Il teatro comico · 2018. 2. 22. · Carlo Goldoni e Il teatro comico c’è soprattutto la storia...

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Il teatro comico di Carlo Goldoni adattamento e regia Roberto Latini

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Il teatro comico di Carlo Goldoniadattamento e regia Roberto Latini

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Lo spettacolo di Goldoni/Latini ha la struttura, la tensione dirinvii, equilibri, situazioni di una jam session jazzistica. Temi di fondo diventano variazioni, relazioni tra gli attori el’“attore pubblico”. Ma della jam session non ha il tratto di“competizione tra virtuosi”; qui troviamo una compagnia “allaprova” del testo, meglio “dentro al testo”, e che costruisceomogeneità tra “identità” tanto diverse. È la ricerca di un equilibrio, anche fisico, esplicito nella primaparte, ma anche tra il primo e il secondo “atto teatrale”, cui il regista, “Arlecchi-no”, non si sottrae. Lettura che non tradisce lo straordinario – anche perconsapevolezza di vivere una rivoluzione, di stare aprendo un passaggio destabilizzante – testo di Goldoni. Attori-pubblico non mettono in scena lo spettacolo, maagiscono “dentro Goldoni”, che ha la coerenza, la forza, nonsenza una parte volutamente irrisolta verso il futuro, di dire delcambiamento rivoluzionario del teatro, col teatro, da dentro,non teorizzandolo “da fuori”.Il teatro comico è, certo, lo “smascheramento” dellaCommedia dell’Arte nella direzione della commedia dicarattere. Ma siamo certi che tale smascheramento espaesamento non siano nei confronti di una maschera cheda scudo esterno diviene maschera interna? Che sitrasferisce dall’attore maschera all’atto dell’attore, un teatroagito nella sua totalità ed incertezza, tra palcoscenico eplatea. Indossando e levando di continuo anche le“maschere” della memoria degli atti teatrali mostrano il nostroessere ora – siamo noi – andando in cerca del “vecchio” pertrovare il futuro, ben oltre il personaggio, il superamento dellatradizione. Un passato che non è ricordo con cui“confrontarsi”, da rimpiangere o sbeffeggiare in nome delmodernismo, ma fatti e situazioni imprescindibili nel lavorodella Compagnia di e con Latini sotto forma di “citazioni”, di“richiami” ad atti teatrali preesistenti (come nelle jam session),per creare situazioni, rinvii, variazioni imprevedibili. Come losono presente e futuro, non solo nel teatro. Senza presunzione, ma, come in Goldoni, con laconsapevolezza del cambiamento vissuto, agito, condiviso“dentro” al testo e al corpo dell’attore-spettatore. Un atto di responsabile ricerca in cui tutti, tolta la maschera,sono, siamo, arlecchini affamati di vita.

Sergio EscobarDirettore Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

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Piccolo Teatro Grassi20 febbraio 2018

Il teatro comico

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collaboratori responsabili all’allestimento

direzione tecnica Marco Rossi

assistenti alla direzione tecnicaGiulia Breno, Paolo Di Benedetto,Marco Gilberti

direzione di scena Giuseppe Milani

audio/video Rosario Calì

capo macchinista Giuseppe Rossi

capi elettricisti Claudio De Pace, Gianluigi Ronchi

costruzioni Alberto Parisiscenografia Mauro Colliva

capo sartoria Roberta Mangano

sicurezza Michele Carminati

costumi realizzati dalla Sartoria del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europareparto sartoria Chiara Angioletti, Monica Codazzi, Donatella Carrafa, Maria Kurenkova, Antonella Fabozzi, Alice Agrimonti, Marisa Cosenza,Paola Catalini, Giulia-Claudia Gambi

scene realizzate dal Laboratorio di Scenografia “Bruno Colombo e LeonardoRicchelli” del Piccolo Teatro di Milano –Teatro d’Europareparto costruzioni, carpenteria metallica,macchinisti Giorgio Armanni, Karam Awad,Ovidio Girjoi, Alessio Rongione

costruttori Agostino Biallo, Marco Premoli,Alfredo Rivetta, Angelo Superbi

reparto scenografia Nicolina Matilde Barravecchia, Alessandro De Marchi, Barbara Gentilin, Emanuela Colombi Moroni,Simone Totaro

direttore di scena Mauro De Santis

attrezzista Pantaleo Ciccolella,Valentina Lepore

macchiniste Tania Corradini, Eliana Ertugral

elettricista Valerio Varesi

fonico Marco Pasquale

sarta Marisa Cosenza

parrucchiera Maura Corbetta / Nicole Tomaini

coordinamento di produzione Mara Milanesi

foto di scena Masiar Pasquali

di Carlo Goldoni adattamento e regiaRoberto Latini

scene Marco Rossicostumi Gianluca Sbicca

luci Max Mugnaimusiche e suono Gianluca Misiti

personaggi

OrazioPlacida / Rosaura / BeatriceTonino / Pantalone / EleonoraLelio Vittoria / ColombinaEugenio / FlorindoAnselmo / BrighellaPetronio / Dottore

interpreti

Roberto LatiniElena BucciMarco SgrossoMarco ManchisiStella PiccioniMarco VerganiSavino PaparellaFrancesco Pennacchia

regista assistente Alessandro Porcuassistente alla regia volontario Matteo Gatta

assistente scenografa Giulia Brenoassistente costumista Gianluca Carrozza

produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

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VARIAZIONI DENTRO IL TESTOsviluppi e temi di un “Teatro comico” jazzistico conversazione fra Roberto Latini e Gerardo Guccini*

Nota preliminareNel Teatro comico realizzato con la regia di RobertoLatini si incontrano due fra i più importanti spettacoli cheil secondo Novecento abbia dedicato all’enigma dellaCommedia dell’Arte e alla sua inesauribile capacità didialogare con gli attori, che ne rigenerano le tecniche, econ gli spettatori, che ne riconoscono all’improntaconvenzioni e allusioni contraddicendo le storichesoluzioni di continuità delle sue pratiche. Mi riferisco alleggendario Arlecchino servitore di due padroni direttoda Giorgio Strehler al Piccolo (la prima versione è del1947) e al Ritorno di Scaramouche (1995) di Leo deBerardinis. Il ricordo degli attraversamenti strehleriani èreso qui palpabile da immagini e citazioni, mentre lalezione attoriale di Leo de Berardinis vive nelle personedegli attori. Elena Bucci, Marco Manchisi e MarcoSgrosso (tutti presenti nel Teatro comico) hanno infattiindossato per la prima volta la maschera durante leprove del Ritorno di Scaramouche, e lo stesso Latini si èformato assimilando il magistero di Leo alla scuolaromana di Perla Peragallo. Questa riunione postuma fra espressioni d’arte epercorsi d’artista si situa lungo la traiettoria tracciata daun incontro non effettuato fra i due Maestri. Nel 1996(appena un anno dopo il Ritorno) Leo de Berardinis,allora direttore del Festival di Santarcangelo, invitò infattiStrehler a partecipare quale ospite d’onore a questavetrina del teatro di innovazione. Fra i due si svolse unalunga ed entusiasta telefonata, durante la quale venneroaffrontate diverse questioni, ma che, nonostante lacalda intesa umana fra gli interlocutori, non approdò anulla di concreto. Mi è sembrato utile far precedere il colloquio con Latinida questa nota per comunicare allo spettatore chequanto vedrà o ha appena visto è, oltre che unospettacolo ritmato dallo svolgimento delle tematichegoldoniane, anche una manifestazione profonda dellameravigliosa e molteplice storia del teatro italiano.

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Questo spettacolo è ricchissimo di citazioni eriferimenti. Sulla destra del palcoscenico c’èaddirittura un monumentale Arlecchino raffiguratoin una posa che ricorda Ferruccio Soleri. Elementofondamentale della composita scenografia diMarco Rossi, questa grande struttura, durante lepause della commedia in commedia, si flette, almodo d’una sbarra di passaggio a livello, inposizione orizzontale. Nel mentre squilla unacampanella, come a dire “intervallo, adesso si stasenza maschera”. Ma numerose sono anche leallusioni ad altri spettacoli di Strehler: le silhouettedegli attori, che si muovono sullo sfondoilluminato, riprendono una soluzione registica diCosì fan tutte; poi ci sono anche i voli di Ariel, unatempesta in scena e la voce registrata di GiuliaLazzarini... Fra i livelli attraverso i quali leggere il nostro incontro conCarlo Goldoni e Il teatro comico c’è soprattutto la storiache l’opera di Goldoni ha avuto al Piccolo Teatro. Allaconsapevolezza di ciò che il testo rappresenta nelpercorso del suo autore, possiamo aggiungere anche la“coscienza consapevole” scaturita dalle prove. E cioèl’accumulo e la continua selezione di richieste, proposte,idee. Il normale processo creativo che avviene sullascena, non può infatti prescindere dalla natura specialedel luogo in cui lo spettacolo prende forma e vita. Inquesto caso: la sede storica del Piccolo, la sala di viaRovello. Il nostro spettacolo domanda l’appuntamentocon un pubblico che ha visto e conosce l’Arlecchinoservitore di due padroni di Goldoni-Strehler, ma anchealtri lavori dello stesso regista, o comunque si è formatoattraverso i codici culturali del teatro strehleriano. Allora, lospettacolo include presenza e immagini con le quali ilpubblico farebbe comunque i conti.

Però, oltre a Strehler e all’Arlecchino servitore didue padroni, nel passato di questo spettacolo c’èanche Il ritorno di Scaramouche di Leo deBerardinis. Lo spettacolo, che dopo l’Arlecchinostrehleriano, più ha contribuito a rinnovarel’attenzione di attori e studiosi intorno all’uso dellamaschera, alle caratterizzazioni e alle tecnichedell’improvvisazione comica.È uno spettacolo fondamentale che ho visto, e in cuirecitavano attori che ora sono anche in questo: ElenaBucci, Marco Sgrosso e Marco Manchisi. Il rapporto con ilRitorno di Scaramouche non si è risolto in citazioni, manell’averne coscienza: è impossibile sottrarsi alla suadimensione di scavo e ricerca. Per andare avanti bisognasapere guardare indietro, non dico andare indietro, ma

CONVERSAZIONE FRA ROBERTO LATINI E GERARDO GUCCINI VARIAZIONI DENTRO IL TESTO

sapere perfettamente quali sono stati quei lampi e quelleimmaginazioni, che hanno rimesso in moto un livello dicomunicazione possibile con il teatro dei comici dell’arte.Elena (Bucci, n.d.r.), Marco (Sgrosso, n.d.r.) e Marco(Manchisi, n.d.r.) mi venivano a vedere alla scuola diPerla, e io li seguivo al Valle, al Quirino, all’Argentina, intanti altri teatri... Ora, nella compagnia ci sono loro, cisono attori che hanno già lavorato insieme a me comeSavino Paparella e Francesco Pennacchia, c’è MarcoVergani con cui siamo incontrati da tempo, e c’è StellaPiccioni che viene dalla scuola del Piccolo e si è intonataa noi come noi a lei. Insomma, un gruppo eccezionale.

Qui, però, c’è un protagonista che, nel lavoro diLeo, era del tutto assente: Goldoni. E dentro Goldoni si resta. Non ci sono parole al di fuoridel Teatro comico. Leo faceva nascere il testo dacontaminazioni letterarie, improvvisazioni emomenti di scrittura, qui stiamo attenti a restarenel testo, non per rappresentarlo, ma permostrare quanto abbiamo raccolto standocidentro.

Certo, le parole sono quelle diGoldoni, però vengono adattateal tuo lavoro sulla voce esull’attore, tanto darispecchiare fasi emomenti della tua esistenzaartistica.Sì, le parole vengono distillate, alcunehanno un silenzio intorno: sono delleparole silenti, rimandano a un senso cheresta silenzioso, altre no, ma questo credo sianaturale. Per capire il rapporto dell’attore con iltesto bisogna pensare che la domanda viene primadella risposta, e che le parole dette a teatro sono,appunto, la risposta. La domanda che ci siamo posti è:cosa ci dice una lezione di teatro come quella di Goldoni?Come si intreccia alle nostre vite? Non abbiamo volutosemplicemente “citarla”, ripetendola ancora una volta, mane abbiamo ricavato apparizioni e pensieri che sisvolgono nella bellezza e nella semplicitàdell’immaginazione. Pirandello, nei Giganti dellamontagna, dice che il teatro è “un arsenale diapparizioni”. È una delle definizioni più belle che sipossano trovare in tutta la letteratura teatrale. Goldoni vaaffiancato alla dimensione delle “apparizioni”. Le suelezioni debbono potersi aggiungere a scene e immaginiche abbiamo già visto, e insegnarci a vederle in modonuovo, non soltanto con occhi di spettatori, ma

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attraverso un immaginario comune. Le lezioni di Goldonisono diventate coscienza collettiva.

Nell’Ubu Roi, eri un drammaturgo in scena un po’Pinocchio e un po’ Amleto, che spostava il giocogrottesco di Jarry verso una liminalità tragica. Orasei Orazio, con un segno funerario: si sente unosparo e sulla camicia del capocomico compareuna grande macchia rossa.Chi è Orazio? Per me, non è il personaggio goldoniano.L’Orazio di Goldoni dice, presentandosi a Lelio:«Sostengo la parte di primo amoroso, e sono il capodella compagnia» (Atto I, Sc. 11). Ho lasciato solo “capodella compagnia” e tolto “primo amoroso”. C’è unapiccola incongruenza. Se Orazio fosse il primo amorosodovrebbe essere lui a fare Florindo, e non dovrebbeessere necessario cercare l’amoroso ancora mancante.Orazio è quello che sta giù dal palco, che non si uniscealla compagnia, che spiega il nuovo modo di recitare eche fa discorsi, trovando in Eugenio una specie di Arielche lo aiuta a esporre il suo pensiero. Ma se dice luistesso le parole di Arlecchino, che in questo Teatrocomico non viene mai, allora Orazio si allontana anchedalla parte di direttore di compagnia, e diventa unArlecchino aumentato...

E, infatti, di Arlecchino ha le movenze e la maschera...La battuta, a taglio effettuato, è questa. «Sostengo laparte di direttore della compagnia». “Sostengo la parte”non lo sono. Il Teatro comico mostra una compagniache fa le prove del Padre rivale del figlio. Oggi cipossiamo permettere di mostrare una compagnia che fale prove delle prove del Padre rivale del figlio. Possiamoaggiungere un livello, che renda ancora più autentici inmomenti di nudità e svelamento. Il rapporto fra il recitarecon maschera o senza maschera è uno di quei temi cheabbiamo assorbito per realizzare, pur restando dentro iltesto, le nostre variazioni jazzistiche. Orazio quando faArlecchino è senza maschera, gliela tolgo, ma gli metto ilmicrofono che è un’altra forma di mascheramento.Questa volta acustico. Allora, maschere, maschereacustiche, maschere nude. Il livello meta-teatrale chevorrei aggiungere al Teatro comico contiene il meta-teatro venuto dopo, che non possiamo dimenticare e farfinta che non sia esistito.

La diversità d’Orazio è confermata – e forsesegnalata – dal costume. Il solo che sia nero. Il solo che si macchi di una chiazza che fa pensareal sangue.E che ogni sera sarà diversa. È proprio la sindone della

CONVERSAZIONE FRA ROBERTO LATINI E GERARDO GUCCINI VARIAZIONI DENTRO IL TESTO

mosca. Orazio è nero come la mosca: è esso stessomosca. Lo spettacolo inizia con una rielaborazione dellazzo della mosca. Lazzo reso celebre da Moretti, Solerie Dario Fo. Qui, la mosca viene presa e lasciata, lanciatain aria, passata da una mano all’altra come se fosse lapalla di un giocoliere. Il ronzio registrato la rendepresente. Un personaggio. Così, quando vienemangiata, possiamo immaginare che continui a volarenello stomaco finché esplode.

Qual è il rapporto fra Orazio e gli altri personaggi?Sono sempre nella tentazione, un po’ pirandelliana, didire che gli altri personaggi non esistano. Si immaginanol’un l’altro e immaginano Orazio. Loro non esistono.Settecenteschi, antichi, museificati, ma esistono, mentreOrazio non c’è: è una loro immaginazione, oppure,all’opposto, tutto lo spettacolo è una suaimmaginazione. Orazio li immagina e, per immaginarli,ha bisogno di togliere loro la maschera. All’inizio dice,“alzate la tela”, e alzare la tela, per me, equivale dire“abbassa la maschera”.

Questo tuo Goldoni pirandelliano sembra averecreduto che gli attori fossero in cerca d’autore.Così ha risposto, con l’opera e la vita, ad unarichiesta che, forse, era solo una visione. Gli attorinon volevano un autore: volevano commedienuove che attirassero il pubblico.È come se avesse detto, sono qua. Volete l’Autore?Eccomi. Durante l’ultima prova ho integrato una battutadi Orazio con una frase che, anche se non ci avevopensato, corrisponde alle tue osservazioni sul“drammaturgo in scena”. Tutto questo, dice riferendosiallo spettacolo, si fa «Grazie al cielo e grazie a me».Anche questa osservazione, del resto, rientra nelpensiero di Goldoni.

Ci sono almeno altri due elementi, che assieme almetamorfico Orazio/mosca/drammaturgo inscena, strutturano le variazioni su tema dellospettacolo. Potremmo chiamarli: la “Mascherasottratta” e la “Maschera aggiunta”. La prima èArlecchino, che appare dominante al livelloscenografico, mentre sparisce dal gruppo degliattori. La seconda è Pulcinella, che Goldoni nontratta, mentre qui s’intreccia al personaggio diLelio.«Ieri sera son cascado in canale» racconta Arlecchino aOrazio nel primo atto. Dietro a quella battuta c’è losconcerto del personaggio per essersi ritrovato in acquasenza sapere perché.

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È stato Goldoni a buttarcelo, facendolo cascare dalpalchetto dove si esibivano le maschere…Ed è straordinario, rispetto alla carriera e alla storiateatrale di Strehler, che egli, nel dopoguerra, in una faseiniziale del suo percorso, abbia avuto l’intuizione diriconciliare Arlecchino e Goldoni attraverso unamanomissione fenomenale e fondamentale insieme:modifica il titolo originale Il servitore di due padroni, incui il protagonista ha nome Truffaldino, in Arlecchinoservitore di due padroni, restituendo alla maschera lacentralità perduta. Se Goldoni si lanciavaconsapevolmente verso l’ignoto, in tempesta, recitando“alla moderna”, due secoli dopo, Strehler, per procedere,torna a recuperare un topos e ripesca Arlecchino – e conlui una parte di storia del teatro italiano – da quel canale diVenezia in cui era cascato. Sapevo che intorno alla figuradi Arlecchino si sarebbe giocata una partita importanteanche nel nostro spettacolo. Ecco perché il ruolo nonappartiene a un solo attore, ma a tutti; è come se tuttifossimo Arlecchino, perché tutti ci prendiamo in caricoquell’andare in tempesta che Goldoni aveva scelto comeproprio destino artistico.

E proprio il movimento ondulatorio della tempestaviene oggettivato dal palcoscenico mobile, su cui gliattori si spostano facendolo abbassare o innalzareda una parte e dall’altra. A un certo punto si hal’impressione che questo marchingegno rappresentile forze della Storia – per cui si passa dal “vecchio”al “nuovo” – e che gli attori, in preda al flusso,procedano uniti come su una contemporanea “navedei folli”.Sì, nel primo atto dello spettacolo, la compagnia di comiciguidata da Orazio si trova per qualche minuto in balìa deiflutti e dei venti, sulle note di una composizione musicale(“Van den Budenmayer, Concerto in mi minore” diZbigniew Preisner, cfr pp 26-27, n.d.r.) in cui sono cantatialcuni versi del secondo canto del Paradiso di Dante «O voi che siete in piccioletta barca…». L’ho scelto perché mi sembra il modo in cui Goldoni, se sifosse espresso in forma poetica, avrebbe potuto spiegareai suoi attori il “traghettamento” dalla Commedia dell’Arteal nuovo teatro moderno. Sulla scena, una pedana inbilico riproduce la sensazione di precarietà, diondeggiamento della barca, la necessità di mantenereuna linea di galleggiamento utile a tutti.In qualche modo è anche un riferimento alla “barca deicomici”, alla fuga del giovane Goldoni per mare, in cercadi sé e della propria vocazione teatrale.Ma la pedana è anche il palchetto dei comici dell’arte chesi è fatto incerto, privo delle sicurezze che la recitazione

CONVERSAZIONE FRA ROBERTO LATINI E GERARDO GUCCINI

Figurini di Gianluca Sbicca per i costumi de Il teatro comico.

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VARIAZIONI DENTRO IL TESTO

Il passaggio di Lelio/Manchisi dalla mascherapulcinellesca ad una recitazione diretta eimmediata, sembra replicare il percorso diGoldoni, che incomincia con scrivere per attori inmaschera e poi, via via, dà vita a caratteri darecitare a viso scoperto. È un’impressione? Un caso? Una drammaturgia?Tutte le letture sono possibili. Anzi, necessarie. Noiinvitiamo a un gioco così come siamo invitati a un gioco.E in questo gioco esistono temi che guidano levariazioni. Uno di questi – e Goldoni ci insiste tantissimo– è senz’altro il passaggio dalla vecchia alla nuovarecitazione. Il rinnovamento del teatro.

Come si sta dentro Goldoni?Se penso a come si dovrebbe stare, non so risponderti.Mentre, se penso a come ci si può stare, allora ti dico:“cogliendo le occasioni”. I “classici”, per me, sono leoccasioni del teatro. Quello che m’interessa non èrappresentare un testo di Goldoni, ma fare unospettacolo attraverso Goldoni, stando dentro al suotesto per potere accumulare e selezionare via viarichieste, proposte e idee. E cioè variazioni.

* Gerardo Guccini è professore di Drammaturgiae Teorie e tecniche della composizione drammaticapresso l’Università di Bologna

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“all’improvvisa” garantiva agli attori… All’inizio dellaseconda parte dello spettacolo riprendo la metafora delmare: la tempesta, in questo caso, non è più sul palchettoin bilico, che è scomparso, bensì nello spazio intorno, nelvolume intero del palcoscenico. L’attrice sospesa,evidente citazione di un’altra ben più celebre Tempestastrehleriana, ci racconta che Goldoni scatenò in scena unuragano, che investì la Venezia dei teatri.

Torniamo alla “maschera aggiunta”. Secondo me,anche nel testo, Lelio è un ulteriore alter egodell’autore. Una specie di Goldoni capovolto:secentista e fedele alle norme convenzionali,quanto l’autore vero persegue uno stile naturale edè maestro nell’arte inventiva dell’imitazione. Tutti edue, poi, trovano rifugio nel teatro, finiscono percaderci dentro. Lo spettacolo approfondisce questogioco di rispecchiamenti e capovolgimenti. Lelio,disgiungendosi gradualmente da Pulcinella (la“maschera aggiunta”), finisce infatti per diventarel’attore “veicolo di realtà” atteso da Goldoni.Devi tenere presente che il cast del Teatro comico non èstato formato a tavolino, ma combinando e richiamandopersone incontrate, conosciute e, per me, estremamenteimportanti. Così, viste le corrispondenze fra le storieartistiche degli attori e i loro personaggi, fatto il cast si eragià al 51% del lavoro. Elena Bucci, ad esempio, fa sia laprima sia la seconda donna, come a dire “ci sono io ebasta”. E Manchisi ha portato con sé il suo Pulcinella, cheho visto in spettacoli indimenticabili e che, qui, è lamaschera viva. Non viene da Goldoni, non è un recuperodella Commedia dell’Arte. È Manchisi.

E Manchisi entra con la maschera e il costume diPulcinella, poi appare sempre più nudo, piùnaturale. Forse, fra i vari personaggi, è il piùsmascherato di tutti.Lelio deve venire accettato dalla compagnia. Il Teatrocomico è anche la storia della sua iniziazione. E quand’èche gli altri attori lo accettano? Nelle pause, nei momentidi nudità. Inizialmente, pensavo che mostrarlo sulpalchetto, assieme a tutti gli altri, bastasse a sottolineare ilpassaggio, poi ho pensato che questo momento dovesseavvenire quando è giù dal palchetto, al livello della scena,un po’ più in basso degli altri attori. Come hai visto, Leliosale su un basamento speculare a quello che reggel’Arlecchino/Soleri. Nel momento in cui viene accettato –e viene accettato allorché dice le battute del testo inmodo del tutto naturale, senza più sovrapporre Pulcinella– lui diventa l’alter ego del grande Arlecchino. Meglio, ilsuo dopo.

CONVERSAZIONE FRA ROBERTO LATINI E GERARDO GUCCINI

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“IL TEATRO COMICO” DI GOLDONI: LA RIFORMA IN SCENAdi Mariagabriella Cambiaghi*

Il teatro comico è una commedia sulla quale pende unastrana sorte. Da un lato, è una delle opere goldoniane piùcitate, date le sue circostanze di composizione comeprima delle “sedici commedie nuove” e il suo esseremanifesto della riforma; d’altro lato, invece, per queglistessi motivi, è una delle commedie in assoluto menorappresentate di tutto il teatro del veneziano.Come è noto, alla fine del Carnevale 1749-50, Goldoni,“poeta” stipendiato dal capocomico Girolamo Medebach,interviene a soccorrere la compagnia in difficoltà perl’improvvisa defezione di Cesare D’Arbes, artista dirichiamo e famoso Pantalone, promettendo al pubblicoche avrebbe garantito per la stagione successiva unnumero di novità doppio rispetto al consueto.Delicato è soprattutto l’argomento della pièce d’esordio,che rischia di compromettere la fiducia del pubblico o difalsare le aspettative. Di qui la scelta coraggiosa deldrammaturgo di una commedia metateatrale, senza unavera trama, se non la presentazione dello stato dellacompagnia Medebach al momento del debutto.Goldoni inventa un testo strutturato sulla formula del teatronel teatro, presentando sulla scena una compagnia cheprova una commedia, per mettere in luce contenuti eprocedimenti della nuova drammaturgia, e, al contempo,collocando l’azione su un palcoscenico di giorno «senzalumi e senza spettatori», lascia emergere squarci di vitapersonale degli attori, fatiche e malumori della formazione.Utilizzando i termini cari alla poetica goldoniana, sipotrebbe dire che il livello della compagnia rappresentadirettamente il “Mondo”, mentre la pièce messa in provarimanda al “Teatro”, in modo tale che i due elementi sifondano nel progetto globale e metateatrale del testo. In questa prospettiva, il personaggio chiave risulta ilcapocomico Girolamo Medebach, presente con il suonome nell’edizione originale della commedia, e poidivenuto Orazio a partire dal 1761, cui è riservato ilmaggior numero di battute. Egli è rappresentato come unoculato amministratore, attento al buon andamento dellasua impresa sotto il profilo economico, ma anche accorto

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mediatore all’interno della compagnia tra le rimostranze e irivendicati diritti dei diversi attori, scritturati secondo laprecisa gerarchia dei ruoli, propri della Commedia dell’Arte,in un momento delicato, perché il verosimile dellecommedie goldoniane, non pensate per una aprioristicadistribuzione delle parti, prevede scarti anche vistosirispetto al vecchio sistema recitativo. E così Orazioconsiglia ai suoi attori: «Circa alle parti, prendete quello chevi si dà; non crediate che sia la parte lunga quella chefaccia onore al comico, ma la parte buona» (III, 3).Sulla scena compare un gruppo di attori che sceglie di nondissimulare le difficoltà professionali che sta attraversando,e ad apertura si dichiara mancante di due parti, tanto danon poter mettere in prova i testi di carattere (I,2); anche gliattori presenti, pur determinati a percorrere la strada delnuovo (dice la prima donna Placida: «sono invaghita delnuovo e questo solo mi piace») sono consapevoli delledifficoltà tecniche che ciò comporta e dei rischi di nonincontrare il favore del pubblico, aggravando le precarietàdi una vita povera e disagiata. È, tuttavia, ben chiaro, intutti gli attori, capocomico in testa, come l’unico modo perriscattarsi da questo mondo squalificato e guadagnare unaconsiderazione sociale sia la moralità, cosicché le nuovescelte di repertorio diventano il biglietto da visita per unnuovo statuto morale dell’attore di fronte al pubblico.Emerge con chiarezza che la strategia della riforma èvoluta e perseguita soprattutto da Orazio, che ha deciso distipendiare un autore per innovare il repertorio secondo latecnica del premeditato, certamente mosso principalmenteda interessi imprenditoriali, ma al contempo sostenutodall’intelligente intuizione di un necessario ripensamentodell’arte comica, che comporta comunque un certomargine di rischio. C’è quindi tutto un contributo disostegno allo sperimentalismo della riforma che variconosciuto a Medebach e che emerge tra le righe dellebattute di Orazio, scritte da Goldoni quando altissima era inlui la stima per un capocomico, che aveva saputo educareuna sua compagnia partendo dalla strada e trasformandosaltatori e pagliacci in attori di qualità.Il principale ostacolo alla scelta operata da Orazio ècostituito dalle difficoltà interpretative delle maschere, chevedevano completamente scardinato il loro modo di starein scena. Il problema aveva assunto caratteri di urgenzasoprattutto per i nuovi scritturati, e in particolare per l’attoresostituto di D’Arbes, il vicentino Antonio Mattiuzzi, detto ilCollalto, aduso alla sola recitazione all’Improvviso, tantoche Goldoni, come egli stesso scrive nei Mémoires, regalaall’attore nel primo atto una scena distinta: «che avevocomposto appositamente per farlo applaudire» (II; cap. VII).Il livello di “veridicità” doveva essere notevole per il pubblicoveneziano, che davvero vedeva l’attore presentarsi per la

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“IL TEATRO COMICO” DI GOLDONI: LA RIFORMA IN SCENA

consiste nel fatto che i due rivali in amore siano padre efiglio, destinati inevitabilmente a entrare in contrasto traloro. La trama prevede anche il consueto raddoppiamentobasso del plot, con Colombina (servetta di Rosaura)indecisa tra il corteggiamento di Brighella e quello diArlecchino. Consueta alle norme dell’Arte è la felicerisoluzione finale: Rosaura sposa Florindo e ColombinaArlecchino, con il doppio matrimonio finale dei due amorosie dei servi. Ma la commedia è comunque cosa nuova, giàper il fatto di essere completamente stesa, in modo da nonprevedere alcuno spazio lasciato all’improvvisazionedell’attore: Goldoni sembra infatti deliberatamente giocarecon gli stilemi consueti della Commedia dell’Arte perdimostrare la potenzialità della sua riforma, che noncancella con un colpo di spugna la tradizione precedente,ma la rinnova con gradualità. Infatti, la novità risiede nelmodo in cui si arriva allo scioglimento: non attraversogiochi di equivoco o tantomeno con il ricorso almeccanismo farsesco della bastonatura, ma con unincisivo sviluppo della psicologia dei personaggi in sensorealistico. Il Pantalone che Goldoni inscena qui è il saggiomercante della riforma, che motiva la sua azione sulla basedi una psicologia retta e verisimile, e che quindi si vergognadella propria debolezza, riconoscendo la legittimità dellerichieste del figlio, ma che soprattutto non può rinunciarealla propria dignità e pertanto volontariamente si allontanadalla casa. Qui si coglie la firma goldoniana: la feliceconclusione matrimoniale non riscatta la sofferenzaautentica di Pantalone, colpito nella sua debolezza e nelsuo onore al punto da uscire di scena dichiarando «Ohimé!gh’ho el cuor ingropà, me sento che no posso più!» (III;10).In questa piccola pièce c’è dunque il germe del falso lietofine delle grandi commedie: la verosimiglianza cercata nelmondo impone la misura anche nella felicità, indica chepersino in teatro non tutto e non sempre si risolve secondola norma canonica del genere fissato nella precettisticacinquecentesca. Se il livello della finzione interna si chiudecon un sorriso moderato e venato di tristezza, anche illivello esterno, segnato dal “Mondo” e dalla prospettivametateatrale non presenta un quadro pacificato, giacchéalla fine della prova Orazio si trova ad affrontare i giustimalumori dell’Arlecchino, che si vede sacrificatonell’economia del testo. È il punto debole della riforma,come annotava lo stesso Goldoni in una lettera al conteGiuseppe Arconati Visconti del 10 ottobre 1750 quando, aproposito della maschere, scriveva: «ma per l’Arlecchino lecose vanno assai male. Tutta volta le mie commedie pocohanno bisogno di quella maschera».

* professore di Storia del Teatro e dello Spettacolo -Università degli Studi di Milano

1918

prima volta sulla ribalta del Sant’Angelo ed era perciòdesideroso di giudicarlo, giustificando i timori dell’interpretesull’impiego della tecnica premeditata, sicuramente piùprestigiosa, ma incerta e non garantita negli esiti sulpubblico. Il lavoro con le maschere è certamente il capitolopiù delicato della riforma, sia dal punto di vista interno allacompagnia, perché tali attori tolleravano mal volentieril’abolizione dei giochi di parole e dei lazzi, che avevanocaratterizzato i loro “generici” e li avevano fatti amare dalpubblico, sia da un punto di vista esterno, giacché in unaprospettiva di marketing, l’abolizione drastica dellemaschere rischiava di pregiudicare la vendibilità dellospettacolo. La consueta prudente intelligenza checontraddistingue Goldoni suggerisce gli interventirassicuranti di Orazio sulla gradualità del cambiamento, in modo da non spiazzare comici e pubblico; tale aspettorende il personaggio del capocomico al contempoesponente del pensiero di Medebach e di quello diGoldoni, che è l’unico fra i protagonisti reali attivamenteimpegnato con i comici a non essere presente inpalcoscenico nelle vesti di se stesso. Goldoni è soltantoevocato dai suoi attori e di lui si parla come lavoratoreinstancabile e attento osservatore della realtà del teatro:non a caso tali battute sono poste in bocca soprattutto aOrazio, (in I, 2 e in III, scena ultima) che diviene portavocedel patto Medebach-Goldoni, cioè del programma diriforma elaborato da Goldoni, ma approvato e sostenutonei fatti dal capocomico. La prima tipologia di questeriflessioni è relativa all’insistenza sulla cultura e sullapreparazione dell’attore, presupposto ritenuto, anche daipensatori stranieri, fondamentale per il rinnovamentodell’arte comica. Lo studio e la preparazione rigorosa allospettacolo, da svolgersi grazie alle prove, sono giudicatielementi indispensabili al lavoro del comico, cosicché ilcapocomico raccomanda ai suoi attori: «studiate,osservate gli altri, imparate bene le parti» (I; 3), benché, davero uomo di teatro, ritenga che nel mestiere dell’attorel’esercizio e la pratica siano altrettanto importanti.A metà del secondo atto Goldoni propone unarappresentazione interna, costituita dalla prova del terzoatto della commediola Il padre rivale del figlio, un testo dallastruttura semplificata e dalla durata ridotta, scelta obbligatadalla mancanza dell’organico completo della formazione,nella quale risultano vacanti due parti serie necessarie allecommedie di carattere. Sotto un profilo strutturale, lapiccola pièce presenta una tipica situazione da canovacciodell’Arte, ruotando intorno al fidanzamento della figlia deldottore, Rosaura, divisa tra l’amore (ricambiato) di ungiovane spasimante, qui Florindo, e la richiesta ufficialeinoltrata da un anziano pretendente, rappresentato dalvecchio ed economicamente stabile Pantalone. La variante

MARIAGABRIELLA CAMBIAGHI

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Portare in scena Il teatro comico di Carlo Goldonisignifica sia identificare una cornice in cui ambientare un testo che, altrimenti, sarebbe una lezioneuniversitaria, sia illustrare una rivoluzione. Cosa si èfatto, nei secoli, durante le rivoluzioni? Si sono abbattutele statue di chi governava prima. Ecco che il nostroArlecchino, sulla destra del palcoscenico, incontra queldestino: è abbattuto nel momento in cui il vecchioteatro, la Commedia dell’Arte con le sue maschere,entra in conflitto con il nuovo stile abbracciato daGoldoni. I manichini da crash test sono il simbolo, l’evidenzavisibile, del collegamento tra scienza e teatro: entrambinascono dalla creatività, che fa scaturire la scintilladell’intuizione, da verificare necessariamente attraversoun esperimento o un’esperienza pratica, in laboratoriocome in scena. La pedana in bilico del primo atto è un altro elemento diquesto meccanismo: dimostra, cioè, come in teatro ilpragmatismo del mettersi alla prova non possaprescindere da una relazione costante e continua tra gliattori. Ogni gesto, ogni movimento del singolo produceuna reazione all’interno di un lavoro corale. La rotturadell’equilibrio e la sua ricostruzione sono la chiave delracconto scenico e dell’azione. È un equilibrio che vige tra gli attori, ma anche nelrapporto tra interpreti e pubblico. Infatti si parla ditogliere la maschera e si sottolinea la necessità diabbandonare una certa tipologia di rappresentazioneteatrale in conseguenza del mutamento del gusto, diun’evoluzione del pubblico stesso. Perciò, nel secondoatto, dopo aver messo tutto in bilico e aver abbattuto lestatue, è la ricerca a diventare protagonista, nellasperimentazione delle molteplici possibilità che il teatrooffre. Perché il palcoscenico ha la capacità di verificarela parola nel corpo degli attori. Allora la statua torna adessere protagonista, ma in pezzi, che ciascun attorereca con sé, in una sorta di processione dal saporekantoriano.

IL TEATRO ALLA PROVA DELLA SCENAdi Marco Rossi

Bozzetto di Marco Rossi per le scene de Il teatro comico.

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L’idea di costumi rivoltati, rovesciati, corrispondeall’intenzione di Roberto Latini di creare uno spettacoloche da un lato citasse tradizioni teatrali del Novecentoitaliano, ma fosse anche un’operazione iconoclasta,cosa peraltro suggerita anche dal testo: Carlo Goldonimanipola e rimodula elementi del patrimonio teatraleprecedente creando qualcosa di totalmente innovativo.Inoltre mi piaceva l’idea di rendere omaggio al lavorodella Sartoria del Piccolo, con la quale collaboro da unaquindicina d’anni, facendo vedere al pubblico “cosa c’èdietro”, la trama della stoffa, l’impegno necessario acucire ogni costume, la qualità di un artigianato cosìraffinato. Il primo “pezzo” realizzato è stato Arlecchino,anche perché vi era la necessità di creare una primaimmagine che simboleggiasse visivamente lospettacolo. Abbiamo compiuto diversi esperimenti, finoa quando, con la responsabile della Sartoria, RobertaMangano, abbiamo individuato nel feltro – di cui sonofatti alcuni costumi de I giganti della montagna e delleBaruffe chiozzotte di Strehler – il tessuto ideale. Alla prova dei fatti, si è rivelata la scelta giusta e haaggiunto un’altra tessera a quel mosaico di citazioni cheun pubblico attento e appassionato potrà divertirsi arintracciare nel nostro Teatro comico. Lavorare conRoberto Latini è un continuo work in progress dal qualescaturiscono idee che si sperimentano in scena e che sitraducono anche in costumi: è il caso della nostrapiccola Ariel, citazione della Tempesta strehleriana, ideanata in palcoscenico, messa alla prova e quindi tradottain costume. Le maschere provengono dal repertorio delPiccolo, incluse quelle neutre, le gnaghe, impiegate inun altro recente spettacolo goldoniano del Piccolo al quale ho lavorato: Le donne gelose. Anche le scarpe sottolineano la transizione raccontatadallo spettacolo: modelli settecenteschi nel primo atto,scarpe da ginnastica nel secondo, a simboleggiare ilpiacere di giocare in scena e con il pubblico come unadelle chiavi dello spettacolo.

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IL COSTUME A ROVESCIOdi Gianluca Sbicca

Figurini di Gianluca Sbicca per i costumi de Il teatro comico.

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LE LUCI COME ELEMENTO DRAMMATURGICOdi Max Mugnai

Lavoro con Roberto Latini da molti anni. Con lui hoimparato che il teatro è qualcosa di vivo: latrasformazione è inevitabile e necessaria, uno spettacolocresce e si trasforma con noi, pur rimanendo se stesso.Non perdere la curiosità è fondamentale: il piacere dipoter provare, sperimentare, vedere in scena i risultati diquel che si è in precedenza teorizzato, ma che solo allaprova del palcoscenico si scopre se è valido o meno.Normalmente sono abituato a seguire lo spettacolo nonsolo nella fase di montaggio, ma anche nelle successiverepliche. Con Il teatro comico avrò l’occasione di“passare” a chi ne avrà cura un concetto fondamentale:come la recitazione è inevitabilmente diversa ogni sera,perché non vi è replica uguale all’altra, allo stesso modole luci, anche se su una partitura fissata come uncopione, dovranno avere un respiro ogni volta diverso.Non è importante l’intensità cui devi arrivare ma come ciarrivi, come la luce nasce dal buio e come cresce findove è necessario in quel momento.In questo spettacolo giochiamo molto sul contrasto fra il“freddo” delle tinte ghiaccio e la carica calda del rosso,senza dimenticare una particolare punta di blu scuroche è una mia cifra stilistica. Amo la luce a incandescenza, quella che, con un soloriflettore, ti permette di sviluppare mille potenzialità, cosìcome la contaminazione. Spesso uso riflettori nonprettamente teatrali: anche in questo caso ci sono dellelampade a scarica calde (sodio) e fredde (ioduro) chedanno alla scena sapori completamente diversi,aprendo varchi spazio-temporali.Le luci non sono un elemento che si aggiunge allaperformance ma fanno parte del processo di scritturascenica: una luce drammaturgica, non fatta solo perilluminare, ma per tracciare segni il cui significatoapparterrà a ogni singolo spettatore e alla suasensibilità.

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spettacolo: nel Teatro comico si racconta una fase ditransizione da un modo di fare teatro a un altro, si vive inscena una ricerca teatrale, si esplorano e rimodulanocliché e stili. Così come, in queste pagine musicali,Preisner reinterpreta in chiave molto personale sonoritàche provengono dal passato.Il terzo elemento è costituito infine dai suoni e dai rumoriche fanno da tappeto sonoro allo spettacolo: il tormentone del ronzio di una mosca, un nostrodivertito e affettuoso omaggio all’Arlecchino strehleriano;il ricorrente, e forse un po’ inquietante, scricchiolio cherimanda di nuovo alla Venezia di Goldoni, allo sciabordiodell’acqua sul legno di gondole ormeggiate lungo gliargini dei canali, ma anche al legno del palcoscenico;altri rumori ambientali come quello rassicurante di uncaffè che esce da una moka.La scelta delle musiche e dei suoni, come ogni altroaspetto del nostro lavoro, è figlia del lavoro delle prove:sperimentiamo in palcoscenico l’efficacia di quello cheabbiamo pensato e solo se supera quella verifica andràa costituire il tessuto sonoro definitivo.

LA DRAMMATURGIA MUSICALEDELLO SPETTACOLOdi Gianluca Misiti

La struttura musicale di Teatro comico intreccia diverseanime. In primo luogo il mio lavoro di composizione originalerappresentato dal leit-motiv che ricorre in tutto lospettacolo, declinato in modi diversi, così come si usafare forse più nel cinema che in teatro. È un tema malinconico, “a contrasto” rispetto allacommedia, ne indaga la parte più nascosta e intima, ilcarattere più poetico che, dall’inizio alla fine della messain scena, verrà progressivamente messo in risalto.I due atti in cui Roberto Latini ha suddiviso il testogoldoniano hanno infatti anch’essi due anime moltodiverse;ho cercato di reagire a questo, assecondando a volte laleggerezza del testo, altre volte contrastandola, come asuggerirne una diversa lettura.Secondariamente, c’è l’uso di brani di repertorio. In particolare abbiamo voluto fare un omaggio alcompositore polacco Zbigniew Preisner, attraverso duesuoi brani, il Concerto in mi minore, attribuito all’autoresettecentesco “inventato” Van den Budenmayer, e ilLacrimosa, tratto da Requiem for my Friend (il primo fucomposto da Preisner per il film di Krzysztof KiéslowskiLa doppia vita di Veronica, il secondo per lo stessoKiéslowski, scomparso prematuramente, n.d.r.). La scelta di Preisner, che io ritengo uno dei più grandicompositori contemporanei, è stata dettata dallanecessità di ricorrere, a un certo punto, al potereevocativo e drammatico del canto lirico. Nel primobrano in particolare, i versi cantati sono tratti dalsecondo canto del Paradiso di Dante «O voi che siete inpiccioletta barca… dietro al mio legno… non vi mettetein pelago…» ed erano perfetti per quel precisomomento dello spettacolo in cui gli attori, condizionatidalla scena, si muovono in balìa delle onde, come suuna nave in “Tempesta”.Abbiamo scelto di ricorrere a qualcosa che fosse statoscritto oggi, ma “alla maniera di”, perché ci sembravarispecchiasse più correttamente l’intero approccio allo

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Il teatro comicodi Carlo Goldoniadattamento e regia Roberto Latini

foto Masiar Pasquali

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Giovanna dei macelli, Il panico eCelestina laggiù vicino alle conceriein riva al fiume. Collabora poistabilmente con Claudio Longhi, peril quale firma i costumi di diversispettacoli, tra i quali Caligola, La peste, La resistibile ascesa diArturo Ui, Il ratto d’Europa, la trilogiaIstruzioni per non morire in pace diPaolo Di Paolo, autore anche delladrammaturgia de La classe operaiava in paradiso, dall’omonimo film diElio Petri. Nel corso della suacarriera lavora inoltre sia in prosa sianell’opera lirica con molti altri registitra cui Peter Greenaway, AlvisHermanis, Gabriele Lavia, FedericoTiezzi (Questa sera si recita asoggetto di Pirandello e Freud ol’interpretazione dei sognidi Massini, entrambi prodotti dalPiccolo), Pietro Babina, Ricci/Forte,Massimo Popolizio (alla sua primaregia con Plutos e in seguito conOscar e con Ragazzi di vita), ClaudioTolcachir, Giorgio Sangati, DanieleSalvo, Piero Maccarinelli, SoniaBergamasco, Emiliano Bronzino,Mauro Avogadro, Sergio Fantoni, LeMitipretese, Marco Rampoldi, ValterMalosti, Roberto Valerio, FabrizioFalco e Fabio Cherstich, inoltre lareciproca stima che lo lega allostilista Antonio Marras lo porta acollaborare stabilmente conquest’ultimo in diverse installazioni espettacoli teatrali tra cui Sogno diuna notte di mezz’estate (regia diLuca Ronconi), La Famiglia Addams(regia di Giorgio Gallione) e HUMAN(regia di Marco Baliani).

Max Mugnai (luci)Nato a Roma nel 1972, inizia alavorare inambito teatralenel 1991 cometecnico luci alTeatro di via Speroni(Roma). È il co-

fondatore, insieme a Roberto Latinie Gianluca Misiti, della compagniaFortebraccio Teatro, per la quale èdirettore tecnico e disegnatore luci.Dal 1995 ad oggi collabora conl’attrice e regista Ilaria Drago.Dal 1998 al 2001 è stato l’elettricistadi Maurizio Viani nella compagnia diLeo de Berardinis (Lear Opera, Totòprincipe di Danimarca - Rai 2palcoscenico, Come una rivista,Past Eve and Adam’s). Hacollaborato con diversi artisti ecompagnie di teatro e danza delpanorama italiano, tra cui Le BelleBandiere, Sistemi DinamiciAltamente Instabili, Diablogues,Marco Manchisi, Farneto Teatro. Ha

firmato le luci de L’onorevole (2015)e di Assassina (2017) per la regia diEnzo Vetrano e Stefano Randisi.

Gianluca Misiti (musiche e suono)Musicista ecompositore,nasce a Roma il 22 ottobre1970, e inizia alavorare a metàdegli anniNovantanell’ambito della

musica leggera italiana suonando eincidendo come tastierista pernumerosi artisti tra cui Max Gazzè(La favola di Adamo ed Eva, Ungiorno), Paola Turci (Stato di calmaapparente, Tra i fuochi in mezzo alcielo), Marina Rei (Inaspettatamente)ma soprattutto Daniele Silvestri (Il dado, Livre Transito, Il latitante,Monetine, S.C.O.T.C.H, Chenemmeno Mennea, Acrobati) con il quale ha all’attivo numerosiconcerti in Italia e all’estero e con cuicollabora attualmente in studio elive. Tra il 1994 e il 2018 componemusiche di scena per gli spettacoliteatrali dell’attore-regista RobertoLatini, con i quale fonda lacompagnia Fortebraccio teatroriconosciuta dal 1999 dal Ministeroper i Beni e le Attività Culturali (tra ititoli, Iago, Nnord, Bikini Bum Bum,Noosfera Lucignolo, NoosferaTitanic, Ubu Roi, Noosfera Museum,I Giganti della Montagna, Amleto +Die Fortinbrasmaschine, Cantico deiCantici, Il teatro comico). Sempre inambito teatrale collabora con laCompagnia Lombardi Tiezzi(L’uomo dal fiore in bocca) e conAlessandro Fabrizi (Le Metamorfosidi Ovidio, Decameron ).Dal 2008 compone colonne sonore,soprattutto per il cinema e la tv, perproduzioni come Giving Voice - LaVoce naturale, di A. Fabrizi, i quattrofilm di E. Leo (Diciotto anni dopo,2010; Buongiorno papà, 2013; Noie la Giulia, 2015; Che Vuoi Che Sia,2016), Colpo di fulmine, di R.Malenotti, 2010; Capitan KuK di M.T. Carpino (cartoon), 2012; Lo Statodella Follia di F. Cordio, 2013; Tiricordi di me? di R. Ravello e Pane eBurlesque di M. Tempesta (2014);Uno anzi Due di F. Pavolini e LoroChi? di F. Miccichè e F. Bonifacci(2015); Miami Beach di C. Vanzina(2016); nel 2017 La Casa di Famigliadi A. Fornari e Si muore tuttidemocristiani de Il Terzo Segreto diSatira. Nel 2013 ottiene lanomination ai David di Donatellonella sezione Miglior canzoneoriginale per Buongiorno papà di E. Leo e nel 2015, nella sezione

Miglior Colonna sonora al PremioInternazionale Cinearti per LaChioma di Berenice. Nello stessoanno vince il premio speciale TelesioD’Argento al Festival La Primaveradel Cinema Italiano per la colonnasonora di Noi e la Giulia sempre diLeo e il Premio Ubu come Migliorprogetto sonoro o musiche originaliper lo spettacolo I Giganti dellaMontagna, riconoscimento ottenutoanche nel 2017, nella stessasezione, con Cantico dei Cantici,entrambi per la regia di RobertoLatini.

Elena Bucci (Placida / Rosaura /Beatrice)

Attrice, regista,autrice, ha fattoparte dellacompagniabolognese diLeo deBerardinispartecipando atutti gli

spettacoli, da Re Lear ad Amleto, daTotò Principe di Danimarca aNovecento e Mille, da I Giganti dellamontagna a Il ritorno diScaramouche. Fonda con MarcoSgrosso la compagnia Le BelleBandiere per la quale crea progetti espettacoli spaziando da scrittureoriginali a drammaturgiecontemporanee, da riletture di testiclassici a commistioni tra diversicodici artistici e recuperi di spazidimenticati. Dirige e interpretaMacbeth, Hedda Gabler, Lalocandiera (Teatro Nazionale diPechino), Antigone, Svenimenti daCechov, La canzone di Giasone eMedea, Le relazioni pericolose (per illungo sodalizio con il Centro TeatraleBresciano e con la collaborazione diSgrosso). Dirige con Sgrosso Primadella pensione di Bernhard (EmiliaRomagna Teatro), Macbeth Duo,Delirio a due (TPE, Torino) L’amante,le scritture originali La pazzia diIsabella (con la collaborazione diGerardo Guccini), Gli occhi dei matti,Cavalieri erranti e, con Vetrano eRandisi, Le smanie per lavilleggiatura, Il berretto a sonagli,Anfitrione e Il mercante di Venezia(Teatro de Gli Incamminati). Dirige dasola Santa Giovanna dei Macelli(Metastasio di Prato), La morte e lafanciulla, le drammaturgie originalispesso in musica Regina la paura eLa paura (Mercadante di Napoli),Non sentire il male (Fondazione Cini,Celebrazioni Dusiane a Venezia,Festival Solo di Mosca), Autobiografiedi ignoti, Corale n.1 (Festival CollineTorinesi), Bimba – per Laura Betti(ATER), In canto e in veglia (Teatri del

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Roberto Latini (adattamento,regia, Orazio)

Attore, autore,regista, è nato aRoma nel 1970,città dove si èformato presso Il Mulino diFiora, Studio diRecitazione e di ricerca

teatrale diretto da Perla Peragallo,diplomandosi nel 1992. Fondatorenegli anni delle compagnie TeatroEs, Clessidra Treatro, è il fondatoredi Fortebraccio Teatro, compagniariconosciuta dal Ministero per i Benie le Attività culturali dal 1999. Si è laureato discutendo una tesi inMetodologia e Critica delloSpettacolo presso la facoltà diLettere e Filosofia dell’Universitàdegli Studi di Roma “La Sapienza”.Tra gli altri, ha ricevuto il PremioSipario nell’edizione 2011 perNoosfera Lucignolo, il Premio Ubu2014 come Miglior Attore per ilruolo di Arlecchino ne Il servitore didue padroni, regia di AntonioLatella, il Premio della Critica nel2015 per I giganti della montagna eil Premio Ubu 2017 come MigliorAttore per Cantico dei cantici. Daalcuni anni incontra attrici e attoriattraverso moduli di un laboratoriointitolato “l’attore senzaspettacolo”. Ha diretto il Teatro SanMartino di Bologna dal 2007 al2012. Tra i suoi titoli più recenti, Quartettdi Heiner Mul̈ler (regia), Cantico deicantici (adattato, diretto einterpretato), entrambi del 2017;Amleto + Die Fortinbrasmaschine,da William Shakespeare e HeinerMul̈ler (diretto e interpretato), 2016;Metamorfosi (di forme mutate incorpi nuovi) da Ovidio (diretto einterpretato), 2015; I giganti dellamontagna di Luigi Pirandello(diretto e interpretato), 2014; Il servitore di due padroni da CarloGoldoni, di Ken Ponzio, regia diAntonio Latella e NoosferaMuseum (scritto, diretto einterpretato), tutti e due del 2013;Scene di Woyzeck di GeorgBuc̈hner / Alban Berg, regia diFederico Tiezzi, Seppure volestecolpire (scritto, diretto e interpretato) e Ubu Roi di Alfred Jarry (diretto e interpretato), tutti del 2012; Noosfera Titanic(scritto, diretto e interpretato),2011; Noosfera Lucignolo (scritto,diretto e interpretato) e L’uomo dalfiore in bocca di Luigi Pirandello(diretto e interpretato), entrambi del2010.

Marco Rossi (scene)Nato a Firenze,diplomatoall’Accademia di Belle Arti dellasua città allascuola di AntonioCapuano; ha collaborato,

come assistente, con lo scenografoMaurizio Balò. Ha realizzato lescenografie degli spettacoli di LucaRonconi Amor nello specchio di G.B. Andreini (Ferrara, 2002), Peccatoche fosse puttana di John Ford(Teatro Farnese di Parma, 2003,coprodotto dal Piccolo Teatro emesso in scena anche al TeatroStudio), Diario privato di PaulLéautaud (Teatro Argentina diRoma, 2005), I soldati di JakobLenz (Teatro Studio, 2005),Inventato di sana pianta, ovvero gli affari del barone Laborde di H.Broch (Teatro Grassi, 2007, premioUBU per la migliore scenografia),Ithaca di Botho Strauss e L’antrodelle ninfe a cura di M.Trevi(progetto “Odissea doppio ritorno”,Teatro Comunale di Ferrara,settembre 2007), Giusto la fine delmondo, di Jean-Luc Lagarce, regiaLuca Ronconi (Teatro Studio, 2009),La modestia di R. Spregelburd(Festival di Spoleto, Teatro CaioMelisso, giugno 2011, ripreso alTeatro Grassi), Il panico di R.Spregelburd, (Teatro Strehler, 2013,premio UBU per la migliorescenografia), Pornografia di W.Gombrowicz (Festival di Spoleto,Teatro Torti, Bevagna, 2013, ripresoal Teatro Grassi), Celestina laggiùvicino alle concerie in riva al fiume diGarneau da de Rojas (TeatroStrehler, 2014), Danza macabra diAugust Strindberg (Teatro CaioMelisso, Spoleto, 2014), LehmanTrilogy (Teatro Grassi, 2015, premioUBU per la migliore scenografia).Per il Piccolo ha curato anche lescene di Vecchia Europa di DelioTessa, regia di Giuseppina Carutti(Teatro Studio, 2002) e Guardia allaluna di Bontempelli, regia MarcoRampoldi (Teatro Sociale di Como,2004), Darwin tra le nuvole, regiaStefano de Luca, (Teatro Studio2009), I pretendenti di Jean-LucLagarce, regia Carmelo Rifici (TeatroStudio, 2009), Alice nel paese dellemeraviglie da Lewis Carroll, regia diEmiliano Bronzino (Teatro Studio,gennaio 2010), 20 novembre, diLars Norén, regia Fausto RussoAlesi (Teatro Strehler, ScatolaMagica, febbraio 2010), GiulioCesare di Shakespeare, regiaCamelo Rifici (Teatro Strehler, 2012),

Natale in casa Cupiello, di E. DeFilippo, regia Fausto Russo Alesi(Teatro Studio, 2012), Quando il tirosi alza di Guido Ceronetti (TeatroGrassi, 2014), E io dico no, diNando dalla Chiesa, regia MarcoRampoldi (Teatro Studio Melato2014), Donne gelose, di C. Goldoni,regia di Giorgio Sangati, (TeatroStudio, ottobre 2015), Bella e Fiera,di Laura Curino, regia di EmilianoBronzino (Teatro Grassi, novembre2015), Questa sera si recita asoggetto, di L. Pirandello, regia di Federico Tiezzi (Teatro Grassi,gennaio 2016) Louise e Rénée diMassini da Balzac, regia di SoniaBergamasco (2017), Fine pena: ora di Paolo Giordano, regia MauroAvogadro (Teatro Grassi, 2017),Freud o l’interpretazione dei sogni diStefano Massini, regia FedericoTiezzi (Teatro Strehler, gennaio2018) e inoltre, L’ ora di ricevimento,di S. Massini, regia Michele Placido(Teatro di Solomeo, Teatro Stabiledell’Umbria, settembre 2016),Ragazzi di vita, di P. P. Pasolini, regia Massimo Popolizio (TeatroArgentina, Teatro di Roma, ottobre2016).

Gianluca Sbicca (costumi)Nato a Perugianel 1973, studiascenografiaall’Accademia diBrera di Milanodove incontraSimoneValsecchi, con il quale

inizia una solida collaborazione,proseguita fino al 2008, che liporterà a firmare insieme diversiprogetti. Dopo varie esperienze nelcampo della moda, si avvicina alteatro come assistente di MariaCarla Ricotti per Macbeth Clan e diJacques Reynaud per i costumi diLolita di Nabokov (2001), regia diLuca Ronconi, con il qualecollabora, anche allo spettacoloPhoenix di Marina Cvetaeva (2001).Sempre del Maestro è il primospettacolo che firma: Candelaio diGiordano Bruno, allestito a Palermonell’estate del 2001 e ripreso aMilano. Inizia così un sodalizioartistico con Luca Ronconi cheprosegue per 15 anni fino al suoultimo spettacolo, Lehman Trilogy. Tra i molti spettacoli firmati per ilMaestro ricordiamo: Amor nellospecchio con Mariangela Melato,Prometeo incatenato, Baccanti,Rane, Peccato che fosse puttana,Professor Bernhardi, Diario privato,Lo specchio del diavolo, Troilo eCressida, La modestia, Santa

LA COMPAGNIA

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Stella Piccioni (Vittoria / Colombina)Diplomata allascuola delPiccolo Teatro,lavora con LucaRonconi neL’Opera seria diRanieri de’Calzabigi, Ithacadi Botho Strauss

e Sogno di una notte di mezzaestate; con Gianfranco de Bosioprende parte a Le Bucoliche diVirgilio per il Festival della letteraturadi Mantova e con StéphaneBraunschweig recita in Misura perMisura di Shakespeare a La Fenicedi Venezia. Al Piccolo ha recitato ne IlPiccolo mondo delle maschere, conla regia di Tommaso Minniti, Il gattocon gli stivali-una recitacontinuamente interrotta diTieck/Tessitore, Nathan il saggiodi Lessing, entrambi diretti daCarmelo Rifici. Marco Rampoldi ladirige in Ulissi-viaggio nelle odissee eLluís Pasqual in Donna Rosita Nubiledi Federico García Lorca. Diretta daDamiano Michieletto prende parte aL’opera da tre soldi di Bertolt Bercht.Tra gli altri lavori, Salinger di Koltèsper la regia di Claudio Longhi,Madagascar di Marius Ivaškevičiusregia di Stefano Moretti, testo che havinto il “Bando residenze creative” edè stato tradotto e messo in scenaper la prima volta in Italia nel maggio2011 presso il Teatro Garibaldi diSettimo Torinese, Purgatorio di ArielDorfman regia di Emiliano Pergolari,L’uomo, la bestia e la virtù diPirandello, regia di Antonio Mingarellie 1984 di G. Orwell per la regia diSimone Toni. Con AlessandoGassman recita in 7 minuti di StefanoMassini. Dal 2016 collabora con lacompagnia The Baby Walk, con cuimette in scena Todi is a small town inthe center of Italy, scritto e diretto daLiv Ferracchiati, prodotto dal TeatroStabile dell’Umbria e Stabat Mater -Trilogia sull’Identità - capitolo II,sempre scritto e diretto da LivFerracchiati, testo vincitore delpremio Hystrio-scritture di scena2017, prodotto da MaMiMò e TeatroStabile dell’Umbria. Entrambi glispettacoli sono messi in scena aVenezia, Biennale Teatro 2017.

Marco Vergani (Eugenio / Florindo)Dopo la laureaspecialistica inLettere eFilosofia pressol’UniversitàSapienza diRoma, frequental’École desMaîtres, con

Giancarlo Cobelli, e il CentroTeatrale Santacristina diretto daLuca Ronconi. In teatro, hainterpretato diversi ruoli e lavoratocon i più grandi maestri della scenaitaliana: Luca Ronconi, GiancarloCobelli, Giancarlo Nanni, Andrea De Rosa, Roberto Latini, AndréeRuth Shammah, Ferdinando Bruni,Barbara Nativi, Sergio Fantoni. Recentemente è stato interprete delmonologo L’eternità dolcissima diRenato Cane di Valentina Diana,regia di Vinicio Marchioni. In giovane età ha studiato musica.Si dedica ad attività di volontariatocon i non vedenti, praticaquotidianamente Ashtanga yoga ecompie spesso viaggi in India.

Savino Paparella (Anselmo /Brighella)

Nasce il 16marzo 1973 aMilano, dove siforma presso loStudio-laboratoriodell’attorediretto da RaulManso.

Nel 1992 partecipa al progettoteatrale sulla strage di BolognaAntigoni della Terra diretto da MarcoBaliani. Dopo vari anni presso illaboratorio di Manso, collabora conalcuni registi, tra cui Antonio Rosti eFilippo Arcelloni.Nel ‘93 scrive e interpreta lospettacolo Quando, con R. Gay e F. Arcelloni. Nel ‘96 è interprete diVerdi: un maestro racconta l’Emiliaideato da La Nuova ComplessoCamerata, gruppo con cui instauraun lungo rapporto di amicizia elavoro, collaborando a laboratoriteatrali in Sardegna e in Sicilia.Dal ‘99 al 2016, inizia, come attore,una collaborazione con FondazionePontedera Teatro, con il registaRoberto Bacci, per Oblomov daGončarov; Ciò che resta, daLa montagna incantata di T. Mann;Aspettando Godot di S. Beckett;Amleto di W. Shakespeare;Mutando riposa, ispirato a Eraclito;Abito, ispirato a F. Pessoa; Gengè,da Uno, nessuno e centomila di L.Pirandello; Lear di W. Shakespeare.Nel 2000 lavora con il gruppoAlbum Zutique nello spettacolo Io sono il passante, regia di AnnalisaD’Amato. Nel 2003 collabora, come autore eattore, con Elisa Cuppini, allospettacolo I Don’t Know. Nel 2009 èattore nello spettacolo La Pelle regiadi M. Baliani (Teatro Metastasio). Dal2011 a oggi è attore negli spettacolidiretti da Roberto Latini

(Fortebraccio Teatro) Ubu Roi, di A. Jarry, nel ruolo di Padre Ubu;Seppur voleste colpire, programmadi battaglie per la resistenza teatrale,di autori vari; Metamorfosi, daOvidio. Nel 2013 è attore e registadello spettacolo di Matteo BacchiniAl Forestér, produzione Teatro delTempo (Pr); vincitore dei premiLinutile Teatro Padova 2014; Festivalteatrale di Resistenza, Museo Cervi(Pr) 2015; Palio Poetico Ermo Colle(Pr) 2015. Nel 2014 è attore eregista, con Elisa Cuppini, dellospettacolo I Passi Ultimi prodottoper Insolito Festival di Parma.Partecipa a film e cortometraggi, trai quali Veleno di B. Bigoni, DonnaRosita non è più nubile, di B. Pederzoli; Pompeo, di A. Bocola e P. Vari. Con il registaAlessandro Quadretti recita in Il posto vuoto, 2004; Inside out,2005; L’acqua sulla pelle, 2007;Espero (lungometraggio), 2015. È attore in diverse fiction Rai, tra cuiLa Squadra e Terapia d’urgenza.

Francesco Pennacchia (Petronio /Dottore)

Nato l’8 maggio1971, adAltamura (BA).Nell’Ottobre1999 si laureacon lode pressol’Università degliStudi di Siena inLettere

Moderne, indirizzo Musica eSpettacolo, con la tesi Lareinvenzione della Commediadell’Arte nel Novecento. Attore eregista presso il centro diproduzione e ricerca teatrale LaLut,a Siena, dal 1995 al 2013, partecipaa numerose produzioni, tra cuiAncora Alcesti – In Paradiso o ilvecchio della montagna, di A. Jarry,diretto da Claudio Morganti, Lagiornata di uno scrutatore, diretto daItalo Spinelli, con la partecipazione di un gruppo di ex–degenti dell’exOspedale psichiatrico di Siena,Silenzio!, regia Annalisa Bianco eVirginio Liberti (Egumteatro), DonFelice Sciosciammocca credutoguaglione ‘e n’anno, produzioneLaLut in collaborazione col festival diMontalcino, regia FrancescoPennacchia, Il Custode, di HaroldPinter, coproduzione LaLut - Voci diFonte - Armunia Festival, regiaFrancesco Pennacchia.Come attore recita diretto daClaudio Morganti, dal 1999 a oggi,in diversi spettacoli, tra cui RiccardoIII di W. Shakespeare, End (Guai infabbrica e Tutto qui di Pinter e Attosenza parole n. II di Beckett),

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Sacro), Bambini (dipinti di DavideReviati, Santarcangelo dei Teatri),Shakespeare in solo, Chopin-Sand eper Ravenna Festival Le Apocalissi,Colloqui con la cattiva dea 1914-17,Juana de la Cruz, FoliaShakespeariana (con Chiara Muti).Per Radio3 registra spettacoli erealizza Vite altrove, maestre dentro efuori la scena e Di terra e d’oro. Fra i riconoscimenti: Premio Hystrio –ANCT nel 2017, nel 2016 PremioEleonora Duse e Premio Ubu comemigliore attrice protagonista per i suoiprogetti, Premio Ubu come nonprotagonista per Riccardo III diMorganti, Premio ETI Olimpici delTeatro per Le smanie dellavilleggiatura, Premio Hystrio AltreMuse e Premio Viviani allacompagnia. Ha lavorato in teatro eper la radio con Mario Giorgi,Roberto Latini (E non potretedimenticarmi mai più, Radio 3) ValterMalosti (Ljubov ne Il giardino deiciliegi, Teatro Stabile di Torino), MarioMartone, (Antigone in Edipo aColono, Teatro di Roma), ClaudioMorganti (Riccardo III, le Regine,Biennale Venezia, La recita dell’attoreVecchiatto), Cesare Ronconi (Otello ele nuvole), al cinema con PappiCorsicato, Tonino de Bernardi, LucaGuadagnino, Raoul Ruiz. Hacollaborato con i musicisti AndreaAgostini, Raffaele Bassetti, ManlioBenzi (Medea di Benda) LuigiCeccarelli (trilogia con testi di N.Spadoni), Ramberto Ciammarughi(Lectura Dantis, Leo TolstoyMuseum), Dimitri Sillato, SimoneZanchini. Partecipa ai progetti Moltipensieri vogliono restare comete, perLeo de Berardinis, Guerra e pace diLombardi-Tiezzi, Focus Jelinek diElena Di Gioia, Decameron diMaurizio Schmidt. Realizza progettidi alta formazione presso Universitàdi Bologna, Accademia N. Pepe diUdine, Civica Paolo Grassi di Milano,Scuola del Teatro Stabile di Torino,L’Arboreto di Mondaino, NapoliTeatro Festival (Il mare suona). Ha pubblicato su volumi e riviste ed èin uscita un volume di suedrammaturgie per CUE Press.

Marco Sgrosso (Tonino /Pantalone / Eleonora)

Attore, regista epedagogo, sidiploma allaScuola di Teatrodi Bolognadiretta daAlessandraGalante Garronee studia in

seminari diretti da Carlo Merlo,Pierre Byland, Sandro Sequi, Thierry

Salmon. Nel 1985 entra nellacompagnia di Leo de Berardinis epartecipa a quindici spettacoli, daKing Lear, Amleto e La tempesta aNovecento e Mille e Quintett, daTotò Principe di Danimarca, I gigantidella montagna e Il ritorno diScaramouche a King Lear n.1 eCome una rivista.Nel 1993 fonda, con Elena Bucci, laCompagnia Le Belle Bandiere che,oltre alla cura di eventi sul territorio,tra cui la ristrutturazione del TeatroComunale di Russi, producespettacoli che spaziano da scritturesceniche originali (L’amore dellepietre, Gli occhi dei matti, CavalieriErranti, Le amicizie pericolose, Lapazzia di Isabella, diretti a quattromani, e Mondi capovolti, tratto dallelettere di Medici Senza Frontiere erealizzato con l’Associazione Itaca)alla drammaturgia contemporanea(Santa Giovanna dei Macelli diBrecht per il Metastasio di Prato eLa morte e la fanciulla di Dorfmancon la regia di Elena e Delirio a duedi Ionesco, diretto insieme per il TPEdi Torino), e alla rilettura dei classici(Il berretto a sonagli di Pirandello,Anfitrione da Plauto, Molière e Kleist,Il Mercante di Venezia diShakespeare, Le smanie per lavilleggiatura di Goldoni, premioOlimpici per il Teatro 2007, tuttirealizzati in collaborazione conDiablogues e il Teatro de GliIncamminati). Nel 2005 inizia ilsodalizio con il Centro TeatraleBresciano (Macbeth diShakespeare, Hedda Gabler diIbsen, La locandiera di Goldoni,L’amante di Pinter, Antigone diSofocle, Svenimenti da Cechov,La canzone di Giasone e Medea daEuripide, Seneca, Grillparzer eAnouilh, Le relazioni pericolose daLaclos, diretti da Elena) e nel 2017con Emilia Romagna Teatri (Primadella pensione di Bernhard).Da solo è regista e interprete di Ella di Achternbusch, BassoNapoletano, Memorie del sottosuoloda Dostoevskij, L’angelo abietto,dedicato a Chet Baker. Assieme a Elena è voce recitante inSogno di una notte di mezza estatedi Mendelssohn e La tempesta diSibelius, con coro e orchestra direttidal Maestro Manlio Benzi. Nel 2009,con alcuni colleghi del Teatro di Leo,realizza lo spettacolo dedicato alloro maestro Molti pensieri voglionorestare comete, e con Claudio DeMaglio presenta The InfernalComedy al Festival InternazionaleMasque di Helsinki. Tra il 2004 e il2017 partecipa a vari progetti diFarneto Teatro, dal Decameron diBoccaccio per il Corciano Festival e

per l’Expo 2015 di Milano ad alcunispettacoli diretti da MaurizioSchmidt: Arlecchino Militare, Lamandragola, Sogno di una notte dimezza estate, Molto rumore pernulla fino a Sketches and ShortsPlays di Pinter. Dal 1992 dirigelaboratori di pedagogia teatrale perl’Università di Bologna, l’AccademiaNico Pepe di Udine, la Scuola Civica Paolo Grassi di Milano el’Accademia Teatrale Veneta. Comeattore, lavora in spettacoli diretti daCesare Ronconi (Otello e le nuvole),Billi e Marconcini (Madelon), MarioMartone (Woyzeck), Raul Ruiz (La conquista dell’America, DonGiovanni), Claudio Morganti (UbuRe, Riccardo III), FrancescoMacedonio (Il sottotenente Gustl).Come regista, dirige Marco Alotto inDon Francesco Foglia Sacerdote,scritto a quattro mani, ed ElisabettaVergani in Elektra di Hofmannsthal. Nel cinema lavora in film diretti daRaul Ruiz e Tonino de Bernardi, finoalla recente partecipazione aChiamami col tuo nome di LucaGuadagnino.

Marco Manchisi (Lelio)È nato a Napoli il 7 novembre1961.Ha lavorato conle compagnie diAntonio Neiwiller(Titanic the end,1982/83; Storianaturale infinita,

1987; La natura non indifferente,1988) e di Leo de Berardinis (Ha dapassa’ ‘a nuttata, 1989; Totòprincipe di Danimarca, 1991/92; Ilritorno di Scaramouche, 1994/95;Lear Opera, 1998). Ha collaborato con Toni Servillo,Enzo Moscato (Rasoi, dal 1991 al1999) Mario Martone (I diecicomandamenti, 2001/02),Alessandro Benvenuti, FrancescoRosi (Napoli milionaria!, 2003/05;Le voci di dentro, 2006/08), Luca De Filippo, Eric Lacascade (Les Estivants, 2009/10), TeresaLudovico (Il malato immaginario,2009; Vite spezzate, 2012), Marco Baliani (Corpi eretici, 2015),Michelangelo Campanale (L’abitonuovo, 2016). Dal 1990 scrive e mette in scena isuoi spettacoli tra cui: Pulcinella e la dama bianca di Otello, Il fantoccio, Pulci beat, La coronasognata, Il corpo di Totò. Nel cinema ha recitato in film direttida: Mario Martone, GabrieleSalvatores, Raul Ruiz, Abel Ferrara,Antonietta de Lillo, Silvana Maya.

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Carla Carpi (onorario)Dolores Redaelli (onorario)

SOSTENITORITiziana e Gaetano ArnòAssociazione Amici del PiccoloSarah e Sonia BalestraPiero BassettiCinzia ColomboFilippo CrivelliMarino GolinelliLuigi MarcanteMassimo MenozziMaria Angela Morini RossiniAlessandro NespoliNandi Ostali

AMICIAmici della ScalaGiuseppe ArcaRosellina Archinto MarconiAnnamaria CascettaDario FerrariPiergiorgio GattinoniMimma GuastoniAndrea KerbakerGiacomo LevaMaria Grazia Mezzadri CofanoRosella Milesi SaravalFiorella MinervinoGian Battista Origoni della CroceMaurizio PorroGianbattista Stoppani

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Visita il sito www.iosostengoilpiccolo.it52

Scimmia, ispirato a Woyzeck diBüchner, Ombre Wozzeck, tratto daWoyzeck sempre di Büchner, La vitaha un dente d’oro. Diretto da AlfonsoSantagata, dal 1999 a oggi, è indiversi spettacoli, tra cui Tragedia a‘mmare, Eidos (Apparizioni), Se la nuì,Tragedia a Gibellina, Requie al’anema soja, tratto da due atti unicidi Eduardo De Filippo, InterniScespiriani. Attore con Egumteatrodal 2001 al 2010 prende parte aglispettacoli Musik, di Frank Wedekind,Aspettando Godot di SamuelBeckett, Molière fragments, tratto da Molière, regia Virginio Liberti.Diretto da Italo Spinelli, dal 1999 al2004, è in Migrare – Scene da unacucina, tratto da La Cucina, di ArnoldWesker, La Repubblica, trattodall’omonima opera filosofica diPlatone. Attore con Diablogues dal2005 al 2010 recita in L’uomo, la bestia e la virtù e PensaciGiacomino!, di Luigi Pirandello.Attore con Teatropersona dal 2010 al2016 in AURE, scritto e diretto da Alessandro Serra.Con Fortebraccio Teatro, diretto da Roberto Latini, dal 2016 a oggirecita in in Ubu Roi, di Alfred Jarry,Metamorfosi, tratto da Ovidio.

Fondato il 14 maggio 1947 daGiorgio Strehler, Paolo Grassi e NinaVinchi, è il primo Stabile italiano, in ordine di tempo, nonché il piùconosciuto, in Italia e all’estero. L’idea dei fondatori era dare vita aun’istituzione sostenuta dallo Stato e dagli enti locali (Comune, alloraanche la Provincia di Milano eRegione Lombardia) in quantopubblico servizio necessario albenessere dei cittadini. “Teatro d’Arte per Tutti” era lo slogan cheaccompagnava il Piccolo alla suanascita e anche oggi ne riassumepienamente le finalità: portare inscena spettacoli di qualità indirizzatial pubblico più ampio possibile. Dal 1991 il Piccolo Teatro di Milano èanche “Teatro d’Europa”. Il Piccologestisce tre sale: la sede storica,Piccolo Teatro Grassi, ove unrestauro conservativo ha “scoperto” erestituito alla città lo splendidoChiostro Rinascimentale attiguointitolato a Nina Vinchi; lo spaziosperimentale del Teatro Studio,dedicato a Mariangela Melato, dove èospitata anche la Scuola di Teatro; lasede principale, inaugurata nelgennaio 1998, che porta il nome diStrehler. In settanta stagioni di attività,il Piccolo ha prodotto oltre 370spettacoli, 200 diretti da Strehler, diautori che vanno da Shakespeare (ReLear e La tempesta) a Goldoni (Lebaruffe chiozzotte, Il campiello esoprattutto Arlecchino servitore didue padroni), Brecht (L’opera da tresoldi, Vita di Galileo, L’anima buonadi Sezuan), Cechov (Il giardino deiciliegi). Dal 1998, con il passaggio deltestimone a Sergio Escobar e a LucaRonconi, il Piccolo ha accentuato ladimensione internazionale einterdisciplinare, candidandosi qualeideale polo culturale cittadino edeuropeo. Sui suoi palcoscenici sialternano spettacoli di prosa e danza,concerti e festival di cinema. Nel suo itinerario di ricerca, Luca

Ronconi – alla guida artistica delteatro dal 1999 sino alla morte, nelfebbraio del 2015 – ha proposto alPiccolo classici quali Calderón de laBarca (La vita è sogno) eShakespeare (Sogno di una notte dimezza estate, Il mercante di Venezia),alternati ad autori meno frequentati inteatro (Schnitzler, Professor Bernhardi), o contemporanei (J.-L. Lagarce,Giusto la fine del mondo; E. Bond,La compagnia degli uomini; RafaelSpregelburd, La modestia, Il panico;Michel Garneau, Celestina laggiùvicino alle concerie in riva al fiume, dade Rojas), accanto alle versioni per lascena di romanzi come Lolita diNabokov e Pornografia diGombrowicz. Autentico esperimentoteatrale è stato lo spettacolo trattodai 5 scenari sull’infinito (Infinities) delmatematico inglese John D. Barrow,allestito in un magazzino discenografie alla periferia di Milano. La sua ultima regia è stata nel 2015Lehman Trilogy di Stefano Massini,oggi consulente artistico del teatro.Nelle ultime stagioni, il Piccolo haaffidato le proprie produzioni a registicome Mauro Avogadro, SoniaBergamasco, Mimmo Borrelli, EmmaDante, Antonio Latella, RobertoLatini, Damiano Michieletto, CarmeloRifici, Giorgio Sangati, Toni Servillo,Federico Tiezzi tra gli altri. Per quanto riguarda la dimensioneinternazionale, il Piccolo è la casa diartisti tra i quali Peter Brook, Lev Dodin, Declan Donnellan, Robert Lepage, Simon Mc Burney,Eimuntas Nekrosius, Lluís Pasqual,Robert Wilson. È stato in tournée in tutto il mondo,dalla Russia agli Stati Uniti, dalla Cinaal Giappone, dall’Europa al NordAfrica, alla Nuova Zelanda. Dal 1987il Piccolo ha una scuola di teatro –fondata da Giorgio Strehler, oggiintitolata a Luca Ronconi e diretta daCarmelo Rifici – che ha diplomato inquesti anni 230 attori.

Il Piccolo dal 1947 ad oggi

Spettacoli allestiti 377Attori scritturati 1.967Recite a Milano 15.621Recite in Italia 7.985

Recite all’estero 2.085Totale recite 25.961

(elenco al 20 febbraio 2018)

Edizioni Piccolo Teatro di Milano–Teatrod’Europa.Direttore Comunicazione e MarketingAlessandro Borchini.Responsabile editoriale Eleonora Vasta.Redazione Katia Cusin.Ha collaborato Sara Sacchi.

Progetto grafico Emilio Fioravanti, G&R Associati.Elaborazione grafica Davide Notarantonio(notstudio.eu).Stampa La Litotipo srl, Settimo Milanese,(Mi), febbraio 2018.

Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa

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30 novembre 2017 > 8 aprile 2018