda tragedia colpì Savona. unabomba esplosa davanti al rifugioantiaereo di via alla Strà, sulle al-ture di Legino, uccise 41 persone.Anche questo pareva un episodioinspiegabile. Ma una spiegazioneesiste. Nei primi giorni di agosto1944, in preparazione dello sbarcoavvenuto di lì a poco in Provenza,le forze aeree americane, pianifica-rono numerosi bombardamenti sul-le linee nemiche per distogliere edingannare l’attenzione dal vero ob-biettivo, distruggere le postazioniantisbarco ed impedire i riforni-menti. Durante una di queste ope-razioni un gruppo di B-24, bom-bardieri pesanti entrati in servizionel 1939, partì da Cerignola in Pu-glia per colpire alcune postazionidi cannoni nei dintorni di Savona.Dalla Puglia partirono trenta aerei,ma solo ventisette di questi, giun-sero nel cieli di Savona, in quantotre dovettero abbandonare la for-mazione. Avvicinandosi all’obietti-vo, gli aerei aprirono il portellonedel vano bombe per sganciare illoro tragico carico. In quel mo-mento un colpo dell’artiglieriacontraerea, centrò uno dei velivoli,quello condotto dal tenente Cain,mentre, con i portelloni della stivabombe aperti, si avvicinava al pun-to di lancio. L’aereo esplose contutto il suo carico. Lo scoppio pro-vocò un grande spostamento d’a-ria, numerose schegge volarono al-l’intorno e si conficcarono negli al-tri aerei, la formazione si disperse egli aerei iniziarono a lanciare a ca-saccio il carico di bombe. Eccospiegati, il bombardamento di sanBernardo e la strage di via allaStrà. Il colpo della contraerea cau-sò dunque dieci vittime tra l’equi-paggio dell’aereo, la distruzionedella famiglia Lagasio a san Ber-nardo e la tragedia di Legino. Laverità è stata finalmente ricostruita.

G.G.

QUEL TRAGICOAGOSTO DEL ’44

La pubblicazione di un librosugli aerei caduti in provincia

di Savona, ha permesso di risolvereun mistero relativo alla tragica

giornata del 12 agosto 1944di Giovanni Gallotti

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A Campanassa N.2/201424

Nel nuovo millennio parlare di cam-pane appare anacronistico e nostalgico;nello sguardo dei più appare un’espres-sione di sorpresa, di scarsa curiosità edi poco interesse. Negli ultimi periodi,questa parola che “ne sa di vecchio”viene legata alla prole disturbo, denun-ce, lamentele.

“A Savona, se la Campanassa nonsuona, arrivano le telefonate di pro-testa!”

Con queste parole il presidentedell’Associazione “A Campanassa”,domenica 18 maggio 2014, ci ha con-solato e ci ha dato uno spiraglio diluce in questo mondo ed in questoclima culturale che sembra aver di-menticato le belle tradizioni di untempo.

Quindi dobbiamo davvero ammet-terlo e dobbiamo attestarlo: il tanto ac-clamato “Ultimo Campanaro” non èesistito, non esiste e a voler esser sin-ceri (data la giovanissima età di tantiallievi), non si potrà dire che l’ultimocampanaro è tornato alla casa del Pa-dre ancora per molto tempo. Si, per-ché nel concerto svoltosi in occasionedel 90° anniversario di fondazionedell’Associazione “A Campanassa”, sisono esibiti anche Maestri Campanari

che non hanno raggiunto il quarto disecolo (lo scrivente è tra questi), insie-me ai Maestri Campanari che hannopassato la soglia del mezzo secolo giàda un pezzo! Questa è la forza deicampanari, esser capaci di stare in-sieme, di vivere la passione conamore e dedizione, alle volte tra pic-coli e normali litigi e campanilismi,una sportiva, buona e sana competi-zione che si risolve sempre con unbel piatto di trofiette “Au pestu” eun bel bicchiere di vino.

Esser campanari significa salire nel-le nebbie invernali e nelle brezze esti-ve su molte torri della nostra bella Li-guria (come in tanti altri luoghi dellanostra bella Italia), e “battaggià”,spesso come faceva papà, lo zio, ilnonno e il bisnonno. Nulla è cambiato,il metodo è sempre quello, ne sa divecchio, ne sa di storia. E’ come se iltempo si fosse fermato e ancora oggi,nell’era della “tecnologia sfrenata”,dell’arrivismo e della continua e catti-va competizione, c’è chi suona senzache nessuno lo veda, anzi, che suonasapendo che nessuno sa della sua esi-stenza; sì perché solo in pochi sannoche esiste il Campanaro, che esistequesta tradizione secolare di suono e

difesa di questi strumenti così antichiche raccontano pezzi di storia, nei loroaltorilievi infatti, troviamo nomi, da-te, storie, immagini ed episodi di sto-ria e di vita vissuta. Nella secondaguerra mondiale, i nostri padri ed i no-stri nonni difesero le loro campane,nascondendole da coloro i quali le vo-levano fondere per fare cannoni ed an-cora oggi molte di esse sono nascostenei fienili, nelle stalle, sotto terra inmodo che non fossero portate via epotessero tornare a suonare alla finedella guerra quale richiamo per i fede-li, per annunciare le gioie e le notizietristi al popolo di Dio. Domenica 18maggio 2014, la musica dei campa-nari della premiata ditta Cav. Ro-berto Trebino di Uscio e dell’Asso-ciazione Genova Carillons, ha inva-so le strade di Savona, ha ricevuto icaldi applausi dei nonni e delle non-ne, dei papà e delle mamme e deibambini. I campanari sono scesi dalsegreto delle torri, sono saliti su uncamion con 12 meravigliose campa-ne itineranti e hanno fatto vedereciò che di solito si può solo distratta-mente sentire, hanno fatto vedereche Campanari lo si è nell’anima eche non esiste “un target” per esser

campanari, ma basta avere passione,dedicare del tempo ad ascoltare lesuonate e provare, provare e provareancora. In un mondo che sta dimenti-cando le sue radici e sta rinnegando lasua storia, la premiata ditta Cav. Ro-berto Trebino di Uscio, con i suoiCampanari, protegge questo patrimo-nio immenso di tecniche, conoscenze,musica, storie di Campanari e diCampanili che vivono nella storia eporta il nome della Liguria dal Vatica-no a tutto il mondo Cristiano, ese-guendo lavori di eccellenza, nel pienorispetto della tradizione, difendendo evalorizzando l’importanza delle Cam-pane, quale patrimonio della nostracultura.

Concludendo, siamo davvero lietidi aver partecipato ai festeggia-menti degli amici dell’Associazione“A Campanassa”, che da 90 annitutelano, difendono e conservano ilpatrimonio storico, artistico, cultu-rale e paesaggistico del territorioSavonese, nel quale a Campanassabrilla come simbolo delle nostre tra-dizioni!

Viva l’Italia, Viva Savona, Viva“A Campanassa”, Viva i campanarie le Campane!

LE CAMPANE: LA NOSTRA CULTURA,LA NOSTRA PASSIONE, LA NOSTRA VITA

I 90 anni della “Campanassa”di Valerio Ruggiero

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A Campanassa N.2/2014 25

I 90 anni della “Campanassa”Concerto di campane - Visita al Complesso del Brandale

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A Campanassa N.2/201426

IL POPOLO DELL’AURELIA BISdi Carlo Cerva

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“Il popolo dell’Aurelia Bis” è il nome di una piccola,significativa creazione, opera di “I.DL”, una gentile amica

di sempre. È composta con ciotoli di mare di coloregrigio verde scuro, quelli che si raccolgono sulla battigia,

levigati dal moto perpetuo delle onde.Hanno, dipinti, grandi occhi sbarrati.

Un dono che mi è caro, di almeno venti anni fa.Si dibatteva dell’Aurelia Bis. Allora come oggi,

il popolo pietrificato che subisce l’Aurelia Bis, assiste attonito emuto, forse non del tutto consapevole che si sta realizzando

LA PIÙ INUTILE E DEVASTANTE OPERACHE SAVONA ABBIA MAI VISTO.

INUTILE perchè non risolve affatto i problemi del trafficoe perchè l’Aurelia Bis c’è già, basta declassare una careggiatadell’autostrada e ricostruirla, la careggiata dell’autostrada,molto più a monte, ed i costi sono probabilmente inferiori.

DEVASTANTE perchè è ormai sotto gli occhi di tuttila spaventosa aggressione alla Città e al territorio che si viene

perpetrando. Il Popolo pietrificato dell’Aurelia Bis assiste.“Vuolsi così colà, dove si puote

Ciò che si vuole, e più non dimandare”.

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A Campanassa N.2/2014 27

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NOSTRA SIGNORA DI MISERICORDIABassorilievo in terra refrattaria realizzato secondo propriatecnica ceramica con ossidi ed oro a fuoco.Misura: cm 36 x cm 27.Iconografia ottocentesca.Il dono inviato dalla “Campanassa” al Santo Padre France-sco, e a lui pervenuto tramite il Cardinale Iohn Onaiyekan.

Opera di Delia Zucchi.

LA MISERICORDIA“In alto, nella luce, mani grandi, aperte, tese verso le tantemani che chiedono misericordia, le tante mani che a voltesono le nostre o che spesso ci sono vicine, ma non le vedia-mo, non le sentiamo....... In fondo però nell’ultima piastrellaa destra, ecco: qualcuno ha sentito, si sta avvicinando..... siincontrano!”Bassorilievo su piastrelle modellato a mano in terra refratta-ria e smalto a gran fuoco.Misura: cm 114 x cm 85.Dono di Delia Zucchi alla “Campanassa”, per il 90º Anniver-sario dell’associazione, inaugurato il 10 aprile 2014, in occa-sione della 823ª di “Savona Libero Comune”. Il pannello ècollocato nella sala della presidenza nuova, al secondo pianodel Palazzo dell’Anziania.

Opera di Delia Zucchi.

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A Campanassa N.2/201428

MANOSCRITTO DELLA DIVINACOMMEDIA A SAVONA

IL CODICE SANSONIdi Giovanni Farris

Nel secolo XV è possibile trovarein alcuni manoscritti e incunaboli discrittori savonesi, qua e là, citazionidi Dante. Evidentemente erano pre-senti in città codici della DivinaCommedia a noi sconosciuti. La con-ferma l’ebbi nel 1970 dal ritrovamen-to in Archivio di Stato di Savona dialcuni frammenti membranacei usaticome materiale di legatoria per raf-forzare un’elegante rilegatura in pelledi un “Libro mastro di contabilità deiMaestri Razionali” della Città di Sa-vona.

La Biblioteca civica di Savona pos-siede un Codice della Divina Com-media, il Codice Sansoni, che, assie-me al Codice Baratta, già presso ilBanco di Chiavari e della Riviera Li-gure, sono gli unici codici interi dellaseconda metà del secolo XIV presentiin Liguria. Sulla caratterizzazione delCodice savonese lungo il tempo pen-siamo di coglierne idealmente tre di-versi momenti: il primo come lustrodi un nobile casato, il secondo comefonte storica, il terzo quale simbolodell’istanza unitaria risorgimentale.

Il Codice Sansoni apparteneva alcard. Raffaele Sansoni-Riario, figliodi Antonio Sansoni, patrizio savonesee di Violante Della Rovere, figlia inprime nozze del savonese Paolo Ri-ario. Raffaele Sansoni-Riario eletto,diciassettenne, cardinale da Sisto IV,fu “prelato opulento, splendidissimo,che, per un istante, parve prossimo alpontificato”. Nominato vescovo diSavona (1510-1516), ebbe come vica-rio Domenico Nano. In seguito rinun-ziò al vescovato savonese in favore diTommaso Riario. Sisto IV nutriva unavera passione per i manoscritti, che dicerto gli venne dal savonese fra Lo-renzo Guglielmo Traversagni, abileamanuense e suo affettuoso discepo-lo, che lo seguì all’Università di Bo-logna. Questa passione lo porterà,eletto Papa, a istituire ufficialmentenel 1475 la Biblioteca Vaticana. Il no-stro Codice potrebbe quindi essere ilregalo prezioso di Sisto IV, che si

considerava, in quanto fratello diBianca della Rovere, terza moglie diPaolo Riario, zio materno del card.Raffaele. A Savona il card. Raffaeleportò da Firenze il codice dantesco efece eseguire in memoria del padre,sull’esempio di Sisto IV, un mausoleoi cui resti sono conservati nell’atriodel palazzo degli Anziani.

Spia del secondo momento è ilcommento detto il Laneo, dal nome diJacopo Della Lana (Bologna, 1290 -Bologna, 1365), presente nel Codicesavonese. Nel chiosare Dante il DellaLana seguiva l’enciclopedismo delloStudio bolognese a carattere didasca-lico moraleggiante, per cui la “Come-

dia” era considerata appunto una en-ciclopedia in versi. Il Verzellino, al-l’inizio delle sue Memorie, nel descri-vere le conformazioni orograficheche caratterizzano l’importanza stra-tegica di Savona e del suo porto, os-serverà che tale configurazione faparte di quell’unità geografica cheDante chiamava Italia: “Il termined’Italia qui assegnato (del quale cirendono certi i Commentari sopra ilCap. I di Dante manoscritti, uno cioèdel 1484, e l’altro in pergamena delcard. Sansone, conservati sin’ora daalcuni cittadini)” (pag. 62). Il Verzel-lino ricorda dunque il manoscrittoSansoni ed il nome di Savona nella

chiosa a If I,106. Per gli altri Com-mentari, a cui fa cenno, resta nel ge-nerico e si limita ad una data 1484.Pensando alla facilità con cui il 7 po-teva essere confuso anche ad un’at-tenta lettura con il 4, si potrebbe sup-porre, da quanto oggi è possibile re-perire nella Biblioteca Civica, che piùche un manoscritto si tratti dell’incu-nabolo della Commedia col commen-to di Cristoforo Landino pubblicato aBrescia nel 1487 (Noberasco, p. 11).Il ricordo del Verzellino ci permettedi afferrare l’interesse che il CodiceSansoni assunse nella cerchia degliintellettuali che facevano parte del-l’Accademia degli Accesi, fondata dalChiabrera nel 1593 (“A Dante Alj-ghieri, dirà il Chiabrera nella sua Au-tobiografia, dava gran vanto per laforza del rappresentare e particolareg-giar le cose, le quali egli scrisse”). Untale interesse naturalmente inorgoglìla casata dei Sansoni e proprio perquesto, nel 1613, Antonio Sansoni, fi-glio della fiamminga Chiara Goinart edi Pier Francesco Sansoni, volle porreper i secoli, sull’ultima carta, la suafirma di appartenenza: “M(Mei) Anto-nij Sansoni condam Petri Franciscianno MDCxiij”. Giungiamo così alconte Egidio Sansoni, maire della cit-tà, quando Pio VII fu portato comeprigioniero di Napoleone a Savona(1809). Il conte Sansoni ebbe tre figli,Anna, Carlotta e Girolamo. Il Papa,ospite dei Sansoni, accarezzò la testadel fanciullo: “State tranquilla, dissealla madre Giovanna de’ marchesi deFranchi di Genova, che ei sarà la vo-stra consolazione”. Nonostante glisforzi fatti dalla famiglia per distrarloil figlio entrò a 18 anni nei Gesuiti(morì a Venezia nel 1874). Il conteEgidio Sansoni prima della morte (26agosto 1836) e quindi dell’estinzionedel casato, volle regalare il mano-scritto all’avv. Giuseppe Nervi, suosegretario nel Comune di Savona “delquale ben conosceva, come afferma ilcan. Agostino Cortese, contempora-neo del Nervi, la prudenza, e la divo-

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Via Niella, 36 r. - Savona - tel. 019 814804e-mail: [email protected]

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zione”, ma anche il suo ingegno e lasua passione per la poesia. Il Nervi sisentì onoratissimo di un dono cosìprezioso. Tentò, sia pure inutilmente,un’indagine su di esso per stabilirnela data, identificare il copista e trova-re la paternità del Commento. Vi ap-pose anche note esplicative. Infatti,accanto a quanto il glossatore avevascritto circa il nome di Savona (IfI,106) osserverà: “L’opinione delGlossatore fu probabilmente quellache le Alpi fossero una regione inter-media alla Provenza e all’Italia, senzaappartenere né all’una né all’altra,talché essendo Savona situata nel luo-go dove secondo Strabone comincia-no le Alpi questa città sarebbe l’estre-ma d’Italia dal lato del mare versoponente”.

Siamo così giunti al terzo momentodel nostro Codice. A dirigere la dioce-si di Savona venne nel 1833 un ve-scovo “di infinita carità e di raro in-tuito civile” (Scovazzi p. 77). Mons.Agostino De Mari infatti, per solleva-re la città di Savona da una situazionedi grave depressione economico-so-ciale, promosse una serie di istituzio-ni religiose e sociali che costituirono ifondamenti per il progresso della cit-tà. Una di queste istituzioni fu appun-to la Società Economica che avevacome scopo quello di risvegliare losviluppo economico della città me-diante corsi di aggiornamento, mo-stre, scuole. Nacque così la necessitàdi una biblioteca delle arti e del com-mercio per più ampi orientamenti at-traverso reciproci scambi di cono-scenze. Il De Mari, per agevolare l’at-tuazione di questo progetto, lasciò ineredità alla Società la sua ricca bi-blioteca. La Società, alla morte delDe Mari (1840), promosse una Com-missione di consiglieri comunali e disoci dell’Economica che si rivolse aicittadini perché, mediante i loro doni,dessero vita alla nascente Biblioteca.

Il Nervi, convinto assertore dell’istan-za unitaria del Risorgimento, vedevanella fondazione della Biblioteca lascintilla per un generale moto di rina-scita e Dante, in quanto simbolo dellanuova Italia (alcuni studiosi defini-scono la venerazione di Dantenell’800 “idolatria dantesca”), avreb-be trovato in essa il suo giusto posto.

Nel 1845, quando ormai il regola-mento della Biblioteca era stato ap-provato, il Nervi farà dono ad essadel Codice dantesco nel quale fisseràall’inizio, con orgoglio, questo impor-tante momento per la sua città: “Que-sto prezioso Ms. del Poema di Dantecon Chiose sopra tutte tre le parti, re-cato da Firenze a Savona dal Cardi-nale Raffaele Sansoni-Riario, figlio diAntonio Patrizio savonese, prima del1500, e rimasto d’allora in poi pressola nobilissima famiglia Sansoni vennedalla stessa donato a me GiuseppeNervi Avv.to savonese. Ristoratolo dinuova coperta, conservate le sole bor-chie dell’antica cadente per vetustà,ne feci dono nel 1845 alla BibliotecaCivica della mia Patria”. Il 3 marzo1845 viene nominato come primo bi-bliotecario, il sac. Tommaso Torteroli.Il primo aprile 1846 il Nervi terrà ildiscorso d’inaugurazione.

Nel periodo organizzativo della Bi-blioteca Civica le ricerche sul mano-scritto Sansoni passarono nelle manidei bibliotecari e da questi all’atten-zione degli esperti. In occasione dellapubblicazione della Bibliografia Dan-tesca di Colomb De Batines (Prato,1845-46) il Torteroli invierà una notaper indicare la presenza del Codicemembranaceo nella Biblioteca savo-nese. Dopo il Torteroli, nel 1868, as-sumerà la direzione della Bibliotecafino al 1889, il marchese Carlo Mon-tesisto. Questi inviò, nel 1887, unaparticolareggiata e precisa descrizio-ne del manoscritto “della fine del sec.

XIV o del principio del XV” al prof.Luigi Rocca (Di alcuni commenti del-la Divina Commedia composti neiprimi vent’anni dopo la morte diDante, Firenze 1891), aiutato in que-sto dal “giovane” avvocato BernardoMattiauda (1847-1927). Finalmentegiunse nel liceo di Savona, inizial-mente come ordinario di lettere italia-ne, in seguito come Preside (1906-1917), Antonio Fiammazzo. A ven-t’anni, nel 1871, si era laureato a Pa-dova con una tesi di laurea sullaCommedia: “Studio di una terzina(Inf. I, 61-63) ”. Il suo professoreBernardino Zendrini, già docente diletteratura germanica, ben conoscevala massiccia erudizione e le rigoroseregole della critica del testo dellascuola tedesca, che in Italia la ScuolaStorica, con il Carducci ed in partico-lare con Alessandro D’Ancona (1835-1914), fece sue. Il Fiammazzo ne saràuno scrupoloso seguace. Tenne rap-porti frequenti ed intensi col Carduc-ci, col D’Ovidio, con Isidoro DelLungo, col Vandelli, con MicheleBarbi. Nei primi del 1900 non ci fuedizione della Divina Commedia(Scartazzini, Vandelli, il “Dante diOxford” a cura di Edward Moore)che non tenesse preziosi i suoi rilievicritici e non li seguisse puntualmentenel redigere una nuova edizione dellaCommedia. Prima di iniziare un seriostudio sul Codice dantesco di Savona,nell’estratto di un fascicoletto del1908, edito in occasione delle nozzeSimoni-Fabris, il Fiammazzo chiede-va pubblicamente se qualcuno primadi lui avesse fatto conoscere al pub-blico degli studiosi il Codice savone-se: “Nessuno infatti degli amici echiari studiosi da me interrogati ne haconoscenza veruna, ed io rendo quipubblico l’interrogativo” (p. 5). Nel1910 ripeteva nella sua pubblicazionesu “Il Codice Dantesco della Biblio-teca di Savona” la stessa domanda (p.22) e constatando “che finora non tro-vò risposta” sentì il dovere di analiz-zarlo con una descrizione particola-reggiata, seguita dallo spoglio dellevarianti riscontrate col “Dante d’Ox-ford” (ed. 1904), così da collocare ilCodice Sansoni tra i “Danti del cen-to”. Una conferma in questo sensoviene pure dai nostri Frammenti, an-ch’essi appartenenti al “ Gruppo deiCento”. Infatti da una nostra affrettatacollazione delle varianti riportate dalFiammazzo con quelle dei Frammen-ti, le convergenze sono evidenti. Lascrupolosa analisi filologica condottasul Codice savonese non solo rende illavoro definitivo, ma risponde alla fa-ma che il Fiammazzo si era guada-gnata nella sua permanenza a Savona:“quello è l’uomo che della DivinaCommedia conosce anche le virgole”.

Esaurita la fase filologica ci augu-riamo che il Codice non ammuffisca inBiblioteca, l’assessorato alla cultura neagevoli in modo adeguato la cono-scenza, per acquisirne quella spintaculturale ed ideologica, che sola riescead arricchire la convivenza civile.

G.F.

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GIO AGOSTINO ABATEE... I SUOI BERRETTI

di Simonetta BottinelliGiovanni Agostino Abate non è

un uomo colto, è un berrettaio masa scrivere leggere e far di contoper cui nel Cinquecento possiamoconsiderarlo un uomo istruito,istruito a tal punto che il Consigliodi Savona lo ingaggia spesso e vo-lentieri per qualche “officio” utilealla comunità.

Agostino ci fa conoscere Savonae la sua vita, parla di avvenimentidella città “come li ho visti con imiei occhi e toccati con le mie ma-ni” egli stesso afferma.

Gli “offici” che l’Abate riserva aSavona, in realtà, non si identifica-no solo con il tenere la contabilitàdel fieno che viene requisito ai cit-tadini savonesi per sfamare i caval-li del re di Francia di passaggio,ma, a tempo e luogo debito, è sol-dato, per la precisione balestrierecontro i galeoni genovesi, magi-strato, matematico, membro delConsiglio dell’Anziania per unabuona fetta della sua vita. Un uomodalle mille risorse che non si tiraindietro e manifesta l’orgoglio del-le sue opinioni anche in momentidifficili: per esempio quando, nelmarzo del 1526, si trova sulla Piaz-za del Brandale ed assiste all’ol-

teggiamento di Giovanni, così loapostrofa: “Tu sei uno di quelli chevuole impedire agli Anziani di farpartire l’ambasciatore” e, a suavolta minacciato, gli assesta unpugno sul petto. A quel tempo, sul-la Piazza del Brandale, faceva bel-la mostra di sé un olmo maestoso equando le cose si mettono maleper Agostino, la stima che la suapersona raccoglie gli procuraun’infinità di protettori che, sottola regale ombra dell’olmo, inter-vengono a difendere l’amico dalvillano di turno e dai suoi degnicompari.

L’Abate apparteneva a famigliabenestante con notevoli proprietà aSavona e Lavagnola.

Lo stesso padre Leonardo Abatefu uno dei firmatari dell’atto pretesodal Vicario del Vescovo con il qualesi garantiva che se il denaro delleelemosine raccolte sul luogo del-l’Apparizione della Madonna diMisericordia non fosse stato suffi-ciente, i firmatari per realizzare undecoroso Santuario avrebbero prov-veduto alle spese di propria tasca.

In realtà, l’attività della famigliaera redditizia e si spingeva sino aRoma e alla Sardegna.

Quando l’Imperatore Carlo Vgiunge a Savona nell’ottobre del1536, Abate lavora fino a notte tar-da e vende un numero talmenteelevato di berrette da incassare inun giorno 400 ducati d’oro.

Parecchie sono le testimonianzeche Gio Agostino Abate ci ha la-sciato, ma sicuramente gli scrittiper cui è più famoso sono LECRONACHE SAVONESI dal1500 al 1570, manoscritto conser-vato alla BIBLIOTECA UNIVER-SITARIA DI GENOVA, stilato dalnostro scrittore settantenne.

Abate scrive in un italiano quasidialettale, ma, soprattutto, ricco dierrori grammaticali, senza punteg-giatura, né apostrofi, né maiuscole

con una sintassi decisamente sem-plice, poco strutturata che prevedeil classico soggetto seguito dal pre-dicato verbale e dal complementooggetto. Talora la sua esposizionepuò sembrare pesante, ripetitiva,oserei affermare decisamente veri-sta nel tentativo di farci conoscerela vita della Savona del XVI seco-lo attraverso i semplici: il bottaio,l’oste, il commerciante, il mari-naio, il calzolaio, il pellicciaio, ilberrettaio.

E, poiché muoio dalla voglia difarlo, vedrò di parlare un po’ deiberretti d’epoca.

Padrino della categoria pare es-sere San Giacomo: una bella chie-sa dedicata a Lui domina già nelCinquecento sul porto di Savona.In tutta Italia già le prime corpora-zioni tributavano al Santo una par-ticolare venerazione e lo conside-ravano il protettore della loro “ar-te”. L’iconografia d’epoca lo pre-senta come un viandante che portasulle spalle un semplice mantello esi appoggia ad un lungo bastone dilegno con il manico ricurvo; sul ca-po mostra il cappello di feltro a lar-ghe tese su cui è applicata una con-chiglia.

Il trionfo del cappello di feltro,che sicuramente può essere ritenu-to il copricapo per eccellenza, av-viene proprio nel XV-XVI secolocioè ai tempi dell’Abate. Egli stes-so trascrive gli Statuti nel 1473 chea Savona regolano le norme del-l’arte dei berrettai.

Le fogge dei berretti sono varie:dalla forma a tronco di cono, rigidoa quella pendente su un’orecchia

oppure a quella a punta lunghissi-ma che darà origine, più tardi, alfamoso cappello goliardico di co-lore diverso a seconda della Facol-tà Universitaria. Sul berretto spes-so come ornamento si mette unapiuma. Molti sono gli ornamentiusati nel Cinquecento per impre-ziosire il copricapo! Basti pensareai nastri, ai gioielli, alle cinture diperle, ai fermagli, ai bottoni smal-tati, ai cammei.

Se facciamo riferimento al dia-letto, il termine ligure BUNETUidentifica, secondo il Casaccia un“berretto di panno alla civile”, se-condo il Gismondi: “budino, pa-sticcio”, secondo G.B. Nicolò Be-sio: “berretto e budino”, Rosa eAnita Sguerso oltre al budino, par-lano di un berretto militare degliufficiali che ha vita sino al 1918.Sicuramente il termine in vernaco-lo è parente del BONNET france-se e che BUNETU o BUNETTUidentifichi il budino è cosa risapu-ta; probabilmente quel tipo di ber-retto somigliava pesantemente altradizionale dolce.

In realtà risalire in modo sicuroall’origine del nome non è cosasemplice.

Sergio Aprosio ricorda unABONNIS del VII secolo risalente

Savona: Promontorio di San Giacomo in una veduta del 1627 con chiesa omonima,campanile ancora a cuspide, baia Miramare, galeone d’epoca e pescatore intento a ti-rare le reti.

alla LEX SALICA con il signifi-cato di “benda, fascia usata comecopricapo”. Antica è la disputa trachi sostiene che il termine identifi-casse in origine il copricapo e chiinvece dà la precedenza al concettodi stoffa, tela da cui successiva-mente sarà ricavato il berretto.Aprosio sostiene con determina-zione che il nome berretto derivi daquello di stoffa e non viceversa. Inrealtà è necessario dire che dell’eti-mologia di BONETUS nel Seicen-to si erano occupati due grossi per-sonaggi: Pierre de Caseneuve eGilles Mènage; entrambi sono insintonia con Aprosio nel sostenerecome riporta fedelmente Du Can-ge: “c’était certain drap dont on fa-soit des chapeaux qui en ont retenule nom, et qui ont été appelés bon-nets, de même que nous appelonsd’ordinaire castors les chapeauxqui sont faits du poil de cet ani-mal”.

S.B.

traggio di Giuliano Cerisola da par-te di Giovanni Sasso. Quest’ultimo,insieme ad alcuni amici della suastessa “stoffa”, stava rivolgendoparole ingiuriose a Mastro Giulianopoiché l’artigiano era del parere diaccordarsi con Genova ,che preten-deva l’ennesima gabella sulle im-barcazioni che portavano merci aSavona, al fine di non congelare ilcommercio savonese. Per questoCerisola era disposto a pagare e, diconseguenza, a inviare un amba-sciatore per sistemare al più prestola vertenza con la Superba.

Il Sasso, testa calda, nonostanteil Consiglio degli Anziani avessegià deciso di adottare la linea mor-bida, tentava di intimidire gli arti-giani facendosi aiutare dai suoi“bravi”.

Agostino, scandalizzato dall’at-

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A Campanassa N.2/2014 31

BIBLIOGRAFIA

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voci ed espressioni del dialetto savone-se” Savona 1985 - Marco SabatelliEditore.Alfredo Gismondi “Nuovo Vocabola-rio Genovese-Italiano” Genova 1989 -Ed. Compagnia dei Libri.G. Marrapodi “Il Vocabolario Sasselle-se G. Romano” Sassello 2007 - Ed.Amici del Sassello.G.B. Nicolò Besio “Dizionario delDialetto Savonese” Savona 1980 - Ca-

sa Editrice Liguria.P. Angelo Paganini “Vocabolario Do-mestico Genovese - Italiano” Genova2000 - De Ferrari Editore.Sergio Aprosio “Vocabolario LigureStorico Bibliografico” Sec. X-XX -Savona 2001 - Marco Sabatelli Edi-tore.Giovanni Casaccia “Vocabolario Ge-novese - Italiano” Genova 1851 - Tipo-grafia dei Fratelli Pagano.

I. Scovazzi - F. Noberasco “Storia diSavona” Tipografia Italiana - 1926.C. Du Cange: “Glossarium Mediae etInfimae Latinitatis” Niort 1883.G.V. Verzellino “Delle memorie parti-colari e specialmente degli uomini illu-stri della città di Savona” Savona1891.G. Petracco Sicardi “Prontuario Etimo-logico Ligure” Torino 2002 - EdizioniDell’Orso.

STELVIO VOARINOdi Gustavo Malvezzi

Verso la fine degli anni settan-ta mi capitava spesso di trascor-rere qualche ora, di pomeriggioo dopo cena, a casa di Stelvio.Ci conoscevamo da qualche an-no, complice la comune passio-ne per l’opera lirica e il teatro ingenere. Lui abitava all’epoca unpiccolo appartamento seminter-rato a Savona, zona Villapiana,dove di solito – non aveva tele-fono – lo trovavo intento a sbri-gare mansioni domestiche. Cosìsi finiva con lo stare per lo piùin cucina, luogo del resto acco-gliente e sufficientemente anoni-mo per scomparire al momentogiusto, o meglio ancora trasfor-marsi in qualcosa di molto di-verso, un’isola felice. Bastavauna tazza di tè, il Giulio Cesareo il Sosarme o qualche altro tito-lo di Haendel sul piatto dellostereo e l’imbarco era assicura-to: operazione tutto sommatosemplice, si dirà; in realtà moltodelicata, frutto di una regia cali-bratissima e capace soprattuttodi far convivere, rendendolequasi inestricabili, due dimen-sioni – il prosaico e il sublime, ilferro da stiro a vapore e i gor-gheggi di un controtenore – cosìapparentemente estranee tra loroe, agli occhi dei più, incompati-bili. Credo, in questo senso, cheStelvio, prima ancora che attore,sia stato regista e maestro infal-libile di seduzioni.

Ogni epoca ha le sue isole feli-ci. In quegli anni era ancora forteil ricordo dell’isola di Wight, af-fidato anche alle note di una fa-mosa canzone; ma tra le pareti diquella cucina non c’era tracciadella cosiddetta cultura under-ground, dei suoi riti e delle sueatmosfere, non c’erano echi deiconcerti rock che io personal-mente avevo frequentato, unaparte di me essendosi riconosciu-ta, sia pure dall’esterno, in quellalinea culturale. La mancata sinto-nia con la generazione di Bob

Dylan o Jim Morrison non era inogni caso una chiusura al moder-no: curioso e avido come pochidi conoscenza, Stelvio non avevapreclusioni verso alcuna formadi espressione; sapeva però esat-

quanti ne hanno condiviso conlui l’intensità.

In fatto di passioni, non sapreidire se il teatro abbia soverchiatola scuola o viceversa. Le testi-monianze di numerosi ex allievi

dianamente, prima ancora chesul palcoscenico, a chiunque loincontrasse per strada o gli par-lasse al telefono, meriterebberoun’ampia illustrazione. L’addettoai lavori potrebbe dire meglio di

tamente chi e che cosa facevaper lui, non incamerava per inca-merare ma per ricondurre a sé leesperienze che la vita e l’arte digiorno in giorno gli offrivano,filtrarle e appropriarsene impri-mendovi un marchio spesso ori-ginale e sempre autentico. Sicu-ramente dal filtro non passava lanoia, il principale, forse l’unicodeterrente capace di determinarel’esclusione di qualcuno o qual-cosa dal mondo di Stelvio. Pote-va transigere su tutto, ma non eradisposto a perdonare il temposottrattogli dall’inerzia e dallamancanza di stimoli, un tempoche forse sentiva troppo preziosoe breve per vivere fino in fondole passioni e i sentimenti, l’ami-cizia in primo luogo, come sanno

del professor Voarino fanno pen-sare al laboratorio di biologia dalui tenuto per tanti anni presso ilLiceo Scientifico Orazio Grassidi Savona come a uno spazioaperto all’ascolto e al confrontoproduttivo, dove la serietà el’impegno non erano messi a ri-schio ma incentivati dal clima diserenità. Quanto all’attività tea-trale, svolta da dilettante con ladedizione dei professionisti, leinnumerevoli fortunate appari-zioni di Stelvio sulle scene savo-nesi (dalle esperienze ormai lon-tane con il Duetiesse alle più re-centi con la compagnia dei Catti-vi Maestri, senza dimenticarequella, felicissima, con il Teatrodell’Opera Giocosa), il talentonaturale di cui dava prova quoti-

me come le sue doti attoriali sisiano affinate con il tempo con-sentendo a un profilo tendenzial-mente comico – quello che gli hadato la notorietà grazie a un me-morabile Malato immaginario –di assumere anche altri connota-ti, persino talvolta le pieghe dellasofferenza. Il teatro aveva con-quistato Stelvio ancora bambino,probabilmente in cucina e certa-mente all’imbrunire, quando laradio, all’epoca, trasmetteva lecommedie. Quelle voci e queirumori sono bastati a disegnareai suoi occhi uno spazio incanta-to, l’isola per cui tante volte ciha fatto salpare e dove vogliopensare sia approdato per sem-pre.

G.M.

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A Campanassa N.2/201432

Il “matrimonio clandestino” eraquel singolare espediente (descrit-to anche dal Manzoni) a cui ricor-revano gli innamorati osteggiati,sovente dalle famiglie, nel loro de-siderio di sposarsi. Questo rimedioera messo in atto dai “promessisposi” che presentandosi innanziad un ignaro sacerdote gli dichia-ravano reciprocamente di ricono-scersi come marito e moglie. Unaprocedura che annullava i tradizio-nali preliminari (fidanzamento,sponsali, contratto dotale) edescludeva ogni possibile interven-to del “parentame” o di terzi, ge-nerando inevitabilmente risenti-menti e dissapori.

Un “rito” talmente diffuso da di-ventare una grave preoccupazioneper la Chiesa che tentò di porvi ri-medio nel Concilio di Trento (3marzo 1547) e successivamentenella sua “Congregazione Genera-le” (1562) stabilendo la nullità diquesti matrimoni qualora non fos-sero stati celebrati avanti al parro-co (o ad un sacerdote da lui delega-to) e a due testimoni. La necessariapresenza di questi ultimi, sebbenenon riuscisse ad impedire questorito, comunque lo complicava no-tevolmente riducendo le possibilitàdi sorprendere il prelato.

Nella documentazione dell’Ar-chivio di Stato di Savona (periodo1500/1800) queste particolari vi-cende sono rarissime e quelle po-che che si rinvengono sono de-scritte molto sommariamente e la-sciano insoddisfatta ogni curiosità.Sono quindi di notevole interessele vicende di due giovani di Albis-sola Marina, che nel 1714, poseroin atto un tormentato “matrimonioclandestino” che sarà fortementecontestato dalla famiglia di lei de-terminata nel tentare l’annulla-mento ricorrendo “al banco dellagiustizia” 1.

La storia sentimentale della se-dicenne Nicoletta Isola e del venti-quattrenne Giuseppe Gherardi, diprofessione “barbiere” (chirurgo)nel racconto dei testimoni, sembraessere iniziata alla fine dell’anno1713. Infatti nell’ottobre di quel-l’anno, il giovane venne chiamatoda Ignazio Isola, il padre della ra-gazza, affinché soccorresse un la-vorante infortunatosi cadendo daun albero. Fu questa l’opportunitàper il Giuseppe di avvicinare laNicoletta, peraltro già ammirata(ma da lontano) nelle inevitabili econsuete funzioni religiose.

I due giovani simpatizzarono egrazie ad una compiacente dome-

stica ebbero in seguito la possibili-tà di rivedersi e parlarsi, incon-trandosi dove terminava il giardi-no degli Isola, separati dalla solainferriata.

L’amore fece diventare France-sco imprudente, tramite la serva,fece pervenire all’amata dei bi-gliettini che, casualmente, furonorinvenuti dal padre Ignazio. La na-turale reazione del genitore venneincattivita dai commenti che fecesuo cognato Gaspare (fratello dellaseconda moglie Chiara Maria) for-se infatuato della giovane nipote.

Ignazio Isola, considerato nelpaese “uomo di grande rispetto”,decise di intervenire ma ritenendonon opportuno esporsi direttamen-te, si rivolse agli amici Gio BattaSpirito e Giovanni Antonio Cap-pello (rispettivamente sindaco econsigliere di Albissola Marina)affinché affrontassero “nel dovutomodo lo squattrinato Giuseppe”.Nel febbraio 1714, i due riusciro-no a sorprendere il giovane neipressi della casa degli Isola e tra-scinatolo via, con minacce diverse,pretesero ed ottennero che “diproprio pugno scrivesse e sotto-scrivesse una polizza (una promes-sa) di non più amoreggiare, néparlare, né mandare ambasciate,né tampoco guardare la casa oveabitava la Nicoletta”.

Questa “angheria”, superatoun’iniziale timore, generò nei duegiovani un profondo sentimento dirivolta convincendoli sulla neces-sità di ricorrere al “matrimonioclandestino”.

I testimoni raccontano che lamattina di quella domenica 1º lu-glio 1714, Giuseppe Gherardi arri-vò di buon’ora nella Chiesa Par-rocchiale della Concordia ed ingi-nocchiatosi prese posto a lato dellacappella di San Bartolomeo oveera collocato il “confessionario”(il confessionale) del prevostoGiuliano Rossi.

La “messa grande” sarebbe pre-sto iniziata, la gente affluiva incontinuazione, il prelato rimase inattesa dei soliti ritardatari scam-biando qualche parola di cortesiacon gli ultimi arrivati. Nicoletta,accompagnata dalla matrigna arri-vò poco dopo e con passo deciso sidiresse verso il “confessionario”,Giuseppe si alzò in piedi e si avvi-cinò alle due donne.

Nella testimonianza resa dal me-desimo Giuseppe verbalizzata nel-le inchieste penali ed ecclesiasti-che si descrive che: “... Dopoquelle minacce la Maria Nicolettami manifestò sempre maggiormen-te il suo desiderio di arrivare pre-sto alla conclusione del nostromatrimonio. Io ero sempre più in-namorato; l’ultimo giorno di giu-gno (sabato) riuscii ad incontrarlanella casa di una comune cono-scente (Angela detta la “Bero-dea”) ed insieme potemmo stabili-re come all’indomani ci saremmo

sposati nella Chiesa Parrocchialedella Concordia.

La mattina della domenica (1ºluglio) mi recai presto alla Chiesae mi sistemai presso la Cappella diSan Bartolomeo. Poco dopo arrivòla Nicoletta con la matrigna che siinginocchiarono nella loro panca,Nicoletta mi fece un cenno col ca-po si alzò e venne presso di me si-no a che fummo tutti e due moltovicini al Prevosto il quale stavaparlando con un paesano 2. Io al-lora, toccando con mano la Nico-letta, dissi con voce tonante: “Si-gnor Prevosto questa è mia mo-glie” ed essa pure disse: “Questo èmio marito” ed ancora voltandoci,rivolti alla gente che era nellachiesa, dicemmo “E voi signorisiete tutti testimoni!”. Sentii il Pre-vosto che diceva “queste cose nonvanno...”. Ci incamminammo ver-so la porta della Chiesa, Nicolettadisse ancora: “Signori io me ne vòcon mio marito”.

La sua matrigna vedendola usci-re da sola senza di lei smarrita eb-be il tempo di gridarle: “Dov’èche andate?” e mia moglie rispose:“Vado con mio marito!”. Mentreuscivamo sentii nella chiesa il sol-levarsi un forte bisbiglio (mormo-rio), tutti ormai parlavano diquanto era successo 3.

Usciti dalla Chiesa, uno accantoall’altro, la presi per la mano edall’improvviso vidi suo zio Gaspa-re che veniva verso di noi: Ci rag-giunse e mi agguantò per un brac-cio, io mi svincolai tenendo sem-pre per la mano la Nicoletta, maarrivarono altri e con il loro aiutomi fu levata e portata dallo zio chel’afferrò saldamente... A quelli chemi erano attorno gridai: “Cheavete fatto? Perché avete volutolevarmi mia moglie?... Perché?” 4.Ero solo e loro erano molti e cosìnon potei fare nulla se non conti-nuare a gridare. Disperato, pian-gendo mi avviai per il carruggioche passa dietro la chiesa, qualcu-no gridò qualcosa contro di me”.

Dopo soli tre giorni dall’accadu-to Ignazio e Gaspare Isola si pre-sentarono al “banco della giustiziadella Corte di Varazze” (tenuto inAlbissola Marina) per sporgerequerela contro Giuseppe Gio. Ma-ria Gherardi fu Gio Batta. Nellaloro dettagliata denuncia, tuttavia,in essa si trascurava totalmente levicende svoltesi all’interno dellachiesa descrivendo invece accura-tamente la seconda parte: “... Sen-tita la messa Maria Nicoletta uscìdalla chiesa per tornarsene a ca-sa. Dietro di essa sortì detto Giu-seppe che appena fuori la porta leprese la mano e portò via detta fi-glia... il che visto Gaspare, miocognato, gli corse dietro per fer-marlo ma solo con l’aiuto di alcu-ne persone gli riuscì di levarglielae Gaspare la potè ricondurre a ca-sa. Ora questo affronto percuotegrandemente la mia reputazione e

UN “MATRIMONIO CLANDESTINO”di Danilo Presotto

Giovane sposa di Marola (golfo della Spezia).

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A Campanassa N.2/2014 33

Varazze vista dal mare nel 1670. Archivio di Stato di Savona, “Criminaliem Varazze”,filza n. 37. Autorizzazione alla pubblicazione del Ministero dei Beni Culturali rila-sciata dall’Archivio di Stato di Savona numero di protocollo 2002/28.13.02 in data 7novembre 2013.

quella di mia figlia pertanto chie-do che il colpevole sia severamen-te castigato come vuole la legge” 5.

Accusa che venne resa ancorapiù concreta presentando una di-chiarazione della vittima, raccoltaprivatamente in casa degli Isoladal Vicario della Corte, da una im-barazzattissima Nicoletta 6, costan-temente assistita dallo zio Gaspa-re: “Quella domenica ero andataa sentire la messa terminata laquale mi partii per tornarmene acasa e nel sortire dalla porta mae-stra della Chiesa mi si accostòGiuseppe Gherardi che mi prese lamano e mi disse: “Andiamo via”,al che io risposi che mi lasciasseandare perché mi aveva agguanta-to fortemente e io allora mi misi agridare. Intervenne, a quel punto,mio zio Gaspare che si mise ad ur-lare “Fermatelo, fermatelo”, siunirono a noi altre persone chenon conosco ma che riuscirono atirarmi via e lo zio mi riportò allasua casa”.

È vero, tempo avanti, esso Giu-seppe mi faceva l’amore, ma maimi ha detto niente di tutto questo,nemmeno quando mi parlava. Poi,mio padre si avvide che detto Giu-seppe mi faceva l’amore benchéfosse contro il mio genio. Gli feceparlare e dirgli che non mi cercas-se, né mi desse soggetto e a quantomi è stato detto lui ne fece ancheuna polizza, ossia si prese l’impe-gno di non darmi molestie e di nonguardarmi, nonostante ciò eglisempre mi si mandava a racco-mandare tramite una tale AngelaMaria detta “La Berodea...”.

Accuse, che nei giorni seguenti,vennero dagli Isola rese ancor piùgravi che presentando sei testimo-nianze che affermavano uniforme-mente: “Di conoscere appienoMaria Nicoletta... quale è onesta,da bene e di buona voce, condizio-ne e fama per tale era comune-mente trattata e giudicata da tuttoil popolo di Albissola Marina eprima che succedesse quello che sidice essere seguito col detto Giu-seppe Gherardi era comunementee da chiunque reputata Vergine” 7.

Il 6 agosto 1714, la Corte diGiustizia di Varazze, uditi i fattiresi dalle diverse testimonianzeche erano apparse vere e credibili,ritenuto il Giuseppe Gherardi re-sponsabile di quanto accaduto, or-dinava al medesimo di presentarsientro quindici giorni, ammonendo-lo che decorso tale tempo sarebbestato ritenuto reo confesso del rea-to di ratto.

Su istanza della difesa, il 24agosto 1714, venne concessa unaproroga di quindici giorni 8, ma il 7settembre 1714, “constatata la la-titanza e l’irreperibilità del Giu-seppe Gherardi il medesimo eradichiarato reo e colpevole di rat-to” pertanto ne veniva ordinata lacattura da eseguirsi in tutto il terri-torio della Repubblica di Genova.

Un provvedimento (drastico per-ché il reato attribuitogli comporta-va la pena capitale) che ebbe un“respiro brevissimo”, infatti il Se-nato della Repubblica con proprio

decreto, sanciva la sospensionedella sentenza e la revisione dellarelativa istruttoria, disponendoneuna nuova che doveva essere com-pletata entro trenta giorni da Ro-lando Maria Rolandelli Vicario diSavona e Governatore surrogatoCommissariato a tale scopo dalmedesimo Senato.

Il 10 novembre 1714 ricevuti evalutati i risultati ottenuti dallaistruttoria Rolandelli, la “massimaCorte di Genova” preso atto cheerano stati violati i diritti della di-fesa (quando essendo state esclusele testimonianze proposte dal Ghe-lardi), valutata incerta e viziata ladeposizione della Nicoletta e so-prattutto non avendo assolutamen-te considerato l’evento principale(il matrimonio clandestino), decre-tava:

1) Il trasferimento della MariaNicoletta in un ambiente neutraleove si potesse verificare la sua ef-fettiva e reale volontò “prima, du-rante e dopo la cerimonia” 9.

2) L’audizione dei testimoniesclusi dall’istruttoria fatta dal Vi-cario di Varazze.

3) L’opportunità di attendere levalutazioni sul caso della CuriaEpiscopale.

Condizioni che richiedevanol’avvio di una nuova istruttoria edi nuovo processo, questa volta,preparato e gestito dalla Corte diSavona.

Nei mesi seguenti il Vicario delVescovo di Savona ed il suo Can-celliere ascoltata più volte la di-chiarazione “libera” della MariaNicoletta e la testimonianza delPrevosto della Chiesa Parrocchialedi Albissola Marina Giuliano Ros-si, giunsero alla conclusione di ri-tenere valido il matrimonio.

Analogamente “il banco dellagiustizia di Savona”, presieduto daGiovanni Stefano Spinola Com-missario e Governatore di Savona,constatando:

– che la Maria Nicoletta né den-tro, né fuori dalla Chiesa aveva su-bito violenze di alcun genere dalGiuseppe Gherardi e lo aveva se-guito volontariamente e al contra-rio, fuori dalla Chiesa, riconsegna-ta allo zio Gaspare la medesimaera stata più volte da lui percossa a

causa della resistenza che la Nico-letta “manifestava piangendo egridando di non volere tornarenella casa paterna” 10.

Sentenziava (il 13 maggio 1715)il non luogo a procedere nei con-fronti del Gherardi, marito legitti-mo della Nicoletta per insussisten-za del reato attribuitogli. Decisio-ne che veniva convalidata in viadefinitiva a Genova dalla SupremaCorte. La medesima Autorità co-municava inoltre alla Corte di Va-razze che: “le notevoli spese matu-rate nel corso del primo processonon potevano in alcun modo rica-dere sul Gherardi e dovevano es-sere addossate agli Isola o rima-nere a carico della Corte stessa”.

Finalmente liberi e riuniti i duegiovani, secondo le indiscrete di-chiarazioni del Padre Bonaventuradel Convento di San Giacomo,buon amico del Giuseppe, nonrimpiansero il tempo perduto:“ma non appena sentito il votoespresso da Monsignor Vicario(febbraio 1715) andarono a dor-mire insieme”.

Ritornati in Albissola Marinagli sposi andarono ad abitare nelborgo nella casa di Giuseppe. Il19 agosto 1715 furono ancora“tormentati da una piccola gra-na, forse coda degli eventi prece-denti” o più probabilmente “frut-to di gelosie tra professionisti”.Si trattava infatti di una denunciadi quattro colleghi “barbieri” chesostenevano che il Gherardi nonavesse “la licenza” per interveni-re sui feriti 11.

La semplice presentazione al-l’autorità locale dei suoi attestatiche confermavano il periodo di“tirocinio fatto in Genova e la li-cenza concessagli dai SignoriMaestri dell’arte della chirurgia”dissiparono anche questa nube.

Negli anni seguenti (1715/1735)nei documenti giacenti nell’Archi-vio di Stato di Savona il nome delchirurgo Gherardi appare unica-mente nei verbali da lui redattiquando, per legge, doveva interve-nire per constatare ferimenti o de-cessi conseguenti a risse o ad ag-gressioni 12.

D.P.

Note

1) I documenti relativi alla storia di Ni-coletta Isola e di Giuseppe Gherardi so-no conservati nell’Archivio di Stato diSavona. La complessità della loro vicen-da che nasce in Albissola Marina, si svi-luppa nella Curia Criminale di Varazze,interessa l’Episcopato Savonese, arrivaal Senato di Genova per essere rinviataalla Giurisdizione di Savona, comportache il materiale sia conservato in diversefilze ed alcuni registri (“Civilium”, “Di-versorum” e “Criminalium” di Savona edi Varazze) degli anni 1713/1719; mate-riale in corso di ricatalogazione.2) “Vidi Nicoletta e Giuseppe vicini atocco (quasi si toccavano) ed erano mol-to appresso al Signor Prevosto”: Testi-monianza di Giovanni Agostino Corra-do, pittore di “porcelletta” (maiolica), diAlbissola Marina, d’anni 54.3) “In chiesa seguì un gran rumore diparole. Alcune persone dicevano che ilmatrimonio era valido, altre dicevanoche erano cose malfatte e ognuno volevadire il suo parere come si suole fare incasi di pubblica novità”. Testimonianzadel sarto Agostino Bruno di Bartolomeo,di Albissola Marina, d’età anni 44.4) “Vidi il Giuseppe Gherardi che tenevaseco la Nicoletta, il che visto di corsi in-contro per levargliela avendo sentito gri-dare lo zio Gaspare: “Fermateli, ferma-teli”. Afferrata la Nicoletta, con altri, ri-uscii a tirarla sino dallo zio che la preseper un braccio e la condusse seco in suacasa”. Testimonianza di Bartolomeo Si-rello di Albissola Marina, d’anni 28, ma-novale.5) Omettendo quanto successo all’inter-no della Chiesa gli Isola attribuivano alGherardi un tentato rapimento, evitatosoltanto con l’intervento di terzi. Tra essiBartolomeo Sirello di 28 anni e France-sco Spirito di 38 anni che nel secondoprocesso dichiareranno di: “abbiamomale interpretato ciò che gridò il Gaspa-re, ci scusiamo col Giuseppe, non sape-vamo che Nicoletta fosse sua moglie”.6) La serva degli Isola, Teresa Tambu-scio dichiarerà: “Quando la Nicolettavenne interrogata dal Vicario in casa de-gli Isola teneva sempre gli occhi bassi,scostandosi dallo zio Gaspare che invecevoleva starle vicino”...7) I testimoni Gregorio Basso, BenedettoBasso suo figlio, Jacopo Da Mele e suofiglio Giovanni, Bartolomeo Rosso e lamoglie Geronima con le loro testimo-nianze espresse alla Corte di Varazzeevidenziavano il danno subito all’imma-gine, sino ad allora, “pura” della Nicolet-ta.8) La proroga venne utilizzata dalla dife-sa del Giuseppe presentando alla Cortealtri testimoni che rimasero inascoltati (ilsarto Agostino Bonino e il marinaio Pao-lo Bozzano).9) Nicoletta Isola fu ospitata per circadue mesi, a Savona, nella casa del notaioGiovanni Francesco Isnaldo. Durante ta-le permanenza non le fu consentito diparlare né con i suoi Parenti, né colFrancesco. Venne più volte interrogatadal Vicario del Vescovo e da un funzio-nario del Governatore di Savona.10) Due testimoni (i citati sarto AgostinoBonino di 40 anni, di Albissola Marina,e il Marinaio Paolo Bozzano di 41 anni,di Savona) dichiararono: “Arrivato vici-no alla Chiesa cioè alla metà del carug-gio, vidi Gaspare Isola che teneva permano la ragazza (la nipote), che piange-va e lui le diede due o tre scopassoniperché lei non voleva andare con lui”.11) La denuncia contro il “barbiere”Giuseppe Ghepardi venne avanzata daGiovanni Andrea Robello (professore diChirurgia a Celle), Giovanni DomenicoGrosso e Stefano Grosso (Chirurghi adAlbissola Superiore) e Bartolomeo Fru-mento (chirurgo ad Albissola Marina).

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A Campanassa N.2/201434

U RECANTU D’I “AMIXI D’U DIALETTU”ABAÌN ÉTIMU-FILULÓGICU DÙE NEMIGHE PEÙZEScavissu

Primma de mette man a-a poulain argumentu, pe quei che sun decürta memoja, ritegnu de duvéi färeciammu a ’na régula, zà spiegätenpi indré. Segundu a FilulugìaSabassia, int’u pasä da-u Latìn a-uvernàculu, se fan interative dùe otrè cubbie de cunsunanti: da regur-dä a Z e a G int’ê poule Zorzu, in-veçe de Giorgiu, Zena, inveçe deGenoa e ätre scìmili.

Allo stesso modo si comportanopure la P e la V. Dal Latino eccle-siastico EPISCOPUM, caduta laM dell’Accusativo e mutate le P inV, si ha EVISCOVU. A questopunto, per riduzione metafonetica,a motivo della U finale, si haEVESCUVU. Per la caratteristicadel nostro vernacolo di essere so-vente aferetico, si ha VESCUVUe, siccome sovente indulge pureall’elisione, VESCU = vescovo.

Doppu sti reciammi mnemónici,turnemmu a-u nostru argumentu.SCAVISSU è già una contrazionefonica del linguaggio parlato di unsicuramente originale e più esattoSCAVISSU. Il vocabolo deriva in-

fatti da un tardo Latino CAPI-TIUM, preceduto da S privativa.Da S Capitium si ha Scapitiu, percaduta della M accusativa; poi, permutamento della P in V, SCAVI-TIU; da ultimo, poichè la T davan-ti ai dittonghi IA, IU, IE diventaSS, si ha Scavissiu.

CAPITIUM non è altro che il di-minutivo di CAPUT: uso frequen-te nel tardo Latino adoperare i di-minutivi al posto dei termini posi-tivi.

Tirando le somme e tornando aSCAVISSU = S privativo antepo-sto a CAPUT = senza capo = sca-pestrato. Tra i significati analoghi:birichino, monello, sfontatello,ecc.

Sulla linea di SCAVISSU, esi-stono pure i due verbi: SCAVISÄe SCAPESÄ, entrambi col signifi-cato di “scapitozzare”; di tagliare,cioè, le remaglie degli alberi. Dituin vernàculu: de puä e ramme d’ièrbi.

Se ne séi de ciü, dèghe zunta;ma: Stè’ alegri, eh!

Essiu d’A Ciann-a(Ezio Viglione)

Quandu da figetta andävu cu’imè a-e Cantinn-e da-i nonni, inträ-mu da-a purtaja d’a Villa Fara-giann-a. Lungu u viäle gh’ean d’igrandi èrbi d’èrxiu.

A ·un çèrtu puntu gîämu ‘nsc’âdrita e pasämu davanti a-e stalleduvve ·un tenpu tegnivan e carossee i cavalli. Doppu a cà d’u fatù,vèrsu a meitè d’u cazùn, a gh’ea ascäa p’andä a cà d’i nonni. U l’eabèllu fä quella stradda! Ti vedeivie ajöe cu’e sciùe, e funtann-e cu’estattue de märmu, i custi vèrdi benpuè e a gèa d’i vialetti rastelä. L’ü-nicu incuveniente ean dùe scim-mie. Divan ch’u l’aveiva purtè umarcheize da’n viaggiu multu lun-tàn. A sö demùa preferìa a l’ea an-dä da ‘n èrbu a l’ätru e poi cu’ ·unschittu sâtä davanti a-e persunn-e.Fra lu e mi u nu curiva bun san-gue. Quandu ne balävan in gìu, seme tîävan p’ou rôbìn, me metivu azbrâgiä.

Ean brütte, despêtàdde, in ciüpeùze e ne cunbinävan de tütti icuùi.

Int’a bunn-a stagiùn se demuä-van a cögge a früta e a pestagiälape tèra: tantu ch’ou marcheize fi-narmente u l’ha pensòu ben de fälepurtä vìa.

Sun pasè tanti anni, ma l’antipa-tìa vèrsu de lu a l’è senpre a mèxi-ma.

Sun restä sensa sciôu da-a sur-preiza, quand’ ·un giurnu ho lezüuche i scensiati de tüttu u munduean d’acordiu a dì che l’ommu une vegne da-e scimmie.

Cus’a l’è sta sciurtìa?Aveivu senpre savüu ch’emu

stèti creè da-u Segnù.U se vedde ch’â fede a nu va a

braçettu cu’a scensa.Nu vöggiu cuntradì questi stü-

diùzi; ma, de tante bestie che ghesun a-u mundu, proppiu a-a scim-mia duvemmu sumegiä?

A mi u m’è ciü cäu pensä ch’ouSegnù u l’agge mudelòu a tèracu’e sö man e che pö cu’ ·unsciusciu u gh’agge dètu a vitta.

Vanna Caviglia

GUÇÇE ‘ARVÌ

Bâgè de sù tra nìvue basse, ciciuezzu de canè, ma sensa inpegnu,zgöi de rùndue e curse de lümasse,lüxì de fögge, respìu de vèrde tegnu.

Dusci pensieri, penacchi de fümme,bôxìe de ‘na giurnà d’ègua menüa.un surcu pigru, a tunbigià d’u sciümme.Guççe de tenpu e guççe de natüa.

Tratta dalla raccolta di poesie “De... véi e de ancö” di GiulianoMeiranaEditore Coedit 2004. Dialetto Sputurnin.

CANSUNETTA

Insc’ou prôu u canta u grilluche me mettu ‘nte ‘n mandillupov·eou grillu.Canta a çighèa in mezu a-e rammetäxe a frumigua perché a gh’ha famme.Canta u gallu cu’a galinn-aquand’i gh’han a pança pinn-a.Canta a passua ‘nt’u sö nìutäxe tì ché nu me fìu.Canta u Gustu u mè vexìnch’u l’è brävu a fä u vuxìn.Cantemmu mì mè sö e mè frècantéi anche vuì che séi strunè.

Gianna Buzzoni

PRIMAVEJA!

Grasiuza stagiùn primaveja!Zuenetta ti päi, ti senpre.A vitta, a tèra, a se desciape fäne scurdä pe ‘n mumentuste lägrime amäe, tristiche sc-ciancan u cöd’a nostra cürta existensa.

Ti, vèrdi brutti ti cacci,perché inte l’andäde sti giurninu agge pe amigal’anguscia, u magùn, mäi ciü.

Rosa FontiDa “Masettu picìn de puexìe”

A MÈ AMIGA MANENA

Cu’a Manena andä in gìu u l’è ‘n spassu garantìu;a te dixe in bèllu modducose viste e cose diteche a-i mè öggi cèi e atènti sun fregugge inteligènti.A te cunta stoje vegie ormäi scurdèe a te mustra cose növe mäi saciüe;cun Lé ti pärli de cusse ti vöe ti rii de güstu p’ê sö batüe.Scì, a l’è vea, a l’ha i cavelli gianchi,ma i sö freschi penscei vurievan havèili in tanti.Pe mi a l’è ‘n amiga sincera e leälech’a descrive a vitta in moddu originäle.

Simonetta Bottinelli(vernacolo di Quiliano)

Ma l’ärba, che d’oudùa prufümmae u çé de lüxeu se tenze,dorve ‘na porta a-a speransa.

E int’e sciùe, int’u sù,int’a vitta ch’a nasce,in ti, se ritröva‘na freguggia picinn-a benigna,grasiuza stagiùn: primaveja!

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A Campanassa N.2/2014 35

U RECANTU D’I “AMIXI D’U DIALETTU”

A NÖTTE

Cian cianìnu vegiu pin u caressa l’äjaa-u sciôu d’a seja,u canta a-u çé d’a sö sulitüdine.‘Na steja a parpella lüxénteint’u scüu silensiuzu.Mundu picìn che ti cunforti u me pinfa lüxe a-a nöttede sta furèsta d’ommich’a nu sa capì.

Gianna Buzzoni

Scànpuli de Stoja

U GIABBEVernàculu de Chigèn

di Simonetta Bottinelli

Giuvanni Cèrro, u Giabbe,u l’è l’ürtimu inpicóu deSann-a.

Dixan e crònache d’u ten-pu ch’u stäva a Lavagnöa eche u fuise un ommu viulen-tu, aväru, geluzu e ch’u ghemanchesse ascì quarche röaint’u çervellu.

A nötte d’u duì frevä 1865,u massa a mugé, ‘na çèrtaBonifacino, e tütta a çitè aissa a sö vuxe ragiä cuntral’ezecutù d’u delittu.

U pä che u Giabbe u l’aggeinpìu a bucca d’a mugé detèra e che u l’agge streitu esö grosse man inturnu a-ucollu d’a donna pe sufucäla.

I vexìn dixan d’havéi sen-tìu i lamenti d’a meschinn-a,ma d’havéi pensóu che a l’eaünn-a de sòlite tristi liti tra iduì.

U Giabbe alua u l’äva 45anni e sö mugé 30; tanti pen-sävan che, vista a diferensad’etè, l’ommu u l’avessescuvèrtu un tradimentu. Tüttii vexìn, però, sustegnivanche a donna a fuise onestìsci-ma, timida, mansueta, insum-ma: a l’aveiva tütte e carate-rìstiche d’a póvea vìttima.

U Cèrro, nunustante e prö-ve nu lascessan dübbiu, ucuntinua a pruclamäse inu-cènte: “Se l’avesse masä mì,nu sajeva restóu arente a-amorta! Ho fètu tüttu quelluche pureivu! Gh’ho finn-afètu u cafè!!!”

“Bèlu moddu de däghe ‘naman, ätru che cafè! Gh’avei-vi inpìu a bucca d’e tèra!” Ughe rispundèiva u Marcheize

La notte del due febbraio1865, uccide la moglie, unacerta Bonifacino, e tutta lacittà alza la sua voce indigna-ta contro l’esecutore del de-litto.

Sembra che Giabbe abbiariempito la bocca della mo-glie di terra e che abbia stret-to le sue grosse mani intorno

Franzoni, Prescidente d’aGiuria.

“A nu l’è a veitè! Ho ascìçercóu de caesäla perché a selamentäva!”

“Ghe vurèivi cuscì ben chel’aveivi levä da-u letu e mis-sa insc’â banca düa pe stran-guäla megiu!”

U 13 lüggiu d’u 1865 uGiabbe da-a galea de S. Agu-stìn, in mezu a dùe äe de fol-la, cunpagnóu da-i carabiné,u se incaminäva a-a fuxe d’uLetinbru pe ese inpicóu (Ouainte quellu lögu u se tröva aGexa d’u Säcru Cö).

Dixan che, vedendu d’agente ch’a se afanäva pe riväin tenpu a-u lögu de l’esecu-siùn, u esclamesse: “Cussecaminè a fä? Tantu, se nu ghesun mì, a fèsta a nu se fa!”

TRADUZIONEFrammenti di StoriaGIABBE

Giovanni Cerro, sopranno-minato Giabbe, è l’ultimoimpiccato di Savona.

Dicono le cronache deltempo, che abitasse a Lava-gnola e che fosse un uomoviolento, avaro, geloso e chenon fosse equilibrato.

al collo della donna a talpunto da soffocarla.

I vicini dicono di aver sen-tito i lamenti della poverina,ma di aver pensato che sitrattasse di una delle solitetristi liti della coppia. Giab-be, allora, aveva 45 anni esua moglie 30 e tanti pensa-vano che, vista la differenzad’età, l’uomo avesse scoper-to un tradimento.

Tutti i vicini, però, sostene-vano che la donna fosse one-stissima, timida, mansueta, in-somma: aveva tutte le caratte-ristiche della povera vittima.

Cerro, nonostante le provenon lasciassero dubbio, con-tinua a proclamarsi innocen-te: “Se l’avessi uccisa io,non mi sarei fatto trovare vi-cino al cadavere! Ho fattotutto quello che potevo! Leho persino fatto il caffè!”

“Bel modo per darle unamano, altro che caffè! Leavete riempito la bocca di

terra!” Gli rispondeva ilMarchese Franzoni, Presi-dente della Giuria.

“Non è la verità! Ho anchecercato di consolarla acca-rezzandola perché si lamen-tava!”

“Le volevate così bene chel’avete spostata dal letto sul-la panca di legno per stran-golarla meglio!”

Il 13 luglio 1865 Giabbedalle carceri di S. Agostino,in mezzo a due ali di folla,accompagnato dai carabinie-ri, si incamminava verso lafoce del Letimbro per essereimpiccato (Ora in quel luogosi trova la Chiesa del SacroCuore).

Dicono che, vedendo dellagente che si affannava perarrivare in tempo sul luogodell’esecuzione, esclamasse:“Per quale motivo correte?Tanto se non ci sono io, lafesta non si fa!”

S.B.

Antica Latteria “Gina”nel centro Storico di Savona

piazza Chabrol 3r. - tel. 019/828945Specialità famose:

Frappé - Gelati - Panna Montata

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A Campanassa N.2/201436

RETE SCIABICALa grande rete sciabica (Réi)

Costruzione, preparativi, procedure, esecuzione della pescadi Carlo Astengo

I miei ricordi infantili sono inparte legati all’ambiente Fornaci-no, la spiaggia, i bagni, le attivitàdella pesca.

Già mio nonno Francesco(1867-1927) possedeva la barca(Carlotta) con armatura a vela lati-na e le reti per la pesca; mio padree i suoi fratelli, da ragazzi, nei pri-mi decenni del 1900, aiutavano ilpadre nell’attività.

Io, in età giovanile (fine 1940),spesso frequentavo lo scaletto, zo-na attrezzata per alare e mettere insicurezza dalle mareggiate le bar-che da pesca e diporto.

A “Le Fornaci”, lo scaletto è sta-to la piazza più operosa e vivacedel quartiere; lì si svolgevano leattività preparatorie alla pesca e,nelle belle giornate, era luogo diincontri dove gruppi di personediscutevano “nel linguaggio dialet-tale” di svariati argomenti.

Anziani Fornacini in pensione,con bagagli di esperienze, narrava-no avvenimenti; taluni risalentiagli ultimi decenni del 1800.

L’insieme delle componenti cheformano la struttura della sciabica:“Réi”, le reti e i cordami erano co-struiti manualmente da nuclei fami-liari sparsi nelle cittadine di Levan-te e di Ponente della costa ligure.

I proprietari di barche da pescaacquistavano le reti di varie magliee cordami: “Bremmi, liben, e cor-de”, sugheri e piombi.

Verso la fine del 1800 con l’in-novazione di retifici meccanizzati,cessò in parte l’attività manualedella composizione delle reti, adeccezione del primo tratto dellasciabica, le bande costituite con fi-lo di canapa e la “Grixela” supe-riore e inferiore: rete costituita dicotone robusto, funzionale a con-giungere le bande alla manica.Tutte le componenti della sciabica:reti, bremmi, piombi e sugheri, ve-nivano assemblale (armè) daesperti cucitori ed esperte cucitrici.

La progettazione strutturale dellarete veniva concordata con il com-mittente, tenendo in considerazioneil tratto di costa interessata, il rap-porto distanza dalla battigia calco-lata in “corde 100 metri” e la corri-spondente pescosità (Pescaggio),calcolata in “braccia 1.83 metri”dalle rilevazioni delle misure bati-metriche. In base a questo, si valu-tava il numero di maglie delle reti“Mappi e casaletti”.

Occorre premettere che la scia-bica è un insieme di varie compo-nenti specifiche: corde, bande, ma-nica e, come altre reti similari, non

avevano misure fisse, variavano acausa delle esigenze del commit-tente e del materiale disponibile.

Nel litorale savonese la forma-zione orografica ha permesso ilformarsi di vasti tratti di arenili ecalette “con l’apporto millenarioalluvionale di fiumi e rivi” creandole condizioni favorevoli per prati-care la pesca con la grande rete.

Alle fornaci negli Anni ’50 era-no 5 i proprietari di barche e reticon concessione alla pesca con lagrande rete tirata da riva con l’au-silio della cengia e altri 3 nel trattoZinola-Porto Vado.

Nel periodo estivo, a volte, al-l’alba, mi recavo sullo scaletto aosservare i preliminari per la pescacon la sciabica; allora l’attivitàdella pesca costituiva un importan-te apporto economico e alimentareper il quartiere e la città.

Un centinaio di persone: donne,uomini, giovanotti, formavano lesquadre (Tregiä); alcuni indossa-vano, a guisa di cintura, la cengiapersonalizzata, di norma gruppiassidui, consolidati nei vari equi-paggi, occasionalmente singolepersone si aggregavano alle squa-dre, accolte come da tradizioneatavica con sentimenti di solidarie-tà. Esse sceglievano nell’appositacesta, all’interno della baracca,l’indispensabile cengia.

Sullo scaletto si formavano ca-pannelli di persone; molti di lorotenevano tra le mani tranci di fo-caccia appena sfornata, alcuni inpiedi altri seduti ne gustavano, ap-pagati, la bontà e la fraganza. Altriintenti ad occuparsi del ricavatodella pesca del giorno precedente.Una decina di donne veterane eranospecialiste nell’adugliare le corde;in alcune di loro notavo il piglio al-tero che caratterizzava il ruolo ma-triarcale delle donne liguri.

Lontano, ad alcuni metri dallabattigia, le barche, cariche di reti,

corde, mattoni, barili, attendevano ilvaro per dirigersi verso la zona con-cordata tra i capi-barca nel trattocompreso tra i bagni S. Francesco,sottostante il Priamar, fino a Zinola.

Formati gli equipaggi, compostidal capopesca e due o tre vogatori,le singole imbarcazioni si dirige-vano verso il tratto di costa con-cordata.

I componenti al tiro delle reti,con l’ausilio della cengia per il re-cupero della rete, formavano ledue squadre (Tregiä) di levante edi ponente, con le addette ad adu-gliare le corde si dirigevano versola zona di cala seguendo, da riva,l’imbarcazione.

Le due squadre all’inizio pescadistanziavano tra loro 200-250metri, fino a ridursi a circa 5 metrial raggiungimento della manicasulla battigia.

Raggiunta la zona stabilita, il ca-pobarca al largo alcune centinaiadi metri dalla costa con il correnti-

no controllava la direzione dellacorrente e l’intensità. La valutazio-ne dei dati riscontrati era utile perdecidere se iniziare la cala dellarete, da levante verso ponente o vi-ceversa; altra valutazione da con-siderare era l’intensità dalla qualesi stabiliva l’angolo della traietto-ria della barca durante la cala.

A controllo eseguito (di normala corrente sottocosta si dirige dalevante verso ponente), la barcaraggiungeva la riva, il capopescaporgeva la cima della corda a uncomponente della squadra, in atte-sa del segnale dalla barca, per ini-ziare il tiro delle funi.

La barca, con la prora verso latraiettoria stabilita, si dirigeva allargo; il capobarca calava da pop-pa la serie di corde “varianti daquattro a dodici” per lato di banda,con i rispettivi gavitelli (Natùin) ebarì (Barile). Calato il bastone eun lato di banda, raggiunta la ma-nica, il capopesca, con esperienzae maestria, calava la manica, inmodo che la gola rimanesse benaperta e spiegata con la manica li-bera da attorcigliamenti.

Calata la manica dalla barca conla prora verso terra, il capopescaprocedeva a calare, sempre da pop-pa, la banda, raggiunto il bastone ele corde, il responsabile in un de-terminato momento segnalava allasquadra del lato opposto di iniziarelentamente il tiro delle corde. Labarca raggiungeva la riva, il capo-pesca porgeva la corda e la squadrainiziava il tiro delle funi.

C.A.Fine Prima Parte

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A Campanassa N.2/2014 37

FONDAZIONE SAVONESE PERGLI STUDI SULLA MANO

La trentatreesima edizione delCorso Propedeutico di Chirurgiadella Mano, organizzata come sem-pre dalla Fondazione savonese pergli studi sulla mano in partnershipcon la ASL 2 “savonese”, con il ge-neroso sostegno economico dellaFondazione De’ Mari, è stata inau-gurata domenica 25 Maggio alle ore17 nella caratteristica location dellasala della Sibilla, presso la fortezzadel Priamar, con una grande parteci-pazione da parte della cittadinanzasavonese nonostante la concomitan-za della giornata elettorale. Graditis-sima la presenza di Monsignor Lupi,Vescovo della nostra Diocesi, che havoluto testimoniare la sua vicinanzaal nostro Centro nonostante i nume-rosi impegni legati al suo Ufficio.Sul palco, a rivolgere il rituale salu-to ai corsisti e ai presenti, con Gior-gio Novara nella veste di moderato-re dell’evento, si sono alternati ilSindaco di Savona, Federico Berruti,il Prof. Francesco Franchin, Diretto-re della Clinica Ortopedica dell’Uni-versità di Genova, il Presidente dellaFondazione savonese per gli studisulla mano Carlo Cerva, ed infine ilsottoscritto per la consueta sintesidell’attività lavorativa e scientificacondotta dalla Chirurgia della manosavonese, sempre più proiettata inun ambito internazionale e riferi-mento didattico universitario semprepiù rilevante. Infatti quest’anno, alnovero delle Scuole di Specialità diOrtopedia e di Chirurgia Plasticache già da tempo hanno integrato ilproprio programma didattico con ilCorso savonese, come le Universitàdi Genova, Pavia, Milano e Padova,si è aggiunta l’Università di Messi-na, a ulteriore conferma del valorescientifico e didattico della Scuolasavonese.

Nel corso della cerimonia il Vice-presidente del Rotary club Savona

Giuseppe Noberasco e il MaestroSandro Soravia hanno premiato ivincitori del 1° premio d’arte “Ren-zo Mantero”, organizzato dai Rotaryclub di Savona e La Spezia, dedicatoagli studenti degli Istituti artistici sa-vonesi e spezzini che si sono cimen-tati nel produrre opere sul tema “Lamano nel lavoro”.

La giornata è stata conclusa dalconsueto Concerto offerto alla citta-dinanza da Maestri di grande rilievointernazionale come Marco Forna-ciari al violino, Leonardo Colonna alcontrabbasso, Guido Andreolli al

clavicembalo e Jacopo Bigi al violi-no, che hanno interpretato un magni-fico programma basato su musichedi Mozart e Vivaldi.

Il Corso ha avuto inizio lunedì 26maggio, con ben 97 partecipanti, unrecord assoluto, provenienti da pres-soché tutte le regioni Italiane, acco-munati dalla giovane età e da un for-tissimo interesse per il complessomondo della Chirurgia della mano.Ad integrare le lezioni dei membridell’equipe di Chirurgia della mano,si sono aggiunte le lezioni dei Ra-diologi, Anestesisti, Neurologi, Reu-

matologi del nostro ospedale e le le-zioni di riabilitazione dei fisiatri e fi-sioterapisti dalla ASL 2. Dopo le le-zioni frontali mattutine tutti i corsistidalle 15 alle 17 hanno preso parte adiversi workshops che hanno spazia-to dalle tecniche di esecuzione deibendaggi, alle tecniche di sutura ten-dinea o di impiego di particolari pre-sidi chirurgici quali placche, fissato-ri esterni o ancore da reinserzionelegamentosa. Sempre nel pomerig-gio i Chirurghi hanno seguito leesercitazioni pratiche del Corso basedi microchirurgia, cimentandosi coni rudimenti di questa tecnica indi-spensabile per affrontare le comples-se lesioni che colpiscono la mano,mentre i fisioterapisti si sono dedi-cati alla confezione di tutori e all’af-finamento delle tecniche di riabilita-zione. Di grande importanza i con-tributi degli ospiti: Il Dott. RiccardoLuchetti, attuale Presidente della So-cietà Italiana di Chirurgia della Ma-no e il prof. Giorgio Pajardi, Diretto-re della scuola di specialità di Chi-rurgia plastica dell’Università di Mi-lanp, Direttore del Centro di Chirur-gia della mano del gruppo Multime-dica e Past President della SocietàItaliana di Chirurgia della Mano, checon le rispettive lezioni magistralihanno approfondito temi come la ri-costruzione del polso e il trattamen-to delle gravi lesioni dle plesso bra-chiale.

La 33° edizione del corso prope-deutico di Chirurgia della Mano si èconclusa il 30 maggio con la con-sueta consegna degli attestati di par-tecipazione e dei souvenirs in cera-mica gentilmente offerti da Vittoriae Sandro Soravia e da GiovanniRossello, sempre vicini al nostroCentro, e con i migliori auspici perla 34° edizione dell’anno venturo.

M.I.R.

GRANDE SUCCESSO DI PARTECIPANTI AL33° CORSO PROPEDEUTICO DI CHIRURGIA

E RIABILITAZIONE DELLA MANOdi Mario Igor Rossello

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A Campanassa N.2/201438

Presentiamo nuovamenteSabato 20 settembre, ore 17

Palazzo dell’Anziania

Presentiamo nuovamenteSabato 4 ottobre, ore 17Palazzo dell’Anziania

La Fondazione A. De Mari - Cassa di Risparmio di Savona haedito il primo numero della rivista “Progetto”, la cui grafica ed im-paginazione sono state curate da Marco Sabatelli Editore, mentre ilcomitato di redazione si è avvalso dell’apporto di esperti e studiosisia interni alla Fondazione che esterni.

La pubblicazione, voluta dal Presidente Roberto Romani e cheavrà cadenza annuale, raccoglie ed illustra le principali iniziativesostenute dalla Fondazione, suddivise nei settori di intervento:– Arte, Attività e Beni Culturali– Educazione, Istruzione e Formazione– Salute Pubblica, Medicina Preventiva e Riabilitativa– Settori Ammessi (Famiglia e Valori Connessi, Protezione e Quali-tà Ambientale, Attività Sportiva).

I progetti ritenuti più significativi sono stati illustrati dai rappre-sentanti degli enti beneficiari di contributo, quale testimonianzadell’importante ruolo svolto dalla Fondazione nel tessuto economi-co, culturale e sociale del territorio di riferimento.

Copie della rivista “Progetto” sono reperibili presso tutte le agen-zie della Cassa di Risparmio di Savona e presso la sede della Fon-dazione.

26 Luglio Sabato ore 17.00Palazzo dell’Anziania

“Un museo Pelagos in Fortezza”(vedi “A Campanassa” n. 1 2014 pag. 34)

Presentazione progettodi Luisa e Pasquale Gabbaria Mistrangelo

Partecipano:Gianni Venturino, Architetto;

Simona Lanza, Economista

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A Campanassa N.2/2014 39

I dati forniti dai soci della “A Campanassa” vengono utilizzati esclusivamente perl’invio della pubblicazione e non vengono ceduti a terzi per alcun motivo.

NOTIZIARIO TRIMESTRALE DI STORIA,ARTE, CULTURA, ECONOMIA E VITA SOCIALE

Redazione:Laura Arnello, Agostino Astengo, Nadia Belfiore, Francesca Botta,

Simonetta Bottinelli, Alberto Canepari, Giacomo De Mitri,Giovanni Gallotti, Giuseppe Mascarino, Rinaldo Massucco,

Fulvio Parodi, Marcello Penner, Alessandro Raso,Ezio Viglione, Delia Zucchi

La segreteria è aperta:Lunedì e Giovedì pomeriggio dalle 16 alle 18. Tel. 019821379

[email protected]

Stampa:Stabilimento grafico

Marco Sabatelli EditoreVia Servettaz 39 - Savona. - Tel. 019823535

Autorizzazione Trib. SavonaN. 217 del 21.12.1973

Direttore:Carlo Cerva

Direttore responsabile:Fabio Sabatelli

IERI e OGGI a cura di G.G.

Corso Cristoforo Colombo ripreso dal Prolungamentoverso il torrente Letimbro nei primi anni del Novecento.In primo piano, a sinistra le rotaie a servizio della Ser-vettaz Basevi, i cui capannoni si vedono sullo sfondo. Adestra il massiccio palazzo Calamaro, sorto a fine Otto-cento per opera della famiglia di costruttori navali cheaveva il cantiere sulla spiaggia. In fondo la strada si per-de verso il torrente e le Fornaci. Eleganti signore e signo-ri passeggiano tranquilli e si avviano verso il mare. Traf-fico e parcheggi sono parole sconosciute.(Tratto da “Saluti da Savona”)

Oggi il verde ha preso il sopravvento. Sono scomparse lerotaie ma soprattutto le fabbriche, sostituite, ormai damolti decenni dal parco del Prolungamento. Anche unparco di giochi gonfiabili, grande ma effimera struttura,ha fatto la sua temporanea comparsa. Il palazzo Calama-ro è sempre lì, immutato, mentre sullo sfondo corso Cri-stoforo Colombo appare molto più ristretto e ridotto, acausa dell’intenso traffico e dei parcheggi. Al posto dieleganti signore e signori genitori e bambini abituali fre-quentatori del parco.

IN COPERTINA:- Stemma dell’Associazione, mosaico di scuola romana opera di Pasquale Mistrangelo- La torre del Brandale e il porto. Opera di Giovanni Acquaviva

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