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MALTEMPO Salvatore Scarpino SVIZZERA CALCIO SPAZIO La POLEMICA SERVIZIO A PAGINA 16 SERVIZIO A PAGINA 17 Febbre giustizialista Marcello Veneziani Stefano Zecchi ACQUARONE A PAGINA 18 SERVIZI NELLO SPORT SEGUE A PAGINA 8 Madre uccide un figlio si salvano gli altri tre Dal Nord al Sud allarme nubifragi Milan e Juventus spaventano tutti Robot per Marte provato sull’Etna Bagdad fa rialzare il termome- tro del confronto con la comuni- tà internazionale, anticipando che boicotterà qualsiasi risolu- zione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, tesa a imporre nuove condizioni di disarmo all'Irak come vorrebbero Washington e Londra. Resta valido invece l’ac- cordo concordato con Kofi An- nan. Intanto Bush ha ricevuto dal Pentagono piani molto det- tagliati per un attacco militare. Il prospetto elenca in modo det- tagliato il numero di soldati, ae- rei, navi necessari per rovescia- re il regime di Saddam. Situazio- ne esplosiva in Medio Oriente dove l’esercito israeliano ha bombardato e semidistrutto il quartier generale di Arafat. In- torno all’edificio è stato scavato un fossato. Il leader palestinese ha detto che non capitolerà. Saddam sfida Bush: no all’ultimatum dell’Onu Bagdad non obbedirà a nuove risoluzioni, gli Usa pronti alla guerra. Arafat assediato nel quartiere generale diroccato K ira che piange e recita il Re- quiem aeternam sotto il casta- gno dove i fascisti le trucidarono il padre e il fratello. Kira che sparò e uccise a sua volta per vendetta. Kira che adesso va a pregare anche sulla fossa co- mune dove furono gettati 53 soldati tede- schi in ritirata assassi- nati a tradimento. Ki- ra che prendeva ordi- ni da Vero, il sanguinario capo parti- giano Giuseppe Marozin, coman- dante della divisione Pasubio. Kira che udì le urla dei «traditori» ai quali Marozin, prima di finirli, strappava i denti con la tenaglia, ma non mosse un dito. Kira che catturò Benito Mussolini. Kira che sussurrò a Cla- retta Petacci, per consolarla: «A te non ti giustiziamo, non hai colpe». Kira che respinse la corte di Sandro Pertini perché non dimostrava abba- stanza ardore. Era il 1944. Nei cinema si proietta- va Addio, Kira con Alida Valli e Ros- sano Brazzi, un cupo melodramma d’amore adattato per lo schermo da Corrado Alvaro e Orio Vergani. Il co- mandante Vero proclamò: «Kira, io ti battezzo partigiana», proprio (...) STEFANO ZURLO A PAGINA 11 Che errore mettere in croce il crocefisso nelle scuole Ho una soluzione: dietro la cattedra anche il Corano e la stella di Davide MARIA VITTORIA GIANNOTTI D ue barboni uccisi all’alba di martedì mattina, in due giardini pubblici di Prato. Colpiti alla testa con una spranga, forse. Forse, con una mazza da baseball. Due delitti che hanno sconvolto la tranquilla città toscana e il mondo sommerso e disperato dei senza casa. Due delitti che, finora, gli inquirenti non sono riusciti a spiegare. Mol- te le ipotesi al vaglio della Procura: un crudele regolamen- to di conti, il raid punitivo di un gruppo di balordi «giusti- zieri», una vendetta. Si dispone, e si attende, l’esito degli esami del Dna su una sbarra di metallo. Adesso, però, spunta un testimone. Una persona che non intende rivela- re la propria identità e che si è trovata a passare da quella strada, quella mattina, al volante della sua auto. «Davanti ai giardini di via Curtatone - racconta - ho visto un grosso furgone bianco parcheggiato sul marciapiede. Accanto al furgone, c’erano tre uomini. Uno di loro, di corporatura robusta e la carnagione scura, si guardava in giro come se controllasse la strada. Un altro aveva un bastone in ma- no». Sul momento, non ha dato troppa importanza a que- gli strani individui. Poi, però, quella scena ha assunto tut- t’altro significato. E tutt’altra importanza. Adesso la sua testimonianza è diventata la pista principale seguita dagli investigatori per riuscire a identificare i killer. Il governo risponde al presidente degli industriali D’Amato. Tremon- ti ha sottolineato che la manovra è nell’interesse del Paese, aggiun- gendo che sarà efficace per occupazione e produzione. Confindu- stria chiede però un tavolo con il governo. Intanto le prove di dialo- go tra il premier e D’Alema spiazzano la sinistra. TIPI ITALIANI N on mettete in croce la Moratti per la cir- colare sul crocefisso nelle scuole. Non cercate in- tegralismi catto-aziendali dietro una disposizione det- tata dal comune buon senso. Contrariamente a quel che scriveva Giordano Bruno Guerri, esporre il crocefisso non vuol dire essere contro nessuno, far barriera (...) C on l’aria che tira, e i giroton- di che girano, non sarebbe né carino né igienico mette- re in dubbio il rigore, l’imparziali- tà e l’assoluta dedizione alla (...) Falso in bilancio: il pm Colombo si aggrappa alla Consulta T ra poco, alla ripresa delle lezioni, entrerò in aula e dirò: «Cari ra- gazzi, io li metto tutti e tre». Sulla parete, dietro alla catte- dra, ci devono stare il croce- fisso, la stella di Davide e il frontespizio del Corano. So- no i simboli del monoteismo che ha costruito la nostra cul- tura. Gesù era ebreo e Dante Alighieri non sarebbe mai po- tuto diventare Dante (...) «Ho visto in faccia i killer dei due barboni» CGIL L’addio di Cofferati è un arrivederci: «Sempre disponibile» Il Cinese saluta i fedelissimi: «Se mi si chiederà di ricoprire nuovi ruoli, io sono pronto». Il debutto di Epifani alla Festa dell’Unità tra l’imbarazzo dei Ds LAURA CESARETTI E LUCA TELESE A PAGINA 8 «Chiedo un sacrificio alla grande industria» Il premier risponde a D’Amato: manovra efficace. Gli imprenditori chiedono un tavolo di confronto Appello di Berlusconi all’opposizione. D’Alema: dobbiamo essere più responsabili BOZZO, CONTI, DE FEO E SCAFI ALLE PAGINE 6-7 Kira, la partigiana che catturò Mussolini Stefano Lorenzetto A rmiamoci e partite? Non era un idillio, si diceva, quello fra go- verno e imprenditori industria- li, e non sarà una rottura. Ma, dopo lo «strappo» della Confin- dustria sul decreto fiscale dell’altro giorno, le polemiche di ieri si sono fatte più dure. Quasi al limite dell’in- transigenza. E questo, in termini ge- nerali, fa pensare che Berlusconi ab- bia avuto le sue belle ragioni per sot- tolineare un punto fondamentale in questo momento. E cioè che, in una situazione economica e finanziaria non certo di emergenza (se non nel senso italiano o all’italiana del termi- ne), ma sicuramente complessa, an- zi difficile al di là degli eufemismi, l’interesse generale dovrebbe co- munque prevalere. E che, quando c’è motivo, sia pur contingente, di preoccupazione per l’andamento dell’economia, per l’equilibrio dei conti pubblici, per qualche sia pur modesta tensione in- flazionistica (relativa o differenzia- le), la barra del timone va tenuta fer- ma. Proprio perché, in un certo sen- so, revisioni negative e urgenti delle previsioni, forse anche affannose (ma comuni, per quanto sfortunate o intese a generare fiducia nella ri- presa, dal G7 alle principali econo- mie d’Europa in difficoltà), impon- gono a breve di navigare a vista. Sul fronte della spesa pubblica si esorta, da ogni parte, a tagliare le uscite. Evi- dentemente con criterio, dove si può e si deve, salvaguardando i set- tori strategici del rilancio, soprattut- to dal lato dell’offerta: a cominciare dagli investimenti nelle grandi ope- re, ma riducendo con rigore sprechi e inefficienze che, per definizione, si annidano dovunque in un sistema ancora rigido e per tanti aspetti arre- trato come il nostro. Per quanto ri- guarda le entrate, il settore che per molte ragioni, tutte derivanti dal passato anche recente, ha dato que- st’estate le maggiori delusioni, al programma del governo per un’inci- siva e più equa riforma fiscale si sommano gli impegni del Patto per l’Italia. Che però non è limitato a questo, ma abbraccia l’occupazio- ne, il Sud, la flessibilità del lavoro. Ma sull’uno e sull’altro lato le inti- mazioni, rispettivamente, a tagliare con severità e a presidiare con fer- mezza il gettito si fermano di (...) La cura del rigore Mario Talamona SEGUE A PAGINA 7 Maria Stoppele SERVIZI ALLE PAGINE 2-3-5 SEGUE A PAGINA 10 CASO SME SEGUE A PAGINA 11 IL TEMPO IL TEMPO O G G I D O M A N I SEGUE A PAGINA 6 —— SERVIZIO A PAGINA 18 ANNO XXIX - NUMERO 224 UNA COPIA 1 duro* DOMENICA 22 SETTEMBRE 2002 ******* QUOTIDIANO DEL MATTINO IN VENDITA FACOLTATIVA: IL GIORNALE + CD «MARIA CALLAS» t 9,90 (1,00 + 8,90) - PER PIEMONTE, VAL D’AOSTA, LIGURIA E LOMBARDIA: IL GIORNALE + IL DUEMILA t 1,50 (1,00 + 0,50) - IN VENDITA OBBLIGATORIA PER: PROVINCIA DI AVELLINO: IL GIORNALE + PIAZZALIBERTÀ t 1,00 - PROVINCE DI MATERA E POTENZA: IL GIORNALE + LA NUOVA BASILICATA t 1,00 - IN VENDITA OBBLIGATORIA PROMOZIONALE PER: PROVINCIA DI FROSINONE: CIOCIARIA OGGI + IL GIORNALE t 0,90 - PROVINCIA DI LATINA: LATINA OGGI + IL GIORNALE t 0,90 - PROVINCE DI ISERNIA E CAMPOBASSO: NUOVO MOLISE + IL GIORNALE t 0,90 - PROVINCIA DI BENEVENTO: IL SANNIO + IL GIORNALE t 0,90 - PROVINCIA DI TARANTO: CORRIERE DEL GIORNO + IL GIORNALE t 0,90 - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - 45% - ARTICOLO 2 COMMA 20/B - LEGGE 662/96 FILIALE DI MILANO - *PREZZO SOLO PER L’ITALIA SLICKROCK

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GIORN - NAZIONALE - 1 - 22/09/02- Plate NUOVA-GRAFICA - Autore: SIES Stampa: 22/09/2002, 00:03 - BlacK

MALTEMPO

Salvatore Scarpino

SVIZZERA CALCIO

SPAZIO

LaPOLEMICA

SERVIZIO A PAGINA 16 SERVIZIO A PAGINA 17

Febbre giustizialista

Marcello Veneziani

Stefano Zecchi

ACQUARONE A PAGINA 18 SERVIZI NELLO SPORT

SEGUE A PAGINA 8

Madre uccide un figliosi salvano gli altri tre

Dal Nord al Sudallarme nubifragi

Milan e Juventusspaventano tutti

Robot per Marteprovato sull’Etna

Bagdad fa rialzare il termome-trodelconfrontoconlacomuni-tà internazionale, anticipandoche boicotterà qualsiasi risolu-zione del Consiglio di sicurezzadell'Onu, tesa a imporre nuovecondizioni di disarmo all'Irakcomevorrebbero Washington eLondra.Restavalidoinvecel’ac-cordo concordato con Kofi An-nan. Intanto Bush ha ricevutodal Pentagono piani molto det-tagliati per un attacco militare.Ilprospettoelencainmododet-tagliato il numero di soldati, ae-rei, navi necessari per rovescia-reilregimediSaddam.Situazio-ne esplosiva in Medio Orientedove l’esercito israeliano habombardato e semidistrutto ilquartier generale di Arafat. In-torno all’edificio è stato scavatoun fossato. Il leader palestineseha detto che non capitolerà.

Saddam sfida Bush: no all’ultimatum dell’OnuBagdad non obbedirà a nuove risoluzioni, gli Usa pronti alla guerra. Arafat assediato nel quartiere generale diroccato

K ira che piange e recita il Re-quiem aeternam sotto il casta-

gno dove i fascisti le trucidarono ilpadre e il fratello. Kira che sparò e

uccise a sua volta pervendetta. Kira cheadesso va a pregareanche sulla fossa co-mune dove furonogettati 53 soldati tede-schi in ritirata assassi-nati a tradimento. Ki-ra che prendeva ordi-

ni da Vero, il sanguinario capo parti-giano Giuseppe Marozin, coman-dante della divisione Pasubio. Kirache udì le urla dei «traditori» ai quali

Marozin, prima di finirli, strappava identi con la tenaglia, ma non mosseun dito. Kira che catturò BenitoMussolini. Kira che sussurrò a Cla-retta Petacci, per consolarla: «A tenon ti giustiziamo, non hai colpe».Kira che respinse la corte di SandroPertini perché non dimostrava abba-stanza ardore.

Era il 1944. Nei cinema si proietta-va Addio, Kira con Alida Valli e Ros-sano Brazzi, un cupo melodrammad’amore adattato per lo schermo daCorrado Alvaro e Orio Vergani. Il co-mandante Vero proclamò: «Kira, ioti battezzo partigiana», proprio (...)

STEFANO ZURLO A PAGINA 11

Che erroremettere in croceil crocefissonelle scuole

Ho una soluzione:dietro la cattedraanche il Coranoe la stella di Davide

MARIA VITTORIA GIANNOTTI

D ue barboni uccisi all’alba di martedì mattina, in duegiardini pubblici di Prato. Colpiti alla testa con una

spranga, forse. Forse, con una mazza da baseball. Duedelitti che hanno sconvolto la tranquilla città toscana e ilmondo sommerso e disperato dei senza casa. Due delittiche, finora, gli inquirenti non sono riusciti a spiegare. Mol-te le ipotesi al vaglio della Procura: un crudele regolamen-to di conti, il raid punitivo di un gruppo di balordi «giusti-zieri», una vendetta. Si dispone, e si attende, l’esito degliesami del Dna su una sbarra di metallo. Adesso, però,spunta un testimone. Una persona che non intende rivela-

re la propria identità e che si è trovata a passare da quellastrada, quella mattina, al volante della sua auto. «Davantiai giardini di via Curtatone - racconta - ho visto un grossofurgone bianco parcheggiato sul marciapiede. Accanto alfurgone, c’erano tre uomini. Uno di loro, di corporaturarobusta e la carnagione scura, si guardava in giro come secontrollasse la strada. Un altro aveva un bastone in ma-no». Sul momento, non ha dato troppa importanza a que-gli strani individui. Poi, però, quella scena ha assunto tut-t’altro significato. E tutt’altra importanza. Adesso la suatestimonianza è diventata la pista principale seguita dagliinvestigatori per riuscire a identificare i killer.

Il governo risponde al presidente degli industriali D’Amato. Tremon-ti ha sottolineato che la manovra è nell’interesse del Paese, aggiun-gendo che sarà efficace per occupazione e produzione. Confindu-

stria chiede però un tavolo con il governo. Intanto le prove di dialo-go tra il premier e D’Alema spiazzano la sinistra.

TIPI ITALIANI

Non mettete in crocela Moratti per la cir-colare sul crocefisso

nelle scuole. Non cercate in-tegralismi catto-aziendalidietro una disposizione det-tata dal comune buon senso.Contrariamente a quel chescriveva Giordano BrunoGuerri, esporre il crocefissonon vuol dire essere contronessuno, far barriera (...)

Con l’aria che tira, e i giroton-di che girano, non sarebbené carino né igienico mette-

re in dubbio il rigore, l’imparziali-tà e l’assoluta dedizione alla (...)

Falso in bilancio:il pm Colombosi aggrappaalla Consulta

T ra poco, alla ripresadelle lezioni, entreròin aula e dirò: «Cari ra-

gazzi, io li metto tutti e tre».Sulla parete, dietro alla catte-dra, ci devono stare il croce-fisso, la stella di Davide e ilfrontespizio del Corano. So-no i simboli del monoteismoche ha costruito la nostra cul-tura. Gesù era ebreo e DanteAlighieri non sarebbe mai po-tuto diventare Dante (...)

«Ho visto in faccia i killer dei due barboni»

C G I L

L’addio di Cofferati è un arrivederci: «Sempre disponibile»Il Cinese saluta i fedelissimi: «Se mi si chiederà di ricoprire nuovi ruoli, io sono pronto». Il debutto di Epifani alla Festa dell’Unità tra l’imbarazzo dei Ds

LAURA CESARETTI E LUCA TELESE A PAGINA 8

«Chiedo un sacrificio alla grande industria»Il premier risponde a D’Amato: manovra efficace. Gli imprenditori chiedono un tavolo di confrontoAppello di Berlusconi all’opposizione. D’Alema: dobbiamo essere più responsabili

BOZZO, CONTI, DE FEO E SCAFI ALLE PAGINE 6-7

Kira, lapartigianachecatturòMussoliniStefano Lorenzetto

Armiamoci e partite? Non era unidillio, si diceva, quello fra go-verno e imprenditori industria-li, e non sarà una rottura. Ma,dopo lo «strappo» della Confin-

dustria sul decreto fiscale dell’altrogiorno, le polemiche di ieri si sonofatte più dure. Quasi al limite dell’in-transigenza. E questo, in termini ge-nerali, fa pensare che Berlusconi ab-bia avuto le sue belle ragioni per sot-tolineare un punto fondamentale inquesto momento. E cioè che, in unasituazione economica e finanziarianon certo di emergenza (se non nelsenso italiano o all’italiana del termi-ne), ma sicuramente complessa, an-zi difficile al di là degli eufemismi,l’interesse generale dovrebbe co-munque prevalere.

E che, quando c’è motivo, sia purcontingente, di preoccupazione perl’andamento dell’economia, perl’equilibrio dei conti pubblici, perqualche sia pur modesta tensione in-flazionistica (relativa o differenzia-le), la barra del timone va tenuta fer-ma. Proprio perché, in un certo sen-so, revisioni negative e urgenti delleprevisioni, forse anche affannose(ma comuni, per quanto sfortunateo intese a generare fiducia nella ri-presa, dal G7 alle principali econo-mie d’Europa in difficoltà), impon-gono a breve di navigare a vista. Sulfronte della spesa pubblica si esorta,da ogni parte, a tagliare le uscite. Evi-dentemente con criterio, dove sipuò e si deve, salvaguardando i set-tori strategici del rilancio, soprattut-to dal lato dell’offerta: a cominciaredagli investimenti nelle grandi ope-re, ma riducendo con rigore sprechie inefficienze che, per definizione, siannidano dovunque in un sistemaancora rigido e per tanti aspetti arre-trato come il nostro. Per quanto ri-guarda le entrate, il settore che permolte ragioni, tutte derivanti dalpassato anche recente, ha dato que-st’estate le maggiori delusioni, alprogramma del governo per un’inci-siva e più equa riforma fiscale sisommano gli impegni del Patto perl’Italia. Che però non è limitato aquesto, ma abbraccia l’occupazio-ne, il Sud, la flessibilità del lavoro.Ma sull’uno e sull’altro lato le inti-mazioni, rispettivamente, a tagliarecon severità e a presidiare con fer-mezza il gettito si fermano di (...)

La curadel rigore

Mario Talamona

SEGUE A PAGINA 7

Maria Stoppele

SERVIZI ALLE PAGINE 2-3-5SEGUE A PAGINA 10

CASO SME SEGUE A PAGINA 11

I L T E M P OI L T E M P OO G G I D O M A N I

SEGUE A PAGINA 6

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SERVIZIO A PAGINA 18

ANNO XXIX - NUMERO 224 UNA COPIA 1 duro*D O M E N I C A 2 2 S E T T E M B R E 2 0 0 2

*******QUOTIDIANO DEL MATTINO

IN VENDITA FACOLTATIVA: IL GIORNALE + CD «MARIA CALLAS» t 9,90 (1,00 + 8,90) - PER PIEMONTE, VAL D’AOSTA, LIGURIA E LOMBARDIA: IL GIORNALE + IL DUEMILA t 1,50(1,00 + 0,50) - IN VENDITA OBBLIGATORIA PER: PROVINCIA DI AVELLINO: IL GIORNALE + PIAZZALIBERTÀ t 1,00 - PROVINCE DI MATERA E POTENZA: IL GIORNALE +LA NUOVA BASILICATA t 1,00 - IN VENDITA OBBLIGATORIA PROMOZIONALE PER: PROVINCIA DI FROSINONE: CIOCIARIA OGGI + IL GIORNALE t 0,90 - PROVINCIA DILATINA: LATINA OGGI + IL GIORNALE t 0,90 - PROVINCE DI ISERNIA E CAMPOBASSO: NUOVO MOLISE + IL GIORNALE t 0,90 - PROVINCIA DI BENEVENTO: IL SANNIO +IL GIORNALE t 0,90 - PROVINCIA DI TARANTO: CORRIERE DEL GIORNO + IL GIORNALE t 0,90 - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - 45% - ARTICOLO 2 COMMA 20/B - LEGGE 662/96 FILIALE DI MILANO - *PREZZO SOLO PER L’ITALIA

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GIORN - NAZIONALE - 10 - 22/09/02- Plate NUOVA-GRAFICA - Autore: SIES Stampa: 22/09/2002, 00:04 - BlacK

IL GIORNALE P Domenica 22 settembre 2002

10 INTERNI

(...) così le disse, ti battezzo, come se fosse il sacerdote di una nuovareligione, appuntandole sul petto la medaglietta col numero di ma-tricola 217. Mai nome di battaglia risultò più acconcio: Maria Stop-pele aveva 20 anni ed era bellissima come Alida Valli. «Ancor oggi,voltandomi indietro a rivedere la mia vita, mi dico: ma è successodavvero o è stato un film?».

La partigiana Kira, medaglia d’argento della Resistenza, ha com-piuto 78 anni l’8 settembre, c’è un destino anche nelle date. Quelsettembre del ’44 aveva festeggiato il compleanno da quattro giorniquando una colonna formata da Ss e brigatisti neri, proveniente daBrescia, piombò a Sant’Andrea di Badia Calavena, una piccola fra-zione sulle montagne del Verone-se. «Papà e mamma gestivanouna trattoria. In casa erano rima-sti solo tre figli, perché un mio fra-tellodiciottenneeramortodisetti-cemia, per una garza dimenticatanella pancia dai medici duranteun’operazione,eilpiùvecchio,uf-ficiale della Folgore, era dato perdisperso in Africa dopo la batta-glia di El Alamein. Sfamavamo ipartigiani, a casa nostra venivaspessoamangiareMarozin.Avevamoappenana-scosto e rifocillato sei militari inglesi che eranostati paracadutati in Lessinia. Qualcuno fece laspia. Fummoi primi aessere buttatigiù dalle sca-le. Pugni, pedate, botte con i calci dei fucili».

Alla fine del rastrellamento, la chiesa, accantoalla quale sorge la casa dove tuttora abita MariaStoppele, era diventata una prigione per 157 per-sone. «Mio padre Palmino, 56 anni, e mio fratelloSilvino,25, cheda tre mesi s’era laureato inmedi-cina e dopo ogni combattimento andava per lecontrade a curare i feriti, furono trascinati nellacasa del Bepo, il sarto del paese. Li torturaronoper costringerli a rivelare i nomi dei partigiani,ma loro non parlarono. Allora i fascisti li condus-seroal limitaredelboscoeliammazzarono.Alcu-nicontadinivideroSilvinoribellarsi,eraquasiriu-scito a disarmare uno dei suoi aguzzini.Per puni-zione, gli mozzarono da vivo entrambe le mani.Le abbiamo trovate nel ’46 in fondo al cassone dilegno in cui entrambi i cadaveri furono rinchiusiprima d’essere buttati come immondizia in unabuca fuori dal paese. Ci impedirono persino diseppellirli nel cimitero. Dovemmo aspettare la fi-nedella guerraper dargliuna tombadacristiani».

Quel giorno Maria Stoppele decise d’aver dirit-to alla sua razione di sangue umano. Prima s’eralimitata a fare la staffetta, a guidare fino al covo diMarozin, in contrada Cracchi di San Bortolo,qualche aspirante partigia-no, «compreso AlessandroCanestrari, che poi divennepresidente dei Volontari del-la libertà e deputato dc». Ab-bracciò la fede del coman-danteVero, filosocialista,filo-monarchico, filo lo sa Diochecosa,controilqualeinse-guito sarà emessa una con-danna a morte persino dalCnl di Vicenza per crimini,razzie e atrocità di ogni gene-re. Di sicuro un grande ami-co di Pertini. Infatti fu il futu-ropresidente dellaRepubbli-ca,si leggein unlibro di Odo-ardo Reggiani avallato dauna prefazione dell’ex sinda-co socialista di Milano, PaoloPillitteri, a ordinare a Maro-zin la spietata esecuzione diOsvaldo Valenti e Luisa Feri-da, i due divi del cinema deitelefoni bianchi che si eranospontaneamente consegnatial comandante della Pasu-bio.

DelrestoèMarozin, intutamimetica, sigaretta fra le di-ta, che compare sul palco afianco di Pertini in piazza delDuomo a Milano durante il primo comizio dopola Liberazione, come documenta una celebre fo-to che Kira mi mostra. «E lo vede il mezzo uomoseminascosto sulla sinistra, proprio dietro il pu-gno levato di Pertini? Quella sono io, privata deimieilunghicapelli.Quindicigiorniprimaibrigati-sti neri mi avevano rapato a zero a Sesto Calende.Stavano per mettermi al muro. All’ultimo mo-mento mi salvò il professor Veronesi, un padova-no sfollato sul lago Maggiore, il quale garantì perme: “Non è una partigiana, lasciatela andare”.S’accontentarono di tagliarmi la chioma e di infi-larsela nei cinturoni».Se non le avessero ucciso il papà e il fratello,sarebbe mai diventata partigiana?«No.Aquell’epocaiopensavosoloaballare.Vole-vo trovarmi un moroso e sposarmi. Di sera micalavo di nascosto dalla finestra della camera percorrere alle feste danzanti».S’era mai interessata di politica?«Nemmeno. E anche da partigiana non sono sta-ta né rossa né bianca».Che cos’è stata, allora?«Tuttalpiù rosé. Nel dopoguerra ho sempre vota-to per il Psi».E Marozin di che colore era?«Non si capiva. Era un mercenario. A me non èmai piaciuto. Si sapeva solo che veniva da Arzi-gnano, nel Vicentino. Lui diceva: “Mi no’ me fa

de pecà nissun”, a me non fa pena nessuno. Co-pava come sputare per terra. E torturava i prigio-nieri».Con la tenaglia.«Spesso tagliava prima le guance per riuscire a“lavorare” meglio con la pinza all’interno dellabocca. E quando non erano i denti, gli staccava leunghie. Alla fine portava quei disgraziati giù a unlaghettoeglisparavailcolpodigrazia.Quasisem-preeranopartigianicheconsideravatraditori.Ba-stava cheuno scendesse in città: se il giorno dopoper caso scattava un rastrellamento, Marozin siconvinceva che si trattava di un delatore il qualeera andato a venderci al nemico. Al ritorno lo eli-minava».Come fu arruolata?«Dopo l’uccisione di mio papà e mio fratello, fuitrasferita nella caserma di Montorio per esseredeportata in Germania. Ma durante un bombar-damento aereo riuscii a mettermi un grembiuleda cuoca e a fuggire. Trovai rifugio in un conven-to. Alle 4 del mattino seguente, vestita da suora,mi portarono a Cellore, dov’era parroco mio zio,don Carlo Tagliapietra. Per poco non sveniva: ifascisti erano già andati a perquisirgli la canonicaquattro volte. Sul mio capo avevano messo unataglia di 150mila lire».Saranno meno di 20 milioni al valore di oggi.Che si comprava nel ’44 con 20 milioni?

«Che si comprava? Ah, non lo so. Di sicuro ci sipagavaunfunerale.Loziopretemitennetregior-ni nella cella campanaria e intanto chiese aiuto aun mio cugino, Luigino Tagliapietra, tenente del-la Decima Mas, che venne a prendermi conun’auto di servizio per essere sicuro che non cifermassero ai posti di blocco. Mi portò a Lughez-zano da suo fratello Giuseppe, partigiano. Que-sto per dire che la famiglia è sempre venuta pri-ma della politica, della guerra, degli odi. E da lì,infilata tra le casse di mele, mi spedirono a Mila-no su un camion».E una volta a Milano?«Fuipresa inconsegna da Pertini,cheera accom-pagnato da Giuseppe Saragat. “Noi ti salviamo lapelle, ma tu devi lavorare per la Resistenza”, midissero. Cominciai a far la spola su e giù per imonti della Lombardia. Portaordini».A Milano dove si nascondeva?«Nei sotterranei del Castello Sforzesco. Ho vissu-to lì dal novembre ’44 al maggio ’45. Ne ho vistipassareparecchi daquel rifugio: LaMalfa, Pajettae anche uno Spadolini appena diciannovenne.Con me c’era Nilde Iotti. Pertini ci fece avere deilasciapassare che gli venivano forniti da un gene-raletedescodoppiogiochista,alqualeSandroave-va garantito protezione il giorno in cui i partigianiavessero vinto».Lo chiama Sandro...

«L’ho sempre chiamato così anche in seguito, dacapo dello Stato. Veniva spesso a Verona a trova-rela nipote Diomira, figlia disuo fratello Eugenio,ucciso nel campo di sterminio di Flossemburg. Aquarant’anni di distanza riconosceva la mia vocetra la folla prim’ancora di vedermi».C’era stato del tenero fra voi?«Lui avrebbe voluto sposarmi. Ma io non ci pen-sai nemmeno».Perché?«Mi baciava sul collo, sulle guance, mi metteva lemani dappertutto ma non si decideva mai a con-cludere.E amequellichetiscaldanoepoi tipian-tano a metà strada non sono mai piaciuti. In piùera troppo mingherlino per i miei gusti. Ho sem-precercato uominicon lespalle larghe,benpian-tati».Mi racconti della cattura di Mussolini il 27aprile ’45.«SisapevachestavacercandodiscappareinSviz-zera. Le brigate partigiane convenute in Lombar-dia da tutta l’Alta Italia scendevano verso valle. Adirigere le operazioni era il commissario politicoCino Moscatelli. Io mi ero attestata sul lago diComo, primadi Dongo, vestitada crocerossina, acavallo di una mitragliatrice. Gli scontri a fuocoerano frequenti. Mi dispiace dirlo, ma le acquedel lago avevano assunto lo stesso colore del gin-gerino. Nel pomeriggio del 27 aprile apparve al-

l’orizzonte una colonna di tede-schi e fascisti in fuga su camion eauto Balilla».A quel punto?«Un ufficiale tedesco sventolò unfazzoletto bianco. Moscatelli an-dò a parlamentare con lui. Gli dis-se che a noi interessavano soltan-to i gerarchi fascisti e che, conse-gnandoceli,avrebbeavutovialibe-ra. Allora l’ufficiale rivelò che suldiciassettesimocamioneranasco-sto il Duce e che Hitler aveva datoordinediucciderloprimadivarca-re la frontiera elvetica. “Non c’im-porta che cosa volete farne voi,Mussolini di qui non passa, ce lodovete consegnare”, replicò Mo-scatelli».Chi salì sul camion numero 17?«Io e altri tre partigiani, fra cui Ur-bano Lazzaro, nome di battagliaBill, che riconobbe Mussolini».È vero che il fuggiasco s’era tra-vestito?«No, indossava ancora la sua divi-sa. Però s’era coperto con un cap-potto da militare tedesco».Che cosa disse?«“Ecco la mia fine”, e si fece il se-gno della croce».E Claretta Petacci dov’era?

«Su un altro camion, camuffata da gerarca fasci-sta».Dove li portaste?«Poco distante, a Bonzanigo, nella casa della si-gnora De Maria, una signora molto bella, chenon aveva paura di niente e ci dava ospitalità».Chi c’era nella casa?«Oltre a Moscatelli, alla Iotti e a me, i partigianiBarba, Casca, Verona e Tenore. Quest’ultimo sa-rebbe diventato mio marito, ma io allora nean-che me lo sarei immaginato. A Mussolini e allaPetaccifulasciatalacameramatrimoniale.Iodor-mii con la Iotti».E l’indomani?«Arrivò da Milano il famoso colonnello Valerio,cioè il comandante partigiano comunista WalterAudisio, insieme con quattro compagni, dicendoche doveva interrogare Mussolini. In realtà dove-va fucilarlo. Portò con sé il prigioniero. A me fuordinatodifar laguardiaallaPetacci.Misupplica-va di lasciarla seguire il suo Benito. “Voglio mori-re con lui”, diceva. E io: ma tu non hai colpe, devirestare qui, così avrai salva la vita».Non andò così.«Ma solo perché lei, all’ultimo, si lanciò versoMussolini, quasi volesse fargli scudo col propriocorpo. Fu colpita per sbaglio».Anche Urbano Lazzaro in un libro di memoriesostiene che tutto accadde per una tragica fa-

talità: Claretta, impaurita, s’aggrappò all’ar-ma di un partigiano e una raffica partita pererrore uccise il Duce. Dopodiché l’amante fuammazzata da un altro partigiano infuriato.«Non sapevo di questo libro».Un’altra versione narra che il colonnello Vale-rio, giunto dai De Maria, si trovò di fronte adue cadaveri. E non gli rimase che «fucilarli»una seconda volta.«È la prima che sento. Io racconto quello che hovisto».Giorgio Pisanò, direttore del Candido, avevaosservato che i pantaloni di Mussolini appari-vano intatti. Per cui si deve desumerne cheegli venne ucciso durante una colluttazionenella camera da letto dei De Maria. Altrimentii pantaloni sarebbero stati bucati dalle pallot-tole.«È inutile che lei insista con queste domande. Di-ca pure che non mi crede e facciamola finita».Lazzaro afferma che il colonnello Valerio nonera Walter Audisio bensì Luigi Longo, il qualedopo la morte di Togliatti sarebbe diventatosegretario del Pci.«A me risulta che fosse Audisio».Che impressione le fece Claretta Petacci?«Una donna molto bella, molto dolce, molto in-namorata».Da chi era formato il plotone d’esecuzione?

«Audisio, Michele Moretti detto Pietro e altridue».Fra cui Aldo Lampredi detto Guido?«No,luino.Ce n’eranogiàasufficienzachespara-vano».Finita la fucilazione, lei che fece?«Pertini venne a prendermi in auto perché avevasaputo che ero stata ferita al piede sinistro. Miportò a Milano, dove fui medicata dal dottor Do-nati.Quandoarrivammo inpiazzale Loreto,doves’erano dati appuntamento tutti i partigiani, i ca-daveridiMussoliniedellaPetaccieranogiàappe-si a testa in giù alla longherina del distributore dibenzina. Uno spettacolo vergognoso, ripugnan-te. Mi premurai di chiudere la gonna di quellapoveretta con due spille da balia, perché qualcu-no le aveva persino tolto le mutande. Poi, a musoduro, dissi a Sandro: ti do tempo dieci minuti perfarli staccare».Ha mai visto le famose otto valigie di cuoiocontenenti il tesoro della Repubblica socialeitaliana, oltre un miliardo di lire dell’epoca,circa 57 miliardi di lire odierne?«No».E le due borse di Mussolini, la prima di pellechiara con il diario e le lettere del figlio Bruno,e la seconda di pelle scura con il carteggio se-greto fra il Duce e il primo ministro ingleseWinston Churchill?

«Quelle finirono in mano alla Pasubio, cioè aMarozin, specializzato in saccheggi e intrallazzi.Con i compari della divisione Garemi, fra il 30aprile e il 3 maggio ’45 Marozin s’impossessò ditutta la roba che la Fiat custodiva a Milano: vei-coli, motori, ricambi, copertoni. Andavano a ca-ricarli di notte con i camion, li rivendevano nel-le altre città e si mettevano in tasca i soldi. Tantoche il 5 maggio, nauseata da questo andazzo, glidissi: io me ne torno a casa. E Marozin mi rispo-se: “Te copo!”. Tu uccidimi ma io torno lo stessoda mia mamma. Vedendomi determinata, mimise in mano 20mila lire e mi cacciò via. Cam-minai a piedi cinque giorni per raggiungere ilmio paese».Secondo lo storico Renzo De Felice, il Ducefu giustiziato su sollecitazione dei servizi se-greti inglesi, interessati a impedire che il ca-po del fascismo arrivasse a un processo.«Questo è senz’altro possibile. Nelle riunioni sene parlava, la linea dell’Inghilterra era questa.Churchill avrà avuto paura che Mussolini parlas-se in un’aula di giustizia dei loro rapporti pocochiari».La Resistenza è stata tutta luci o anche om-bre?«Anche ombre, e tante. Gliene racconto solo

una. Il 29 aprile ’45, a Campofon-tana, che è un paese di monta-gna qui vicino, arrivarono 53 sol-dati tedeschi in ritirata. Pensava-no da lì di poter scendere in Val-dadige e guadagnare la via di ca-sa. Armati com’erano, avrebberopotuto sterminare la popolazio-ne. Invece si fidarono. La gentedel luogo li mise a dormire nellascuola elementare, fornì loro abi-ti civili e cibo. Dopodiché, alle 4

di mattina, li colsero a tradimento nel sonno, liportarono dietro il muro del cimitero e uno allavolta, pum pum pum!, li accopparono come ca-ni rabbiosi. Alle 7 stavano già sotto un metro diterra. Potrei anche rivelarle i nomi di alcuni deimassacratori. Ma abitano ancora lì e ho pauradi ritorsioni».Lo sa che due ufficiali della Wehrmacht furo-no impiccati dai nazifascisti per aver aiutatotre partigiani a liberare la figlioletta di Maro-zin, Vera, che aveva appena tre anni ed erastata rapita dalle Ss e nascosta in un conven-to di suore?«Ci furono brave persone da entrambe le parti.Anzi, le dirò che i nazisti avevano più cuore deifascisti. Per questo quando salgo a Campofonta-na non manco mai di recarmi nel punto dove fucompiutoquell’eccidio infame. Penso ai 53 tede-schi sepolti lì sotto senza un nome, senza unacroce, dimenticati da tutti, alle loro famiglie chenon hanno saputo più nulla, e piango. In fin deiconti io almeno una tomba, su cui inginocchiar-mi a pregare per l’anima di mio papà e di miofratello, adesso ce l’ho. Loro nemmeno quella».Ma lei con quei 53 soldati in fuga come sisarebbe comportata?«Non lo so».Sia sincera.«In quel momento penso che li avrei stecchiti

per vendicare Palmino e Sil-vino. Non tutti, magari. Unpo’...».Quanti uomini ha ucciso?«Io al parabello (mitra Sten,di fabbricazione inglese, pa-racadutato dagli Alleati aipartigiani sulle montagne,ndr) preferivo le bombe amano. Anche perché se ti di-menticavi di mettergli la si-cura e ti cadeva per terra, ilparabello si metteva a spara-re da solo».Non mi ha risposto.«Non sonomai andata acon-trollare dove andavano a fi-nire le pallottole».Dite sempre così: troppocomodo.«Una decina di uomini li hocentrati di sicuro».Quindi davanti a un nemi-co morto le è capitato diconcludere: questo l’hoammazzato io.«Sì».E non provava pietà?«Pensavo ai miei sotto i ca-stagni. E a Tato».Chi è Tato?«Un partigiano di 16 anni

che era con noi. Un bambino. Fu catturato daifascisti al Passo Pertica, dove poi i nazisti hannofucilato don Domenico Mercante insieme conun loro commilitone, Leonardo Dallasega, uneroico caporalmaggiore sudtirolese delle Ss, unbuon cattolico che s’era rifiutato di far parte delplotone d’esecuzione dicendo: “A casa ho mo-glie e quattro figli che mi aspettano, ma nonsparo a un prete”. Tato fu appoggiato controuna roccia e sbriciolato a colpi di mitraglia. Quel-la volta per vendetta ne facemmo secchi sette».Lei è credente?«Sì. Vado a messa e sono devota alla Madonna».S’è confessata per questi delitti?«Dopo la guerra cercai monsignor Cappelletti,ma lui mi mandò via: “Hai troppi peccati sullacoscienza”. Perciò andai dal parroco di Selva diProgno, don Padovani, un prete che spesso ciaveva aiutato, anche procurandoci le armi».Le diede l’assoluzione?«Certo. Però prima mi chiese: “Hai perdonatochi ha ucciso tuo papà e tuo fratello?”. Sì, glirisposi. Allora lui mi disse: “Va’, anch’io ti perdo-no”».Ma lei ha perdonato davvero?«Con la bocca. Però col cuore... Eh, ce ne vuole aperdonare col cuore».

Stefano Lorenzetto(161. Continua)

Maria StoppeleDivenne un’eroina partigiana dopoche i fascisti le avevano uccisoil papà e il fratello. «Ma oggi pregoanche per 53 tedeschi trucidatia tradimento e gettati in una fossa»

«Fui reclutata da Marozin, il comandanteVero, un mercenario, un sanguinario:

ai traditori tagliava le guance per poterstrappare meglio i denti con la tenaglia.

Fu lui a rubare le borse con i carteggi del Ducee a razziare i beni Fiat a Milano. L’acqua dellago di Como aveva il colore del gingerino»

«Pertini avrebbe voluto sposarmi, ma a menon piaceva: troppo mingherlino. E poi nonsi decideva mai a concludere... Quando vidiil capo del fascismo e la sua amante appesia piazzale Loreto, gli ordinai di tirarli giù

e chiusi la gonna di quella poveretta con duespille: le avevano tolto persino le mutande»

Maria Stoppele (Kira) mostra la foto che la ritraerapata a zero, dietro il braccio di Pertini,nella Milano appena liberata: a destra, Marozin

«Così catturai Mussolini»«La Petacci poteva salvarsi, ma preferì fargli scudo col proprio corpo»