Il viaggio degli schiavi (Elisa)

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Il viaggio degli schiavi

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Il viaggio degli schiavi

Fino alla seconda metà del Settecento, gli schiavi erano considerati una delle merci comunemente trattate nei commerci internazionali. I mercanti di schiavi, i negrieri, erano dunque considerati, sul piano morale, al pari di qualsiasi altro onesto commerciante di spezie o di altra merce. Anzi, essi erano considerati con maggior rispetto degli altri mercanti, perché erano imprenditori di successo; infatti essi disponevano di molto denaro per allestire una nave, impegnarsi in lunghi viaggi e coprire i rischi di naufragi o altri incidenti che avrebbero potuto causare la perdita della loro pregiata merce.

Questa buona considerazione del commercio degli schiavi era comune a tutti gli europei. Del resto essi sapevano che la tratta degli schiavi africani era da sempre praticata, e che gli Arabi ne avevano fatto uno dei più ricchi commerci dei loro mercanti. Gli Europei, inoltre, ritenevano che portando gli Africani in un mondo civilizzato offrissero loro la possibilità di convertirsi al Cristianesimo. Gli Africani, strappati dalle loro terre e privati della libertà, cominciarono a considerare gli Europei come dei malvagi che si arricchivano sfruttandoli.

Nacque così l'ostilità verso i bianchi, fenomeno che fino a quel momento era stato estraneo alle culture africane. Le traversate atlantiche delle navi degli schiavi avvenivano in condizioni assolutamente disumane. Per il trasporto venivano utilizzate normali navi mercantili. Nelle stive erano predisposti degli alloggiamenti nei quali era ammucchiato un gran numero di schiavi: generalmente 600 persone, cioè almeno il 50 per cento in più di quanto la stiva di una nave di quel tempo potesse contenere.

Dopo che erano stati fatti salire sull'imbarcazione, i deportati erano denudati e rasati per limitare il diffondersi di pidocchi e subito erano mandati nella stiva, che generalmente era molto bassa d'altezza e nella quale gli schiavi erano dunque costretti a stare accucciati o sdraiati. Due volte alla settimana venivano fatti salire sul ponte della nave per essere lavati mentre il taglio dei capelli era ripetuto ogni 15 giorni.

Gli uomini venivano incatenati a coppie con delle cavigliere di ferro ed erano marchiati a fuoco sul petto e sulle spalle. Essi dovevano restare quasi sempre nella stiva, aerata solo da aperture sui fianchi della nave. Essi venivano portati sul ponte della nave solo due volte al giorno, se le condizioni atmosferiche lo consentivano, per mangiare una zupppa di riso, mais, manioca e fave, e bere, a volte, un po' di rum.

Le donne, che generalmente erano un centinaio a viaggio, erano invece sistemate a prua, sotto la cabina degli ufficiali, in uno spazio comunque molto ristretto, ma esse avevano una maggiore libertà di movimento. Anche i marinai facevano fatica a vivere per mesi in spazi ridotti e dormivano a turno sulle amache collocate sul ponte della nave.

Prima di sbarcare in America, le autorità tenevano le navi in quarantena, cioè ferme al largo del porto per quaranta giorni, in modo da avere la certezza che non vi fossero epidemie a bordo. I quel periodo gli schiavi venivano resi il più possibile ”presentabili ”ai futuri acquirenti: erano nutriti meglio; i loro corpi venivano cosparsi con olio di palma e il medico di bordo si accertava delle loro effettive condizioni.

Una volta sbarcati, gli schiavi venivano offerti all'asta ai migliori offerenti: ciascuno di essi veniva messo su un tavolo o su una botte in modo che potesse essere visto da tutti. Dopo essere stato acquistato, lo schiavo veniva marchiato a fuoco con le iniziali del suo nuovo padrone, gli veniva dato un nuovo nome ed era condotto nella piantagione dove era destinato a lavorare per il resto dei suoi giorni.Gli schiavi africani erano destinati alle grandi piantagioni di zucchero, caffè, indaco, e tabacco, specie nell'America del Sud, o alle piantagioni di cotone della parte meridionale dell'America del Nord.

In particolare essi erano indispensabili nel territorio dell'attuale Brasile, che era privo di popolazioni amerinde che potessero lavorare per conto dei colonizzatori europei. Nel Sud America, in ogni piantagione lavoravano numerosi schiavi i quali, vivendo insieme, conservavano meglio la loro identità culturale. Nell'America del Nord, invece, gli schiavi erano suddivisi tra tanti piccoli proprietari e con il tempo formarono un'etnia afroamericana che mescolava caratteri africani e caratteri del mondo dei coloni.

Fin

e Elisa