ilcentro-25anni

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 LA NOSTRA  STORIA  CON L’ABRUZZO di Sergio Baraldi V enticinque anni per un giornale non sa- rebbero molti, siamo un quotidiano giovane. Ma per il Centro lo sono. La scommessa lanciata dal Gruppo L’Espresso nel 1986 è stata vinta: oggi questo è il primo quotidiano della Regio- ne. Ma ciò che più conta, il giornale e l’Abruzzo hanno percorso insieme una lunga storia. Non era scontato che accadesse, ma così hanno vo- luto gli abruzzesi, che ci han- no scelto come il “loro” gior- nale. In questi anni, siamo cam- biati entrambi: l’Abruzzo è cresciuto, è diventato un ter- ritorio che ha superato la sua antica debolezza e margi- nalità, e oggi aspira a diven- tare una Regione dinamica del centro del Paese. E’ una regione ferita dal terremoto, ma ha l’orgoglio di volersi rialzare e ricostrui- re. La sua economia è stata colpita dalla grande crisi in- ternazionale, ma si avverte la speranza di ricominciar e. Il Gruppo L’Espresso nel 1986 decise di giocare una sfi- da: la creazione di un quoti- diano regionale. Ma dobbiamo ricordarci che anche gli abruzzesi han- no accettato la sfida di tra- sformarlo nel giornale di questa terra. I direttori che si sono sus- seguiti, i giornalisti e i tipo- grafi che vi hanno lavorato, hanno costruito un patrimo- nio non solo per l’editore, ma per la società. Non a caso, Mario Lenzi l’inventore dei giornali locali del Gruppo, osservò che la nascita del quotidiano tra- sformava i “residenti” in “cit- tadini”. (Continua a pagina 3)

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LA NOSTRA 

STORIA 

CON L’ABRUZZOdi Sergio Baraldi

Venticinque anni per

un giornale non sa-rebbero molti, siamo

un quotidiano giovane. Maper il Centro lo sono.

La scommessa lanciata dalGruppo L’Espresso nel 1986è stata vinta: oggi questo è ilprimo quotidiano della Regio-ne. Ma ciò che più conta, ilgiornale e l’Abruzzo hannopercorso insieme una lungastoria. Non era scontato cheaccadesse, ma così hanno vo-luto gli abruzzesi, che ci han-no scelto come il “loro” gior-nale.

In questi anni, siamo cam-biati entrambi: l’Abruzzo ècresciuto, è diventato un ter-ritorio che ha superato lasua antica debolezza e margi-nalità, e oggi aspira a diven-tare una Regione dinamicadel centro del Paese.

E’ una regione ferita dalterremoto, ma ha l’orgogliodi volersi rialzare e ricostrui-

re. La sua economia è statacolpita dalla grande crisi in-ternazionale, ma si avvertela speranza di ricominciare.

Il Gruppo L’Espresso nel1986 decise di giocare una sfi-da: la creazione di un quoti-diano regionale.

Ma dobbiamo ricordarciche anche gli abruzzesi han-no accettato la sfida di tra-sformarlo nel giornale diquesta terra.

I direttori che si sono sus-seguiti, i giornalisti e i tipo-grafi che vi hanno lavorato,hanno costruito un patrimo-nio non solo per l’editore,ma per la società.

Non a caso, Mario Lenzil’inventore dei giornali localidel Gruppo, osservò che lanascita del quotidiano tra-sformava i “residenti” in “cit-tadini”.

(Continua a pagina 3)

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 3DOMENICA 3 LUGLIO 2011IL CENTRO

Il presidente del Gruppo L’Espresso Carlo De Bendetti in visita al “Centro” nel 2009 Carlo Caracciolo fondatore del Gruppo L’Espresso scomparso nel 2008 qui in visita alla redazione del “Centro”

 

IL PRIMO ANNO

L’avventura degli inizi

nel giornaledegli abruzzesi

 di Giuliano Di Tanna

«Il Centro si proporrà un’informa-

zione fresca e tempestiva, darà as-siduo sostegno a tutte le iniziative

opportune, da chiunque proposte; e si met-terà al servizio delle collettività, fornendoa loro le notizie che rendono più sopporta-

bile l’assillo dei problemi d’ogni giorno».Ugo Zatterin riassumeva così il compito diun giornale nell’editoriale pubblicato sulprimo numero del “Centro” il 3 luglio 1986.Parole, quelle del primo direttore del no-stro quotidiano, utili oggi come 25 anni fa.

Il “Centro”, che oggi com-pie un quarto di secolo di vi-ta, prima di essere un giorna-le di carta, era stato, per me-

si, una fragola, grossa e suc-cosa, quella che campeggia-va sui poster affissi in tuttol’Abruzzo per annunciarel’arrivo di un nuovo quotidia-no.

Lo slogan che accompagna-va il frutto primaverile: «No-tizie primizie».

Uno staff di giornalisti epoligrafici aveva lavoratoper più di tre mesi al parto aPescara. Prima in poche, pic-cole stanze di un apparta-mento al secondo piano diun palazzo di corso VittorioEmanuele; poi al piano terradi un’ex officina di meccani-ci in via Quarto dei Mille chesarebbe diventata la primasede del giornale. A coordina-re tutto il direttore, Ugo Zat-terin, volto storico delle Tri-bune politiche della Rai inbianco e nero che, da poco,aveva lasciato la guida del

Tg2.Al suo fianco, Carlo Puc-

ciarelli, condirettore, uo-mo-macchina del giornale,

ex caporedattore di Paese Se-ra. Lucia Visca era il capore-dattore. Ai loro ordini c’eraun gruppo di una ventinagiornalisti, quasi tutti menoche trentenni, e una rete ca-pillare di collaboratori spar-si per l’Abruzzo, quasi tuttialle prime armi, ai quali biso-gnava insegnare il mestiere,giorno dopo giorno, mentrenel frattempo si faceva ilgiornale. In tipografia l’etàera ancora più acerba: c’eraanche chi veniva a lavoraredi pomeriggio, dopo aver pas-sato la mattinata in classe eaver fatto i compiti. Quattrole sedi: Pescara, quella cen-trale, L’Aquila, Chieti e Tera-mo. L’obiettivo? Quello di fa-re un giornale che raccontas-se la realtà di una regioneche stava uscendo dal sotto-sviluppo senza pregiudizi eal di là degli steccati ideologi-

ci, con attenzione alle storiee ai personaggi.

Le ore di lavoro non si con-tavano, i giorni di riposo era-

no un optional, ma a far pas-sare in secondo piano tuttoera l’adrenalina alimentatadall’entusiasmo di partecipa-re all’avventura della crea-zione di un nuovo giornale.

Nel mondo predigitale di25 anni fa, anche il fax, chesi chiamava ancora teleco-pier, sembrava un marchin-gegno magico capace di ac-corciare i tempi e dimezzarela fatica del lavoro. C’era an-cora la telescrivente che bat-teva i lanci delle agenzie,chiusa in una stanza, comeun ospite impresentabile,per evitare che il fracassomandasse ai matti i giornali-sti. Per non parlare dellamacchinetta telefoto chestampava le immagini inbianco e nero dell’Ansa, piùsilenziosa ma lentissi-ma. In compenso, i compu-ter — i caratteri verdi sul

fondo nero del video — per-mettevano ai giornalsti di fa-re direttamente i titoli degliarticoli.

Fuori dalla redazione, ilmondo della politica e dellacronaca nera, dello sport edegli spettacoli, era una ter-ra vergine da conoscere econquistare palmo dopo pal-mo, armati solo di un taccui-no, una biro e una manciatadi gettoni telefonici in tasca.

Come stella polare, in quel

mondo desolatamente privodi palmari, cellulari, e-mail,sms e wi-fi, bastavano e avan-zavano l’esempio dei nostricolleghi più esperti e le paro-le che avevamo letto in quelprimo editoriale di Zatterin:«Il “Centro” non è il giornaledel governo o dell’opposizio-ne né di un partito o d’unacorrente, né rappresenta ca-tegorie o interessi particola-ri».

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3 LUGLIO 1986

 

DALLA PRIMA

LA NOSTRA STORIA 

CON L’ABRUZZO

La differenza consiste nel fat-

to che un giornale pensato, rea-lizzato e stampato in Abruzzosarebbe diventato l’arena aper-ta a tutti in cui discutere del be-ne comune e dei diritti indivi-duali. E’ la possibilità di cono-scere e partecipare che cambiala qualità del nostro essere cit-tadini, e dello stesso legame so-ciale. Oggi che c’è da affronta-re la fatica del dopo terremoto,che occorre risalire la chinadella crisi, che la società devescegliere tra la permanenzadel vecchio e il mutamento delnuovo, il giornale rimane il luo-go privilegiato della discussio-ne e del confronto, il punto diriferimento di un territorioche cerca la sua via nella com-plessità moderna. E’ su questecolonne che la comunità ragio-na sulla direzione per il doma-

ni. Se Il Centro ha raggiuntoquesto traguardo, quindi, il me-rito è soprattutto dei lettoriche ci hanno sostenuto e datofiducia. Il patto che lega unquotidiano e il suo territorio èun patto di amicizia, di recipro-co riconoscimento. Se vi ag-giungiamo il sentimento di ap-partenenza reciproca, ci accor-giamo che su queste pagine siè specchiata l’identità della so-cietà abruzzese. Il ruolo che ilgiornale ha cercato di svolgereè sempre stato quello di diven-tare uno strumento vivo al ser-vizio della collettività. L’im-presa cominciata il 23 lugliodel 1986 può continuare connuove ambizioni. L’avventurapiù bella per Il Centro restaquella di diventare ciò che è,ogni mattina, nell’incontro coni lettori.

Sergio Baraldi RIPRODUZIONE RISERVATA

  Ripubblichiamo l’articoloche scrisse, in occasione dei 20 anni del Centro, Mario Lenzi,il giornalista, scomparso all’i-

nizio dell’an-no, fondatoredella catenadei quotidia-ni del Grup-  po L’Espres-

so, e «padre»del nostro giornale.

di Mario Lenzi

Igiornali sono, per noi tuttiugualmente preziosi per-ché sono strumenti di impe-

gno culturale e calcolo prendi-

toriale. Per chi ci lavora diven-tano ragioni di vita, ci piaccio-no anche i loro difetti. Ma mol-ti hanno testate antiche, alcunisono di cento anni fa, l’editoreli ha acquistati, rivitalizzati,rinnovati, potenziati. Alcuni in-vece non c’erano. Li abbiamo

pensati noi, li abbbiamo co-struiti noi. Ora la gente va all’e-dicola e li acquista. I redattori,gli amministrativi, gli operai cilavorano ogni giorno. Ragazzee ragazzi imparano il mestiere.Nascono nuove idee. Altre for-me di creatività si fanno stra-da. Essere stati noi a dare il viaa tutto questo è un grande mo-tivo d’orgoglio. Vent’anni fanon c’era niente. Dove nullaesisteva, sono nate una sede,una redazione, una fabbricache fondono la elaborazione in-tellettuale con la realizzazione

manuale, le idee col lavoro. E’per questo che siamo affeziona-ti in particolare al “Centro”. Ciappartiene più di ogni altro,perché l’abbiamo fatto.

E un giornale che nasce inuna città, in una regione, è unevento di straordinaria impor-tanza. Più del palazzo del Co-mune, più della banca e della

chiesa, la sede del giornale ap-partiene a tutti. Trasforma i re-sidenti in cittadini. E’ un segnoforte di identità, il legame cheunisce le città all’area cultura-le ed economica che le circon-da. Vent’anni è un periodo mol-to breve, ma in questi vent’an-ni l’Abruzzo è cambiato. Erauna delle regioni più povere eabbandonate d’Italia, ora èuna fra le più attraenti e di piùveloce sviluppo. E anche se so-no nati altri problemi, anchese sono scoppiate altre contrad-dizioni, la gente ha sofferto ma

è andata avanti. Quando ci ren-demmo conto che una regionedi cosi straordinaria vitalitànon aveva una voce (e ne era-no rimaste pochissime, in Ita-lia) decidemmo di essere noidell’Espresso a dargliela. Nonfu un dono: fummo noi a esse-re gratificati. Sapevamo chenon saremmo stati soli, che la

gente ci avrebbe aiutati, peraiutare sé stessa. Avevamoun problema, nessuna impre-sa editoriale ha successo, nes-suna operazione culturale rie-sce se i costi superano quantopuò essere, nel tempo, copertodai ricavi. Avevamo di frontedue tempi, con due traguardi:quello della nascita e quellodel consolida-mento. Noisuperammoil primo tra-guardo. Mase poi è stato

superato an-che il secon-do, il meritonon è stato più nostro, ma diquelli che hanno lavorato qui,in questi 20 anni. E dei nostrilettori, che hanno sopportato inostri errori e ci hanno datoamicizia e fiducia.

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 IL RICORDO

UN SEGNO D’IDENTITA’

 Il giornale comestrumento

di impegno culturale

 Un quotidianotrasforma i residenti

in cittadiniMario Lenzi

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 5DOMENICA 3 LUGLIO 2011IL CENTRO

LE STORIEE I PERSONAGGI

In politica la lista della Genziana anticipa l’esperienza dell’Ulivo

 

1987 

1988 

1989 

1990

 

Il volo di Cocciolone nell’Iraq in guerra  E l’omicidio della piccola Cristina Capoccitti a Balsorano sconvolge l’Italia

di Sandro Marinacci

Il 2011 che corre verso il

giro di boa ricorda ilquarto di secolo di que-

sto giornale, ma se c’è un po-sto in Abruzzo dove invece iltempo s’è fermato a ventunoanni fa, è Case Castella. Nel-

la piccola frazione di Balsora-no, nella Marsica, il calenda-rio si è bloccato alla paginadella sera torrida del 23 ago-sto 1990, quando la piccolaCristina Capoccitti sparì nelnulla. All’alba del giorno do-po i cani poliziotto ritrove-ranno il corpicino privo di vi-ta. Cristina aveva appena 7anni. Sono passati più di duedecenni da quell’agosto afo-so, l’Abruzzo e Balsorano sisvegliarono sulle prime pagi-ne di tutti i quotidiani e neititoli di testa dei telegiornali.«Uccisa dopo alcuni atti di li-bidine», hanno sancito neglianni i tre gradi di giudiziocon la condanna definitiva al-l’ergastolo di Michele Perruz-za, muratore quarantenne,zio della vittima.

Sui giornali quel delitto c’èrimasto per mesi e per anni,ne è la memoria storica l’ar-

chivio del Centro che lo haraccontato fin dall’inizio, loricorda chi di noi al Centro

c’era dalle origini. Così comericostruisce gli anni chedal’87 al 1991 hanno segnatoun’epoca. Persino nella poli-tica, stagnante in quel tra-montare del ventennio prece-

dente che aveva segnato il de-collo economico e sociale del-l’Abruzzo. Regione che sem-brava condannata al sottosvi-luppo e che viceversa trovòenergie e unità di intenti trale diverse forze politiche perpartorire il «miracolo» chel’ha portata in cima alle clas-sifiche del benessere. Nell’au-tunno del 1989 in Abruzzo ilmondo politico fu messo sot-tosopra da un avvenimentofuori dell’ordinario. Succes-se all’Aquila. La rivoluzionefu innescata dal Pci cittadi-no. Sull’onda emotiva dellacaduta del Muro di Berlino,il segretario di federazioneEdoardo Caroccia lanciò lasfida. Per le elezioni comuna-li dell’anno successivo pro-mosse la formazione di unalista aperta agli altri partitidi centro sinistra, lista in cuiil Pci rinunciava a bandiera

e simbolo. Aderirono i repub-blicani, i radicali di Pannel-la, il Psi e sorprendevolmen-te una parte della Dc. Nac-que così la coalizione «Con-venzione democratica», unaspecie di «Ulivo» ante litte-ram che per simbolo scelse

la Genziana. Caroccia e il Pciaquilano precedettero la«svolta» della Bolognina diAchille Occhetto che cam-bierà nome al Pci. Non durò,alle elezioni comunali la Gen-ziana fu battuta, trionfò laDc di Enzo Lombardi eletto

sindaco, e quella rivoluzionecopernicana di Caroccia,osteggiata sin dall’inizio dalPci ufficiale, non sopravvis-se alle elezioni anticipate didue anni dopo. Ma la risonan-za nel mondo politico nazio-nale fu grande. A quella bre-ve e intensa storia il Centro

dedicò pagine di cronaca vis-suta in prima fila.

Come la cronaca dal frontedella guerra vera che si cata-pultò in redazione, all’Aqui-la, all’alba del 18 gennaio1991. La guerra era quelladel Golfo, la prima. Il 2 ago-sto dell’anno precedente l’e-sercito iracheno di SaddamHussein aveva invaso ed oc-cupato il Kuwait; due giornidopo gli Stati Uniti mandaro-no truppe in Arabia Saudita,il Consiglio di Sicurezza del-l’Onu decretò l’embargo neiconfronti dell’Iraq e autoriz-zò l’uso della forza per impor-re l’embargo. A settembre siformò l’alleanza politica e mi-litare attorno agli Stati Uni-ti, e il 17 gennaio 1991 gli ae-rei della coalizione lanciaro-no i primi bombardamentisulle forze armate irachene,sia sul territorio dell’Iraq

che su quello del Kuwait. Il18 gennaio il maggiore Gian-marco Bellini (pilota) ed il ca-pitano Maurizio Cocciolone(navigatore), a bordo del loroTornado in missione di guer-ra vennero abbattuti, si lan-ciarono col paracadute e fu-rono catturati dalle truppe

irachene. Per alcune ore nonvi furono notizie sulla lorosorte. Il 20 gennaio la televi-sione irachena mostrò ungruppo di prigionieri di guer-ra, fra cui Cocciolone. Il suovolto tumefatto suggeriva untrattamento brutale e le paro-le da lui pronunciate sembra-vano dettate dai suoi carce-rieri.

La grande stampa naziona-le ed estera, le televisioni,amplificarono la vicenda delcapitano Cocciolone, aquila-no, con numerosi servizi rea-lizzati in città e interviste al-la sua famiglia nella casa diPettino durante il periododella prigionia. Una vicendadrammatica e lunga finita be-ne, con la liberazione e il ri-torno in patria. Anche lì que-sto giornale, il Centro, seppemostrare la sua vitalità.

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1991

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 7DOMENICA 3 LUGLIO 2011IL CENTRO

LE STORIEE I PERSONAGGI

Il 29 settembre 1992 vengono arrestatiil presidente Salini e tutti gli assessori

 

1992 

1993 

1994 

1995

 

Tangentopoli chiude l’era di Gaspari L’arresto della giunta regionale e il mistero mai risolto dell’omicidio Fabrizi

di Lorenzo Colantonio

Il gasparismo delle gran-

di infrastrutture e delleraccomandazioni, dei fa-

vori e del consenso, cade co-me una foglia d’autunno lanotte tra il 29 e il 30 settem-bre del 1992. Cade ma non

muore, quando Rocco Salinie la sua giunta vengono arre-stati all’Aquila, perché 435miliardi di lire di fondi Pop,distribuiti solo agli amici de-gli amici, scoperti da Fabri-zio Tragnone, non erano ilfrutto di mazzette ma soloabuso d’ufficio. La Tangento-poli che, tra il 1993 e il ’96cambia la storia politica d’A-bruzzo e spazza via potenti eintoccabili, parte da Chieti,qualche mese dopo e si esten-de subito a Pescara. La mic-cia però l’innesca un miste-rioso killer la notte tra il 4 eil 5 ottobre del 1991 in piazzaLeopoldo Muzii a Pescara.

E’ un omicidio borghesequello di Fabrizio Fabrizi,quarantenne avvocato teati-no, brillante, geniale e spre-giudicato. Non si è mai sco-perto chi lo ha ucciso e chiordinò di farlo. Ma quel kil-

ler dagli occhi di ghiaccioche colpì quattro volte Fabri-zi, mancando il quinto colpo,senza volerlo spalancò la cas-saforte delle tangenti. Nel-l’ufficio del rampante avvo-cato teatino, in via Milano 10a Pescara, infatti, Luigi Savi-na, il capo della Mobile che

dieci anni dopo a Palermo ar-resterà Brusca, trova le pro-ve del malaffare. Quelle del-lo scandalo dei trasporti edella formazione, che dannoun primo colpo alla Dc di At-tilio D’Amico. Quelle dei ri-fiuti di Chieti, Pescara e Va-sto. Tangentopoli ha un effet-to devastante. Sparisconogiunte democristiane e socia-liste. Sparisce il gasparismo.

E’ l’alba del 3 febbraio 1993quando Nicolino Cucullo, te-nace oppositore della giuntadi Andrea Buracchio figlioc-cio politico di Anna NennaD’Antonio, comincia a girarein pigiama sulla sua vecchiaFiat 500 rossa. Passa sotto ca-sa degli assessori e attende.Il primo ad essere prelevato,al terzo piano di un palazzoall’ingresso di Chieti, è l’as-sessore al traffico. Poi tuttigli altri tranne il sindaco.

Dalle carte spuntano tangen-ti sotto ogni forma. Persinoin marenghi d’oro, in postida dirigente nelle piscine co-munali e in soldi da investi-re in fiammanti Maserati Bi-turbo.

L’applauso di mille perso-

ne, undici giorni dopo, acco-glie all’ingresso del carceredi Madonna del Freddo il cel-lulare che trasporta Burac-chio. Il sindaco dc del consen-so da record entra in cella lanotte di San Valentino. Equelli che, fino al giorno pri-

ma, gli erano stati vicino fan-no festa. Stappano lo spu-mante e brindano.

Impiega un attimo il torna-do di Mani pulite a raggiun-gere Pescara: alle 3 in puntodella notte del 3 marzo, ilpubblico ministero PietroMennini esce dalla procura

accompagnato dal capo dellaDigos, Patrizio Di Frischia.

Mennini, allora sostitutodel procuratore Enrico Di Ni-cola, ha verbalizzato due con-fessioni fiume su tangentiper l’appalto dei rifiuti paga-te da Cogepi e Manunten-coop a Dc, Psi e Pri. E a duegiornalisti che lo aspettanosotto le colonne di palazzoMonti, dove aveva sede laprocura, dice: «Guai a voi sescrivete qualcosa».

Il primo aprile, Pino Cic-cantelli, sindaco democristia-no che aspirava al parlamen-to, finisce al San Donato conla sua giunta. Persino Giu-seppe Quieti, il Gaspari pe-scarese, per tutti “pennabianca”, cade sotto i colpi diTangentopoli che coinvolgeanche il repubblicano Rosa-rio Bosco e il socialista PieroD’Andreamatteo, che però

gode di immunità parlamen-tare. I figli di Gaspari esconodi scena, lasciano il posto achi li aveva combattuti. Cu-cullo stravince le elezioni aChieti. Diventa il sindaco pic-conatore, esce per stradabrandendo un piede di porcoper demolire le opere pubbli-

che fatte male o pagate contangenti. A Pescara il nuovosindaco è Mario Collevec-chio, cognato del procurato-re Di Nicola che, insieme alsostituto Mennini, aveva fat-to confessare tutti, anche Ne-vio Piscione, ex sindaco che,messo di fronte al potenteQuieti, dice una frase manzo-niana: «Pentiti Peppì! Fai co-me me, confessa tutto».

A questo punto il gaspari-smo è morto davvero. Ma l’A-bruzzo delle grandi infra-strutture si ferma, le racco-mandazioni restano e pure lemazzette. Molti dei protago-nisti di quel periodo non cisono più, la  pietas più che leassoluzioni impongono ri-spetto. E di quegli anni oggisi può solo dire che, comenel Gattopardo, tutto cambiòper non cambiare nulla.

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1996

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 11DOMENICA 3 LUGLIO 2011IL CENTRO

LE STORIEE I PERSONAGGI

Il 16 ottobre 2000 il giornalista  Antonio Russo viene ucciso a Tiblisi

 

1997 

1998 

1999 

2000

 

L’Abruzzo ha il suo Grande Fratello Il successo tv di Taricone, l’esordio di Trulli in Formula 1, lo scudetto alla pallanuoto

di Luigi Di Fonzo

Quello che si presenta

a cavallo del millen-nio (anni 1997-2001) è

un Abruzzo ancora protago-nista per le vicende legate al-le inchieste di Tangentopolie alla cronaca, ma anche per

lo sport e lo spettacolo.Il 1997 si apre con l’inizio

della straordinaria avventu-ra in Formula 1 del giovanepilota pescarese Jarno Trul-li, che a bordo della Minardicattura l’attenzione degli ap-passionati di automobilismogià dai primi Gran premi. Po-chi mesi dopo, è il 15 giugno,lo scudetto della pallanuotova alla Walter Tosto Pescaraa conclusione di una combat-tutissima finale con il fortePosillipo. Dopo dieci anni, lasquadra dei campioni Fran-co Ponzio, Alessandro Calca-terra e Manuel Estiarte ri-porta lo scudetto in Abruzzo.

Sul fronte delle inchieste,sempre a giugno 1997 è l’exsottosegretario alle Finanzedi Sulmona Nino Susi a tro-varsi coinvolto nello scanda-lo Serit: per lui la Procura diRoma chiede il rinvio a giudi-

zio insieme ad altri undici in-dagati. L’altra grande inchie-sta nata in quei mesi è quelladella cosiddetta «Mafia delpesce» che vede tra i princi-pali accusati due noti fratellicommercianti. La Procura diPescara sembra sollevare unvelo su una organizzazione

criminale di stampo locale(29 gli indagati, di cui 11 rin-viati a giudizio) che coinvol-gerebbe la marineria e la po-litica. Bisognerà attenderequattordici anni perchè ungiudice metta la parola finealla teoria sul racket del pe-sce, assolvendo tutti.

Nel frattempo un generalepescarese, Luciano Forlani,viene chiamato a comandarela Forza internazionale diprotezione in Albania. Il ca-po di Stato Maggiore dell’E-sercito è un altro abruzzesedoc: l’ammiraglio teramanoGuido Venturoni. C’è un al-tro abruzzese che salta aglionori della cronaca per isuoi alti meriti: è il chietinoLuigi Savina, dirigente dellasquadra mobile di Palermo,che viene nominato dal capodella polizia al vertice dellaCriminalpol campana.

Il 15 aprile 1997 muore a 75anni il senatore del Pci Fran-cesco D’Angelosante, origina-rio di Penne. Alla fine deglianni Settanta aveva presie-duto la commissione d’in-chiesta sullo scandalo Lo-ckeed, diventando il simbolo

di un’Italia contraria al ma-laffare e alle ruberie. Di unapolitica che, se all’epoca fos-se intervenuta seriamente econ decisione, probabilmen-te non avrebbe vissuto la sta-gione di Mani pulite.

Strage sull’autostrada

A-25: è il 15 luglio 1997 quan-do un pullman di turisti ro-mani fermo in territorio diBussi per un’avaria viene in-vestito da un Tir impazzito.Sette i morti tra i turisti, gra-ve un agente della poliziastradale.

Nel gennaio 1999 un grup-

po di imprenditori collegatoalla finanziaria svizzera Te-ctagon acquista dei terreniin contrada Ceppeto di Toccoda Casauria. Vogliono realiz-zare un progetto per la pro-duzione industriale di rimor-chi per autocarri. Il sognodella Val Pescara si chia-merà prima Merker Yshimae poi Merker: la fabbrica arri-verà ad avere 580 dipendenti,di cui circa 200 unità impie-gate soltanto nel ramo impie-gatizio. Sarà la Guardia dellafinanza a indagare sulla co-lossale bancarotta e ad arre-stare gli amministratori.

Il 16 ottobre del 2000 vieneucciso a Tiblisi, in Georgia,il reporter di Radio RadicaleAntonio Russo, nato a Chietie giornalista free-lance in pri-ma linea per raccontare laguerra e le violenze nelle exRepubbliche Sovietiche. La

madre Beatrice accusa aper-tamente i servizi segreti rus-si; la città di Francavilla alMare dedicherà al reporterscomparso un premio giorna-listico.

Il 22 dicembre si concludela prima, seguitissa edizionedel Grande Fratello, che ve-

de protagonista un giovaneoriginario di Trasacco: Pie-tro Taricone. Il concorrenteabruzzese sembra avere lemaggiori chance, ma a vince-re il reality è una bagnina diIseo, Cristina Plevani. Il suc-cesso comunque arride a Ta-ricone, che da allora saràprotagonista di film e fortu-nate serie televisive fino altragico incidente di un annofa. Il 18 gennaio 2001 la regio-ne è ancora protagonista intelevisione grazie al Supere-nalotto: giornalisti e teleca-mere si precipitano a Popoliper cercare il proprietario diuna schedina pagata 4.750 li-re che ha realizzato un «5più 1» da 7 miliardi e mezzodi lire. A vincerla sarebbestata un operaio della zona.Ma lui ha sempre smentito.E il mistero è rimasto.

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2001

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 13DOMENICA 3 LUGLIO 2011IL CENTRO

LE STORIEE I PERSONAGGI

Le polemiche sul terzo traforoe le ultime visite di Papa Wojtyla 

 

2002 

2003 

2004 

2005

 

Gli anni delle promesse non mantenute L’Abruzzo rallenta lo slancio economico mentre si affaccia una nuova classe politica

di Giustino Parisse

Gli anni dal 2002 al 2006

sono quelli che avreb-bero dovuto dare alla

nostra regione lo slancio ne-cessario per portarla ad avvi-cinarsi, soprattutto dal puntodi vista economico, alle regio-

ni più ricche del centro nord.I dati economici di quegli an-ni promettevano bene. Sullascena della politica emergeva-no personaggi su cui veniva-no riposte molte speranze do-po gli stravolgimenti politicied economici causati dalle in-chieste giudiziare degli anniNovanta del secolo scorso.

Il 2002 si aprì con una no-vità che coinvolse l’Italia e al-tre nazioni europee: l’introdu-zione dell’euro. A fine 2001nei nostri articoli sul Centro

vicino alle cifre in lire, scrive-vamo il corrispettivo in euro.Ci furono forniti anche deipiccoli calcolatori per fare ilconteggio. Ricordo ancora l’e-mozione della sera di Capo-danno 2002 quando andai aun vicino bancomat per ave-re le prime banconote in eu-ro.

Il 2002 fu anche l’anno delle

elezioni comunali dell’Aqui-la. Fino ad allora il Comuneera guidato da una giunta dicentrodestra con un sindaco,Biagio Tempesta, che arriva-va dalle file del Movimentosociale. Il centrosinistra con-vinto che Tempesta avrebberivinto senza problemi (an-

che se alle politiche dell’annoprima il candidato dell’UlivoMassimo Cialente aveva sba-ragliato il campo) candidò unmoderato, Celso Cioni, prove-niente dalle fila della Dc. Nonci fu competizione e Tempe-sta si assicurò altri cinque an-ni di governo in cui la cittàcontinuò a vivacchiare nellaplacida vita di provincia dovegli orticelli non si toccano ela politica è solo il modo pergiocare un po’ con il potere.

In Regione dal 2000 al 2005alla presidenza c’è stato Gio-vanni Pace, uomo di grandeesperienza, a lungo deputatodi An. Un Abruzzo dunqueche guardava soprattutto adestra. A Chieti nel 2003 eraancora in sella Nicola Cucul-lo un uomo orgogliosamentedi destra che nella sua cittàfu eletto più volte anche co-me reazione a una gestione

del potere che prima di luiera stata spesso nel segno delclientelismo. A Pescara nel2003 venne fuori LucianoD’Alfonso destinato a una lu-minosa carriera politica inter-rotta nel 2008 — dopo moltianni alla guida del Comune

di Pescara — a causa di unainchiesta giudiziaria. Nel2005 alla presidenza della Re-gione era arrivato OttavianoDel Turco, sindacalista e poli-tico di centrosinistra di gran-de prestigio ma che — nel lu-glio del 2008 — fu costretto a

lasciare la carica di governa-tore sempre per una indaginedella magistratura. A Tera-mo nel 2004 spuntò un giova-ne commercialista, GiovanniChiodi, che dopo aver guida-to il suo Comune fu scelto nel2008 da Berlusconi come can-didato a guidare la Regione.

Uomini di esperienza e levepiù giovani che avrebbero do-vuto dare alla Regione la spin-ta per farne un modello di svi-luppo e di crescita economi-ca. Molte di quelle aspettati-ve sono andate deluse. E’ frail 2002 e il 2006 che la crisi in-dustriale porta a chiudereaziende importanti. All’Aqui-la ad esempio fra un corteo el’altro dei lavoratori, si cele-brano i funerali del polo elet-tronico che da quasi 6.000 ad-detti passa in una decina dianni praticamente a zero.

Dal punto di vista della si-curezza sociale la regione con-tinua a essere, almeno daquello che emerge dalle rela-zioni annuali della magistra-tura, un’isola felice. I fattisuccessivi dimostrerannoche non era poi così felice eche “sotto traccia” la malavi-ta era ed è ben presente.

In quegli anni si discutevain maniera accesa e a colpi dicarta bollata della realizzazio-ne del terzo traforo del GranSasso. La scienza e l’Anas loritenevano indispensabile, gliambientalisti un ulterioresfregio alla montagna. Il ter-zo traforo non è stato più rea-

lizzato.Nel marzo del 2002 il sotto-

segretario abruzzese del cen-tro destra Dell’Elce ebbe unincidente con un elicottero, ri-portò gravi ferite e per alcunigiorni di temette per la sua vi-ta. Fra il 2002 e il 2004 Giovan-ni Paolo II arriva spessimosul Gran Sasso per passeggia-re. O Ofena (L’Aquila) diven-ta un caso Adel Smith chechiede che il crocifisso vengatolto dalle aule frequentatedai suoi figli di religione isla-mica. Nell’agosto del 2004 fascalpore il suicidio in carceredel sindaco Di Roccaraso Ca-millo Valentini arrestato nel-l’ambito di una inchiesta giu-diziaria. Ma gli episodi da rac-contare sarebbero molteplici.Resta la delusione per 5 anniche hanno lasciato comun-que l’Abruzzo al palo.

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2006

5/6/2018 ilcentro-25anni - slidepdf.com

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D7

 15DOMENICA 3 LUGLIO 2011IL CENTRO

LE STORIEE I PERSONAGGI

Il memoriale delle vittime sul sitola prima volta per un giornale in Italia 

 

2007 

2008 

2009 

2010

 

E venne la notte del terremoto L’Aquila colpita a morte mentre le inchieste travolgono Del Turco e D’Alfonso

di Luigi Vicinanza

C’è un Abruzzo tradi-

to ripetutamente nel-la storia recente di

questa magnifica e sfortuna-ta regione. Tradito dalle clas-si dirigenti - quale che sia ilcolore politico - nel corso del-

le prove drammatiche cui so-no state sottoposte le sue gen-ti.

La malanotte, innanzitutto.Venti secondi o poco più han-no cambiato il corso di unastoria millenaria. Ore 3.32.Da quel 6 aprile 2009 la sortedell’Aquila e degli aquilani èmutata. Era prevedibile lascossa assassina? Sicuramen-te no; non in quel giorno, nonin quel preciso momento. Ep-pure... Lascio agli scienziatile dispute accademiche. Invo-co però il buon senso: da setti-mane, da mesi la terra trema-va; i primi danni erano statigià segnalati. Gli esperti peròrassicuravano a tutto spiano.Lo sciame sismico è un bene -spiegavano - si sprigiona dalsottosuolo energia poco a po-co cosicché la forza distrutti-va si allenta. Di queste tesiv’è traccia anche sul “Cen-

tro” di quei giorni. Mancavaun piano di evacuazione de-gno di questo nome, mancava-no punti di raccolta in caso difuga, mancavano tendopolidove una popolazione strema-ta avrebbe potuto trovare unpo’ di sicurezza. Si minimizza-va per non creare panico. Co-

sì il terremoto, fino a quel mo-mento negato, ha fatto 309 vit-time. Vite tradite.

Nomi e volti sono ricordatiin un “monumento virtuale”sempre presente sul sito in-ternet di questo giornale. Liabbiamo voluti ricordare co-sì, ricostruendo brandelli diesistenza, alimentando il ri-cordo di chi ha voluto loro be-ne. Per la prima volta in Ita-lia un quotidiano ha realizza-to una iniziativa di questo ge-nere. In precedenza solo il“New York Times” aveva alle-stito un memoriale per le vit-time delle Torri gemelle, se-guito poi dallo spagnolo “ElPais” per i morti negli attenta-ti nella metropolitana di Ma-drid. Il nostro scopo è statosubito evidente: non dimenti-care, non tradire almeno lamemoria.

La successiva opera di rico-

struzione è stata infatti unlungo amaro tradimento. Gui-do Bertolaso era apparso co-me un cavaliere senza mac-chia e senza paura. In una Ita-lia incapace di fare, lui decide-va, rincuorava, progettava,mostrava una via d’uscita. Di

quella stagione di speranze re-stano 14mila alloggi del pro-getto case e le risate sconcedegli amici della cricca. Berto-laso lasciò L’Aquila a finegennaio 2010 tra gli applausidi tutti; doveva diventare mi-nistro, è scomparso dalla sce-

na pubblica. I poteri commis-sariali del capo della Protezio-ne civile sono passati agli en-ti locali, Regione sopra tutti.E’ la cronaca del disincanto.

Ho diretto questo giornaleper quattro intensi anni, dalnovembre 2006 all’agosto del-l’anno scorso. Il mio cuore è

qui, ho ripetuto più volte.Non potrebbe essere diversa-mente.

In quel periodo una dupliceesperienza politica, di matri-ce riformista, è naufragatanel peggiore dei modi, conl’intervento della magistratu-ra e l’arresto dei protagonisti.Ottaviano Del Turco e Lucia-no D’Alfonso, distinti e distan-ti in tutto, accomunati solodalla medesima appartenen-za all’esile Partito democrati-co. Saranno i processi a sen-tenziare l’esistenza o menodei reati loro contestati. Era-no i cavalli di razza - il giova-ne scalpitante, il saggio anzia-no - di un centrosinistra chefino al dicembre 2008 tuttocontrollava e gestiva.

Del Turco aveva in menteuna regione che, benché pic-cola, osasse pensare in gran-de: infrastrutture, industria-

lizzazione spinta al limite del-la tutela ambientale, qualchebella mostra d’arte. E innanzi-tutto la sanità da risanare nel-la sua parte pubblica e innan-zitutto in quella privata. Nonha potuto neanche incomin-ciare l’opera. Tradito e tradi-tore al tempo stesso.

D’Alfonso ha sognato unaGrande Pescara, modello nonsolo per l’Abruzzo, da esporta-re in tutto il medio e bassoAdriatico. Edilizia, appalti egrandi opere: lo spettacolarePonte sul mare si specchiasulle ambizioni di una città; ilcalice rotto di Toyo Ito segnala disintegrazione di progetticostosi e controversi. Alla fi-ne e stato tradito l’orgoglio diuna comunità.

Di quella stagione rimaneil senso di vuoto odierno. Ungruppo politico è stato spazza-to via. Il nuovo stenta ad af-fermarsi. Si moltiplicano i po-teri commissariali, così diffu-si quanto inconcludenti. Re-sta un senso diffuso di disa-gio per una regione che meri-ta di più. Fino a quando du-rerà?

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2011

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D8

 9DOMENICA 3 LUGLIO 2011IL CENTRO

 

SPETTACOLI E CONCERTI 

Musica e teatroper il Centro

fino al 2 agostoI

l teatro e la musica fe-steggeranno i 24 annidel Centro con una se-

rie di spettacoli, tutti a in-gresso libero, in giro per l’A-bruzzo, da oggi fino al 2 ago-sto (il programma completonella scheda a fianco). Il tea-tro è quello della compagniala Bottega del sorriso, la mu-sica dell’Orchestra sinfonicaabruzzese.

Il primo appuntamento èper, stasera alle 21 (ora di ini-zio di tutti gli spettacoli econcerti), in piazza Salotto aPescara, dove la compagniateatrale abruzzese metterà

in scena lo spettacolo «Chebella famije!», commedia ine-dita scritta e interpretata dal-la Bottega del sorriso.

La famiglia è una cosa bel-lissima. Sempre... o quasi. E’l’incipit della commedia. Nel-la rappresentazione teatraledella Bottega del sorriso lastoria è ambientata nei pri-mi anni del secolo scorso, inuna famiglia di piccola no-biltà. Gilberto, Settimio e Ot-tavio sono tre fratelli che siincontrano per festeggiare ilcompleanno del maggiore.Potrebbe essere una bella oc-

casione per una rimpatriatafamiliare, ma le ambizionidelle rispettive mogli, il ca-rattere completamente diver-so dei tre fratelli e vecchiestorie mai completamente di-menticate che tornano a gal-la, portano la vicenda aduna conclusione imprevista.Ne succederanno di tutti i co-lori, ma l’importante, alla fi-ne, è poter dire «E’ na bellafamije!».

La compagnia teatrale «Labottega del sorriso» è natanel maggio del 1996 per meri-to di un gruppo di giovaniamici della vallata del Voma-

no, in provincia di Teramo.Il debutto dell’Orchestrasinfonica abruzzese è fissa-to, invece, per domenica 24luglio in piazza Duomo all’A-quila.

L’Istituzione sinfonicaabruzzese (Isa) — fondata,nel 1970 all’Aquila, da NinoCarloni — è una delle 13 isti-tuzioni concertistico-orche-strali italiane riconosciutedallo Stato. L’Isa si è rapida-mente guadagnata un’impor-tante considerazione tra leprincipali strutture di produ-zione musicale del paese.

L’Orchestra sinfonica abruz-zese, diretta da Vittorio An-tonellini, è stata spesso ospi-te di importanti istituzionimusicali sia in Italia che al-

l’estero.L’Orchestra sinfonica

abruzzese ha inciso per im-portanti etichette italiane estraniere registrando anche

concerti per la Rai.Hanno collaborato con

l’Orchestra sinfonica abruz-zese grandi direttori d’orche-stra come, tra gli altri, Carlo

Zecchi, Riccardo Muti, Gian-luigi Gelmetti, Bruno Aprea,Piero Bellugi, Philippe Ben-der, Marco Zuccarini, MarioGusella, Renè Klopfestein,Massimo De Bernard, Andrè

Bernard; solisti del calibrodi Vladimir Ashkenazy, UtoUghi, Salvatore Accardo, Pla-cido Domingo, Katia Riccia-relli, Renato Bruson, AndreaBocelli, Maurice Andrè, Her-mann Baumann, SeverinoGazzelloni, Rudolf Firkusni,Bruno Canino, Michele Cam-panella, Giuseppe Scotese,Derek Han, Boris Petrushan-sky, Massimo Quarta, Victo-ria Schneider; e anche arti-sti pop e jazz come Milva,Amii Stewart, AntonellaRuggiero ed Enrico Rava.

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Qui a fiancol’OrchestrasinfonicaabruzzeseA destrae in bassogli attoridella Bottegadel sorriso