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“QUE SOY ERA IMMACULADA COUNCEPCIOU” IMMACOLATA Schede per l’approfondimento del “Tema Pastorale 2020”

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“QUE SOY ERA IMMACULADA

COUNCEPCIOU”

IMMACOLATA

Schede per l’approfondimento del “Tema Pastorale 2020”

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Schede per l’approfondimento del “Tema Pastorale 2020”

“QUE SOY ERA IMMACULADA

COUNCEPCIOU”

IMMACOLATA

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QUE SOY ERA IMMACULADA COUNCEPCIOU

Tema Pastorale di Lourdes 2019-2020

“Tutta bella sei tu, amata mia, e in te non c’è difetto” proclama l’amato del Cantico dei Cantici (Ct 4,7) e il Sal-mista esclama: “La figlia del Re è tutta splendore, gemme e tessuto d’oro è il suo vestito” (Sal 45,14). Questo si applica certamente a Maria sia perché Dio ha fatto cose grandi per lei (cfr. Lc 1,49), sia perché ella ha risposto con profonda costante generosità alla sua missione, senza alcuna ombra di male, tanto da essere proclamata madre nostra a mo-tivo del suo amore a Cristo e verso di noi (cfr. Gv 19,26). Maria contribuì fedelmente alla salvezza del popolo e di lei ben si può dire quanto la Bibbia attribuisce origina-riamente a Giuditta: “Tu sei la gloria di Gerusalemme, tu magnifico vanto d’Israele, tu splendido onore della nostra gente” (Gdt 15,9).

Già 12 secoli fa il patriarca di Costantinopoli Germano estasiato davanti alla santità di Maria esclamava: “Salve, trono santo di Dio, tempio divino, casa di gloria, orna-mento di incomparabile bellezza, gioiello scelto, propizia-torio del mondo intero, cielo che canta la gloria di Dio.

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Salve, vaso d’oro puro contenente il Cristo… O Ver-gine purissima, degna di ogni lode e di ogni omaggio…”. Una tale fede si basava e si basa sulle parole dell’arcan-gelo Gabriele: “Ave piena di grazia. Il Signore è con te” e su quelle di Elisabetta ispirata di Dio: “Benedetta tu fra le donne… Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (cfr. Lc 1,28; 42.45).

Siamo lieti che il Santuario di Lourdes abbia scelto come tema dell’anno pastorale 2019-2020 quello de “L’Im-macolata”, così come Maria stessa si presentò alla giovane Bernadette nel marzo 1858, quattro anni dopo che il papa beato Pio IX aveva proclamato tale verità come dogma di fede. Sono state preparate quindi sei schede destinate ad aiutare tutti gli unitalsiani, e quanti altri vorranno utiliz-zarle, per meditare sul privilegio di Dio verso Maria e sul-la sua totale attiva adesione alla volontà di Dio. Le prime due tracciano i fondamenti teologici e le testimonianze li-turgiche. Nelle tre seguenti si guarda a Maria anche come modello da imitare nella chiamata universale alla santità e quindi al servizio e alla solidarietà, con una riflessione sulla possibilità di accogliere la sofferenza come mezzo di salvezza. Ognuno infatti può contribuire al regno di Dio, anche se malato o limitato da disabilità; il Signore vuole che tutti portiamo frutto ed egli valorizza anche un bicchiere d’acqua dato nel suo nome; in tutto ciò santa Bernadette ci è di esempio. Quindi con slancio giovanile segue una proposta per essere costantemente innovativi

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nella nostra vita e nella stessa associazione, guardando al recente Sinodo per i giovani.

Sono grato a tutti i collaboratori per aver elaborato queste schede. Esse sono frutto di intenso lavoro e sono poste nelle mani delle sezioni e sottosezioni, ma anche dei gruppi e delle singole persone, in sede, in casa e in pellegri-naggio. Offrono un arricchimento dottrinale e ispiratore nel cammino di vita cui siamo fortunatamente chiamati. Sosteniamoci a vicenda pregando la Vergine Immacolata..

Assistente nazionale UNITALSI

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“Io sono”… l’Immacolata concezione

Don Pierangelo Muroni

1. La liturgia rivela la fedeContrariamente a quanto si possa pensare, non è

il mese di Maggio il tempo mariano per eccellenza, ma l’Avvento, quando ogni sezione dell’Unitalsi celebra la sua giornata dell’adesione e l’inizio di un nuovo anno di fedeltà al servizio dei malati. Le “collette” dei giorni 17, 19, 20 e 23 dicembre, tutte di carattere mariano, ma so-prattutto l’inserimento della Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria l’8 dicembre, nel mezzo di questo Tempo liturgico, richiamano l’impor-tanza di Maria nell’economia salvifica di Dio, il quale ha «preservato la Vergine Maria da ogni macchia di peccato originale, perché, piena di grazia, diventasse degna Madre del tuo Figlio» (Prefazio della Solennità dell’Immacolata).

L’orazione “colletta” della messa di quella festa ci aiuta a svelare il ruolo di Maria nel mistero di Dio-Trinità e il nostro essere Chiesa a immagine sua. Essa, inoltre, ci in-vita ad approfondire il tema di quest’anno pastorale che il santuario di Lourdes ci chiede di meditare. Lo fa attra-verso uno dei titoli e dogmi mariani più cari alla pietà po-

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polare che, a quattro anni dal suo riconoscimento con la Bolla Ineffabilis Deus di Pio IX (8 dicembre 1854), ed esat-tamente nella sedicesima apparizione (25 marzo 1858, Fe-sta dell’Annunciazione), viene richiamato dalla Madonna stessa a Lourdes nella sua presentazione alla piccola Ber-nadette: «Io sono l’Immacolata Concezione».

La colletta, che potrebbe essere anche l’orazione di ini-zio del nostro incontro di catechesi, ci fa pregare così: «O Padre, che nell’Immacolata Concezione della Vergine hai preparato una degna dimora per il tuo Figlio, e in previ-sione della morte di lui l’hai preservata da ogni macchia di peccato, concedi anche a noi, per sua intercessione, di venire incontro a te in santità e purezza di spirito».

Come si può notare, l’orazione utilizza due termini (precisamente un sostantivo e un verbo) che ci svelano il mistero celebrato dalla Chiesa in questo giorno e che fanno riferimento a qualcosa che è “accaduto prima…”. Ma prima di che cosa? Prima che Cristo portasse a com-pimento la sua redenzione offrendo la sua vita sulla croce. Tali termini sono “pre-visione” e “pre-servata”. In “pre-visione” della morte redentiva del suo Figlio, infatti, Maria è stata concepita “immacolata”, ossia «nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata im-mune da ogni macchia di peccato originale» (Pio IX, Bol-la Ineffabilis Deus).

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Proprio in virtù della sua particolare missione, ossia quella di divenire madre del Verbo purissimo, Dio scelse una dimora purissima che neanche il peccato originale potesse abitare, ma solo il Tre volte Santo. Per cui, non che Maria non avesse bisogno o non abbia goduto della redenzione operata dal suo Figlio, «Salvatore del genere umano» ma, proprio in virtù della sua eccezionale chia-mata, ne ha goduto “in anticipo”: è stata, in una parola, “pre-servata”, cioè “salvata per prima” tra i redenti, a preferenza di ogni altra creatura, e già in vista dei meriti del Figlio, unico Salvatore. Maria è anche immagine e prototipo dei salvati e modello della Chiesa vergine, san-ta, immacolata (la colletta sembra proporre, appunto, un parallelo, in quell’“anche”: «concedi anche a noi»). Cia-scuno di noi, perciò, è chiamato a diventare dimora pura e santa di Cristo, per accogliere la sua Parola e nutrirsi del suo corpo e del suo sangue perché, come ricorda San Paolo: «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo» (Ef 1,4-5).

Cerchiamo di declinare tutto questo in un aspetto par-ticolare della tematica di quest’anno, tratto dalle parole di Maria a Bernadette. Come in altre esperienze di appa-rizioni Mariane, infatti, anche quelle di Lourdes sono ca-ratterizzate da una “autopresentazione” di Maria: “Io sono l’Immacolata concezione”.

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2. “Io sono colui che sono”Nella teofania di Dio sull’Oreb, Mosè rivolgendosi al

Signore gli chiede di presentarsi: «Mosè disse a Dio: “Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: ‘Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi’. Mi diranno: ‘Qual è il suo nome?’. E io che cosa risponderò loro?”. Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono!”» (Es 3,13-14).

Qui, piuttosto che dinanzi ad un nome di Dio, siamo dinanzi ad una affermazione di presenza e di eternità; Dio è colui che è, che è sempre stato sin dall’eternità e che sarà! Alfa e omega, principio e fine di ogni cosa, regna in eterno nell’unità della Trinità e nella rivelazione del Figlio nello Spirito. Ma alla rivelazione di Dio, chiamata “teo-fania”, segue una missione: Dio si rivela non come gesto di cortesia o come presentazione prevista da un “galateo” tutto divino, ma per creare una relazione con la sua crea-tura, l’uomo, per fargli conoscere il suo amore e perché a sua volta l’uomo stesso lo faccia conoscere e se ne renda testimone. Ecco, infatti, che dalla teofania di Dio nasce una missione: «Aggiunse: “Così dirai agli Israeliti: ‘Io-Sono mi ha mandato a voi’”. Dio disse ancora a Mosè: “Dirai agli Israeliti: ‘Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abra-mo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi’. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione”» (Es 3,14-15). Mosè è prefigurazione di Cristo ma anche di ciascuno

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di noi, chiamato a rivelare il Padre, facendo conoscere il suo nome nel mondo intero. L’obiettivo fondamentale del nostro stesso servizio, all’interno dell’Unitalsi, non è quel-lo di offrire un’assistenza infermieristica ai nostri fratelli ammalati, ma far conoscere il nome di Dio; quel nome che è sempre e che non passa e che resiste anche alle no-stre fragilità, stanchezze, insofferenze, incostanze, infer-mità di ogni tipo e che si declina con il termine “amore”; esso mostra apprezzamento e dignità anche per chi è più fragile fisicamente.

3. Cristo è l’“Io sono” del PadreRicordiamo quanto scrive san Paolo: “Quando venne

la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» (Gal 4,4). San Giovanni, nel Prologo del Vangelo, afferma che «il Verbo si fece carne e ha posto la sua tenda in mezzo a noi» (cfr. Gv 1,4). Ma sarà Gesù stesso che, rivolgendosi a Filippo dirà: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? » (Gv 14,9-10). Gesù è, dunque, presenza, premura, passione, solle-citudine tutta paterna e materna, direbbe Giovanni Paolo I, di Dio nei nostri confronti. Gesù è l’“Io sono” del Padre in mezzo ai suoi, venuto «ad annunziare la buona novella ai poveri, a risanare i cuori affranti “medico di carne e di spirito”, mediatore tra Dio e gli uomini» Ma «come il

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Cristo fu inviato dal Padre, così anch’egli ha inviato gli apostoli, ripieni di Spirito Santo» (Conc. Vaticano II, Sa-crosanctum concilium 5-6), cioè la sua Chiesa, ossia noi! Verità sublime!

4. L’“Io sono” di Maria a immagine dell’“Io sono” del FiglioIl santo papa Paolo VI, nel discorso al Santuario della

Madonna di Bonaria, darà rilievo al rapporto tra Maria e il suo Figlio con queste parole: «Vogliamo essere cristiani, cioè imitatori di Cristo? Guardiamo a Maria; ella è la figu-ra più perfetta della somiglianza a Cristo. Ella è il “tipo”. Ella è l’immagine che meglio d’ogni altra rispecchia il Si-gnore; è, come dice il Concilio, “l’eccellentissimo modello nella fede e nella carità”».

Maria, nella sua autopresentazione a Lourdes, rivela non tanto la sua identità, quanto la sua missione ricevuta dal Padre: essere grembo puro, libero, sgombro da qual-siasi traccia di peccato, ricco della presenza di Dio. Maria distende sulla terra l’“Io sono” di Dio, ossia la presenza attuale, continua, mai latitante di Dio in mezzo al suo po-polo. Questo lo vediamo proprio nella visita alla cugina Elisabetta dove, scrive san Luca: «Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grem-bo» (Lc 1,41). Il saluto di Maria diventa il saluto di Dio. Giovanni Battista, infatti, sussulta esultante nel grembo di Elisabetta non per l’arrivo o la presenza di Maria, ma per la

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presenza e la visita del Verbo di Dio nella sua casa. Cristo non è un Dio immobile, ma raggiunge l’uomo ovunque egli si trovi per essere l’Emmanuele, il “Dio con noi”. L’“Io sono” di Dio che si fa presenza lì dove l’uomo si trova e at-traverso l’uomo, soprattutto nelle periferie esistenziali più periferiche per portare un sussulto alla vita di ciascuno, per muoverci dall’apatia e dall’immobilismo anche spiri-tuali e ridarci vitalità con la consapevolezza che Dio è con noi. Anche i nostri soci ammalati o portatori di qualche disabilità sono investiti da tale grazia.

Maria è chiamata, dunque, non solo a prestare la sua esistenza al Padre per l’incarnazione del Figlio; la richiesta di Dio è totalizzante: essere grembo per essere presenza costante e fedele del Figlio dal momento in cui lo Spirito Santo scende su di lei.

5. La Chiesa immagine dell’“Io sono” di MariaAlcuni Padri o autori cristiani, come Agostino, Am-

brogio o Isacco della Stella, ci dicono che chi vede Maria vede la Chiesa e chi vede la Chiesa scorge in essa l’immagi-ne di Maria, in un rapporto tipologico. Paolo VI, il 21 no-vembre 1964, lo stesso giorno della promulgazione della Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, du-rante il discorso di chiusura del terzo periodo conciliare, assegnerà solennemente e ufficialmente a Maria il titolo di Mater Ecclesiae. Alla Chiesa, infatti, sono riconosciuti gli stessi attributi di Maria. Maria, dunque, è “tipo”, cioè

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“figura” della Chiesa, mutuando il termine da Sant’Am-brogio, il quale si esprime così nel commento all’Annun-ciazione: «Sì, ella (Maria) è fidanzata, ma vergine, perché è tipo della Chiesa, che è immacolata, ma è sposa: vergine ci concepì dallo Spirito, vergine ci partorì senza dolore». Ma-ria è, dunque, figura della Chiesa e viceversa, per la santità immacolata, la verginità, la sponsalità e la maternità.

Nei testi paolini e giovannei vediamo come la vita nuo-va scaturita dal battesimo non tollera il peccato. La Chiesa, dunque, per rimanere nel nostro tema, viene vista come l’“immacolata”, senza macchia e senza rughe. Tuttavia sia san Paolo che san Giovanni dichiarano, con senso di reali-smo, la concreta possibilità del peccato anche nella comu-nità dei battezzati. L’eventualità del peccato e l’opportunità del perdono sono calate dentro un percorso di conversione che nasce dalla consapevolezza di essere in una dimensione storico-escatologica caratterizzata dal “già ma non ancora”, ovvero dall’attesa della pienezza, nella consapevolezza che fino a quando lo Spirito non porterà a compimento la sua opera, la Chiesa sarà in cammino.

Se Maria, perciò, è l’immagine dell’“Io sono” di Dio, anche la Chiesa è chiamata ad esserlo, diventando il pro-lungamento, l’immagine dell’“Io sono” di Maria purifi-cando tutto ciò che rende sporca e sbiadita l’immagine di Dio impressa nei suoi battezzati, giovani o anziani che siano. È la chiamata universale alla santità (cfr. Lumen gentium, cap. V).

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L’Unitalsi stessa è chiamata ad essere presenza di Dio nella Chiesa, nella società, nel mondo intero. Presenza non chiassosa o autoreferenziale, ma eloquente e “cristia-na”, ossia appartenente al Cristo e perciò “cristofora”, os-sia che lo contiene e ne offre la presenza ai fratelli e sorelle che le sono affidati. Una presenza pura, “immacolata” da qualsiasi personalismo o da qualsiasi comportamento o stile che non abbia sapore evangelico e nasconda il ranci-do del peccato dell’uomo e del suo perseverare nel male.

È una vocazione, quella dell’Unitalsi, che assorbe l’in-tera esistenza, lo stile di vivere il vangelo e la sua incar-nazione nel quotidiano soprattutto nei confronti di quelli che, a loro volta, sono presenza di Dio nella nostra vita, ossia gli ammalati, e non un passatempo che chiama in causa solo qualche ora o giorno dell’anno.

La maggioranza di noi non ricorderà il giorno del pro-prio battesimo, perché battezzati da neonati, ma uno dei gesti esplicativi del rito è proprio la consegna della veste bianca, accompagnata da queste parole: «Sei diventa-to nuova creatura, e ti sei rivestito di Cristo. Questa ve-ste bianca sia segno della tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza macchia per la vita eterna». Così come Maria è stata pensata da Dio sin dall’eternità per essere la Madre del Verbo e come Dio stesso l’ha preparata ad essere sua dimora immacolata adombrandola con il suo Spirito, così il cristiano è stato adombrato dallo Spirito di Dio nel battesimo per divenir-

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ne sua stabile dimora, suo tempio vivente. Un tempio che, in virtù dell’ospite che lo abita e della nuova dignità di figlio di Dio, è chiamato a tenere sempre pulito e lontano da qualsiasi attacco del male che possa in qualche modo sporcare quella dimora nel suo corpo e nel suo spirito, sino all’incontro definitivo con Colui che tutto monda, purifica e tutto ricapitola in sé.

È interessante notare come Maria, in tutte le sue appa-rizioni a Lourdes, si rivolga a Bernadette con l’unico idio-ma a lei noto, ossia il dialetto guascone. Anche in occa-sione della sua “autopresentazione”, “la signora” le rivelò testualmente: “Que soy era Immaculada Councepciou”. In tutte le apparizioni mariane, la Vergine si rivolge ai veg-genti da Lei prescelti nella loro lingua, all’interno della loro storia, cultura e tradizione. Questo diventa non solo un modo per farsi capire da parte degli interlocutori, che non parlano in latino, greco o aramaico, ma diventa un mandato: “Così come ho fatto io, fate anche voi! Seguite il Signore, siategli fedeli, testimoniatelo con la purezza del cuore nella vostra vita, fatelo conoscere agli altri innanzi-tutto con la vostra testimonianza perché questo è possibile anche a voi ed è richiesto anche a voi, in quanto battezza-ti”. Accogliere e vivere la propria fede nella stessa purez-za e cristallinità con le quali il Vangelo ce la consegna, la Tradizione della Chiesa ce la tramanda e il sensus fidelium la accoglie e traduce nel quotidiano.

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DOMANDE PER LA RIFLESSIONE

1. Sperimento la presenza di Dio nella mia vita?

2. Quali sono le vie che percorro per ricercare Dio nella mia esistenza?

3. Sono consapevole che la fede deve diventare non un tesoro geloso, ma una testimonianza da donare agli altri nella maniera più pulita, bella e immacolata posssibile? Una missione per portare a tutti la verità e la bellezza della fede che esaudisce le nostre attese in ciò che queste hanno di più puro?

4. Mi rendo conto che quella dell’Unitalsi è una vocazio-ne, ossia l’essere l’“Io sono” di Dio in mezzo ai malati e ai poveri, e non un hobby o passatempo?

5. Cosa vuol dire per me imitare Maria in uno dei suoi titoli più sublimi, ossia l’“Immacolata concezione”?

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L’Immacolata e la nostra purificazione

Mons. Felice di Molfetta, vescovo

1. L’Immacolata concezione, mistero di grazia, di luce, di santitàQuel giovedì del 25 marzo 1858 l’oscura grotta di Mas-

sabielle, simbolo di questo mondo immerso nelle tene-bre del male, si rischiara di luce divina nello splendore di Colei che a Bernadette si presenta nel dialetto pirenaico in questo modo: Que soy era immaculada councepciou, espressione questa che racchiude in sé un abisso inaudito di mistero cantato dalla liturgia con lirici accenti di lode e di stupita benedizione al Padre, eterno e sommo Dio:

“Tu hai preservata la beata vergine Mariada ogni macchia di peccato originale,per fare di lei, colmata di grazia la degnaMadre del tuo Figlioe segnare l’inizio della Chiesasposa di Cristo senza macchia e senza ruga,splendente di bellezza.Da lei vergine purissima doveva nascere il tuo Figlioagnello innocente che toglie i nostri peccati

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e sopra ogni altra creaturala predestinavi per il tuo popolosublime modello di santità e avvocata di grazia”.

In questa orante narrazione teologica, Maria viene cantata come l’unica creatura concepita senza la macchia del peccato originale ma anche l’unica irripetibile del suo essere incontaminata in un mondo in cui tutti gli esseri umani portano il segno umiliante del male. Il peccato ori-ginale infatti è la contraddizione che mina il profondo del nostro essere; pur chiamati al dialogo d’amore con Dio, c’è in noi qualcosa di oscuro e di ribelle che ci spinge a rifiutarlo, facendo di noi stessi il termine di ogni amore. Maria invece, creatura eletta, ebbe il privilegio unico di essere esente da questa perversione del desiderio, per-ché Ella è sola grazia, luce e santità. Nondimeno a tutti noi Bernadette è da Lourdes luminosa eco e trasparenza dell’Immacolata, nella quale risplende quell’innocenza battesimale che andò sempre più intensificandosi nel cor-so della sua vita.

2. Penitenza! Penitenza! Penitenza!: biblico appello alla conversioneLa rivelazione a Bernadette da parte di Maria del suo

immacolato concepimento è preceduta il 24 febbraio 1858 giorno dell’ottava apparizione dall’impellente invito evan-gelico Penitenza! Penitenza! Penitenza! È il biblico appello

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alla conversione (cfr. Mt 3,2). Si tratta cioè dell’invito a lasciare una vita di peccato, rivolto a tutti, e decidersi per una vita nuova sulla via del ritorno a Dio. La Vergine san-ta, mentre ci ripropone il pressante invito del Figlio suo alla metanoia, indica a Bernadette alcuni gesti concreti, pieni di significato biblico: “andate a baciare la terra in se-gno di penitenza per la conversione dei peccatori”; “andate a bere alla fontana e a lavarvi”; “mangerete di quell’erba che c’è là” cui si aggiunge: “pregherete Dio per i peccatori”.

Per chi conosce l’antica prassi penitenziale in vista del-la riconciliazione con Dio e con la Chiesa, essa è model-lata su preghiera e penitenza attraverso le loro specifiche modalità rituali e gestuali; il tutto, sempre nel pieno coin-volgimento orante della comunità credente. Se vivida era la coscienza del peccato nell’animo dei fedeli e del ricorso al sacramento della penitenza in vista della riconciliazio-ne,si deve però notare che negli ultimi decenni, una serie di inchieste hanno rilevato la diffusa disaffezione verso la confessione e verso la concezione stessa del peccato.

È in crisi proprio il concetto di peccato! In verità det-ta crisi è riscontrabile sin dall’epoca apostolica, quando la chiesa nascente dovette aprire gli occhi sul fatto che dopo il battesimo restava in coloro che venivano chiamati “santi” la possibilità di peccare, e di peccati che conduco-no alla morte (cfr.1Gv 5,14). L’Immacolata ci offre in tal senso la giusta coscienza del peccato come autosufficienza autarchica dell’uomo, autonomia dalla volontà di Dio, ri-

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fiuto della verità e chiusura egocentrica. Nella profondità della notte del peccato il Risorto però offre alla Chiesa, nel vespro della sua Pasqua, il dono della remissione dei peccati mediante l’azione dello Spirito. Se non siamo per-fetti, possiamo però trovare misericordia, e Lourdes è un forte appello alla conversione e a riconoscere la bontà del Signore.

3. Il sacramento della riconciliazione: alito del RisortoL’innegabile calo della frequenza al sacramento della

penitenza esige pertanto la sua riscoperta per avvertire la gioia del perdono di Dio che precede e suscita la coscienza del peccato. E se il peccato è sempre allontanamento da Dio, fonte della vita e della pace, il perdono da lui con-cesso attraverso la mediazione del ministro, è palingenesi ossia nuova creazione, metamorfosi, dono di una nuova identità che solo lo Spirito può restituire all’uomo sfigu-rato dal peccato. Lasciamoci allora riconciliare, per essere guariti, ben consapevoli che il peccato è una vera malattia che ci rende incapaci di metterci in relazione con noi stes-si, con le cose, con gli altri e con Dio. È del sacramento, in-vece, secondo il disegno del Risorto, riaccendere nel pec-catore l’amore di Dio e riannodare la piena comunione con Lui; sì, perché il Signore non abbandona il peccatore alle sue ferite mortali; in quanto pastore e medico egli si prende cura delle pecore inferme. Ricordiamo altresì che se la Chiesa guarisce dai peccati, è lo Spirito che guari-

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sce; e se la Chiesa santifica è ancora lo Spirito creatore che santifica e risana, detergendo ogni bruttura presente nel corpo, tempio vivo della gloria di Dio.

Propongo infine, a mo’ di sintesi, una bella orazione di assoluzione data dal vescovo nel rito di riconciliazione dei penitenti, presente in un’antica fonte liturgica, il Sacra-mentario Gelasiano:

“La tua mano guarisca le loro ferite, perché il corpo della Chiesa non resti privo di nessuno dei suoi membri; il tuo gregge Signore, non sia disperso, il nemico non goda della rovina della tua famiglia, e la morte eterna non abbia mai il sopravvento sui nati a vita nuova nel battesimo. A te salga, Signore, la nostra supplica, a te il pianto del no-stro cuore; perdona i peccatori pentiti, perché dai sentieri dell’errore ritornino alle vie della giustizia e guariti dalle ferite del peccato, custodiscano integra e perfetta la grazia della nuova nascita nel battesimo e della riconciliazione nella penitenza” (GeV n. 358 – 359). È la gioiosa esperien-za di quella mano del sacerdote innalzata sul nostro capo quale effusione dello Spirito, alito del Risorto su di noi.

4. Dalla “bolla” del beato papa Pio IX “Ineffabilis Deus”È bene rileggere alcuni tratti del documento pontifi-

cio che il giorno 8 dicembre 1854 dichiarò dogma di fede l’immacolata concezione di Maria: “Dio ineffabile… fin da principio e prima dei secoli scelse e preordinò al suo Figlio una madre, nella quale si sarebbe incarnato e dalla

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quale poi, nella felice pienezza dei tempi, sarebbe nato; e, a preferenza di ogni altra creatura, la fece segno a tanto amore da compiacersi in lei sola con una singolarissima benevolenza… Così ella, sempre assolutamente libera da ogni macchia di peccato, tutta bella e perfetta, possiede una tale pienezza di innocenza e di santità… A onore del-la santa e indivisibile Trinità, a decoro e ornamento della vergine Madre di Dio, a esaltazione della fede cattolica, e a incremento della religione cristiana, con l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei beati apostoli Pietro e Pa-olo e Nostra, dichiariamo, pronunziamo e definiamo: la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata im-mune da ogni macchia di peccato originale, è stata rivelata da Dio e perciò si deve credere fermamente e inviolabil-mente da tutti i fedeli…”.

5. Dal Concilio Vaticano IIIl Concilio Vaticano II afferma: “Nessuna meraviglia

se tra i Padri della Chiesa era invalso l’uso di chiamare la Madre di Dio la tutta santa e immune da ogni mac-chia di peccato, quasi plasmata e resa nuova creatura dal-lo Spirito Santo. Arricchita fin dal primo istante del suo concepimento dagli splendori di una santità particolare… a consentendo alla parola divina divenne Madre di Gesù

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e aderendo con tutto l’animo e senza nessun ostacolo di peccato alla volontà salvifica di Dio votò totalmente se stessa… non fu strumento meramente passivo di Dio, ma cooperò alla salvezza dell’uomo con la libera fede e obbe-dienza…” (Lumen Gentium 56). In un altro testo prose-gue: “L’Immacolata Vergine, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, compiuto il corso della vita terrena fu assunta alla gloria celeste in corpo e anima…” (ivi, 59).

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DOMANDE PER LA RIFLESSIONE

1. Consideriamo Maria isolata o modello della Reden-zione?

2. Quale senso diamo al peccato originale, al battesimo, al peccato personale e sociale?

3. Colleghiamo pellegrinaggio e penitenza anche sacra-mentale?

4. Preghiamo per la nostra conversione e per i “peccatori”?

5. Consideriamo il valore redentivo dato da Cristo anche alla sofferenza e/o alla nostra fatica?

6. Lodiamo Dio per la bellezza donata a Maria Santis-sima?

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Maria immacolata: realizzazione del cristiano perfetto

Don Giovanni Frigerio

1. Dinamismo cristocentricoSan Giovanni Paolo II, nell’introdurre la Chiesa nel

terzo millennio, ha lanciato un programma energico di grande respiro, che scaturisce dal cuore stesso del Vange-lo: “Duc in altum” (Prendi il largo: Lc 5,4). È un invito alla fede nella presenza di Dio e nella forza sul suo Amore che agisce nella storia. È un programma raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso. È Lui che ci invita a conoscere, amare, imitare, per vivere tramite Lui la vita trinitaria e trasfor-mare con Lui la storia fino al suo compimento nella Geru-salemme celeste (cfr. Novo Millennio Ineunte 29). Perciò il cammino del cristiano non è quello di apprendere da Gesù le cose che ha insegnato, quanto di imparare Lui.

Papa Francesco nella Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium afferma: “Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce da cuore co-modo e avaro, dalla ricerca malata dei piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude

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nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono que-sto rischio, certo e permanente. Molti vi cadono e si tra-sformano in persone risentite, scontente, senza vita.

… Questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo ri-sorto. Invito ogni cristiano a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta, … perché nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore (così scriveva san Paolo VI in Gaudete in Domino 22). Chi rischia, il Signore non lo de-lude, e quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte” (EG 2-3).

2. Maria scuola di Dio: da Cana al CenacoloQual è la scuola che ci aiuta ad aprirci efficacemente a

una conoscenza profonda e coinvolgente di Gesù? È Ma-ria! Il primo dei segni compiuti da Gesù – la trasformazio-ne dell’acqua in vino alle nozze di Cana – ci mostra Ma-ria appunto nella veste di Maestra, mentre esorta i servi a eseguire le disposizioni di Gesù (cfr. Gv 2,5). Possiamo immaginare con ragionevolezza che tale funzione Maria l’abbia svolta poi più ampiamente per i discepoli nel Ce-

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nacolo dopo l’ascensione di Gesù; era con loro in un’at-tesa attiva della Pentecoste e della missione “al mondo intero”. Quanto avranno conversato insieme quei giorni nel Cenacolo su Gesù!

Ora inviati anche noi a camminare sulle strade del Vangelo, facciamolo con Maria, mettendoci alla sua scuo-la! Una scuola che ci insegna a pronunciare ogni giorno il nostro “sì” alla volontà di Dio e ad aprire il nostro cuore al progetto d’amore del Padre. Solo allora potremo pene-trare le parole di Gesù, per comprenderne il messaggio e lasciarci trasformare in Lui. A tale proposito illuminanti sono le parole di san Paolo VI: “Se vogliamo essere cristia-ni, dobbiamo essere mariani, cioè dobbiamo riconoscere il rapporto essenziale, vitale, provvidenziale che unisce la Madonna a Gesù, e che apre a noi la via che a Lui condu-ce. Una duplice via: quella dell’esempio e quella dell’in-tercessione. Vogliamo essere cristiani, cioè imitatori di Cristo? Guardiamo a Maria; ella è la figura più perfetta della somiglianza a Cristo. Ella è il tipo. Ella è l’immagine che meglio di ogni altra rispecchia il Signore; è, come dice il Concilio, ‘l’eccellentissimo modello nella fede e nella ca-rità’ (LG 58)”.

Ora nella vita di Maria noi scopriamo alcune attitudi-ni peculiari: la purezza di anima e di corpo per ricevere Dio; la vita intera spesa per magnificare, rendere grande il Signore; amore vissuto concretamente nella quotidianità fino al culmine di dare Gesù al mondo; lo stare in piedi di

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fronte a ogni dolore trasformandolo in amore; la materni-tà che non ha confine, né di tempo né di spazio.

A Lourdes santa Bernadette non solo ascoltò Maria ma cercò di seguirne l’esempio e qui possiamo imparare ancora. Bernadette coltivava nel suo cuore il desiderio di una relazione profonda con Cristo, espresso anzitutto dal-la aspirazione viva di essere ammessa alla Prima Comu-nione. Poi mostra la sua docilità: nella terza apparizione all’invito della bella Signora di Massabielle: “Volete farmi la grazia di venire qui per quindici giorni?”, Bernadette rispose con un assenso deciso: con tutta la sua libertà dice il suo “sì”, perché riconosce il dono di Dio ed entra in questo cammino e così apre il suo cuore all’Amore. In un tempo come il nostro, in cui si diffonde a macchia d’olio la scristianizzazione, è fondamentale che la fede nasca e si sviluppi per attrazione, per la testimonianza della no-stra vita. Pensiamo ai discepoli di Giovanni Battista. Alla domanda di Gesù: “Chi cercate?”, rispondono “Maestro, dove abiti?”. Gesù di rincalzo: “Venite e vedrete” (cfr. Gv 1,38-39).

Bernadette tradusse tutto questo in una preghiera mol-to significativa: “Gesù, cresci, cresci in me, nel mio cuore, nella mia anima, la mia fantasia, i miei sensi, con la tua mo-destia, la tua purezza, la tua umiltà, il tuo zelo, il tuo amo-re. Cresci con la tua grazia, la tua luce, la tua pace; cresci malgrado la mia resistenza, il mio orgoglio; cresci fino alla pienezza dell’uomo perfetto, cresci come a Nazareth, da-

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vanti a Dio e agli uomini, per la gloria di tuo Padre”. Infatti questa piccola donna aveva messo Maria nel suo cuore e ne aveva fatto la sua dimora sulla terra. “O Madre mia, è nel tuo cuore che depongo le angosce del mio cuore e attingo forza e coraggio” (Dal Ritiro del 1873).

3. AnnunciazioneMaria è coinvolta in prima persona nell’evento più

straordinario e decisivo della storia dell’umanità – che così è trasformata in storia di salvezza –: l’incarnazione del divin Verbo. Con il suo “Eccomi” incondizionato alla volontà di Dio, Maria divenne quel tabernacolo vivente, che ha accolto il Figlio di Dio facendo così sorgere sulle tenebre dell’umanità il Sole di giustizia. Il Vangelo ce la presenta come una giovinetta che vive di Dio, in Dio, anzi vive Dio. Ella appartiene al Signore; a Lui ha consacrato la verginità; in Lui ha trovato la libertà. Il mistero della Incarnazione è divenuto in Maria un mistero di amore e di bellezza della purezza.

Bernadette ha fatto propria questa chiamata quando “la bella Signora” le promise di renderla felice ma non della gioia di questo mondo di peccatori e di male – per questo dovrà seguire la strada comune ad ogni cristiano, i piccoli sentieri della fede – ma della felicità dell’altro, che è quello dei discepoli del Signore che lo seguono sul-la strada dell’amore. Dirà Bernadette: “Io sono più felice (beata) sul mio letto di malattia con stretto nelle mani il

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mio Crocifisso, che una regina seduta sul suo trono”. Per-ché “basta amare”: l’amore è tutto.

Maria ci insegna che anche noi dobbiamo corrispon-dere all’amore di Dio con il nostro amore. Ogni persona, dopo essere stata chiamata e illuminata da Dio, si deve impegnare con tutto il suo essere a fare la sua volontà, di-chiarandosi come Maria, la “serva del Signore”. Il “sì” di Maria richiama il “sì” di tutti i suoi figli. Per imitare Ma-ria, modello del cristiano perfetto, ci è chiesto perciò, di ripercorrere il tragitto dall’egoismo all’altruismo, dall’io a Dio.

4. MagnificatL’Immacolata fece proprio il messaggio del libro del

Siracide: “Quanto più sei grande, tanto più fatti umile e troverai grazia davanti al Signore. Perché grande è la po-tenza del Signore, e dagli umili è glorificato” (Sir 3,18.20). Su questa umiltà germogliò la santità di Maria e l’ Amore si tradusse in servizio. Nell’incontro con Elisabetta fu pro-clamata la prima beatitudine del Vangelo, che riguardava Maria, ma anche tutti noi che la vogliamo seguire e imi-tare: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” 1,45).

Allora Maria, mossa dallo Spirito Santo, comunicò il segreto che custodiva nel suo cuore, cantando il Magni-ficat (Lc 1,46-55), che racchiude un triplice programma di trasformazione: uno morale, cioè Gesù compirà una

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trasformazione radicale nei cuori; uno politico, per cui impianterà le strutture della società nuova fondata sui va-lori dello Spirito; uno sociale che riguarda gli sfruttati, gli affamati, gli schiavi ecc. che riceveranno la parte debita dei beni. È la rivoluzione della Croce.

Infatti Maria è modello concreto per questo nuovo cammino: l’amore non è completo se non è concreto. Ella ci ricorda i nostri prossimi verso i quali abbiamo il debito dell’amore: sono tutti coloro con cui viviamo, coloro che incontriamo ogni giorno, i malati che accompagniamo … andiamo in fretta ad amarli! Non si tratta di dare qualcosa agli altri: dobbiamo dare la nostra persona, il nostro cuo-re. Noi proponiamo la civiltà dell’amore, tanto sognata da san Paolo VI e ognuno, anche il più ferito nel corpo, ha una sua dignità, poiché Dio ha fatto cose grandi per tutti i redenti da Cristo.

5. Amore – CroceL’amore di Maria che maternamente intercetta i biso-

gni degli uomini si manifesta a Cana, dove Gesù diede ini-zio ai miracoli. Qui Maria ci dona il suo testamento mora-le: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela!” (Gv 2,5). L’ Immacolata si mostra a noi nelle vesti di Maestra e ci aiuta ad imparare suo Figlio. Si rivela la via più sicura ed efficace per arrivare a Gesù e per conformarci a Lui. A Lourdes incontriamo oltre Maria anche santa Bernadette, catechizzata da Ma-ria: accetta la sua missione, senza conoscere bene ciò cui è

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chiamata e, come Abramo, si lasciò condurre nel mistero di salvezza degli uomini. “Io non sono nulla – diceva – e di questo nulla Gesù ha fatto una grande cosa. Sì, poiché in un certo senso io sono Dio, per la Santa Comunione: Gesù mi dona il suo cuore, io perciò sono cuore a cuore con Gesù, sposa di Gesù, amata da Gesù, sono un altro Gesù. Perciò amo sempre ciò che Gesù vuole, come Lui lo vuole

… Non la mia volontà, mia cara Madre, ma la vostra, che è sempre quella di Gesù”. Uno sguardo dobbiamo darlo però all’apice della missione d’amore di Maria e ciò avvenne ai piedi della Croce: “Stavano presso la Croce di Gesù, sua Madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala” (Gv 19,25). Maria “stava”, stava ritta, stava in piedi. Ci suggerisce la dignità e la fortezza di Ma-ria nell’affrontare il dolore. È commovente pensare che Gesù ci ha regalato la Madre proprio nel momento supre-mo della manifestazione dell’amore. Alla luce di questa bellezza materna di Maria, il dolore diventa partecipazio-ne indispensabile alla redenzione, cioè quello che costitu-isce la dimensione più alta dell’amore. In questa prospet-tiva del dolore risolto in amore, è racchiuso il programma di vita per ogni persona che si fa figlio di questa Madre.

ConclusioneMaria, nei vari momenti della sua vita menzionati dal

Vangelo, ci mostra la via per portare a maturazione la gra-zia battesimale: il suo modo di essere “santa e immacolata”

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deve costituire il nostro modo di essere, non “immacolati” (poiché soltanto Maria lo è) ma “santificati” grazie al bat-tesimo che ci ha fatti santi in Cristo Gesù (cfr. 1Cor 1,2). Come la missione fondamentale di Maria è stata quella di dare Gesù al mondo, così a tutti noi cristiani è chiesto di ripetere tale missione vivendo ogni giorno il Vangelo.

Come Bernadette, lasciamoci attirare da Maria, con-templiamo e ammiriamo in lei Immacolata il capolavo-ro di Dio. Sotto lo sguardo di Maria lasciamoci invadere dal profondo desiderio di crescere in santità. Ella ci guida alla conversione della vita. Lasciamoci dunque “volgere a ciò che è umile” (cfr. Rm 12,16) e allora lo Spirito Santo ci darà la grazia di essere persone semplici, vere, cristia-namente mature, dedite quindi a edificare la Chiesa con Maria, modello perfetto di ogni cristiano.

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DOMANDE PER LA RIFLESSIONE

1. Come esprimo il mio amore verso la Madre di Dio?

2. L’esperienza di crescita nella fede di Maria, interroga la mia esperienza di fede a livello di vita personale, familiare, comunitaria, associativa?

3. Come Maria, l’incontro con Cristo e i fratelli, mi spro-na al servizio?

4. Come valorizzo la devozione mariana per un autenti-co cammino di santità?

5. In che mi ispira l’esempio di Bernadette Soubirous nel contesto di Lourdes e della chiamata universale alla santità?

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Maria Immacolata, la serva del Signore, ci chiama ad essere servi

Don Gianni Toni

1. Maria e LourdesParlare di Maria è sempre un’avventura affascinante

ed unica! Un dono che abbiamo per poterci arricchire ogni giorno nella nostra vita, riflettendo su come Lei è sta-ta privilegiata dal Signore e come, grazie a Lei, possiamo con la nostra vita tentare di avvicinarci a Cristo Salvatore. Attraverso la sua intercessione e guardando al suo esem-pio, potremmo anche noi avere ed essere riflesso di quella grazia di salvezza! Ogni credente che si mette in atteggia-mento di contemplazione di Maria non può non arrivare a comprendere quale grande dono ha voluto farci Gesù in persona, nell’ultima azione sul Calvario, affidando ognu-no di noi a Lei come figlio!

Sì, perché ogni credente la trova “sua” in maniera stu-penda e nello stesso tempo si sente parte di un amore che milioni di credenti nel corso dei secoli hanno espresso, raccontato, cantato e pregato, pensando a questa Madre celeste, unica ed originale. Ogni racconto o descrizione di Lei è sempre un romanzo stupendo della Sua azione nei confronti dei figli!

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È in questa luce che vogliamo dire qualche parola su ciò che ha colpito e colpisce quante e quanti si portano ogni anno in pellegrinaggio a Lourdes, posto unico al mondo. Là Lei è venuta per dare speranza e confortare, ma anche per ricordare ad ogni singolo credente, la gioia della promessa di una felicità che non avrà mai fine. Alla piccola veggente Bernardette Soubirous disse: “Non vi prometto che sarete felice in questo mondo ma nell’altro!” (o secondo altra versione: non la felicità di questo mondo ma quella dell’altro).

Al riguardo mi piace riportare alcune frasi che ha scrit-to una innamorata della Vergine Maria; era inferma, ma non è mai mancata una volta al pellegrinaggio naziona-le: “Quando tornerò a casa i miei figli mi domanderanno che cos’è Lourdes, risponderò che Lourdes è un luogo che canta un commovente inno d’amore per Dio. È un luogo dove l’anima è sentita vivere nel corpo della nostra uma-nità. Con questo spirito e con questa premessa cercherò di parlare o meglio di aprire il mio cuore a lei, Immacolata, che ha risposto al piano di Dio con autentico spirito di servizio!

Lourdes è un’alta cima da dove gli occhi della nostra fede possono ammirare l’infinito orizzonte dell’eternità… Dirò a tutti che è sognare ad occhi aperti di essere vicini all’uscio del paradiso, è toccare, con le mani stupite della ragione, dove il possibile nasce dalle viscere dell’impossi-bile…”.

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2. Maria Immacolata modello di servizioLourdes è un dono per ogni credente, perché è l’unico

posto al mondo dove Lei, presentandosi il 25 marzo 1858, confermò al mondo la sua Immacolata Concezione.

È su tale qualità di Maria che ci concentra quest’anno (2019-2020) il tema pastorale.

La sua però non fu soltanto esenzione da opera di male ed anzi dalla stessa eredità del peccato originale, ma costan-te generosità d’amore, come ci testimoniano i Vangeli.

Mi soffermerei un po’ anche sui testi detti “apocrifi”; non sono sempre esposti storici, ma con parafrasi espri-mono la fede e la visione dei fedeli, e in particolare poi il cosiddetto Protovangelo di Giacomo, il più antico, risa-lendo a verso il 150 d.C. Secondo tale testo, poi ripreso da vari altri, Maria si sarebbe recata al pozzo per attingere ac-qua, e innanzitutto lì sarebbe apparso l’Angelo. Sappiamo che a Nazareth i fratelli ortodossi animano la chiesa di San Gabriele, dove appunto si ritiene sia avvenuto tale prima apparizione. Per la Sacra Scrittura l’acqua è una benedi-zione (cfr. Gen 1,1-2; Is 44,3) ed essa sa generare la vita an-che in terra deserta, e si potrebbe intravvedere l’annuncio di una maternità da una vergine. Il pozzo è anche il luo-go dell’incontro, del dialogo. Gli ortodossi preferiscono sottolineare nell’acqua la trasparenza, la purezza, segno appunto di Maria “la tutta bella, la tutta pura” e infatti l’acqua è mezzo per il battesimo.

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Dopo quel primo incontro, l’arcangelo apparve a Ma-ria nella sua abitazione, accostata a una grotta e proclamò: “Ave piena di grazia” facendosi portatore del messaggio divino di essere lei la donna prescelta per divenire Madre del Salvatore. Dopo il dialogo, che conosciamo dal Van-gelo secondo Luca, Maria si mise a totale disposizione del Signore: “Ecco la serva del Signore” (anzi il testo greco parlerebbe di “schiava” (doulé), termine che non aveva nulla di dispregiativo, ma asseriva la totale disponibilità). E Maria non si trattenne nella casa o a Nazareth, ma “si alzò e si mise in cammino verso la regione montuosa e raggiunse in fretta una città…”. La sua non era una spi-ritualità intimista, ma si pose subito a servizio di altri, di-venendo segno di fiducia e di speranza, compiendo quel “Primo viaggio apostolico” in una Chiesa che con lei stava nascendo.

Questa immagine di Maria che cammina speditamen-te per le vie e i sentieri delle montagne d’Israele non è solo affascinante, ma esprime consapevolezza, decisione, co-raggio, solidarietà, gioia di un annuncio! Come non sof-fermarsi allora nel riflettere di quanta ricchezza teologica è piena quella frase che ha segnato e segna l’azione concre-ta del popolo di Dio nel suo agire (cfr. At 20,35): “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”?! Certamente ognuno che abbia esperienze di volontariato alle spalle apporrebbe la propria firma su quella frase. Infatti colui che accoglie un fratello o sorella è visitato da Dio e il rapporto di genero-

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sità si rovescia. Vi sono tanti testi del Nuovo Testamento che ci invitano alla solidarietà attiva e la tradizione viva della Chiesa la testimonia e vivifica. L’Unitalsi trova qui la radice e la linfa che la sostengono e producono frutti nuovi. Tutti i volontari e le volontarie guardano a Maria come modello d’amore e a Lourdes come luogo privilegia-to della carità fraterna e rispettosa di tutti; altri Santuari integrano questo grande movimento di progresso per un mondo migliore. Anche gli ammalati, i disabili, gli anziani possono contribuire a questa dinamica di amore recipro-co, poiché pure l’offerta del giornata e la preghiera sono rese un valore dal Redentore, egli che sa premiare anche un semplice bicchier d’acqua dato nel suo nome.

Verità che possono e devono diventare per ogni uni-talsiano/a un programma di vita da portare avanti non solo nei giorni di un pellegrinaggio – che ci riporta a vive-re quel tratto di stratta che va da Nazareth ad Ein Karim – ma tutte le strade che percorriamo ogni giorno per la vita in famiglia,per il lavoro, lo svago, la sofferenza, per incontri con i più feriti della società e nelle comunità ec-clesiali come nelle associazioni anche laiche.

Guardiamo a Maria, perché ha portato agli uomini il calore di una presenza, la serenità di un sorriso, la luce e la bellezza della Grazia. Nelle crepe di questo mondo, dove il Male è ancora potente, riporterà la Speranza e ridonerà Fiducia! Il suo Magnificat è pieno di speranza per il mon-do intero, di generazione in generazione.

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3. Formazione, preghieraNon possiamo vivere il nostro impegno di servizio se

non sostenuti da un cammino educativo che deve “termi-nare” nel farci divenire uomini e donne che dopo esser di-venuti consapevoli di quello che intendono fare, operano con autentica decisione!

La costanza è indispensabile, ma essa si sostiene se ci sono le motivazioni. Non possiamo essere persone che rin-viano l’impegno al “domani, dopo, si vedrà… si vedrà…”.

Per fare il bene e farlo bene, ossia essere incisivi per i destinatari, occorre avere un cuore sensibile all’azione, una formazione e molta preghiera. La santa madre Tere-sa di Calcutta era una donna di prolungata preghiera e dalle sue Suore esigeva prima una preparazione spirituale e quindi una vita di preghiera per poi dedicarsi all’altro attraverso l’azione! Si tratta di agire con consapevolezza cristiana e non solo per pura filantropia!

Le esigenze complesse di chi è malato, la varietà di cul-ture nelle famiglie, la situazioni diverse, la normativa esi-stente, ecc non permettono di limitarsi alla “buona volon-tà”; il servizio domanda appunto preparazione spirituale, culturale, tecnica.Per tale obiettivo molto possono fare le sezioni e sotto-sezioni, ma anche la ricerca personale e la collaborazione con esperti di altri ambiti, con parrocchie e diocesi.

La tradizione cristiana è che Maria si sia formata nel tempio o almeno faceva parte di quelle “consacrate” che

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pure l’ebraismo riconosceva; i Vangeli testimoniano che aveva larga conoscenza della Scrittura e contribuì alla for-mazione di Gesù. Maria racchiude in sé, con il suo agire, il modello di vita per ciascun credente e anticipa l’esempio del buon Samaritano. Lei che ha risposto alle attese di Dio è pronta a rispondere alle attese di tutti; così si preoccu-perà di salvare la vita di Gesù fuggendo verso l’Egitto; di ritrovarlo quando a dodici anni si fermò nel tempio; di salvare la gioia degli sposi a Cana, di verificare se il suo Gesù almeno mangiava… e di essere presso di lui sul Cal-vario e quindi con i discepoli nel Cenacolo. Un modello di fedeltà alla missione!

Così dovrebbe essere l’agire di ogni sorella, barelliere, sacerdote nei giorni peculiari del pellegrinaggio! Cammi-no che va non solo vissuto ma preparato nella vita quo-tidiana di casa, nella professione, nella scuola per poter avere poi la “decisione” vera che darà frutti e farà com-prendere il servizio così come fece Bernadette: “La santa Vergine si è servita di me come fa una donna con la scopa per pulire la casa al mattino e poi la ripone al suo posto…ed io ne sono contenta e vi rimango”!

Sono concetti difficili che ci portano a riflettere e me-ditare in profondità, per non cadere poi alla minima diffi-coltà e gettare, come si suol dire, “la spugna!”.

Nota il Vangelo che Maria si mise in viaggio in fretta! Ecco il dinamismo della vita cristiana: un mistero in cam-mino sulle strade degli uomini, con fretta per comunicare

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a tutti quanto è bello il messaggio della fede cristiana. Ciò non vuol dire essere superficiali, non dare il tempo all’al-tro per ascoltarlo e aiutarlo, ma essere decisi nell’operare il bene. Osserviamo che Maria fu veloce sulla strada, ma poi si fermò per tre mesi in casa di Elisabetta, cioè fino alla felice nascita di Giovanni. Impariamo quindi a incontrare gli altri pellegrini, la Chiesa locale, i nostri amici infermi o disabili, ma tutto ciò presuppone che una persona abbia prima incontrato se stessa e quindi viva con serenità, nella fiducia in Dio, la propria esistenza. Per sapere veramente se ci siamo “realizzati” non limitiamoci a conoscere che cosa è successo dentro di noi, ma osserviamo con più at-tenzione che cosa abbiamo fatto succedere negli altri! Ma-ria appena giunta in casa di Elisabetta provocò la gioia del nascituro Giovanni: e noi?

Il bambino che ha esultato nel grembo di Elisabetta co-stituisce per noi un’immagine estremamente significativa per la nostra verifica di crescita nel servizio!

4. Bernadette esempio di servizioAbbiamo già notato come Bernadette avesse assunto

la sua missione di riflettere la parola “della bella Signora” come un servizio, non per tornaconto personale. Tale at-teggiamento lo proseguì e sviluppò negli anni trascorsi nel convento di Nevers, in servizi umili e in quelli di infermie-ra, trattando con un amore incredibile, pieno di sorrisi fra-terni le sue consorelle malate; divenne la buona samaritana

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del corpo e dell’anima in quegli anni! Un modello di servi-zio che ancora oggi si pone a quante e quanti a Lourdes si portano per servire i malati! Bernadette diceva: “Quel poco tempo che stiamo al mondo, bisogna impegnarlo bene” e aggiungeva: “Un giorno andremo in cielo”.

In convento non era una privilegiata; anzi Madre Va-zou era piuttosto dura con lei, dicendole che non si spie-gava come la santa Vergine avesse scelto, tra tante ragaz-ze, proprio lei, la più “ignorante” di Lourdes e non capiva, sempre con aria di rimprovero, come avesse potuto rice-vere diciotto apparizioni dalla santa Vergine, lei che (se-condo la superiora) non sapeva cosa fosse la sofferenza! È in quella occasione che Bernadette le mostrò il suo gi-nocchio corroso da un tumore osseo. La Madre ne rimase esterrefatta! Ciò ci insegna che non sempre riceviamo lodi per il nostro servizio e dobbiamo essere preparati anche alle incomprensioni.

Le parole di risposta di Bernadette ad una sua conso-rella possono essere lo stile di vita per ogni volontario che desidera avere un riscontro al proprio spirito di servizio: “Non cerchiamo che la gloria di Dio e la Sua volontà”! Quella volontà che le fa dire: “Sono macinata come un chicco di grano”. Da quella “farina” di santa Bernadette sono circa ottocento milioni le persone che in più di cen-tocinquanta anni sono andate alla grotta di Massabielle, alla ricerca di uno sprazzo di paradiso, per vivere, operare e sperare in questa terra.

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DOMANDE PER LA RIFLESSIONE

1. Chiediamoci quanti di noi colgono l’UNITALSI come invito per un servizio autentico e gratuito?

2. Viviamo l’associazione come aiuto reciproco per ri-spondere al servizio?

3. Cosa dice a noi la Visitazione di Maria?

4. Sappiamo coglier tutto il messaggio del Magnificat?

5. Cosa dice l’esempio di Suor Bernadette?

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L’IMMACOLATA E LA SOFFERENZA

P. Carmine Arice, ssc

1. Lourdes et Giornata del MalatoNessuno è rimasto sorpreso quando san Giovanni Pa-

olo II scelse la data dell’11 febbraio, memoria della Beata Vergine di Lourdes e anniversario della prima appari-zione dell’Immacolata a santa Bernadette, per celebrare l’annuale Giornata Mondiale del Malato. In questa data, infatti, il papa di origine polacca ha posto gli atti più im-portanti del suo ministero petrino a favore degli ammalati e dei sofferenti. Lo ricorda egli stesso nella lettera di Isti-tuzione della Giornata: “Come alla data dell’11 febbraio pubblicai, nel 1984, la Lettera apostolica Salvifici Doloris sul significato cristiano della sofferenza umana…, così ri-tengo significativo fissare la medesima ricorrenza per la celebrazione della Giornata Mondiale del Malato… Insie-me con Maria, Madre di Cristo, che stava sotto la croce, ci fermiamo accanto a tutte le croci dell’uomo di oggi. E Lour-des, santuario mariano tra i più cari al popolo cristiano, è luogo e insieme simbolo di speranza e di grazia nel segno dell’accettazione e dell’offerta della sofferenza salvifica” (lettera del 13 maggio 1992).

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La Vergine Immacolata che a Lourdes non ha mai parlato di sofferenza o di malattia fisica ma che sin dalle prime apparizioni ha raccolto attorno a sé ammalati nel corpo e nello spirito, ha ispirato il papa santo a designare il santuario pirenaico per celebrare ogni anno la Giornata del Malato. Lo fece non per i possibili miracoli di gua-rigione – che non raramente avvengono in esso anche oggi– ma perché Lourdes è luogo e simbolo di speranza, di grazia, di offerta salvifica nel segno della solidarietà cri-stiana e dell’accettazione della fragilità umana. La prima persona che a Lourdes non è stata guarita ma che ha com-preso in un modo tutto particolare il valore salvifico della sua sofferenza offerta per la conversione dei peccatori è stata proprio la veggente di Massabielle, santa Bernadette Soubirous.

2. La sofferenza e sue potenzialitàFermiamoci a riflettere brevemente sulla sofferenza

umana, tema delicato da accostare con estremo pudore soprattutto da chi non lo ha ancora sperimentato in tutta la sua drammaticità sulla propria pelle. Scrive E. Levinas: “Il dolore isola assolutamente” (Ethique de la souffrance) e poiché la sofferenza umana “intimidisce”, essa deve de-stare “rispetto”. Di questo rispetto ne parla con efficacia papa Woytila nella sua lettera sul senso cristiano della sofferenza (cfr. Salvifici Doloris 3). Egli, pur dichiarando che “l’amore è la fonte più ricca del senso della sofferenza”

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ricorda che “essa rimane sempre un mistero: siamo consa-pevoli della insufficienza e dell’inadeguatezza delle nostre spiegazioni” (ivi, 12).

Le reazioni di fronte all’aggressione della sofferenza possono essere diverse. Qualcuno in essa matura, altri si disperano; tra l’uno e l’altro atteggiamento vi è uno spa-zio che talvolta può farsi percorso, cammino. Ma è certa-mente un itinerario quanto mai complesso. “L’uomo nella sua sofferenza, rimane un mistero intangibile” ha scritto ancora il Papa (ivi, 4) e questo “rimanere” non dice solo incondizionata e intrinseca dignità della persona che sof-fre, qualunque sia la sua situazione e reazione, ma dice anche il rispetto loro dovuto, sia per quanti giungono ad accogliere il mistero di salvezza che vi si cela, sia di quanti gridano la disperazione e si ribellano. La persona soffe-rente è “un terreno sacro” al quale, per accostarsi, occorre togliere i calzari e camminare con rispetto!

3. Lourdes a chi soffreLa domanda centrale è: “Cosa dona l’incontro con la

Vergine Immacolata a Lourdes alle migliaia di persone che vi si recano in pellegrinaggio, soprattutto se malati e sofferenti?”. La risposta la raccogliamo dai molti amma-lati che hanno sentito il bisogno di testimoniare quanto hanno ricevuto davanti alla Grotta più famosa del mon-do. Tante volte raccontano di aver trovato una comunità cristiana che li ha accolti e li ha aiutati a superare quella

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radicale solitudine che la sofferenza e la malattia portano con sé. Per alcuni il pellegrinaggio è stato l’occasione per uscire di nuovo di casa dopo essersi chiusi di fronte alla durezza della vita. Molte persone a Lourdes, luogo di gra-zia scelto dalla Provvidenza Divina, hanno trovato soprat-tutto un possibile senso alla loro drammatica esperienza, fino ad acquisire uno spirito di fede. Sono loro a dare conferma della verità di quanto ha scritto papa Francesco nell’Enciclica Lumen Fidei: “Il cristiano sa che la sofferen-za non può essere eliminata, ma può ricevere un senso, può diventare atto di amore, affidamento alle mani di Dio che non ci abbandona e, in questo modo, essere una tappa di crescita della fede e dell’amore. Contemplando l’unione di Cristo con il Padre, anche nel momento della sofferenza più grande sulla croce (cfr. Mc 15,34), il cristiano impara a partecipare allo sguardo stesso di Gesù”. E ancora: “La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino. All’uomo che soffre, Dio non dona un ragiona-mento che spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella for-ma di una presenza che accompagna, di una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza per aprire in essa un varco di luce. In Cristo, Dio stesso ha voluto condividere con noi questa strada e offrirci il suo sguardo per vedere in essa la luce. Cristo è colui che, avendo sopportato il dolore, ‘dà origine alla fede e la porta a compimento’ (Eb 12,2)” (nn. 55-56).

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Quanto espresso dal Pontefice nella sua lettera, lo si può imparare e sperimentare a Lourdes, alla scuola della Vergine Immacolata che ha amato il suo Figlio fino ai pie-di della croce, partecipando così al mistero della salvez-za dell’umanità. È questa la vera consolazione! Guardare ai numerosi malati presenti nel Santuario francese ci fa comprendere che la sofferenza e la malattia è una realtà, ma ci aiuta anche a capire che è possibile dare un senso alla sofferenza, non in un ragionamento astratto che non porta da nessuna parte se non alla disperazione, ma in un agire che è più che un dire: è l’agire per amore vissuto da Cristo che viene dal Cielo, prende su di sé la sofferenza del mondo, soffre per l’umanità bisognosa di salvezza e offre la sua vita per redimerla.

4. Assumere la fragilità e il limiteL’invito allora che ci viene rivolto, per quanto pos-

sa sembrare ardito – e per questo a volte il cammino è lento e difficile – è provare anche noi ad entrare in que-sta dinamica di amore e di salvezza, di dono di sé per giungere ad una comprensione “diversa”, divinamente ragionevole, e che è persino capace di portare l’uomo a sperimentare la gioia del Vangelo. Infatti “Fonte di gioia diventa il superamento del senso d’inutilità della sofferen-za, sensazione che a volte è radicata fortemente nell’uma-na sofferenza” (Salvifici Doloris 27). Ecco allora la pro-posta che ci viene dal Vangelo e che l’Immacolata ci fa

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incontrare quando, obbedendo alle sue parole, andiamo in processione – icona di un cammino che dura tutta l’e-sistenza – incontro al Suo Figlio: partecipare con Cristo alla salvezza del mondo. Lo aveva capito l’apostolo Paolo quando ha scritto: “Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo Corpo che è la Chiesa”(cfr. Col 1,24). La passione di Cristo è completa e nulla manca per la salvezza, come nulla può essere portato dai credenti che l’arricchisca ulteriormen-te, ma manca qualcosa nella loro partecipazione alla Sua tribolazione. Paolo patisce e offre la sua sofferenza per il bene della Chiesa e non per aggiungere meriti a quanto è stato compiuto dal Figlio di Dio.

Ma davvero un cammino come questo è possibile? Sono numerosi i testimoni che ci dicono di sì: alcuni poco noti, altri più conosciuti come i santi a iniziare da santa Bernadette, la quale ha donato tutte la sua vita “a favore del Corpo di Cristo che è la Chiesa”. Lo aveva capito bene anche il Beato Luigi Novarese che ha fatto della sua vita un incessante annuncio dell’amore di Dio che salva e che non spreca, se lo vogliamo, nemmeno una lacrima del no-stro patire, se lo uniamo a quello di Cristo per la salvezza del mondo. Con ragione papa Francesco ci ha ricordato che la malattia – e la sofferenza che essa porta – può di-ventare un atto di amore se abbiamo su di essa lo stesso sguardo di Gesù. La Vergine Immacolata che a Lourdes si

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è fatta vedere per dire che è vicina all’umanità diventa così un segno di speranza perché attraverso di Lei è Dio stesso che offre a noi “una presenza che accompagna il nostro cammino” e se qualche volta dà il segno della guarigione, sempre fa dono della consolazione.

5. Lo spirito lourdiano porta al servizio solidaleAndare a Lourdes per tanti volontari significa guarda-

re a Maria, contemplarla nella sua bellezza di donna sen-za peccato – icona della creatura rinnovata dalla grazia -, rinnovare il proprio impegno di vita cristiana ed evange-lica, ma significa anche imitarla nel suo stare ai piedi della croce di Gesù mettendosi a servizio di quanti oggi conti-nuano nella loro carne il mistero della sua passione: sono i tanti fratelli e sorelle ammalati che hanno bisogno di cure – e sono sempre di più quelli che fanno fatica a trovarle–, ma sono anche i molti sofferenti che hanno bisogno di consolazione, di vicinanza, di relazioni significative che li aiutino a benedire i giorni di vita che la provvidenza vuole ancora donar a loro. Solo così l’esperienza di Lourdes sarà completa e potremo dire di aver colto in pienezza la gra-zia del pellegrinaggio e della nostra sosta alla Grotta delle apparizioni.

Infine, non possiamo dimenticare che a Massabielle la Vergine Immacolata invita a pregare per i peccatori e a offrire il proprio patire per la loro conversione. Non pos-siamo negare che anche il peccato è causa di sofferenza,

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soprattutto interiore, ma questa dipende della libertà e re-sponsabilità personale.

Il nostro pellegrinaggio sarebbe incompleto se non fosse accompagnato dal proposito di rinnovare la nostra vita nella grazia del Signore per essere creature nuove. Al-lora la pace del cuore, quella che tanti dicono di trovare nella Vergine Immacolata di Lourdes, sarà una forza ca-pace di sostenere anche le prove più difficili che la vita riserva senza eccezione.

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DOMANDE PER LA RIFLESSIONE

1. Quali sono, secondo te, le sofferenze più grandi che oggi segnano la vita delle persone? Ti sembra di fare abbastanza per comprenderle e per aiutarle?

2. Molte sofferenze sono morali, interiori: quali sono se-condo te le tappe per un cammino di guarigione inte-riore? Pensando all’invito della Vergine Immacolata all’orazione, hai mai sperimentato la forza guaritrice della preghiera?

3. Cosa significa avere sulla sofferenza lo stesso sguardo di Gesù, come ha indicato san Giovanni Paolo II?

4. Fin dall’inizio delle apparizioni la Vergine Maria ha radunato attorno a sé molti malati. Perché questo? Secondo te, oltre alla salute fisica, di cosa ha bisogno una persona malata? Cosa significa essere per i malati quello che è stato Maria ai piedi della croce di Gesù?

5. L’Immacolata ci insegna a pregare per la conversione dei peccatori: sei convinto che anche il peccato è moti-vo di sofferenza? Potresti fare qualche esempio a pro-posito?

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VIVI IN CRISTO

P. Domenico Spagnolli, ofm

1. Per e con i giovaniCristo è vivo e vuole “ciascun giovane cristiano vivo”:

l’Esortazione apostolica postsinodale – firmata a Loreto il 25 marzo 2019 da papa Francesco “Christus vivit” (CV) – incoraggia a prendere sul serio la gioventù, vivendola come “una gioia, un canto di speranza e una beatitudine”. È un messaggio inviato non solo ai giovani ma, “a tutto il Popolo di Dio”, nella convinzione che “la riflessione sui giovani e per i giovani interpella e stimola tutti noi”.

La Chiesa è giovane quando è se stessa, quando riceve la forza sempre nuova della Parola di Dio, dell’Eucari-stia, della presenza di Cristo e della forza del suo Spirito ogni giorno. “È giovane quando è capace di ritornare con-tinuamente alla sua fonte”. Tornare alla fonte vuol dire: tornare a Cristo, sempre e in ogni momento della vita.

I nove capitoli del documento pontificio, suddivi-so in 299 paragrafi, tracciano il cammino alla scoperta dell’unica fonte in grado da un lato di dare credibilità all’azione pastorale della Chiesa accanto alle nuove ge-nerazioni, e dall’altro di offrire una speranza concreta ai giovani stessi.

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“Cosa dice la Parola di Dio sui giovani” e su “Gesù Cristo sempre giovane”? Papa Francesco riflette attorno al rapporto tra Chiesa e nuove generazioni. Ricorda in modo particolare le numerose figure bibliche di giovani presenti nell’Antico Testamento; descrive poi la gioventù di Gesù. Una parte è dedicata a Maria diventata discepola e testimone giovane e credibile grazie al suo “Sì” a Dio. Infine, c’è un excursus su tante figure di giovani santi, dicendo di loro che sono stati: “preziosi riflessi di Cristo giovane che risplendono, per stimolarci e farci uscire dalla sonnolenza”.

2. Maria la discepola da imitare dal Sì di Nazareth al Sì del Golgota.“Nel cuore della Chiesa risplende Maria. Ella è il grande

modello per una Chiesa giovane che vuole seguire Cristo con freschezza e docilità. Quando era molto giovane, rice-vette l’annuncio dell’angelo e non rinunciò a fare domande (cfr. Lc 1,34). Ma aveva un’anima disponibile e disse: “Ecco la serva del Signore (Lc 1,38)” (CV 43).

ECCOMI, sono pronto anche io come Maria a rinun-ciare all’effimero per dedicarmi con passione e amore al servizio della Chiesa e dell’associazione? La docilità e la freschezza della giovane Maria devono essere la fre-schezza che si attende da ogni giovane anche come dono all’associazione. Dobbiamo fare in modo che i giovani possano accogliere la Parola di Dio, con una formazione

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adeguata che si basi su di essa. Prima di aspetti tecnici e quant’altro, bisogna fondare il nostro servizio associa-tivo di Unitalsi sulla Parola. Penso ad incontri di for-mazione interattivi, dove il giovane possa esprimere le proprie perplessità, i propri dubbi, senza per forza do-vergli dare risposte ma proposte di servizio concreto. Nell’ultima cena il Signore disse: “Vi ho dato infatti l’e-sempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi” (Gv 13,15). Chiamati quindi anche noi, più avanti in età e nel cammino, a rinnovarci, non limitandoci però solamente a indicare la strada, ma percorrerla insieme. Nei giovani dobbiamo cogliere e riconoscere un’anima disponibile, capace di rispondere come Maria a Nazareth: «Ecco la serva del Signore» (Lc 1,38).

“Sempre impressiona la forza del “sì” di Maria, giovane. La forza di quell’“avvenga per me” che disse all’angelo. È stata una cosa diversa da un’accettazione passiva o rasse-gnata. È stato qualcosa di diverso da un “sì” come a dire: “Bene, proviamo a vedere che succede”. Maria non cono-sceva questa espressione: vediamo cosa succede. Era decisa, ha capito di cosa si trattava e ha detto “sì”, senza giri di pa-role. È stato qualcosa di più, qualcosa di diverso. È stato il “sì” di chi vuole coinvolgersi e rischiare, di chi vuole scom-mettere tutto, senza altra garanzia che la certezza di sapere di essere portatrice di una promessa. E domando a ognuno di voi: vi sentite portatori di una promessa? Quale pro-messa porto nel cuore, da portare avanti?” (CV 44a).

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3. Con piede sicuro verso orizzonti ampiProsegue papa Francesco: “Maria, indubbiamente,

avrebbe avuto una missione difficile, ma le difficoltà non erano un motivo per dire “no”. Certo che avrebbe avuto complicazioni, ma non sarebbero state le stesse complica-zioni che si verificano quando la viltà ci paralizza per il fatto che non abbiamo tutto chiaro o assicurato in antici-po” (CV 44 b).

Spesso il cammino associativo comporta complicazio-ni, ma mai queste devono arrestare il percorso verso la meta, quella gioia a cui tutti noi siamo chiamati. Le no-stre povertà, le nostre miserie (e degli altri) non devono mai arrestare il cammino di gioia che ci viene proposto. Nessuno poi ci darà certezze e assicurazioni sul cammino. Cristo è la Certezza, Lui è il Fedele. Solo conoscendo il Figlio che Maria ci indica, possiamo trovare quell’appa-gante certezza di poter costruire insieme un mondo più umano e capace di amore verso gli altri. “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prende-te il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (cfr. Mt 11, 28-30). La fatica è il segno che stiamo camminando; allo-ra non dobbiamo scoraggiarci, ma aiutarci lungo il cam-mino. Maria dopo l’Annunciazione partì per una regione montuosa per svolgere la sua missione: ora percorrere i

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sentieri di montagna domanda sempre fatica ed ella ci è paradigma anche in questo. Andava a portare gioia e aiu-to, a testimoniare la fede e la solidarietà universale, che esprimerà nel Magnificat.

Infatti, nota il Papa: “Maria era la ragazza con un’ani-ma grande che esultava di gioia (cfr. Lc 1,47), era la fan-ciulla con gli occhi illuminati dallo Spirito Santo che con-templava la vita con fede e custodiva tutto nel suo cuore (cfr. Lc 2,19.51). Era quella inquieta, quella pronta a par-tire, che quando seppe che sua cugina aveva bisogno di lei non pensò ai propri progetti, ma si avviò «senza indugio» (cfr. Lc 1,39) verso la regione montuosa” (CV 46).

Quanti e quali desideri di bellezza hanno nel cuore i nostri giovani? Non so se li conosciamo ma non so nean-che se ce lo siamo mai veramente chiesto. Nel pellegrinag-gio giovani a Loreto dello scorso anno, abbiamo potuto renderci conto che c’è una gioventù in fermento, capace di rimboccarsi le maniche e prendersi le proprie responsabi-lità affinché tutti noi potessimo credere in loro e contem-plare quella bellezza che tanto ci attrae. Spesso per vedere quella bellezza associativa torniamo con lo sguardo ad un passato, se pur bello ma che non c’è più, senza pensare che se non ci coinvolgiamo tutti in un progetto comune che ci unisce, rimaniamo fermi al puro pensiero nostalgico che non porta da nessuna parte. L’inquietudine di Maria di cui parla il Papa è quella che ci fa camminare con entu-siasmo e gioia, e abbatte le barriere generazionali. “Senza

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indugio”: dobbiamo anche noi lasciarci illuminare dallo Spirito Santo e con passo deciso percorrere le vie dell’a-more e della gioia che l’associazione unitalsiana ci offre. Il cammino può essere faticoso ma insieme si può fare!

4. Per un mondo nuovoPapa Francesco afferma: “Così, con la sua presenza [di

Maria], è nata una Chiesa giovane, con i suoi Apostoli in uscita per far nascere un mondo nuovo (cfr. At 2,4-11)” (CV 47).

Insieme con Maria la Madre di Gesù e quindi anche di noi poiché in Lui siamo incorporati, possiamo far nascere la bellezza che ognuno di noi può ammirare e contem-plare nell’altro. Un mondo nuovo e più bello nasce anche dalla consapevolezza di avere una Madre capace di indi-carci la via giusta, la via bella, quella che porta a Cristo!

“Quella ragazza oggi è la Madre che veglia sui figli, su di noi suoi figli che camminiamo nella vita spesso stanchi, bisognosi, ma col desiderio che la luce della speranza non si spenga. Questo è ciò che vogliamo: che la luce della spe-ranza non si spenga. La nostra Madre guarda questo po-polo pellegrino, popolo di giovani che lei ama, che la cerca facendo silenzio nel proprio cuore nonostante che lungo il cammino ci sia tanto rumore, conversazioni e distrazioni. Ma davanti agli occhi della Madre c’è posto soltanto per il silenzio colmo di speranza. E così Maria illumina di nuovo la nostra giovinezza” (CV 48).

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Papa Francesco considera grande la missione dei gio-vani: “Sono proprio i giovani che possono aiutarla [la Chie-sa] a rimanere giovane, a non cadere nella corruzione, a non fermarsi, a non inorgoglirsi, a non trasformarsi in una setta, ad essere più povera e capace di testimonianza, a sta-re vicino agli ultimi e agli scartati, a lottare per la giustizia, a lasciarsi interpellare con umiltà” (CV 37).

5. Voi siete l’adesso di DioParlando dei giovani impegnati papa Francesco inco-

raggia:” […]Sono giovani che vogliono essere protagonisti del cambiamento. Per favore, non lasciate che altri siano protagonisti del cambiamento! Voi siete quelli che hanno il futuro! Attraverso di voi entra il futuro nel mondo. A voi chiedo anche di essere protagonisti di questo cambiamen-to. Continuate a superare l’apatia, offrendo una risposta cristiana alle inquietudini sociali e politiche, che si stanno presentando in varie parti del mondo. Vi chiedo di essere costruttori del mondo, di mettervi al lavoro per un mondo migliore” (CV 174).

Dare responsabilità ai giovani, lasciarli crescere aven-do pazienza anche degli eventuali errori che si possono commettere, data la loro giovane età e inesperienza. Per fare in modo che crescano nell’esperienza bisogna lasciar-li esprimere con tutte le loro potenzialità. Vorremmo gio-vani già capaci di fare quello che noi facciamo dopo tanti anni di esperienze vissute senza avere quella necessaria

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pazienza che Dio ha avuto con noi, diamo tempo ed usia-mo pazienza con loro! Sforziamoci nel vederli con uno sguardo di speranza.

Ciò non implica rottura tra le generazioni. Il Papa è quanto mai preciso: “Mi fa male vedere che alcuni propon-gono ai giovani un futuro senza radici, come se il mondo iniziasse adesso (CV 179)… Al mondo non è mai servita e non servirà mai la rottura tra generazioni. Sono i canti di sirena di un futuro senza radici, senza radicamento. È la menzogna che vuol farti credere che solo ciò che è nuovo è buono e bello” (CV 191). Ora è chiaro che i legami non possono romperli i giovani verso gli anziani, ma nemme-no gli adulti nei riguardi dei giovani; è la responsabilità di tutti.

L’Esortazione postsinodale “Christus vivit” offre una grande occasione di riflettere sulla comunione e il dialogo tra le generazioni: non lasciamocela sfuggire! lavoriamo con impegno e serietà perché questo possa realizzarsi an-zitutto nella nostra amata UNITALSI, che è luogo pro-pizio per l’incontro. Torniamo noi adulti alle radici della nostra vocazione! Il primo compito sarà mostrare ai gio-vani, con il nostro servizio silenzioso e appassionato, la bellezza di appartenere alla Chiesa di Cristo e allora, solo allora, penso che la gioia di Cristo possa conquistare tutti. Al termine del sesto capitolo dell’Esortazione il Papa cita una bella immagine fornita al Sinodo da un giovane delle Isole Samoa: “La Chiesa è come canoa in viaggio nell’oce-

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ano, che può raggiungere la meta solo se gli anziani, che conoscono le stelle, mantengono la rotta, e i giovani, con il loro vigore, spingono sui remi” (CV 201).

6. Prospettiva d’impegnoIn una osservazione generale sulla pastorale giovani-

le papa Francesco nota: “La pastorale giovanile non può che essere sinodale, vale a dire capace di dar forma a un “camminare insieme” che implica una “valorizzazione dei carismi che lo Spirito dona secondo la vocazione e il ruolo di ciascuno dei membri [della Chiesa], attraverso un dina-mismo di corresponsabilità. […] Animati da questo spirito, potremo procedere verso una Chiesa partecipativa e corre-sponsabile, capace di valorizzare la ricchezza della varietà di cui si compone… Nessuno deve essere messo o potersi mettere in disparte” (CV 206).

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DOMANDE PER LA RIFLESSIONE

1. Ci vogliamo provare?

2. Vogliamo scommettere sui giovani?

3. Vogliamo valorizzare i carismi di ciascun giovane?

4. Abbiamo voglia di coinvolgerci tutti in questo cammi-no così bello?

5. Quale attenzione e ruolo hanno i giovani nel nostro raggruppamento unitalsiano?

Accogliamo lo Spirito Santo e lasciamo che converta il nostro cuore alla novità del Vangelo. Come Maria cer-chiamo di essere docili alla Parola di Dio, per poter anche noi generare il Bene:

Maria Madre nostra aiutaci ad essere autentici testi-moni dell’amore di Cristo, nessuna paura alberghi mai nel nostro cuore perché possiamo anche noi essere come te premurosi e amorevoli verso tutti i fratelli che il Signore ha posto sul nostro cammino. Donaci anche il coraggio di un amore capace di non fermarsi davanti a nessuna diffi-coltà. Assistici in questo nostro pellegrinaggio terreno, fa’ che tutto quello che facciamo abbia inizio e compimento in Cristo Gesù.

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Indice

QUE SOY ERA IMMACULADA COUNCEPCIOU ..... 3

1. “Io sono”… l’Immacolata concezioneDon Pierangelo Muroni ......................................................................... 7

2. L’Immacolata e la nostra purificazioneMons. Felice di Molfetta, vescovo ................................................... 19

3. Maria immacolata: realizzazione del cristiano perfettoDon Giovanni Frigerio ........................................................................... 27

4. Maria Immacolata, la serva del Signore, ci chiama ad essere serviDon Gianni Toni ......................................................................................... 37

5. L’IMMACOLATA E LA SOFFERENZAP. Carmine Arice, ssc ................................................................................ 47

6. VIVI IN CRISTOP. Domenico Spagnolli, ofm .............................................................. 57

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Progetto grafico, impaginazione e stampaEditrice Rotas - Barletta

settembre 2019

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“Tutta bella sei tu,amata mia,

e in tenon c’è difetto”

(Ct 4,7)