Immagini da una città in chiaroscuro - NapoliPiù con il carattere che con il gioco, il Napoli...

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Periodico a cura della Scuola di giornalismo diretta da Paolo Mieli nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli www.inchiostronline.it 2 aprile 2014 anno XIV n. 5 Una giornata sotto il vulcano di Lara De Luna Scrive Erri De Luca che “Napoli è una città leggendaria, quella di cui si parla sempre, qualunque cosa succe- da”. Raccontare una giornata tipo, tratta dagli eventi sparsi nel mese di marzo tra le sue strade, partendo dal suo cuore, è stato il nostro fine ultimo, la guida del nostro lavoro. Un compito svolto correndo contro il tempo, come ac- cade nei quotidiani. Come Penelope, Napoli disfa di notte ciò che fa di giorno. Niente, all’apparenza, sem- bra lasciare un’emozione duratura. Che sia un uomo morto in un quartiere residenziale, i suoni di un piano- forte in un luogo insospettabile o una causa di lavoro. Ogni giorno la città si dipinge di “mille culure”, come recita una delle canzoni più famose di Pino Daniele a lei dedicate. Colori di una politica controversa, che anima i bar quanto le prime pagine dei quotidiani. Colori di una città dall’anima femminile, capace di fare della Stra- da, maestra e aula di scuola allo stesso tempo. I colori dell’azzurro del cielo, del mare e della squadra di calcio che qui è uno stato d’animo. I toni foschi della cronaca nera fanno da contraltare a una città pulsante, che ten- ta continuamente di migliorare se stessa. Una giornata a Napoli può essere un’avventura rac- contabile in mille modi diversi. Le tracce di inchiostro lasciate su queste pagine vogliono descrivere questa fuggevole realtà, la cronaca di un giorno qualsiasi. Uni- co e tipico. Immagini da una città in chiaroscuro Nel sottosuolo della Galleria Borbonica, ri- suonano le note di Giovanni Allevi. Ha pre- sentato il concerto “Piano Solo Tour” in an- teprima alla stampa. Dopo i tre brani che hanno incantato il pubblico, Allevi ha raccon- tato alcune tappe della sua carriera, del suo primo concerto a Napoli e ha fatto un invito ai giovani: “Studiate con impegno e realizza- te i vostri sogni a prescindere dai detrattori”. Per i fan un’anteprima: una nuova composizio- ne. Per l’8 marzo, Napoli propone una serie di eventi di cultura, arte e bellezza. L’obbligo è di usare #zeromimose per festeggiare la ricorrenza. Nes- suna banalizzazione, bandito il consumismo da ogni iniziativa. Dalle prime ore del mattino fino alla sera, numerosi appuntamenti coinvolgeran- no le donne in una passeggiata per le vie della città. Si inizia alle 10.30 con una colazione spe- ciale al caffè Gambrinus, per proseguire al Pan con la mostra ‘ She’s Rock’. In serata il Women’s party alla Città della Scienza. Più con il carattere che con il gioco, il Napoli piega la Roma nello scontro diretto del San Pa- olo e si rilancia nella corsa per il secondo posto in classifica. Decide una rete di Callejon a otto minuti dal termine, dopo un lungo predominio dei giallorossi, che avevano avuto più di un’oc- casione per passare in vantaggio, fermati da un grande Reina. Ora la Roma è soltanto a tre pun- ti, anche se i giallorossi devono recuperare una gara. Soddisfatti Benitez e De Laurentiis: “Tutti bravi, continuiamo a crederci”. SPECIALE 8 MARZO SPETTACOLO SPORT pag 6 pag 9 pag 10

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Periodico a cura della Scuola di giornalismo diretta da Paolo Mieli nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoliwww.inchiostronline.it

2 aprile2014anno

XIVn. 5

Una giornata

sotto il vulcano

di Lara De Luna

Scrive Erri De Luca che “Napoli è una città leggendaria, quella di cui si parla sempre, qualunque cosa succe-da”. Raccontare una giornata tipo, tratta dagli eventi sparsi nel mese di marzo tra le sue strade, partendo dal suo cuore, è stato il nostro fine ultimo, la guida del nostro lavoro.Un compito svolto correndo contro il tempo, come ac-cade nei quotidiani. Come Penelope, Napoli disfa di

notte ciò che fa di giorno. Niente, all’apparenza, sem-bra lasciare un’emozione duratura. Che sia un uomo morto in un quartiere residenziale, i suoni di un piano-forte in un luogo insospettabile o una causa di lavoro. Ogni giorno la città si dipinge di “mille culure”, come recita una delle canzoni più famose di Pino Daniele a lei dedicate.Colori di una politica controversa, che anima i bar quanto le prime pagine dei quotidiani. Colori di una città dall’anima femminile, capace di fare della Stra-

da, maestra e aula di scuola allo stesso tempo. I colori dell’azzurro del cielo, del mare e della squadra di calcio che qui è uno stato d’animo. I toni foschi della cronaca nera fanno da contraltare a una città pulsante, che ten-ta continuamente di migliorare se stessa.Una giornata a Napoli può essere un’avventura rac-contabile in mille modi diversi. Le tracce di inchiostro lasciate su queste pagine vogliono descrivere questa fuggevole realtà, la cronaca di un giorno qualsiasi. Uni-co e tipico.

Immagini da una città in chiaroscuro

Nel sottosuolo della Galleria Borbonica, ri-suonano le note di Giovanni Allevi. Ha pre-sentato il concerto “Piano Solo Tour” in an-teprima alla stampa. Dopo i tre brani che hanno incantato il pubblico, Allevi ha raccon-tato alcune tappe della sua carriera, del suo primo concerto a Napoli e ha fatto un invito ai giovani: “Studiate con impegno e realizza-te i vostri sogni a prescindere dai detrattori”. Per i fan un’anteprima: una nuova composizio-ne.

Per l’8 marzo, Napoli propone una serie di eventi di cultura, arte e bellezza. L’obbligo è di usare #zeromimose per festeggiare la ricorrenza. Nes-suna banalizzazione, bandito il consumismo da ogni iniziativa. Dalle prime ore del mattino fino alla sera, numerosi appuntamenti coinvolgeran-no le donne in una passeggiata per le vie della città. Si inizia alle 10.30 con una colazione spe-ciale al caffè Gambrinus, per proseguire al Pan con la mostra ‘ She’s Rock’. In serata il Women’s party alla Città della Scienza.

Più con il carattere che con il gioco, il Napoli piega la Roma nello scontro diretto del San Pa-olo e si rilancia nella corsa per il secondo posto in classifica. Decide una rete di Callejon a otto minuti dal termine, dopo un lungo predominio dei giallorossi, che avevano avuto più di un’oc-casione per passare in vantaggio, fermati da un grande Reina. Ora la Roma è soltanto a tre pun-ti, anche se i giallorossi devono recuperare una gara. Soddisfatti Benitez e De Laurentiis: “Tutti bravi, continuiamo a crederci”.

SPECIALE 8 MARZO SPETTACOLO SPORTpag 6 pag 9 pag 10

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Pagina a cura di Rita Murgese

Napoli, 10 marzo 2014. Seduta sciolta in anticipo per mancanza di numero legale. Così recita l’attacco del comunicato stampa del Consiglio Regionale della Cam-pania. A conclusione, invece, il testo dovrebbe riportare l’avviso di tenersi lontani dalla puntualità. Il ritardo dell’i-nizio, ben oltre “l’ora accademica” conosciuta dagli ad-detti ai lavori, permette ai novelli delle riunioni consiliari di ambientarsi al piano -1 del palazzo F13 del Centro Direzionale, ovvero la sede del Consiglio Regionale del-la Campania. Inizialmente si avverte fer-mento e divertimento tra gli uscieri che preparano la sala: si canticchia, si scher-za ed è persino permesso fumare davanti al divie-to nei corridoi. Nella sala stampa antistante l’aula del Consiglio i giornalisti si co-noscono tutti. Il banchetto dell’ufficio stampa non c’è, il responsabile bisogna co-noscerlo; altrimenti nessuno si palesa per la distribuzio-ne della cartella stampa o per distribuire informazioni. Al Consiglio Regionale si muove bene chi ha contatti, il resto rimane in un angolo e aspetta di seguire qualcu-no. Un primo dato che stupisce è l’esiguo numero di donne, sia all’interno dell’assem-blea che tra i giornalisti. Una campanella invita tutti i presenti ad accomodarsi nella sala consiliare: la se-duta sta per iniziare. Paolo Romano il presidente del

Consiglio Regionale richiama l’attenzione tre volte; alla quarta uno dei consiglieri, impegnato in una fitta conver-sazione al centro dell’aula, grida: “Presidè, c’amma fa? Na cantat? Aggiorni!”. Il presidente ne prende atto e fa un annuncio: “Data l’esigua presenza dei consiglieri, aggior-niamo la seduta di un’ora”. Sono le 11.40, l’assemblea si sarebbe dovuta riunire alle 11, ora toccherà aspettare le 12.40. Nell’attesa, i consi-glieri, ben al di sotto del numero totale, imbastiscono mini

riunioni all’interno della sala. Si chiacchiera di attualità, un gruppo di consigliere di maggio-ranza, tra cui Mafalda Amente, Bianca Maria D’Angelo, Monica Paolino, discute sulle quo-te rose della legge elettorale. Ascoltandole ci si rende conto come sia sottile la linea di separazione tra le istituzioni e i cittadini. Nes-suna affermazione articolata in burocratese, le consigliere di Forza Italia parlano tra loro come se stessero chiacchierando tra amiche. Un’altra cosa che balza all’occhio sono i plichi spessi quaranta centimetri di leggi ed emen-damenti. Pochi li sfogliano; se qualche pas-saggio della confusa assemblea non è chiaro, si preferisce chiedere al vicino di banco: “Di cosa stiamo parlando? Quale emendamento votiamo? Qual è la legge di riferimento?”. La prima parte della seduta consiliare sfida la velocità della luce, il presidente Romano si affida ai pochi presenti (scarsi una decina del Centro Democratico) per approvare i verbali delle assemblee precedenti. Il lavoro di me-diatore non è semplice, il presidente scavalca invano con la sua voce il chiacchiericcio dei consiglieri in aula e lo scompiglio dell’ester-no. La riunione è cominciata da pochi minuti, arriva il momento di votare gli emendamen-ti. Nell’analisi del risultato di voto si rendono conto che manca il numero legale conforme

alla votazione, la seduta è rimandata a dopo pranzo. Il consigliere Fernando Zara si avvicina ai giornalisti con la faccia contrariata: “Che vergogna! È peggio del Con-siglio Provinciale di Salerno. Quello di Valva è migliore!”.

Quello stesso esponente del Consiglio griderà poco dopo, durante le votazioni: “Rosso, rosso. Pigiate il rosso del no!”, rivolgendosi ai suoi colleghi di parte. Nella area stampa i giornalisti parlano, c’è chi dice “Sono capaci di far saltare più Consigli in maniera continuativa” e chi sarcastico afferma: “Se non la smettono di far finta di lavorare vado alla Corte dei Conti e gli faccio togliere il gettone di presenza”. Si avverte imbarazzo, eppure l’assemblea ha alle spalle pochi minuti di vita. Ritornati nell’aula consiliare, la seduta ricomincia con lo stesso andazzo. Si parla di pianificazione paesaggi-stica, dell’utilizzo del termine “luogo” o “paesaggio” per identificare l’area da tutelare mentre tra i consiglieri c’è chi scorre le fotografie degli amici su Facebook; Bianca Maria D’Angelo, con gli occhiali da sole, parla al proprio vicino, chi non riesce mai a seguire il filo del discorso e si affida ai colleghi e anche chi, preso dalle discussioni extra assembleari lascia che al suo posto votino i colle-ghi. Il capogruppo Forza Italia, Gennaro Nocera dispen-sa occhiatine e bacetti ironici al capogruppo del Partito Democratico, Lello Topo, coinvolto nella discussione sul disegno di legge riguardo la valorizzazione paesaggistica campana. Quando dopo tre ore di attesa la consigliera Mafalda Amente, a riunione appena cominciata, chiede al presidente un’ulteriore pausa per pranzare, si fa spa-zio l’idea che in realtà l’assemblea sia un convivio, dove i consiglieri partecipano a intermittenza, in base ai loro interessi.

PAGINA 2INCHIOSTRO N. 5

Si parla di aree da tutelare mentre c’è chi controlla Facebook

POLITICA

Regione, il paesaggio è questoTra presenze scarse e partecipazione nulla. La cronaca di una riunione farsa

Quasi due ore di ritardo. In aula regnano confusione e pressappochismo

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Pagina a cura di Barbara Gigante

Napoli, 10 Marzo 2014. Al campo Hugo Pratt di Scam-pia si giocherà a porte aperte. È stato deciso, durante la seduta comunale della Commis-sione Sport, presieduta dal con-sigliere Gennaro Esposito. Un’or-dinanza dell’VIII Municipalità, guidata da Antonio Pitterà, ave-va disposto la chiusura del cam-po alle tifoserie. La partita di III categoria, disputata la domenica precedente, aveva visto sfidarsi le squadre Stella Rossa 2006 e Lokomotiv Flegrea, le cui tifoserie sono gemellate. Secondo i ver-bali, però, sarebbero stati lanciati petardi dagli spalti e pietre con-tro la polizia, creando disordine in un’area con bambini nelle vi-cinanze. “E che facciamo al San Paolo allora? Lo chiudiamo per un petardo?” interviene Esposito, contrariato da quella che ritiene una motivazione eccessivamente enfatica, per un’innocua partita di calcio, in cui non si è verificato nessuno scontro tra tifosi. Approvazione corale dal tavolo di discussione. Il presidente dell’Arci Scampia, Antonio Piccolo, prende il microfono e quasi commosso si rivolge alla commissio-ne: “Abbiamo fatto lotte straordinarie per avere questo stadio e c’è voluto tanto tempo. Finalmente i ragazzi po-

tevano avere attività ricreative come in tutto il resto del mondo, con le società che si fanno carico di tutti i lavori e poi arrivano questi provvedimenti dalla municipalità. Non vogliamo medaglie per quello che facciamo a Scampia,

ma non vogliamo neanche essere messi in difficoltà”. L’assessore dell’VIII Municipalità Luigi De Pompeis dichiara la con-trarietà all’ordinanza, che, sostie-ne, non vorrebbe neanche lo stes-so Pitterà. Di quest’ultimo, in aula, aleggia solo lo spettro. Per motivi di salute si nega da una settimana e non ha inviato alcun suo sostitu-to al dibattito. Non c’è nemmeno una rappresentanza dell’ammini-strazione comunale. Esposito è infastidito, minaccia reclami. Ir-rompono in aula i ragazzi di Stella Rossa, fortemente infastiditi dal fatto che nessuno li avesse con-vocati alla discussione. Esposito si scusa e sostiene che la riunione sia stata convocata d’urgenza. I portavoce della squadra si scusa-no, a loro volta, per quanto avve-

nuto la domenica precedente allo stadio, ma precisano che i fatti non si sono svolti come raccontato nel verbale della Polizia. “Era una partita tranquilla”, sostiene Irene, una delle por-tavoce di Stella Rossa, animata dallo scopo sociale di avvicinare i ragazzi di quartiere al sano agonismo cal-

cistico. “Stanno scaricando su di noi la responsabilità dell’inagibilità della struttura, è questo il vero motivo per il quale si vuole chiudere il campo, per non preoccuparsi di rimetterlo a posto”. In effetti, all’Hugo Pratt deve essere di volta in volta riconfermata l’agibilità, quando bastereb-be accettare l’offerta delle società private che operano sul campo: queste si sono proposte di anticipare i sol-di dei lavori per poi scontarle dall’affitto. Una soluzione che verrà discussa in questi giorni dall’amministrazione comunale. “La priorità ora è ritirare l’ordinanza”, richia-ma Esposito. Ma se sono tutti d’accordo dall’inizio della seduta sull’inopportunità di questo argomento, chi lo ha disposto? “Pitterà ha detto che è stato Pisani, Pisani dice su internet che non ne sapeva niente, alla fine è stata o no la questura?”, tuona Irene.

Dissesto del Comune, crisi dei rifiuti, squadra di governo. Parla il sindaco Luigi de Magistris.

Sindaco, molti consiglieri “arancioni” hanno cambiato partito. C’è ancora una maggioranza? “Siamo sicuramente in fase di riorganizza-zione, ma quella di adesso è una squadra di cui sono assolutamente soddisfatto. Attraverso i cambi all’ufficio di presidenza e le presidenze di commissione potremo contare nei prossimi due anni e mezzo su una maggioranza poco al di sotto dei 30 componenti. Chiaro che Napoli, come tutto il Paese, risente di una situazione di instabilità generale”. La sua prima giunta nasce con la nomi-na di alcuni assessori forti. Molti di loro non sono più nella sua squadra. Pensa di aver sbagliato nelle scelte?

“Non vengo dalla politica di professione e la mia candidatura è stata decisa due mesi prima che effettivamente avvenisse. Nella fretta dell’allestimento di una cam-pagna elettorale, non ho pensato affatto a una squadra di governo. In pochi giorni ho dovuto trovare dodici persone che fa-cessero gli assessori, scelti non dai partiti ma dalla società civile. Qualcuno è andato bene, qualcun altro no. Con la ridistribu-zione delle deleghe, la giunta ha di nuovo una sua organicità, anche molto articolata, con provenienze diverse. E’ una squadra di cui sono assolutamente soddisfatto”.Veniamo alla questione rifiuti, aveva promesso il 70% per la raccolta diffe-renziata, ma per ora è ferma al 27%. In più, la gara d’appalto per la costru-zione dell’impianto di compostaggio di Scampia è andata deserta. L’Europa vi accusa di non aver adottato misure strutturali sufficienti. Si è di nuovo alla ricerca di una discarica e i rifiuti conti-nuano a essere inviati in Olanda. Si ri-schia un nuovo fallimento?“Ho posto come obiettivo il 70% in cam-pagna elettorale, ma senza conoscere la situazione economica di Napoli, perché i bilanci non erano trasparenti. Per ora sia-mo poco sotto al 30%, ma questo signi-fica 350 mila cittadini raggiunti dal porta a porta. L’obiettivo comunque permane, anzi, è di arrivare a “Zero Waste”, es-sendoci impegnati a firmare il protocollo di San Francisco. La gara d’appalto a Scampia è andata deserta, ma abbia-

mo immediatamente deciso di farlo “in house” con la nostra società partecipata Asìa. La multa europea non è nostra re-sponsabilità, ma dell’amministrazione che ci ha preceduti e della precedente giunta regionale. Che una parte dei rifiuti vada in Olanda è un bene e significa il raggiungi-mento di un obiettivo a breve termine, che ha fatto smettere di parlare del problema rifiuti a Napoli. Mi sembra già un grande risultato, anche se la città non è ancora pulita come vorrei. Per questo sto spin-gendo per l’investimento in nuovi impianti meccanici, come le idropulitrici. Abbiamo detto no alle discariche e su questo siamo intransigenti”.Le critiche a lei più frequenti: troppe ini-ziative di facciata, come il Car Sharing o la banca dati di escrementi di cane e poca attenzione alle vere priorità. “Le deiezioni canine non sono la priorità, ma va ricordato che l’Asl ha richiamato l’attenzione sul problema. Insieme a loro e alla facoltà di veterinaria, in via sperimen-tale, abbiamo avviato questo progetto a costi ridottissimi. Con quei soldi ci avrem-mo tappato al massimo sei o sette bu-che e a me sembra che stia funzionando. Tuttavia, non siamo i talebani delle speri-mentazioni, se fallisse lo dichiareremmo apertamente. Per il resto, i canali di finan-ziamento sono diversi, come il MIUR o i finanziamenti europei. Se non li utilizzi in un determinato settore, non puoi utilizzarli in un altro. Se rinunci a car e bike sharing non puoi mettere un autobus su gomma in

più, ci rinunci e basta”.La Corte dei Conti ha bocciato il piano di rientro anche per le irregolarità con-tabili. Non sarebbe stato meglio dichia-rare il dissesto, prima di aderire al de-creto salva-comuni?“La sezione regionale della Corte non ha registrato irregolarità contabili, ha ritenu-to che il nostro piano non dovesse essere approvato perché sostiene che avremmo dovuto dichiarare prima il dissesto. Noi non siamo d’accordo e infatti presentere-mo ricorso”.Mai avuto dubbi sulla scelta? “Il dissesto significa che i creditori non sarebbero stati pagati se non in minima parte, mentre oggi, con tutte le difficoltà economiche, vengono pagati interamente entro un anno e mezzo. Centinaia di lavo-ratori sarebbero stati mandati a casa. Non rinnego questa scelta, ma far diventare Napoli un Comune virtuoso, abbiamo bi-sogno di più tempo”.A tre anni dalla sua elezione, si sente sempre un capo carismatico? “Riconosco di essere un trascinatore. Già da quando facevo il magistrato, trascina-vo i miei collaboratori e la polizia giudizia-ria in avventure rischiosissime, ma in real-tà è così già dai tempi della scuola nelle assemblee studentesche. Ho carisma nel senso buono del termine, la capacità di tenere in condizioni difficili c’è. L’intelli-genza di un capo carismatico deve essere anche quella di riconoscere i propri errori ed io faccio molta autocritica” .

SCRIVERE IL SETTORE PAGINA 3

POLITICA

“La città è sporca, ma niente discarica”

Calcio nelle Vele il Comune vota sìSmentita l’ordinanza dell’ottava Municipalità

Crisi dei rifiuti, problemi economici, turbolenze politiche: parla il sindaco de Magistris

Stella Rossa: “Non vogliono ristrutturare lo stadio”

Stella Rossa 2006 è una squadra di calcio, da quattro anni in III categoria. Nata dall’incontro di universitari del centro e della periferia di Napoli nel 2006, ha l’obiettivo di utilizzare il calcio come veicolo di valori quali lo spirito di aggregazione e il rispetto dell’avversario. Il sogno nel cassetto è la creazione di una scuola di calcio popolare, con costi ridottissimi per gli iscritti. I promotori sono motivati dalla volontà di avvicinare al sano ago-nismo giovani di quartiere, come quello di Scam-pia, sottraendoli a realtà di strada e all’assenza di riferimenti che affligge le nuove generazioni. I dogmi della squadra sono l’antifascismo, l’anti-razzismo e la solidarietà alla causa palestinese. Si riuniscono, generalmente di mercoledì, presso il centro sociale Zero81, attraverso assemblee orizzontali che non prevedono alcuna gerarchia, ma spingono all’integrazione e allo scambio di proposte tra tifosi e calciatori. Dall’anno della loro nascita, hanno dato impulso all’accrescimento del calcio popolare, che ha visto la formazione di nuove squadre di quartiere quali il Quartograd o la Lokomotiv Flegrea.

Lo sport diventa solidale via i giovani dalla strada

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INCHIOSTRO N. 5 PAGINA 4

Licenziati dalla Curia chiedono il reintegro

Quattro gli ex dipendenti in causa dal 2012

CRONACA

Lavoravano in nero: avevano mansioni extradi Daniele Gargagliano

Napoli, 13 marzo 2014. La basilica di Capodi-monte è al centro in questi giorni di una storia dai risvolti delicati. Quattro ex dipendenti della Curia sono stati licenziati dall’ente Opere Incoronata del Buon Consiglio, con una lettera firmata da monsignore Lucio Lemma, legale rappresentante della struttura. La vicenda risale all’ottobre 2012 quando i lavoratori ricevettero le lettere di licen-ziamento per giusta causa: la cessazione di atti-vità al cosiddetto “Castelletto”, una casa di ripo-so per anziani a pochi metri dal Tempio, che era stata gestita per anni dall’associazione “Dame dell’Incoronata”. In mezzo mesi e mesi di atte-sa con lettere, appelli e silenzi. L’ultimo volantino che gira a Napoli grida alla vergogna e chiede una mobilitazione generale per “sensibilizzare l’intervento del cardinale Crescenzio Sepe”.Gennaro Imbimbo, 42 anni di cui 17 al servizio della Basilica, è un po’ la memoria storica di questo posto. Ha scritto nello scorso novembre una mail alla segreteria del Cardinale e di recen-te ha spedito una lettera al Papa nella speranza di tornare a lavorare nella “piccola San Pietro”. Ma non ha avuto risposta. Gennaro e sua moglie, entrambi licenziati dalla Curia, vivono adesso a casa dei genitori di lui con i loro due bambini. Tre famiglie in difficoltà ognuna alle prese con le bol-lette o l’affitto da pagare come nel caso di Rita Iacobino, che ha lavorato per otto anni al Tempio: “Mi hanno rovinato: ho un figlio minorenne, mio marito non lavora e pago 450 euro al mese di pigione – dichiara l’ex operaia di 46 anni -. Sto ancora aspettando 2800 euro della liquidazione. Nessuno mi aiuta”. La quarta, Filomena Esposito di 36 anni, con due figli a carico, il marito disoc-cupato e invalido per morbo celiaco, adesso vive a casa della suocera. Ha lavorato per sei anni in via Capodimonte, svolgendo varie mansioni an-che dopo la lettera di licenziamento. Racconta infatti che tutti e quattro gli ex operai generici hanno continuato a lavorare sino a dicembre del 2012, un mese dopo l’ultimo giorno previsto per legge dalla notifica, facendo le pulizie dell’altare e altri compiti di manutenzione: “Abbiamo lavo-rato in nero. Inoltre in passato abbiamo svolto mansioni diverse da quelle stabilite dal contratto: eravamo operaie ma abbiamo fatto all’occorren-

za le cuoche, prendendo il libretto sanitario per stare in cucina senza pagarci il dovuto. Le do-meniche ci hanno fatto lavorare sino alle cinque del pomeriggio. Lo facevamo per non perdere il lavoro”.I lavoratori hanno sempre chiesto di essere ri-collocati all’interno del perimetro della Basilica che, a quanto dichiarano, continua a celebrare matrimoni e ad aprire i cancelli delle catacombe di San Gennaro ai visitatori. Di certo c’è che le donne anziane che, più di un anno e mezzo fa abitavano nel centro del Castelletto, sono state trasferite in un immobile, gestito da suore, pro-prio dietro l’ufficio del reggente del Tempio. Sem-pre nel fondo appartenente alla Curia troviamo la Casa del clero, dove risiedono i preti andati in pensione.In questi tempi di crisi anche l’istituzione Chiesa si ritrova costretta a licenziare lavoratori di lunga data, nonostante gli appelli di Papa Francesco nel denunciare la piaga sociale della disoccupa-zione.Dall’Ufficio legale della Curia, interro-gato sulla questione, è arrivato solo un no comment.Trincerandosi dietro il segreto profes-sionale, i legali dello staff non hanno voluto rilasciare alcuna dichiarazione.Oggi intanto si è tenuta un’udienza te-stimoniale con il giudice del lavoro di Napoli sul singolo caso di Filomena Esposito. Il suo avvocato, Fortunato Savarese, sentito telefonicamente dal nostro giornale ha dichiarato: “Abbiamo tutto il diritto di chiedere la reintegra, la legge prevede che per un’azienda con 15 dipendenti ci sia la possibilità di reinserimento. Risulterebbero all’epoca quattro o cinque lavoratori a nero, rag-giungendo così la quota totale di sedi-ci o diciassette dipendenti. Se venisse provata la presenza di più di quindici operai, il licenziamento sarebbe senza giusta causa”.Aspettando che la giustizia faccia il suo corso, i quattro ex operai continuano a riunirsi e ad incontrarsi nel loro vecchio luogo di lavoro nella speranza che un miracolo avvenga per le loro famiglie.

di Lara De Luna

Napoli, 13 marzo 2014. Rendere Pozzuoli un centro post-industriale d’eccel-lenza, nel ricordo di Adriano Olivetti. E’ questo il grande progetto al quale il Co-mune puteolano lavora da tempo. La visita di Laura Olivetti, ultima figlia dell’in-gegnere, è la testimonianza dello stretto rapporto di lavoro che unisce Pozzuoli e la Fondazione, intitolata al padre, di cui è presidentessa. Invitata dal sindaco Vincenzo Figliolia e dalla direttrice del Polo culturale Maria Teresa Moccia di Fraia, ha visitato lo stabilimento realizzato dall’architetto Luigi Cosenza. E’ la prima volta che vede la fabbrica, fondata da Adriano Olivetti il 23 aprile 1955. Troppo piccola, allora, per ricordare il discorso che divenne un manifesto dell’ umanesimo capitalista. Si lascia fotografare vicino alla lapide che ricorda l’inau-gurazione e non solo, dichiarando che il luogo è “ancora pieno di energie e po-tenzialità”. Un luogo vivo e armonico, quindi, adatto oggi come allora alle idee progressiste di colui che resta ancora uno degli industriali più illuminati della storia italiana. Oggi lo stabilimento ospita, dopo l’era dei calcolatori e delle tele-comunicazioni, il centro di ricerca genetica Tigem-Telethon che, secondo Laura Olivetti, “ è una prosecuzione della filosofia concettuale” che guidò il lavoro paterno. Il Comune e la Fondazione intendono seguire la corrente di pensiero secondo la quale la fabbrica deve essere luogo di cultura e lavoro allo stesso tempo, capace di innalzare la qualità di vita dell’intero territorio. “Avvieremo un discorso più ampio di collaborazione- dichiara il Sindaco Figliolia- per risco-prire la cultura d’impresa coniugata con il rispetto dell’uomo e della natura”. Numerosi gli eventuali culturali in programma, primo tra tutti l’organizzazione di un convegno sulla figura dell’ingegnere Olivetti.

Olivetti, la prima volta di Laura

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PAGINA 5

CRONACANERA

Folle sparatoria alla periferia Nord. Sfumata l’ipotesi di una nuova guerraCamorra, vendetta d’onore

Scia di sangue la faida riprende con nuovi attori

Tre fermi per l’omicidio Raffone in cui è stato ferito Mario Lo Russo

Alleanze rovesciate e spartizioni Viaggio nella criminalità cittadina

Pagina a cura di Anna Dichiarante

Napoli, 12 marzo 2014. Una donna contesa, un re-golamento di conti interno alla cerchia di conoscen-ze del boss. È giunto alla soluzione il giallo dei Colli Aminei, con i tre fermi effettuati due giorni fa dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. A finire in manette sono stati Fabio Cardillo, 35 anni, Va-lerio Nappella, 37, e Luciano Pompeo, 28. Il primo è accusato dell’omicidio di Domenico Raffone e del tentato omi-cidio di Mario Lo Russo, mentre gli altri due lo sono dell’accoltellamento di Giovanni Lista. Nelle prossime ore il giudice per le indagini preliminari do-vrà convalidare i fermi. Sono ancora ricercati, invece, i complici che sareb-bero stati insieme a Cardillo.Ieri, infine, è stato arrestato anche Mario Lo Russo per porto e detenzio-ne abusiva di arma da fuoco.Nessun collegamento con le faide di camorra, dunque; alla base del delit-to ci sarebbe la relazione intrattenuta dallo stesso Lo Russo con l’ex moglie di un detenuto (il fratello di Cardillo), un legame che avrebbe scatenato la vendetta.Facciamo un passo indietro.Sabato 8 marzo. Il parco Matteotti - al civico 141 di viale Colli Aminei - diventa scenario di un doppio ag-guato. Alle 23.45 Domenico Raffone, 33 anni, viene ammazzato a colpi di pistola, mentre si trova in sella al suo scooter. Il giovane, centrato alla schiena, rimane a terra esanime. Poco più in là, i killer raggiungono la Fiat Panda a cui Raffone stava facendo da scorta: a bordo, suo suocero, il cinquantasettenne Mario Lo Russo. Parte un’altra raffica di proiettili, che crivellano la portiera dell’auto e colpiscono Lo Russo. Seppur

ferito in modo grave, quest’ultimo riesce ad arrivare fino al vicino ospedale Cardarelli, dal quale è stato di-messo solo ieri per essere scortato negli uffici della Questura. L’obiettivo dei sicari era precisamente lui, boss dell’omonimo clan, fratello di Giuseppe e del col-

laboratore di giustizia Salvatore: i Capitoni di Miano.In realtà, la sparatoria è l’epilogo di un inseguimento. Cardillo è andato dalla cogna-ta per chiederle chiarimenti sul rapporto con Lo Russo, che - a suo dire - getta discredito sulla famiglia; il litigio degenera; la donna avverte allora l’amante, il quale arriva accom-pagnato dal genero. I tre (o forse più) si affrontano e il passaggio dalle parole ai fatti è questione di attimi.

Raffone muore praticamente subito, mentre Lo Russo cerca di fuggire, impossessandosi dell’auto di Cardil-lo. Saranno i familiari di Cardillo, poi, a denunciare una falsa rapina per depistare possibili indagini.La notte di sangue partenopea, comunque, non è an-

cora terminata. La scena del crimine si sposta in via Ianfolla, a Miano. Alle 4 del mattino Nappella e Pompeo ci-tofonano in casa di Giovanni Lista; il trentenne - parente di Cardillo - si veste in fretta e scende in strada per vedere di che cosa si tratti. Qui, Li-sta viene aggredito e pugnalato alle spalle: malconcio, ma non in perico-lo di vita, riesce a chiamare aiuto e a farsi trasportare al Cardarelli. A pochi metri di distanza dall’abitazione di Li-sta, peraltro, vive Mario Lo Russo. La spedizione punitiva è la contromossa immediata del clan per stanare i re-sponsabili della morte di Raffone e del ferimento del boss.Le indagini - affidate ai pm Ivana Ful-co, Enrica Parascandolo e Henry John Woodcock - sono partite a stretto giro. A coadiuvare i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Na-poli, inoltre, sono stati gli uomini della Squadra Mobile di Fausto Lamparelli.L’ipotesi iniziale aveva portato gli in-

quirenti sulla scia della faida che, da oramai un paio d’anni, contrappone i Capitoni agli ex Misso del Rione

Sanità. I Lo Russo, infatti, si stan-no scontrando a suon di piom-bo con le famiglie Della Corte e Savarese per l’occupazione del quartiere, in pieno centro storico.

In un secondo momento, però, gli investigatori hanno intrapreso la pista giusta, ricollegando i fatti di sabato notte a una lite per motivi personali.

Napoli, 12 marzo 2014. Scatta in automatico, come una psicosi. A Napoli e dintorni, a ogni omicidio corrisponde l’allarme su una possi-bile nuova faida di camorra. Inevitabile in una città che fa ciclicamente i conti con guerre senza regole. Anche sabato scorso, dopo il delitto dei Colli Aminei e l’aggressione di Mia-no, i quartieri coinvolti sono ripiombati nell’in-cubo di un conflitto tra clan.Del resto, quando i nomi chiamati in causa dalla cronaca hanno un certo peso nel pano-rama criminale, il collegamento viene naturale.Così è accaduto anche per Mario Lo Russo, fratello di quel Salvatore che del clan omo-nimo è stato un boss storico. Dominatori in-contrastati di Miano per lungo tempo, pedina fondamentale sullo scacchiere delle grandi alleanze della camorra urbana, i Capitoni han-no influenzato con le loro mosse gli esiti dello scontro tra la Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo e la Nuova famiglia di Car-mine Alfieri. Dopo la sconfitta dei cutoliani, i Lo Russo sono confluiti nell’Alleanza di Se-condigliano di Gennaro Licciardi, un cartello di famiglie operanti nell’area settentrionale di Napoli e interessate a mettere le mani sulla spartizione del potere all’esito della guerra. Una storia di patti e, soprattutto, tradimenti, di cui i mianesi sono stati protagonisti; sono stati loro, infatti, a passare segretamente dalla par-te degli odiati nemici del centro storico, salvo poi riaprire le ostilità contro gli stessi al primo cambio di vento.

Tra i gruppi criminali della periferia nord e quelli del centro - in particolare, del Rione Sa-nità - c’è sempre stata una competizione dalle conseguenze disastrose. Spesso sanguinose. Gli scontri tra i Licciardi e i Misso, guidati dal boss Giuseppe, hanno lastricato di morti le vie cittadine.Negli ultimi tempi la faida è ripresa, anche se i protagonisti sono in parte cambiati. L’arresto del boss Salvatore Lo Russo e la sua decisio-ne di collaborare con la giustizia hanno lascia-to il clan allo sbaraglio; la guida è stata presa poi dal figlio Antonio, latitante da quattro anni e re delle rotte del contrabbando internazio-nale. Sul fronte opposto, il dissolto clan Misso è stato rimpiazzato dalle famiglie in passato legate da vincoli di fedeltà a Giuseppe Misso, i Savarese e i Della Corte. Entrambi i gruppi, dunque, sono alle prese con grossi problemi interni, con arresti e pentimenti, ma, soprat-tutto, con i subbugli che stanno attraversando tutte le piazze cittadine dello spaccio. Le ope-razioni di polizia e le faide hanno consigliato di abbandonare per un po’ quartieri come Scam-pia e Secondigliano per cercare nuovi mercati. Di qui, il tentativo dei Capitoni di estendersi nel Rione Sanità, contrastato fortemente dagli ex alleati di Peppe ‘o nasone: il conflitto, an-nunciato da scaramucce crescenti, si è aperto ufficialmente nel dicembre 2012, con l’omici-dio di Francesco Bara (luogotenente dei Lo Russo per il centro antico) e con la scia di rap-presaglie che ne è seguita.

Una falsa rapina per depistare le indagini

Salvatore Lo Russo, ex boss di Miano

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PAGINA 6INCHIOSTRO N. 5

SPECIALE8 MARZO

Proiezioni, spettacoli teatrali, concerti: così in città si celebra la ricorrenza

Dalla parte delle donneDa Partenope alle vittime di femminicidio, una giornata con #zeromimose

Francesco, alias Lady Satine, l’8 marzo si esibisce a San Sebastiano al Vesuvio, perché è una drag queen. Con questo termina inglese si fa riferimento a cantanti o attori, non necessariamente gay, che vestono abiti femminili. Nel film del 2001 di Baz Luhrmann, “Moulin Rouge”, la bella étoile Satine, interpretata da Nicole Kidman, incanta il pubblico con le sue esibizioni sul palcoscenico. A questo modello di eleganza e signorilità rende omaggio la napoletana Satine che, ci tiene a precisare, promuove un mondo “glitterato” lontano dalla vol-garità. Tra le sue due identità, è quella femminile che sente più vicina a sé. Di conseguenza vive il giorno della donna da protagonista, non solo perché sale sul palco ad esibirsi, ma soprattutto perché, al di là degli spogliarelli, ritiene fondamentale ricordare le battaglie rosa combattute nel corso degli anni e le donne che si sono sacrificate. “Se dovessi proporre un simbolo alternativo alla mimosa, sarebbe sicuramente il più tradizionale fiocco rosa, già utilizza-to in segno di condanna della violenza sulle donne”.Lady Satine è anche la drag speaker del programma “I Tappi” di radio Kiss Kiss Napoli con Luca Sepe e Anto-nio Manganiello. E’ seguita soprattutto da un pubblico femminile. “Forse perché – spiega – la trasmissione va in onda la mattina dalle 7 alle 10 e le signore che lavo-rano o accompagnano i bambini a scuola, nonostante il personaggio eccentrico che rappresento, mi seguo-no e si identificano”. Sono proprio le donne, però, ad essere più prevenute nei suoi riguardi: “A volte scatta una sorta di rivalità nel momento in cui si confrontano con una figura così forte, estremamente curata e truccata”.Satine ha combattuto per affermare la sua identità e la sua passione per il cabaret. Ha avuto la fortuna di poter contare sul sostegno dei famigliari e degli amici; per lei le difficoltà sono state più sopportabi-li. Accennando ai pregiudizi che tuttavia restano vivi, Satine spiega che c’è grande ignoranza in merito: “Molte non sanno che le drag queen non sono travestiti, possono anche non essere omosessuali. Si vestono solo per fare spettacolo. Le mie esibizioni, ad esempio, si rivolgono a tutti, bambini e adulti. Ho lavorato per matrimoni, co-munioni, addirittura battesimi. I più piccoli, a volte, pensano che io sia la fatina delle fiabe”.

R.C.

di Roberta Cordisco

“Festeggio anch’io questa giornata: in quanto donna, anche se non lo sono biologicamen-te, mi sento coinvolta”. Lia Zeta, transessuale napoletana, spiega il suo punto di vista sulla festa della donna. “Voglio schierarmi, però, per le cose più necessarie perché ci stiamo al-lontanando troppo dai veri problemi. Tanti, anche omosessuali o trans, festeggiano solo per divertirsi, fare baldoria, senza pensare alla questione vera che ci riguarda. Perciò va bene la festa, ma bisogna andare più in profondità”. Poi scherza e dice: “Cosa vado a fare a questi party? A vedere uomini in slip che si ungono con l’olio? Mi sembra una stupidaggine che lascia in ombra questioni più importanti”. Attualmente, spiega, c’è poco da festeggiare se poi la donna viene trattata come un og-getto. “Io vivo in una società dove non sono vista come donna, la mia diversità è visibile,

non sono un omosessuale che può anche passare inosservato ed essere inso-spettabile”. Lia ricorda che anche le transessuali sono vittime di violenza e che il più delle volte subiscono aggressioni da parte di uomini che le considerano macchine di piacere al loro servizio. “Proprio poco tempo fa qui a Napoli c’è stata un’altra aggressione ai danni di una transessuale”. Per questo ci tiene a sottolineare che il 20 novembre, come pochi sanno, è la giornata mondiale in cui si ricordano le trans vittime di violenza. Perché se l’8 marzo è importante difendere ciò che si è, il 20 novembre è altrettanto importante difendere ciò che si è scelto di essere. Eppure pregiudizi e chiusure non mancano. La società delle apparenze, del bigottismo e dell’ipocrisia, come la definisce Lia, pone numerosi ostacoli all’af-fermazione di una diversità così “visibile”. “Ciò nonostante ogni giorno esco

di casa con la mia pelle da Wonder Woman, che poi è la mia pelle, e affronto quella che io chiamo ‘la freccetta sul monitor’, ossia gli sguardi puntati e i giudizi”. Le chiedo se non è questo il tipico coraggio delle donne e lei risponde: “Si, è il coraggio delle donne”.

di Lucia Francesca Trisolini

Napoli, 7 marzo 2014. Domani in occasione dell’8 marzo, Napoli “si metterà al bello” per la festa delle donne. Un’occasione per riflettere e per non dimenticare le vittime della violenza di genere. Solo nel 2013, infatti, sono stati 150 i casi di femminicidio in Italia, una cifra in cre-scita nonostante la nuova Legge varata a ot-tobre scorso. In Campania, quasi 1 donna su 3 ha subìto violenza fisica o sessuale e quasi 6 donne su 10 sono state vittime di minacce e soprusi.Oggi alle 21.00, un anticipo della festa al cinema Astra in via Mezzocannone, con due proiezioni dedicate a ritratti e profili di donne straordina-rie. “La pazza della porta accanto, conversazio-ne con Alda Merini” di Antonietta De Lillo, sarà seguita dal lavoro di altre due registe, Simona Cocozza e Sa-mantha Cito che presenteranno un documentario dal titolo “The barefo-ot princess”. Per domani mattina l’assessore alle Politiche giovanili Alessandra Clemente ha proposto l’i-niziativa “Zeromimose” per evitare ogni bana-lizzazione e atteggiamento consumistico sulla festa delle donne e per sensibilizzarle alla lotta per le pari opportunità. Interessanti i progetti in ambiente sanitario: solo per domani matti-na, infatti, il presidio ospedaliero “Santa Maria della Pietà “ a Casoria si trasformerà in un sa-lone di bellezza. In collaborazione con i volon-tari dell’Avo, lo staff medico e infermieristico, regalerà alle donne del reparto oncologico trat-tamenti estetici, curati dall’hair stylist Pasquale Salsano. L’iniziativa dal titolo “Donna, infinita bellezza” si concluderà con una sfilata di moda delle pazienti che si terrà nella Sala Convegni dell’ospedale.La donna sarà protagonista anche di eventi ar-tistici e culturali. Alle 10.30 colazione al bar Gambrinus, con una performance dell’attrice Cristina Donadio. Le donne saranno invitate a vestirsi di verde, per esprimere leggerezza e speranza. In mattinata, all’istituto Froebeliano di via Stella, proseguirà la seconda edizione de “Le quattro

Giornate delle Donne” che si concluderà con il progetto “Dimane Putesse Schiarà”, un recital di solidarietà a favore delle donne migranti a Lampedusa. Alle 17.30 al Palazzo delle Arti si terrà la mostra”She’s rock”: un percorso-reading volto a celebrare le donne del rock.Alle 18.00 il concerto sinfonico diretto da John Axelrod sarà gratuito per le donne che acqui-steranno al teatro San Carlo una carta speciale per l’8 marzo che al prezzo di 50 euro, darà di-ritto anche all’ultima replica dell’”Evgenij One-gin” alle 19 di domenica . Durante il primo inter-vallo dell’opera, l’antropologa Amalia Signorelli porterà a riflettere il pubblico sulla figura fem-minile nella nostra contemporaneità, partendo dal personaggio di Tat’jana, protagonista del romanzo di Puskin.Nel corso del pomeriggio, presso l’accademia

delle Belle Arti, Maria Cristina Antonini, do-cente di pittura e tecni-che performative incre-menterà la biblioteca “Anna Caputi” con un

nuovo fondo di libri dedicati alle donne artiste.In serata, allo Spazio Artefia in vico Cacciottoli 53, si potrà assistere al “Tetradramma”, spet-tacolo teatrale dedicato alle donne, in scena venerdì, sabato e domenica, una piéce che in-tende unire teatro e filosofia in un percorso esi-stenziale.Serata tutta al femminile anche a Città della Scienza, dove si terrà un Women’s Party con mostre e installazioni interattive alla presenza di scienziate che ricorderanno il contributo femmi-nile alla ricerca tecnologica.La festa delle donne a Napoli non finisce l’8 marzo, ma continuerà anche ad aprile. A partire dal 13 del mese si terranno passeggiate nar-rate da accompagnatrici che evidenzieranno il background femminile di ogni singolo monu-mento. Dalla fontana dedicata alla “madre” di Napoli per eccellenza, Partenope fino ai con-tributi di grandi attrici, come Sofia Loren e Titi-na De Filippo, passando per regine angioine e aragonesi e protagoniste famose come Matilde Serao. Si ripercorreranno le orme che le don-ne hanno lasciato a Napoli, plasmando, come muse ispiratrici, l’aspetto esteriore della città.

Party a Città della Scienzaper ricordare le ricercatrici

C’è anche un’altra data: il 20 novembre

La fatina Satine vive la sua fiaba

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Il feroce omicidio di 10 anni fa, mentre era in corso la faida di Scampia

Parla Francesco Verde: il vero ergastolo lo subisce la nostra famiglia ogni giorno

di Lorenzo Ena

Napoli, 8 marzo 2014. Quattro donne accomunate da un destino sciagurato: i loro cari sono morti in carcere. Nobila, Patrizia, Ilaria e Lucia trascorrono l’8 marzo alla ricerca della verità, inseguendo una Giustizia che ancora oggi non ha dato loro risposte sufficienti. “Mi consumo ogni giorno. Ho paura del buio. Non posso guardare film con scene violente, non sopporto le urla. Sto vivendo questo dramma da sola, non ho una famiglia”.Così Nobila Scafuro, madre di Federico Perna, il ragazzo morto nel carcere di Poggioreale lo scorso 8 novembre. Per i familiari Federico è una vittima di pestaggi tra le sbarre. Ma l’autopsia non ha dato riscontri per confermare le accuse. “Voglio sapere perché mio figlio è morto – continua Nobila - Ci sono troppe anomalie nei risultati autoptici. Pretendo la verità e fin quando non la otterrò continuerò a combattere”.Storia diversa ma dall’esito analogo quella di Federico Aldrovandi. A 18 anni è stato ucciso da quattro poliziotti. I colpevoli della morte del ragazzo sono stati condannati il 21 giugno 2012 a 3 anni e 6 mesi per omicidio colposo. A febbraio di quest’anno gli agenti sono rien-trati in servizio. Inizialmente la morte del ragazzo venne giustificata con un malore. Ma quando i genitori di Federico videro il corpo del figlio – 54 lesioni ed ecchimosi sul corpo – decisero di scavare nella vicenda per scoprire la verità.La madre del ragazzo, Patrizia Moretti, prosegue la sua battaglia con un’associazione messa in piedi con il marito e gli amici di Federico: “Il proposito è cambiare la cultura violenta molto diffusa nella società. Utilizziamo l’informazione e al-ziamo la voce per evitare che certi episodi si ripetano. Nella giustizia credo ancora, ma con alcune riserve. Bisogna sempre fare distinzio-ni tra le persone. Gli onesti esistono in ogni settore”. Non generalizzare è anche il parere di Ilaria Cucchi, sorella di Stefa-no, il 31enne morto nel carcere di Regina Coeli il 22 ottobre 2009. I giudici hanno condannato in primo grado i medici dell’ospedale in cui Cucchi era ricoverato. La sentenza spiega la morte di Stefano con la mancanza di cure mediche. Ilaria non ci sta. La sorella di

di Francesco Ungaro

Napoli, 8 marzo 2014. Mimose sporche di sangue. L’8 marzo è anche l’occasione per ricordare le donne vittime di violenza, am-mazzate da uomini che dicevano di amarle, uccise per aver scelto di non portare avanti un rapporto nel quale non credevano più, messe a tacere per sempre per non essersi piegate alle logiche della malavita organiz-zata “Mina era diversa da me. Lei voleva aiuta-re la gente, faceva volontariato. Io le chie-devo il perché, per me era tutta gente di merda”. Mina sta per Gelsomina Verde e le parole sono di Francesco, il fratello. Lui è un ragazzone con la faccia dura di chi ne ha viste tante, la stessa faccia che ti viene quando guardi cose che non avresti voluto trovarti di fronte. Mina è stata uccisa dieci anni fa, quando aveva solo 22 anni. “Han-no strappato quel fiore - dice Francesco - e hanno lasciato solo il nudo gambo”. Gel-somina è stata fatta fuori in modo barbaro. Le hanno sparato tre colpi di pistola e poi hanno dato fuoco alla macchina in cui gia-cevano le spoglie. Gelsomina, non c’entra-va niente con le logiche camorristiche. Non ne era, però, lontana essendo cresciuta a Secondigliano e avendo prestato attività di volontariato presso parecchie famiglie col-

legate con la malavita dell’area nord di Napoli. Nel 2004 a Secondigliano e Scampia in strada c’è la guerra. Due clan si combattevano: i Di Lauro, da molto tempo ege-moni nel territorio, e gli Scissionisti che volevano prendere il potere. Ogni giorno le forze dell’ordine con-tavano almeno tre cadaveri. Mina in quel periodo lavorava come operaia precaria. Alcuni anni prima, nel 2001, aveva avuto una breve storia con Genna-ro Notturno, un ragazzo del quartiere. Poi la giova-ne si rese conto che il ragazzo era un camorrista legato agli scissionisti e decise di lasciarlo. Certe cose il quartiere non le dimentica. Verso la fine del 2004, alcuni membri del clan Di Lauro, più volte fermarono Mina per strada. Volevano fotografie e informazioni sul Notturno e altri esponenti della fa-miglia. Lei sapeva bene a cosa sarebbero servite. Le nega. Nega di firmare la condanna a morte del suo ex fidanzato. “Non vi do le sue foto, come non

darei agli altri le vostre”. Dal clan parte la condanna a morte. Mina verrà trovata carbonizzata nella sua auto. Per questo delitto sono stati condannati Ugo De Lucia all’ergastolo e Pietro Esposito, collabora-tore di giustizia, a 7 anni e 4 mesi.La famiglia a dieci anni di distanza, ancora non sa darsi pace. I colpevoli di quel brutale omicidio han-no già usufruito di alcuni permessi e hanno rias-saporato la libertà. A tal proposito Francesco, col volto commosso e pieno di rabbia, mi dice che il fine pena mai è solo per la sua famiglia. Aggiunge che l’ergastolo è per sua mamma che da dieci anni piange lacrime di rabbia per la figlia. E’ per lui che non ha trovato pace.

“Questo non è femminici-dio- conclude Francesco- mia sorella non c’entra nulla con quel tipo di omi-cidio. Dopo la sua morte abbiamo dovuto anche

subire l’onta delle chiacchiere”. Subito dopo il ritrovamento del cadavere iniziarono a circolare le più diverse voci sulla vita di Mina. Si disse che era una poco di buono che andava con chiunque nel quartiere; che era la donna del boss e stava solo pagando per i suoi errori. Inizialmente non le fu neanche concesso il funerale religioso. Uccisa due volte Mina. Per fortuna il processo fece emer-gere una realtà completamente diversa. La realtà di una ragazza morta perché non si è abbassata alle lo-giche di un quartiere che può essere molto violento. A Secondigliano può essere più difficile anche es-sere donna.

Era diversa da me. Voleva aiutare la gente, faceva volontariato

Mina, uccisa dalla camorra per un “no” alla morte altrui

Vogliamo la veritàMadri e sorelle, quattro storie sono ancora in attesa di giustizia

Stefano non è convinta della sentenza. È in prima linea per la tutela dei diritti dei carcerati. Ora attende gli sviluppi della vicenda, sperando che la giustizia faccia chiarezza. Come si sente ora? “Tutto cambia radicalmente: il rapporto con gli altri, il modo di ve-dere la vita. Forse prima ero una persona ingenua. Ho sempre rispettato le regole e in cambio ho rice-vuto la morte di Stefano. Qualcuno aveva il dovere di tutelare i diritti di una persona alla quale invece ha tolto la vita”. Dopo 6 anni anche Lucia ha ancora voglia di combattere. La sorella di Giuseppe Uva, il ragazzo morto il 14 giugno 2008, risponde al tele-fono mentre ha in braccio suo nipote. La storia di Giuseppe è nota alle cronache: dopo essere stato fermato dai carabinieri per una bravata con il suo amico Alberto Biggiogiero, Uva viene portato nella caserma di Varese dove ad “accoglierlo” trova una

decina di agenti. Alberto, che attende fuori dalla stanza, convinto che qualcosa non vada decide di chiamare l’ambulanza perché sente le urla dell’a-mico. I carabinieri in un primo momento bloccano l’intervento dei soccorsi. Poche ore dopo chiama-no l’ambulanza chiedendo un Trattamento sanitario obbligatorio. Dopo l’arrivo in ospedale, Giuseppe muore. “Provo una grande rabbia, un dolore inde-scrivibile – dichiara Lucia -. Dopo tutto questo tem-po non riesco ancora ad accettare la morte di mio fratello.La mia vita è cambiata per colpa di questa giustizia maledetta. Ho dovuto mettere da parte la mia famiglia per scoprire la verità”. Lucia sottolinea il rapporto speciale che si è venuto a creare con le altre famiglie colpite dalla sua stessa tragedia: “Or-mai siamo una grande famiglia accomunata da un tragico destino. Cerchiamo di farci forza a vicenda”.

La fatina Satine vive la sua fiaba

SPECIALE8 MARZO

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CULTURA

PAGINA 8INCHIOSTRO N. 5

Un diario autobiografico narra storie al confine tra illegalità e rinascita

Sulle frontiere dell’educazioneCarmine Amato si racconta: da ragazzo di periferia a maestro di strada Pagina a cura di Elisabetta de Luca

Napoli, 6 marzo 2014. In un’affollata sala eventi della libreria Feltrinelli di via San Tommaso d’Aquino, Carmi-ne Amato ha presentato il suo libro “Il ragazzo sta bene così. Nelle strade di Napoli ho imparato a educare”.Oggi ha 44 anni, una bella bimba dai capelli ramati e una moglie spagnola. Quando di anni però ne aveva molti di meno, frequentava i vicoli di Barra, quartiere periferico di Napoli, dove viveva con sua madre. Ogni giorno una

sfida per non cadere nel baratro della criminalità che dilaga nei vicoli di periferia.Questa è la storia dell’autore che da ragazzo di periferia è diventato maestro di strada. Una vita trascorsa tra i giovanissimi, prima con il servizio civile, poi come edu-catore e infine nelle scuole. Un percorso difficile che ha deciso di raccontare in un libro. Il volume somiglia a un diario sia come genere che nell’aspetto grafico: le pagi-ne sono disegnate come un quaderno ad anelli, con i di-

segni di Marco Rossi Doria, ex sottosegretario all’Istru-zione e amico dell’autore. Lungo il suo percorso Amato ha incrociato tante persone che si sono trasformate nei personaggi del suo racconto. Rossi Doria è uno di que-sti, conosciuto durante la nascita del progetto Chance contro la dispersione scolastica. Carmine Amato ora vive in Trentino “perché al Nord si guadagna di più con progetti anche meno creativi ri-spetto a quelli proposti a Napoli”, afferma durante la presentazione. Per un’altra iniziativa è passato prima

per la Spagna, dove conobbe la donna che ha poi sposato. A casa è tornato per pre-sentare il suo libro. Durante l’evento i suoi familiari e amici han-no letto brani tratti dal volume. Alla figlia è

toccato il capitolo de-dicato alla nonna, una donna vissuta duran-te la seconda guerra mondiale che in quel periodo non è riuscita a conseguire il diplo-ma delle scuole ele-mentari, a causa dei bombardamenti. L’autore elenca le storie che lo han-no segnato di più:

“Non dimenticherò mai i sorrisi dei bambini di Santa Maria del Pozzo che aspettavano noi volontari del servizio civile, pensando fossimo assistenti sociali e l’entusiasmo che avevano, perché quelli erano gli unici momenti di svago”. Storie di vita ma anche di morte: “Cesare è stato ucciso a 16 anni per un regolamento di conti, al suo funerale nessun rappresen-tate istituzionale. Gli adulti lo hanno abban-donato”. Ragazzi che non riconoscono il confine tra il legale e l’illegale: “Un giovane di una casa famiglia un giorno contava dei soldi. Gli chiesi a cosa servissero, mi rispo-se che li avrebbe usati per comprare una pistola al mercato di Sant’Antimo”. Un’au-tobiografia e anche una storia collettiva. “Il ragazzo sta bene così” è il titolo tratto da un altro racconto, quello di un giovane che per

fare attività sportiva doveva consegnare un certificato di sana e robusta costituzione. Invece di recarsi in visita dal medico, usò una vecchia ricetta, timbrata e firmata, nella quale scrisse: “Ciro Veneruso ha superato la visita medica, può fare tutti gli sport. Il ragazzo sta bene così”. Carmine Amato da allora si domanda: “Quando un ra-gazzo sta bene così?”. Questo interrogativo guida il suo operato alla ricerca di cosa possano fare gli educatori per salvare giovani vite.

Napoli, 6 marzo 2014. Al numero 11 di Via Saverio Bal-dacchini c’è un’oasi nel deserto. È l’associazione Ma-estri di strada. Una Onlus che nasce dopo la chiusura del progetto Chance, a cui anche Carmine Amato ha partecipato con l’ex sottosegretario Marco Rossi Doria. Il progetto Chance è nato nel 1998 per aiutare centina-ia di giovani in difficoltà. Bambini e ragazzi che vivono contesti difficili, di periferia, di malavita. È stato chiuso nel 2009, ma i Maestri di Strada continuano ad alimen-tare la speranza di salvezza.L’associazione è nata nel 2003. Primo finanziatore fu l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Dal 2009 l’associazione Maestri di Strada si è rinnovata basandosi su risorse private e sul lavoro di giovani che hanno compiuto studi nel campo delle scienze umane e sociali e dell’apporto gratuito di cit-tadini.Il primo nucleo dei Maestri di Strada proviene dal Pro-getto Chance. Oggi gli educatori provengono invece da esperienze diverse. Cesare Moreno è “o Mast”, il maestro con i sandali, messi in segno di protesta anni fa “perché Chance ave-

va ricevuto i vestiti, ovvero i fondi della Legge 285, ma le istituzioni erano carenti nelle attività ordinarie e di base: le scarpe”, racconta nella sua biografia. È stato tra i fondatori del progetto Chance, occupan-dosi del recupero dei dispersi della scuola media, e suo coordinatore dal 1998 alla chiusura avvenuta nel 2009.I volontari si occupano principalmente di arginare il fe-nomeno della dispersione scolastica, una piaga socia-le in Campania. Secondo i dati del Censis, nel biennio 2011-2013, il 29,9% degli studenti degli istituti superio-ri non riesce a conseguire il diploma. A Napoli sono il 35% e ancor di più negli istituti tecnici, d’arte e profes-sionali. La dispersione si concentra nel primo anno, con una percentuale del 16,1% a Napoli. Il dato comples-sivo è che il 23% dei giovani tra 18 e 24 anni sono del tutto emarginati: non lavorano, non studiano, né sono in corsi di formazione professionale.

Sedici anni di Chance

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SPETTACOLO

PAGINA 9

Napoli, 11 marzo 2014. Nel sottosuolo buio della Galleria Borbonica, tra i rottami di moto e macchine usate durante la guerra, logorate dall’umidità e dalla polvere, la musi-ca dona vita a un luogo di morte. Nell’ex rifugio antibellico, Giovanni Allevi ha presenta-to alla stampa il concerto che a sera è andato in scena al Teatro Augusteo. Il Piano Solo Tour ha fatto tappa a Napoli dopo il debutto a Milano, raccogliendo con-sensi di pubblico e critica. Sold out anche lo spettacolo napoletano. “Suonerò brani del mio repertorio, ripescati dai primi due album che non ho mai eseguito dal vivo, i fan sono molto contenti perché finalmente potranno ascoltare pezzi che hanno solo su cd”, ha raccontato il musicista. Allevi, quindi, non propone dal vivo un nuovo album, “ma tengo questi concerti perché non posso stare lontano dal pubblico e dal pianoforte”, ha detto. Napoli è la città dove ha debuttato: “Avevo 21 anni, tante speranze e poca fama. Avevo un pubblico di cinque persone, ma è stato bellissimo. Porterò sempre nel cuore quel momento”. Una dichiarazione di amore quella di Allevi alla città: “È un posto bellissimo, ricco perché pieno di con-traddizioni, sono felicissimo di essere qui, la gente mi ha regalato il suo cuore e io sono orgoglioso di aver avuto questo regalo”. Ha raccontato la prima volta che ha suonato all’Augusteo: “Napoli mi aveva detto sì e io sono voluto ritornare in questa città che è vera, incredibile, immensa per l’energia e per i valori che rappresenta”. Come a Milano, anche all’Augusteo è stato possibile acquistare dei biglietti a prezzi ridotti per under 14: “Un modo per avvicinare i giovani alla musica classica, per per-mettere agli studenti di assistere al concerto”, racconta. Un’iniziativa da lui fortemente voluta: “Mi scrivevano molte mamme e papà, oltre che giovanissimi, e mi dicevano di non poter partecipare allo spettacolo perché, in un momento di crisi come quello che stiamo attraversando, il prezzo del biglietto era troppo alto. Allora ho deciso di ab-bassare il costo perché per un ragazzo che vuole avvicinarsi alla musica andare in un teatro ad assistere a un concerto è un’esperienza imperdibile, formativa. Non mi voglio

arricchire con la musica e quindi me lo sono potuto permettere”. Sguardo basso, i capelli ricci diventati famosi, goffo nei movimenti, con l’immancabile felpa e le Converse ai piedi, Allevi si è seduto al pianoforte e ha fatto volare le dita sui tasti, regalando al pubblico tre brani: il famoso “Aria”, “Go with the flow” e il nuovo “L’idea”. Un aneddoto simpatico è legato alla composizione inedita: “Ero in metro a Milano, a una signora si è rotta la busta di plastica della spesa e le è caduta della frutta. I pomi cadendo hanno fatto un suono con un buon ritmo. Ho annotato quel ritmo e ho scritto accanto «È una buona idea» per questo il brano si chiama Idea”. Le note risuona-no tra le mura strette e alte della Galleria Borbonica: “Ha un suono dolce questo piano – ha detto – nonostante l’eco e l’umidità di questo posto. È un miracolo!”. Allevi ricorda il suo passato fatto di critiche negative: “È facile esaltare il passato, che è qualcosa di certo, a differenza del presente che è in divenire”. Come Giuseppe Verdi non è stato ammesso al conservatorio di Milano, così Allevi si è dovuto scontrare con

i pregiudizi della musica colta: “Non è stato facile proteg-gere la mia anima e il mio sogno dai detrattori, ma ci sono riuscito”. Ha voluto lasciare un messaggio positivo ai gio-vani: “Studiate e siate coraggiosi. Fate come me, portate avanti il vostro sogno. Siate degli artisti anche quando tutti

vi diranno di cambiare strada”. In conclusione ha dato una buona notizia a tutti i fan: “Ho scritto una nuova compo-sizione che suonerò a breve. Finalmente è uscita dalla mia testa per prendere forma sulla carta. È una toccata e fuga per organo a canne, una forma iperclassica che ha dei precedenti illustrissimi e anche questa volta non sono mancate le critiche. Mi sono rifatto a un passato che torna nell’epoca contemporanea. Per scrivere una fuga bisogna padroneggiare l’arte del contrappunto, quindi sovrapporre più melodie armonizzate tra loro. Non è stato facile e ci è voluto tanto studio. Quando ti confronti con qualcosa di così complesso e con dei grandi come Bach è facile scontrarsi con i detrattori”. Una sfida: “L’arte è un superamento di se stessi oltre che dell’arte stessa”.

E.d.L.

di Roberta Campassi

Napoli, 5 marzo 2014. “È arrivato il momento che anche Fiume Basso ab-bia il suo primo Mc Do-nald’s!”.Yuri, ossessionato dal so-gno americano e dal mon-do del consumismo, vuole

che Fiume Basso diventi come Las Vegas. Un luogo dove far soldi facili e dove tutti siano presi dal dio Denaro, al-lontanandosi dalle regole inflessibili degli Urka.Yuri è uno dei protagonisti dello spettacolo messo in scena, dal 4 al 9 marzo, al teatro Bellini di Napoli. Tratto dal best seller di Nicolai Lilin “Educazione siberiana” è il primo di una trilogia. Il libro racconta le vicende degli Urka siberiani, uomini che si definiscono “criminali one-sti”, animati da un codice etico fatto di religione e regole ferree.L’adattamento teatrale si muove intorno alla storia di due fratelli molto diversi tra loro – spiegano Nicolai Lilin e Giu-seppe Miale di Mauro, regista dello spettacolo –. Boris, legato agli insegnamenti della tradizione siberiana, e Yuri, il ribelle rapito dal sogno americano. Gli attori si muovo-

no sul palcoscenico con estrema facilità e non perdono mai la concentrazione. Permettono al pubblico di entrare nella storia quasi come se diventasse non solo spettatore ma anche protagonista del racconto. La piéce comincia con la madre dei due ragazzi, interpretata da Elsa Bossi, che indirizza il pubblico verso quegli anni a cavallo del-la caduta del muro di Berlino e della successiva caduta del regime comunista sovietico, che viene interrotta bru-scamente dall’entrata in scena dei due fratelli Yuri, Fran-cesco Di Leva, e Boris, Adriano Pantaleo. Nonno Kuzja, interpretato da Luigi Diberti, dirige i protagonisti nelle loro azioni, cercando di non fargli smarrire la strada edu-candoli alle regole ferree della comunità. La scenografia - quasi low cost - si articola tra la casa di nonno Kuzja e la strada realizzata dietro un pannello mobile posto leg-germente più in alto per far sì che gli oggetti o gli attori non vengano coperti dalla scenografia antistante. Pubbli-co dubbioso e perplesso sul finale. La conclusione della storia non è chiara ma è sicuramente d’effetto. Il palco sembra quasi travolgere lo spettatore. Avanza verso il pubblico con un gioco di luci costringendolo a rintanarsi sulla sedia. Lilin, nato in Transnistria, regione dell’ex Unione Sovieti-ca oggi Moldova, ambienta il libro proprio in questo luo-go, dove la criminalità è l’unica certezza per un bambi-

no come lui, cresciuto nel culto delle armi che vengono esposte in casa ai piedi delle icone religiose, come se anch’esse fossero sacre. Indispensabili sono anche i ta-tuaggi, che ricoprono i corpi dei criminali, così come la figura del tatuatore che ha il compito di scrivere la storia di un uomo.Il grande successo è stato determinato l’anno scorso dall’uscita del film per la regia di Gabriele Salvatores. Così come nello spettacolo teatrale la figura di nonno Kuzja, interpretato nel film da John Malkovich, è una gui-da per i due ragazzi.Il nonno fin dalle prime scene, fa appello a una preghie-ra alla Beata Vergine Maria affinché ascolti le sue parole e perdoni “noi criminali onesti” per i peccati che sono costretti a commettere per combattere i politici burocra-ti assetati di potere e i loro tirapiedi, gli sbirri che loro chiamano “i diavoli in divisa”. Nel film i due protagonisti, Kolimà, il giusto, e Gagarin, il ribelle, sono amici. Gagarin, così come Yuri, è interessato al dio Denaro e per chiudere definitivamente con la sua comunità compie un atto di violenza nei confronti di un “Voluto da Dio”, ovvero per-sone con ritardi psicofisici. Secondo gli Urka, Dio attra-verso i loro occhi e le loro orecchie osserva e protegge la comunità e sono quindi meritevoli di assistenza e prote-zione. Kolimà si mette sulle tracce dell’autore di questa efferatezza, scoprendo suo malgrado la cruda verità. Ga-garin confessa. L’unico modo per chiudere la questione è ucciderlo. Kolimà però, sotto choc per l’atto compiuto, non farà ritorno a Fiume Basso.

Biglietti a prezzi ridotti agli under14 per avvicinare i giovani alla musica

Il ritorno di Allevi in città Note dolci dal sottosuolo

All’interno della Galleria Borbonica, è stato presentato “Piano Solo Tour”

“Faccio concerti perché non so stare lontano dal pubblico e dal pianoforte”

“Criminali onesti” al teatro Bellini, su il siparioDalle pagine di un libro al palcoscenico l’«Educazione Siberiana» di Nicolai Lilin

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InchiostroAnno XIV numero 52 aprile 2014www.unisob.na.it/inchiostro

Periodico a cura della Scuoladi giornalismo diretta da Paolo Mielinell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa

Direttore editorialeLucio d’Alessandro

Direttore responsabilePierluigi Camilli

Coordinamento scientificoArturo Lando

Coordinamento redazionaleAlfredo d’AgneseCarla MannelliAlessandra OrigoGuido Pocobelli Ragosta

Questo numero è il fruttodi un laboratorio direttoda Giustino Fabriziocapo della redazionedi Repubblica Napoli

CaporedattoreLara De Luna

Capi servizioGianmarco Della RagioneNicola Lo Conte

In redazioneRoberta CampassiRoberta CordiscoAnna DichiaranteLorenzo EnaAlfonso FasanoDaniele GargaglianoBarbara GiganteRita MurgeseValentina TrifilettiFrancesco Ungaro

Grafica Biagio Di Stefano

SpedizioniEnrico Cacace,tel. 081.2522232

EditoreUniversità degli StudiSuor Orsola Benincasa80135 Napolivia Suor Orsola 10Partita Iva 03375800632

Redazione80135 Napolivia Suor Orsola 10tel. 081.2522212/226/234fax 081.2522212RegistrazioneTribunale di Napoli n. 5210 del 2/5/2001

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INCHIOSTRO N. 5 PAGINA 10

SPORT

Al termine di una partita sofferta, gli azzurri vincono 1-0

Callejon stende la RomaIl secondo posto è a tiroLo spagnolo segna nel finale, Napoli a -3 dai giallorossiPagina a cura di Valentina Trifiletti

Napoli, 9 marzo 2014. Il cinguettio del presidente Aurelio De Laurentis, dopo il successo contro la Roma, recita: «Ne ero sicuro. Una vittoria della maturità. Bravi tutti! Ora sempre più in alto!!». Gli fa eco un Benitez sorridente: «Siamo contenti, abbia-mo battuto una squadra molto forte. Noi pensiamo che il secondo posto sia alla nostra portata e continueremo a giocare per poterlo conquistare. Io sono soddisfatto della mentalità mostrata dalla squadra: ha giocato con inten-sità e convinzione, cercando sempre la porta avversaria, pensando solo a fare gol perché volevamo vincere que-sta partita ad ogni costo e alla fine quel gol che abbiamo

inseguito lo abbiamo fatto». Sono circa le 22.40 e allo stadio San Pa-olo l’adrenalina degli oltre 40mila cuo-ri azzurri è a mille. I tifosi tornano alle loro abitazioni felici e soddisfatti dopo il match contro la Roma che destava non poche preoccupazioni al pubblico parte-nopeo.A 9 minuti dalla fine, con un formidabile colpo di testa, Callejon segna il gol della vittoria ai danni di una Roma ormai stan-ca che fin lì aveva messo paura al Napoli, non meritando la sconfitta.«Il cross di Ghoulam è stato perfetto – af-ferma lo spagnolo – disegnato in maniera millimetrica. Non potevo anticipare l’av-versario e ho aspettato che la palla scen-desse. Ho capito che Romagnoli non ce l’avrebbe fatta e ho preso la mira sul pri-mo palo. De Sanctis non poteva prender-lo, l’ho colto di sorpresa».Una vittoria molto sofferta, che ha stentato ad arrivare. Gli uomini di Garcia sono stati padroni del campo per buona parte del match con un 59,9 per cento di posses-so palla nel primo tempo e 65,5 nel secondo. I passaggi effettuati sono stati 612 contro i 355 del Napoli. La Roma ha giocato con vigore e decisione mettendo in serie dif-ficoltà gli azzurri senza mai riuscire a concretizzare. È mancato lo slancio decisivo, il guizzo giusto.All’11’ della prima frazione la svolta negativa per i capi-tolini che vedono l’olandese Strootman uscire per una distorsione al ginocchio sinistro (si teme un lungo stop). Il centrocampista ex Psv esce dal campo tra i fischi dei tifosi che ancora ricordano il gestaccio che riservò alla curva B durante il match di ritorno in coppa Italia. Al suo posto uno spaesato Taddei. Per Strootman il San Paolo non è di buon auspicio: lo scorso 12 febbraio l’olandese venne espulso dalla gara per aver applaudito polemicamente in faccia all’arbitro Rocchi, che ha diretto anche la gara di ieri sera.La prima frazione di gioco si conclude a reti bianche.Il secondo tempo vede il Napoli più convinto: sono infatti i partenopei a cercare con maggiore insistenza il gol. La partita si fa così più interessante, con occasioni create

da entrambe le squadre, ma la bravura dei due portieri Pepe Rei-na e Morgan De Sanctis tiene inchiodato il punteggio sul-lo zero a zero. Quando il match sembra ormai destinato a concludersi in parità all’82’ arriva la rete di Josè Maria Callejon. Tra Roma e Napoli c’è una strana corrisponden-za: in campionato e coppa Italia le sfide si sono concluse con due successi a testa. Gli uomini di Benitez hanno portato a casa la finale di coppa Italia da disputarsi contro

la Fiorentina e i giallorossi, nella corsa alla Champions, hanno 3 punti di vantaggio sul Napoli e una partita da recuperare.È proprio l’accesso diretto

all’Europa che conta che fa gola alle due rivali. È un’oc-casione ghiotta per gli azzurri di Benitez che hanno com-battuto fino all’ultimo minuto per recuperare punti impor-tanti. Per riuscire ad agguantare il secondo posto, il Napoli non dovrà più commettere passi falsi, sperando che la pres-sione sulla squadra capitolina porti i giallorossi a perdere punti importanti da qui alla fine del campionato.I tifosi ci credono, tocca al Napoli realizzare l’impresa.

Tra Coppa Italia e Campionato le squadre hanno 2 vittorie a testa

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SPORT

PAGINA 11

Nonostante i divieti passano fumogeni, lattine e bottiglie

Dall’omaggio a Sorrentino agli immancabili cori di scherno

Mille agenti in azione Sicurezza ok, o quasi

La curva B tra tifo e sfottò

Funziona il piano d’ordine pubblico, nessuno scontro

Come il San Paolo ha vissuto il match con i capitolini

di Alfonso Fasano

Napoli, 9 Marzo 2014. Nonostante gli allar-mismi, bilancio della sicurezza abbastanza positivo dopo il match Napoli-Roma. Le due curve non sono venute a contatto, e nemme-no si registrano scontri tra gli ultras e le forze dell’ordine.Le inquietudini della vigilia, dovute alla rivali-tà tra due tifoserie fino a pochi anni fa unite in un suggestivo gemellaggio, hanno portato solo a qualche attimo caldo. Piccoli momenti di tensione al momento dell’ingresso al San Paolo dei tifosi romanisti, dieci minuti dopo

l’inizio della gara, con lanci di bombe carta tra il settore ospiti e la Curva A. Ferito uno steward, ricoverato in ospedale in condizioni

che non destano preoccupazioni. Riscontro buono a metà, dunque, per il maxipiano di sicurezza predisposto dalla que-stura di Napoli che ha coinvolto mille agenti tra Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia Municipale. Per i seicento tifosi giunti dalla capitale, è entrato in funzione un piano di mobilità straordinario dopo le difficoltà dell’ultima partita giocata al San Paolo tra azzurri e giallorossi, la semifinale di ritorno di Coppa Italia dello scorso 12 febbraio. In quell’occasione, i sostenitori romanisti furono costretti a rimanere all’interno dello stadio fino alle quattro del mattino per mancanza di collegamenti ferroviari tra le due città. Il Viminale aveva invitato i supporter capitolini a venire a Napoli con “mezzi alter-nativi” al treno. Nessun convoglio organizzato da Roma, con un’informativa tra la Digos e le due questure che ha provveduto a controlli accurati già nelle stazioni di Termini e Roma Tiburtina. Per i romanisti in arrivo a Napoli in auto, sono stati predisposti autobus

di appoggio dell’ANM fino all’impianto di Fuorigrotta: cinque in stazionamento a San Nicola Ovest, area di servizio autostradale nel casertano, uno in attesa in prossimità di Piazza Garibaldi. Lo stesso servizio è stato garantito al termine della partita, dalle 23,30 in poi.Provvedimenti speciali anche per la sicurezza in-terna al San Paolo. Il Pre-fetto di Napoli Francesco Musolino ha predisposto il divieto di vendere be-vande in contenitori di vetro, alluminio e plasti-ca fin dalle tre ore pre-cedenti al fischio d’inizio

delle 20.45 e per le due ore seguenti la fine del match. Il provvedimento ha interessato

non solo i punti ristoro dello stadio, ma anche tutti gli esercizi nello spa-zio prossimo all’impian-to. Non tutti hanno però recepito in pieno l’ordine della prefettura. Un no-stro inviato allo stadio ha segnalato che molti ven-ditori non provvedevano al travaso delle bibite nei bicchieri di plastica. Molte bottigliette e latti-ne sono difatti entrate in curva.

di Nicola Lo Conte

Napoli, 9 marzo 2014. Come in campo così in curva: si lotta, si stringono i denti e alla fine si esulta. Lo zoccolo duro del tifo partenopeo come sempre non fa mancare il proprio contributo e spinge il Napoli a un’altra vittoria. Na-poli-Roma è una partita da non fallire, la risposta del pub-blico sugli spalti è da grandi occasioni. Prima dell’inizio, la curva B tributa un omaggio al regista Paolo Sorrentino. Più che all’Oscar vinto, alla dedica da lui fatta in mon-dovisione dal palco di Los Angeles a Maradona, menzionato come fonte di ispirazione per il suo lavoro: “Onore a chi in un momento di massima ce-lebrità non dimentica appartenenza e identità. Grazie a te P. Sorrentino”. Dagli applausi ai fischi: le cheerleaders in sfilata ricevono un sonoro invito ad andare a lavorare. Niente da fare, la trovata americaneggiante di De Lau-rentiis agli ultras proprio non piace. Non riscontra il loro apprezzamento neppure il remix del “surdato ‘nnammurato”, come sem-pre fischiatissimo.L’incoraggiamento alla squadra durante il match è con-tinuo. Come ogni tifoseria organizzata, anche quella del

Napoli indulge però in alcuni momenti nella celebrazione di sé più che dei propri beniamini. A partita già iniziata, fanno il loro ingresso allo stadio i tifosi giallorossi, che rinnovano la triste tradizione dei cori razzisti. E giù inevi-tabilmente, in risposta, fischi, petardi e fumogeni. A com-pletare il quadro, si avverte nell’aria l’inequivocabile odore di sostanze psicotrope. Un ambiente per nulla adatto a timpani e polmoni delicati.

Il salvataggio di Reina su Gervinho è salutato quasi fosse un gol. Di stessa intensità, ma di segno contrario, il bo-ato di disappunto sulle due occasioni sciupate in pochi secondi da Callejon e Higuain. E poi, a dieci minuti dalla fine, tutti giù per terra. No, non è il giroton-do, è l’apoteosi collettiva scatenata dal gol del vantaggio. Sarà quello definiti-vo, per la gioia dei quarantamila. Insie-me alle note del “surdato ‘nnamurato”, quello vero, partono i cori di dileggio verso i romanisti beffati dopo una gara tutta all’attacco: dal sempreverde “ma che siete venuti a fa’?” al crudele invito

ad assistere da ospiti alla finale di coppa Italia in casa pro-pria, tanto per riaprire la ferita della semifinale di un mese fa. Una battaglia è stata vinta, la guerra per la conquista del secondo posto in campionato è ancora aperta.

Controlli accurati nelle stazionidi Roma Termini e Tiburtina

InchiostroOnline

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Dal kebab alle polpette. Piatti suggeriti dai calciatori e un menu per gli atleti

La lingua globale della cucinaRicette da tutto il mondo e per tutti i gusti nel libro dello chef Salatiello

CUCINA

Pagina a cura di Germana Squillace

Napoli, 11 marzo 2014. Agli italiani piace il cibo. Lo dimostrano le ultime classifiche dei libri più venduti, in cui volumi che danno consigli su come cucinare sca-valcano quelli dei mostri sacri della letteratura come Ken Follett, Umberto Eco e Andrea Camilleri. I libri di cucina che destano più interesse sono quelli scritti da chef, che mettono da parte ricette moderne e sofisticate proponendone di più tradizionali.È il caso di Ciro Salatiello, executive chef in due strut-ture alberghiere e nella Società Sportiva Calcio Napo-li. Il cuoco di Calvizzano si è raccontato ieri alla Fel-trinelli di piazza dei Martiri nella Sala Eventi gremita di persone. Il suo libro “In cucina con Ciro Salatiello. Dalla prima colazione al dessert”, raccoglie tutte le

ricette migliori del cuoco. “Ho voluto descrivere piatti che soddisfacessero ogni palato a ogni ora del gior-no – sottolinea lo chef - Ho descritto più tipi di cola-zioni che contenevano sia cibi dolci che salati. Inoltre, ho fatto un’indagine tra i calciatori per capire quali fossero le ricette che gra-divano di più”.L’evento è stato presentato dalla giornalista enogastro-nomica Laura Gambacor-ta, che ha curato la prefa-

zione del volume. Fra gli ospiti vi era anche Raffaele Canonico, membro dello staff medico del Napoli. Il volume contiene numerose ricette e un Menu dell’At-leta: la particolarità di questo ricettario è il coinvolgi-mento di mogli e madri dei giocatori della squadra partenopea che offrono una panoramica delle cucine del mondo. “La difficoltà più grande nel raccogliere tutte queste ricette – afferma Salatiello - è stata di tradurle. Alcune mi arrivavano via Skype, altre tramite

email, sia in spagnolo che in marocchino. Ma alla fine abbiamo superato le difficoltà poiché la cucina parla un unico linguaggio”.Non mancano le tortillas consigliate dalla moglie di Benitez e la “parillada”, un piatto uruguaiano propo-sto da Britos. Non sono stati esclusi i piatti suggeriti da ex giocatori, come la pasta e patate della madre di Cannavaro e la ricetta di un piatto marocchino fornita da El Kaddouri. Anche se “le pallotte suggeritemi dalla mamma dell’ex portiere De Sanctis – dice lo chef - sono state le mie preferite. Polpettine fritte con parmi-giano e uova. Cosa c’è di meglio?”

Ciro Salatiello durante la presentazione ha sfatato l’i-dea secondo cui il menu di un calciatore sia compo-sto solo da pollo ai ferri o verdure lesse. Non solo le pietanze devono essere belle esteticamente per su-scitare in chi le guarda il desiderio di mangiarle, ma nel buffet non mancano pasta, bresaola, grana o for-maggio.Lo chef ha scelto di iniziare e finire il proprio libro con un prodotto tipicamente napoletano: il caffè. Lo scopo è evidenziare la differenza tra quello del bar e quello della moka. “Al caffè ho abbinato tre numeri: venticin-que, sessantacinque e sette. Indicano rispettivamen-te i secondi che il caffè deve impiegare per scendere,

la temperatura che deve raggiungere e i grammi di caffè che devono essere introdotti nella moka”.Nel corso della presentazione il pubblico ha potuto assaggiare uno dei cavalli di battaglia di Salatiello, il “Che purp”, straccetti di polpo accorpati come un ke-bab: “Questa ricetta l’ho creata per mia figlia, perché quando siamo andati a Londra si è appassionata di kebab”. Alla fine dell’evento lo chef di Calvizzano si è lascia-to andare a una confessione. Alla domanda “Qual è il suo sogno nel cassetto?” ha risposto: “A volte mi balena nella mente l’idea di aprire un ristorante tutto mio”.

La ricetta più apprezzata è stata quella della moglie di De Sanctis

“ Il mio sogno nel cassetto è aprire un ristorante tutto mio”

PAGINA 12INCHIOSTRO N. 5

Genere vario: i più venduti a gennaio(fonte: Associazione Italiana Editori)

1) John P. Sloan English da zero - Mondadori

2) Martin Sixsmith Philomena - Piemme

3 ) Andre Agassi Open. La mia storia - Einaudi

4) Benedetta Parodi È pronto! Salva la cena - Rizzoli

5) A. Clerici; A. Romani; S. BarzettiTutti a tavola! - Mondadori

6) Paolo Fox L’oroscopo 2014 - Cairo Publishing

7) Carlo Cracco A qualcuno piace Cracco - Rizzoli

8) Fabrizio Corona Mea culpa - Mondadori

9) Gigi Proietti Tutto sommato - Rizzoli

10) Ferzan Ozpetek Rosso Istanbul - Mondadori

• Pallotte cacio e ova di Sara Di Sciascio De Sanctis• Tonno scottato in crosta di mandorle e pistacchi• Tortino di branzino con gamberi in pasta Kataifi• Piramide di cioccolato bianco e zenzero

LE RICETTE CONSIGLIATE