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GIALLO IL L’incredibile storia dell’infermiere accusato di aver ucciso 17 pazienti

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GIALLOIL

L’incredibile storia dell’infermiere accusato di aver ucciso 17 pazienti

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15IL CAFFÈ 12 luglio 2020

Sette pagine. Ma ne occorrerebbero il doppio al Caffè per en-trare negli angoli più reconditi di questa vicenda. Una storiache, al di là del sospetto dell’omicidio intenzionale di 17 an-

ziani pazienti in fase terminale, pone interrogativi sulla filiera dilavoro all’interno delle strutture sanitarie. Sui controlli, certamen-te da affinare, per l’uso di alcuni farmaci nella medicina palliativa.Sull’uso, a questo pensiamo, che gli infermieri ne possono fare an-che in totale buonafede. “Boli in riserva”, così si chiamano, in casodi necessità: forti e inaspettati dolori o anche per l’igiene del pa-ziente

Esistono regole, esistono norme, esistono protocolli… Macon un minimo di scaltrezza è possibile evitare ogni controllo.Per lo meno nell’immediato e sino a che qualcuno, come è acca-duto all’ospedale di Mendrisio, non inizia a nutrire sospetti.

La magistratura non accerterà alcun fatto, stando almeno al-la situazione attuale, perché il procedimento contro l’infermiere,suicidatosi a fine maggio, è stato archiviato. Ne resta aperto an-cora uno, minore. Una sua giovane collega è accusata, non diomicidio intenzionale ma di tentate lesioni gravi su tre anzianipazienti (tre dei 17).

La perizia medica, che dovrebbe comunque essere portata atermine quantomeno per i casi che riguardano la giovane infer-miera, difficilmente riuscirà a fare piena luce. Non esiste un esa-me autoptico sulle vittime. Anche da qui la difficoltà di arrivaread una conclusione.

La giovane infermiera - a differenza di altri cinque colleghisanzionati o licenziati per aver condiviso con il principale impu-tato immagini e frasi via WhatsApp - è rimasta al suo posto, allavoro. Il perché non lo si comprende.

Probabilmente l’accusa a suo carico cadrà (è quasi inevitabiledopo l’archiviazione dell’inchiesta principale), ma ciò non giusti-fica la diversità di trattamento. Da quel che si conosce ufficial-mente non c’è stata nemmeno una sospensione. Lo scorso gen-naio, alla scoperta della seconda inchiesta penale, l’Ente ospeda-liero cantonale rispose al Caffè di essere intervenuto unicamentesui casi conosciuti, quelli sui quali era stato messo ufficialmentea conoscenza.

Ma torniamo alle modalità di lavoro, ai protocolli e alle ca-renze di controllo.

La vicenda è scoppiata per la segnalazione di uno “stagiai-re”. Ha notato modi bruschi e grezzi nel lavoro dell’infermiere.Una volta interrogati, i colleghi dell’imputato (si noti bene, im-piegato all’ospedale da vent’anni) hanno detto la stessa cosa.Strano, perchè sino ad allora nessuno mai aveva segnalato al-cunché alla direzione. Anzi. Da tutti l’infermiere era consideratoun buon professionista.

Le due cose fanno a pugni. Dove sta la verità? Per entrare nella vicenda principale - cioè l’accusa di omici-

dio intenzionale, quindi il sospetto che l’infermiere fosse un “an-gelo della morte” - è indispensabile entrare nel cuore della sto-ria. Occorre quindi parlare di milligrammi di morfina e di dormi-cum infusi in pochi minuti o in un arco di tempo più ampio. E ungiornale - nella ricerca della verità dei fatti e specialmente dopoche l’inchiesta penale è stata archiviata - può farlo. Il Caffè hascelto di farlo nel rispetto dell’anonimato di tutti. Nel rispettodelle famiglie degli anziani morti (che sino a prova contraria so-no deceduti per cause naturali) e nel rispetto della famiglia del-l’infermiere suicidatosi.

La linea tra la colpevolezza e l’innocenza si gioca sui milli-grammi, sui minuti, sui secondi. Quanti milligrammi di morfina,di dormicum in un’ora o quanti nell’arco di pochi minuti o secon-di? Stanno proprio in questi dettagli, gli indizi o gli elementi diprova.

Un giornale, una testata giornalistica è parte della vita diuna nazione, di una regione. Non è parte della rappresentazioneche ognuno vorrebbe se ne facesse. È la realtà ad essere cruda.Non chi la racconta per cercare di capirne le dinamiche.

Ma perchè, a conclusione dei nostri servizi, diciamo questecose? Perché ci risiamo. Perchè c’è chi, ancora una volta, ha pen-sato di criticarci (ovviamente ne ha tutto il diritto) e pesante-mente con motivazioni da retroscenista politico: forse il Caffèvuol colpire la sanità pubblica. Ecco l’accusa accanto a quella,immancabile, di morbosità.

Siamo appena usciti dal tunnel di un processo penale (quel-lo per il racconto dei seni amputati per un errore di identità nellaclinica privata Sant’Anna di Sorengo) in cui siamo finiti sul ban-co degli imputati con l’accusa di aver pubblicato quell’inchiestagiornalistica solo perché… nemici della sanità privata.

Il Caffè è stato naturalmente assolto su tutta la linea.Un giornale racconta la realtà delle cose. Questa volta, come

per la vicenda Sant’Anna, lo abbiamo fatto sulla base di informa-zioni ufficiali, testimonianze documentate e verificate. Lo stessoè accaduto, nell’agosto di un anno fa, per l’inchiesta penale -dormiente da sei mesi - sul sospetto (da parte dell’ospedale Civi-co e del medico cantonale) che un neurochirugo abbia effettuato“false operazioni” all’interno della clinica privata Ars Medica.

Chi oggi ci accusa di faziosità contro il “pubblico”, un annofa si guardò bene dall’accusarci di accanimento contro il “priva-to”. Né lo fece per la vicenda Sant’Anna. Eppure si tratta di in-chieste giornalistiche identiche.

Moralismi a geometria variabile.

ella libreria accanto alla finestra... In quei ripiani, stan-do ai suoi ricordi, dovrebbe esserci di tutto. Forse anchealcune risposte alle sue turbe, alle manie, alle ossessio-ni… Ma pure oggetti di uso quotidiano che non si tro-vavano assolutamente più quando era dietro le sbarre.In carcere c’era stato tra il dicembre 2018 e l’estate del2019. Non si trovavano più... né le chiavi della moto, né quelledell’auto, né alcuni farmaci. Anche una busta biancacon l’adesione a Exit. In caso di malattia, di grave ma-lattia aveva da tempo deciso di non voler essere sotto-posto ad alcun accanimento terapeutico. Sarebbe anda-to incontro alla morte senza tentare di allontanarla. An-zi! L’avrebbe cercata.

Già, la morte! Il mistero dopo la vita per lui era di-ventato quasi un’ossessione. Un’ossessione vera e pro-pria. Ad affascinarlo era la linea sottile che separa lavita dalla morte. Nella sua testa... una linea sottile macarica di interrogativi, di domande. Un territorio quasisconfinato da esplorare. E non poteva farne a meno trale corsie dell’ospedale di Mendrisio dove lavorava dallafine degli anni Novanta. A contatto quotidianamentecon il dolore e la morte, non riusciva ad evitare che lesue insane passioni si concentrassero sulla realtà dolo-rosa che si consumava nelle camere del reparto di Me-dicina1, fra i malati di tumore ad uno stadio terminaleche si susseguivano uno dopo l’altro.

Nascono da qui, prendono forma da questa osses-sione alcune delle vicende che fanno da contorno aifatti di cui l’infermiere (che nei servizi delle scorse set-timane abbiamo chiamato Silvano) era accusato. Sì,“era” accusato, perchè alla fine dello scorso maggio siè tolto la vita mettendo la parola fine all’inchiesta pe-nale che lo ha visto protagonista dal dicembre 2018.L’accusa era di ripetuto omicidio intenzionale. Dicias-sette anziani pazienti uccisi dal 2014 aumentando ildosaggio di morfina e di dormicum.

GLI ANNUNCI FUNEBRISono lì, nella libreria accanto alla finestra del suo

appartamento nel Mendrisiotto, le fotografie di alcunidefunti. Soprattutto familiari. Ma anche - stando ai ri-cordi confidati un anno fa agli investigatori che lo han-no interrogato - le immagini di alcuni pazienti decedu-ti nell’ospedale dove aveva lavorato. Non erano foto-grafie scattate da lui ma immagini ritagliate dagli an-

nunci funebri dei quotidiani. Non sono chiari i ricordi dell’infermiere Silvano

quando cerca di ricostruirli rispondendo alle domandedella polizia o del procuratore, Nicola Respini. Sonoannebbiati soprattutto dai moltissimi farmaci che an-che in carcere assumeva. Tranquillanti. Antidepressi-vi. Nemmeno con l’aiuto del suo avvocato difensore,Micaela Antonini Luvini, è mai riuscito a ritrovare unfilo consistente di realtà fra le pieghe della memoria.

Poche cose sono certe nell’intricato corollario dellaquotidianità contorta dell’infermiere Silvano. E lui neera cosciente. Ne era consapevole. Tanto che dietro lesbarre ha avuto una percezione più chiara delle sue“passioni” sconfinate in ossessioni. Manie insane. E loha detto a chi lo ha interrogato, lo ha scritto ai familia-ri e a qualche conoscente.

Nella libreria accanto alla finestra con le fotografiedel papà, degli zii defunti, delle immagini ritagliate daigiornali… c’era anche una tavoletta. Chiunque si inte-

ressi di comunicazioni medianiche la conosce. È la ta-vola Ouija. Una tavoletta, può essere di legno, di pla-stica…, sulla quale sono indicate, solitamente a semi-cerchio, le lettere dell’alfabeto e immediatamente sot-to i numeri da zero a nove. Nell’estremità in alto un Sìe un No. È uno strumento, insieme a ciò che si puòchiamare indicatore o puntatore, utilizzato per le se-dute spiritiche.

Con la tavola Ouija, così dice chi ci crede, si intera-gisce con gli spiriti delle persone scomparse. Conquanti hanno superato la linea sottile che tanto affa-scinava l’infermiere Silvano. Si fanno delle domande eattraverso l’indicatore che si muove sulla tavola indi-cando lettere e numeri, si ottengono delle risposte.

L’ORDINE DEI ROSACROCENella libreria accanto alla finestra ci sono tutte

queste cose. Nella busta bianca le condizioni di Exit; lìaccanto i ritagli di giornale e le fotografie dei familiari

“Non so come andrà a finire. Fino a settem-bre ero una persona che faceva una vita norma-le. Ora sono l’infermiere mostro. Dopo vent’an-ni di lavoro! Allora… tutti quelli che hanno la-vorato con me sono colpevoli”. Cosa avrà volutodire l’infermiere Silvano in questa lettera, unadelle tante scritte dal carcere a familiari e cono-scenti?

Era inizio febbraio 2019 e da alcune settima-ne i reati iniziali, maltrattamenti ai danni di al-cuni pazienti anziani, si erano incredibilmenteappesantiti. Si erano trasformati. Ora l’accusaera quella di ripetuto omicidio intenzionale.

La lettera, la frase di quella lettera riferita aicolleghi, non è passata inosservata. Cosa inten-deva dire? Il procuratore Nicola Respini lo hachiesto all’imputato. Ha ricevuto una rispostavaga. I colleghi vedevano, sapevano delle dosi

di morfina fatte prima di spostare i pazienti perl’igiene, così ha risposto Silvano. Questo ha det-to e nulla più.

Nella lettera scritta a inizio febbraio era sta-to più esplicito. “Quei farmaci in pompa sirin-ga… li facevo per non far sentire dolore, pernon far sentire loro i sintomi dell’agonia premorte. Li facevo anche quando dovevo lavarli omuoverli per le cure infermieristiche. Si usavacosì in reparto”. Insomma, il “modus operandi”dell’infermiere Silvano, stando alle sue dichia-razioni sarebbe stato generalizzato e non attoad accelerare la morte dei pazienti ad uno sta-dio terminale. “Spero che la giustizia metta sot-tosopra l’ospedale, come pago io devono pagareanche gli altri”. Cosa vuol dire, gli ha chiesto ilprocuratore? “Anche i colleghi avevano il miostesso comportamento”, ha risposto.

morti; a fianco, la tavola Ouija e anche alcune riviste,alcune dispense che gli inviavano i Rosacroce, un ordi-ne mistico, cabalistico. Vi si era iscritto anni prima. AMilano e poi a Verona aveva aderito all’ordine con ce-rimonie di iniziazione. Nel tempo aveva imparato amemoria alcuni riti. Secondo i Rosacroce, così almenolui ha raccontato agli investigatori, sarebbe fuoriuscitodal suo corpo per mettersi in contatto con gli spiriti.

“La sublime essenza cosmica penetri il mio esseree mi lasci entrare nel santum celeste”. Di più - di que-ste preghiere da iniziazione - non è riuscito a ricordarel’infermiere Silvano quando unanno fa ha cercato di spiegare ilsuo interesse per l’aldilà e le ra-gioni per aver conservato tuttequelle fotografie di defunti.

Ma non solo questo.Quando navigava su Internet

alla ricerca della storia dello spiri-tismo e di ancore per la sua curio-sità, si soffermava sul sito diun’azienda di onoranze funebri delMendrisiotto. Era fra le sue prefe-rite. Da non credere, eppure è co-sì. Centinaia di clic, di visite onli-ne, di letture, forse anche di im-magini scaricate.

E non è tutto.La tavola Ouija, conservata

nella libreria accanto alla finestradel suo appartamento, l’avevacomprata su ebay. Ne aveva parla-to anche ad alcuni colleghi. Fraquesti due, due donne, gli avevano confidato che - peruna il marito per l’altra la figlia - avevano la capacitàdi parlare con i morti. Un dono, un vero e proprio donodiceva Silvano ricordando quelle confidenze. Una ca-pacità che anche lui sperava di poter coltivare.

Una volta entrato in carcere, una volta presa co-scienza che la sua passione era sconfinata nella patolo-gia, aveva cercato di allontanarsene. Ad un vecchioamico medico di Milano aveva scritto... basta, bastacon lo spiritismo, basta con la tavola Ouija! E aveva fi-nalmente capito perché, forse un anno forse due anniprima, la mamma si era rifiutata di partecipare con luia una seduta spiritica per evocare l’anima del padre

scomparso. Di quella libreria accanto alla finestra l’infermiere

Silvano ha parlato tante volte negli interrogatori. Neha parlato anche in alcune lettere. Lettere che imma-ginava sarebbero state intercettate dalla polizia e dallaprocura. “Ha espressamente scritto di spiritismo, dellatavoletta Ouija e delle fotografie dei morti... forse per-ché - così gli hanno contestato gli investigatori - vole-va trovare a posteriori una giustificazione a quella col-lezione di immagini di pazienti morti. Cercava unamotivazione, detto altrimenti, che allontanasse il più

possibile le due cose: l’accusa diripetuto omicidio intenzionale au-mentando i dosaggi di morfina el’insana passione per i defunti. Perla morte, in realtà.

Nella libreria accanto alla fine-stra, forse in ognuno dei ripiani cisono le risposte a tutto ciò che hafatto da corollario all’accusa diomicidio intenzionale. Ma si trattadi contorno. Un corollario trasfor-matosi in indizi a sostegno diun’accusa che forse mai si sarebbepotuta dimostrare. Mai, senza unesame autoptico sui diciassettepazienti morti, sarebbe stato pos-sibile stabilire un nesso di causali-tà fra l’alterazione dei dosaggi dimorfina e i decessi. Se l’infermie-re non si fosse tolto la vita forse ilprocesso a suo carico non si sa-rebbe mai svolto. O forse sarebbe

stato assolto per… insufficienza di prove. La libreria accanto alla finestra del suo apparta-

mento per anni ha custodito segreti e risposte. Oranon c’è più. Non c’è più quella busta bianca con l’ade-sione a Exit. Non ci sono più le chiavi della sua moto edella sua automobile, quella che a fine maggio lo haportato a settanta chilometri da casa, dove si è tolto lavita. Non ci sono più le fotografie dei familiari e quelledei pazienti ritagliate dai giornali.

L’appartamento è in vendita. La moto e l’auto giàsono state vendute. Come forse lui aveva venduto lasua anima nella ricerca ossessiva e malata del misterodella morte. (3. fine)

fatti & idee

Il racconto oltre la cronacaLongform

La puntate precedenti sono state pubblicate domenica 28 giugno e domenica 5 luglio

3/L’INCHIESTA SUI 17 DECESSI IN OSPEDALE A MENDRISIO

Immagini di defunti ritagliate dai giornali. Una tavola per comunicare con gli spiriti. Nella libreria dell’infermieresuicida accusato di omicidiole risposte alle sue ossessioni

IL DOVEREDI RACCONTARELA REALTÀANCHE SE CRUDA

La storia11 ottobre 2018All’ospedale di Mendrisio vienericoverata una 96enne affettada polmonite e malata terminale.È la “Paziente uno” della vicenda

18 ottobre 2018L’anziana paziente muore. Circa 5 ore prima le erano stateinfuse dosi “in riserva” di morfina e dormicum

20 novembre 2018Un allievo soccorritore che halavorato con l’infermieredenuncia i suoi modi grezzi ebruschi. Nascono altri sospetti

5 dicembre 2018L’infermiere viene fermato earrestato. L’interrogatorio vertenon solo sui maltrattamenti maanche sui sospetti di omicidio

13 febbraio 2019Una giovane collegadell’infermiere viene fermataper due giorni. È accusata di tentate lesioni gravi

22 febbraio 2019La magistratura comunica che l’inchiesta si è allargata. Si indaga anche per ripetutoomicidio intenzionale, 17 morti

14 agosto 2019L’infermiere termina il carcerepreventivo. Nel frattempo è statoindagato anche per maltrattamenti e violazione della privacy

30 maggio 2020L’infermiere esce di casa, sale in auto e in Val Calanca si toglie la vita. Ci aveva giàprovato due volte

IL COMMENTO

LE LETTERE Agli amici e ai parenti raccontava cosa accadeva in corsia

“Anche i miei colleghi facevano così”

LILLO ALAIMO

Il perversofascinodella morte

Le animeLa tavola Ouija

l’aveva comprata su ebay.Gli serviva, così diceva,

per parlare con le anime dei trapassati

Le fotografieSono lì, sui ripiani accanto

alla finestra del suoappartamento, le fotografie

di persone scomparse.Soprattutto familiari

N

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15IL CAFFÈ 5 luglio 2020

strazione. Nessun milligrammo di morfina,nessun milligrammo di dormicum. Nessundato certo. Solo una nota su ciò che nel gergoospedaliero è chiamato “MacroFocus deces-so”. Così sta scritto: “PZ alle ore 18 inizia adavere crisi respiratorie e alle ore 18.42 vieneconstatato il decesso”. Ma anche in questanota c’è un’incongruenza. Le crisi respirato-rie non sono iniziate alle 18. Bensì prima.Non possono essere iniziate successivamentealla somministrazione di quelle dosi di morfi-na registrate dalla pompa siringa dalle 17.10.Romina non ha altra spiegazione che… sitratta di un mio errore di scrittura. Un erroreche però è stranamente in linea con l’orarioche il medico della terapia intensiva ricordain relazione alla telefonata ricevuta dall’in-fermiera Romina: le 18.05. Strane incon-gruenze.

INDAGATA PER TENTATE LESIONI GRAVINovantadue minuti, dalle 17.10 alle

18.42, è il tempo in cui si consuma il giallo.Nella camera 121 si consuma l’episodio piùimportante (non solo per il dosaggio di morfi-na infusa in un breve lasso di tempo) della vi-cenda dell’infermiere Silvano suicidatosi cin-que settimane fa. Si tratta dell’episodio piùimportante fra i 17 decessi, anche perché inquesto episodio è coinvolto il secondo imputa-to dell’inchiesta.

Tuttora (ripetiamo, non esistono informa-zioni ufficiali) l’infermiera Romina è indagataper tentate lesioni gravi. Già mesi fa la richie-sta (anzi una pre-richesta al Centro di medici-na legale di Losanna per una periza medico-scientifica) è stata inviata dal procuratore an-che per fare chiarezza sulle eventuali respon-sabilità di Romina in relazione al Paziente X ead altri due anziani deceduti. Sta scritto nerosu bianco. Ma di Romina i comunicati ufficiali- dapprima della procura in seguito dell’Enteospedaliero - non hanno mai parlato. Pubbli-camente perlando dell’inchiesta (salvo indi-screzioni giornalistiche) nessuno ha mai citatoRomina. I riferimenti hanno sempre e solo ri-guardato il ruolo dell’infermiere Silvano. Il so-spetto di ripetuto omicidio intenzionale, oltreai reati, per così dire minori, per cui era inda-gato e per i quali non ha potuto negare le re-sponsabilità. Violazione della sfera segreta eprivata mediante fotografie e video, turba-mento della pace dei defunti... Il riferimento èalle fotografie di alcuni pazienti scattate a loroinsaputa e ad alcuni suoi modi grezzi e bru-schi nel curare degli anziani o nel trasportarein camera mortuaria dei defunti. Sono reaticomunque per cui l’infermiere Silvano, in se-guito ad una eventuale e probabile condanna,aveva già pagato con nove mesi di carcerepreventivo. Da inizio dicembre 2018 a metàagosto 2019.

I MANCATI CONTROLLILa vicenda, l’inquietante vicenda sebbene

non troverà mai una definitiva risposta pro-cessuale, ha messo in luce una serie di dina-miche di lavoro interne all’ospedale (non soloin quello di Mendrisio) che forse necessitanodi essere riviste. Controlli più stringenti suiboli in riserva di morfina, di dormicum o di al-tri farmaci. La necessità dell’assoluto rispettodelle norme che impongono la registrazionenel sistema informatico di chi somministra at-traverso la pompa siringa boli di farmaci. Lanecessità di indicazioni, forse ancora più pre-cise delle esistenti, sull’infusione di medicinaliper calmare il paziente prima dell’igiene per-sonale del mattino o in altri momenti dellagiornata.

Lo scorso 23 gennaio l’Ente ospedaliero inuna conferenza stampa per laprima volta ha parlato diffusa-mente dei fatti di Mendrisio.Ha fatto il punto su quella cheha definito “la vicenda dell’exinfermiere del Beata Vergine”.Non ha fatto quindi cenno al-l’infermiera Romina, alla suaposizione di indagata per ten-tate lesioni gravi. Ha spiegatoperò che, “sulla base dei propri

regolamenti, ha licenziato due collaboratori ene ha ammoniti altri tre. Per quanto assoluta-mente inadeguati, i comportamenti di questepersone sono circoscritti all’utilizzo inopportu-no di servizi di messaggistica istantanea(WhatsApp) e alla modalità di interazione conpazienti e colleghi, che in nessun modo hannomesso a repentaglio la sicurezza dei pazienti”.Il comunicato fa riferimento a cinque persone.Fra queste non c’è l’infermiera Romina. Ingennaio il Caffè ha chiesto il perché all’Ente.Parliamo solo di quanto ci è comunicato uffi-cialmente (quindi dalla procura attraverso illegale dell’Ente e il medico cantonale), è stataquesta la risposta ottenuta. (2. continua)

92minutiUna delle due ragazze entrate nella came-

ra 121 con Silvano, così ricorda il figlio delPaziente X, va immediatamente a prendereuna pompetta per aspirare qualcosa dallabocca del padre. Delle secrezioni. Il pazienteè messo su un fianco ma Silvano avverte chenon c’è necessità di aspirare. In questo preci-so momento, guardando le condizioni del-l’anziano una delle due ragazze - l’infermieraRomina - chiama al telefono un medico. Parladi morfina e di dormicum. Anzi, così ricordail figlio del Paziente X, chiama due volte. Laseconda dopo un po’ di tempo.

C’è concitazione. Gli infermieri parlanofra loro. Si consultano al telefono. Discutono

della necessità di sommini-strare qualcosa, ricorda il fi-glio che successivamenterientra in camera e vi rimanecon una parente.

I minuti di agitazione sem-brano essere alle spalle ma...Circa un’ora dopo, questo è ilricordo del figlio, il Paziente Xmuore. Sono le 18.42. È que-sto l’orario ufficiale della mor-

te. Novantadue minuti dopo la prima infusio-ne di morfina, quella delle 17.10.

MA CHE ORA ERA?!Cosa è accaduto tra le 17.14 e le 18.42?

Cosa è accaduto minuto dopo minuto? A ve-nirci in aiuto per la ricostruzione sono lapompa siringa e le testimonianze raccolte da-gli investigatori fra il personale.

Le assistenti di cura entrate in cameraper “rinfrescare” il Paziente X, dicono di nonaver visto nulla di sospetto nel comporta-mento di Silvano. Dicono, stando ai loro ri-cordi, di non averlo visto digitare alcunchésulla pompa siringa.

due assistenti di cura? O già c’erano accanto aSilvano le colleghe Romina e Giovanna? Se aquesta seconda domanda la risposta è sì, si-gnifica che i sette dosaggi di morfina registra-ti dalla pompa siringa sono successivi all’allar-me lanciato dal figlio del Paziente X.

“NON NE SONO CAPACE”Romina sostiene di non essere assoluta-

mente capace di utilizzare la pompa siringa.Qualche anno prima, è vero ammette, avevaimparato ma avendo lavorato in altri repartine ha dimenticato il funzionamento. Tutti imiei colleghi lo sanno, sostiene. Quindi allon-tana da sé ogni sospetto su quei 7,8 milli-grammi di morfina infusi ma-nualmente (schiacciando untasto) con la pompa siringa. Edi conseguenza allontana dasé anche il sospetto di nonaver registrato sul sistema in-formatico quei dosaggi in più.Quei 7,8 milligrammi sonostati sì registrati con precisio-ne dalla pompa siringa ma nelsistema informatico nessunoha indicato il proprio nome, così come impo-sto da norme e regole.

Quindi?Non è stato Silvano, non è stata Romina.

Non è stata Giovanna. Chi è stato allora? Chiera nella camera 121 tra le 17.10 e le 17.14?

Sappiamo che il figlio del Paziente X ha unricordo inevitabilmente non dettagliato. Ricor-da sì l’infermiere Silvano, ricorda sì l’infer-miera Romina ma… Non ha memoria precisadegli orari.

Si può sospettare dell’infermiere Silvanoma si tratta solo di indizi a suo carico. Si puòsospettare dell’infermiera Romina ma ancheper lei siamo nel campo delle ipotesi.

ve lasso di tempo. Sì, è questo, quello dellacamera 121, il caso più delicato dell’inchiesta.

Ripercorriamo allora quanto accadde il 27gennaio del 2018. Quanto accade nell’arco di92 minuti.

È sabato. Il figlio del Paziente X viene a sa-pere, per un intreccio di conoscenze, che il pa-dre, ricoverato nella 121 a Mendrisio, è peg-giorato. Ha problemi di respirazione. Corre alBeata Vergine ma trova una situazione menoallarmante di quella immaginata. Il padre nonè agitato, riposa sedato. Tanto che la mammanon si è accorta di nulla. Difficile, però, per unocchio non esperto notare delle dispnee, cioèdifficoltà di respirazione.

Qui iniziano i problemi, qui iniziano le dif-ficoltà nella ricostruzione dei fatti. Un annodopo ricordare con una certa precisione ore,minuti e fatti non è facile per nessuno. Non èstato semplice per il figlio del Paziente X enemmeno per il personale ospedaliero che diquel caso si è occupato. Gli unici punti fermisono quelli delle infusioni registrate dallapompa siringa, quelle macchinette accanto ailetti dei pazienti che infondono farmaci in mo-do programmato.

NEL POMERIGGIO DALLE 16.30Il figlio del Paziente X arriva in ospedale

presumibilmente tra le 16.30/16.45 e le 17.Come si vede si tratta di un lasso di tempoampio per poter mettere in fila uno dopo l’al-tro i fatti accaduti nei minuti successivi.

Il figlio del Paziente X ricorda però di esse-re rimasto in camera con la mamma alcuniminuti. E ricorda che ad un certo punto entròl’infermiere Silvano accompagnato da una odue persone, donne, che indossavano un ca-mice verde. Quindi erano assistenti di cura.Esce con la mamma dalla ca-mera per dare la possibiltà alpersonale di occuparsi del pa-dre. È ora di rinfrescarlo, cosìgli viene detto. Trascorronouna decina di minuti, standoai suoi ricordi, e viene invitatoa rientrare. L’infermiere Silva-no e le due donne che lo ac-compagnavano avevano ter-minato.

Ma a che ora esattamente l’infermiere Sil-vano e le due assistenti entrano nella camera121? Secondo il figlio del Paziente X tra le 17,le 17.15 o le 17.30. Un arco di tempo ampioper poter riscrivere gli avvenimenti uno dopol’altro. Per capire che cosa accadde in quei mi-nuti e in quelli immediatamente successivi.

Mamma e figlio rientrano in camera. Il Pa-ziente X riposa, è in posizione supina. Il lettoè leggermente sollevato. Il tempo di sedersi,così ricorda il figlio, e il padre inizia a star ma-le. Apre gli occhi, fa fatica a respirare, cerca disollevarsi… Tra la sorpresa per il repentinopeggioramento e l’agitazione, il figlio suona ilcampanello, questo è quel che ricorda.

Un’ora e trentadue minuti.È in questo lasso di tem-po che sta la chiave divolta, magari anche lasoluzione, del giallo cheda un anno e mezzo av-volge il reparto di Medi-cina1 dell’ospedale BeataVergine di Mendrisio.Un’ora e trentadue minu-

ti. Se si riuscisse a ricostruire nel dettaglio ciòche il 27 gennaio del 2018 avvenne tra le17.10 e le 18.42 nella camera 121, con moltaprobabilità si riuscirebbe a dare una rispostaagli interrogativi sulla morte di diciassette an-ziani pazienti. Ammalati terminali. Morti av-venute tra il 2014 e l’ottobre di due anni fa.

Il 27 gennaio di quell’anno nella camera121 era ricoverato uno degli ammalati, il cuidecesso è stato imputato ad un infermiere -per le cronache di questa regione ormai dive-nuto “l’infermiere” - allora 43enne. Abitavanel Mendrisiotto e per facilità di racconto lochiameremo Silvano. Si è suicidato cinquesettimane fa.

Il 27 gennaio nella camera 121, dove morìalle 18.42, da una settimana c’era un pazientedi 74 anni con un tumore al pancreas ad unostadio avanzato e con i postumi di un ictusche lo aveva colpito nella notte di una setti-mana prima.

Se si riuscisse a ricostruire con esattezzacosa accadde nei 92 minuti prima del decessodel paziente, che chiameremo X, forse si riu-scirebbe a far luce sull’intera inquietante sto-ria. Anche perché per la morte del Paziente Xè tuttora sotto inchiesta (non ci sono a oggiinformazioni ufficiali che dicano il contrario)una giovane collega dell’infermiere Silvano. Alei non è stato imputato il reato di ripetutoomicidio intenzionale ma solo di tentate lesio-ni gravi. E non solo per il Paziente X ma ancheper altri due anziani morti nel reparto. Storie,tutte e tre, imputate anche all’infermiere Sil-vano. Morti, tutte e diciassette, che secondo ilprocuratore Nicola Respini sono state causateda sovradosaggi di morfina e di dormicum.Eccessi rispetto alle prescrizioni mediche. Macosì è veramente?

Ripercorrendo quei cinquemilacinquecen-toventi (5.520) secondi prima della morte delPaziente X, forse si potrebbe scoprire - è que-sta la tesi della difesa dell’infermiere Silvano,è patrocinato dall’avvocato Micaela AntoniniLuvini - come quei milligrammi di farmaci inpiù non furono infusi con l’intento di ucciderema solo per lenire il dolore dei pazienti. Nelcaso qui raccontato, le sofferenze del PazienteX. Fatto è però che undici milligrammi di mor-fina in circa mezz’ora sono un dosaggio im-portante, molto importante per un ammalatoe in fase terminale.

Quello del Paziente X è il caso più eclatan-te. In nessuno degli altri si sono registrate do-si di morfina così massicce e infuse in un bre-

L’infermiere Silvano quel giorno - stando aquanto sostenuto da lui stesso e dal suo avvo-cato difensore sulla base dei turni nel reparto- non era l’infermiere di riferimento del Pa-ziente X. Non era di turno lui per la terapiamedica di quel paziente ma l’infermiera Romi-na con la collega Giovanna. Ed è la stessa gio-vane Romina in un primo verbale (il giornodel suo fermo, era il 13 febbraio dello scorsoanno) addirittura a non ricordare di aver lavo-rato in quella camera con Silvano. Di Giovan-na rammenta ma di Silvano assolutamente no.I ricordi però gli riaffiorano dopo le insistentidomande degli investigatori e una notte incarcere. Il pomeriggio successivo al procura-tore Respini che la interroga, per prima cosa,come primissima cosa dice che sì, ora ricordabene che quel giorno con lei e Giovanna nellacamera 121 c’era anche l’infermiere Silvano.

L’IMPUTATO NEGAGià! Ma il principale imputato nega. No, io

non ero di turno con Romina e a dargli ragione,stando al suo legale, sono i turni del reparto.Silvano non era l’infermiere di riferimento delPaziente X ma in quella camera, come ricordaanche il figlio, entrò con una o due assistenti dicura, per “rinfrescare” il padre. Ma ciò avvenneprima del peggioramento delle condizioni del-l’anziano e prima, quindi, che il figlio suonasseil campanello per allarmare gli infermieri.

Che ora era quando Silvano entrò per la“pulizia”? Prima delle 17.10, ovvero primache la pompa siringa registrasse la dose in ri-serva di morfina?

Fermiamoci un attimo e poniamoci altredomande.

Tra le 17.10 e le 17.14, vale a dire nel las-so di tempo in cui dalla pompa siringa sonostati somministrate sette dosi per un totale di7,8 milligrammi, in camera c’era Silvano con

Arriva in camera l’infermiere Silvano condue giovani ragazze. Avevano il camice verdeo il camice bianco? Cioè, erano assistenti dicura o infermiere? Erano le stesse di primaoppure no? L’uomo non ricorda con esattezzama dice che una, sì, “avrebbe potuto essere al95 per cento lei”. Ma lei chi? L’infermiera,all’epoca 26 anni e che chiameremo Romina,finita poi tra le maglie dell’inchiesta con l’ac-cusa di tentate lesioni gravi. Sul Paziente X,appunto, e su altri due anziani ricoverati.

Torniamo in corsia. Torniamo nella camera121 di Medicina 1.

Che ora è? Manca poco alle 17 o sono dapoco trascorse le 17? Ricostruire non è per

nulla facile sebbene la pompasiringa per l’infusione di mor-fina abbia registrato ore, mi-nuti, farmaci e quantità infusemanualmente. Ma non è suffi-ciente. Non è sufficiente sape-re dalla “scatola nera” dellapompa siringa che la prima in-fusione manuale, cioè la primadose di morfina (detta “in ri-serva” rispetto alla normale

terapia quotidiana) risale esattamente alle17.10. Un millilitro di morfina che equivale,tenendo conto della diluizione, a un milli-grammo. E non è sufficiente sapere che dalle17.10 alle 17.14, cioè nei successivi quattrominuti dalla prima infusione, la pompa siringaabbia marcato altri “boli” (cioè infusioni). Altrisei. Per un totale di 7,8 milligrammi.

Sette boli con sette virgola otto milligram-mi di morfina. Un dosaggio importante in soliquattro minuti. Un dosaggio importante perun paziente ad uno stadio terminale.

Quelle ore e quei quantitativi espressi conprecisione dicono molto. Sì, ma non tutto. Nonil necessario. Vediamo perché.

fatti & idee

Il racconto oltre la cronacaLongformMa che ora era quando Silvano e le due

assistenti si trovavano nella camera 121?Erano già passate le 17? O addirittura le lan-cette dell’orologio segnavano qualche minu-to in meno?

La domanda è volta a sapere se possa es-sere possibile attribuire al principale imputa-to, Silvano, l’infusione dei boli in riserva dimorfina, cioè le infusioni registrate tra le17.10 e le 17.14. Una risposta sicura non èpossibile. Oltre ogni ragionevole dubbio, co-me si suol dire, non è affatto possibile ri-spondere con certezza sì o no.

Ma in ogni caso, indipendentemente dallelancette, quei 7,8 milligrammi di morfina in-fusi nell’arco di quattro minuti potrebberonon essere stati determinanti per la mortedel Paziente X. Perché? La risposta non ècomplessa. Eccola.

L’anziano ricoverato, come testimonia ilfiglio, stava male già nelle ore precedenti.Non per nulla qualcuno lo aveva avvisato chele sue condizioni in mattinata o - più realisti-camente - nel primo pomeriggio erano peg-giorate. Stavano gradualmente peggiorando.Questo accadeva prima delle 17.10, quindiprima delle infusioni di morfina. Ciò vuol di-re la difficoltà (o l’impossibilità) di attribuirecon certezza un nesso diretto di causalità trale dosi infuse e la morte.

Torniamo alla pompa siringa. Alle 17.19 registra un’infusione di morfi-

na. Anzi, per la precisione ne registra due,ma la prima è certamente determinata da unerrore della macchina. Sono infatti registrati0,01 milligrammi. Qualche secondo dopo c’èla vera infusione. Il vero bolo, 1,26 milli-grammi. Il che porta il dosaggio totale dimorfina infuso al Paziente X a poco più di 9milligrammi. In soli nove minuti. Dalle 17.10alle 17.19. Con una pausa di 5 minuti tra ladose infusa alle 17.14 e quella alle 17.19.

IN QUEI CINQUE MINUTICosa è avvenuto in quei 5 minuti? Cinque

minuti potrebbero corrispondere al tempotrascorso dall’uscita dalla camera dell’infer-miere Silvano con le due assistenti di cura(dopo aver rinfrescato il paziente) e l’ingres-so, con Silvano, dell’infermiera Romina (dopol’allarme lanciato dal figlio)?

Le risposte sono difficili. Non esistono cer-tezze granitiche. Ma la pensa diversamentel’infermiera Romina. Anche perché è lei stes-sa ad attribuirsi la responsabilità del bolo diriserva infuso alle 17.19 con la pompa sirin-ga. È registrato a suo nome ma non è lei adaverlo fatto, dice. Ha incaricato un collega,uno di quelli in camera, non essendo lei capa-ce di utilizzare quel macchinario. L’infermiereSilvano dice di non ricordare ma, soprattutto,sottolinea di non essere stato lui quel giornola persona di riferimento per la cura del Pa-ziente X. Era la collega Romina, dice.

C’è un altro punto fermo in questa vicen-da. È un fatto ma non è certo il momentopreciso in cui è accaduto.

Come ricorda il figlio dell’anziano ricove-rato, Romina telefona ad un medico del re-parto di terapia intensiva. Chiede la possibi-lità di somministrare un bolo di morfina inriserva perchè il Paziente X sta male. L’okviene dato e alle 17.19, come risulta dallaregistrazione della pompa siringa, l’infusioneè effettuata, 1.26 milligrammi. Ma il pazien-te non migliora e dopo alcuni minuti (quantiesattamente?) Romina chiama nuovamente ilmedico per consultarsi.

Alle 17.50 vengono somministrate altredue dosi a suo nome. Un milligrammo dimorfina e uno di dormicum. Questa volta leinfusioni non sono effettuatecon la”pompa” ma diretta-mente con una siringa. Aprendere dall’armadietto ifarmaci, stando al registro, èRomina.

Nonostante le “registrazio-ni”, gli avvenimenti nella loroesatta sequenza non sono deltutto chiari. E il perché è pre-sto detto.

Il medico della terapia intensiva ricordala telefonata e la richiesta di Romina. Ma ri-costruisce quei momenti con un arco tempo-rale un po’ differente. Dice di essere statacontattata alle 18.05. Ricorda male il medicol’ora della telefonata? Ha scritto quell’oraquando i momenti di concitazione erano ter-minati, quindi poco dopo le 18? È possibile.

Questa è comunque solo una piccola in-congruenza. Come si vede dalla sequenzatemporale dei numeri registrati dalla pompasiringa e dai ricordi, i punti fermi non sonosufficienti per attribuire con certezza le re-sponsabilità di quanto accaduto.

Dalle 17.50 in poi non esiste alcuna regi-

La prima puntata è stata pubblicata domenica 28 giugno, il seguito domenica 12 luglio

Il caso si è consumato in un’ora e mezza. È il più eclatante. Due gli infermieri sospettati. Ecco chi sono. Ed ecco le contraddizioni delle indagini sui 17 pazienti deceduti

L’INCHIESTA SUI MORTIIN CORSIA A MENDRISIO

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IL CAFFÈ 28 giugno 2020 3

Chi lo avrebbe detto che gio-vedì 11 ottobre 2018 sa-rebbe stato l’inizio di unavicenda così grave da averedell’incredibile!? Così ag-

grovigliata che molto probabilmentenon sarà mai del tutto dipanata sottouna luce capace di svelare ciò cherealmente è accaduto. La vicenda èquella dell’ex infermiere quaranta-cinquenne - ex non solo perché li-cenziato nell’autunno 2018 dal-l’ospedale di Mendrisio, dove lavora-va da una ventina di anni - ma exsoprattutto perché alla fine delloscorso maggio, giusto un mese fa, siè tolto la vita. È uscito di casa, haspento il cellulare, è salito in auto,ha viaggiato verso nord e dopo unasettantina di chilometri si è fermato,è andato nel bosco e… Con la vita siè tolto il peso di un’accusa che forsemai nulla, nemmeno un’assoluzione,avrebbe potuto cancellare: l’omicidiointenzionale, dal 2014 al 2018, di 17anziani pazienti terminali. Il sospettoè che, per accelerare la morte di al-cuni anziani, abbia aumentato il do-saggio di morfina e dormicum pre-scritto dai medici

Il Caffè ha ripercorso i momentipiù importanti di questa vicenda. Po-trebbe essere definita un giallo. Per-ché lui, il quarantacinquenne suici-da, si è sempre professato innocente.E perché la perizia medica - richiestasolo un mese fa quindi un anno emezzo dopo il suo arresto - con mol-te probabilità non sarebbe mai riu-scita a dare risposte chiare e convi-centi. Era convinzione anche del ma-gistrato che stava portando avanti leindagini, Nicola Respini. Senza unesame autoptico, ogni analisi sullecartelle cliniche e sulle infusioni re-gistrate non sarebbe stata sufficientea fare chiarezza. Lo ha scritto luistesso alla difesa dell’infermiere,l’avvocato Micaela Antonini Luvini,che chiedeva altre figure professio-nali fra i periti e altri quesiti a cui ri-spondere.

GLI ANGELI DELLA MORTEDiciassette morti e un’accusa

gravissima, omicidio intenzionale.Una professione continua di inno-cenza. Un suicidio. Un caso che, se ilreato fosse stato dimostrato oltreogni ragionevole dubbio, sarebbe fi-nito nella letteratura criminale e giu-diziaria. Non solo per il numero divittime, ma anche perché gli infer-

deciso) diversamente. Ma alla luce diquali nuovi elementi? Un mese fa ilsuicidio dell’infermiere ha determi-nato la chiusura delle indagini ri-guardanti solo le sue eventuali re-sponsabilità penali. Non quelle dellagiovane collega, fermata e interroga-ta per due giorni a metà febbraio2019. Dal posto di polizia è uscitacon l’accusa di tentate lesioni gravi.

La ragazza indagata respingeogni accusa, professa da sempre lasua assoluta innocenza. Il 13 febbra-io lo ha detto agli investigatori, il 14al procuratore. E nonostante siaun’infermiera professionista, sostie-ne di non essere capace di utilizzareuna pompa siringa. Cerca di allonta-nare da sè ogni sospetto anche per ilcaso di un anziano, uno dei tre a leiimputati, per cui l’ultima sommini-strazione di morfina (o dormicum) èstata registrata proprio quando l’in-fermiere, cioè il principale imputato,risultava in pausa avendo “timbrato”l’uscita dal reparto.

UNA VICENDA CONTORTASì, questa storia ha in sè qualcosa

che l’avvicina ad un giallo. È una vi-cenda contorta che merita risposte.Il Caffè le ha cercate, tentando unasorta di controinchiesta.

L’infermiere era accusato d’altro(maltrattamenti, fotografie, videoche mostravano pazienti in situazio-ni imbarazzanti, immagini scambiatecon alcuni colleghi del reparto), reatigravi e per i quali – se in un proces-so fosse stato giudicato colpevole - difatto avrebbe già scontato l’eventua-le condanna. Nove mesi di carcerepreventivo. Da inizio dicembre 2018a metà agosto 2019.

La storia è tanto inquientantequanto pesante. Nel reparto di Medi-cina1 sono accaduti fatti gravi, altrorispetto all’omicidio intenzionale dicui era sospettato l’imputato. Se lamagistratura non potrà dare delle ri-sposte (l’inchiesta a suo carico è sta-ta archiviata immediatamente dopoil suicidio), è comunque importantetentare di gettare spiragli di luce suquanto realmente avvenuto nellecorsie dell’ospedale. Due infermierisono finiti sotto inchiesta penale. Al-tri due, dopo un’indagine interna,sono stati licenziati e uno di questiha fatto ricorso. Cinque sono statiammoniti.

Ma ora… ripercorriamo i fattipartendo dalla camera 107.

mieri “angeli della morte” agisconodi solito con altre modalità, così di-cono le cronache processuali di mez-zo mondo. Nessuno infonde piccoledosi di morfina o dormicum per pro-curare la morte. Ma cloruro di potas-sio, curaro, insulina… E soprattuttonessuno lo fa utilizzando apparecchi,le “pompe siringa”, in grado di regi-strare ogni dato. Giorno, ora e quan-tità del farmaco infuso. Gli “angelidella morte” provocano il decessoiniettando dosi massicce di sostanze

letali con siringhe manuali. Non la-sciano quindi traccia in alcun mac-chinario.

Ecco, ecco anche perché la vicen-da è anomala e lo è per diversiaspetti. Difficile pensare ad un “an-gelo della morte” che provoca la finedi un malato sapendo che si potrà ri-salire all’autore, cioè all’infermiereche ha alterato i dosaggi, semplice-mente incrociando i dati di una“pompa siringa” con i turni in corsia.Difficile. Ma tutto è possibile in una

mente criminale. Era così quelladell’infermiere suicida?

Una risposta non ci sarà mai,sebbene con il 45enne sia ancora in-dagata una giovane collega. È accu-sata di “tentate lesioni gravi” ai dan-ni di tre pazienti. Tre dei 17 imputatiall’uomo. Per lui “omicidio intenzio-nale”, per lei “tentate lesioni gravi”.Per questi tre casi, cioè per la mortedi questi tre pazienti si aspettano irisultati della perizia. A meno che ilprocuratore non decida (o abbia già

Tutto inizia l’11 ottobre 2018,quando nella camera 107dell’ospedale di Mendrisio viene ricoverataun’anziana. Seigiorni dopo uno“stagiaire” inizia a temere che...Inchiesta su una tragediaancora avvolta dal mistero

Storia incredibiledi diciassette mortie di un sospettatoDubbi, interrogativi e contraddizioni

nella vicenda dell’infermiere suicidaaccusato di omicidio intenzionale

Longform

L’INFERMIEREDI MEDICINA 1Infermiere da 22anni e da 20 aMendrisio. Hacompiuto 45 anni in febbraio. Si èsuicidato un mese fa

segue alle pagine 4 e 5

LO “STAGIAIRE”SOCCORRITORETrentacinque anni.Perito tecnico, dal 2018 avevacambiato lavoro. Era al primo stage come soccorritore

L’ANZIANA“PAZIENTE UNO”Malata terminale dicancro, 96enne. Eraentrata in ospedalel’11 ottobre 2018per una polmonite.È morta il 18 ottobre

LA GIOVANECOLLEGAHa meno di 30 anni.Infermiera, lavoravanello stesso repartodell’imputato. È sottoinchiesta per tentatelesioni gravi.

IL PROCURATOREPUBBLICONicola Respini,titolare dell’inchiestada subito. All’inizio ha indagato solo permaltrattamenti.Ha 59 anni.

L’AVVOCATADELL’IMPUTATOMicaela AntoniniLuvini, 64 anni.Avvocato d’ufficiodell’infermiere sindall’arresto a iniziodicembre 2018

I PROTAGONISTI

La storia

11 ottobre 2018All’ospedale di Mendrisio vienericoverata una 96enne affettada polmonite e malata terminale.È la “Paziente uno” della vicenda

18 ottobre 2018L’anziana paziente muore. Circa 5 ore prima le erano stateinfuse dosi “in riserva” di morfina e dormicum

20 novembre 2018Un allievo soccorritore che halavorato con l’infermieredenuncia i suoi modi grezzi ebruschi. Nascono altri sospetti

5 dicembre 2018L’infermiere viene fermato earrestato. L’interrogatorio vertenon solo sui maltrattamenti maanche sui sospetti di omicidio

13 febbraio 2019Una giovane collegadell’infermiere viene fermataper due giorni. È accusata di tentate lesioni gravi

22 febbraio 2019La magistratura comunica che l’inchiesta si è allargata. Si indaga anche per ripetutoomicidio intenzionale, 17 morti

14 agosto 2019L’infermiere termina il carcerepreventivo. Nel frattempo si èindagato per maltrattamenti e violazione della privacy

30 maggio 2020L’infermiere esce di casa, sale in auto e in Val Calanca si toglie la vita. Ci aveva giàprovato due volte

fatti & idee

Il racconto oltre la cronaca

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5IL CAFFÈ 28 giugno 2020

scritto dal medico. Sull’argomento l’inputato è sicuro del fatto

suo e agli investigatori elenca quelle situazioniche, secondo le sue convinzioni e la sua espe-rienza, giustificano l’infusione di una dose di ri-serva. “Quando un paziente è agonizzante, hauna forte dispnea, ha problemi respiratori per-ché… magari ha un tumore polmonare”. Manon solo. “Succede - aggiunge - che il pazientepossa aver paura di chiudere gli occhi temendodi non risvegliarsi più. Ecco, il medico prescrivequesti medicinali per affrontare l’angoscia deipazienti”.

Ai due ispettori che lo interrogano, rileg-gendo di tanto in tanto quanto dichiarato dallo“stagiaire”, l’infermiere dice con sicurezza chenel suo lavoro, per oltre vent’anni specifica, siè “sempre basato su questi principi. Ho fattocosì anche con mio padre. Non l’ho fatto soffri-re. Mi sono messo d’accordo con il medico perpotergli dare giuste dosi di dormicum e morfi-na”. Non nega, dunque, di aver dato “boli inriserva” , di aver somministrato farmaci peralleviare il dolore.

LE SUE SPIEGAZIONINon nega e aggiunge, quasi come un fiume

in piena…“l’infermiere dà un ‘bolo’ quando ve-de un paziente star male, quando si accorge chefatica a respirare. La morfina toglie sofferenza.Io credo, da un punto di vista etico, che un pa-ziente non debba soffrire e se un medico mi dàl’ok… io do un bolo di dormicum o di morfina”.

Già, “se un medico mi dà l’ok”! Dalle carteperò non risulta alcuna autorizzazione.

Qualche minuto prima gli investigatori ave-vano mostrato all’infermiere, sullo schermo diun computer, i dati registrati dalle due pompesiringa messe accanto al letto della “pazienteuno”. Infusioni di dormicum e di morfina nei

giorni 16, 17 e 18 ottobre 2018.Vale a dire il giorno della morte,avvenuta attorno alle 13. In to-tale dieci infusioni. Dalle 9.55del 16 ottobre alle 8.17 del 18.Così si legge sul monitor delcomputer.

Alcuni dosaggi parrebberoessere eccessivi e troppo fre-quenti. Forse troppo ravvicinati

fra loro. Soprattutto quelli della mattina del 17ottobre. Ma anche quelli del giorno successivo,dalle 7.20 alle 8.17. Vale a dire quasi cinque oreprima la morte della “paziente uno”.

Esiste un nesso di causalità fra quei dosaggi,poco più di 3 millilitri nell’arco di un’ora, e lamorte della donna? Stando ad alcuni studi regi-strati nella letteratura scientifica, un legame dicausalità potrebbe esistere solo se la morte in-terviene poco tempo dopo la somministrazionedi dosi massicce, 20/30 milligrammi di morfinao dormicum. Un’ora, poco più o poco meno.

LE PRESCRIZIONI MEDICHELa mattina del 5 dicembre 2018 in quel pri-

mo interrogatorio, all’imputato viene ricordatoche la prescrizione per i “boli” di farmaci “in ri-serva” era chiara. Chiarissima per quanto ri-guardava la “paziente uno”. E cioè: “Dormi-cum, 1 milligrammo massimo all’ora. Morfina,2 milligrammi massimo all’ora”.

Gli ispettori gli fanno notare che i dosaggiprescritti non sono stati rispettati in più occa-sioni. Perché? L’infermiere non risponde. Omeglio, dice di non avere una risposta, aggiun-ge che potrebbe essere stato chiunque a som-ministrare quei “boli” extra registrati dallapompa siringa. Anche l’allievo soccorritore, di-ce.

Il suo imbarazzo è evidente.Gli investigatori lo incalzano e gli chiedono:

quale può essere la conseguenza di sommini-strazioni di dormicum e di morfina con dosaggifino a due volte e mezzo superiori a quelli pre-scritti? Quali possono essere le conseguenze disomministrazioni troppo ravvicinate in unapersona nelle condizioni della “paziente uno”?Nessuna, risponde l’infermiere, la tranquilliz-zano e basta. “Non sono un medico, ma un mil-ligrammo di morfina su una paziente terminalenon ha alcun effetto”. (1. continua)

In una valigia, tra la biancheria intima e unaciotolola per il gatto, gli investigatori hannotrovato scatole di medicinali. Su un tavolo,nella sala vicino all’ingresso dell’appara-mento, c’era una borsa colma di altri farmaci

e di vecchie ricette. Cymbalta, Rivotril, Surmon-til… Una quantità infinita di medicine. L’ansianon si cura dall’oggi al domani e così provo adassumere alcuni farmaci - spiega l’infermiereagli investigatori la mattina in cui lo portano dacasa alla gendarmeria di Chiasso -, se non fun-zionano li cambio. Ansiolitici, antidepressivi…Medicine assunte da dieci anni ma senza esseremai stato in cura da uno psicologo o da uno psi-chiatra. Come è possibile? Agli ispettori di poli-zia che il mattino del 5 dicembre 2018 lo inter-rogano, il 45enne spiega che quelle medicineinizialmente gliele prescriveva il suo medico difiducia, successivamente, aggiunge dinanzi allostupore di tutti, “lavoravo su me stesso. I medi-cinali tolgono i sintomi ma non le cause. Poi seitu che devi lavorare su te stesso”.

L’infermiere è all’occorrenza psicologo e psi-chiatra di se stesso. La meraviglia degli ispetto-ri cresce e si moltiplicano le domande sul per-chè e sul per come così tante medicine. Tantoche l’avvocato difensore, Micaela Antonini Lu-vini, interviene perché l’interrogatorio ritornisui binari dei reati contestati, i maltrattamenti.Questa non è un’inchiesta sullo spaccio di far-maci, dice seccata.

I VENTIDUE ANNI DI PROFESSIONEL’infermiere ha una risposta ad ogni doman-

da. Torna a ritroso negli anni, racconta le sueansie, le sue sofferenze. Spiega come da tempocerchi di contenere la depressione. Spiega comesia diventato medico e infermiere di se stesso.Parla dei suoi ventidue anni di professione e ri-sponde punto per punto alle contestazioni degliispettori di polizia. Contestazio-ni nate dalla denuncia dell’al-lievo soccorritore che aveva la-vorato con lui due giorni, duesoli giorni a metà ottobre.

La paziente della camera107? Entrata in ospedale l’11ottobre scorso e morta il 18 del-lo stesso mese? No, l’imputatodice di non ricordare. Ram-menta però, spiega agli investigatori, che conquell’allievo soccorritore aveva lavorato per unpaio di giorni. Lo “stagiaire” non conosceva ipazienti e quindi se ne stavano spalla a spallatutte le volte che entravano in una camera.“Vedevo come lavorava. Sono io l’infermiere evaluto come lavora. Non è lui a valutare me”,sottolinea quasi a voler rimettere in ordine,agli occhi degli investigatori, competenze eruoli.

A metà mattinata, poche ore dopo l’iniziodell’interrogatorio l’imputato sembra intuirequali sono le accuse dell’allievo soccorritore.Tutto messo nero su bianco qualche settimanaprima. Capisce e dà una spiegazione ad ognicritica, ad ogni appunto.

Il lavoro in ospedale è frenetico, dice, “man-ca personale, i pazienti hanno sempre più ma-lattie, siamo in pochi e dobbiamo lavorare con lamigliore qualità possibile… in un tempo ade-guato”. Ecco perché, è questa la sua spiegazioneper quei modi così sbrigativi, quel giorno di ot-tobre ho detto all’allievo soccorritore di “mette-re il turbo”. Il carico di lavoro è sempre alto, cosìricorda a chi lo sta interrogando, e non avendoesperienza quell’allievo talvolta sbagliava. Sba-gliava addirittura la preparazione delle pastiglie,aggiunge evidentemente per metterlo in cattivaluce. “Mi chiedo come potesse lavorare in am-bulanza una persona del genere”.

L’infermiere respinge ogni appunto criticomesso a verbale dallo “stagiaire”. Contesta ognidettaglio anche in relazione a quella che si puòdefinire la “paziente uno” della vicenda che loha visto protagonista. E ai poliziotti spiega, en-trando così nel cuore di quella che in seguito sa-rà l’accusa più pesante, quali sono a suo dire lecondizioni che autorizzano un infermiere a som-ministrare un “bolo” di medicinali “in riserva”.Vale a dire milligrammi in più per situazioni dinecessità, cioè oltre il normale dosaggio pre-

“I dosaggi dei farmaciche ho infusosono stati ininfluenti”

Accanto al letto della “paziente uno”c’erano due pompe siringa,per la morfina e per il dormicum

il suo “tutor” digitare sul tastierino dellapompa siringa.

Sì, solo quattro parole. “Guarda che èmorta”. Ma chi? Quella della 107. Non solo.Ha insistito, erano nella sala infermieri difronte ad altri, per trasferire subito il cada-vere nella camera mortuaria. Aveva fretta,ha sottolineato agli investigatori lo “stagiai-re”, aveva fretta solo perché il suo turno dilavoro terminava alle 15.30.

I racconti si intrecciano, le versioni deifatti anche. L’infermiere respinge quelle chedefinisce “calunnie” e sostiene che per lui

trasferire un paziente in ca-mera mortuaria, da tempo eradiventato psicologicamentedifficile, un vero trauma. Fi-guriamoci che fretta avrei po-tuto avere! E nega, nega an-che di aver trattato con pocacura il corpo dell’anziana pa-ziente quando, con l’allievosoccorritore, dal reparto erasceso in camera mortuaria.

Dunque… nel racconto dello “stagiaire”non ci sono prove schiaccianti a carico del-l’infermiere. L’accusa di omicidio intenziona-le della “paziente uno” sembra fondarsi solosu indizi. Senzazioni e impressioni determi-nate da frasi e soprattutto da modi grezzi,grossolani, frettolosi. Indizi, comunque, chefanno a pugni con i bassi quantitavi di morfi-na e di dormicum somministrati. Relativa-mente bassi sebbene oltre le prescrizioni enonostante non siano stati registrati dall’im-putato, né sulla cartella clinica né sul siste-ma informatico interno. Bassi, secondo lascienza, per provocare la morte di un pa-ziente.

Ma cosa accade nel primo pomeriggio?Cosa accade qualche ora dopo l’igiene perso-nale e quelle dosi - dormicum e morfina inpiù rispetto alla prescrizione medica - infuseal mattino nel corpo dell’anziana paziente?Perché le cose precipitano?

La pompa siringa quel mattino registraquantitativi non particolarmente allarmantidi morfina e dormicum oltre la cosidetta “te-rapia continua”, cioè la prescrizione medicadei farmaci infusi automaticamente nelle 24ore. Pochi millilitri in più ma, scopriranno leindagini, mai registrati nel sistema informa-tico interno e nella cartellaclinica. Una grave violazionedelle regole. Ma tuttavia an-cora nulla che possa avvalora-re la tesi dell’omicidio inten-zionale. Le quantità di morfi-na e dormicum infuse ma-nualmente attraverso la pom-pa siringa non erano alte,sebbene superiori alle indica-zioni mediche in caso di ne-cessità.

AL RITORNO DALLA PAUSA...A far sospettare l’allievo soccorritore che

nella camera 107 qualcosa in mattinata nonfosse andato correttamente… è una banalità.Per lo meno all’apparenza. Ma che cosa?

Agli investigatori l’allievo racconterà chel’infermiere al rientro dalla pausa per il pran-zo, gli si è rivolto con fare freddo e distaccatopronunciando quattro parole. Solo quattroparole ma tante gliene sono bastate per farcrescere i dubbi sulla sua correttezza. Gli ètornato alla mente quando, prima dell’igienepersonale dell’anziana paziente, aveva visto

l’infermiere a cui era stato affiancato. Quelgiorno è la seconda volta che con lui scambiaqualche parola. Era successo settimane primain occasione di un turno, un unico turno di la-voro insieme. Dunque, quel 17 ottobre si co-noscevano appena.

Il lavoro inizia presto, alle 7. I due non sisuddividono i pazienti per l’igiene del mattino.Lavorano insieme e iniziano dalla camera 107.È quella dove è ricoverata la “paziente uno”, la96enne arrivata in ospedale una settimanaprima. Non aveva solo una polmonite. La suacartella clinica era chiara: malata terminaleper un tumore. Non per nullaaccanto al letto erano piazzatidue apparecchi, si chiamanopompe siringa, per l’iniezionedi morfina e di dormicum.

Inizia il lavoro per l’igiene,l’infermiere procede da solo edice all’allievo di seguirlo at-tentamente. È in questo mo-mento, dopo solo una manciatadi minuti, che all’allievo inizia-no a sorgere i primi interrogativi. Nella sua se-gnalazione alla direzione - perché è lui la per-sona che ha fatto scattare ogni allarme, è luil’inizio della fine - qualche giorno dopo spie-gherà che l’infermiere, suo “tutor” per soli duegiorni, aveva modi bruschi, grezzi, inappro-priati. E con l’unico scopo, dirà nella denuncia,di terminare il lavoro il più in fretta possibile.

Ma come? Per vent’anni nessuno s’era la-mentato di quell’infermiere, se non che fossedisordinato e un po’ pasticcione, e ora, d’untratto… uno “stagiaire” ribalta ogni analisi,ogni valutazione sulla sua professionalità!?

I dettagli del racconto fatto dall’allievo soc-corritore inquietano la direzione dell’ospedale

Chi avrebbe potuto immagi-nare che quel giovedì 11 ot-tobre 2018 sarebbe stata laprima stazione di una ViaCrucis senza fine!? Non soloper il dolore dei familiari deipazienti - che sino all’iniziodell’inchiesta nulla sospet-tavano -, non solo per lostrazio e la confusione dei

colleghi di lavoro. Una Via Crucis senza fineperché la vicenda processuale non vedrà mai néun’assoluzione né una sentenza di condanna.Non vedrà mai né l’una né l’altra cosa, sebbeneper tre dei 17 morti imputati all’uomo è tuttorasotto inchiesta anche una sua giovane collega.Non è accusata di omicidio intenzionale ma ditentate lesioni gravi. Tentate lesioni gravi nono-stante… Ma questa è un’altra storia di cui par-leremo in seguito.

Torniamo a giovedì 11 ottobre 2018. AlBeata Vergine di Mendrisio viene ricoveratauna donna di 96 anni. Fatica a respirare, ha lapolmonite. In ospedale arriva in ambulanza.

Il calvario inizia quel giorno. Perché lei,l’anziana 96enne, è la “paziente uno” di un in-treccio insensato e inquietante.

Da un lato l’attitudine di chi lavora in cor-sia, specie se a contatto con malati terminali,ad esorcizzare la fine della vita con frasi e at-teggiamenti talvolta riprovevoli. Dall’altro latoil dolore dei pazienti e la disperazione dei lorofamiliari. Nel mezzo, tra l’una e l’altra cosa, stala medicina. Milligrammi di morfina e di dor-micum alleviano le pene di chi si avvicina allafine. Sebbene l’accelerano inevitabilmente. Losanno i medici, lo sanno gli infermieri. Ma nonsono certo pochi milligrammi a determinare lamorte. Non due o tre... nemmeno su un anzia-no ammalato, ha spiegato al Caffè, chi ognigiorno in ospedale è confrontato con simili si-tuazioni.

I TRECENTO PAZIENTIL’imputato era un professionista che con la

morte pareva averci fatto il callo. A chi lo hainterrogato, qualche ora dopo il fermo all’iniziodi dicembre 2018, ha spiegato che in ventidueanni di lavoro aveva accompagnato alla mortealmeno trecento pazienti. Ha detto proprio co-sì, trecento pazienti. E non per nulla aveva se-guito corsi di medicina palliativa.

Quell’11 ottobre è però l’inizio della ViaCrucis e l’infermiere, che da tempo lavoravanel reparto di Medicina1, non poteva immagi-nare che quella 96enne avrebbe rappresentatol’inizio della fine. I trecento pazienti terminaliche aveva alle spalle sarebbero diventati altro,nulla rispetto alla “paziente uno”.

Alla figlia dell’anziana signora il giorno do-po il ricovero un medico aveva detto che pro-babilmente la mamma non sarebbe riuscita asuperare il fine settimana. Le aspettative di vi-ta non erano che di poche ore. Ma sorprenden-temente, data la sua “forte fibra”, è andataavanti qualche giorno ancora. Ha sfidato l’evi-denza medica, le previsioni, i parametri vitalicompromessi. Poi, tra il 17 e il 18, le sue con-dizioni si aggravano. Ed è proprio in questolasso di tempo che per l’infermiere accadequalcosa di irreparabile. Una svolta che farànascere i primi sospetti sui suoi comportamen-ti. Dapprima una segnalazione alla direzionedell’ospedale, poi alla magistratura. Per arriva-re al suo arresto qualche settimana dopo, il 5dicembre.

È stato fermato sulla base di accuse, sì pe-santi per chi come lui è chiamato a dare sollie-vo agli ammalati, ma non così pesanti quantoil reato di omicidio intenzionale, contestatoglidue mesi dopo.

Il 5 dicembre il 45enne era sospettato “so-lo” di coazione, vie di fatto, lesioni semplici...Detto diversamente, maltrattamenti ai dannidi alcuni anziani pazienti. Niente però a chevedere con l’omicidio intenzionale.

L’INIZIO DELLA FINETorniamo all’inizio della fine, a quel 17 ot-

tobre 2018. È un mercoledì e all’infermiereviene affiancato per lo stage un allievo soccor-ritore. Allievo nonostante i suoi 34 anni. Lavo-reranno per soli due giorni fianco a fianco matanto basterà allo “stagiaire”, racconterà così,per essere sorpreso e sconcertato da come l’in-fermiere trattava i pazienti. Era grezzo e bru-sco dirà agli investigatori.

Accadeva soprattutto, così ha raccontato,quando al mattino li lavava, quando li aiutavaper i bisogni corporali… ma anche quando, siè verificato una volta in quei due giorni, occor-reva trasportare dalle corsie del reparto allacamera mortuaria chi poco prima era mortoattorniato dai parenti.

Il 17 ottobre l’allievo soccorritore incontra

sta. Si moltiplicano soprattutto quando, duran-te il cambio di turno, sente dire all’infermieresuo “tutor” che per una paziente, il riferimentoè alla signora 96enne, sarebbe stato necessa-rio un “bolo”. Nel linguaggio medico si intendela somministrazione di un farmaco. E nel casospecifico altro non è che una dose in più dimorfina o dormicum - stando a quel che ha in-teso l’“allievo” e raccontato agli inquirenti -;una dose atta ad accelerare la morte della don-na. Ma queste sono solo supposizioni nate nel-la testa dello “stagiaire”. Ipotesi. Congetture.

IL GIORNO DELLA MORTELa mattina del 18 ottobre il lavoro ripren-

de. Sempre uguale, solo un po’ diverso. Idue, l’allievo e il suo “tutor”, rientrano nellacamera 107, quella della “paziente uno”. Edè in quel preciso momento, ricorda l’allievosoccorritore, che l’infermiere tocca una delledue pompe siringa e digita sul tastierino periniettare qualche millilitro di farmaco. Sonole 7.20.

Sto dando un bolo di dormicum così si ri-lassa un po’, spiega l’infermiere di fronte alleperplessità dello “stagiaire”. Ma la paziente,ha detto l’allievo ai poliziotti che lo hanno in-terrogato, quando noi siamo entrati era seda-ta e non mostrava alcun segno di agitazione,a parte il respiro un po’ affannato.

La ricostruzione degli orari collima con laversione dell’imputato e con i dati registratidalla pompa siringa. Ma i fatti raccontatidall’uno e dall’altro non si incastrano perfet-tamente fra loro. Stando al 45enne le dichia-razioni dello “stagiaire” sono “fantascientifi-che”. Frutto, così ha motivato, della sua ine-sperienza e anche di una certa invidia. “Ioavevo un buon impiego, lui no”.

e la magistratura un mese dopo. Ma sin qui…sin qui si tratta “solo” di comportamenti gravi(modi bruschi, sgarbati, frettolosi) che nullahanno a che vedere con le paurose accuse diomicidio intenzionale. Quella mattina, la mat-tina del 17 ottobre, l’igiene della “pazienteuno” secondo lo “stagiaire” sarà durata sì e nodieci minuti. La metà del tempo solitamentenecessario, spiegherà agli investigatori l’allie-vo.

Ma qualcuno s’era mai accorto di questeanomalie?

Di regola durante il ricovero della mamma,ha ricordato la figlia della pa-ziente 96enne, ad accudirlaerano delle infermiere. “Solo inqualche caso ho visto degli uo-mini. Erano due”. Tuttavia, ri-percorrendo quei giorni, nongli è tornato alla mente alcunepisodio che potesse far pensa-re a dei maltrattamenti. Anzi.“Erano tutti gentili”.

Le due macchinette perl’infusione di morfina e dormicum accanto alletto, erano ovviamente state notate dai pa-renti dell’anziana. Sapevano di che si trattava,sapevano che ogni somministrazione era pro-grammata e che al primo bip, al primo suonodi allarme della pompa siringa avrebbero do-vuto chiamare qualcuno del personale infer-mieristico. Altro non ricorda la figlia dell’an-ziana paziente, se non il fatto che l’ultima vol-ta che le era stato somministrato del dormi-cum, il 18 ottobre, la mamma… “era tranquil-la”. Come dire… che bisogno c’era?!

È verso la fine della giornata, nel tardo po-meriggio del 17 ottobre, che all’allievo soccor-ritore i dubbi e le perplessità crescono nella te-

fatti & idee

Giallonella camera 107

segue dalla pagina precedente

- 16.10.2018 ore 09:55, 0.02 ml DORMICUM (wronk key)- 16.10.2018 ore 09:55, 1.47 ml DORMICUM- 16.10.2018 ore 13:34, 1.02 ml DORMICUM- 17.10.2018 ore 07:28, 0.91 ml DORMICUM- 17.10.2018 ore 07:29, 1.21 ml DORMICUM- 17.10.2018 ore 09:39, 1.67 ml DORMICUM- 17.10.2018 ore 09:42, 1.03 ml MORFINA- 18.10.2018 ore 07:20, 1.02 ml DORMICUM- 18.10.2018 ore 07:22, 1.06 ml MORFINA- 18.10.2018 ore 08:17, 1.35 ml DORMICUM

BOLI DI RISERVA INFUSI E REGISTRATIDALLA POMPA SIRINGA DELLA PAZIENTE UNO

+ L’anziana signora muore il 18 ottobre attorno alle 13

Il racconto oltre la cronaca

La pompa siringa

Le infusioniEsistono pompe siringaper l’infusione di un solofarmaco e apparecchiper l’infusione di duedifferenti medicinali

Millilitri e milligrami...gli investigatori avevano mostrato all’infermiere,sullo schermo di un computer, i dati registrati dalle due pompe siringa messe accanto al letto della “paziente uno”. Infusioni di dormicum e di morfina nei giorni 16, 17 e 18 ottobre 2018. Le misurazioni sono in millilitri. Ogni millilitro - stando agli standard ospedalieri sulla diluizione - di regola corrisponde al massimo a 1 milligrammo per il dormicum e a 2 milligrammi per la morfina

L’automatismoLe pompe siringavengono impostate per l’infusione automatica dei farmaci secondo la prescrizione medica

Le dosi “in riserva”Le pompe siringapermettono di infonderedosi “in riserva” di farmaci oltre a quelli già impostati

I dati memorizzatiTutte le dosi di farmaciinfluse sonomemorizzatedall’apparecchio.Giorno, ora e quantità

segue domenica 5 luglio

Longform

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IL CAFFÈ 7 giugno 2020 7

fatti & idee

Fotografie scattate con il cellulare a pazienti ignari. Ein situazioni imbarazzanti. Brevi filmati, sempre giraticon il cellulare. Una chat con i colleghi per scambiarsinon solo frasi inopportune sui pazienti ma anche imma-gini. Sono questi i fatti da cui sono nati i reati “minori”di cui era accusato l’ex infermiere. L’Ente ospedalieronei mesi scorsi, alla fine del 2019, è intervenuto convo-cando alcuni colleghi. Due sono stati licenziati, altri han-no ricevuto lettere di ammonimento o sono stati sposta-ti di reparto. È invece un mistero ciòche (non) è avvenuto ad una giovanis-sima collega finita sin da subito sottoinchiesta per tentate lesioni gravi. Si-no all’inizio di quest’anno sembrereb-be che l’Ente ospedaliero non fossestato ufficialmente messo al correntedella posizione della giovane. Eppurela perizia medica a Losanna è statachiesta alla luce di due procedimentipenali. Quello contro l’imputato prin-cipale (ora chiuso) e quello contro lagiovane infermiera a Mendrisio.

Per settimane, anzi per mesi, cioètra quest’inverno e l’inizio di questaprimavera, i vertici dell’Ente ospedalie-ro hanno detto di essere a conoscenza“solo di ciò che ci è dato sapere”. Il riferimento è allaconferenza stampa con cui in dicembre l’Ente aveva fat-to il punto alla situazione.

Da subito si era saputo del fermo della giovane infer-miera. Un fermo durato 24 ore ma da cui ne era uscitaanche da indagata e non da “persona informata sui fatti”,in riferimento, per esempio, ad un filmato girato dal prin-cipale imputato e in cui si intravvedevano dei colleghi.

La perizia medica al Centro di medicina legale di Losa-na era stata chiesta (ma si trattava di una domanda pre-ventiva, per così dire) già lo scorso giugno. Un anno fa.Era il 25 di giugno. Da allora silenzio per mesi. Tanto cheanche la Corte dei reclami penali sottolineò il ritardo e ilmancato sollecito. Poi, tra dicembre e febbraio, le cose sisono accelerate. La scelta dei periti, la richiesta della dife-sa (anche della giovane infermiera sotto inchiesta) di ca-librare diversamente la presenza di alcuni specialisti nel

gruppo dei periti. Le domande peritalierano cinque. E sulla loro sostanza, tradifesa e accusa (rappresentata dal pro-curatore Nicola Respini) si è discussoancora questa primavera. In sostanza,hanno chiesto la magistratura e la dife-sa, sulla base delle cartelle mediche sipossono stabilire le cause del decesso diquei 17 pazienti?

Non è detto che la perizia non giungaa termine. Come si sa, sotto inchiestac’è una seconda persona. E non è dettoche la famiglia dell’ex infermiere nonchieda di fare chiarezza nonostante lamorte del quarantacinquenne e l’an-nuncio della procura. L’inchiesta è stataarchiviata. Lui si è sempre professato in-

nocente. Lo ha ribadito al Caffè anche all’inizio dello scor-so marzo. Ha sempre e solo voluto, così sosteneva, lenireil dolore dei pazienti. L’aumento delle dosi di alcuni far-maci non è mai stato fatto con l’intento di uccidere quellepersone. La stessa cosa, in un primo interrogatorio in pro-cura, ha detto la giovane infermiera. Si è limitata a fareciò che, a suo dire, era chiamata a fare accanto al letto deipazienti in fase terminale.

La morte annunciata dell’ex infermiereAveva tentato già due volte di togliersi la vita e una terza aveva desistitoLe accuse, 17 omicidi in corsia, lo hanno stremato e portato al tragico gesto

Erano due i procedimenti,uno è contro una collega

In carcere aveva già tentato dimetter fine ad una vita difficile,difficile già prima di finire dietrole sbarre. Aveva la consapevolez-za della sua personalità comples-

sa e sempre più pesante da portarsi ap-presso. Aveva tentato già in prigione ilsuicidio ingerendo una sostanza per lapulizia dei bagni. Sì, già in carcere.C’era entrato - proprio lui, stimato in-fermiere a Mendrisio, da sempre -,c’era entrato, dicevamo, nel dicembredel 2018. Era sospettato di maltratta-menti su alcuni anziani. Dal carcere erauscito nell’agosto dello scorso anno. Neera sì, uscito ma con con l’accusa diaver ucciso, alterando il dosaggio di al-cuni farmaci, 17 anziani pazienti in faseterminale. Un sospetto e un’accusa in-credibili.

Dopo un anno e mezzo non ha retto.E una settimana fa, ma se ne è avutanotizia solo l’altro giorno, è uscito di ca-sa, ha spento il cellulare, ha preso l’autoe l’ha fatta finita a una settantina di chi-lometri da casa sua. In Val Calanca. Èstato ritrovato anche grazie alle video-camere in autostrada.

Aveva 45 anni. Abitava nel Mendri-siotto e per 22 anni aveva lavorato al-l’ospedale Beata Vergine. Stimato datutti si diceva e lo si è ripetuto anchedopo lo scorso febbraio quando si è sa-puto che quei “maltrattamenti” eranopiccola cosa rispetto al reato di “omici-dio intenzionale ripetuto”. Lui ha sem-pre negato. Ha chiesto scusa per i reatiminori, ma pur sempre gravi, che glisono piovuti addosso. Ha chiesto scusadalle pagine del Caffè poco più di un an-no fa, facendo giungere al giornale ilsuo sfogo. Ha chiesto scusa per i fattirelativi ai reati, un vero e proprio rosa-rio, di “messa in pericolo della vita al-trui”,”violazione della sfera privata”,“turbamento della pace dei morti”,“pornografia con scene di cruda violen-za”, “coazione”.

L’ex infermiere, che uscito dal car-

cere abitava con la mamma nel Mendri-siotto, aveva una personalità comples-sa. Così hanno constatato i medici chenegli ultimi mesi lo hanno incontrato.Sì, perché il suicidio scoperto l’altrogiorno è la conclusione di una via Cru-cis iniziata, come detto, già in carcere.

Un primo tentativo di suicidio circaun anno fa poi, con la speranza di usciredalla prigione terminata la fase inizialedell’inchiesta e nell’attesa di una peri-

zia medica (che tra una cosa e l’altra èstata ufficialmente richiesta soloquest’anno e non è ancora giunta), unsecondo tentativo. Viveva già a casadella mamma. Era la fine dello scorsofebbraio. Le sue condizioni psicologi-che, mentre seguitava a dire della suainnocenza rispetto al reato di omicidio,sono diventate più difficili. Ha tentato ilsuicidio assumendo dei farmaci. È statosalvato in extremis. Ricoverato prima al

Civico poi per tre settimane all’ospeda-le neuropsichiatrico di Mendrisio.

A inizio marzo ha contattato nuova-mente il Caffè. Voleva denunciare si-tuazioni interne all’ospedale dove eraricoverato. Parlava di degrado. In real-tà, lo si capiva, aveva voglia di sfogarsi.“Sono in croce da quasi due anni. I reatipiù pesanti di cui mi accusano io non liho mai commessi. Compresi i maltrat-tamenti a vivi e morti”.

Una vera via Crucis. Ma anche unamorte annunciata perché l’incapacità disopportare il peso delle accuse e dell’at-tesa ormai non la nascondeva più damesi. Alcune settimane fa, più di altrevolte, ha detto della sua intenzione difarla finita. Ha preso l’auto, si è allonta-nato da casa ma poi ha telefonato. Hachiamato qualcuno dicendo la sua in-tenzione, chiedendo di fatto aiuto, chie-dendo una mano. Qualche motivo perdesistere da quel gesto che già avevacompiuto.

Al telefono si è riusciti a frenare lasua ormai incontenibile irrequietezza.Lo si è convinto ad affidarsi alle cure diun medico. È accaduto. Ma... Lui avevaormai necessità di un controllo e di unsostegno quotidiano. Costante. Si erapian piano isolato da quando era uscitodal carcere. Unico punto di riferimentoper lui era l’avvocatessa che l’ha segui-to ogni giorno, ogni santo sin dall’ar-resto. Micaela Antonini Luvini. Con luiaspettava della perizia. Con lui condivi-deva la convinzione della sua innocen-za.

L’intera inchiesta potrebbe nonchiudersi così, d’un tratto. Con il qua-rantacinquenne è imputata, per tentatelesioni gravi, una giovane infermiera. Icasi di cui deve rispondere sono tre. Efanno parte dei 17 che gravavano sullespalle dell’uomo. Anzi, in uno di questitre casi, l’infermiere non era di turno. Eaveva già “timbrato” quando uno diquei tre pazienti morì. Proprio duranteil turno della giovane infermiera. r.c.

NICOLA RESPINITitolare dall’autunno del 2018dell’inchiesta sull’exinfermiere dell’ospedale di Mendrisio, 59 anni

LE INDAGINI Ora resta indagata una giovane collega LA PROCEDURA Nell’attesa delle risposte dei periti romandi

La famiglia può chiederedi fare ulteriore chiarezza

MICAELA ANTONINI LUVINIAvvocato luganese, 64 anni,ha assunto sin da subito la difesa dell’ex infermiere di Mendrisio

Il dramma

LA SEGNALAZIONENell’ottobre del 2018

l’infermiere viene segnalatoda un collega. Lesioni gravi,

vie di fatto reiterate, coazione.

I FATTI

L’ARRESTOIl 5 dicembre l’infermiere viene

arrestato. L’inchiesta si allarga.Nasce il sospetto per la morte

di alcuni anziani pazienti. Dal 2014.

I SOSPETTIIl sospetto è che l’imputato

abbia alterato il dosaggio di alcunifarmaci. Medicinali per lenire il

dolore, ma oltre le prescrizioni mediche.

LA PERIZIAL’infermiere è scarcerato

nell’agosto 2019. A inizio estateera stata chiesta una perizia,

ma ufficialmente la domanda a Losannaè giunta solo a inizio di quest’anno.

IL MESSAGGIO AL CAFFÈ

“Io, innocente,sono in croceda due anni”L’ex infermiere aveva contattoil Caffè due volte. Una primadal carcere e una seconda loscorso 8 marzo. Si trovavaricoverato all’ospedaleneuropsichiatrico diMendrisio. Aveva tentato ilsuicidio in casa e dopo unasettimana al Civico era statotrasferito a Mendrisio. “Sonoin croce da quasi due anni -così ci aveva scritto -. I reatipiù pesanti di cui mi accusanonon li ho mai commessicompresi i maltrattamenti avivi e morti. Si basano suillusioni, presunzioni, parole,congetture negative, ipotesi”. Aveva accennato anche allasua psiche che definitiva“debole”. Alla difficoltà disopportare l’attesa delprocesso, la lettura deigiornali. “Uno con una psichedebole, poi arriva sull’orlo delsuicidio”.

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8 IL CAFFÈ 17 maggio 2020

fatti & idee

DECESSI IN CORSIA A MENDRISIO

Le ultime notizie risalgono a questigiorni. Finalmente, dopo due-tre mesi diping-pong tra le parti, sono stati scelti inomi dei cinque periti a cui è affidatal’analisi dei 17 decessi (pazienti anzianie ad uno stadio terminale) di cui è accu-sato, ormai da quasi un anno e mezzo,un infermiere 46enne che lavorava al-l’ospedale di Mendrisio. La perizia medi-ca è stata affidata al Centro universitarioromando di Medicina legale, a Losanna,a cui ormai dalla fine dello scorso giugnosi era rivolto il procuratore pubblico Ni-cola Respini, titolare della complicata in-chiesta.

È passata invano l’estate, l’autunnoe l’inverno. Anzi, a inizio dicembre laCorte ticinese dei reclami penali, in me-rito a un ricorso sul caso, aveva sottoli-neato il lungo tempo trascorso, il ritardodella risposta di Losanna e il mancatosollecito della procura.

Ora il gruppo di periti sembra esseredefinitivo, così pure le domande peritali.Quelle indicate in giugno dal procurato-re Respini erano cinque.1 – Sulla base delle cartelle mediche

si possono stabilire le cause del decessodei 17 pazienti?2 – È possibile stabilire se la sommi-

nistrazione dei farmaci abbia casual-mente o concasualmente determinato ildecesso dei pazienti o ne abbia acellera-to la morte?3 – La somministrazione dei farmaci

era corretta rispetto alla condizione cli-nica dei pazienti?4 – È possibile stabilire, anche sulla

base della dichiarazione dei parenti, se idecessi siano stati lineari o determinatidall’intervento di terze persone?5 – Sono necessari ulteriori accerta-

menti?Lo scontro tra la difesa e il magistra-

to in questi mesi è stato non solo sulla

composizione del gruppo di periti (qualispecializzazioni sono più opportune peraffrontare la vicenda?), ma anche sulledomande peritali. In questi giorni sem-bra che un’intesa sia stata trovata.

Le parti in causa non sono solo due.Non c’è solo il procuratore Respini e l’av-vocato difensore dell’infermiere, Micae-la Antonini Luvini, ma anche il legale diun secondo infermiere sotto accusa. Le-tizia Vezzoni. Difende una giovane infer-miera accusata di tentate lesioni gravi.Vittime delle sue azioni, secondo gli attiufficiali dell’inchiesta, sono tre dei 17pazienti la cui morte è imputata all’in-fermiere.

Che gli infermieri sotto inchiestafossero due lo ha ri-velato il Caffè al-l’inizio di febbraio.Chiedendo anchecome mai l’infer-miere sin da subitofosse stato licenzia-to e l’infermierafosse ancora al suoposto. Sull’edizionedel Caffè del 2 feb-braio il direttore ge-nerale dell’Ente ospedaliero cantonale,Giorgio Pellanda, rispose così: “Quandonemmeno due settimane fa abbiamo in-detto una conferenza stampa sulla vi-cenda, abbiamo comunicato ciò che ciera e ci è dato tuttora di sapere. Ovvero,nella vicenda c’è solo una persona, l’in-fermiere sotto inchiesta. Ogni decisioneè stata presa alla luce degli atti a cui ab-biamo avuto accesso. Non tutti. Se do-vessero emergere novità agiremo diconseguenza”.

Da allora, tempo tre settimane, an-che in Ticino è scoppiato il “pandemo-nio”. È arrivato il coronavirus a imporrenuove priorità.

In due sotto inchiesta penalenell’attesa di una periziasull’alterazione dei farmaci

I ritardiaccumulati

Il ritardodella rispostadi Losanna e

il mancatosollecito

della procura

Storie di malasanità... nel dimenticatoioRallentamenti, in penombra, per le indagini sui 17 anziani morti e sulle “false” operazioni

Di effetti collaterali ce ne sonostati e ce ne saranno tanti. Lapandemia oltre ai danni sanitarie ai lutti provocati, causerà infi-niti problemi sociali ed economi-

ci. Ma ci sono anche degli “effetti desidera-ti”, per così dire, che il “rallentamento” diogni attività ha inevitabilmente portato. Al-

cuni temi politici sono passati in second’ordi-ne. Così anche qualche inchiesta che da feb-braio è finita nel dimenticatoio, quantomenodell’opinione pubblica.

Erano due le vicende importanti aperte dadiversi mesi in Ticino. Il caso dell’infermiereaccusato di aver ucciso 17 pazienti all’ospe-dale di Mendrisio, alterando il dosaggio di al-

cuni farmaci. L’altra inchiesta penale - di cuisi è saputo solo alla fine dello scorso agosto,in seguito ad un servizio del Caffè -, è quelladelle sospette “false” operazioni di un neuro-chirurgo all’Ars Medica di Gravesano.

A che punto sono? Tutto è rallentato. An-zi, tutto apparentemente sembra essersi fer-mato a inizio anno. r.c.

Ti-Press

Effetti desiderati

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FATTI&IDEEIL CAFFÈ 23 febbraio 2020 9

Il giallo.

LE IPOTESI Il Codice penale e i fatti parzialmente ricostruiti

Sono due gli infermieri sotto inchiestaOltre all’uomo accusato dell’omicidio di 17 pazienti terminali al Beata Vergine di Mendrisiola procura sospetta di “tentate lesioni gravi” una giovane collega dipendente dell’ospedale

La vicenda si attorciglia. La giova-ne infermiera era stata fermata e in-terrogata per quasi due giorni un annofa. Il 13 febbraio dalla polizia giudizia-ria. Aveva respinto ogni sospetto af-fermando di non essere nemmeno ingrado di utilizzare la “pompa siringa”per l’immissione in vena dei farmaci.Il giorno successivo, di fronte al pro-curatore, aveva leggermente cambia-to la sua versione dei fatti. Ed era statarilasciata con l’accusa di “lesioni gravi,tentate; subordinatamente semplici”.

A lei gli inquirenti erano giunti in-crociando alcuni nominativi di pazien-ti la cui morte è sospetta con i dati re-gistrati nelle “pompe siringa” e i turnidi lavoro.

La vicenda si attorciglia. Si trattadi due procedimenti di fatto separati.Per ora non c’è il sospetto che fra i dueci fosse stata complicità, correità.

La vicenda si attorciglia. La giova-

ne infermiera è stata interrogata unaseconda volta, lo scorso agosto, masemplicemente come “persona infor-mata sui fatti” nell’ambito del proce-dimento contro il principale imputato.In quell’occasione le domande sonostate relative unicamente alle imma-gini scattate e registrate nel repartodal 45enne a pazienti ignari e in situa-zioni imbarazzanti. In un video com-pare anche la giovane infermiera. Masembra essere assolutamente estra-nea a quella situazione.

La vicenda si attorciglia. Qualcosanon ha funzionato nella cinghia di tra-smissione delle comunicazioni fra pro-cura, Medico cantonale e Ente ospeda-liero (Eoc). La situazione processualedella ragazza sembrerebbe esseresfuggita all’attenzione del Medicocantonale e dell’Ente ospedaliero. L’in-fermiera ha continuato e continua alavorare e il suo comportamento non è

stato nemmeno oggetto di una letteradi ammonimento dell’Ente. Come siricorderà tre mesi fa l’Eoc ha licenzia-to due infermieri (perché coinvoltinelle chat e nello scambio di foto e vi-deo di cui è accusato il 45enne) e am-monito altri tre-quattro dipendenti.Nulla di penalmente rilevante ma dideontologicamente scorretto certa-mente.

Ecco anche perché, quantomenoapparentemente, la vicenda è parec-chio aggrovigliata. Non si ha notizia dialcun “decreto di abbandono” nei ri-guardi della giovane. Poco più di unmese fa la sua legale, Letizia Vezzoni,ha ricevuto dalla procura l’invito adesprimersi sulla scelta dei periti medi-co-legali. E ancora in quest’occasionel’infermiera era definita... “imputata”,accusata di “lesioni gravi, tentate” inrelazione a tre pazienti.

La vicenda si attorciglia. r.c.

Di che cosa sia accusata esatta-mente la giovane infermiera (vedi ar-ticolo qui sopra) non è per ora datosapere. Tentate lesioni gravi, ma peraver fatto cosa? Gli interrogativi sonomolteplici.

Perché nel procedimento control’infermiere 45enne si parla di “ripe-tuto omicidio intenzionale” (sono 17i pazienti la cui morte è imputata alui) e, nel caso della ragazza, di ten-tate lesioni gravi? Perché se i nomi-nativi dei pazienti (tre nel procedi-mento contro l’infermiera) sono fra i17 della cui morte è accusato il 45en-ne? E perché se in due dei tre casi ci-tati nell’inchiesta contro la ragazza,l’infermiere addirittura non sarebbestato di turno? Ovvero: la morte dei

due pazienti sarebbe sopraggiuntadurante il turno della ragazza equando il 45enne era di riposo.

Perdersi tra fatti è facile, special-mente non conoscendoli tutti e neldettaglio. L’inchiesta è complessa. Iricordi dei protagonisti sono confusi.Alcuni fatti risalgono al 2014. L’in-crocio dei dati non è sempre cosa fa-cile. Le morti sospette (per di più dianziani in uno stadio terminale); i da-ti delle “pompe siringa” utilizzati persomministrare soprattutto morfina edormicum; i turni di lavoro degli in-fermieri.

Ma perchè per l’infermiere si par-la di omicidio intenzionale e per la ra-gazza di tentate lesioni gravi? Per ilCodice è punibile di “tentativo”

(quindi con una pena attenuata)“chiunque, avendo cominciato l’ese-cuzione di un crimine o di un delitto,non compie o compie senza risultatoo senza possibilità di risultato tutti gliatti necessari alla consumazione delreato”.

Può quindi essere avvenuto che laragazza abbia sì aumentato il dosag-gio di un farmaco, stravolgendo la

prescrizione medica, ma solo e sol-tanto (ammesso sia questo il sospettodella procura) per lenire il dolore deidue pazienti. Fatalmente però la stes-sa cosa potrebbe aver fatto il 45ennedurante il turno di lavoro precedente.Ma, secondo la procura che lo accusadi omicidio intezionale, il suo intentosarebbe stato altro. E non avrebbecomunque agito in complicità con laragazza, sebbene la morte dei duepazienti sarebbe avvenuta durante ilturno di lavoro dell’infermiera.

La giovane infermiera, soprattut-to nel primo interrogatorio, quellodel 13 febbraio 2018 davanti alla po-lizia giudiziaria, ha sostenuto di nonessere nemmeno in grado di utilizza-re la “pompa siringa”.

L’aumento delle dosima non l’intenzionedi uccidere...solo di lenire il dolore

Èil caso più eclatante mai ac-caduto in Svizzera e anchefra i più inquietanti di cui sisia mai parlato in Europa.Diciassette morti in un re-

parto di ospedale, quello di Mendri-sio. Diciassette decessi (fra il 2014 eil 2018) di anziani in uno stadio ter-minale, stando ai sospetti della magi-stratura ticinese, provocati dall’alte-razione di alcune prescrizioni medi-che (antidolorifici come morfina edormicum). Indubbiamente una vi-cenda giudiziaria complicata che nel-le ultime settimane si è ulteriormenteattorcigliata. Oltre all’infermiere45enne accusato di ripetuto omicidiointenzionale (finito in carcere per no-ve mesi dal dicembre del 2018), sottoinchiesta è anche una giovane infer-miera, collega del 45enne, anch’essaimpiegata nel reparto di Medicina1.La sua storia, in parte raccontata dalCaffè tre settimane fa, si intreccia conquella dell’uomo al cen-tro delle indagini.

Se solo tra la fine del-lo scorso anno e l’iniziodel 2020 sono circolatele prime parziali indi-screzioni sulla secondaimputata (nemmenol’Ente ospedaliero canto-nale ne era ufficialmenteal corrente), la cosa ora ècerta. Sono in corso dueprocedimenti penali. Il secondo, ap-punto, riguarda l’infermiera ufficial-mente imputata per “tentate lesionigravi”. Vittime delle sue azioni, se-condo il procuratore Nicola Respiniche ha in mano la vicenda, sono trepazienti; tre dei diciassette anzianidella cui morte è però accusato ilprincipale imputato.

La vicenda si attorciglia. Per l’in-fermiere, difeso dall’avvocato Micae-la Antonini Luvini, si parla di ripetutoomicidio intenzionale. Per l’infermie-ra di tentate lesioni gravi. Il perchéper il momento non è dato sapere.

La vicenda si attorciglia. Nel mo-mento in cui è avvenuta la morte didue dei tre pazienti prima detti, l’in-fermiere non sarebbe stato di turnonel reparto. Eppure, nell’elenco deidiciassette nomi associati all’accusadi ripetuto omicidio intenzionale figu-rano anche questi due.

La “pompa siringa”La ragazza indagata sostienedi non essere in grado diutilizzare la “pompa siringa”per l’iniezione dei farmaci

LA SEGNALAZIONEOttobre 2018: segnalati alla

direzione del Beata Verginei comportamenti di un infermiere; lesioni

gravi, vie di fatto reiterate e coazione

L’ARRESTO5 dicembre: arresto

dell’infermiere. L’inchiesta si allargae nasce il sospetto che l’imputato possa

aver accelerato la morte di alcuni pazienti

I SOSPETTIIl sospetto è che l’imputato abbia

alterato il dosaggio di alcuni farmaci.A metà febbraio le accuse si

appesantiscono: omicidio intenzionale

LA PERIZIA14 agosto. Termina il carcere

preventivo dell’infermiere. Si attendela richiesta della procura di una perizia

per stabilire un nesso tra l’alterazionedi farmaci e la morte dei pazienti

I COLLEGHISi sospetta la complicità di

colleghi. L’Ente ha inviato le letteredi licenziamento e ammonimento.

I licenziamenti sono due.Condivise foto, video e frasi inopportune

LA PERIZIAA fine giugno 2019 la procura

chiede la disponibilità al Centrodi Medicina legale di Losanna per

una perizia. Solo a inizio 2020 vengononominati i periti

L’ACCUSAA metà gennaio la procura

invia una richiesta di osservazionisui periti anche all’avvocato

di una giovane infermiera indagataper tentate lesioni gravi

DICOSASTIAMOPARLANDO

“Accusatori privati”Oltre che di omicidio intenzionale,l’infermiere 45enne è accusato dialtri reati minori. Ha scattatofotografie e girato filmati con il suosmartphone all’interno del reparto diMedicina1 dell’ospedale di Mendrisio.Decine di familiari dei pazienti filmatia loro insaputa e in situazioniimbarazzati si sono costituiti“accusatori privati”. Si tratta di una quarantina di persone.

Ti-P

ress

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FATTI&IDEEIL CAFFÈ 2 febbraio 2020 9

Lo scandalo.

È scontro sulla periziae mistero sugli indagatiper i 17 morti in corsia

Da una lettera della procuranasce un giallo sul numerodegli infermieri sotto inchiestaUna donna è (o è stata) accusatadi “tentate lesioni gravi”

L’interrogatorioUna ventiseienne fermata per oltre 24 ore il 13 febbraio2019. Dall’interrogatorio è uscita con a carico l’ipotesi di un grave reato

La contestazioneLa qualifica del gruppo di periti nominati dal Ministero pubblico sarebbe stata contestata dalla difesa

Èmistero, e non si capisce ilperché, sul numero degli in-fermieri sotto inchiesta perle 17 morti sospette al-l’ospedale Beata Vergine di

Mendrisio. Gli indagati, accusati diaver alterato il dosaggio dei farmaciprescritti, forse sono due e non uno.Ma “per ragioni istruttorie - si fa sape-re al Caffè -, il Ministero pubblico nonrilascia informazioni sulla vicenda”.

Accusato di ripetuto omicidio in-tenzionale (e di altri reati per averscambiato video e fotografie di pa-zienti ignari) è un infermiere 45ennedel Mendrisiotto. Questa notizia è no-ta da un anno, dal febbraio 2019. A di-stanza di dodici mesi (il Caffè svelò lavicenda il 17 febbraio e fu confermataqualche giorno dopo dalla procura)nelle scorse settimane la magistraturaha nominato un gruppo di periti delCentro di medicina legale di Losanna.Sulle loro specializzazioni però è giàscontro. La difesa dell’imputato, l’av-vocato Micaela Antonini Luvini, pareabbia contestato la scelta. E, da quelche è dato sapere, la richiesta di unparere è stata inviata dalla magistra-tura anche a un altro legale, LetiziaVezzoni. Si tratta dell’avvocato di unagiovanissima infermiera del BeataVergine la cui posizione processualesembra essersi persa fra le pieghe e isegreti delle indagini.

Il 13 febbraio 2019 la ragazza,una 26enne anch’essa del Mendri-siotto, venne prelevata da casa e in-terrogata dapprima dalla polizia giu-diziaria e successivamente, il giornodopo, dal procuratore titolare dell’in-chiesta, Nicola Respini. Dopo un fer-mo di oltre 24 ore venne rilasciata.Sulle sue spalle l’accusa di “tentatelesioni gravi”. A lei gli investigatorierano giunti confrontando i turni dilavoro con le cartelle cliniche di alcu-ni pazienti anziani allo stadio termi-nale. Verifiche e interrogatori hannopermesso a investigatori e inquirentidi individuare, nel totale dei 17 de-cessi imputati all’infermiere, tre casicon i quali aveva avuto a che fare an-che la 26enne. Ma con il passare del-le settimane gli inquirenti hanno ma-turato la convinzione che fra i due in-dagati non c’era complicità.

Dopo il suo rilascio la ragazza fuseguita per alcuni giorni da un servi-zio di sostegno psicologico interno al-l’ospedale. Da allora non si è saputopiù nulla. Non c’è stata alcuna notiziaufficiale di un “decreto di abbando-no” nei suoi confronti. E la procura auna precisa domanda del Caffè, comedetto, ora preferisce non rispondere.

Due settimane fa l’Ente ospeda-liero cantonale (Eoc), in una confe-renza stampa per fare il punto sullavicenda e sui provvedimenti interni,ha parlato di un solo caso, di un soloinfermiere sotto inchiesta, stando aquel che a loro era stato comunicato.L’Eoc ha spiegato di aver aperto echiuso un’indagine amministrativa;di aver licenziato due infermieri peressersi scambiati attraverso What-sApp immagini e frasi in relazione al-le foto e ai video dell’imputato nume-ro uno, il 45enne; di aver inviato ad

altri delle lettere di ammonimento.Ma fra gli infermieri che hanno rice-vuto le decisioni e le comunicazionidell’Ente, in totale sei, non c’è la gio-vane infermiera fermata e interroga-ta un anno fa con l’accusa, come det-to, di “tentate lesioni gravi”.

Lo scorso agosto, alla presenzadel suo avvocato così come in febbra-io, la ragazza è stata interrogata inqualità di “persona informata sui fat-ti”. Le domande riguardavano peròsolo alcuni dei reati minori imputatiall’infermiere 45enne. Cioè le imma-gini dei pazienti che quest’ultimoaveva condiviso con alcuni colleghi.

Da agosto a dicembre il procura-

tore ha deciso se trasmettere alla di-fesa dell’infermiere i verbali rilasciatidalla giovane; più importanti ovvia-menti sono quelli di febbraio. NicolaRespini ha deciso di sì e lo ha comu-nicato all’avvocato Vezzoni. Perché?Pur non essendo i due indagati so-spettati di complicità, va da sè che ledue vicende, i due procedimenti sisovrappongano. I tre pazienti per cuila ragazza è stata (o è tuttora) sospet-tata di “tentate lesioni gravi” si tro-vano nell’elenco dei 17 per cui è in-dagato l’infermiere. Ma in due dei trecasi - così risulta al Caffè - l’imputato45enne non sarebbe stato di turno almomento del decesso dei pazienti.

Gli interrogativi, dunque, si som-mano. La giovane è stata indagata per“tentate lesioni gravi”. L’infermiereper ripetuto omicidio intenzionale.Che cosa ha determinato la differen-za dei reati? E qual è la verità sullapresenza in ospedale dell’infermierenei giorni in cui sono morti due deitre pazienti per cui è stata (o è tut-t’ora) indagata la ragazza? In un pri-mo tempo l’infermiera 26enne hasostenuto di non avere sufficienteesperienza con quelle che all’internodegli ospedali si chiamano “pompesiringa”. Apparecchi per la sommini-strazione di farmaci come la morfinae il dormicum. Ha quindi negato diaver fatto ciò di cui era sospettatadagli investigatori. Fatto è che è sta-ta rilascita il 14 febbraio 2019 inqualità di indagata per “tentate le-sioni gravi, subordinatamente sem-plici”.

Quindi…Se tra febbraio 2019 e fine anno

ci fosse stato un decreto di abbando-no perché inviare (è accaduto a metàgennaio 2020) all’avvocato della gio-vane la richiesta di osservazioni suiperiti e le domande da porre loro?Perché la procura definisce la ragaz-za, ancora una volta, imputata per“tentate lesioni gravi”; perché nellamissiva di gennaio 2020 specificareancora le tre morti dei pazienti per iquali è indagata; perché, lo scorsodicembre poco prima di Natale, deci-dendo di trasmettere i verbali dellaragazza alla difesa dell’infermiere,all’avvocato Letizia Vezzoni la procu-ra ha scritto di due procedimenti incorso? E perché non rispondere alladomanda del Caffè?

Chissà, forse a giorni la procuracomunicherà qualche decisione. Undecreto d’abbandono?! Ma se cosìdovesse essere, la cosa renderebbeancora più inspiegabile la lettera sul-le domande peritali e i nominatividei periti inviata una quindicina digiorni fa all’avvocato Vezzoni. Per-chè se l’intento era quello di un “ab-bandono”?! r.c.

Il direttore dell’Ente ospedaliero,Giorgio Pellanda, risponde così: “Almomento della nostra conferenzastampa, nemmeno due settimane fa,abbiamo comunicato ciò che ci era eci è dato tuttora di sapere. Ovvero,nella vicenda c’è solo una persona,l’infermiere sotto inchiesta. Abbiamopreso i provvedimenti interni comu-nicati e ogni altra decisione alla lucedegli atti processuali a cui abbiamoavuto accesso. Non tutti. Se dovesse-ro emergere novità agiremo di conse-guenza”.

L’Ente era ovviamente a cono-scenza del fermo e dell’interrogatoriodella giovane infermiera di Mendrisiodello scorso febbraio. Non per nulla

ha fornito a lei e ad altri un sostegnopsicologico interno. Poi, evidente-mente, la sua vicenda è uscita dai“radar” dell’attenzione, forse perchései mesi dopo, nella metà dello scorsoagosto, la giovane è stata interrogatanuovamente, ma questa volta solocome “persona informata sui fatti” e,come detto nell’articolo sopra, per i

reati minori che costellano questa vi-cenda. Cioè non per le morti sospette.

Solo il Medico cantonale, fannosapere dall’Ente, è al corrente di tuttigli atti processuali. Ed è a lui, oltreche alla documentazione a cui la pro-cura ha dato accesso, che l’Ente hafatto riferimento per la propria in-chiesta amministrativa. Inchiesta cheha portato a due licenziamenti (oltre aquello dell’infermiere 45enne, il cuirapporto di lavoro è stato sciolto giànell’autunno 2018) e ad alcuni am-monimenti.

Tutto ora dipende dalle decisioni,in merito alla giovane infermiera, chela procura potrebbe comunicare nelleprossime ore o nei prossimi giorni.

“L’Ente è a conoscenza di un solo caso”LA REAZIONE Il direttore generale, Giorgio Pellanda, ribadisce le comunicazioni dei giorni scorsi

La dichiarazione“Al momento della nostraconferenza stampaabbiamo dettociò che ci era e ci è datotuttora di sapere”

IL PROCURATORENicola Respini, titolaredall’autunno del 2018

dell’inchiesta sulle mortisospette nel reparto

di Medicina1 dell’ospedaleBeata Vergine di

Mendrisio, 58 anni

IL DIRETTOREGiorgio Pellanda, direttore

generale dell’Enteospedaliero cantonale,

62 anni

LA SEGNALAZIONEOttobre 2018: segnalati alla

direzione del Beata Verginei comportamenti di un infermiere; lesioni

gravi, vie di fatto reiterate e coazione

L’ARRESTO5 dicembre: arresto

dell’infermiere. L’inchiesta si allargae nasce il sospetto che l’imputato possa

aver accelerato la morte di alcuni pazienti

I SOSPETTIIl sospetto è che l’imputato abbia

alterato il dosaggio di alcuni farmaci.A metà febbraio le accuse si

appesantiscono: omicidio intenzionale

GLI INTERROGATORIInterrogati decine di testimoni.

Colleghi, ex colleghi, familiaridi pazienti... Nel pc e smartphone

dell’infermiere foto e videodi pazienti in situazioni imbarazzanti

LA PERIZIA14 agosto: termina il carcere

preventivo dell’infermiere. Si attendela richiesta della procura di una perizia

per stabilire un nesso tra l’alterazionedi farmaci e la morte dei pazienti

I COLLEGHISi sospetta la complicità di

colleghi. L’Ente ha inviato le letteredi licenziamento e ammonimento.

I licenziamenti sono due.Condivise foto, video e frasi inopportune

LA PERIZIAA fine giugno 2019 la procura

chiede la disponibilità al Centrodi Medicina legale di Losanna per

una perizia. Solo a inizio 2020 vengononominati i periti

L’ACCUSAA metà gennaio la procura invia

una richiesta di osservazionisui periti anche all’avvocato di una

giovane infermiera indagata, almenoinizialmente, per tentate lesioni gravi

DICOSASTIAMOPARLANDO

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8 FATTI&IDEE IL CAFFÈ 15 dicembre 2019

Il caso.

I medicinaliAi pazienti l’imputatosomministrava “farmaciin riserva” a sua discrezione.E senza registrarli nel sistemainformatico interno

Per i 17 morti in corsiainchiesta ferma da 6 mesi,criticata la procura

ANatale saranno trascorsisei mesi. Trascorsi inva-no, senza che nulla siaaccaduto. Era il 25 giu-gno quando il procura-

tore pubblico Nicola Respini ha chie-sto al Centro universitario romandodi Medicina legale, a Losanna, unaperizia sulla vicenda dell’ex infer-miere dell’ospedale Beata Vergine diMendrisio accusato dell’omicidio in-tenzionale di 17 pazienti. Anziani infase terminale. In realtà la letterainviata sei mesi fa non era la richie-sta di una perizia, ma la richiestadella possibilità di effettuare unaperizia sulla base delle cartelle clini-che di quei pazienti. Da allora il pro-fessor Silke Grabherr, a cui quellalettera il procuratore ha indirizzato,non ha mai risposto. E mai il titolaredell’inchiesta sull’ex infermiere hasollecitato una risposta.

Sono trascorsi sei mesi invano. Eper altro da agosto all’inizio di que-sta settimana senza nemmeno un in-terrogatorio. Alla complessità inne-gabile dell’inchiesta (si tratta di veri-ficare se e come l’alterazione delleprescrizioni mediche abbia influitonella morte dei pazienti) si aggiungela lentezza delle indagini. L’ex infer-miere è stato arrestato oltre un annofa. Era il 5 di dicembre, in seguito al-la segnalazione di un “allievo soccor-ritore” che quasi due mesi primaaveva comunicato alla direzione de-gli strani comportamenti dell’impu-tato. Inizialmente, sino allo scorsofebbraio, si era solo parlato di pre-sunti maltrattamenti ad alcuni an-ziani. L’infermiere, oggi 45enne, eraimpiegato all’Ente ospedaliero da 22anni. E lavorava nel reparto di Medi-cina1 dell’ospedale di Mendrisio.

Nei giorni scorsi la Corte dei re-clami penali del Tribunale d’Appello(Crp) negando alla difesa dell’infer-miere, rappresentata dall’avvocatoMicaela Antonini Luvini, l’accessoalle cartelle cliniche dei 17 casi alcentro dell’inchiesta non ha potutofare a meno di sottolineare i sei mesitrascorsi dall’invio della lettera alCentro di Medicina legale di Losan-na. E non è la prima volta che la lun-ga attesa di questa inevitabile peri-zia è fatta notare. Resta un misterola mancata risposta da Losanna(quantomeno sino a qualche giornofa) e in egual modo la mancata solle-citazione da parte della procura.

Il 25 giugno il procuratore Respi-

ni, a seguito di un colloquio telefoni-co aveva scritto al professor SikleGrabherr sintetizzando il caso del-l’ex infermiere di Mendrisio; spie-gando che dagli accertamenti sinoad allora effettuati, e quindi anchedagli interrogatori, era emerso chel’imputato era solito somministrareai pazienti una terapia farmacologi-ca senza rispettare le prescrizionimediche. Non solo, ai pazienti l’im-putato somministrava boli (quanti-tà) di “medicinali in riserva”. Vale adire morfina, dormicum, midalo-zam, elettroliti… a sua discrezione.E senza nemmeno registrarli nel si-stema informatico interno. Tanto-meno senza comunicarlo al persona-le medico.

Nella lettera a Losanna il procu-ratore ha posto cinque domande.Quesiti volti a sapere se, alla lucedelle cartelle cliniche sequestrate

la necessità eventuale di altri accer-tamenti o esami. Dal 25 giugno nonè giunta, sino agli scorsi giorni, sinoall’inizio di dicembre, cioè quando laCrp ha sottolineato il ritardo, alcunarisposta da Losanna. Da agosto aquesta settimana non ci sono statiinterrogatori a parte uno, come det-to, che ha interrotto il lungo periododi inattività ufficiale. L’imputato hasinora trascorso in carcere circa no-ve mesi, dallo scorso dicembre alloscorso 14 agosto. Se dovesse caderel’accusa principale, cioè quella diomicidio intenzionale, resterebberoin piedi altre accuse, che seppurgravi nulla hanno a che fare con ilreato di omicidio. L’infermiere erasolito fotograrare e filmare alcunipazienti. Per altro con la complicità ola consapevolezza, semplicemente,di alcuni colleghi (vedi articolo quisotto). r.c.

all’ospedale di Mendrisio, il Centrodi Medicina legale avrebbe potutoredigere una perizia. Sulla base diquelle cartelle mediche è possibilestabilire le cause dei decessi? Lasomministrazione di quei farmaci hadeterminato causalmente o concau-salmente il decesso o ne ha accele-rato il decorso? La somministrazio-ne di quelle medicine era corretta ri-spetto alla situazione clinica dei pa-zienti? Sono queste le domandeprincipali inviate a Losanna, oltrenaturalmente all’interrogativo circa

L’ENTE OSPEDALIERO

In vista altri licenziamentie altri ammonimentitra i colleghi del reparto

L’Ente ospedaliero cantonale (Eoc) due mesi facirca, una volta avuto accesso agli atti dell’inchiestasull’ex infermiere accusato dell’omicidio intenzio-nale di 17 pazienti, ha svolto una propria indagine.Un’inchiesta volta ad accertare eventuali compor-tamenti inopportuni, non professionali da parte deicolleghi dell’imputato. Sono stati individuati setteinfermieri. La loro posizione è stata valutata e ladecisione è stata quella di procedere al licenzia-mento di alcuni e all’ammonimento di altri. Di unlicenziamento si è avuta notizia alcune settimane fa(ne ha parlato la Regione), altre due decisioni sonostate congelate a causa o per l’assenza per malattiadegli infermieri oggetto del provvedimento. Quindisu sette lettere inviate a novembre, tre riguardano,stando alle informazioni in possesso del Caffè, deilicenziamenti.

Le complicità dei colleghi dell’imputato hanno ache fare con le decine di fotografie scattate e alcunivideo girati con lo smartphone dell’ex infermiere.Immagini condivise almeno in una delle due chatdel reparto di Medicina1. In due video si vedono esi intravvedono alcuni colleghi dell’imputato sottoinchiesta. E alcuni di essi, consapevoli o parzial-mente consapevoli di ciò che stava accadendo. Masoprattutto i provvedimenti decisi dell’Ente ospe-daliero riguardano la condivisione, attraverso lechat di WhatsApp, delle immagini scattate.

LA TERAPIAI decessi sotto inchiesta riguardano 17 pazienti, anziani in fase terminale. La terapia farmacologica consiste anche in dosi di morfina, dormicum, midalozam

LA SEGNALAZIONEOttobre 2018: segnalati alladirezione del Beata Vergine icomportamenti di un infermiere:lesioni gravi, lesioni semplici, vie difatto reiterate e coazione

L’ARRESTO5 dicembre: arresto dell’infermiere.L’inchiesta si allarga e nasce ilsospetto che l’imputato possaaver accelerato la morte di alcunipazienti

I SOSPETTIIl sospetto è che l’imputatoabbia alterato il dosaggio dialcuni farmaci. Tra febbraio emarzo le accuse si allargano aomicidio intenzionale

GLI INTERROGATORIInterrogati decine di testimoni.Colleghi, ex colleghi, familiari dipazienti... Nel pc e smartphonedell’infermiere foto e video dipazienti in situazioni imbarazzanti

LA PERIZIA14 agosto: termina il carcerepreventivo. Si attende la richiestadella procura di una perizia perstabilire un nesso tra l’alterazionedi farmaci e la morte dei pazienti

I COLLEGHISi sospetta la complicità di colleghi.L’Ente ha inviato 7 lettere dilicenziamento e ammonimento. Ilicenziamenti sono tre. Condivisefoto, video e frasi inopportune

DICOSASTIAMOPARLANDO

La Corte dei reclami penali ora sollecita la periziasull’infermiere accusato di omicidio intenzionale

LE 5 DOMANDE PER LA PERIZIA MEDICA

1. Sulla base delle cartellemediche, si possono stabilirele cause del decesso deidiciassette pazienti?

2. È possibile stabilire se ecome la somministrazionedei farmaci abbia causal-mente o concausalmentedeterminato il decesso deipazienti o abbia acceleratola loro morte?

3. La somministrazione deifarmaci era corretta rispetto allacondizione clinica dei pazienti?

4. È possibile stabilire, sullabase della documentazionemedica e della dichiarazione deiparenti, se i decessi siano statilineari o determinatidall’intervento di terze persone?

5. Sono necessari ulterioriaccertamenti o esami perdeterminare le cause dei decessidei diciassette pazienti?

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10 FATTI&IDEE IL CAFFÈ 24 novembre 2019

Il caso.

dfgnsfghsfgnsjfgsjhfgsjfgshjgfhssfghsfghsfhhgsdfdfghsdfghdfgadgafgdfagdfa

LA VICENDA

1LA SEGNALAZIONENell’ottobre 2018 un allievo soccorritoresegnala alla direzione del Beata Verginei comportamenti di un infermiere delreparto di Medicina1. Si parla di lesionigravi, semplici, vie di fatto e coazione

2L’ARRESTOIl 5 dicembre 2018 l’infermiere è arrestato.L’inchiesta si allarga e nasce il sospettoche possa aver accelerato la morte dialcuni pazienti anziani alterando ildosaggio di alcuni farmaci

3L’ACCUSATra febbraio e marzo di quest’anno leaccuse si allargano a omicidiointenzionale. Interrogati colleghi, familiaridi pazienti... Si trovano video e foto nelpc e nel telefonino dell’infermiere

4LE COMPLICITÀQualche settimana fa l’Eoc apreun’inchiesta interna per verificareeventuali complicità nel reparto. Tra lemaglie finiscono alcuni dipendenti excolleghi dell’infermiere, già convocati

Non sono solo tre gli in-fermieri del reparto diMedicina1 dell’ospedaleBeata Vergine di Men-drisio ad essere finiti tra

le maglie dell’inchiesta internadell’Ente ospedaliero cantonale(Eoc). Inchiesta per individuareeventuali, possibili complicità nel-l’inquietante vicenda dell’infemiere,oggi 45enne, sospettato della morte,tra il 2014 e la fine dello scorso an-no, di 17 pazienti. Malati oncologiciallo stadio terminale.

Nei giorni scorsi l’Ente ospeda-liero ha terminato l’indagine e sullabase delle carte emerse dall’inchie-sta penale, in mano al procuratoreNicola Respini, ha convocato diversiinfermieri. Tre, cinque, forse sei...Molti, troppi comunque consideratala particolare gravità dei fatti. Unavicenda venuta alla luce lo scorsoautunno grazie alla denuncia di un“soccorritore-stagiaire”. Aveva no-tato alcuni strani comportamenti

dell’infermiere. La presunta complicità dei colle-

ghi dell’imputato è relativa non alreato principale - l’alterazione deldosaggio di alcuni farmaci - ma alledecine e decine di video e fotografiescattate nel reparto all’insaputa dinumerosi pazienti. Sono infatti unatrentina i familiari di pazienti costi-tuitisi “accusatori privati”.

Grazie a due chat di WhatsAppinterne al reparto alcuni dipendentisi sono scambiati delle immagini ohanno richiesto all’infermiere foto-grafie e video. In almeno uno di que-sti, per esempio, è “registrata”, percosì dire, la consapevolezza di unacollega dell’imputato. La consape-volezza di fare qualcosa che avrebbepotuto avere conseguenze se nonpenali quantomeno professionali. Ein effetti le lettere di convocazionespedite nei giorni scorsi dall’Eoc aun gruppo di dipendenti, contengo-no un generico riferimento a gradidiversi di responsabilità e quindi di

conseguenze professionali perquanto accaduto. Dall’ammonimen-to al licenziamento.

I dipendenti convocati hanno oratempo alcuni giorni per poter elabo-rare delle osservazioni. Ma lo po-tranno fare con cognizione di causasolo quando conosceranno con esat-tezza gli addebiti, i rimproveri mossiloro dall’Ente ospedaliero.

A verbale una responsabile del-l’area infermieristica - in relazionesoprattutto al rispetto di alcune nor-me igieniche - dice espressamentedi aver da tempo avuto la sensazio-ne che all’interno del reparto ci fos-se un clima di omertà. Di reciprocacopertura, detto diversamente. Ed è

forse a causa anche di questa situa-zione che per anni l’infemiere, oggiaccusato di una miriade di reati, ol-tre agli omicidi intenzionali, ha po-tuto agire indisturbato.

L’inchiesta penale è da qualchemese ad un punto morto. Gli ultimiinterrogatori risalgono ad agosto. Intotale sono stati redatti poco più diun centinaio di verbali. Sono statisentiti colleghi ed ex colleghi del-l’imputato. Sono stati ascoltati nu-merosi parenti di pazienti ricoveratinegli anni passati nel reparto di Me-dicina1.

Alla fine di giugno la procura hainviato al Centro di medicina legaledi Losanna la richiesta di una periziamedico-scientifica. Una perizia sullabase di 17 cartelle cliniche. Quelledei pazienti per cui l’accusa sospettache l’alterazione del dosaggio, so-prattutto di morfina e dormicum, siastata determinante per il loro deces-so. La perizia è attesa entro la finedell’anno. r.c.

Le complicitàAl centro dell’inchiestainterna dell’Eoc le complicitàin relazione ai video e allefotografie scattate a Mendrisio

L’Ente ospedalieroha convocato i colleghidell’infermiereaccusato di 17 omicidi,rischio licenziamento

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IL CAFFÈ 17 novembre 2019 3

Come è mai possibile cheper anni, forse due forsequattro, quell’infermiere- agli occhi di tutti un ot-timo professionista - ab-

bia potuto “giocare” con la privacy,con l’intimità dei pazienti fotogra-fandoli e filmandoli di nascosto!? Masoprattutto..., come è possibile cheabbia potuto alterare il dosaggio dialcuni farmaci senza che nessuno,ma proprio nessuno dei suoi colleghiavesse il benché minimo sospetto?!È proprio per questa ragione, perquesta paradossale situazione venu-tasi a creare nel reparto di Medici-na1 dell’ospedale Beata Vergine diMendrisio, che l’Ente ospedalierocantonale (Eoc) ha aperto un’inchie-sta. Una propria inchiesta nell’attesache la magistratura, nelle cui maglieda un anno esatto è finito quell’in-fermiere accusato dell’omicidio di17 pazienti, a partire dal 2014, e diuna serie infinita di reati minori. Mi-nori si fa per dire. Un rosario: messain pericolo della vita altrui, violazio-

ne della sfera privata, turbamentodella pace dei morti, pornografia dicruda violenza, coazione. Come èpossibile si sono chiesti all’Enteospedaliero, dopo aver letto sullastampa le indiscrezioni sull’inchiestae, soprattutto, dopo aver ricevutonemmeno un mese fa le carte del-l’inchiesta condotta dal procuratoreNicola Respini? L’infermiere, oggi45enne, è difeso dall’avvocato Mi-caela Antonini Luvini.

Al centro delle indagini dell’Enteospedaliero per ora sono finiti prin-cipalmente tre o quattro infermieri.Si tratterebbe solo di donne. Una lasi vede in un video girato con unosmartphone dall’imputato. È co-sciente di quanto stava accadendo,tanto che la si sente commentarequalcosa sulle possibili conseguenzepenali di quel video. Altre due excolleghe facevano parte di una chatinterna al reparto di Medicina1.Avevano chiesto, in alcune occasio-ni, di ricevere dei video girati dal-l’infermiere.

I colleghiL’Eoc ha aperto una propriainchiesta. Al vaglio, per ora,

sono le posizioni soprattutto di tre/quattro

colleghi dell’imputato

Le immaginiTramite una chat interna,

all’accusato in alcuneoccasioni sono state chiesteimmagini scattate nel reparto

di Medicina1

L’AVVOCATO MICAELAANTONINI LUVINIAvvocato luganese,63 anni. Ha assuntola difesa dell’exinfermieredi Mendrisio.Attende l’esito di un suo ricorso.Chiede di potervedere le cartellecliniche agli atti

LA SEGNALAZIONENell’ottobre 2018 un “allievosoccorritore” segnala alladirezione del Beata Vergine diMendrisio alcuni stranicomportamenti di un infermiere,allora 44enne, impiegato nelreparto di Medicina1. Si parla di lesioni gravi, lesioni semplici, vie di fatto reiterate e coazione

L’ARRESTOIl 5 dicembre l’infermiere,che lavorava al Beata Vergineda 22 anni, è arrestato.Carcerazione preventiva sino al16 gennaio 2019. Man mano chei giorni passano l’inchiesta si allargae nasce il sospetto chel’imputato possa aver acceleratola morte di alcuni pazienti

I SOSPETTIIl sospetto del procuratorepubblico Nicola Respini è chel’imputato abbia alterato ildosaggio di alcuni farmaci,come il dormicum o la morfina,soprattutto in pazienti anzianie in fase terminale. Tra febbraioe marzo di quest’anno leaccuse si allargano a omicidiointenzionale

GLI INTERROGATORIVengono interrogati decinee decine di testimoni. Colleghi, excolleghi, familiari di pazienti, amicidell’infermiere. Nel suosmartphone e nel suo computer sitrovano numerosissime fotografiee video. Pazienti fotografatiin situazioni imbarazzantio mezzo svestiti. Viene richiestauna perizia medica

LA PERIZIAIl 14 agosto termina il carcerepreventivo. Ora si attende unaperizia medico-scientificaper stabilire un nesso tral’alterazione di farmaci e lamorte dei 17 pazienti. Si staanche indagando sul gradodi consapevolezza dei colleghidell’imputato. Si sospettasi sia creato un cerchiosilenzioso di complicità

IL PROCURATORENICOLA RESPINISostituto procuratoregenerale, 58 anni.Ha in mano l’inchiestasull’ex infermiere

dell’ospedaledi Mendrisiosin dal momentodell’arresto. Hachiesto una periziamedico legale loscorso giugno

Segue alle pagine 4 e 5

I FATTI

L’ACCUSA E LA DIFESA

L’Ente ospedaliero indaga sulle complicitàdell’ex infermiere dell’ospedale di Mendrisioaccusato dell’omicidio di diciassette pazienti

Il mistero

“Niels Högel era un narcisistauccise novantasette persone”STEFANO VASTANO da Berlino a pagina 5

LO PISCHIATRA

“Penso che anche negli ospedalifra il personale ci sia omertà”SERVIZIO da Berlino a pagina 5

I PARENTI

“Qualche goccia di differenzanon compromette il decorso”PATRIZIA GUENZI a pagina 5

IL FARMACOLOGO

Era affascinato dall’esoterismoma anche dalla cruda violenza SERVIZIO a pagina 5

LA PERSONALITÀ

Focus.

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5 IL CAFFÈ 17 novembre 20194 FATTI&IDEE

“È stato un caso di narcisismosi sentiva un potente Rambo”

KARL BEINE, PSICHIATRA NELL’INCREDIBILE VICENDA DI NIELS HÖGEL, L’UOMO CONDANNATO IN GERMANIA ALL’ERGASTOLO PER 97 MORTI

LO PSICHIATRAKarl Beine,psichiatraall’ospedaledi Hamme docenteall’università di Witten

L’INFERMIEREKILLERNiels Högel,l’infermiere killer,oggi 43 anni,condannatoall’ergastolo perl’omicidio di 97pazienti. Una primavolta per 12 e unaseconda per 85

Si trattava di pazienti fil-mati e fotografati in at-teggiamenti imbarazzan-ti. Ma non solo. A letto, esoprattutto a loro insapu-

ta, mentre qualcuno del personalecercava di far loro assumere deifarmaci.

Un’inchiesta interna, dunque,che sin dalle prime battute sembradover sfociare in decisioni impor-tanti, se non gravi, per i protagoni-sti. Un’inchiesta che parte da uninterrogativo: come è possibile cheper anni quell’infermiere abbia po-tuto agire in quel modo senza chenessuno, ma proprio nessuno sifosse accorto di qualcosa e avessedeciso di denunciare quelle vicen-de alla direzione. C’è voluto, unanno fa, un giovane “soccorritorestagiaire”, per alcuni giorni impie-gato in quel reparto, perché la vi-cenda scoppiasse.

Ma come è possibile!? Come èpossibile che si sia dovuto attende-re i sospetti di quel giovane “sta-giaire”?! Aveva visto l’infermieretrattare con modi bruschi alcunianziani. Ma soprattutto si era ac-corto dell’abitudine di alterare ildosaggio dei farmaci prescritti adanziani in fase terminale. Malationcologici. Qualche goccia in più dimorfina. Qualche goccia in più didormicum. Quanto basta, secondol’accusa, per accelerarne la morte.

Mentre si cerca di capire perchéuna responsabile dell’aerea infer-mieristica abbia dichiarato a verba-le… “ho sempre sospettato ci fosseun clima di omertà”, mentre l’in-chiesta penale attende la periziamedico-scientifica richiesta al Cen-tro universitario romando di medi-cina legale..., nell’attesa di tuttociò l’Ente ospedaliero cerca capire,di disegnare nel dettaglio le possi-bili corresponsabilità interne; leeventuali complicità, tacite e menotacite, di cui l’imputato potrebbeaver beneficiato nel reparto di Me-dicina1. Ma per ora... sotto inchie-sta penale è solo l’ex infermiere45enne. Anche se inizialmenteuna giovanissima infermiera erastata fermata per un’intera giorna-ta. Il suo nome era stato trovatotra le chat di WhatsApp interne alreparto. E il tenore di quegli scam-bi di messaggi aveva subito fattopensare a qualcosa di grave. Moltograve.

Nel corso delle prime battutedell’inchiesta l’infermiere ha am-messo alcune responsabilità. E nonsolo quelle relative alle immagini eai video. Ma soprattutto quelle re-lative all’alterazione del dosaggiodi farmaci prescritti dai medici. Daqui, da queste mezze ammissioni,l’inchiesta ha preso il volo. Agli attici sono decine di verbali. Oltre cen-to. Interrogatori di colleghi, ex col-leghi e parenti delle vittime. Masoprattutto, agli atti, ci sono anchele ritrattazioni dell’imputato.Quando ho fatto quelle ammissioni,così ha spiegato, ero in uno statopsicofisico di totale depressione econfusione. Una condizione causa-tagli dall’assunzione di una dosespaventosa di psicofarmaci.

r.c.

Com’è possibileche per anninessuno abbiaavuto sospetti?

segue da pagina 3

Le ritrattazioniAgli atti anche le ritrattazionidell’uomo. Sostiene di aver

fatto delle mezze ammissioniperchè sotto l’effetto

di psicofarmaci

La violenzaSul suo computer sono stati trovati

anche filmati di esecuzioniviolente dell’Isis. Difficili

da reperire in Rete

Si è autodefinito “angelo dellamorte”. Così aveva scritto l’ex infer-miere sotto inchiesta in uno scam-bio di sms con amici e colleghi. Perl’accusa, che ha tenuto in carcerel’imputato per quasi un anno, sinoallo scorso 14 agosto, si tratta di unindizio importante. Sebbene quellafrase, inserita in un contesto verbalee “culturale” più ampio, secondo letesi difensive dell’ex infermiere, ab-bia un significato differente. Angelidella morte, nell’ambito infermieri-stico, sarebbero definiti i medicidelle cure palliative. Coloro che cer-cano di lenire il dolore dei pazientiaccompagnandoli nella fase finaledella vita.

Questa frase, le decine di foto-grafie e i numerosi video recuperatidalla memoria dello smartphone edel computer dell’ex infermiere im-putato rappresentano di fatto gli in-dizi importanti, forse i più impor-tanti nelle mani dell’accusa. Le 17cartelle cliniche, quelle relative ap-punto alle 17 morti sospette, sonostate inviate al Centro di medicinalegale di Losanna. Si riuscirà a sta-bilire con certezza se l’alterazionedei dosaggi farmacologici siano statideterminanti nell’accelerare la mor-te dei pazienti? Esistono molti dub-

bi. La perizia è stata richiesta loscorso fine giugno. Dovrebbe arri-vare entro fine anno. Le considera-zioni medico-scientifiche si affian-cheranno agli indizi prima detti e alprofilo particolare, singolare e atratti inquietante dell’imputato. Unuomo affascinato dalla morte. Inte-ressato all’aldilà. Anche dal punto divista religioso ed esoterico. Affasci-nato dalla morte e anche dalla vio-lenza. Sul suo computer sono statitrovati video di esecuzioni violentedell’Isis. Filmati non facilmente re-peribili online dei terroristi dell’Isis.

Tra il materiale sequestrato al-l’infermiere anche alcuni opuscoli,libri editi dai Rosacroce. Una confra-ternita esoterica un tempo segreta,confinante con la Massoneria. Ha unsuo Ordine, delle Logge. Un granmaestro. A Teramo quello per l’Ita-lia e la Svizzera italiana. L’infermie-re era un rosacroce. Era, perché datempo non paga alcuna quota asso-ciativa.

Dai Rosacroce alla cieca violenzadell’Isis. Dal misticismo all’esoteri-smo. Dal terrore alla vendetta san-guinaria. Estremismi. È fra questiestremismi che per anni ha vissutol’infermiere oggi accusato di omici-dio intenzionale. r.c.

“Tutti i farmaci sono degli agentiterapeutici e degli agenti tossici. Èuna questione di equilibrio, chespetta solo al medico curante trova-re”. È la premessa del professor Ju-les Desmeules, farmacologo e tossi-cologo clinico agli ospedali universi-tari di Ginevra (Hug). E aggiunge:“L’uso buono, accorto della morfinaè fondamentale per certe patologie.E adattarne la posologia fa parte delpercorso di cura,non significa ac-celerare la morte.Qualche goccia inpiù, o in meno, adesempio, se su-bentrano delle in-tolleranze o se ilcorpo si è adatta-to e il medicinalenon fa più l’effet-to voluto. Tuttociò rientra nelnormale iter diuna terapia”.

Tuttavia, stabilire con assolutacertezza scientifica se una minimaalterazione possa davvero accelerare(e di quanto poi) la morte di unapersona “è estremamente difficile,se non impossibile - sottolinea -. Unconto è modificare completamente il

dosaggio, un conto sono poche goc-ce, non stravolgono il decorso”. E ilprofessor Desmeules precisa: “Ri-cordiamo che nel paziente oncologi-co terminale l’uso accorto di tutte leopzioni terapeutiche a disposizionedel medico sono mirate a un accom-pagnamento il più sereno possibile”.

Un accompagnamento che vamonitorato costantemente. “Soprat-tutto se il paziente ha un’insufficien-

za respiratoria oun problema ce-rebrale”. El’esperto prose-gue: “Gli effettiavversi di questifarmaci, di effica-cia dimostrata,questo voglio sot-tolinearlo, sonocontenuti. La di-pendenza da op-pioidi è poco fre-quente e la tolle-

ranza è lenta a verificarsi”. E, con laprogressione della malattia, il medi-co ha la necessità di incrementare ladose. “In questi casi possono suben-trare degli effetti collaterali, ma sia-mo preparati. Nausea, vomito, seda-zione, stipsi che però tendono a di-minuire col tempo”. p.g.

Christian Marbach, portavoce e parente diuna delle vittime di Niels Högel, condannatoper l’omicidio di 97 persone, spiega il caso cheha scioccato la Germania.

Chi è Niels Högel?“Un infermiere processato per la morte di

100 persone, ma sospettato di averne uccisesino a 300. Nel processo non si sono conside-rate le altre vittime i cui corpi sono stati cre-mati. Högel è il più grande serial killer mon-diale”.

Fra le vittime anche suo nonno…“Mio nonno è stato ucciso da Högel nel

2003. È stato ricoverato nella clinica di Del-menhorst che aveva 78 anni”.

Come è deceduto?“Due settimane dopo l’operazione, riuscita

bene, ha subìto all’improvviso un infarto. Èmorto in rianimazione: sia l’arresto cardiacoche la rianimazione e il decesso si devono aNiels Högel”.

Uccideva “per il gusto di uccidere”, si èdetto nel processo…“Sì, un killer spietato perché ha ucciso in

ospedale. Dove Högel ha tolto la vita a uominie donne, giovani e anziani, distruggendo anchele famiglie delle vittime”.

Cosa significa questo orrore per i familiaridelle vittime?“Perdere un parente in ospedale, dove ti

aspetti delle cure, è già un trauma. Ma la cosapeggiore è un’altra”.

Quale?

“Nelle due cliniche sia medici che direttorie infermieri sapevano dei troppi casi di decessiin rianimazione. Ma non hanno fatto nulla perfermare o denunciare Högel”.

Come può accadere tutto ciò in Germania?“Come per i casi di pedofilia nella chiesa,

anche negli ospedali c’è omertà se è in gioco ilprestigio della clinica. Högel poi si atteggiava amedico, quasi più esperto dei giovani medici”.

Che tipo era?“Intelligente, curato, divertente, con tanti

amici. Il male non si presenta mai col voltomaligno che ci immaginiamo”.

Lo ha mai contattato?“Sì, gli ho scritto delle lettere a cui lui ha

risposto. E dalle sue risposte è risultato che ènon solo un assassino, ma anche il migliore te-stimone contro la direzione delle due cliniche”.

È soddisfatto del processo, la giustizia te-desca ha funzionato?“No, la giustizia è stata troppo lenta ad ela-

borare questi delitti. Forse i magistrati di Ol-denburg non volevano incolpare un serviziopubblico, le cliniche, i dottori. L’ultimo proces-so ha avuto luogo grazie all’iniziativa di noi pa-renti delle vittime, dei media e politici”.

I parenti delle vittime hanno ritrovato unacerta pace?“Sono riuscito a perdonare l’assassino di

mio nonno. Dopo il processo mi sono liberatoper così dire di lui. Ora lui non avrà più una vi-ta, e anche un killer come lui è vittima dei suoistessi impulsi”.

FACEVA PARTE DEI “ROSACROCE”, DA SEMPRE ERA INTERESSATO ALL’ALDILÀ

L’INTERROGATIVO

DESMEULES, FARMACOLOGO E TOSSICOLOGO ALL’HUG

Era affascinato dall’esoterismoL’OPINIONE DI CHRISTIAN MARBACH, È IL PORTAVOCE DEI PARENTI DELLE VITTIME

“Anche nelle cliniche c’è omertà”“Qualche goccia di differenza...non compromette il decorso”

STEFANO VASTANO da Berlino

“Un caso di narcisismo spintoalle più estreme conseguenze”.Così Karl Beine, psichiatra al-l’ospedale di Hamm e docenteall’università di Witten, inizia a

spiegare il caso Niels Högel.Due cliniche in Bassa Sasso-nia. La prima ad Oldenburg. E

poi quella di Delmenhorst. Due struttureospedaliere in cui, a partire dal 2000,Högel ha ucciso centinaia di pazienti

iniettandogli sostanze letali che causava-no gravi scompensi ecollassi cardiaci perpoi rianimarli inutil-mente e fare la figuradell’eroe. Condannatoall’ergastolo perl’omicidio di 97 perso-ne, l’ex infermiere èuno dei serial killer

più spietati della storia. Professor Beine, chi è ai suoi occhi NielsHögel?“Högel è stato un infermiere che nel cor-

so degli anni si è sentito sempre più poten-te, anche più bravo dei dottori, ma che tut-tavia non si sentiva riconosciuto. Un auten-tico narcisista che ha finito per anteporre lepulsioni del suo Ego alla vita dei pazienti”.

La sua è stata un’in-fanzia sofferta?“No, nella sua biogra-

fia non si riscontra nulla diparticolare. A scuola nonaveva difficoltà. Ma inospedale ha cercato in ognimodo di diventare una sor-ta di ‘chef ’ del reparto ria-nimazione. Tutta la suaenergia era focalizzata nelle macchine dellaterapia intensiva, persino la figlia e la fami-glia non avevano più importanza per lui”.

Nelle cliniche lo chiamavano “Rambo del-la rianimazione”…“Durante il processo mi ha colpito una sua

frase: ‘Volevo stare al centro del reparto ecercavo adrenalina’. Per questo è arrivato si-no a sacrificare vite umane”.

Con le vittime fingeva empatia o agiva inmodo brutale?

“Per le vittime non ha mai sentito empa-tia. Per lui i pazienti non erano più persone. Ègiunto a provocare più crisi nello stesso pa-ziente per ‘mettersi in mostra’ come il profes-sionista più esperto del reparto”.

Almeno durante il processo ha mostratosegni di pentimento?“Durante il processo ha letto una dichiara-

zione di scuse ai familiari delle vittime, manel suo volto non ho colto alcun cenno dipentimento né vero dolore. La sua voce nonha mai rivelato segni di empatia o partecipa-

zione per i familiari dellevittime”.

Ha ucciso sistematica-mente e per anni in dueospedali. Com’è possibi-le, non c’erano affattocontrolli?“Sono convinto che in

entrambe le cliniche in cuiha lavorato si sia fatto di

tutto per nascondere i terribili reati commes-si da Niels Högel. Eppure Högel risultavasempre in servizio nei casi di decesso dei pa-zienti. E la direzione di Oldenburg non ha fat-to altro che scrivergli ottime referenze quan-do si è spostato alla clinica di Delmenhost,dove ha ucciso altri 60 pazienti!”.

I responsabili delle due cliniche hannocollaborato almeno conla giustizia?“La mia impressione è

che al processo sia i testi-moni delle cliniche che i lo-ro avvocati siano stati pococredibili con le loro affer-mazioni. O che soffrisserotutti di gravi forme di am-nesia quando il giudice

chiedeva loro informazioni su Niels Högel.Sono sicuro che anche i responsabili dei dueospedali finiranno presto sotto processo”.

Cosa significa ora per i parenti delle vitti-me l’ergastolo per questo serial killer?”Per i parenti delle vittime è stato assolu-

tamente importante che lo Stato abbia pro-cessato Högel per ogni singolo reato commes-so. Il giudice ha detto che durante il processosi è sentito come ‘un ragioniere della morte’.Tanto atroci sono i reati dall’ex infermiere”.

Nel reparto“Ha cercato

in ogni modo di diventare una sorta di ‘chef’ del reparto

rianimazione. Voleva stare al centro”

Focus.

Si indaga sulle eventuali complicitàdell’infermiere accusato di omicidio

Il mistero

105È il numero dei verbali agli attidell’inchiesta penalesull’ex infermiere dell’ospedale Beata Vergine

17Sono i pazienti morti per i quali il procuratore Respiniipotizza una responsabilità dell’ex infermiere di Mendrisio

CHRISTIANMARBACHPortavocedelle vittimedi Högele parentedi unodei pazientimorti

Le amnesie“La mia impressione è che al processo i rappresentanti

delle strutture sanitarie soffrivano di amnesia. Penso

finiranno in tribunale

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FATTI&IDEEIL CAFFÈ 27 ottobre 2019 9

Lo scandalo.

Sospetti e “omertà” in corsia

È trascorso un anno. La vicendadell’infermiere, 45 anni il prossimofebbraio, sospettato della morte di 17pazienti è forse il caso di cronaca, anzi,il “forse” è superfluo, più eclatantedella storia recente di questo cantone.E non solo. È trascorso un anno daquando l’infermiere, che sino ad alloraaveva lavorato per 22 anni all’ospeda-le Beata Vergine di Mendrisio, è statosegnalato alla direzione dell’Enteospedaliero cantonale (Eoc). Era statosegnalato da uno stagiaire. Era rima-sto colpito dai suoi comportamenti neiconfronti di almeno tre anziani pa-zienti ricoverati nel reparto di Medici-na1. Quegli episodi erano accaduti nelmese di ottobre. Un anno fa. Ma non sitrattava solo di maltrattamenti. Dalledichiarazioni di quello stagiaire eranoemersi sospetti più che inquietanti.L’infermiere, alterando le indicazionifarmacologiche dei medici, avrebbeaccelerato la morte di alcuni pazientioncologici in stadio terminale. Per lopiù anziani.

È trascorso un anno. Decine e de-cine di interrogatori di colleghi ed excolleghi. Di amici, di conoscenti. E fa-miliari di numerosi pazienti. Poi, loscorso fine giugno – vale a dire duemesi prima della sua scarcerazione –la richiesta di una perizia al Centrouniversitario romando di Medicina le-gale di Losanno. La somministrazionedi quei farmaci, così come risulta dalleindagini, ha determinato casualmenteo concasualmente il decesso di quelle

17 persone? O ne ha accelerato lamorte? È forse questa la domandaprincipale delle cinque che il procura-tore Nicola Respini, titolare dell’in-chiesta, ha inviato a Losanna. Ancoranon c’è risposta. Accertare, “oltre ogniragionevole dubbio” il nesso di causa-lità fra le somministrazioni alterate dimedicinali e la morte dei pazienti nonè e non sarà facile.

Dalla procura sono state spedite aLosanna le 17 cartelle mediche. Sitratta di casi che risalgono anche aqualche anno fa. Nel corso delle inda-

gini si sono verificate le cartelle di pa-zienti ricoverati già nel 2014. Ma l’ul-timo caso ha riguardato, appunto, unapaziente morta in Medicina1 a Men-drisio esattamente un anno fa. Nellaseconda metà di ottobre 2018. Un me-se prima che su segnalazione dell’Enteospedaliero fosse ufficialmente apertoil procedimento penale contro l’infer-miere.

Le accuse nei confronti del 45enneoggi sono quelle di omicidio intenzio-nale ripetuto, tentate lesioni gravi, viedi fatto reiterate, violazione della sfera

privata mediante fotografie, rappre-sentazione di atti di cruda violenza,pornografia e turbamento ripetutodella pace dei defunti. La situazioneprocessuale dell’infermiere, la cui per-sonalità è parsa da subito fortementedeviata, si è attorcigliata, ingarbuglia-ta. Nel suo cellulare e nel suo compu-ter sono state ritrovate immagini dipazienti fotografati in camera in situa-zioni imbarazzanti. Sono stati ritrovatianche alcuni video. E in due filmati,girati con un cellulare, compaiono al-meno due colleghi. Consapevoli diquanto quei filmati dell’infermierefossero inopportuni.

All’inizio dell’anno, tra gennaio efebbraio, l’imputato ha fatto alcuneammissioni, in relazione all’accusaprincipale, quella di omicidio intenzio-nale. Poi ha ritrattato. Ma in modo nonconvincente. Ha giustificato alcune af-fermazioni con il suo stato confusiona-le dato da un’infinità di farmaci assun-ti in carcere. Ma gli indizi di colpevo-lezza per la magistratura erano e re-stano pesanti. Essersi definito, in alcu-ne discussioni, “angelo della morte”non gli è certo stato di aiuto.

Determinante, a un anno dall’ini-zio di questa inquietante storia, saran-no i risultati della perizia medico-scientifica. Ma quelle cartelle cliniche,l’analisi delle cosiddette “pompe sirin-ga” per la somministrazione soprat-tutto di morfina e dormicum, non si saancora quanto potranno rispondereagli interrogativi.

La difesa non ha accessoalle cartelle clinichee si appella al giudice

“Allo stadio attuale dell’inchie-sta - ha scritto lo scorso 25 giugnoil procuratore Nicola Respini al pe-rito del Centro universitario ro-mando di Medicina legale – sonostati identificati 17 pazienti che po-trebbero essere stati vittime del-l’agire dell’imputato. Per tutti que-sti 17 pazienti sono state acquisitele rispettive cartelle mediche. Per11 di questi disponiamo inoltre deidati delle “pompe siringa” e delleregistrazioni nel sistema informati-co. Per i restanti 6 pazienti, i so-spetti si basano invece sui datiestrapolati dalle cartelle mediche esulle dichiarazioni dei familiari edei medici curanti”.

Quelle cartelle non sono peròancora state lette e approfonditedalla difesa dell’imputato, l’avvoca-to Micaela Antonini Luvini. Un paiodi mesi fa ha fatto ricorso chieden-do, ed è la seconda volta, di poteraccedere a questa importante docu-mentazione. Di fatto determinanteoltre le testimonianze degli ex col-leghi dell’imputato e dei familiaridei pazienti.

Chi conosce le storie cliniche deicasi analizzati più approfondita-mente dalla procura sa che è moltodifficile determinare l’impatto diquei farmaci le cui prescrizioni so-no state alterate. Morfina, midazo-lam, dormicum, elettroliti… “L’im-putato – sostiene il procuratorepubblico – era solito somministrarela terapia farmacologica senza ri-spettare le modalità prescritte dal

è impossibile affermare che l’au-mentata dose di morfina o di dor-micum sia stata fatale. Diverso ilcaso di chi potrebbe essere morto,dopo solo un giorno.

In un caso, ad esempio, la mortedi un paziente è sopraggiunta addi-rittura dopo la previsione dei medi-ci. La paziente ricoverata un vener-dì, ai cui familiari era stato dettoche non avrebbe superato il finesettimana, è invece morta dopo unasettimana.

medico, nonché somministrare aipazienti dosi di medicinali in riser-va a sua discrezione e senza regi-strarli nel sistema informatico o co-municarli al personale medico”.

È difficile stabilire quanto que-sto comportamento, queste prescri-zioni, possano avere influito sui de-cessi di quei 17 pazienti. Se la pro-spettiva di vita di un malato termi-nale era, solo per fare un esempio,di una settimana e la morte è avve-nuta dopo quattro giorni… Di fatto

A un anno dall’apertura dell’inchiesta sull’infermiere accusato di 17 omicidie nell’attesa di una perizia medico-legale restano aperti tutti gli interrogativi

IL RETROSCENA /2

L’impatto dei farmaciChi conosce le storie clinichedei casi sa che è moltodifficile appurare l’impatto di quei farmaci le cuiprescrizioni sono state alterate

ANZIANIE GRAVII pazientiricoverati nelreparto diMedicina1 eranotutti anziani emalati terminali

LA TERAPIA MEDICAL’imputato, sostiene l’accusa, era solito somministrare la terapia senza rispettare lemodalità prescritte dal medico

Affascinato dalla morte, in-teressato, lui sostiene cultural-mente, al tema dell’aldilà, dellavita oltre la morte. Ma anche ca-pace di eccitarsi sessualmentedi fronte alla morte, dicono gliinquirenti. È questa la particola-re personalità dell’infermiereoggi sotto accusa che contribui-sce a rendere inquietante la vi-cenda. Le decine di immagini“sconvenienti”, per usare uneufemismo, sequestrate dopoessere state ritrovate nella me-moria del suo cellulare e del suocomputer. Filmati di cruda vio-lenza (video di esecuzioni effet-tuate da terroristi).

L’imputato ha sempre smi-nuito la gravità di quei fatti, maha soprattutto affermato chequei video, quelle decine di foto-grafie, gli erano state anche ri-chieste da alcuni colleghi e con-divise in una-due chat di What-sApp interne al reparto di Medi-cina1. Ha sempre sostenuto diavere ricevuto alcune immaginima, stranamente, la polizia nonavrebbe trovato traccia delleimmagini e dei video ricevuti gi-rati dai colleghi. Una responsa-bile del reparto infermieristicoin un interrogatorio ha dichiara-to di aver sempre sospettato chein quei corridoi, in Medicina1, vifosse un clima di omertà. Inizial-mente, una giovane collegadell’imputato era stata fermataper un’intera giornata.

La personalitàdell’imputatorende la vicendapiù inquietante

Video e foto condivise in una-due chatdi WhatsApp interne al reparto Medicina

L’ARRESTO A DICEMBREIl 5 dicembre

l’infermiere, che lavoravaal Beata Vergine di

Mendrisio da 22 anni,viene arrestato. Viene decisa

una carcerazione preventiva. Colpassare dei giorni l’inchiesta si allarga

L’ACCUSA SI ALLARGADal sospetto che

l’imputato possa averealterato il dosaggio di alcuni

farmaci, come il dormicumo la morfina, tra febbraio

e marzo di quest’anno le accusesi allargano a omicidio intenzionale

FOTOGRAFIE E VIDEONello smartphone

e nel computerdell’infermiere vengono

trovati numerosi video e foto.Sono due i filmati sui quali gli

interrogatori si sono concentrati.In uno si vedono un collegae una collega dell’imputato

LA SCARCERAZIONE Il 14 agosto

per l’infermiere terminail carcere preventivo.

Si attende l’esito di una periziachiesta dal procuratore pubblico

Nicola Respini al Centro universitarioromando di Medicina legale a Losanna

LA VICENDAIN BREVE

IL RETROSCENA /1

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FATTI&IDEEIL CAFFÈ 22 settembre 2019 7

L’inchiesta.

Sono cinque i quesiti inviati a Losanna

Ecco le domandedella procuraal perito romandodi medicina legale

Era il 25 giugno quando il procu-ratore pubblico Nicola Respini, titola-re dell’inchiesta sull’ex infermiere diMendrisio accusato dell’omicidio didiciassette pazienti, ha chiesto alCentro universitario romando di me-dicina legale, a Losanna, quel che sipuò definire una perizia. In realtà ilmagistrato ha chiesto al perito le ri-sposte a cinque domande. Cinquequesiti che potrebbero permedtteredi fare luce su quanto accaduto. An-che se indubbiamente è sarà moltoma molto difficile dimosttrare una re-lazione di causalità fra l’alterazione dialcuni farmaci, su pazienti anziani eterminali, e il loro decesso. Cartelleclinche e testimonianze a confrontoper ora non sono bastate a togliereogni dubbio o, meglio, ad accertare lecause dei 17 decessi su cui il procura-tore Nicola Respini si è concentrato.

Ma ecco quali sono le domande at-torno alle quali si dovrà costruire laperizia.

1) Sulla base della documentazio-ne medica, le cartelle dell’ospedale edei medici personali curanti, è possi-bile stabilire le cause dei decessi deidiciassette pazienti?

2) La somministrazione dei farma-ci, così come risulta dalle indagini

della polizia, ha deter-minato causalmente oconcausalmente il lorodecesso o ne ha accele-rato il decorso infau-sto?

3) La somministra-zione dei farmaci, stan-do alle indagini dellapolizia, era corretta ri-spetto alla condizioneclinica dei pazienti?

4) Per i diciassettepazienti, stando alladocumentazione, il de-cesso clinico è stato li-

neare o è possibile ipotizzare l’inter-vento di terzi?

5) È necessario effettuare ulterioriaccertamenti ed esami per determi-nare la causa dei loro decessi?

Sono questi i cinque interrogativia cui la perizia deve rispondere.Ditutti i diciassette pazienti la magi-stratura ha acquisito le cartelle medi-che. Ma solo per undici di questi gliinquirenti dispongono dei dati dellecosiddette “pompe siringa” e delle re-gistrazioni nel sistema informaticointerno. Per i restanti sei pazienti isospetti si basano unicamente sui da-ti delle cartelle cliniche e sulle dichia-razioni dei familiari e dei medici cu-ranti.

I farmaci il cui dosaggio sarebbestato alterato sono soprattutto morfi-na, midazolam, dormicum ed elettro-liti. Dosaggi che, stando all’accusa,non sono stati registrati nel sistemainformatico o comunicati al personalemedico.Da qui alcuni dei pesanti indi-zi che gravano sulla posizione dell’in-fermiere 45enne.

Gli ultimi interrogatori, nell’atte-sa appunto della perizia, si sono svoltinei giorni scorsi. Ex colleghi dell’im-putato che contribuiscono a tracciar-ne la personalità. Un uomo fatto dimille sfaccettature, alle dipendenzedell’Ente ospedaliero cantonale percirca 22 anni.

Sono due i video con i colleghidell’infermiere di MendrisioAltri retroscena sui filmati in corsia dell’ex dipendente del “Beata Vergine”mentre si attende la perizia sulle accuse per l’omicidio di 17 anziani pazienti

Sono due i video girati conuno smartphone in cui com-paiono tre colleghi dell’in-fermiere 45enne dell’ospe-dale Beata Vergine di Men-

drisio, sotto inchiesta da otto mesi,accusato di omicidio intenzionale: di-ciassette anziani pazienti. Ne avrebbeaccelerato la morte alterando il do-saggio di alcuni farmaci. Le accuseche lo hanno tenuto in carcere da di-cembre a metà agosto sono numero-se. Oltre a quella di omicidio... “viola-zione della sfera segreta o privata me-diante apparecchi di presa di immagi-ni”.

Nell’ultima fase dell’inchiesta so-no emerse delle possibili (fors’ancheindirette) complicità di alcuni colle-ghi. Complicità per quanto riguarda ledecine e decine di fotografie scattate apazienti a letto o in situazioni imba-razzanti. Fotografie ma anche, comedetto, video girati con lo smartphonedell’infermiere.

Sono due i filmati sui quali gli in-terrogatori si sono e si stanno concen-trando. In uno si vedono un collega euna collega dell’imputato. La donna lasi sente chiaramente pronunciare unafrase del tipo... “stiamo facendo qual-cosa da denuncia”. Cercavano di som-ministrare un farmaco ad una “pa-ziente psichiatrica”. Filmando il tutto.

Nel secondo video, sempre giratodall’infermiere 45enne, si vede al-quanto chiaramete una giovane colle-ga all’interno di una camera e accantoad un paziente. La ragazza è stata frale prime persone ad essere interroga-ta all’inizio dell’anno, cioè quando leaccuse di maltrattamento di alcunianziani si allargarono all’omicidio.

Quale era il grado di consapevo-lezza dei colleghi dell’infermiere suquanto accadeva nel reparto di Medi-cina1? Lo scambio di fotografie e vi-deo avveniva anche attraverso duechat interne. L’uomo sotto inchiestasostiene di non essere stato l’unico ascattare immagini e a filmare. Sostie-ne di avere inviato fotografie anche surichiesta. Ma, da questa probabileconsapevolezza in relazione ai reatiminori, è possibile dedurre un’altret-tanta consapevolezza per quanto ri-guarda l’accusa di omicidio intenzio-nale? Per ciò che riguarda, cioè, l’alte-razione delle prescrizioni mediche sualcuni pazienti oncologici in fase ter-minale?

Durante il primo periodo di carce-razione preventiva dell’imputato, ungruppo di colleghi gli ha fatto arrivareuna lettera di solidarietà. Un indizio,

secondo alcuni. Qualche collega forsesapeva o sospettava. Forse aveva vi-sto l’imputato non rispettare le pre-scrizioni mediche. L’infermiere, cheda sempre si professa innocente, haammesso ed ammette però di avervoluto in qualche caso alleviare il do-lore dei pazienti. Ma non certo diaverne voluto accelerare la morte.

Dichiarazioni queste, però, checontrastano, secondo gli inquirenti,con alcune frasi pronunciate dall’im-putato. Frasi pesanti. Si era infatti au-todefinito “angelo della morte”.

Secondo i magistati, dai numerosiinterrogatori a cui è stato sottopostol’imputato, è emersa una particolaretendenza a sminuire la gravità dei fat-ti ricostruiti. Oltre ad una personalutàparticolarmente deviata.

I reati a suo carico sono numerosi:tentate lesioni gravi, vie di fatto reite-rate, rappresentazione di atti di crudaviolenza, violazione della sfera segre-ta e privata, coazione, pornografia eturbamento della pace dei defunti. Esono una ventina i familiari di pazientimorti costituitisi “accusatori privati”.

r.c.

Non il soloL’imputato sostienedi non essere statoil solo a scattare foto. E di averne inviateanche su richiesta

Le complicitàSi fa stradal’ipotesi che nel reparto abbiagoduto di alcunecomplicità

I FATTI DALL’ARRESTOL’ARRESTO A DICEMBRE

Il 5 dicembrel’infermiere, che lavoravaal Beata Vergine diMendrisio da 22 anni,viene arrestato. Vienedecisa una carcerazionepreventiva. Col passaredei giorni l’inchiestasi allarga

L’ACCUSA SI ALLARGADal sospetto chel’imputato possa averealterato il dosaggiodi alcuni farmaci, comeil dormicum o la morfina,tra febbraio e marzodi quest’anno le accusesi allargano a omicidiointenzionale

FOTOGRAFIE E VIDEONello smartphone e nelcomputer dell’infermierevengono trovati numerosivideo e fotografie. Sonodue i filmati sui quali gliinterrogatori si sonoe si stanno concentrando.In uno si vedono un collegae una collega dell’imputato

LA SCARCERAZIONE Il 14 agosto perl’infermiere terminail carcere preventivo.Si attende l’esito di unaperizia chiesta dalprocuratore pubblicoNicola Respini al Centrouniversitario romando dimedicina legale a Losanna

MICAELA ANTONINI LUVINIAvvocato, luganese, 63 anni

NICOLARESPINISostituto procuratoregenerale, 58 anni

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FATTI&IDEEIL CAFFÈ 1. settembre 2019 7

Il fatto.

“C’è un clima di omertànel reparto di Medicina1”I sospetti di una responsabile di corsia nell’ospedale di Mendrisioper il caso dell’infermiere che si autodefinisce “angelo della morte”

Diciassette casiSi allarga l’inchiestanell’attesa di una perizia sui 17 casi di omicidiointenzionale

L’AVVOCATOMICAELA ANTONINILUVINIAvvocato luganese,63 anni. Ha assuntola difesa dell’exinfermiere diMendrisio. Havinto il ricorsoalla Corte deireclami penalie l’imputato èstato scarcerato

Un utilizzo anomalo delle “pom-pe siringhe” per alterare il dosaggiodi alcuni farmaci in pazienti termi-nali. I suoi impulsi sessuali legati al-la morte. L’autodefinirsi, chattandocon conoscenti e amici, “angelo dellamorte”. Sono questi gli indizi che,secondo la magistratura, possonoessere definiti seri, concreti e gravi,a carico dell’ex infermiere dell’ospe-dale Beata Vergine di Mendrisio,quasi 45 anni, finito in carcere loscorso autunno e scarcerato qualchesettimana fa. Si sta attendendo unaperizia medico-scientifica che dicase e in che misura sia possibile met-tere in relazione le alterazioni delleprescrizioni mediche con la morte didiciassette pazienti. L’infermiere èinfatti sospettato di omicidio inten-zionale, oltre che di una serie di reatilegati a decine e decine di fotografiescattate a pazienti in situazioni im-barazzanti. Agli atti anche alcuni fil-mati.

Se pian piano sembrano deline-arsi i fatti e il comportamento dell’exinfermiere (che sin da subito ha smi-nuito tutti gli episodi contestati, at-tribuendo anche ad altri e ad un con-testo professionale particolare la re-sponsabilità), più difficile capire sinoa che punto i colleghi fossero consa-pevoli.

L’ex infermiere lavorava nel re-parto di Medicina1 dell’ospedale diMendrisio. Era alle dipendenzedell’Ente ospedaliero da 22 anni. Ele testimonianze raccolte dicono di

un professionista capace. Fatto è chepiù di un collega, stando agli indiziemersi, sapeva o comunque avevaconcreti sospetti. Una personalità,emerge dagli atti dell’inchiesta, for-temente deviata. Un interesse ec-cessivo per la morte scaturito, ap-punto, nei fatti che gli sono conte-stati. Difficile, come detto, definirela consapevolezza dei colleghi di la-voro. Anche perché, e questo è unulteriore elemento inquietante, frale testimonianze raccolte dagli in-quirenti, quella di una responsabiledel reparto (il Caffè non sa se tuttorain quel ruolo e alle dipendenze del-l’Ente ospedaliero) che riferisce “inquel reparto, in quelle corsie… so-spetto ci sia un clima di omertà”. Co-me dire che molti sapevano ma nes-suno ora ha il coraggio di raccontareciò che aveva forse solo sospettato.

miere venne arrestato. I suoi com-portamenti erano stati segnalati alladirezione da un soccorritore che sta-va facendo uno stage nel reparto. Al-lora si parlò pubblicamente, dandola notizia dell’arresto, di maltratta-menti ai danni di alcuni anziani ma-lati terminali. Nel corso delle setti-mane e dei mesi i fatti vennero defi-niti. Anche il racconto di quello sta-giaire: “Di lui (ndr. l’infermiere sottoaccusa) mi ero fatto l’idea fosse unapersona empatica ad ampio raggio.Mi ero fatto questa idea vedendolo esentendolo durante il lavoro e quindianche quando aveva parlato del bolo(ndr. una quantità di farmaco, dettodiversamente la dose di un farmaco)ho pensato che lo facesse per alle-viare il dolore di una paziente. Equindi questo non l’avevo visto co-me un aspetto negativo. Seguendolo

C’è un video, girato dallo stessoinfermiere con uno smartphone, incui si riconoscono due ex colleghidell’accusato. Si sente anche la vocedi una dei due infermieri. Si capiscechiaramente la consapevolezza diquest’ultima della gravità di quantostava accadendo. Si cercava di farassumere un farmaco, un calmante,ad una paziente ricoverata per ra-gioni psichiatriche.

La vicenda si è dunque allargatarispetto alle prime battute. Quelledello scorso autunno quando l’infer-

però nella pratica di quei due giorni,mi sono reso conto che agiva in di-verso modo”. È sulla base della testi-monianza di questo stagiaire, poiprecisata anche in un confronto dipochi mesi fa, che si è costruita e al-largata l’inchiesta.

Sullo smartphone dell’ex infer-miere, nella memoria del passato,sono state recuperate immagini escambi di messaggi. Così pure dalsuo computer. Da lì anche l’accusa direati legati alla violazione della sferaprivata, pornografia, turbamentodella pace dei morti. Almeno in uncaso, stando a quanto risulta al Caf-fè, l’ex infermiere è stato visto ma-nipolare bruscamente un cadaverein una camera mortuaria.

L’imputato da sempre si difende.Da sempre, secondo i magistrati,sminuisce i fatti e le poche ammis-sioni sono giunte solo di fronte al-l’evidenza. Ma da sempre sostieneche esistevano due chat di grupposu WhatsApp. E almeno una di que-ste era fra i suoi più “intimi” colle-ghi. Le indagini degli inquirenti han-no permesso di recuperare messaggie immagini da lui condivise. Ma,stando a quanto a conoscenza delCaffè, nessuna immagine di quelleche lui sostiene aver ricevuto daicolleghi. Insomma, secondo l’ex in-fermiere, non era solo lui ad inviareimmagini. Riceveva anche quellescattate da altri. Di queste ultime,come detto, non sarebbe stata trova-ta traccia. r.c.

LA SEGNALAZIONELo scorso ottobre un “allievosoccorritore” segnala alla direzionedel Beata Vergine di Mendrisio alcunistrani comportamenti di uninfermiere, allora 44enne, impiegatonel reparto di Medicina1. Si parla di lesioni gravi, lesioni semplici, vie di fatto reiterate e coazione

L’ARRESTOIl 5 dicembre l’infermiere, che lavoravaal Beata Vergine da 22 anni,viene arrestato. Viene decisa unacarcerazione preventiva sino al 16gennaio 2019. Man mano che i giornipassano l’inchiesta si allarga e nasceil sospetto che l’imputato possa averaccelerato la morte di alcuni pazienti

I SOSPETTIIl sospetto del procuratore pubblicoNicola Respini è che l’imputato abbiaalterato il dosaggio di alcuni farmaci,come il dormicum o la morfina, soprattutto in pazienti anzianie in fase terminale. Tra febbraioe marzo di quest’anno le accusesi allargano a omicidio intenzionale

GLI INTERROGATORIVengono interrogati decine e decinedi testimoni. Colleghi, ex colleghi,familiari di pazienti, amicidell’infermiere. Nel suo smartphone e nel suo computer si trovanonumerosissime fotografie e video.Pazienti fotografati in situazioniimbarazzanti o mezzo svestiti

LA COMPLICITÀIl 14 agosto termina il carcere preventivo.Si attende una perizia medico-scientificaper stabilire un nesso tra l’alterazione difarmaci e la morte dei 17 pazienti. Si staanche indagando sul grado diconsapevolezza dei colleghi dell’imputato.Si sospetta si sia creato un cerchio silenzioso di complicità

IL PROCURATORENICOLA RESPINISostituto procuratoregenerale, 58 anni.

Ha in manol’inchiestasull’ex infermieredell’ospedaledi Mendrisiosin dal momentodell’arresto. Loscorso dicembre

I fatti

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FATTI&IDEEIL CAFFÈ 18 agosto 2019 7

Il caso.

L’infermiere scarceratoè sospettato della mortedi diciassette pazientiNuovi dettagli sull’ex dipendente del “Beata Vergine”,anche un video girato in corsia con due suoi colleghi

Ad ogni capitolo che vienescritto dalle indagini lastoria diventa semprepiù “noir”. All’indomanidella sua scarcerazione,

perché non esiste più il pericolo di in-quinamento delle prove, sono due glielementi inquietanti che spiccanoall’attenzione. L’ex infermiere 45en-ne dell’ospedale Beata Vergine diMendrisio, difeso dall’avvocato Mi-caela Antonini Luvini, potrebbe es-sersi avvalso della complicità (silen-ziosa) di alcuni colleghi del repartoper accelerare la morte di… il nume-ro è impressionante, 17 persone. Di-ciassette anziani pazienti in fase ter-minale. Ma sotto inchiesta per ora èsolo lui.

Una storia “noir”. Resa semprepiù nera dal sospetto di complicità edal numero di pazienti di cui l’infer-miere potrebbe aver accelerato lamorte.

L’uomo è stato in carcere dal di-cembre 2018 sino allo scorso merco-ledì perché sospettato di omicidio in-tenzionale ripetuto (è il reato più gra-ve di cui deve rispondere). L’ipotesidel procuratore Nicola Respini è chel’uomo abbia alterato il dosaggio dialcuni farmaci determinando di fattola morte di quegli anziani pazienti.

SI PROFESSA INNOCENTEL’ex dipendente dell’ospedale si

professa assolutamente innocente.Da sempre. E dimostrare il nesso frale somministrazioni e la morte dei di-ciassette anziani non è per nullasemplice. Ma forse sarà meno diffici-le - così emerge da quanto filtra dachi direttamente e indirettamentesta indagando - individuare e provarela consapevolezza di alcuni colleghi.Non è infatti escluso che almeno dueo tre di essi conoscessero le sue turbepsicologiche. Era affascinato dallamorte, dall’aldilà. E i colleghi lo sape-vano. Lo sapevano anche perché, ec-co gli indizi, erano iscritti a due chatsu WhatsApp, interne all’ospedale.Talvolta avevano chiesto al collega diinviare loro delle fotografie scattatenel reparto. Pazienti anziani, soffe-renti. Pazienti talune volte fotografatimezzo svestiti o in situazioni imba-razzanti. Da qui l’accusa di “violazio-ne della sfera segreta o privata”. Maanche il reato di “turbamento ripetu-to della pace dei defunti”. Almenouna delle decine e decine di fotogra-fie che sono state trovate sul suosmartphone e sul suo computer ri-traeva una persona da poco morta.

Gli investigatori hanno recupera-to anche alcuni video girati dall’exinfermiere con lo smartphone. Agliinquirenti ha detto di averne ricevutialcuni da colleghi del reparto. La po-lizia sostiene però che gli unici videorecuperati tra le pieghe della memo-

E allora, quantomeno pubblicamen-te, si parlò solo di “tentate lesionigravi, vie di fatto reiterate e coazio-ne”. Le indagini permisero però diandare oltre. Si scoprì che l’imputatonon di rado somministrava ai pazien-ti la terapia farmacologica, sì pre-scritta dal medico, ma in alcuni casialterando il dosaggio. Si trattava dimorfina, dormicum, elettroliti…Quelle alterazioni delle quantità, an-che grazie all’acceso che l’infermiereaveva alle riserve dei medicamenti,non erano registrate nel sistema in-formatico e nemmeno ufficialmentecomunicato ai medici.

IL FASCINO DELLA MORTEL’infermiere ha sempre negato (a

parte qualche iniziale ammissione,poi ritrattata perché dettata a verbalein condizioni fisiche e psicologichealterate) di aver avuto la volontà diaccelerarne la morte e tantomeno diuccidere quei pazienti. Ma ha am-messo, questo sì, il desiderio di alle-viare le loro sofferenze. Fatto è peròche dietro le quinte di quanto da luiaffermato a giustificazione dei suoicomportamenti in corsia, ci sono fra-si, fotografie, video, libri che diconodel perverso fascino che la morteesercitava su di lui.

Da Losanna, da quel che risulta alCaffè, non è ancora giunta alcuna pe-rizia. Né l’infermiere è stato sottopo-sto ad un esame psichiatrico. Da Lo-sanna si attende la risposta ad alcuniinterrogativi. Domande difficili.Chissà, forse interrogativi dalle ri-sposte impossibili. Si trattava di pa-zienti anziani, alcuni dei quali soffe-renti per più patologie. Stabilire oltreogni ragionevole dubbio che l’altera-zione del dosaggio di alcuni possa es-sere stata causa o concausa dellamorte, non è certo cosa di poco con-to. E probabilmente poco aiutano ledichiarazioni dei familiari dei pazien-ti e dei colleghi dell’infermiere.

Il 14 agosto scorso, dopo circa no-ve mesi di carcere preventivo, l’infer-miere è stato rilasciato. Il suo avvo-cato, Micaela Antonini Luvini, ha vin-to il ricorso davanti alla Corte dei re-clami penali del Tribunale d’appelloche non ha ritenuto sufficienti le mo-tivazioni addotte dal procuratore Re-spini per prolungare di altri mesi ladetenzione. L’avvocato ha evidente-mente sostenuto in modo convincen-te che non esiste più alcun pericolo diinquinamento delle prove. Tutte lefotografie, tutti i video, tutte le car-telle cliniche sono state sequestrate.Tutti i parenti dei pazienti, i colleghie gli amici dell’imputato sono statiinterrogati. All’imputato è stata perònegata la possibilità di contattaretutte quelle persone che direttamen-te e indirettamente sono coinvolte inquesta vicenda…“noir”. r.c.

ria del suo smartphone e del suocomputer sono solo quelli prodotti dalui. Ma almeno in uno di questi figu-rano due colleghi. Un infermiere eun’infermiera. Un terzo è poco rico-noscibile. Il filmato ritrae una pazien-te con patologie psichiatriche allaquale l’infermiere ma anche i colle-ghi che si intravvedono cercano disomministrare un medicamento. Sisente anche una voce, è quella di unacollega dell’imputato. Cosciente del-la gravità di ciò che stavano facendo,avverte che quella situazione avreb-be potuto avere gravi conseguenze.

Da qui, anche da questo video, gliindizi che portano a pensare allacomplicità, al cerchio di silenzio e ac-condiscendenza che si era creato at-torno all’ex infermiere sotto inchie-

sta. Una complicità, ancora non pie-namente provata, relativa ai reatimeno gravi, cioè la violazione dellasfera privata. E forse non per nullanelle prime settimane di carcere del45enne numerosi colleghi gli hannoespresso vicinanza umana con unalettera.

L’ATTESA DELLA PERIZIAMa se sulle fotografie e sui filmati

la procura è riuscita a fare piena luce(sono stati interrogati decine di colle-ghi ed ex colleghi, amici con i qualiaveva condiviso le immagini, familia-ri di numerosi pazienti), o quasi,sull’accusa principale, quella di omi-cidio intenzionale ripetuto o omicidiocolposo ripetuto, gli inquirenti nonsembrano vedere la luce alla fine di

questo tortuoso tunnel dell’inchiesta.Lo scorso fine giugno il procuratoreha chiesto al Centro universitario ro-mando di medicina legale, a Losanna,una perizia sui 17 casi che nel corsodell’inchiesta si sono rivelati mag-giormente sospetti. Si tratta di pa-zienti deceduti al Beata Vergine eche, appunto, potrebbero essere stativittime dell’imputato. La procura haovviamente sequestrato le cartellecliniche e sono casi che per ora ritor-nano indietro nel tempo di cinqueanni. La vicenda che ha fatto suonareil campanello d’allarme risale alloscorso ottobre. Un allievo soccorrito-re segnalò alla direzione dell’ospeda-le alcuni comportamenti anomali, so-spetti, dell’infermiere che un mese emezzo dopo sarebbe stato arrestato.

I fatti

LA SEGNALAZIONELo scorso ottobre un “allievosoccorritore” segnala alla direzionedel Beata Vergine di Mendrisio alcunistrani comportamenti di uninfermiere, allora 44enne, impiegatonel reparto di Medicina1. Si parla di lesioni gravi, lesioni semplici, vie di fatto reiterate e coazione

L’ARRESTOIl 5 dicembre l’infermiere, che lavoravaal Beata Vergine da 22 anni,viene arrestato. Viene decisa unacarcerazione preventiva sino al 16gennaio 2019. Man mano che i giornipassano l’inchiesta si allarga e nasceil sospetto che l’imputato possa averaccelerato la morte di alcuni pazienti

I SOSPETTIIl sospetto del procuratore pubblicoNicola Respini è che l’imputato abbiaalterato il dosaggio di alcuni farmaci,come il dormicum o la morfina, soprattutto in pazienti anzianie in fase terminale. Tra febbraioe marzo di quest’anno le accusesi allargano a omicidio intenzionale

GLI INTERROGATORIVengono interrogati decine e decinedi testimoni. Colleghi, ex colleghi,familiari di pazienti, amicidell’infermiere. Nel suo smartphone e nel suo computer si trovanonumerosissime fotografie e video.Pazienti fotografati in situazioniimbarazzanti o mezzo svestiti

LA SCARCERAZIONEA fine giugno la procura chiedeuna perizia a Losanna per saperese può essere stabilito un nesso tral’alterazione di farmaci e la morte di...17 pazienti. È questo il sospetto. Oltrea quello che attorno a lui si sia creatoun cerchio silenzioso di complicità. Il 14agosto ha terminato il carcere preventivo

IL PROCURATORE NICOLA RESPINISostituto procuratore generale, 58 anni.Ha in mano l’inchiesta sull’ex infermieredell’ospedale di Mendrisio sin dalmomento dell’arresto. Lo scorso dicembre

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11 IL CAFFÈ 14 luglio 2019

Una ventina di famiglie querelanol’infermiere per le foto dei pazientiL’ex dipendente dell’ospedale di Mendrisio in cella per omicidioaccusato di “violazione della privacy”dai parenti di alcuni ricoverati

Siamo al dunque. Entro ve-nerdì 19 luglio la magistra-tura dovrà decidere se pro-

lungare di ulteriori tre mesi lacarcerazione preventiva. L’infer-miere del Mendrisiotto, 45 anni eper metà della sua vita impiegatoall’ospedale Beata Vergine, è incarcere dall’inizio dello scorso di-cembre. La vicenda si è allargatadi settimana in settimana. Inizia-ta con sospetti e accuse di mal-trattamenti su alcuni pazienti an-ziani in fase terminale (l’imputatolavorava nel reparto di Medici-na1), si è arrivati come spinti dauna valanga all’accusa di omici-dio intenzionale. Alterando il do-saggio di alcuni farmaci, soprat-tutto morfina e dormicum, l’in-fermiere, stando al procuratoreNicola Respini, avrebbe accelera-to se non determinato la morte diquattro-sei pazienti. Ma stabilireun nesso di causalità, come datempo sostiene la difesa rappre-sentata dall’avvocato Micaela An-tonini Luvini, è pressoché impos-sibile dal punto di vista medico.

Se l’accusa di omicidio è quel-la indubbiamente più grave, esi-ste un “contorno” di reati minorima non certo meno gravi da unpunto di vista etico, che gravanosul futuro processuale dell’impu-tato. Sono decine e decine le fo-tografie scattate dall’infermieread alcuni pazienti. Immagini ri-trovate sul suo smartphone. Foto-grafie che ritraggono taluni mala-ti in situazioni anche imbarazzan-ti. E alcune di quelle immaginisono state condivise dall’infermi-re. Condivise con alcuni cono-scenti, sia in Ticino sia in Lom-

bardia. Ma, forse in un paio di ca-si, anche con alcuni colleghi.

Nel corso delle indagini gli in-vetigatori hanno mostrato ai fa-miliari dei pazienti fotografati leimmagini. È stato detto loro cheerano state condivise ed è perquesta ragione che, allo stato at-tuale delle cose, parrebbe sianouna ventina coloro che si sono co-stituiti “accusatori privati”, cioèquel che un tempo si definiva“parte civile”. E sarebbero quindiuna ventina le querele per “viola-zione della privacy” che oggi pe-sano sulla posizione dell’infer-miere.

Ma è soprattutto sulla basedella principale accusa, quella diomicidio, che si decide l’imme-diato futuro dell’imputato. Le car-telle cliniche sono state inviatedalla procura ad un istituto spe-cializzato oltre San Gottardo. Sitratta di valutare il decorso dellecondizioni dei pazienti la cui mor-te è sospetta. Un decorso da met-tere in relazione ai dosaggi deifarmaci assunti e questi ultimi al-le originarie prescrizioni medi-che.

L’imputato, per quanto la suamemoria gli conceda, sembraaver risposto ad ogni domandarespingendo comunque l’accusadi omicidio intenzionale. Se alte-razione dei dosaggi è avvenuta,ed è avvenuta, la ragione è da ri-cercare nel tentativo di alleviare idolori dei pazienti. Così si giusti-fica l’infermiere sotto accusa.

Ma a complicare la sua situa-zione oltre a quelle inopportunefotografie (almeno in un caso hafotografato una persona immedia-tamente dopo il decesso) ci sonoalcune frasi scambiate con What-sApp fra lui e qualche collega.Frasi che comunque non rappre-sentano ancora una prova a so-stegno dell’accusa principale.Certamente importante sarà l’esi-to della perizia psichiatrica a cuil’imputato dovrà essere sottopo-sto. Ciò avverrà in carcere? Ol’infermiere, data la situazioneper ora soprattutto indiziaria,verrà rimesso in libertà? Una co-sa è certa: il giallo continua. E lerisposte non arriveranno neiprossimi giorni.

Il carcere preventivoScade il termine di carcerazione preventiva.L’imputato potrebbe essererimesso in libertà a fine settimana

Il caso

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5 IL CAFFÈ 7 luglio 20194 STORIE&VOLTI

Grandangolo.

“Sono gesti e azioni che aiutanoa tenere a bada le nostre paure”Per gli psichiatri la mente umana esorcizza ciò che più temiamo

Il parere del sociologo Massimo Introvigne, esperto di religioni

“Il contatto con il dolorespinge verso religioniche danno altre risposte”

“Il continuo contatto con il dolore, lasofferenza e la morte non porta all’ateismo.Porta a cercare delle risposte che le religio-ni tradizionali forse non sono in grado didare.” Così il sociologo Massimo Introvi-gne, fondatore e direttore del Centro Studisulle Nuove Religioni, uno dei massimiesperti di esoterismo, al Caffè spiega cosapotrebbe avere spinto l’infermiere di Men-drisio ad aderire all’Ordine Rosacroce. UnOrdine esoterico iniziatico e tradizionaleper lo studio e lo sviluppo delle facoltà su-periori degli esseri umani che, si legge nelsito, “permette di diventare artefici del pro-prio destino, sviluppare facoltà superiori,aumentare il potere della mente e la sag-gezza, essere padroni della propria vita”.

Anche se paiono parole e concetti percerti versi inquietanti che possono far pen-sare a una confraternita segreta “in realtà -assicura Introvigne - è un’organizzazioneche opera alla luce del sole, composta dapersone benestanti, avvocati, uomini d’af-fari, politici, interessati all’esoterismo. Si fadomanda di affiliazione, si riceve la docu-mentazione dietro pagamento di una quotaassociativa corrispondente al paese in cui sirisiede”.

L’Ordine Rosacroce, con tanto di Impe-ratore, Presidente del Consiglio, Gran Se-gretario del Consiglio Sovrano, Gran Teso-riere del Consiglio Sovrano e Consiglieredel Consiglio Sovrano, sembrerebbe menoimpegnativo di molte altre confraternite.“È un fenomeno su scala mondiale, anchese in Italia è meno conosciuto - sottolineaIntrovigne -. La sede di Teramo è il punto diriferimento per i paesi di lingua italiana.Attrae a sè persone che desiderano con-frontarsi con una spiritualità non conven-zionale, un’esigenza sempre più forte nelmondo occidentale, ma che non vogliono onon possono far parte di un’organizzazionetroppo impegnativa, come ad esempio laMassoneria”.

Rosacroce, infatti, assicura un percorsodi studi online, con tanto di esami. Step do-po step, spiega il sito, “si scopre ed acco-glie l’intima armonia che esiste tra l’uni-verso e tutto ciò che ne fa parte. Si scopreche l’universo esiste per uno scopo precisoe che ognuno di noi ha un ruolo particolareda svolgere nel grande scenario universa-le”. Un ruolo particolare che, forse, nellamente dell’infermiere potrebbe averlospinto a diventare “artefice” anche del de-stino altrui. Quindi a decidere quando perun paziente è giunto il momento di esalarel’ultimo respiro. p.g.

Bene e male. Cura e morte.Un’ambivalenza destabilizzante incui potrebbe essersi trovato l’infer-miere di Mendrisio, tutti i giorni con-frontato con le sofferenze di pazientianziani e terminali. Una quotidianitàdolorosa a cui, contrariamente aquanto si è portati a pensare, difficil-mente si fa l’abitudine. Ecco allorache nella mente di chi attorno a sè daanni vede soprattutto patimento epena potrebbe scattare una sorta dicuriosità morbosa proprio nei con-fronti della sofferenza. E della morte.Il desiderio di volerle guardare il piùvicino possibile. Sino a scivolare nellavera e propria violenza, quindi guar-dare e riguardare i filmati di decapi-tazione dell’Isis e in alcuni casi foto-grafare pazienti malati o deceduti.

“Vado verso qualcosa che mi ter-rorizza, che però tutto sommato rie-sco a gestire perché non mi riguarda,è lontano da me, è la sofferenza o lamorte di un altro - spiega Marco Can-navicci, psichiatra e criminologo -. Leguardo, le riprendo con il telefonino,ma ho la consapevolezza di essere di-stante da quel tipo di situazione.Esorcizzo i miei demoni. Un po’ comefanno i bimbi che giocano con i mo-stri anche se li temono e così tengonosotto controllo le loro paure”. Un ten-tativo di tenere a bada ciò che piùterrorizza che, spinto all’estremo, co-me potrebbe essere stato nel casodell’infermiere, arriva a calpestare ladignità di qualcuno che non può piùreagire. “Chi lo fa è mosso da uncomplesso di superiorità, che va oltreil bene e il male”, osserva Philip Jaf-fé, psicocriminologo ginevrino. Unasorta di messinscena, per lo psichia-tra Guido Bondolfi, “dovuta all’attra-zione nei confronti della morte”. Chea tutti fa paura.

Una paura difficile da gestire. “Inchi è continuamente a contatto con ilfine vita possono scattare dei mecca-nismi mentali di difesa che aiutano amantenere l’equilibrio”, spiega lopsichiatra Nicola Ferroni. “Un modo -aggiunge Cannavicci - anche per‘sentirsi vivi’. Mentre l’altro soffre,muore, noi non siamo né malati némorti”. Tanto da arrivare anche aprendersi gioco in modo rozzo e inde-gno di un paziente che soffre, immor-talandolo, facendoci un video. Tantoda sentirsi in diritto di accorciare itempi della sua agonia. Come, stando

all’accusa, avrebbe fatto l’infermieredi Mendrisio alterando il dosaggio dialcuni farmaci. Un gesto solo a primavista dettato dalla compassione.“L’altro non ci ha chiesto nulla, si de-cide per lui - nota Philip Jaffé -. Puòcapitare di uccidere per altruismo,ma una volta. Altrimenti vuol direappropriarsi di un potere che non ci

compete, che non è nostro, perché èsoltanto divino. Solo Dio può dare otogliere la vita”. “C’è un’evidente do-se di narcisismo in tutto ciò”, com-menta Bondolfi.

In psicologia è stata ampiamentestudiata la tendenza di chi si pensa aldi sopra della media rispetto a moltequalità, dall’intelligenza alla genero-sità, ad esempio. Il risultato di unamanipolazione sistematica compiutasulle informazioni riguardanti il sè.“C’è chi, per sentirsi sicuro, ha biso-gno di vedere qualcuno che sta peg-gio - riprende Jaffé -. Lo accudiscenon per empatia o compassione maper sentirsi superiore”. Bene e male.Cura e morte. [email protected]

LE RISPOSTE DELLA PSICHIATRIA

L’ORDINE ROSACROCE

Non mi riguarda“Vado verso qualcosa che mi terrorizza, che però riesco a gestire perché non miriguarda, è lontano da me, è la sofferenza di un altro”

Il poterePuò capitare di uccidere per altruismo, ma una voltauna volta. Altrimenti vuol direappropriarsi di un potere che non ci compete

L’ESPERTOQui accanto,MassimoIntrovigne,esperto direligioni,fondatore edirettore delCentro Studisulle NuoveReligioni, uno deimassimiesperti diesoterismo, 64 anni

PATRIZIA GUENZI

Mentre si delinea l’inquietante personalità del quarantaquattrenneaccusato di aver ucciso alcuni pazienti al “Beata Vergine” di Mendrisiola procura chiede a Losanna l’analisi delle cartelle clinichee si appresta a sottoporre l’imputato a una perizia psichiatrica

Il mondo dell’infermiere“attratto” dalla morte...tra video violenti dell’ Isise letture di esoterismo

Ingarbugliata come una matas-sa dopo che il gatto ci ha gioca-to per ore. Aggrovigliata la vi-cenda. Complessa la personali-tà del protagonista. Non per

nulla a breve sarà disposta dalla pro-cura una perizia psichiatrica per ten-tare di comprendere quanto abbia in-gombrato e soffocato la sua mentel’ossessione della morte. Forse ungusto inspiegabile per quel confinesottile che divide la vita da... Da checosa? Le risposte le ha cercate anchetra i Rosacroce, una confraternitaesoterica, o nei video delle decapita-zioni dei terroristi dell’Isis (vedi l’ar-ticolo qui sotto). L’uomo al centro diquesta vicenda è un enigma.

Le sue erano ossessioni più cheinteressi. Non potrebbero altrimentispiegarsi i fatti che otto mesi fa lohanno portato in carcere con l’accu-sa di omicidio intenzionale. Su di lui- infermiere quarantaquattrenne eper metà della sua vita fra le corsiedell’ospedale Beata Vergine di Men-drisio - l’ombra di un sospetto gravis-simo. Aver ucciso, modificando i do-saggi di farmaci, alcuni pazienti an-ziani “malati terminali”.

Alcuni. Forse quattro, forse, forsecinque, forse di più. La storia è cosìcontorta e inquietante che da mesi -da quando in marzo il Caffè ha per laprima volta raccontato i fatti - se neparla con timore più che con ritegno.E non solo perché le circostanze sinoad ora ricostruite e la personalità del-l’infermiere... viste così, come dire?,decontestualizzate da tutto e da tuttiinquietano alla sola lettura. Non solo.Ma soprattutto perché non è ancora etotalmente escluso il sospetto chel’uomo possa aver avuto, fra talunicolleghi, una sorta di complicità.Scambio di fotografie scattate ai pa-zienti (almeno in un caso, immedia-tamente dopo il decesso), di messag-gi telefonici sconcertanti. Gli sparouna dose di... riferito a qualche anzia-no.

Alcune follie sono state “condivi-se” e ora l’infermiere, sarà per nonrestare solo nella voragine del dram-ma in cui si è infilato, ricorda che frai colleghi di Medicina1, il reparto do-ve sono avvenuti i fatti al “Beata Ver-gine”, esisteva un gruppo WhatsApp.Una chat che ha confinato con l’orro-re. Mandami la foto di... L’imputato -la cui personalità è fortemente devia-ta, dice chi lo ha conosciuto nel priva-

to - era stimato professionalmente. Enon per nulla, si ricorda ora, qualchesettimana dopo il suo arresto nume-rosi colleghi gli hanno inviato in car-cere una lettera per esprimergli vici-nanza umana. Ma allora, cioè in queigiorni, della storia si conosceva poco.Anzi. Solo che era stato arrestato peril sospetto di aver maltratto alcunianziani. Soltanto tempo dopo, in gen-naio, dalle pieghe delle indaginiemerse altro... “Altro” che alcuni in-fermieri (quanti?) però già conosce-vano o quantomeno forse sospetta-vano.

Quella giovane collega fermataall’inizio delle indagini per un’interagiornata. Quel “soccorritore”, ancorastagiaire, che con i suoi sospetti fecepartire l’inchiesta... Diversi colleghisembra sapessero delle sue insanepassioni per la morte e l’aldilà, deisuoi interessi per l’esoterismo... Mada qui a immaginare che potesse ad-dirittura alterare - stando alle accusedella procura - il dosaggio di farmacicome morfina o dormicum per acce-lerare la morte di alcuni pazienti...

Fotografie e frasi scambiate viaWhatsApp costituiscono la base deisospetti della procura, che ha chiestoa Losanna l’analisi delle cartelle clini-che. Sospetti innanzitutto su di lui,ma anche sul ruolo avuto - probabil-mente a loro parziale insaputa - daaltri infermieri. Ecco perché la procu-ra ha chiesto a Losanna l’analisi dellecartelle cliniche. Il 19 luglio scade, edè la terza volta, il termine della car-cerazione preventiva. In questi giornisi stanno concludendo gli ultimi in-terrogatori. Decine e decine di perso-ne che hanno lavorato con lui. Ma an-che familiari di pazienti ricoverati emorti nel reparto di Medicina1. Fami-liari che hanno avuto a che fare conl’infermiere sotto inchiesta. Familiariche, saputo di questa vicenda, hannomaturato dubbi e sospetti.

Giorni fa l’infermiere è stato mes-so a confronto con lo stagiaire che loscorso autunno l’ha segnalato alla di-rezione dell’ospedale. Non solo per ilsospetto di maltrattamenti ma ancheper il sospetto (o la certezza) chel’imputato alterasse il dosaggio di al-cuni farmaci. A giorni l’imputato ver-rà ancora interrogato, non sarà sem-plice stabilire un nesso di causalitàtra il dosaggio alterato dei farmaci ela morte di pazienti in fase terminale.Una matassa ingarbugliata. r.c.

Sul suo cellulare alcune immaginidi pazienti anziani fotografati a lettoo seduti mezzi svestiti. Il video di unapaziente, non anziana, visibilmentealterata. Immagini scattate dall’im-putato. Forse non tutte, così lui si di-fende. Alcune le avrebbe ricevute daicolleghi infermieri. Ma certamentesuoi invece, perché scaricati da lui,sono quei video (forse uno, forse più)presi da Internet e ritrovati sul suocomputer. Esecuzioni sommarie, de-capitazioni. Filmati, non proprio facil-mente reperibili on line, dei terroristidell’Isis.

La sua era una insana curiosità,una passione, forse un culto per laviolenza che porta alla morte. Ma an-che per quella zona grigia che separala vita dalla morte e per quel misterosu ciò che accade dopo l’ultimo re-spiro.

Fra il materiale sequestrato all’in-fermiere, anche alcuni opuscoli, libriediti dai Rosacroce. Una confraterni-ta esoterica (vedi articolo a destra).Un tempo segreta. Un tempo, ma for-se anche oggi, confinante con la mas-

soneria. Ha un suo Ordine, delle Log-ge. Un Gran Maestro. A Teramo quel-lo per l’Italia e la Svizzera italiana.

L’infermiere era un rosacroce.Era, perché da un anno non ha piùpagato alcuna quota associativa. Oquanto meno non ha più acquistatole loro pubblicazioni.

Dai Rosacroce alla cieca violenzadell’Isis. Dal misticismo all’esoteri-smo. Dal terrore alla vendetta san-guinaria. Estremismi. È in questo“brodo” che ha dissetato la sua curio-sità l’infermiere oggi accusato diomicidio intenzionale. Lo stimatoprofessionista del “Beata Vergine” diMendrisio che avrebbe favorito e ac-celerato la morte di alcuni anzianipazienti. Per altro dopo averli foto-grafati. Almeno uno immediatamen-te dopo la morte.

Nascono forse da queste curiosi-tà, da questi interessi, da queste pas-sioni quelle frasi scambiate con i col-leghi. E quelle fotografie scattate aipazienti. Ma da qui ad accelerare lamorte di quegli ammalati in fase ter-minale...

Fra il materiale sequestrato alcune pubblicazioni di una confr aternita e filmati di decapitazioniLE SUE LETTURE

Un insanointeresseper la violenzae i misteridella vita

La storia

4L’INCHIESTAL’inchiesta prosegue. È complicata. Tante lecartelle sequestrate dalla procura, alcunerisalgono a 4 anni fa. Cartelle che oraverranno analizzate anche da Losanna

3LE ALTRE ACCUSENel giro di qualche settimana si affiancal’accusa ddi omicidio intenzionale. Avrebbemodificato il dosaggio di taluni farmaci eucciso alcuni pazienti anziani “terminali”

2LE ACCUSE DI MALTRATTAMENTOInizialmente a portare l’infermiere dietro le sbarre sono le accuse di maltrattamento.Uno stagiaire avrebbe segnalato alcuni suoicomportamenti non conformi

1L’ARRESTO Lo scorso 5 dicembre un infermiere 44ennedell’ospedale Beata Vergine viene arrestato.Lavorava da oltre vent’anni nella struttura,per tutti era un valido professionista

I VIDEO DI ISISE I ROSACROCEA sinistra, una delletante scene didecapitazionefilmate dall’Isis;a destra, il simbolodei Rosacroce,confranternitaesoterica

L’ACCUSAE LA DIFESAIn alto, il procuratorepubblico NicolaRespini, 58 anni;l’avvocatodifensore MicaelaAntonini Luvini,63 anni

Da sinistra,Philip Jaffé,psicocriminologo, 60 anni;MarcoCannavicci, psichiatra e criminologo,62 anni; Nicola Ferroni,psichiatra, 65 anni; GuidoBondolfi,psichiatra, 61 anni

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IL CAFFÈ 9 giugno 2019 1110 FATTI&IDEE

I fatti.

tura ma gli investigatori stannocercando di capire come e con chil’infermiere abbia scambiatoquelle fotografie. E se le abbiascattate tutte lui. Una volta indi-viduati nelle immagini alcuni pa-zienti gli inquirenti hanno convo-cato i familiari. Hanno mostratoloro le fotografie che interessava-no i loro cari. In un caso si tratta-va di un paziente morto e foto-grafato immediatamente dopo ildecesso. In un caso o due, invece,di istantanee scattate al monitordi un computer dell’ospedale do-

ve, all’interno del sistema di ar-chiviazione, c’erano le immaginidi un utero fuoriuscito e di un oc-chio affetto da un tumore.

Frasi e immagini per ora re-cuperate e ricostruite dagli inve-stigatori che lasciano poco spazioalle interpretazioni. L’infermiereha certamente una personalitàfortemente deviata e sarà prestosottoposto ad una perizia psichia-trica. Ma ciò che ha permesso diaprire un secondo capitolo del-l’inchiesta, il ritrovamento dellefotografie, svela uno scenario in-

quietante. Una chat di gruppo deidipendenti di quel reparto che,qualunque possano essere le mo-tivazioni, ha “registrato” frasi ecomportamenti inopportuni. E loscambio di considerazioni e im-magini non sarebbe avvenuto so-lo all’interno della chat ma anchedirettamente fra l’infermiere ealmeno una o due colleghe. Unadi queste all’inizio dell’inchiestaè stata interrogata per un’interagiornata. L’infermiere rimarrà incarcere sino a luglio.

r.c.

Indagini su chi ha condivisole fotografie dell’ex infermieresu WhatsApp “Medicina1”

Eora si indaga anche suun altro fronte. La ma-gistratura vuole capirecon chi l’infermiere hacondiviso on line alcu-

ne fotografie scattate ad almenouna dozzina di pazienti ricoveratinel reparto di Medicina1. L’infer-miere, 44 anni, è protagonista diuna vicenda che dallo scorso di-cembre, quando è finito in carce-re, ha messo in fibrillazione sial’ospedale Beata Vergine di Men-drisio, dove ha lavorato per 22anni, sia la magistratura. Stabili-re un nesso di causalità tra l’alte-razione di alcuni dosaggi per con-tenere il dolore dei malati termi-nali e la loro morte, non è cosa fa-cile. L’infermiere è stato infattiarrestato con l’accusa di omicidiointenzionale. Sono tre, forse cin-que, forse di più i casi sospetti.Ma a questa pesantissima accusa

con il trascorrere delle settimanee dei mesi se ne sono aggiunte al-tre, nate da alcune perquisizioniin casa dell’infermiere e soprat-tutto dalle analisi del suo smar-tphone.

Il 44enne - difeso dall’avvo-cato Micaela Antonini Luvini - hascattato alcune fotografie a pa-zienti ricoverati nel reparto dovelavorava. Immagini “improprie”,per non dire inquietanti. Fotogra-fie che però in alcuni casi sonostate condivise con alcuni colle-ghi. E accompagnate da frasi pe-santissime.

Esisteva con l’applicazioneWhatsApp una chat chiamataMedicina1. Vi erano inseriti unaventina di dipendenti, così luistesso e alcuni ricordano. Si par-lava di tutto. Quindi anche, senon soprattutto, del lavoro nel re-parto. Ci si scambiavano opinioni

su alcuni pazienti. Ma talvoltacon espressioni sopra le righe.Pesantissime. In alcune frasi gliindizi che contribuiscono a porta-re all’accusa di omicidio intenzio-nale ma anche a quelle di “messain pericolo della vita altrui”, “vio-lazione della sfera privata” e“turbamento della pace dei mor-ti”.

Nei giorni scorsi l’Ente ospe-daliero ha comunicato che non viè altro personale sotto inchiesta.Ufficialmente non è finito nessunaltro tra le maglie della magistra-

La chatErano una ventina i colleghi del 44enne,oggi sottoinchiesta, inseritinella chat di gruppo

IL DOSAGGIO“MANIPOLATO”L’infermiere sotto inchiestaè accusato di omicidiointenzionale. Il sospettoè che abbia “manipolato” il dosaggio di alcuni farmaci

Accertamenti on line e sul cellulare dell’ex dipendente del “Beata Vergine”dopo la scoperta delle immagini di alcuni pazienti scambiate con i colleghi

I fatti

LA DENUNCIALo scorsoottobre unsoccoritorestagista segnalaalla direzionedell’ospedaleBeata Verginedi Mendrisiomaltrattamentinei confrontidi alcuni pazientiterminali.Al centroc’è un infermieredi 44 anni

I SOSPETTILe segnalazionivanno oltrei maltrattamenti.L’infermiereavrebbe anchealteratoil dosaggiodi alcuni farmaciprescrittiad anziani malatiterminali

LE ACCUSEL’infermiere vienearrestato lo scorsodicembre. Nonsolo con l’accusadi maltrattamentima anchedi omicidiointenzionale.Avrebbe fattomorire tre, forsecinque malati

LE IMMAGININelle ultimesettimane sonoemersi altricapitolidell’inchiesta.L’infermierefotografavai malati e avrebbecondivisole immaginicon i colleghi

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FATTI&IDEEIL CAFFÈ 2 giugno 2019 9

Lo scandalo.L’OSPEDALEBEATA VERGINEL’infermiere da anni eraimpiegato all’ospedale BeataVergine di Mendrisio; nella fotosotto, una “Tavola Ouija”. Ne è stata sequestrata una a casa del 44enne

Si allarga e si attorciglia la vicenda dell’exdipendente dell’ospedaledi Mendrisio accusato di omicidio intenzionale

Foto e video di pazienti condivisi in una chatInquietanti scoperte nell’inchiesta sul 44enne accusato d’aver favorito la morte di alcuni pazienti,per qualche scatto l’imputato si giustifica parlando di pratiche medianiche con la “Tavola Ouija”

Fotografie e videocondivisi fra colleghicon una “chat”. Leinquietanti maniedell’ex infermiere di

44 anni - impiegato all’ospe-dale Beata Vergine di Mendri-sio dalla seconda metà deglianni Novanta – erano “condi-vise” sui cellulari da un certonumero di colleghi. E fors’an-che ex colleghi.

L’infermiere, in carceredallo scorso dicembre, è accu-sato di omicidio intenzionale.Avrebbe indotto, accelerato lamorte di alcuni anziani pa-zienti (forse tre, forse di più)in fase terminale alterandodosaggi di farmaci come lamorfina. Questa è la pesanteaccusa, la principale, alla qua-le però se ne affiancano altre,certamente meno gravi alconfronto del sospetto di omi-cidio, intenzionale o colposo,ma ugualmente preoccupanti,allarmanti, angoscianti.

Un rosario di reati: messain pericolo della vita altrui,violazione della sfera privata,turbamento della pace deimorti, pornografia con scenedi cruda violenza, coazione.L’infermiere era stato infattisegnalato alla direzione del-l’ospedale lo scorso ottobre daun soccorritore stagista peralcuni modi bruschi nel tratta-re alcuni pazienti. Ma ancheper il sospetto che avesse alte-rato il dosaggio di alcune infu-sioni. Da qui la difficile inchie-sta che ha sinora visto passaredavanti al procuratore e allapolizia decine e decine di te-stimoni. Tra gli ultimi, i fami-liari di alcuni pazienti mortinel reparto di Medicina 1 (inquesti ultimi anni), dove lavo-rava l’imputato. Ma anche pa-renti di ammalati ritratti in al-cune fotografie che la polizia,nonostante fossero già statecancellate, ha ritrovato nelcellulare del 44enne.

Ufficialmente si tratta diuna quindicina di immagini.Immagini in parte condivisenella “chat”. È questo quanto-meno quel che emerge dai ri-cordi di alcuni dei protagonistidi questa orribile vicenda.Non ci sarebbero, a quanto pa-re, fotografie di parti intimedei pazienti. Se ne era parlatonei giorni scorsi dopo una rile-vazione di “Ticino on line”.

Gli investigatori hanno pe-rò recuperato un’immaginescattata sì dall’infermiere manon direttamente ad una pa-ziente. Si tratta della fotogra-fia dello schermo di un com-puter interno all’ospedale. Ilsistema di archiviazione, Ge-co, raccoglie cartelle clinichema anche immagini conserva-te per ragioni medico-scienti-fiche. In questo caso l’imma-gine fotografata dall’infermie-re (ma che sia stato lui o uncollega non è del tutto certo) èquella di un utero fuoriuscito.

Le altre immagini ritrova-te nella memoria del cellularesono sicuramente inopportu-ne e, come detto, inquietanti,ma non si tratta di parti inti-me di pazienti.

È stata recuperata anchela fotografia di un pazientescattata subito dopo il deces-so. Perché questo “interes-se”? Sarebbe, così lui stessoha confessato e raccontatoall’interno del carcere dove èrinchiuso, sarebbe stata unasorta di passione per l’esoteri-smo a spingerlo a scattare al-cune immagini.

La polizia ha sequestrato

già all’inizio dell’inchiesta una“Tavola Ouija”. Si tratta di unostrumento usato per le comu-nicazioni medianiche. Insom-ma, per mettersi in contattocon i defunti.

La tavola, un semplice car-tone con indicato l’alfabeto edei numeri da zero a nove, sa-rebbe la ragione, stando allegiustificazioni dell’imputato,per la quale sono state scattate

alcune fotografie. Ma fra quel-le ufficialmente agli atti è solouna che ritrae una personamorta. La cosa che però preoc-cupa è la “condivisione” delleimmagini scattate nel repartodi Medicina 1. Una condivisio-ne attraverso un gruppoWhatsApp. Da qui le voci dipossibili complici fra i colleghicircolate all’inizio dell’inchie-sta. r.c.

Il filmatodi una donnaricoverataper motivipsichiatrici

C’è almeno un videofra i file recuperatidalla polizia nel cellu-

lare dell’ex infermiere onelle banche dati online. Unvideo che ritrae una pazien-te, una paziente psichiatri-ca, forse di una sessantinadi anni, mentre parla a ruo-ta libera. Frasi sconnesse,affermazioni irrazionali,senza senso… Un video gi-rato quasi per divertimentodall’infermiere oggi in car-cere (o da qualche collega)ma poi condiviso con altri.Condiviso con altri come al-cune immagini di pazientiallettati. In alcuni casi foto-grafie inviate pure ad alcuniconoscenti italiani.

È anche da questi episo-di, da queste vicende chenascono reati come viola-zione della sfera privata eturbamento della pace deimorti. Il reato più grave na-turalmente è quello di omi-cidio intenzionale o colposo.Le morti sospette al vagliodegli inquirenti sono forsepoco meno o poco più dicinque. Ma sarà estrema-mente difficile accertare, aldi là di ogni ragionevoledubbio, il nesso di causalitàfra l’alterazione del dosag-gio di farmaci, come la mor-fina, e la morte di alcuni pa-zienti.

Resta quindi il “contor-no” di accuse, certamentemeno gravi ma ugualmentepesanti, che vanno dallamessa in pericolo della vitaaltrui al turbamento dellapace dei morti passandodalla violazione della sferaprivata. E alcuni di questireati potrebbero esser staticommessi con la complicità,diretta o indiretta, di alcunicolleghi. Come appunto lacondivisione del video dellapaziente ricoverata per ra-gioni psichiatriche.

La scoperta

Ti-P

ress

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FATTI&IDEEIL CAFFÈ 19 maggio 2019 7

Il caso/1.

Le indagini/1

“Ma io non ho ucciso nessun paziente”Lo sfogo fatto giungere al Caffè dell’infermiere di Mendrisio accusato di omicidio intenzionaleL’imputato, nel corso della complicata inchiesta, a sorpresa ha ritrattato alcune dichiarazioni

“HO PERSO TUTTO”

GLI INTERROGATORI

r.c.

Segnalazioni in procura...e si valuta un nuovo caso

Le indagini/2

Tra gli indizi finora emersiil messaggio ad un medico

GLI PSICOFARMACI

LA DIFESAMicaela Antonini Luvini,avvocato, 63 anni, di Lugano. Ha assunto da subito la difesadell’infermiere, inizialmenteaccusato di maltrattamenti.Nemmeno tre mesi dopole accuse sono state estese. Dai maltrattamenti si è passatiall’ipotesi di omicidiointenzionale.

L’ACCUSANicola Respini, sostitutoprocuratore generale, 58 anni. Ha in manol’inchiesta sull’infermieredi Mendrisio dalmomento dell’arresto,lo scorso dicembre, peri presunti maltrattamentiad alcuni anziani

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FATTI&IDEEIL CAFFÈ 24 marzo 2019 13

I fatti.

La polemica

Assente una volta su duee incassa 49 mila franchi

a.s.

IL PRESIDENTEA destra, il presidentedell’Ordine dei mediciFranco Denti, 61 anni;a sinistra il suo furgoneelettorale con il logo delCardiocentro appena sottola scritta “un uomo libero”

Ti-Press

Orrore in corsia

r.c.

L’OSPEDALE DI MENDRISIOI fatti di cui è accusato l’infermieredi 44 anni si sono consumati fra le corsie del Beata Vergine di Mendrisio

Il caso Argo1

La procurachiude l’inchiestasu Sansonetti,cadono i reatipiù gravi

r.c.

Per l’infermiere, accusato di omicidio intenzionale, le indagini ora vanno sino al 2008

Millilitri di morfina e si trasforma in killer

Ti-Pre

ss

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FATTI&IDEEIL CAFFÈ 10 marzo 2019 7

Il caso.

Al termine la fasedei primiinterrogatoridell’inchiesta sulcaso di cronacapiù inquietantedegli ultimidecenni. Si vannodelineando i contorni della vicenda

Lo sportelloal Beata VergineAll’ospedale Beata Verginec’è da qualche tempo lo “sportellodell’ascolto”. Si tratta di uno spazioin cui i dipendenti possono trovarequalcuno con cui condividereperplessità, timori e problemiprofessionali. Lo stesso sportellooggi è un punto di riferimentoper alcuni ex colleghi del 44enneinfermiere in carcere da dicembre.Scossi da quanto l’inchiestasta facendo emergere.

Una cartella clinica manomessa

p.g.

Si scava nel passato e fra i tratti caratteriali del 44enne in carcere da dicembre

L’inchiesta sull’infermiere di Mendrisio accusato dell’omicidio di cinque anzianiè partita dalle prescrizioni mediche alterate per uno dei tre pazienti forse maltrattati

“Una personalità sessualeparticolarmente marcatama un bravo professionista”

I FAMILIARISono già stati chiamati dallaprocura alcuni dei familiaridelle presunte vittime. Difficilee doloroso per loro ricordaree ripercorrere gli ultimi giornidi vita del proprio caro

LE CARTELLE SEQUESTRATESono decine le cartellesequestrate e ora nelle mani del procuratore Respini chele sta leggendo attentamente.Gli interrogatori “interni”dovrebbero essere terminati

L’INCHIESTA SI ALLARGANel giro di qualche settimanal’inchiesta si allarga.Il procuratore ipotizza il reatodi omicidio intenzionalenei confronti dell’infermieredel reparto di Medicina1

IL PROCEDIMENTO Lo scorso dicembre si apreun procedimento penalee l’infermiere viene arrestato;l’accusa: tentate lesioni gravi,lesioni semplici, coazione e vie di fatto

LE TAPPE DELLA VICENDA

DALLA CORSIA AL CARCEREL’ospedale Beata Verginedi Mendrisio dovelavorava l’infermierearrestato a dicembre

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FATTI&IDEEIL CAFFÈ 3 marzo 2019 9

Il caso/2.Sono oltre 60 le persone sentite dalla procura nell’inchiestasu un ex dipendente dell’ospedale Beata Vergine di Mendrisio.Potrebbero essere convocati anche i parenti delle “vittime”

Si aggrava la posizionedell’infermiere,cinque le morti sospette

Il dosaggioL’uomo avrebbe alterato il dosaggio della morfina e del Dormicum nelle flebo di alcunipazienti malati terminali

La personalitàImpeccabile fra le corsie,l’indagato mostrava unapersonalità fortemente deviata in alcuni ambiti della vita privata r.c.

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IL CAFFÈ 24 febbraio 2019 54 FATTI&IDEE

Grandangolo/1.

“Un senso di onnipotenzache spinge a sostituirsi al malato e ai familiari”

Le opinioni e le analisi di Guido Bondolfi e di Nicola FerroniLA PSICHIATRIA

NEL MONDODagli Usa all’Italia alla Norvegia, i fatti più eclatanti di decessi provocati da sanitari

Ecco le “armi” utilizzate in corsiadai più feroci “angeli della morte”

p.g.

p.g.

Più medicinali del previstoe dosi maggiori di morfinapossono favorire il decesso

p.g.

Aumentare la quantità di determinate sostanze potrebbe accorciare l’agonia di una persona in fase terminaleI FARMACI

Il procuratoredell’inchiestaNicola Respini, 58 anni,laureato in diritto a Friborgo,nel 1991 ha ottenuto il brevettodi avvocato. è lui il magistratoche sta indagando sul casodell’infermiere.Per una decina di anni è statovicecancelliere all’allora Cameradei ricorsi penali del Tribunaled’appello. Dal 2001 èprocuratore pubblico, dal 2011procuratore capo (alla testadella squadra di inquirentidediti alle inchieste sui reaticontro l’integrità delle personee il patrimonio) e dallo scorsoluglio è anche sostituto delprocuratore generale.

PATRIZIA GUENZI

Le cartelle cliniche richieste all’ospedale Beata Vergine risalgono anche a otto anni fa. E così i timori e le paure si moltiplicano per una vicendache potrebbe diventare da letteratura “noir”

Le indagini partonoda casi del 2011per l’infermiereaccusato di omicidioSi allarga e si complica l’inchiesta penalesul sospetto di “morti indotte” a Mendrisio,i fatti dubbi potrebbero essere piu di tre

NIELS HÖGELInfermiere germanico accusatodi aver ucciso almeno 100 pazienti

FAUSTA BONINOLavorara in rianimazione e causòla morte di 14 pazienti

DANIELA POGGIALIFamoso il selfie con un’anziana da leiappena uccisa all’ospedale di Lugo

ARNFINN NESSETMedico norvegese, assassino seriale.Un derivato del curaro su 138 pazienti

LE KILLER DI LAINZLe infermiere viennesi che uccisero 41pazienti con dosi massicce di insulina

L

Perchée quandosi prescrivela terapiadel dolore

LA MEDICINAIN CORSIA

CRISTINA GAVIRAGHImedico e giornalista scientifico

Ti-Press

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IL CAFFÈ 17 febbraio 2019 54 FATTI&IDEE

Grandangolo.L’Ente ospedaliero cantonale interviene dopo la dura reazione del Cardiocentro ad un messaggio telefonico inviato al co-primario della struttura

“L’ sms di Sanvido a Pedrazzininon mina la nostra fiducia in lui”

p.g.

LA POLEMICAUna segnalazione in corsia. Un arresto. Poi una confessione inaspettata. E al “Beata Vergine”crescono i timori e le paure per un’indagineiniziata quasi per caso. E che ora potrebbe svelare preoccupanti retroscena

Si allarga l’inchiesta sul dipendente dell’ospedale di Mendrisiogià indagato per maltrattamenti

Inquietanti sospettisu un infermiere,avrebbe “favorito”la morte di tre pazienti

La festa annullataData la gravità dei fatti il nosocomio ha annullato i festeggiamenti per la partenza del direttore

Quasi sempre si tratta di malati anzianiI precedenti Spesso tutto inizia grazie a denunce anonime che fanno partire gli accertamenti

r.c.

PATRIZIA GUENZI

I fatti

Ti-Pre

ss

1IL MESSAGGIOIl presidente dell’Eoc Sanvido il 16gennaio invia un sms al coprimariodel Cardiocentro. Un messaggioamichevole e di apertura per unapossibile assunzione futura

2LA SEGNALAZIONEIl coprimario del Cardiocentroinforma la direzione delCardiocentro dell’invito ricevuto. Ivertici del Cardio segnalano il fattoal governo e alla magistratura

3LA FIDUCIAIl consiglio di amministrazionedell’Ente ospedaliero esprime dallepagine del Caffè la propriasolidarietà e fiducia al presidenteSanvido. Si è trattato, dice, di un gesto di amicizia

I fatti

1

3LA CONFESSIONEIn carcere, sotto la pressione degliinterrogatori l’infermiere avrebbeconfessato di aver “favorito” la morte di alcuni pazienti

IL PRESIDENTEE IL PRIMARIOPaolo Sanvido,52 anni,presidentedell’Enteospedalierocantonale; adestra, il co-primario delCardiocentro,GiovanniPedrazzini, 59;qui a destra,l’sms inviatoda Sanvido a Pedrazzini lo scorso 16 gennaio

L’OSPEDALEDI MENDRISIOI fattiinquietantiemersidall’indaginedelprocuratoreNicola Respinisono avvenutitra il 2013 e loscorso annonel reparto diMedicina1dell’ospedaleBeata Verginedi Mendrisio(foto qui sopraa destra)

La solidarietà“Si è trattato di unacomunicazione privata,di solidarietà e consolatoria neiconfronti di un amico”

Il dosaggioDalle poche informazioni chetrapelano dall’inchiesta penale,parrebbe che l’infermiere abbiacambiato il dosaggio delle medicinecontenute nelle flebo di tre pazientiterminali. È in questo modo che il dipendente dell’ospedale di Mendrisio avrebbe “favorito” la morte di alcuni malati.

I vertici dell’Eoc fanno quadrato attorno al loro presidenteche al Caffè dice: “Conosco le leggi e non volevo aggirarle”

L’INDAGINE INTERNADopo un’indagine interna al BeataVergine di Mendrisio, lo scorsodicembre l’Ente avvisa il medicocantonale e la magistratura

“Ciao Giovanni,per me il primarioe direttore Cct sei tu.

Quando vuoi e alle tue

condizioni ti offriamo

il primariato Cardiologia

Eoc e altro.Ti basta chiedere uomini

e mezzi di cui necessiti.

Con stima immutata.

Paolo”.

2IL PROCEDIMENTOSi apre un procedimento penale el’infermiere viene arrestato; l’accusa:tentate lesioni gravi, lesionisemplici, coazione e vie di fatto

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FATTI&IDEEIL CAFFÈ 9 dicembre 2018 7

Il caso.

Segnalato dal collegaper i maltrattamentil’infermiere modelloda vent’anni in corsia

“Ma quelle molestie sessualinon vanno archiviate così”

a.s.

Al vaglio una Commissione d’inchiesta sulla vicenda del Civico

Le accuseL’operatore sanitarioaccusato di lesioni gravi,lesioni semplici,coazione e vie di fatto,lui nega con fermezza

Sarebbero almeno tre le presunte vittime del dipendente dell’Ente ospedaliero

PATRIZIA GUENZI I controlliCome proteggere i pazienti

Ispezionie casellariogiudizialeper arginarei soprusi

an.b.

L’OSPEDALE DI MENDRISIOL’ospedale Beata Vergine di Mendrisio, dove lavorava l’infermierearrestato venerdì scorso con l’accusa di tentate lesioni gravi

L’OSPEDALE DI LUGANOIl Civico di Lugano, dove nel2015 sei dipendenti avevanosegnalato le molestie sessuali di cui erano vittime da tempo

LA PROPOSTA

Il coraggioSei dipendenti avevanotrovato il coraggio disegnalare le attenzioniindesiderate di cuierano vittime da tempo

Ti-PressI fatti

1IL PROCEDIMENTOVenerdì scorso il Ministero pubblicoe la Polizia cantonale comunicanol'apertura di un procedimentopenale a carico di un infermiere chelavorava all’ospedale di Mendrisio

2L’ARRESTOL’infermiere viene arrestato conl’accusa di tentate lesioni gravi,lesioni semplici, coazione e vie di fatto, che l’interessato nega con fermezza

3IL COLLEGALa segnalazione per presuntimaltrattamenti era partita da uncollega dell’infermiere.Quest'ultimo viene subito sospesodalla direzione dell'ospedale

4L’INDAGINE INTERNARicevuta la segnalazione, al BeataVergine parte un’indagine interna.Emergono subito elementiimportanti che confermerebbero lasegnalazione. L’Ente avvisa quindi ilmedico cantonale e la magistratura Ti

-Pre

ss