CERVO VOLANTE - CASCELLA/LIPPI

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I poeti a sette anni sono alti come le scrofe, ma più alte sono le note che volano sopra e dentro i fili del cuore.

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CERVO VOLANTE

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I poeti a sette annisono alti come le scrofe,

ma più altesono le noteche volano

sopra e dentro i fili del cuore.

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Elettromagneticaceleste

Tommaso Cascelladisegni

Massimo Lippipoesie

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Della mia prima eternitàcanto e racconto

l’andare il divenireL’orologio a cucù delle stagioni

eun progetto di fiori

che mai s’avveròCome la rosa-sposa

china la testaal bacio-davanzale

cosìil tempo sull’omero sull’ulna

riposa-risalefischiettando uno strano madrigale

DimmiDimmi-dimmi-dimmi

Del differente canto dell’olivoe

delle ginestre.

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Angeli

i bianchi movimenti emarginatibeati-colori-intatti

Nei vicoli del secoloun sintomoun oracoloun attimo

un’impressioneun fischio

Queste pallinequeste palline colorate

in mezzo alla stradache

non trovano nido.E ridono

e piangonole fisarmoniche?

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Mattina chiarapiena d’aria

con distacco ti dipingonelle mie vene intingo

eil caso fa l’aurora.

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Io sono un trenoche non ferma

a nessuna stazionenon ho né capo

né coda.Cammino

surotaie celesti.

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Etra-Etruschi

... dicono venissero dal mare,altri dal cielo, il primo

montava la canicola azzurra

In filamenti fumando la vitalbanacque il nostro spirito.

I dolci cieli e le messiIntrise in orge-cantilene

ci diedero il respiro.La menta creò l’essenza dei nostri baci,

il tufo l’eternità.

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La pazziaè

un frutto d’autunno.Rotunno

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Elettromagneticaceleste

Decorazioneultimo tocco-tatto

tacco a spillosul pianeta Bacco.

Boccatocca il sublime

escocca

è corda e coccapeccaminosa-allocca

traboccala goccia baroccasulla celeste veste

emacchia.

Prende corda il movimentoe

staccaeccola là, sola e sublime

imprendibile e pazza.Musica

chi t’accorda.Bellezza

chi t’attacca.

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Padre poeta

Padre, padre mio come sei bello.la faccia scura del sole,la bocca tagliata del mare.Padre,la tua camicia biancae le maninotturno preludio d’humus.Ora possiedo, il segreto delle piccole case.La tomba non ha ornamentil’anima odora di pioggia.Com’era rosa il coniglioe che verde l’erba del mio sacco.Non vedere sento, il reticolato.Padre io sono cieco,posso scrivere in blublu, basco blu, occhi.Mare-mare rosso-ritmo.Alle interferenza il tempo non fa casoposso incorniciare un giornoe respirando ridere di un’alba,la prima poesia è la luce.

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Riserva di caccia edi rispetto

Nuvole in ornamentoracchiudono verdi violenti

ed acri,di gobbe imporporate.

Gloria di tufoa volte e la storia,

efreddi e trasparenti i suoi silenzi

come alabastro.Inizio di camminamenti

esimbolo in sarcofago intriso.

Ah, dolore di popolo e di vita!Benvenuto piccolo passante,

alla gente-gentilerespira la mia voce.

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Conosco...

Conosco il numero di targadella tua spina dorsale

il passoil passante

l’anello mancantedel respiro anale.

Conosco l’allegria dei fiocchi d’avenamutilata catena, filo della follia.

Conosco quelli come tea basso numero di ottano

che non hannonon ano

la più pallida ideadi una qualsiasi eternità.

Conosco le stagioniil canto delle canne

strofinate dal vento.Il ritmo contento

di un granello di sabbiain mezzo al mare.

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Conosco l’amarezzal’amaro

l’ulcera duodenaleil pendoloil perdono.

Conosco l’abbandonoconosco il tempo

quello che fa male.

Conosco le radicile cortecce

le gazzarre dei passeridentro i rami dell’alba.

Conosco Rosalbale sue trecce

nero fermaglio del tempospartito lessicale.

Conosco le caviglie,le doglie del gatto

l’illusione del mattoche non sente

ragione.

Conosco i muri a seccoCattedrali di sole

edi muschio.

Conosco il fischiodell’ultimo ramarro.

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Iopovero beduino

cercatore di funghiprofessionista

solodello scatarro.

Le ore disperate.Le speranze... stradali

le note musicalidel canto pneumatico

il laccio emostaticole antenne.

Conosco le rose innamoratel’incanto... e di Cesetti

le Cantate.Io

il capitano della nave dei Findusche non vuole salpare.

Giuseppe Cesetti (1902-1990), Le cantate.

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Sera-serale

Stasera il sole corteggia la serae

la sera ci spera.La luna è una, i sugheri tre.

Il cielo rosso è impenetrabileIl silenzio è nero

macchioline verdi gli occhi del gatto.E il grillo?

Il grillo è mattoe

matti i pensieri.Nel carnevale caldo-seraleUrania* si gratta il canale.

Il gallo rosa non sogna e non riposalui suona il violino per primo.

Sul pergolato, d’ombre di seta illuminatosorridono i pederasti

a grappoli.

* Urania è la dea dell ’armonia, miti e leggende.

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Insistente gracchiare di corvosu tegole inclinatesbuca comignoli

giocando con la storia.Fermo è il tempo

sul sughero, sul tufoLucumoni e vestali

danzano sulla mia cordadolci accordi

frecce scagliate dal cuoresi conficcano

in grappolo di stelle.Il cielo non è che un immenso pergolato

eil tempo non si torce.

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La piazza, i bambini,la fontana che suona

In un’età senza etàti riconobbi allo specchiofantasia.Sputo e polverelevigata-svelta era la manodei giocatori di scalinoa disputarsi le immagini.AlloraIl mondo era una piazza-assolata-rumorosal’orgasmo dei piedini rosastrofinava un mare di selci rampicantiin cima al monte CAMPANA*per diffondertiazzurrissimamente.La civiltà è uno schiaffoagli spigoli del tempo,un rossore che il pianto ricompone;unico testimone del giornoè l’affettouna cattedrale sordadove ognuno sacrifica la sua ombra,poi sovviene la sera indefinita.

* Dino Campana, Canti orfici.

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Pre-pro-vocale

L’extra tempoturba

turbandosi suonabitubolare-bisax-bi-tri-voce.

Bicerchiocirconferenziale

cercacerchiandolo a dondolo

un cerchio.Lo spartito

DeiMiei-tuoi-suoi colori.

Tremolio dodecafonicoscrittura del mare.

Poetiprima di nascere eravamo

eterozigoti.

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A Pier Paolo Pasolini

Fallo-FalloforieFarà-FuroreAmore!Tiritillo-Sileno

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Tommaso Cascella

Come di leggerezza fanciullandotu aspiri alla bellezza

con le dita.Senza profondità-senza pensiero

il cosmo giraintorno al tuo pennello.

Femmina eternità? Spiga del tempocon i colori dell’incantamento.

Certo sarà patireil tuo cammino

inciampando tra i secolie

gli idioti...Ti prenderà per mano il Dio del caso

equando canta il senso del sublime.

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Nel mio giardino“bambino”

Le rose sono pluri-decoratein generale

celestie

le finestre aperteall’ultimo rondone.

La rosa del poeta non vistala rosa

guardata a vistada

bianchi frigoriferiche

controllano l’eterna freschezza.Nel mio giardino

“bambino”perfino gli orologi

hanno appetitoe

le fiabenascono da un dito

male viole parole fiorite

fiore.

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Marina di Montalto

Alla marinaio e lei

dentro i calzoni.Parlano i rifiuti e le plastiche.

Il mare sporco e totale.

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Chi canta primaverachi le serechi la notte stellataechi le orequando il mio tempo liquidocomponele canzoni cantate, con dolcezzaaccostatealle finestre chiuse.Chi inventa petaliper le tue rosechi le cose e le poseper le tue cosce languidesospese.

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Voce del cuore èvoce

dell’anima.Mio e tuo tremito

accarezzano le corde.Compagna di viaggio

cantila nostra felicità e muori.

Libertà è soltanto un’altra...... parola...

Non c’è più niente da perdere.

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Dal mio studio

Sedutosulla nave dei verdi

ioguardo il Rivellino*

eascolto Andrea,*

rammendole parole

per corteggiare il nulla.Maggio già spiga

sulle mie manisulla tua fica.

Che è l’occhio verticale della sera.

*Il Rivellino è un antico palazzonel centro storico di Tuscania,a ridosso delle basiliche romaniche,antica sede comunale.

*Andrea Piazza, toscano.Compositore e suonatore d’arpa.

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La luna di Bacco

Stanotte la luna di Baccosogna la luna

nell’occhio del gatto che sognae sogna il mio-Rigoletto

dentro la morta campana del cielola fuma.

Questa notte è miane odo i passi leggeri

nei colmi bicchierinell’intonaco delle ore

nel seme.Tu mia stella uterina

mi respiri dentroe mi elevi

architetto liquido degli alfabetie voli sulle democrazie.

Com’è profonda la menzognadavanti alla bella verità.

Stellastella-uterina chiara-mattutina

strega-sirena,tu che conosci la mia carnee dolcemente la possiediin orgasmi di sole paroleFammi morire sveglio.

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I figli

Tra le mani le stellele mille dita belleche cuore non afferra.

Palpito senza tempoframmento d’armoniaoggi senza domanibocca senza bugia.

Giorno struggente-incantocanti all’indifferenzafiori-favole-piantoparole è sofferenza.

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Cassandra 2000

Tu ridi a squarciagolamia sdentata Cassandra

enascondi in calici cristallini

vizi e verità.Ed io potrò mai far entrarediscoidi rossi nel bianco?

Intanto alle tue risafermentano nel mio ziro

secoli di sperma.

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Avevano...

Avevano i fiordalisisorpreso di spighe

ele cicale i sugheri.

Come ragnil’estate sorprese anche noi

un innesto sull’erbaÀlzati!

Corri incontroalle fanfare dei passerinel mattino di menta

che tentae

la farfalla rosaogni tanto si posa

evola via.

Siamo sospesi nella fragranzafiordalisi azzurri

sul grano.

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L’estate romana (o effimero)

A piazza del Popolocon Allen Ginsberg

È serain un barsulla piazza centraletrafficato da troie e parolenell’angolo-angolatobarocco primordialec’è uno stronzo seduto che fumatenendo al guinzaglio una rosa,Un caffè, costa quanto profumaChissà quanto costa la luna!

Dove andiamo, Walt Whitman?Le porte chiudono fra un’oraDove punta stasera la tua barbaChe pesche e che penombreIntere famiglie a far provviste la seraCorridoi pieni di Mariti!Mogli negli avocados, bambini nei pomodori!e tu, Garcia Lorca,che cosa fai laggiù in mezzo ai meloni?

Allen cosa facciamo noiin mezzo alle strade asfaltatesenza un appuntamento fisso!In questo mondo di gnomi senza Dio?

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... era un volare,dolce cantare, placido

La carpa ha mangiato la lunae

tu primavera-maremmanascondi l’ingannonel fiocca d’avena.

La principessa ferulae

il principe asparagorittono al sole.

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La mia poesia oggiè scritta con il sanguele gocce cadono piano sulla carta che le assorbe,le macchie si espandono...non posso più leggere le parole, è incomprensibile.Dov’è la carta? Un nuovo foglio...senza nessun respiro sopracome da bambino a scuola, e potevo girare pagina.Una pagina senza macchie, vergine,io la carezzavo,e alla fine trovavo semprela sottile, quasi invisibile vena marronee pensavo a quell’alberoe piangeva il mio cuore.Potevamo risparmiare quell’albero,la sua vita misteriosa.Alla fine di un giorno di scuola,quanti alberi buttati nel secchio.

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Tra le righesotto le spighefra le pieghe di un bianco grembiule

Negli occhi, nei calcinacci,nelle tasche sfondatesi è spenta la mia primavera.

Dove sei sulfureo sognonocciolo di pescapapavero rosso.

L’estate già arde sul tufofrigge l’ipocrita imperoil passero è da volol’anima nel sambucoe la morte è cazzuta.

Temporali metallici,sulle strade asfaltate,l’autunno è programmato.Si può morire se non si cambia pelle.

Per l’inverno il mio mantoè il mio canto.Cielo che odori di maisnon possiedo che momenti.

Cicala ubriaca nel solerana annegata nel cantofalco senz’alapuledro impasturato.

Io come un cristo in erezionemuoio al tramontoe mi tramuto

Sassi, sugheri, frattesottili fili d’erba ammantoforse è un respiro il canto.

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Poesia geometrica piana

Mi commuovo al riso biancole dita possono piangere

spingete un tastochiedete un toast

chiudete il rubinetto del sesso.Ascoltate le parole (elettriche-nude),

nel frigider i cuori di gallinagli elettroni scoppiano

marmellata ideologica in vetrina.La fame ha voce cristallina

sulle tovaglie e sulle pance democratiche.

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La primavera del fuco

Come pioggia di maggiocade dai cieli

in balenii ripetutila sintesi dei fiori.

Tu, coleottero-dittero-ape reginadanzi

eall’aria indifferente regali

un arabesco di fiati.

L’anima miapolpastrello di fuco innamorato

fa un solo volo.

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Nei liquidi arancia

Nei liquidi aranciail sole stampa sorrisiEtrusco-Saraceniche di profumi gribicuori e cavalline sono pieni.Alla faccia delle macchineedelle teste pelate-asfaltatedell’era contabile,contabileè poco niente cantabileforse passo carrabileper qualche a divenire umanità.Con luce... di poco luce accesanello sfondo di un fondoquasi un fondalepellicola sottileesile frappalàUltimo giorno-finaledi un qualsiasi aprilela femmina gentilechiavachiave che fa fiorirelo scienziato scurrileil poeta bestialel’atomica Cassandraper la solarità.L’estatel’estate scorsa era come d’invernoti eri perdutanei mezzi-litridel tepore serale-invernalenel carnevale anale tutto specialedi un vaso vecchioapocrifo.

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A me battevano le cigliacome le castagne che scoppianonelle risate scoppiettantidi tutti-tanti-quantia berele parole allegroseele streghe rognosenascostenei fondi di bicchiere-cavalieriimpasturati sulle corde di musicisti monchiin provincia di Tuscania.Sese i giochi di parole danno allegria agli inversiagli invertitiai di traversosorrisiai poeti sbiaditidalla noia e dal piantoa tutto quantotu sogna eti succede o ti succederàdi sedere sulle cornici del temposui sedili del ventonei soffitti o negli armadiettisu copriletto gentiledi nanerottoli RE o di spighe REGINEancora più piccine.Per non vedereper non vedere gli arabeschi di mosche morte nel cervelloPer non vederequesto-quell’altro o quello là

Per non morirePer non morire di corpoper non morire dentro i calziniper non morire sulle tovaglie biancheda dodici-telefoni dodiciche squillano-squillanti-squillatisui visi saporitii folli e gli infedeli

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culti affettuosida casi-dei cosi curiosi.Le mutandine corte dei padri mortinel quattordici-quindici-diciottonel sessantottoequalcuno tenacein un sessantanove storto.Storto come le storiele contrastanti memoriememori della carneedel sangue gutturaleche fluido-fluisceliquido inarrestabileBaccoalle bocche vogliose-peccaminoseai capelli-alle mimoseai mimi dei movimenti sottilidella luce tagliatain infinitispicchi-specchi colori.CheChe quando ti guarditi vedi di culola faccia-lo sterno-le bracciache abbracciano i bianchi labirintiche stanno davanti.In calamari-mariin cerispenti o appena spentila lingua tagliata fra i dentidi un satiro-alcolicoche non beve caffèmafuma all’occasione solo sigari Avanadi dentro la campanade sogni.Amore!In quale secolo vieni.

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canto di me, dei miei(all’orecchio elettronico)

1-3-4-7-2-4.La macchina è bluprofuma di bosco-di fungo di ferula.La sua pelle è biancabianco di latte di muccafuggita ai Tedeschi, nel mese di Aprile dell’annomillenovecento e quarantatréLeda, mia sorella (senza cigno)visto così in un canestro,bianca di latte e di lana biancasotto le bombe-bombata.Il fragore del tuono!Le farfalle non hanno paura degli S.S. 20perché sono la luce.A ben guardare, guardando e mirandodalle piccole cose alle grandi straripando,dai fluidi pianeti ai contatti stellari contemplandola gamma infinita dei colori dell’eternità,solo l’ignoranza è nera.Il mio amico “Satana” è un altro colore“Lui fuma il tabacco del Moro”.L’aspetto quiaspettando mi annoio,come in un bar morendo-quasi cadendo-ondeggiando(asterisco) contemplandocontemplandomi e ridendo;a una manciata di grasse-grosse parole limandocome limandosi,grasse-usate, grosse-compressequasi riflesse paroleavute in dono per l’eternità.E sì, da Toscana in Tuscaniacome, quando e per caso;in una stanza del Palazzacciopiena di fiori, di odori, di spighe di grano.Mese Novembre, giorno diciassette.Filippo-uno, Lippi-due,la Madonna-tre, col bambino-quattro.

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Era ora di pranzo, calante di lunaUrania sorrisee nel giorno-giornale-vaginalemi regalò al respiro.Riccioli, bianchi, biondiriccioli, riccioli, riccioliboccoli, moccoli, taccole.In armonia campestrele povere scordate-sudate fisarmoniche,della festa del dì di festa, dei fiori grossi,rossi, rosse bandite,imbandite bandiere.Quando si mangia, appetito-appetisce e patiscesparisce nella carie-antica dentariala santa bruschetta, benedettadal prete prelato e dall’Impero Romano incorporatoincorporante la lingua o poetico etrusco, caldo di tufo,che attutisce la brezza marina, donde vengono i Cristi.Benedice-bene-ben dettosantificato il tuo letto,sacrificato d’olio dello ziro-zirale.Uccelli cantano al volo involato.Cicale sui sugheriSottili fili d’erba nascondono occhi di cavallette.Pascolano cinghiali, il pascolato pratoranocchi-steli frusciimormorii d’acque leggerecarezzano funghi d’orotramutati in mattiniere rugiadeQualche, qualcuno, qualchedunopiccolo fiore bianco, adornain capanna un ramaiolo.Pastore-pastorale, odi cantate-cantare.Dai corni all’aria, ariosa, areosa, areatacomprendente il tutto e depurante;col tempo, nel tempo, delle storie istoriate.Caino e Abelepolvere d’ossa, polvere di miele;ape-ape punta e trapunta,trapunta al gioco,lavoro chiamato, datato, dall’uomo studiato e macchiato.

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Regola regolata, legge chiamata.Quotidiana giornata-indaffarata,per lo sviluppo-sviluppataper misura a dismisuranella corsa affrettataverso chiper chi.Per chi Baudelaireper chi Delacroix.per chi la comediacommediata-commediantipoeti buffoni, veri mendicantisenza testa, ma con sentire, con canto cantarevedere, un mondo d’orbati-penati,sfruttare e sfruttatiocchi di bimba-bimbo affamati,nelle loro terre-calde primavere,inaridite e uccise dal caldo insopportabiledell’ipocrita estate monetaria;che non fa, non è armoniosa armoniadi fantastici-sempiterni appuntamenti,dei silenziosi pianeti-planetari-vaganti.Niente è permesso,tutto è percettibile,è perplesso il piccolo essereche nulla ha...Io qui, con la mia ulcera duo-denaleio qui, nel cemento che non sento,io che sento il piccolo ventodel prato spettinato.A 60 anni in un canale-incanalato,lascio al momento, un testamentoall’elettronico orecchio, che tutto registra,ma non filtra;la sintetica-sintesi-sintassidei piccoli passidel magnetico nano che salela scala musicale-emotivae non ancora programmatapoesia.

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Invocazione

Oh Dio dei funghi non ti riconosco.Prima che il fulmine possentesquarci la tua mela ricamatae abbandonata al tempo.Consacrerò la pioggia in lacrime.Ornerò la testa con penne di pavone.Intorno alla tua tendacapo Tommaso!Danzerò i corpi con forme d’occhio,spogliandomi d’ogni corteccia,berrò misture d’erbe.Tu ed io,(Soli) rapiti da femminee stelleci ostineremo al verso e al segno,precorrendo il tempocol terrore dell’anima.

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Tempo di poesia

Sebbene qualcuno si attenda un avvicinamento tra la pittura e la poesia di Massimo Lippi, di-versamente, qui, non terremo conto di simile legame: i quadri di Lippi non sono i suoi versi, isuoi versi non sono i suoi quadri. Detto ciò, possiamo analizzare senza timore la nuova opera(la quale, al momento del nostro commento, è ancora priva di qualche titolo), che già alla suaapertura mostra una conseguenza di esperienza di vita – la propria –: «Della mia prima eter-nità / canto e racconto / l'andare e il divenire / l'orologio a cucù delle stagioni / e / un progettodi fiori che mai s'avverò»: sembra che al poeta quel che più l'appassioni sia mostrare adesso esenza riserve alcune un possibile intimo luna park del cuore: il suo battito, il suo alimentarsidel respiro possibile dell'amore, amore spirituale certo, che non si sminuisce affatto quandol'autore scrive che «Maggio già spiga! sulle mie mani / sulla tua fica / che è l'occhio verticaledella sera»: ecco, è soprattutto questa verticalità di una sera che permette sia a Massimo Lippisia a chi si appresta a leggerne i versi, un linguaggio che, sebbene evidenzi la netta unione coni corpi terresti usando un pensiero pudico, mostra senza ritegno una spiritualità in trance. Comedire che è, tramite l'accettazione dei sensi, lo sposalizio avverabile tra uomo e natura, tra es-sere e il cosmo, tra un misticismo clandestino e l'incantesimo della terra. Quest'opera nuovavede Massimo Lippi farsi carico di un dolore: l'emigrazione dell'intuizione verso una formainedita: «La mia poesia oggi / è scritta con il sangue»; «Poeti / prima di nascere eravamo / ete-rozigoti»; «Ti prenderà per mano il Dio del caso / quando canta il senso del sublime»; «Chi in-venta petali / per le tue rose chi per le cose e le pose / per le tue cosce languide / sospese» e,in ultimo, «Mare-mare rosso-ritmo! Alle interferenze il tempo non fa caso / posso incorniciareun giorno / e respirando ridere dell'alba: / la prima poesia è la luce». Di questi versi colpisce in-nanzitutto una sconosciuta percezione del tempo della poesia, la sua virtù melodica e allostesso istante coloristica - di paesaggi, immagini e situazioni-, in queste pagine trasformata inuna sorta di voce visionaria, che poi tende ad alterarsi in un vortice dove pensiero e istintopoetico assurgono a nuova proposta della scomodità dell'esserci, qui e ora. Se, prima di questaraccolta, Massimo Lippi aveva abituato il suo pubblico a una poesia-discorso, a una orazionedell'animo (non si dimentichi l'esperienza delle ottave, tipiche della Toscana, qui, nelle bet-tole del viterbese, re-inventate quale intrattenimento per pochi eletti), adesso, alla coralità ealla popolarità del suo canto, egli preferisce sì pubblicizzare la sua vita nella poetica, ma sitratta di una dichiarazione di altro tono, quasi nascosta, oseremmo dire vergognosa, dimostra-zione che alla possibilità di essere fruita oralmente privilegia il riserbo di una ingenua spregiu-dicatezza. Ecco perché questi versi danno fresche e fruttuose indicazioni di intensità rispettoalle poesie del passato, quasi a dire che (forse) la possibilità di usufruire di strumenti multipli(vedi la pittura, per l'autore meno significativa rispetto alla parola), abbia concesso a MassimoLippi il lume per vedere e capire come mai gli era capitato in precedenza il suo pensiero im-maginato. La forma spesso sapiente della poesia di Lippi (che si avvale spesso di una prosa ri-paratrice) è qui chiamata a un rinnovamento: ossia investe la mediocrità dell'individuopostmodemo (l'individuo televisivo e narcisista della propria immagine, del proprio successo).L'autore lo fa iniziando a manovrare la sua ispirazione, scambiandone le motivazioni (quasi sitrattasse di edificare un mondo diverso come si è soliti fare da bambini con le costruzioni dilegno) e immettendovi quei lampi autobiografici capaci di affrontare temi di una creazione ar-tistica, che include sia il martirio dell’esistenza, sia la sua transitorietà su questa dimensione.Ecco allora che le rime di quest'opera si arricchiscono di quello humour morale lanciato den-tro il proprio tempo e dentro sé stessi, dentro la ri-scoperta del dettaglio infimo, quotidianoe privo d'ogni stupida suggestione: «Mattino che nascondi la notte di passione, fai nascere inun fiore d'amaranto / tutto il profumo suo ma bagna di rugiada, mai di pianto». E da spettrodella immagine poetica costantemente votata alla sua consumazione, Massimo Lippi – per-dutamente innamorato delle parole – sa intonare versi di perizia suprema e di squisitezza rara:«Come la rosa-sposa china la testa / al bacio-davanzale / così / il tempo sull’omero sull'ulna /riposa-risale / fischiettando uno strano madrigale: / Dimmi / dimmi-dimmi-dimmi / Del dif-ferente canto dell'olivo / e / delle ginestre».

Maurizio Gregorini2008

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Questo volume è stato stampatoa Viterbo nel mese di giugno del 2008

presso la stamperia Agnesottidel sig. Bruno Pierro.

Elettromagneticacelesteè edito in 600 esemplari

firmati dagli autori.100 copie accompagnano

un’acquatinta numerata firmata.

Questo volume è l’esemplare

n°___________

© 2008 by Cervo VolanteAll rights reserved

Book design by Sandra Holt

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