Ilsalutodeiprimitivi Restauriperlapittura ... · celebri Croci dipinte del Museo...

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spazio riservatogli non è maggiore di quello che tocca alle altre tavole. Gl’intervalli e le pause, finalmente, consentono – come da tempo auspi- chiamo – una riflessione sul testo che di volta in volta s’osserva, restituen- do ai quadri il loro valore poetico. La piccola, ma preziosa mostra vale però anche come saluto per Angelo Tartuferi, che agli Uffizi lascia la direzione del Dipartimento dell’arte dal Medioevo al Quattrocento per andare a dirigere la Galleria dell’Ac- cademia. Gli anni passati agli Uffizi sono stati proficui di molti interventi. E sono state esposizioni ragguarde- voli come L’eredità di Giotto e Bagliori dorati: due rassegne che hanno coperto cent’anni di storia del- l’arte fiorentina (dal 1340 al 1440). E poi restauri mirabili: dal lirico politti- co d’Ognissanti di Giovanni da Mila- no all’intellettuale e insieme fiabesca Battaglia di San Romano di Paolo Uccello (per citare solo i più eclatan- ti); fino a giungere a quelli proposti oggi, qui in San Pier Scheraggio: due crocefissi che rifulgono nella loro lingua antica e nobile. Quella lingua, cioè, cui Angelo ha votato con pas- sione tutti i suoi studi. Antonio Natali Direttore della Galleria degli Uffizi La celebre Croce dipinta della Galle- ria degli Uffizi, ora restaurata, è identificata dagli storici dell’arte in base al numero dell’Inventario del 1890 delle Gallerie fiorentine come Croce n. 432, in maniera analoga ad altri consimili monumenti della pittu- ra italiana delle origini: si pensi alle celebri Croci dipinte del Museo Nazionale di San Matteo a Pisa, note rispettivamente come Croce n. 15 e Croce n. 20 – secondo il vecchio numero d’inventario –, oppure all’al- tra Croce fiorentina degli Uffizi, la Croce n. 434, anch’essa restaurata e presentata in questa occasione. Nien- te è noto circa la provenienza dell’o- pera, ma l’analisi statistica condotta da Boskovits sui diciannove Crocifis- si con scene nel tabellone centrale considerati nell’ancora oggi fonda- mentale repertorio del Garrison, Ita- lian Romanesque Panel Painting (1949), ha portato lo studioso a for- mulare l’ipotesi assai plausibile che essa possa essere stata dipinta per un monastero femminile, forse in una località tra Firenze e Pisa. Più di uno studioso ha rimarcato chiaramente il carattere di assoluta unicità di questo autentico capolavoro nel panorama assai rarefatto della pittura su tavola del XII secolo. Non più che generi- che risultano infatti le analogie sotto- lineate soprattutto in passato fra la Croce fiorentina e quelle del mona- stero di Rosano e della chiesa del Santo Sepolcro a Pisa, vale a dire la Croce n. 15 (oggi n. 1578) conserva- ta nel Museo Nazionale di San Mat- teo. Occorre dire, semmai, che nella sola Croce stupenda della chiesa di San Frediano a Pisa sembrerebbe di poter cogliere consonanze non mar- ginali con l’esemplare fiorentino, a cominciare dal profilo della carpen- teria, che nella parte inferiore termi- na in maniera rettilinea e senza esten- sioni particolari. La sagomatura incurvata nei lati superiore e inferio- re delle tabelle laterali della Croce n. 432 – certamente originale – non trova rispondenza in nessuno degli altri Crocifissi superstiti del XII e XIII secolo. Tale singolare profilo doveva ripetersi anche nella termina- zione superiore, quantomeno nella parte inferiore di essa, come è testi- moniato in maniera inequivocabile Restauri per la pittura delle origini agli Uffizi dalla sensibile curvatura dei due monconi superstiti sui quali si è inne- stata la pesante, arbitraria e persino ‘scorretta’ integrazione neutra, ope- rata con ogni verosimiglianza entro il 1948, in occasione del trasferimento dell’opera dalla Galleria dell’Acca- demia agli Uffizi. Essa non figura infatti nella riproduzione fornita da Luigi Coletti nel primo volume della sua opera, I Primitivi – Dall’arte benedettina a Giotto, pubblicato nel 1941. L’ingombrante aggiunta, dopo l’asportazione della doratura della cornice – che appare documentata da alcune vecchie foto –, aveva assunto ormai a nostro avviso un inguardabi- le aspetto cementizio. Un’integrazio- ne scorretta, si diceva, perché per analogia con i terminali laterali avrebbe dovuto presentare la curva- tura, almeno in via ipotetica, anche nella parte superiore – che in ogni Quella che s’apre oggi in San Pier Scheraggio è un’esposizione di misura discreta, di quelle che però piacerebbe vedere spesso, non fos- s’altro per aver l’agio di godersi come si conviene quanto sia esibito. Poche opere e qualche essenziale istruzione per leggerle. Opere tutta- via storicamente importanti e d’alto tenore qualitativo. Ogni visitatore potrà qui prendere una prima, ma approfondita cono- scenza di creazioni che rimontano ai primordi dell’arte toscana e che costituiranno la parte eminente della sala dei ‘primitivi’, di prossima aper- tura in Galleria (proprio all’inizio del corridoio di levante) grazie all’inter- vento generoso dell’Associazione Amici degli Uffizi, cui è dovuto anche il bel restauro delle tavole ora esposte. Agli “Amici degli Uffizi” – com’è noto – si deve, fra l’altro, la recente apertura della nuova stanza dedicata a Michelangelo e ai pittori fiorentini di primo Cinquecento. E lì ogni opera spicca sulle pareti colorate di rosso vivo: il ‘Tondo Doni’ del Buo- narroti campeggia, sì, al centro del muro prospiciente l’accesso, ma lo Il saluto dei primitivi caso aveva con ogni probabilità una terminazione ancora diversa e più complessa –, e non sui lati. Si è rite- nuto pertanto preferibile ripresenta- re il Crocifisso privo di tale integra- zione, con la terminazione superiore evidentemente frammentaria, vale a dire in una situazione che appare a nostro parere molto più confacente a un dipinto di epoca medievale, che inoltre ci sembra abbia restituito all’opera almeno una parte dello slancio longitudinale che quasi cer- tamente la caratterizzava. Il restauro sensibile e attento condotto da Rita Alzeni, ha consentito, come sempre accade, di ‘penetrare’ dentro l’opera e riconoscerne fino nei minimi det- tagli le molte peculiarità e, soprat- tutto, la fine e altissima qualità del- l’esecuzione. E quest’ultima non ha mancato di suscitare l’ammirata meraviglia di una restauratrice che, pure, non può certo dirsi alle prime armi! Il restauro ha così rivelato l’as- soluta autenticità, nonostante i dubbi espressi da taluno in passato, della fitta decorazione a piccoli quadratini d’oro che interessa le vesti e il perizo- ma del Cristo. I mezzi pittorici di que- sto grande artista appaiono sempre sicuri e privi d’incertezze, in ogni fase dell’esecuzione. Per prima cosa egli incide i contorni delle figure, delle vesti e degli sfondi, che poi rinforza con un tratto di colore scuro; sul verde della preparazione distende a larghe campiture il colore bianco perlaceo per il corpo di Gesù. Per restituire il modellato dell’addome del Cristo il pittore impiega un pigmento verde- azzurro nettamente distinguibile da quello della preparazione, e ricorre ad alcuni segni stereotipati color ocra per indicare le pieghe e l’ombelico; que- st’ultimi hanno un impatto talmente astratto e moderno da richiamare alla mente alcuni brani consimili di Miró o di Chagall. Il tratto sicuro del nostro artista, privo di qualsiasi incertezza o ripensamento, si coglie tangibilmente anche nel modo di rea- lizzare di getto le copiose lumeggia- ture bianche. Queste attirano l’atten- zione in maniera particolare sulle vesti variopinte e luminose dei dolen- ti del terminale sinistro, dove questa filante tessitura bianca sembra gode- re di una vita propria e si può apprez- zare come un bellissimo brano auto- nomo di sbrigliata fantasia pittorica. La datazione più attendibile di questo autentico capolavoro dovrebbe cade- re verso la metà del secolo XII, soprattutto sulla base della già men- zionata affinità con la Croce di San Frediano a Pisa. L’altra grande Croce dipinta, la n. 434 dell’Inventario del 1890 delle Gallerie, è anch’essa un Il restauro della Croce n. 432 Dopo il restauro del 1960, condotto da Mario di Prete e diretto da Umberto Baldini, sulla grande Croce non furono compiuti ulteriori inter- venti e già da alcuni anni il dipinto aveva assunto un’intonazione spenta e grigia a causa dell’invecchiamento della vernice e dell’accumulo degli strati di deposito. In diversi punti la stesura pittorica presentava ormai preoccupanti segni di cedimento, soprattutto lungo la linea di interse- zione tra il corpo verticale e il brac- cio orizzontale e nelle antiche fendi- ture aperte nelle storie del tabellone. La rimozione dello sporco e della vernice alterata ha consentito di ritrovare quasi intatti i valori di lumi- nosità della doratura e l’intensità dei colori, sorprendentemente ben con- servati in massima parte, a riprova caposaldo della pittura fiorentina della prima metà del Duecento, attri- buibile al pittore noto per l’appunto con la denominazione convenzionale di Maestro della Croce n. 434 degli Uffizi, una forte personalità artistica di inequivocabile matrice culturale lucchese che influenzò in misura maggiore la formazione del giovane Coppo di Marcovaldo, il pittore fio- rentino più conosciuto prima dell’av- vento di Cimabue. Anche in questo caso, la sapiente, graduata pulitura del dipinto ad opera di Silvia Verdia- nelli ha restituito un’ottima leggibi- lità a un testo di capitale importanza per la pittura fiorentina antica. Ades- so emerge con chiarezza il forte senso plastico di questo artista, la sua tendenza ad arrotare le forme con replicate striature luministiche, ma anche con stesure cromatiche molto libere e intense, come si riscontra ora nella realizzazione della folta capi- gliatura del Cristo. Non meno rilevante l’intervento con- dotto da Manola Bernini sul dittico attribuito a Bonaventura Berlinghieri, il più noto dei tre figli pittori di Ber- linghiero – capostipite della scuola lucchese –, databile intorno alla metà del Duecento. La rimozione delle ripassature e dei vecchi restauri sen- sibilmente alterati ha consentito il recupero di una buona leggibilità per un’opera che, a circa trent’anni di distanza dalla sua esecuzione, fu sot- toposta a un interessante intervento di ‘aggiornamento’ stilistico-culturale nei volti della Madonna e del Bambi- no da parte di un artista identificabi- le probabilmente con il lucchese Deodato Orlandi. Angelo Tartuferi Direttore del Dipartimento dell’arte dal Medioevo al Quattrocento dell’altissima qualità esecutiva, sia negli strati preparatori sia nella stesu- ra pittorica. La pulitura è consistita essenzialmente nella rimozione della vernice alterata e di alcuni residui delle vecchie ridipinture, peraltro già rimosse nell’ultimo restauro. Un ruolo importante nell’intervento è stato occupato dal rinnovamento di ampie porzioni della doratura, anche nelle parti figurate, ma soprattutto nell’incorniciatura modanata che si è rivelata originale, con l’eccezione di alcune piccole porzioni. Le lacune più significative sono fortunatamente limitate a due sole zone: la tabella destra del terminale e la parte infe- riore con la disastrata storia dell’Andata al Calvario. Nella tabel- la si è approntato un fondo di colore neutro, connotato cromaticamente in maniera tale da consentire la maggio- re omogeneità possibile con il fondo dorato. Alla base della Croce, si è cercato di ricomporre una maggiore unità ricostruendo in parte il margine di colore rosso che inquadrava la scena, mentre le ampie zone lacuno- se non ricostruibili altrimenti sono state trattate con un neutro affine a quello della tabella. In generale, le integrazioni si sono limitate, soprat- tutto nelle storie, a ricollegare le figure nei casi assolutamente indi- spensabili. Tali integrazioni sono ovviamente ben percepibili a una visione ravvicinata. Rita Alzeni Pittore toscano Crocifisso e Storie della Passione di Cristo, particolare con la Cattura di Cristo, 1150 circa Inv. 1890 n. 432 Pittore toscano, La lavanda dei piedi, particolare della Croce n. 432 Maestro della Croce n. 434 degli Uffizi Crocifisso con Storie della Passione di Cristo, 1240-1245 circa Inv. 1890 n. 434 Bonaventura Berlinghieri (attr. a) Dittico: Madonna col Bambino e Crocifissione, 1250 circa Inv. 1890 nn. 8575-8576

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spazio riservatogli non è maggiore diquello che tocca alle altre tavole.Gl’intervalli e le pause, finalmente,consentono – come da tempo auspi-chiamo – una riflessione sul testo chedi volta in volta s’osserva, restituen-do ai quadri il loro valore poetico.La piccola, ma preziosa mostra valeperò anche come saluto per AngeloTartuferi, che agli Uffizi lascia ladirezione del Dipartimento dell’artedal Medioevo al Quattrocento perandare a dirigere la Galleria dell’Ac-cademia. Gli anni passati agli Uffizisono stati proficui di molti interventi.E sono state esposizioni ragguarde-voli come L’eredità di Giotto eBagliori dorati: due rassegne chehanno coperto cent’anni di storia del-l’arte fiorentina (dal 1340 al 1440). Epoi restauri mirabili: dal lirico politti-co d’Ognissanti di Giovanni da Mila-no all’intellettuale e insieme fiabescaBattaglia di San Romano di PaoloUccello (per citare solo i più eclatan-ti); fino a giungere a quelli propostioggi, qui in San Pier Scheraggio: duecrocefissi che rifulgono nella lorolingua antica e nobile. Quella lingua,cioè, cui Angelo ha votato con pas-sione tutti i suoi studi.

Antonio NataliDirettore della Galleria degli Uffizi

La celebre Croce dipinta della Galle-ria degli Uffizi, ora restaurata, èidentificata dagli storici dell’arte inbase al numero dell’Inventario del1890 delle Gallerie fiorentine comeCroce n. 432, in maniera analoga adaltri consimili monumenti della pittu-ra italiana delle origini: si pensi allecelebri Croci dipinte del MuseoNazionale di San Matteo a Pisa, noterispettivamente come Croce n. 15 eCroce n. 20 – secondo il vecchionumero d’inventario –, oppure all’al-tra Croce fiorentina degli Uffizi, laCroce n. 434, anch’essa restaurata epresentata in questa occasione. Nien-te è noto circa la provenienza dell’o-pera, ma l’analisi statistica condottada Boskovits sui diciannove Crocifis-si con scene nel tabellone centraleconsiderati nell’ancora oggi fonda-mentale repertorio del Garrison, Ita-lian Romanesque Panel Painting(1949), ha portato lo studioso a for-mulare l’ipotesi assai plausibile cheessa possa essere stata dipinta per unmonastero femminile, forse in unalocalità tra Firenze e Pisa. Più di unostudioso ha rimarcato chiaramente ilcarattere di assoluta unicità di questoautentico capolavoro nel panoramaassai rarefatto della pittura su tavoladel XII secolo. Non più che generi-che risultano infatti le analogie sotto-lineate soprattutto in passato fra laCroce fiorentina e quelle del mona-stero di Rosano e della chiesa delSanto Sepolcro a Pisa, vale a dire laCroce n. 15 (oggi n. 1578) conserva-ta nel Museo Nazionale di San Mat-teo. Occorre dire, semmai, che nellasola Croce stupenda della chiesa diSan Frediano a Pisa sembrerebbe dipoter cogliere consonanze non mar-ginali con l’esemplare fiorentino, acominciare dal profilo della carpen-teria, che nella parte inferiore termi-na in maniera rettilinea e senza esten-sioni particolari. La sagomaturaincurvata nei lati superiore e inferio-re delle tabelle laterali della Croce n.432 – certamente originale – nontrova rispondenza in nessuno deglialtri Crocifissi superstiti del XII eXIII secolo. Tale singolare profilodoveva ripetersi anche nella termina-zione superiore, quantomeno nellaparte inferiore di essa, come è testi-moniato in maniera inequivocabile

Restauri per la pitturadelle origini agli Uffizi

dalla sensibile curvatura dei duemonconi superstiti sui quali si è inne-stata la pesante, arbitraria e persino‘scorretta’ integrazione neutra, ope-rata con ogni verosimiglianza entro il1948, in occasione del trasferimentodell’opera dalla Galleria dell’Acca-demia agli Uffizi. Essa non figurainfatti nella riproduzione fornita daLuigi Coletti nel primo volume dellasua opera, I Primitivi – Dall’artebenedettina a Giotto, pubblicato nel1941. L’ingombrante aggiunta, dopol’asportazione della doratura dellacornice – che appare documentata daalcune vecchie foto –, aveva assuntoormai a nostro avviso un inguardabi-le aspetto cementizio. Un’integrazio-ne scorretta, si diceva, perché peranalogia con i terminali lateraliavrebbe dovuto presentare la curva-tura, almeno in via ipotetica, anchenella parte superiore – che in ogni

Quella che s’apre oggi in San PierScheraggio è un’esposizione dimisura discreta, di quelle che peròpiacerebbe vedere spesso, non fos-s’altro per aver l’agio di godersicome si conviene quanto sia esibito.Poche opere e qualche essenzialeistruzione per leggerle. Opere tutta-via storicamente importanti e d’altotenore qualitativo.Ogni visitatore potrà qui prendereuna prima, ma approfondita cono-scenza di creazioni che rimontano aiprimordi dell’arte toscana e checostituiranno la parte eminente dellasala dei ‘primitivi’, di prossima aper-tura in Galleria (proprio all’inizio delcorridoio di levante) grazie all’inter-vento generoso dell’AssociazioneAmici degli Uffizi, cui è dovutoanche il bel restauro delle tavole oraesposte.Agli “Amici degli Uffizi” – com’ènoto – si deve, fra l’altro, la recenteapertura della nuova stanza dedicataa Michelangelo e ai pittori fiorentinidi primo Cinquecento. E lì ogniopera spicca sulle pareti colorate dirosso vivo: il ‘Tondo Doni’ del Buo-narroti campeggia, sì, al centro delmuro prospiciente l’accesso, ma lo

Il saluto dei primitivi

caso aveva con ogni probabilità unaterminazione ancora diversa e piùcomplessa –, e non sui lati. Si è rite-nuto pertanto preferibile ripresenta-re il Crocifisso privo di tale integra-zione, con la terminazione superioreevidentemente frammentaria, vale adire in una situazione che appare anostro parere molto più confacente aun dipinto di epoca medievale, cheinoltre ci sembra abbia restituitoall’opera almeno una parte delloslancio longitudinale che quasi cer-tamente la caratterizzava. Il restaurosensibile e attento condotto da RitaAlzeni, ha consentito, come sempreaccade, di ‘penetrare’ dentro l’operae riconoscerne fino nei minimi det-tagli le molte peculiarità e, soprat-tutto, la fine e altissima qualità del-l’esecuzione. E quest’ultima non hamancato di suscitare l’ammiratameraviglia di una restauratrice che,

pure, non può certo dirsi alle primearmi! Il restauro ha così rivelato l’as-soluta autenticità, nonostante i dubbiespressi da taluno in passato, dellafitta decorazione a piccoli quadratinid’oro che interessa le vesti e il perizo-ma del Cristo. I mezzi pittorici di que-sto grande artista appaiono sempresicuri e privi d’incertezze, in ogni fasedell’esecuzione. Per prima cosa egliincide i contorni delle figure, dellevesti e degli sfondi, che poi rinforzacon un tratto di colore scuro; sul verdedella preparazione distende a larghecampiture il colore bianco perlaceoper il corpo di Gesù. Per restituire ilmodellato dell’addome del Cristo ilpittore impiega un pigmento verde-azzurro nettamente distinguibile daquello della preparazione, e ricorre adalcuni segni stereotipati color ocra perindicare le pieghe e l’ombelico; que-st’ultimi hanno un impatto talmente

astratto e moderno da richiamare allamente alcuni brani consimili di Miróo di Chagall. Il tratto sicuro delnostro artista, privo di qualsiasiincertezza o ripensamento, si coglietangibilmente anche nel modo di rea-lizzare di getto le copiose lumeggia-ture bianche. Queste attirano l’atten-zione in maniera particolare sullevesti variopinte e luminose dei dolen-ti del terminale sinistro, dove questafilante tessitura bianca sembra gode-re di una vita propria e si può apprez-zare come un bellissimo brano auto-nomo di sbrigliata fantasia pittorica.La datazione più attendibile di questoautentico capolavoro dovrebbe cade-re verso la metà del secolo XII,soprattutto sulla base della già men-zionata affinità con la Croce di SanFrediano a Pisa. L’altra grande Crocedipinta, la n. 434 dell’Inventario del1890 delle Gallerie, è anch’essa un

Il restauro della Croce n. 432

Dopo il restauro del 1960, condottoda Mario di Prete e diretto daUmberto Baldini, sulla grande Crocenon furono compiuti ulteriori inter-venti e già da alcuni anni il dipintoaveva assunto un’intonazione spentae grigia a causa dell’invecchiamentodella vernice e dell’accumulo deglistrati di deposito. In diversi punti lastesura pittorica presentava ormaipreoccupanti segni di cedimento,soprattutto lungo la linea di interse-zione tra il corpo verticale e il brac-cio orizzontale e nelle antiche fendi-ture aperte nelle storie del tabellone.La rimozione dello sporco e dellavernice alterata ha consentito diritrovare quasi intatti i valori di lumi-nosità della doratura e l’intensità deicolori, sorprendentemente ben con-servati in massima parte, a riprova

caposaldo della pittura fiorentinadella prima metà del Duecento, attri-buibile al pittore noto per l’appuntocon la denominazione convenzionaledi Maestro della Croce n. 434 degliUffizi, una forte personalità artisticadi inequivocabile matrice culturalelucchese che influenzò in misuramaggiore la formazione del giovaneCoppo di Marcovaldo, il pittore fio-rentino più conosciuto prima dell’av-vento di Cimabue. Anche in questocaso, la sapiente, graduata pulituradel dipinto ad opera di Silvia Verdia-nelli ha restituito un’ottima leggibi-lità a un testo di capitale importanzaper la pittura fiorentina antica. Ades-so emerge con chiarezza il fortesenso plastico di questo artista, la suatendenza ad arrotare le forme conreplicate striature luministiche, maanche con stesure cromatiche moltolibere e intense, come si riscontra ora

nella realizzazione della folta capi-gliatura del Cristo.Non meno rilevante l’intervento con-dotto da Manola Bernini sul ditticoattribuito a Bonaventura Berlinghieri,il più noto dei tre figli pittori di Ber-linghiero – capostipite della scuolalucchese –, databile intorno alla metàdel Duecento. La rimozione delleripassature e dei vecchi restauri sen-sibilmente alterati ha consentito ilrecupero di una buona leggibilità perun’opera che, a circa trent’anni didistanza dalla sua esecuzione, fu sot-toposta a un interessante intervento di‘aggiornamento’ stilistico-culturalenei volti della Madonna e del Bambi-no da parte di un artista identificabi-le probabilmente con il luccheseDeodato Orlandi.

Angelo TartuferiDirettore del Dipartimento dell’arte dalMedioevo al Quattrocento

dell’altissima qualità esecutiva, sianegli strati preparatori sia nella stesu-ra pittorica. La pulitura è consistitaessenzialmente nella rimozione dellavernice alterata e di alcuni residuidelle vecchie ridipinture, peraltro giàrimosse nell’ultimo restauro. Unruolo importante nell’intervento èstato occupato dal rinnovamento diampie porzioni della doratura, anchenelle parti figurate, ma soprattuttonell’incorniciatura modanata che si èrivelata originale, con l’eccezione dialcune piccole porzioni. Le lacunepiù significative sono fortunatamentelimitate a due sole zone: la tabelladestra del terminale e la parte infe-riore con la disastrata storiadell’Andata al Calvario. Nella tabel-la si è approntato un fondo di coloreneutro, connotato cromaticamente inmaniera tale da consentire la maggio-re omogeneità possibile con il fondo

dorato. Alla base della Croce, si ècercato di ricomporre una maggioreunità ricostruendo in parte il marginedi colore rosso che inquadrava lascena, mentre le ampie zone lacuno-se non ricostruibili altrimenti sonostate trattate con un neutro affine aquello della tabella. In generale, leintegrazioni si sono limitate, soprat-tutto nelle storie, a ricollegare lefigure nei casi assolutamente indi-spensabili. Tali integrazioni sonoovviamente ben percepibili a unavisione ravvicinata.

Rita Alzeni

Pittore toscanoCrocifisso e Storie della Passione di Cristo,particolare con la Cattura di Cristo, 1150 circa

Inv. 1890 n. 432

Pittore toscano, La lavanda dei piedi,particolare della Croce n. 432

Maestro della Croce n. 434 degli UffiziCrocifisso con Storie della Passione di Cristo, 1240-1245 circa

Inv. 1890 n. 434

Bonaventura Berlinghieri (attr. a)Dittico: Madonna col Bambino e Crocifissione, 1250 circa

Inv. 1890 nn. 8575-8576

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Presentazioni

Direttore della Galleria degli UffiziAntonio Natali

Vicedirettore e Direttore delDipartimento dell’arte dal Medioevoal QuattrocentoAngelo Tartuferi

Direttore del Dipartimentodi architettura e degli allestimentimuseograficiAntonio Godoli

Direzione amministrativaSilvia Sicuranza

Direzione del personaleIsabella Puccini

Responsabile della sicurezzaMichele Grimaudo

Direzione tecnicaAntonio Russo

Responsabile del decoroCaterina Campana

SegreteriaFrancesca Montanaro, Patrizia Tarchi,Rita Toma, Barbara Vaggelli

FotografieAntonio Quattrone, Claudio Giusti

Stampa degli apparati didatticiBaldanzi

Ufficio tecnicoed elaborazioni graficheMaurizio Crisante, Giuseppe Russo

Squadra tecnicaMarco Fiorilli, Michele Murrone,Demetrio Sorace con Ivana Panti

Movimentazione delle opereCoop Express

DesignCentroDi

Restauri per la pittura delle origini

Gli UffiziSan Pier Scheraggio20 marzo 2013

Gli Uffizi. Studi e RicercheI pieghevoli. 53

Pittore toscano, Croce n. 432,particolare del perizoma di Cristo

I restauri delle opere sono dovutiall’Associazione Amici degliUffizi

Gli “Amici degli Uffizi”proseguono la loro opera di

mecenatismo condividendo con laconsueta attenzione le necessità direcupero, riscoperta e valorizzazionedei capolavori della Galleria.I nuovi restauri che vengonopresentati toccano un programma diampio respiro che vede impegnata lanostra associazione nel futuroallestimento della Sala 1 del museo,dedicata alla pittura toscana delleorigini dei secoli XII e XIII. Il nostrocontributo inizia da alcuni interventilegati a due opere di granderilevanza, che saranno appuntocollocate in questa sala. Si tratta delrestauro di due antiche e prezioseCroci dipinte. La prima, di altissimaqualità, appartiene alla culturapittorica pisana della metà del XIIsecolo, reputata dagli studiosi dinotevole importanza per gli sviluppistilistici della pittura medievale. Laseconda Croce è un caposaldo dellapittura fiorentina della metà delDuecento, attribuita al cosiddettoMaestro della Croce n. 434, figurache influenzerà sensibilmente laformazione di Coppo di Marcovaldo,antesignano di Cimabue. Duecapolavori risanati, liberati davecchie ripassature, tornati leggibiligrazie alle mani sapienti deirestauratori, intervenuti anche su undittico della metà del Duecentoattribuito a BonaventuraBerlinghieri, figlio di Berlinghiero,capostipite della pittura lucchese.Tre restauri che confermano lanostra disponibilità ad un nuovoqualificante progetto, ancora unavolta pronti a sfidare i tempi nonfavorevoli per restare vicini alleesigenze della nostra Galleria e allanostra missione.

Maria Vittoria Colonna RimbottiPresidente Amici degli Uffizi eFriends of the Uffizi Gallery

Motivo decorativo della Croce n. 434

Il restauro delle due Croci dipintedai maestri toscani delle origininella Galleria degli Uffizi viene aconcludere a livello d’eccellenza, difatto e simbolicamente, il periodotrascorso da Angelo Tartuferi comevicedirettore della Galleria e comedirettore del Dipartimento dellapittura del Medioevo e del primoRinascimento: periodo nel qualemolte e di altissimo rilievo sonostate le sue iniziative – leesemplifica il direttore AntonioNatali – per conservare, farconoscere e far amare come meritala parte delle raccolte cherappresenta il “manuale” dellastoria dell’arte del Due-Trecento eprima ancora.Sono grata agli “Amici degli Uffizi”per avere, con la consuetalungimiranza e generosità, accolto laproposta di restaurare questi duecapisaldi della pittura pre-giottesca,ai quali il previsto allestimento dellaSala 1 conferirà adeguato risalto.La presentazione in San Pier

Il restauro del dittico diBonaventura Berlinghieri

I due dipinti su tavola si presentavanooffuscati da una vernice resinosa ossi-data e disomogenea data in precedentirestauri, nonché da ritocchi pittoricialterati. Oltre a questi problemi diordine estetico vi erano sollevamentidi colore che compromettevano laconservazione stessa delle opere. L’in-tervento è iniziato per l’appunto con ilconsolidamento dello strato pittorico.Sono state eseguite delle indagini conU.V. e I.R. digitale che confermano latecnica pittorica tipica dell’epoca conl’ampio uso di incisioni per il contor-no delle figure, più evidenti sulla tavo-la raffigurante la Crocifissione.Durante la pulitura, recuperando lecromie originali e asportando le vec-chie ridipinture, è emerso che i voltidella Madonna e del Bambino sonostati rinnovati verso la fine del XIIIsecolo. Il fondo oro appariva molto

L’intervento sui supporti lignei

Il supporto del dittico attribuito aBonaventura di Berlinghiero è com-posto dall’unione di due assi in legnodi pioppo, unite a spigolo vivo concaseinato di calcio, dello spessoremedio di 2,8 cm. Le tavole eranounite in origine con tre cerniere a“gangherelle” che si conservano solosu una di esse, mentre sull’altra sonostate rimosse in passato.I supporti non hanno traverse disostegno, mentre sulla faccia dipintapresentano cornici modanate. Lostato di conservazione del legno nelcomplesso è abbastanza buono, seb-bene si possano riscontrare fenditurepassanti sulla superficie pittoricalungo le linee di giunzione delle assie alcune zone molto degradate da unesteso attacco di insetti xilofagi.L’intervento ha previsto la rimozionedi un precedente restauro eseguito inmodo approssimativo lungo una lineadi giunzione, il ricollegamento ditutte fenditure con tasselli a sezionetriangolare e il consolidamento conresina acrilica del legno.La tecnica di costruzione del suppor-to della Croce n. 434 si avvicinamolto a quelle delle altre Croci dipin-te della stessa epoca. Il tavolato ècomposto dall’unione di tavole inlegno di pioppo di media qualità, conandamento della fibra regolare e rica-vate con taglio radiale, che fino adoggi ha garantito all’opera una buonaplanarità. Lo spessore del tavolato èdi 5 cm più 1 cm di cornice. La tavo-la disposta verticalmente si incastra

con quella orizzontale mediante untipico innesto a mezzo legno.Il sistema di traversatura è compostoda un’unica traversa verticale, postaal centro dell’asse costituente ilcorpo, che si interseca con quattrotraverse disposte orizzontalmente.Tutte le traverse sono fissate conchiodi forgiati rigirati al di sotto deglistrati preparatori. L’intervento direstauro ha previsto il ricongiungi-mento delle disgiunzioni presentinelle assi, con idonei inserti a sezio-ne triangolare, curando anche il cor-retto allineamento degli elementi perridurre le sconnessioni presenti sullasuperficie pittorica.La tecnica di costruzione della Crocen. 432 si avvicina molto a quelladescritta per la Croce precedente, aparte la scelta del legno impiegatoche in questo caso risulta esserecastagno per le due assi principaliintersecate a mezzo legno a costituireil corpo e le braccia dell’opera, eolmo nelle due assi aggiunte lateral-mente. Tale differenza ha determina-to un diverso stato di conservazionedel legno che presenta nelle tavole inolmo un esteso attacco da parte diinsetti xilofagi, trascurabile invece inquelle in castagno. Le traverse origi-nali sono state rimosse e sostituite inun precedente restauro con altre inlegno di abete fissate con viti, chenon causano problemi conservativi.L’intervento di restauro ha previsto ilricongiungimento delle disgiunzionipresenti nelle assi, con idonei insertia sezione triangolare, ottenendoanche il corretto allineamento deglielementi per ridurre le sconnessionipresenti sulla superficie pittorica.Le tre opere sono state trattate conpermetrina stesa a pennello per preve-nire futuri attacchi di insetti xilofagi.

Roberto Buda

Soprintendente per il PatrimonioStorico,Artistico edEtnoantropologico e per il PoloMuseale della città di FirenzeCristina Acidini

Direzione del restauro dei dipintiAngelo Tartuferi

RestauriRita Alzeni (con la collaborazionedi Daniela Lippi), Manola Bernini,Roberto Buda, Aviv Fürst,Silvia Verdianelli

Indagini diagnosticheGianluca Poldi, Centro Arti Visive -Università degli Studi di Bergamo;C.E.D.A.R.T. di Lionel Koenig

Impianto illuminazioneMasi

ElettricistiEugenio Brega, Luigi Finelli,Andrea Sebastiano Marchi

Ufficio stampaFrancesca de Luca,Barbara Vaggelli (per gli Uffizi)Marco Ferri (per la Soprintendenza)Marta Paini(CLP Relazioni Pubbliche)

ASSOCIAZIONE AMICI DEGLI UFFIZI

CONSIGLIO DIRETTIVO

PresidenteMaria Vittoria Colonna Rimbotti

VicepresidenteEmanuele Guerra

ConsiglieriPatrizia AsproniGiovanni GentileMichele GremigniFabrizio Guidi BruscoliAntonio Natali

TesoriereOliva Scaramuzzi

SegretarioElisabetta Puccioni

COLLEGIO SINDACALEPresidenteEnrico FazziniFrancesco CorsiCorrado Galli

Il restauro della Croce n. 434

La superficie pittorica, realizzata conla tecnica della tempera grassa, appa-riva offuscata da una vernice ingialli-ta stesa, con ogni probabilità, nelcorso del restauro degli anni cinquan-ta del Novecento. Le integrazioni pit-toriche realizzate al di sotto della ver-nice erano concentrate soprattutto sulperizoma di Cristo e sulle Storie dellaPassione.Il restauro odierno, che restituisceleggibilità e trasparenza al dipinto, hapreso avvio con la rimozione deiritocchi più recenti per proseguire conl’alleggerimento graduato della ver-nice. Nelle zone in cui la pellicola pit-torica risultava ben conservata, la ver-nice superficiale è stata maggiormen-te assottigliata andando a rimuovereanche i ritocchi più antichi. Doveinvece il colore appariva già aggredi-to da vecchi e incauti interventi dipulitura è stata mantenuta la vernicedi spessore più ampio.L’intervento nel suo complesso è statoindirizzato alla ricerca del miglioreequilibrio possibile per l’opera, recu-perando in maniera assai significativai suoi forti valori luministici e croma-tici, uniti all’altrettanto forte sensoplastico.

Silvia Verdianelli

danneggiato come buona parte dellacornice, dove si notavano vecchiritocchi alterati. Dopo la stuccaturadelle lacune si è eseguito un restauropittorico a selezione e un ritocco avelature di entità molto contenuta,evitando qualsiasi integrazione imita-tiva e cercando di rispettare al massi-mo il naturale degrado della materiapittorica.

Manola Bernini

Gli Uffizi. Studi e Ricerche

DirettoreAntonio Natali

RedazioneValentina Conticelli, GiovannaGiusti, Antonio Godoli, Francescade Luca, Antonio Natali, FabrizioPaolucci, Angelo Tartuferi

SegreteriaFrancesca Montanaro,Patrizia Tarchi, Rita Toma,Barbara Vaggelli

Pittore toscano, Croce n. 432,particolare dei Dolenti

Scheraggio potenzia, se possibile, ilcarisma devozionale e artistico delledue Croci, suscitando larispondenza di echi storici e stilisticidalle venerande strutture di quellachiesa, che né il duca Cosimo né ilsuo architetto Giorgio Vasari sisentirono di sacrificare allacostruzione della nuovissima“Fabbrica dei XIII Magistrati”, ifuturi Uffizi.Ad Angelo Tartuferi va il mioringraziamento per l’inesauribilepassione e l’altissima competenzache ha profuso nell’incarico che siconclude, e che non mancherà diriversare nel nuovo prestigiosoincarico che lo attende, di direttoredella Galleria dell’Accademia,l’altro massimo museo dellacompagine del Polo MusealeFiorentino.

Cristina AcidiniSoprintendente per il Patrimonio Storico,Artistico ed Etnoantropologico e per ilPolo Museale della città di Firenze