Il socio di cooperativa edilizia e la proprietà immobiliare

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Il socio di cooperativa edilizia e la proprietà immobiliare. Situazioni soggettive e tutela giurisdizionale. SOMMARIO 1. Premessa. 2. Osservazioni generali sulla società cooperativa e sulla cooperativa edilizia in particolare. 2.1.Inquadramento costituzionale. 2.2. La disciplina generale delle società cooperative edilizie. o 2.2.1. Principi generali. o 2.2.2. Iscrizione in albi e registri. o 2.2.3. Oggetto e scopo sociale. o 2.2.4. L’ammissione dei soci. o 2.2.5. Recesso ed esclusione. o 2.2.6. La morte del socio. o 2.2.7. Gli aumenti di capitale. o 2.2.8. Categorie di soci. 2.3. Il rapporto sociale e il rapporto di scambio. 2.4. Il fine mutualistico. 3. Cooperative assistite da contributo erariale e cooperative libere. 3.1. La prenotazione. 3.2. L’assegnatario. 3.3. Assegnazione e comunione dei beni fra coniugi. 3.4. Conseguenze della risoluzione del rapporto di scambio 3.5. Il mutuo individuale 4. Cooperativa a proprietà indivisa e a proprietà divisa. 5. Cooperativa “spuria”. 6. Divieti di locazione e vendita. 7. La giurisdizione amministrativa in materia di cooperative soggette a contributo erariale. 7.1. La giurisprudenza sulla giurisdizione amministrativa in generale. 7.2. La natura della fase dinanzi alla Commissione. 7.3. Le conseguenze dell’abrogazione della Commissione. 7.4. L’estensione oggettiva della giurisdizione amministrativa. 7.5. Il concetto di sovvenzionamento statale 7.6. Singole ipotesi di contributi. 8. La tutela giurisdizionale. 8.1. La tutela dei diritti del soci relativi al rapporto sociale. 8.2. La tutela inerente al rapporto di scambio. 8.3. La tutela verso i terzi. o 8.3.1. Le azioni possessorie. o 8.3.2. Le azioni di nunciazione. o 8.3.3. L’azione ex art.844 c.c. 8.4. La tutela per i vizi e difetti dell’alloggio. 9.Procedure concursuali. 1

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Il socio di cooperativa edilizia e la proprietà immobiliare. Situazioni soggettive e tutela giurisdizionale.

SOMMARIO

1. Premessa. 2. Osservazioni generali sulla società cooperativa e sulla cooperativa edilizia in particolare.

• 2.1.Inquadramento costituzionale. • 2.2. La disciplina generale delle società cooperative edilizie.

o 2.2.1. Principi generali. o 2.2.2. Iscrizione in albi e registri. o 2.2.3. Oggetto e scopo sociale. o 2.2.4. L’ammissione dei soci. o 2.2.5. Recesso ed esclusione. o 2.2.6. La morte del socio. o 2.2.7. Gli aumenti di capitale. o 2.2.8. Categorie di soci.

• 2.3. Il rapporto sociale e il rapporto di scambio. • 2.4. Il fine mutualistico.

3. Cooperative assistite da contributo erariale e cooperative libere. • 3.1. La prenotazione. • 3.2. L’assegnatario. • 3.3. Assegnazione e comunione dei beni fra coniugi. • 3.4. Conseguenze della risoluzione del rapporto di scambio • 3.5. Il mutuo individuale

4. Cooperativa a proprietà indivisa e a proprietà divisa. 5. Cooperativa “spuria”. 6. Divieti di locazione e vendita. 7. La giurisdizione amministrativa in materia di cooperative soggette a contributo erariale.

• 7.1. La giurisprudenza sulla giurisdizione amministrativa in generale. • 7.2. La natura della fase dinanzi alla Commissione. • 7.3. Le conseguenze dell’abrogazione della Commissione. • 7.4. L’estensione oggettiva della giurisdizione amministrativa. • 7.5. Il concetto di sovvenzionamento statale • 7.6. Singole ipotesi di contributi.

8. La tutela giurisdizionale. • 8.1. La tutela dei diritti del soci relativi al rapporto sociale. • 8.2. La tutela inerente al rapporto di scambio. • 8.3. La tutela verso i terzi.

o 8.3.1. Le azioni possessorie. o 8.3.2. Le azioni di nunciazione. o 8.3.3. L’azione ex art.844 c.c.

• 8.4. La tutela per i vizi e difetti dell’alloggio. 9.Procedure concursuali.

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1. Premessa. Il tema affidatomi per la presente relazione concerne la tutela dell’assegnatario di alloggio di cooperativa edilizia. Gli organizzatori dell’incontro di studi, peraltro, si sono proposti di esaminare l’istituto nel contesto di una rilettura critica delle forme giuridiche tradizionali di godimento dei beni, e in particolare della contrapposizione fra diritti reali e diritti obbligatori, suggerendo uno schema interpretativo che contrappone, per gli operatori imprenditoriali, l’adozione massiccia di forme di godimento riconducibili allo schema locativo, e per i privati il mantenimento dello schema tradizionale dell’acquisizione di diritti propriamente reali, in corrispondenza con nl fenomeno dell’aumento del reddito medio e quindi della frazione di reddito risparmiato. In questa prospettiva appare particolarmente stimolante la proposta riflessione sull’accesso alla proprietà immobiliare effettuato attraverso il ricorso allo strumento della cooperazione, che permette di coniugare il risparmio familiare all’accesso alla proprietà immobiliare in un ambito fortemente impregnato dal rilievo pubblicistico degli interessi coinvolti, che determina il massiccio intervento dello Stato, sia in sede di finanziamento dei progetti, sia in sede di controllo sull’attività delle cooperative. Tuttavia in quest’ambito, sia pure attraverso un particolare percorso caratterizzato dall’intervento pubblico che in ampi settori degrada le posizioni giuridiche soggettive a meri interessi legittimi, l’obiettivo perseguito dal risparmiatore attraverso il ricorso all’istituto della cooperazione rimane quello tradizionale dell’acquisizione del diritto reale sul bene immobile. La specificità degli istituti riguarda più che altro le situazioni che si realizzano per così dire “lungo il percorso”, ossia le fasi intermedie fra l’adesione del socio alla società cooperativa e la realizzazione definitiva dello scopo perseguito, con il conseguimento della proprietà immobiliare, che impongono una attenta verifica dei meccanismi di tutela che competono al singolo soggetto. 2. Osservazioni generali sulla società cooperativa e sulla cooperativa edilizia in particolare. 2.1. Inquadramento costituzionale. L’aspirazione dei cittadini al conseguimento della proprietà immobiliare gode di specifico riconoscimento costituzionale:

• sia nell’art.42, 2° comma, che giustifica il riconoscimento della proprietà privata alla luce della sua funzione sociale e dell’obiettivo di renderla “ accessibile a tutti”,

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• sia nell’art.45, che riconosce in linea generale la funzione sociale della cooperazione,

• sia nell’art.47, 2° comma, in cui la Costituzione dichiara, tra l’altro, il proprio favore per “l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione”.

2.2. La disciplina generale delle società cooperative edilizie. 2.2.1. Principi generali. La società cooperativa edilizia di abitazione, come ogni altro tipo di società cooperativa, trova regolamentazione, oltre che nella legislazione speciale, nelle disposizioni del codice civile (Titolo VI, Capo I, Sezione I, art.2511 e segg.). L’art.2517 c.c., anche per le società cooperative per la costruzione e l’acquisto di case popolari ed economiche richiama la disciplina contenuta nelle leggi speciali e subordina l’applicabilità della normativa codicistica alla compatibilità con tali norme speciali. La tecnica di regolamentazione utilizzata dal Codice si basa essenzialmente sul recepimento delle norme che regolano la società per azioni, con la previsione di una serie di deroghe (principalmente l’esclusione del meccanismo di costituzione per sottoscrizione pubblica, la previsione di un numero minimo di soci, la fissazione di una quota minima di partecipazione, l’esclusione del versamento dei 3/10, l’indicazione della dizione “società cooperativa a responsabilità limitata o illimitata”). In particolare la norma–chiave di cui all’art.2516 c.c. sancisce per le società cooperative le disposizioni riguardanti le assemblee, gli amministratori, i sindaci, i libri sociali, il bilancio e la liquidazione delle società per azioni, ove compatibili con le norme speciali dettate per le cooperative dal codice e dalla legislazione di settore. 2.2.2. Iscrizione in albi e registri. Non è questa la sede per un’approfondita disamina della normativa societaria in tema di cooperative, la cui disciplina è in linea di massima applicabile anche alle cooperative edilizie. Presenta invece particolare rilievo il fatto che ai sensi della legge 31.1.1992 n.59 per le società cooperative edilizie è richiesta al fine dell’attribuzione dei contributi pubblici l’iscrizione nell’Albo nazionale delle società cooperative tenuto presso la Direzione Generale della cooperazione del Ministero del Lavoro e previdenza sociale. La legge contempla inoltre l’iscrizione delle cooperative nel registro prefettizio: tale adempimento peraltro non ha natura di obbligo ma piuttosto di onere, dal momento che riveste la funzione di consentire alla società di conseguire la concessione delle agevolazioni tributarie e

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finanziarie in genere (art.16 d.lgs. C.P.S. 14.12.1947 n.1577 e successive modifiche). L’art.26 dello stesso decreto indica i requisiti mutualistici richiesti per presumere la sussistenza del fine mutualistico agli effetti tributari (divieto di distribuzione di dividendi superiori all’interesse legale, divieto di distribuzione delle riserve, devoluzione del patrimonio sociale a scopi di pubblica utilità). 2.2.3. Oggetto e scopo sociale. Una particolare importanza ovviamente riveste per la società cooperativa edilizia la predisposizione dell’atto costitutivo e dello statuto (art.2518 c.c.), che codificano il contratto sociale e contengono le regole di gestione della società e la disciplina dei rapporti fra i soci. Particolare rilievo assume l’indicazione dello scopo e dell’oggetto sociale, ossia dei motivi che hanno indotto i soci ad associarsi e delle attività programmate per il conseguimento dello scopo medesimo. 2.2.4. L’ammissione dei soci. Come è noto, l’ammissione dei soci nella società cooperativa è regolato dal principio della c.d. “porta aperta”: chiunque possegga i requisiti richiesti dallo statuto può richiedere di essere ammesso come socio, il che comporta la variabilità continua del capitale sociale, senza necessità di modificazione dell’atto costitutivo a seguito di ammissioni o recessi. Il richiedente non vanta ovviamente un vero e proprio diritto soggettivo all’ammissione, ma piuttosto un interesse protetto in quanto coincidente con quello degli altri soci alla realizzazione dello scopo sociale:

• “Ai sensi degli art. 58 e 77 del d.P.R. 11 ottobre 1963 n. 1471, in caso di recesso o di rinuncia all'alloggio da parte di un socio prenotatario di una cooperativa edilizia a contributo statale, a lui subentra il lavoratore che lo segue nell'ordine di elencazione stabilito dalla cooperativa, che é precisamente quello stabilito nello statuto della cooperativa stessa, ovvero, in difetto, quello risultante dall'ordine di iscrizione nel libro dei soci, senza che a tale ordine possa sovrapporsi quello risultante dall'elenco dei soci fornito dalla cooperativa all'ente finanziatore o di vigilanza, questo dovendo necessariamente rispecchiare l'ordine statutario o di iscrizione nel libro dei soci, con la conseguenza della debita correzione se nella redazione di tale elenco sia stato commesso un errore o un falso che alteri, per qualsiasi ragione, la verità.” (Cassazione civile, sez. I, 9 aprile 1984 n. 2264).

L’ammissione presuppone: • la presentazione della domanda con la dichiarazione di

accettazione delle regole della cooperativa, • la verifica dei requisiti soggettivi da parte del consiglio di

amministrazione (sia legali, e cioè capacità di agire e

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prescrizioni della legislazione speciale - r.d. 1165/1938, legge 865/71, legge 457/1978 e legge 179/1992 -, sia statutari),

• la conseguente deliberazione di accettazione della domanda, • infine l’annotazione sul libro soci della delibera di ammissione e

della quota di capitale sottoscritto e versato. 2.2.5. Recesso ed esclusione. La disciplina del recesso e dell’esclusione del socio trova regolamentazione nelle disposizioni generali dettate per tutte le società cooperative, e cioè nell’art.2526 c.c. che ammette il recesso nei soli casi previsti dalla legge e dallo statuto. Per l’esclusione con lo scioglimento del rapporto sociale relativamente al singolo socio, è necessaria ovviamente la manifestazione della volontà formale della cooperativa con la delibera dell’assemblea (ovvero del consiglio di amministrazione nel caso di apposita previsione statutaria), la comunicazione con lettera raccomandata e la possibilità di opposizione giudiziale, la trascrizione dell’esclusione nel libro dei soci. Salve le particolari ipotesi di previsioni statutarie di esclusione, normalmente le fattispecie considerate sono il mancato pagamento delle quote e delle azioni sottoscritte, la perdita della capacità di agire, la perdita dei requisiti soggettivi legali e statutari per essere ammesso a socio. Questa ultima ipotesi assume particolare rilievo per le cooperative edilizie che intendono beneficiare dei fondi pubblici, in cui i soci debbono godere i requisiti prescritti dalla legislazione sull’edilizia residenziale pubblica. Va detto peraltro che i predetti requisiti non sono richiesti dalla legge per la partecipazione alla cooperativa ma solo per l’assegnazione dell’alloggio, pur essendo frequente e addirittura normale l’ipotesi in cui il testo statutario elevi il requisito legale per l’assegnazione anche a requisito della partecipazione societaria stessa. Sussiste poi una causa generale di esclusione prevista dall’art.103 del r.d. 28.4.1938 n.1165 legata alla morosità del socio: “ I consigli di amministrazione possono deliberare la radiazione di quei soci semplicemente iscritti od anche prenotatari di alloggio i quali, sebbene diffidati a pagare entro termine perentorio, abbiano omesso di versare le quote per spese generali afferenti ad almeno tre mensilità. Avverso il provvedimento di radiazione è ammesso ricorso alla commissione di vigilanza non oltre giorni trenta dalla comunicazione da effettuarsi mediante lettera raccomandata. Il ministro pei lavori pubblici, su richiesta dell'ente mutuante, può, previa diffida portante termine perentorio non inferiore ad un mese, pronunciare con suo decreto la decadenza dal diritto all'alloggio di quei soci assegnatari i quali si siano resi

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morosi per almeno due mensilità consecutive nel pagamento delle rate di ammortamento ovvero dei relativi accessori. La stessa facoltà, previa diffida di cui al precedente comma, compete fino alla stipulazione del contratto di mutuo edilizio individuale, al ministro pei lavori pubblici, su proposta motivata del presidente della cooperativa debitamente autorizzato dal consiglio di amministrazione, nell'ipotesi che soci assegnatari non abbiano ottemperato, nei modi e termini prescritti dalla cooperativa, al pagamento di passività sociali riconosciute dal ministro stesso ed indipendenti da ampliamenti di costruzioni non finanziati oppure al versamento di almeno due mensilità consecutive per spese generali. Il provvedimento di cui ai precedenti commi terzo e quarto non è soggetto ad alcun ricorso od azione, costituisce titolo esecutivo ai sensi dello art. 554, n. 2, del codice di procedura civile e vi si può dare esecuzione senza che occorra l'apposizione della formula esecutiva di cui ai successivi art. 555, 556 e 557 e senza le formalità di cui agli art. 741 e seguenti del codice stesso. Analoghe facoltà competono al ministro per le comunicazioni quando trattisi di cooperative mutuatarie dell'amministrazione delle ferrovie dello Stato. “ Occorre quindi al proposito l’inadempimento del socio nel pagamento di almeno tre mensilità di spese generali e la diffida di pagamento rivolta al socio da parte degli amministratori. 2.2.6. La morte del socio. Un particolare interesse suscita il problema della morte del socio. É necessario distinguere con attenzione l’ipotesi della morte anteriore all’assegnazione da quella della morte successiva all’assegnazione. Nel primo caso la morte provoca, secondo i principi generali, l’estinzione del rapporto sociale, che può continuare con gli eredi laddove lo statuto sociale lo consenta e gli eredi siano in possesso dei prescritti requisiti soggettivi. Non ne deriva peraltro il diritto degli eredi all’alloggio sic et simpliciter, ma solo la conseguenza che gli eredi verranno a far parte della graduatoria in posizione preferenziale rispetto ai successivi aspiranti soci. Nell’ipotesi in cui il rapporto sociale non continua con gli eredi questi hanno diritto alla liquidazione della quota o al rimborso delle azioni, eventualmente rivalutate ai sensi dell’art.7 della legge 59/1992 e delle eventuali anticipazioni corrisposte prima del decesso. Se invece la morte sopravviene dopo l’assegnazione, gli eredi subentrano nel rapporto di scambio e quindi vantano una pretesa qualificata all’alloggio. Per le cooperative edilizie a proprietà indivisa, l’art.114 del r.d.1165 del 1938 prevede l’assegnazione del godimento dell’alloggio al coniuge non separato (a cui l’art.17 delle legge 59 del 1992 ha equiparato il convivente more uxorio) o ai figli minorenni fino al raggiungimento della maggior età:

• “ Nelle cooperative per costruzione di case popolari ed economiche a proprietà indivisa ed inalienabile anche non fruenti di contributo erariale,

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al socio che muoia dopo l'attribuzione dell'alloggio si sostituisce, vita natural durante, il coniuge superstite contro il quale non sussista sentenza di separazione personale per sua colpa passata in giudicato. Uguale diritto è riservato ai figli minorenni del socio defunto fino al raggiungimento della maggiore età.”

In mancanza di figli il diritto a subentrare spetta al convivente e agli altri membri del nucleo familiare, purchè convivano da almeno due anni e documentino con idonea certificazione il possesso dei prescritti requisiti. Tale disciplina si applica sia alle cooperativa a proprietà indivisa (finanziate dallo stato e no) sia alle cooperative a proprietà divisa non fruenti di pubblici contributi. Per le cooperativa a proprietà divisa assistite da pubblici contributi la legge distingue

• l’ipotesi in cui la morte del socio avvenga dopo la prenotazione (art.115 r.d. 1165/1938: “ Nelle cooperative a proprietà individuale e contributo erariale, al socio che muoia dopo aver ottenuto la prenotazione ma non ancora la consegna dell'alloggio, ha facoltà di sostituirsi nella posizione ed in tutti i diritti di socio il coniuge superstite contro cui non sia intervenuta sentenza di separazione legale per sua colpa, passata in giudicato. In mancanza del coniuge ovvero nel caso di separazione previsto dal comma precedente, hanno titolo alla sostituzione i figli che alla data della morte del socio fossero a suo carico.”);

• dall’ipotesi in cui la morte del socio si verifichi dopo la consegna dell’alloggio, ossia dopo la provvisoria assegnazione, in cui operano le normali regole successorie secondo le regole della successione testamentaria o legittima (art.116 “Nelle cooperative a proprietà individuale e contributo erariale, al socio che muoia dopo la consegna dell'alloggio di cui all'art. 98, succedono i suoi eredi secondo il diritto comune. La qualità di eredi si prova nei modi di cui all'art. 15, libro III, parte Iº del testo unico 2 gennaio 1913, n. 433, sulla cassa depositi e prestiti. Gli eredi sono obbligati in solido verso la cooperativa e l'istituto mutuante. Fino a che tutti gli alloggi compresi nello stesso edificio non siano stati ammortizzati o riscattati, la cassa ha facoltà nel caso di eredità indivisa sia legittima che testamentaria, di chiedere che sia designato un rappresentante dei coeredi. Tale designazione sarà fatta dal consiglio di amministrazione della cooperativa in base alle indicazioni che detti coeredi dovranno fare nel termine perentorio che sarà di volta in volta stabilito dalla cassa. In caso di inadempienza o di disaccordo dei coeredi, alla designazione procederà senz'altro il consiglio di amministrazione della cooperativa. Avvenuta la divisione della eredità, subentra, in tutti i diritti ed i doveri di socio, colui al quale sia stato attribuito l'alloggio.)

In tale seconda ipotesi si ritiene che la successione dell’erede prescinda dal possesso dei requisiti a titolo personale e occorra semplicemente valutare se i requisiti dalla legge sull’edilizia economica e popolare fossero posseduti dal dante causa. Sul punto va ricordata la sentenza n. 1985 del 9.7.1973 della Suprema Corte, secondo cui:

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• “ La successione mortis causa nella posizione del socio assegnatario, prevista dall'art 116 del tu 28 aprile 1938 n 1165 e successive modificazioni non impedendo, giusta il testuale disposto dell'art 98, ult comma, dello stesso T.U., che l'erede dell'assegnatario possa ottenere, a sua volta, iure proprio, l'assegnazione di un altro alloggio costruito con i contributi dello stato, non viene considerata agli effetti delle preclusioni stabilite dall'art 4 della legge n 113 del 1952, per coloro che abbiano gia ottenuto l'assegnazione in proprietà di altri alloggi costruiti con il concorso dello stato, e costituisce, quindi, una successione dell'erede in una posizione gia acquisita al patrimonio del socio assegnatario sulla base di requisiti e condizioni riferibili esclusivamente a quest'ultimo, con riguardo ai momenti della prenotazione e dell'assegnazione, e che si trasmette, quindi, all'erede indipendentemente da ogni altra condizione e quindi indipendentemente dal fatto che l'erede si trovi in possesso dei particolari requisiti richiesti dalla legislazione sull'edilizia popolare ed economica, per fruire delle speciali provvidenze previste in subjecta materia.”

Il socio receduto o escluso e gli eredi del defunto che non continuano la società hanno diritto alla liquidazione della quota o al rimborso delle azioni alla luce delle risultanze del bilancio dell’esercizio in corso. 2.2.7. Gli aumenti di capitale. Valgono anche per le società cooperative i principi dettati per le società per azioni in tema di non obbligatorietà della partecipazione dei soci agli aumenti di capitale, spettando ai soci il diritto di difendere la loro partecipazione con il diritto di opzione di cui all’art.2441 c.c. In tal senso merita di essere ricordata la sentenza 22.1.1994 n.654 della Cassazione, secondo cui:

• “ É nulla, poiché integra una deviazione dallo scopo essenziale del rapporto societario, la deliberazione con cui l'assemblea di una società cooperativa a responsabilità limitata non deliberi un vero e proprio aumento di capitale, attribuendo ai soci la facoltà di sottoscriverlo, ma aumenti la quota sociale imponendone la sottoscrizione per la relativa entità (contro quanto previsto dal combinato disposto degli art. 2521 e 2532, comma 2 c.c. per cui le quote sociali non devono essere necessariamente della medesima entità) prevedendo l'esclusione del socio in caso di mancata nuova sottoscrizione, non potendosi condizionare la permanenza del socio nel rapporto sociale a tali ulteriori conferimenti.La deliberazione con cui l'assemblea di una società cooperativa a responsabilità limitata anziché disporre un aumento di capitale in senso proprio, con conseguente sottoscrizione facoltativa dei soci, elevi la quota sociale imponendone - in contrasto con il combinato disposto dagli art. 2521 e 2532, comma 2 c.c., a tenore del quale va esclusa la necessaria eguaglianza delle quote - la sottoscrizione per la relativa entità, pena l'espulsione del socio in caso di mancato adeguamento ad essa della partecipazione, deve ritenersi nulla, a norma dell'art. 2379 c.c. - e non già annullabile, - integrando una deviazione dallo scopo essenziale del rapporto societario, in quanto la permanenza nella società non può essere condizionata ad ulteriori conferimenti, oltre quello originario, e

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il rapporto medesimo non può sciogliersi, limitatamente a un socio, se non per ragioni che, a parte la morte, siano riconducibili alla volontà (recesso) o alla responsabilità (esclusione) del soggetto. “ (Cassazione civile sez. I, 22 gennaio 1994, n. 654).

2.2.8. Categorie di soci. I soci ordinari sono i soggetti che perseguono lo scopo tipicamente mutualistico di ottenere la proprietà di un alloggio di abitazione senza passare attraverso l’intermediazione dell’imprenditore costruttore. L’art.2532 c.c. ammette la partecipazione anche di persone giuridiche allorchè lo statuto preveda e disciplini tale ipotesi indicando le motivazioni della loro partecipazione; tale partecipazione risulta sicuramente consentita nelle cooperative c.d. libere mentre per le cooperative a contributo erariale i requisiti prescritti dalla legge finiscono con l’escludere in radice la possibilità di siffatta adesione. Lo scopo perseguito dal legislatore è stato quello di coinvolgere nella gestione soggetti dotati di disponibilità finanziarie e di conoscenza del mercato per ovviare ai problemi di sottocapitalizzazione e di finanziamento delle cooperative per adeguarne la struttura alla logica di mercato nel rispetto dl principio mutualistico. 2.3. Il rapporto sociale e il rapporto di scambio. Nella cooperativa edilizia è necessario aver ben presente la tradizionale distinzione fra rapporto sociale e rapporto di scambio :

• il primo relativo all’adesione del singolo alla società, • il secondo inerente al progetto di acquisizione dell’immobile in

godimento o in proprietà, il che porta a ritenere che i due rapporti si pongono in termini di una certa autonomia, anche se esiste uno stretto collegamento di pregiudizialità non biunivoca: infatti l’abitazione non può essere conseguita se non dal socio mentre si può essere socio anche senza intrattenere il rapporto di scambio.

• “ Ai fini della sospensione necessaria del processo a norma dell'art. 295 c.p.c., non é sufficiente che fra due liti sussista una mera pregiudizialità logica, essendo necessaria anche l'esistenza di un obiettivo rapporto di pregiudizialità giuridica, il quale ricorre solo quando la definizione di una controversia costituisca l'indispensabile antecedente logico e giuridico dell'altra, l'accertamento del quale debba avvenire con efficacia di giudicato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione del merito, che aveva escluso la sospensione necessaria con riguardo al caso di una cooperativa edilizia, che aveva agito per il rilascio di un locale senza titolo da un socio, già prenotatario, escluso dalla cooperativa con delibera divenuta definitiva per mancata impugnazione, e questi aveva a sua volta, promosso giudizio per l'annullamento di una precedente delibera, relativa all'approvazione e alla ripartizione dei costi di costruzione, non ravvisando la possibilità di un conflitto di giudicati

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tra la sentenza di accoglimento dell'azione di rilascio e quella di annullamento della deliberazione impugnata, atteso che quest'ultima decisione - non determinando, come necessaria conseguenza, l'obbligo degli amministratori della cooperativa di annullare la delibera di esclusione del socio - non era idonea a far riacquistare all'interessato la qualità di socio assegnatario o prenotatario). (Cassazione civile sez. I, 29 novembre 1993, n. 11785).

• “La scelta della sanzione da infliggere al socio di una cooperativa, compresa quella dell'espulsione, rientra nell'esplicazione di un potere - riservato agli organi sociali - appartenente ad un ordinamento autonomo e ciò implica che il giudice, sulla deliberazione di espulsione, può esercitare un controllo di legittimità, cioé valutare la regolarità formale della deliberazione (sussistenza della causa di esclusione posta a fondamento della deliberazione e sua inclusione tra quelle previste dalla legge o dall'atto costitutivo come motivo della sanzione comminata), ma non la sua regolarità sostanziale, cioé stabilire - sotto il profilo dell'opportunità - se circostanze specifiche avrebbero potuto consigliare in concreto il provvedimento di espulsione. Per le stesse ragioni, il giudice non può valutare se la società cooperativa nell'espulsione del socio abbia commesso eccesso di potere per disparità di trattamento del socio espulso nei confronti degli altri soci. Non é di ostacolo alla esclusione del socio da una cooperativa la sua posizione di prenotatario o assegnatario dell'alloggio, quando ancora non abbia avuto luogo il trasferimento di esso. “ (Cassazione civile, sez. I, 20 luglio 1982 n. 4254);

• “I rapporti economici venutisi a creare fra la società e i soci erano di due specie: da un lato, quelli attinenti all’attività sociale in genere, dall’altro, quelli relativi al particolare rapporto conseguito all’assegnazione in godimento degli alloggi, ed ai relativi oneri gravanti sui soci assegnatari. Mentre, sotto il primo profilo, i soci tutti erano tenuti al versamento delle quote sociali e agli oneri relativi al funzionamento della società in genere, sotto il secondo profilo si era venuta a creare una gestione del patrimonio edilizio, in forza della quale i soci erano tenuti al pagamento delle spese di ordinaria amministrazione ( in genere le spese gravanti sulla comunione di godimento dell’immobile), da un lato, e dall’altro, pagamento delle rate annuali di mutuo, costituenti una forma di pagamento anticipato del prezzo di acquisto degli alloggi assegnati che trovava la loro giustificazione in vista della futura assegnazione in proprietà individuale.” (Cassazione Civile, sezione I, 6 aprile1977 n.1304).

Il fenomeno cooperativo si scompone così giuridicamente in una duplicità di rapporti. Vi è, da un lato, il rapporto di società, oggetto del quale é, come in ogni società, anche lucrativa, l'esercizio in comune, mediante i conferimenti dei soci, di un'attività imprenditoriale. Vi é, dall'altro lato, una molteplicità di rapporti di scambio, che si instaurano tra la cooperativa ed i singoli soci e che consistono, a seconda dello specifico oggetto della cooperativa, in rapporti di compravendita, di lavoro, di credito, di assicurazione, ecc.

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La fruizione da parte dei soci delle più vantaggiose occasioni offerte dalla cooperativa non si realizza sulla base del solo rapporto sociale ed in dipendenza del conferimento da essi effettuato: essa richiede la creazione di rapporti contrattuali ulteriori rispetto al contratto di società cooperativa, con i quali i soci effettuano un esborso ulteriore rispetto al conferimento in società e valutabile come prezzo del bene o del servizio. In conseguenza, ogniqualvolta il socio si renda inadempiente al rapporto sociale violando gli obblighi discendenti dalla sua associazione (mancato pagamento delle quote o mancata partecipazione alla copertura delle spese generali di gestione), egli sarà soggetto all’esclusione dalla società e quindi alla consequenziale risoluzione del rapporto di scambio. Viceversa, in caso di inadempimento degli obblighi discendenti dal rapporto di scambio le conseguenze si produrranno di norma nella sfera di tale rapporto, senza automatica perdita della qualità di socio. In proposito il r.d. 1165 del 1938 elenca una serie di ipotesi di decadenza del diritto all’alloggio decretata dall’Autorità tutoria (senza automatica esclusione dalla società) per le ipotesi di:

• morosità di due rate di mutuo e oneri accessori (art.103, 3° comma),

• omesso versamento delle spese inerenti il programma edificatorio (art.103,4° comma)

• mancata stipulazione del mutuo individuale (art.139, 2° comma).

2.4. Il fine mutualistico. Lo scopo mutualistico non è definito espressamente dal codice civile (art.2511 c.c.) ma è presupposto dalla legge quale condizione di costituzione di una società cooperativa. In giurisprudenza sul punto meritano richiamo le seguenti pronunce:

• “Lo scopo mutualistico proprio delle cooperative può avere gradazioni diverse, che vanno dalla cosiddetta mutualità pura, caratterizzata dall'assenza di qualsiasi scopo di lucro, alla cosiddetta mutualità spuria, che, attenuandosi il fine mutualistico, consente una maggiore dinamicità operativa anche nei confronti di terzi non soci, conciliando così il fine mutualistico con un'attività commerciale e con la conseguente possibilità per la cooperativa di cedere beni o servizi a terzi a fini di lucro. La possibilità che la cooperativa assuma tali diverse tipologie comporta necessariamente una diversità di posizioni del socio cooperatore, senza, peraltro, che, anche laddove é più accentuato il fine mutualistico (come nelle cooperative di consumo), il parametro normativo di riferimento cessi di essere quello delle società (come dimostra l'art. 2516 c.c.), pur rimanendo la posizione del socio cooperativo distinta da quella del socio di una società di capitali, in quanto quest'ultimo persegue un fine puramente speculativo, mentre il primo mira di regola ad un risultato

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economico e ad un vantaggio patrimoniale diverso dal lucro, o comunque peculiare e variante a seconda del ramo di attività cooperativa esercitato dalla società. Tale vantaggio non é costituito (o almeno non lo é prevalentemente) dalla più elevata remunerazione possibile del capitale investito, ma dal soddisfacimento di un comune preesistente bisogno economico (di lavoro, del bene casa, di generi di consumo, di credito ed altri), con la congiunta consecuzione di un risparmio di spesa per i beni o i servizi acquistati o realizzati dalla propria società (come nelle cooperative di consumo), oppure di una maggiore retribuzione per i propri beni o servizi alla stessa ceduti (come nelle cooperative di produzione e di lavoro). In tema di società cooperative, non é previsto in alcuna norma un obbligo della società di procedere (ed un correlato diritto del socio) alla distribuzione ai soci di tutte le eccedenze derivanti dalla gestione mutualistica intervenuta con gli stessi, né esso può intendersi connaturato allo scopo mutualistico (inteso come gestione di servizi a favore dei soci), poiché le società cooperative (nelle quali lo scopo mutualistico non esclude l'applicabilità dei principi essenziali del diritto societario, espressamente richiamati dall'art. 2516 c.c., in ordine al funzionamento dell'organismo, ai rapporti fra socio e società ed alle attribuzioni sociali), sono soggetti di diritto, muniti di personalità giuridica, e come tali hanno specifiche esigenze organizzative, di efficienza e conservazione dell'impresa, che impongono di demandare all'apprezzamento discrezionale dell'assemblea ogni valutazione circa la destinazione da attribuire a dette eccedenze e ciò anche per quel che attiene alla sussistenza in concreto delle condizioni per far luogo ai rimborsi per i cosiddetti "ristorni" di crediti i.v.a., non sussistendo alcuna ragione che per essi giustifichi un diverso trattamento. Resta fermo che la discrezionalità della maggioranza assembleare é temperata dal principio di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto sociale, con la conseguenza che il socio, di fronte alla negazione del rimborso del ristorno, in presenza di comportamenti abusivi della maggioranza può valersi degli strumenti di tutela contro le deliberazioni assembleari e chiedere l'annullamento della deliberazione di approvazione del bilancio nella quale si sia deciso in tale senso. I soci di una cooperativa sono portatori di uno specifico interesse a che l'attività d'impresa sia orientata al soddisfacimento delle loro richieste di prestazioni (cosiddette prestazioni mutualistiche) ed alle condizioni più favorevoli consentite dalle esigenze di economicità nella condotta dell'impresa sociale, ma tale interesse é realizzabile dal socio soltanto azionando i mezzi di tutela predisposti dal diritto societario (impugnativa delle delibere assembleari, azione di responsabilità contro gli amministratori), qualora la gestione dell'impresa sociale non sia improntata al rispetto dello scopo mutualistico.” (Cassazione civile sez. I, 8 settembre 1999, n. 9513);

• “ Lo scopo mutualistico di una società cooperativa é caratteristica essenziale del suo atto costitutivo, ed anche presupposto indefettibile per il godimento della speciale disciplina "di favore", e dunque si traduce nell'indisponibilità, da parte dell'assemblea o del consiglio di amministrazione, del diritto di ciascun socio di partecipare ai programmati benefici dell'attività societaria. Detto scopo, nel caso di una cooperativa edilizia, non tollera la cessione a terzi degli alloggi edificati,

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ove la cessione medesima non sia mero strumento per il conseguimento dei fini istituzionali ed il miglior soddisfacimento delle posizioni costituite in capo al socio, ma esprima una scelta contrapposta al fine mutualistico, con il compimento di attività commerciale di tipo lucrativo e lesione di quelle posizioni. Da ciò consegue che, nel caso di estraneità del cessionario alla compagine sociale e dell'elusione dei diritti insorti in favore del socio per effetto dell'operazione mutualistica e del contratto di "prenotazione", la delibera di alienazione del bene sociale é affetta da radicale nullità, per illiceità dell'oggetto, ai sensi dell'art. 2379 c.c. reso applicabile dal rinvio di cui all'art. 2516 c.c”. (Cassazione civile sez. I, 25 settembre 1999, n. 10602);

• “Lo scopo mutualistico caratteristico delle cooperative - il quale può avere gradazioni diverse che vanno dalla cosiddetta mutualità pura, caratterizzata dall'assenza di qualsiasi scopo di lucro, alla cosiddetta mutualità spuria che, con l'attenuazione del fine mutualistico, consente una maggiore dinamicità operativa anche nei confronti di terzi non soci, conciliando, così, il fine mutualistico con un'attività commerciale e con la conseguente possibilità per la cooperativa di cedere a terzi beni o servizi a fini di lucro - non viene meno nel caso in cui si passa da un regime di mutualità sociologica, in quanto limitata a determinate categorie di soggetti favoriti da una legislazione speciale, ad un regime di mutualità neutra, cioé a favore di tutti e senza benefici categoriali di legge. Il fine mutualistico che caratterizza la cooperativa non é inconciliabile con l'esercizio da parte della stessa di una attività commerciale e con l'intento di lucro, ben potendo questi due fini coesistere ed essere rivolti al conseguimento di uno stesso risultato. I singoli soci possono rivolgere la loro partecipazione alla cooperativa anche a scopi di lucro personale, dato che il requisito dello scopo mutualistico é richiesto dall'art. 2511 c.c. con riferimento alla cooperativa e non ai singoli membri dell'organizzazione. Lo scopo mutualistico caratteristico delle cooperative non viene meno nel caso in cui si passi da un regime di mutualità sociologica, in quanto limitata a determinate categorie di soggetti favoriti da una legislazione speciale, ad un regime di mutualità neutra, cioé a favore di tutti e senza benefici categoriali di legge.” (Cassazione civile sez. I, 4 gennaio 1995, n. 118);

• “ Siccome nelle società cooperative v'é una tendenziale coincidenza tra i soci ed i fruitori dei beni o dei servizi prodotti dall'impresa sociale (o, nel caso delle cooperative di produzione e lavoro, i fattori produttivi necessari per l'attività sociale sono tendenzialmente forniti dagli stessi soci), lo scopo mutualistico, previsto dall'art. 2511 c.c., si sostanzia in un particolare modo di organizzazione e di svolgimento dell'attività d'impresa, il quale si caratterizza per la gestione del servizio a favore dei soci. Questi, destinatari elettivi, ma non esclusivi, dei beni o dei servizi, conseguono in tal modo condizioni più favorevoli di quelle di mercato, dal momento che nel processo di produzione e di distribuzione viene eliminata l'intermediazione di altri imprenditori. Pertanto, non si verifica la lesione del vantaggio mutualistico nel caso in cui una società cooperativa edilizia adotti, per la ripartizione tra i soci del costo di costruzione, il criterio di riparto per tabella millesimale (che differenzia i singoli alloggi in base alle loro caratteristiche), in luogo di quello fondato sui costi di produzione, il quale ultimo, al contrario,

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creerebbe una situazione di squilibrio tra i soci stessi, in quanto, a fronte di un esborso identico da parte di ciascuno di essi per l'assegnazione di unità immobiliari di medesime dimensioni, si verrebbe a costituire un obiettivo vantaggio a favore di coloro i quali abbiano ricevuto unità dotate di requisiti di maggior pregio rispetto a quelle assegnate ad altri. “ (Cassazione civile sez. I, 4 gennaio 1995, n. 111).

Lo scopo mutualistico può quindi essere opportunamente definito come la ricerca attraverso lo svolgimento di una attività economica di un vantaggio a favore dei soci che matura con lo svolgersi della partecipazione e che non si risolve necessariamente nel conseguimento di un utile o di una ricchezza finanziaria. Per la cooperativa edilizia il fine si traduce nel conseguimento di un alloggio o nel soddisfacimento del bisogno abitativo a un prezzo inferiore rispetto a quello preteso dal mercato. Quindi si verte in tema di concessione di un vantaggio ai propri soci sia sotto forma di beneficio economico sia quale diverso beneficio personale, sotto forma di erogazione di prestazioni di favore rispetto al mercato, che nella cooperativa edilizia sono rappresentate dall’accesso al bene–casa. Il concetto di mutualità viene sovente desunto dalla nozione di mutualità fiscale (art.26 del d.lgs.C.p.S. 14.12.1947 n.1577 e successive modifiche: c.d. legge Basevi), così come coordinato con il secondo e terzo comma dell’art.2536 c.c., modificati dalla legge 59/1992. É assolutamente necessario che la disciplina garantisca la partecipazione del socio al programma edificatorio e quindi alla vita sociale, a partire dalla fase di acquisizione dell’area sino al conseguimento effettivo dell’alloggio, perché l’assenza di procedure di scelta e di assegnazione delle abitazioni può rivelare l’intento speculativo, dal momento che i soggetti che entrano a far parte della società a lavori ultimati assumono in sostanza la veste di acquirenti piuttosto che quella di soci. Sul punto la giurisprudenza è rigorosa nel sanzionare lo svolgimento di attività speculativa:

• “Lo scopo mutualistico di una società cooperativa é caratteristica essenziale del suo atto costitutivo, ed anche presupposto indefettibile per il godimento della speciale disciplina "di favore", e dunque si traduce nell'indisponibilità, da parte dell'assemblea o del consiglio di amministrazione, del diritto di ciascun socio di partecipare ai programmati benefici dell'attività societaria. Detto scopo, nel caso di una cooperativa edilizia, non tollera la cessione a terzi degli alloggi edificati, ove la cessione medesima non sia mero strumento per il conseguimento dei fini istituzionali ed il miglior soddisfacimento delle posizioni costituite in capo al socio, ma esprima una scelta contrapposta al fine mutualistico, con il compimento di attività commerciale di tipo lucrativo e lesione di quelle posizioni. Da ciò consegue che, nel caso di estraneità del cessionario alla compagine sociale e dell'elusione dei diritti insorti in favore del socio per effetto dell'operazione mutualistica e del contratto di

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"prenotazione", la delibera di alienazione del bene sociale é affetta da radicale nullità, per illiceità dell'oggetto, ai sensi dell'art. 2379 c.c. reso applicabile dal rinvio di cui all'art. 2516 c.c. “ (Cassazione civile sez. I, 25 settembre 1999, n. 10602);

• “La deliberazione di una società cooperativa edilizia - tanto se presa dall'assemblea nell'esercizio dei suoi poteri, quanto se adottata, per delega statutaria, dal consiglio di amministrazione - che, in pregiudizio del diritto acquisito dal socio in forza di prioritaria prenotazione e nel concorso delle condizioni previste dalla legge o dallo statuto, dia luogo ad assegnazione di alloggi a favore di altri soci é riconducibile all'ipotesi di nullità per illiceità dell'oggetto, per contrarietà a norme imperative, atteso che la disciplina cooperativistica é improntata, con carattere non derogabile di essenzialità ed imperatività, al rispetto dello scopo mutualistico e del principio del concorso paritario dei soci al conseguimento degli alloggi in base a condizioni predeterminate in via generale dalla legge e dallo statuto. Pertanto l'impugnazione di tale deliberazione da parte del socio pretermesso non é soggetta al termine previsto dall'art. 2377 c.c. bensì é imprescrittibile a norma dell'art. 2379 c.c. (applicabile in forza del rinvio dell'art. 2516 c.c.). (Cassazione civile sez. I, 24 gennaio 1990 n. 420).

3. Cooperative assistite da contributo erariale e cooperative libere. La partecipazione alle cooperative edilizie fruenti di contributi pubblici è condizionata alla sussistenza di specifici requisiti:

• non essere proprietario di altra abitazione nel Comune in cui si sta costruendo;

• non aver ottenuto l’assegnazione di altri alloggi costruiti con contributi erariali,

• il mancato superamento di particolari limiti reddituali. Nelle cooperative fruenti di finanziamenti pubblici l’intervento dello Stato può essere diretto o indiretto (e cioè attraverso finanziamenti erogati dal sistema bancario ad istituti autorizzati a erogare mutui a tassi agevolati). In tali ipotesi è lo Stato che integra a favore delle Banche la differenza fra il tasso ordinario e il tasso così agevolato. Le cooperative soggette al diretto contributo erariale sono sottoposte ad una intensa vigilanza normativa con tutta una serie di vincoli al fine di evitare fenomeni speculativi e provocare l’effettiva soddisfazione dei bisogni dei meno abbienti. Non esistono invece particolari requisiti legali per la partecipazione alle cooperative libere (salvo quelli prescritti dai singoli statuti). La formazione dell’elenco aspiranti soci non corrisponde ad alcun potere discrezionale del Consiglio di amministrazione che è tenuto a rispettare le regole e i criteri indicati dalla legge e contro le cui deliberazioni è dato ricorso alla Commissione di vigilanza per l’edilizia economica e popolare.

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L’ammissione a socio effettivo può comunque essere subordinata alla disponibilità di alloggi ovvero alla realizzazione di un diverso programma edilizio. Il contratto di scambio inizia normalmente a prender forma nel momento della prenotazione con cui il socio manifesta la volontà di conseguire il vantaggio mutualistico, obbligando correlativamente la società alle iniziative consequenziali. Esistono tuttavia anche ipotesi in cui il socio non manifesta inizialmente tale intento, perché non è interessato al programma edificatorio in corso da parte di una cooperativa multiprogramma e resta in attesa di un più favorevole progetto edilizio. Per le cooperative edilizie a finanziamento pubblico la posizione del socio risulta connotata da un vero e proprio interesse legittimo che corrisponde alle finalità pubblicistiche di soluzione del problema abitativo. Tali finalità comprimono notevolmente l’autonomia privata rispetto alla disciplina delle cooperative libere rimesse all’autonomia statutaria. La complessa procedura che conduce alla soddisfazione del bisogno abitativo del socio prende le mosse dall’atto di prenotazione e si completa solo con l’assegnazione definitiva in proprietà dell’immobile. 3.1. La prenotazione. Per quel che riguarda le cooperativa a finanziamento pubblico, la prenotazione dell’alloggio (ossia la richiesta della prestazione mutualistica alla cooperativa) rappresenta la prima fase del procedimento amministrativo: si tratta di un atto intermedio tra iscrizione del socio e assegnazione, che ha per scopo di fissare e stabilizzare la posizione nelle aspettative del socio rispetto ad un alloggio determinato al fine di tramutare la semplice aspettativa in una situazione più concreta. Con la prenotazione e la stipulazione del contratto di scambio il socio si obbliga economicamente al pagamento delle somme necessarie per la realizzazione dell’alloggio e del programma edificatorio correlativo. La sanzione normativa della rilevanza giuridica dell’istituto (che suona indice della progressiva consolidazione della situazione di aspettativa tutelata) si trova proprio nella successione nella situazione giuridica del prenotante prevista dalla legge. La prenotazione può essere effettuata anche in più programmi di una stessa cooperativa, ovvero in più cooperative, ma la legge obbliga a pena di decadenza a dichiarare per iscritto a tutte le cooperative tutte le ulteriori prenotazioni effettuate. L’art.96 del r.d.1165 del 1938 prevede che: “I consigli di amministrazione debbono procedere alla prenotazione degli alloggi tenendo presente che sono consentite prenotazioni in più cooperative. In tal caso, però, il socio ha l'obbligo di

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dichiarare per iscritto a ciascuna delle cooperative presso cui è prenotato, tutte le sue prenotazioni. La mancata dichiarazione importa di diritto la decadenza dalle prenotazioni successive alla prima, non denunciate.”. La giurisdizione sulle controversie relative alla prenotazione di alloggi costruiti da cooperative beneficianti del contributo erariale compete al giudice amministrativo:

• “Ai sensi dell'art. 131 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, nelle cooperative per la costruzione di alloggi economici e popolari, é devoluta al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sulle controversie attinenti alla prenotazione ed all'assegnazione degli alloggi, alla posizione e qualità di socio, od aspirante socio ovvero tra socio e cooperativa, in quanto attinenti a rapporti sociali; ai fini della risoluzione della questione di giurisdizione non rileva stabilire se permanga, pur a seguito del d.lg. n. 112 del 1998, la competenza contenziosa delle commissioni di vigilanza, essendo la giurisdizione attribuita al giudice amministrativo "ratione materiae" e rilevando la questione della necessità della preventiva pronuncia delle commissioni per adire il giudice amministrativo solo sulla proponibilità dell'azione davanti a questi e non sulla giurisdizione.” (Cassazione civile sez. un., 13 novembre 2000, n. 1175).

• “Nell'ipotesi di costruzioni realizzate in base alle leggi sull'edilizia popolare ed economica, attuabili con l'intervento dei comuni e soggette alla normativa dettata dal r.d. 28 aprile 1938, n. 1165 - cui rinvia l'art. 19 del d.P.R. 23 maggio 1964, n. 655 le controversie insorte fra cooperative edilizie e soci, o fra questi ultimi, relativamente ai rapporti sociali in genere ovvero alla prenotazione o assegnazione degli alloggi, alla posizione e alla qualità di socio o aspirante a tale qualità, sono devolute alle commissioni regionali ed alla commissione centrale di vigilanza fino alla stipulazione, da parte del socio, del contratto di mutuo individuale, negozio con il quale é ormai conseguita la finalità pubblica dell'ente concedente e cessa l'assoggettamento dell'assegnatario ai poteri autoritativi di questo, correlativamente determinandosi l'irrevocabile acquisto in proprietà dell'alloggio e l'insorgenza di rapporti di condominio tra gli assegnatari acquirenti, in quanto l'edificio passa dal regime di proprietà indivisa a quello di proprietà frazionata, cui partecipa la stessa cooperativa per le unità eventualmente non ancora trasferite agli assegnatari.” (Cassazione civile sez. un., 26 aprile 1993, n. 4902).

La giurisprudenza ribadisce altresì la carenza di diritti soggettivi insorgenti per effetto della prenotazione:

• “Il principio per cui, con riguardo alle cooperative edilizie fruenti di contributo statale, la prenotazione dell'alloggio da parte del socio, ancorché correlata ad una offerta dalla società non é configurabile come fonte negoziale di diritti soggettivi in favore del primo, non trattandosi di un'accettazione di proposta contrattuale nell'ambito di uno schema privatistico, ma di semplici momenti di un complesso procedimento, di rilevanza pubblicistica, diretto alla assegnazione dell'alloggio, dopo la quale può aver luogo il negozio traslativo dell'alloggio con acquisizione del diritto soggettivo di proprietà su di esso, non esclude che nell'ambito di tale procedimento - quando non vengano in rilievo interessi contrastanti di altri soci al rispetto delle

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regole procedimentali previsti per la scelta dell'assegnatario e quando si sia pervenuti alla fase finale, del trasferimento in proprietà - la cooperativa possa definire negozialmente (anche in via transattiva) situazioni particolari riguardanti singoli soci, quale l'impegno ad assegnare un determinato alloggio ed a trasferirne la proprietà, con conseguente responsabilità risarcitoria per il caso di inadempimento e di sopravvenuta impossibilità di procedere al trasferimento coatto ex art. 2932 c.c.” (Cassazione civile sez. I, 22 gennaio 1993, n. 78):

• “ La permuta delle rispettive qualità di soci prenotatari di una società cooperativa a r.l. senza contributo erariale ma volontariamente assoggettata al r.d. 28 aprile 1938 n. 1165 (t.u. delle disposizioni sull'edilizia popolare ed economica), é inefficace per la carenza del potere di disposizione del socio cedente sul bene ceduto. La delibera del consiglio di amministrazione della società che ha approvato la permuta della qualità di socio prenotatario é, "incidenter tantum", dichiarata nulla. Ogni pretesa patrimoniale conseguente alla dichiarazione d'inefficacia della permuta, va fatta valere in separato giudizio”. (Cassazione civile sez. I, 24 settembre 1990, n. 9670).

• “In tema di edilizia economica e popolare, i lavoratori od i soci di una cooperativa di lavoratori, che anticipino, a titolo di quota di prenotazione, secondo il disposto dell'art. 8 della l. 26 novembre 1955 n. 1148, le somme necessarie per l'acquisto dell'area da destinare alla costruzione di alloggi, non possono proporre azione risarcitoria davanti al giudice ordinario, in relazione al pregiudizio derivante da ritardi nella consegna del terreno e nell'attuazione del programma edificatorio, atteso che la loro posizione, fino a quando l'opera non venga realizzata e gli alloggi non vengano assegnati con negozi bilaterali accedenti l'atto amministrativo di concessione, ha natura e consistenza non di diritto soggettivo, ma di interesse legittimo, ponendosi a fronte di un'attività dell'amministrazione diretta al soddisfacimento di interessi pubblici e caratterizzata da discrezionalità.” (Cassazione civile, sez. un., 30 marzo 1983 n. 2320);

• “Il socio prenotatario di una cooperativa edilizia, anche non a contributo statale, finché tale, non ha alcun potere di disposizione sull'unità immobiliare non ancora assegnata e non é quindi legittimato ad immettervi un soggetto privo di qualsiasi legame organico con l'ente titolare dell'intero complesso immobiliare.” (Cassazione civile, sez. II, 9 marzo 1982 n. 1517).

Tuttavia, va tenuto presente che: • “ Il principio per cui, con riguardo alle cooperative edilizie fruenti di

contributo statale, la prenotazione dell'alloggio da parte del socio, ancorché correlata ad una offerta dalla società non é configurabile come fonte negoziale di diritti soggettivi in favore del primo, non trattandosi di un'accettazione di proposta contrattuale nell'ambito di uno schema privatistico, ma di semplici momenti di un complesso procedimento, di rilevanza pubblicistica, diretto alla assegnazione dell'alloggio, dopo la quale può aver luogo il negozio traslativo dell'alloggio con acquisizione del diritto soggettivo di proprietà su di esso, non esclude che nell'ambito di tale procedimento - quando non vengano in rilievo interessi contrastanti di altri soci al rispetto delle regole procedimentali previsti per la scelta dell'assegnatario e quando si

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sia pervenuti alla fase finale, del trasferimento in proprietà - la cooperativa possa definire negozialmente (anche in via transattiva) situazioni particolari riguardanti singoli soci, quale l'impegno ad assegnare un determinato alloggio ed a trasferirne la proprietà, con conseguente responsabilità risarcitoria per il caso di inadempimento e di sopravvenuta impossibilità di procedere al trasferimento coatto ex art. 2932 c.c”. (Cassazione civile sez. I, 22 gennaio 1993, n. 781).

Il prenotatario può godere peraltro di una tutela riflessa e indiretta attraverso l’impugnazione di deliberazioni nulle lesive dei suoi interessi:

• “ La deliberazione di una società cooperativa edilizia - tanto se presa dall'assemblea nell'esercizio dei suoi poteri, quanto se adottata, per delega statutaria, dal consiglio di amministrazione - che, in pregiudizio del diritto acquisito dal socio in forza di prioritaria prenotazione e nel concorso delle condizioni previste dalla legge o dallo statuto, dia luogo ad assegnazione di alloggi a favore di altri soci é riconducibile all'ipotesi di nullità per illiceità dell'oggetto, per contrarietà a norme imperative, atteso che la disciplina corporativistica é improntata, con carattere non derogabile di essenzialità ed imperatività, al rispetto dello scopo mutualistico (art. 2511 c.c. e art. 9 del d.l.C.p.S. 14 dicembre 1947, n. 1577, nonché r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, e successive modificazioni) e del principio del concorso paritario dei soci al conseguimento degli alloggi in base a condizioni predeterminate in via generale dalla legge e dallo statuto. Pertanto, l'impugnazione di tale deliberazione da parte del socio pretermesso non é soggetta al termine previsto dall'art. 2377 c.c. bensì a norma dell'art. 2379 c.c. (applicabile in forza del rinvio dell'art. 2516 c.c.) é imprescrittibile.” (Cassazione civile, sez. I, 24 gennaio 1990 n. 420);

• “Alle cooperative si applica l'art. 2384 bis in forza dell'art. 2516 c.c. e pertanto non é opponibile al cessionario in prenotazione di un appartamento in una cooperativa edilizia, il quale chieda la risoluzione dl contratto per inadempimento e la restituzione della somma rivalutata, che il contratto stipulato tra la cooperativa e l'assegnatario, ancorché qualificabile come preliminare di vendita e non come preliminare di partecipazione sociale, fosse estraneo all'oggetto sociale (nella specie, si sosteneva l'esorbitanza dell'assegnazione deliberata dal consiglio di amministrazione rispetto all'oggetto sociale), sempre che la società non deduca e dimostri la mala fede dell'assegnatario”(Cassazione civile, sez. I, 4 luglio 1985 n. 4033).

É poi chiaro che dalla qualità di prenotatario non deriva alcun ostacolo che impedisca l’esclusione dalla società nel ricorrere delle condizioni previste dalla legge o dallo statuto:

• “La deliberazione di esclusione del socio di una società cooperativa edilizia, nei casi previsti dalla legge o dall'atto costitutivo, con la conseguente decadenza da tutti i diritti inerenti alla qualità di socio, non trova ostacolo nella circostanza che il socio medesimo sia prenotatario od assegnatario di alloggio della cooperativa, ove non sia

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ancora intervenuto l'atto traslativo del diritto di proprietà.” (Cassazione civile, sez. I, 20 luglio 1982 n. 4254).

3.2. L’assegnatario. Una volta ultimata la costruzione degli alloggi, il consiglio di amministrazione procede all’assegnazione degli stessi a favore dei prenotatari con un atto distinto e anteriore rispetto alla materiale consegna del bene. L’assegnazione può quindi avvenire anche prima del rilascio del permesso di abitabilità e precede la formale stipulazione dell’atto notarile con la definitiva assegnazione dell’alloggio. Al momento dell’assegnazione diviene oggetto di verifica la sussistenza dei requisiti per acquistare la proprietà di abitazioni realizzati con pubblici contributi (vale a dire: l’inesistenza di altre abitazioni nello stesso Comune, il mancato conseguimento di assegnazioni di alloggi in precedenza realizzati con contributi statali o regionali, un reddito non superiore a lire 50 milioni annui). Per le cooperative finanziate con contributi erariali la proprietà si acquisisce solo con la stipulazione del contratto di mutuo individuale e pertanto si procede solo ad una assegnazione provvisoria in attesa di quella definitiva da cui scaturisce l’effetto reale:

• “L'assegnazione di un alloggio ad un socio di cooperativa per l'edilizia residenziale pubblica, fruente di contributo erariale, non é assimilabile alla compravendita perché gli conferisce soltanto un diritto di godimento, con il correlato obbligo di pagare le rate di ammortamento del mutuo, in proporzione alla quota gravante sull'alloggio, di cui diviene proprietario per effetto della stipula del contratto individuale di mutuo”. (Cassazione civile sez. II, 20 marzo 1998, n. 2969);

• “ Attraverso l'assegnazione, che costituisce uno dei passaggi del procedimento per l'attribuzione della proprietà di un alloggio al singolo socio della cooperativa che usufruisce di concorsi o contributi dello Stato, si perviene alla concreta individuazione dell'alloggio sulla scorta della prenotazione del socio, ed anche se essa sia qualificata come provvisoria, sia per la non ancora effettuata consegna, sia per il carattere unilaterale dell'attribuzione da parte della cooperativa, che non può avere carattere rigorosamente definitivo dal punto di vista sostanziale, in quanto destinata a trasformarsi e dar vita ad altra situazione (di regola al diritto di proprietà si perviene con il contratto di mutuo edilizio individuale), ciò non toglie che stabilendo la correlazione tra soggetto e oggetto del diritto di proprietà in divenire, é di per sé elemento sufficiente ad integrare la "ratio" della disciplina di incedibilità relativa (ovvero della cedibilità subordinata ad autorizzazioni) dello "status" di assegnatario (conseguire il fine della destinazione degli alloggi al soddisfacimento dell'interesse all'abitazione degli appartenenti a determinate categorie sociali, e, in connessione al divieto temporale di alienazione, a scongiurare l'intento speculativo di chi, profittando della propria appartenenza a tali categorie, si avvalga della facoltà di prenotare l'alloggio per rivenderlo ai valori di mercato), ed a rendere operante il

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relativo regime, che comporta la nullità dell'alienazione in assenza delle previste autorizzazioni.” ( Cassazione civile sez. I, 4 settembre 1999, n. 9395).

Quindi le fasi successive nelle cooperative fruenti di contributi pubblici sono:

• assegnazione non definitiva con stipula del rogito notarile; • verifica dell’ultimazione di lavori e dell’abitabilità; • consegna dell’alloggio, • stipulazione del mutuo individuale; • assegnazione definitiva con acquisto del diritto reale.

Assume particolare rilievo la distinzione fra “assegnazione provvisoria” e “consegna”, dal momento che la decadenza dall’assegnazione è comminata in ipotesi di mancata occupazione entro 30 giorni dalla stesura del verbale di consegna. L’art.98 del r.d. 1165/1938 recita: “ I consigli di amministrazione, non appena gli alloggi siano ritenuti abitabili, procedono all'assegnazione dei medesimi a favore dei soci prenotati mediante verbale di consegna da sottoscriversi dal socio e da un rappresentante della cooperativa all'uopo delegato, contenente, per ciascuno alloggio, la precisa specificazione, ubicazione e consistenza di esso nonché dei relativi accessori ed annessi. La consegna perfezionata nel modo suddetto conferisce al socio tutti gli obblighi ed i diritti di legge. I consigli di amministrazione, redatto il verbale di consegna dell'alloggio, hanno l'obbligo di avvertire immediatamente, con lettera raccomandata, le altre cooperative presso cui il socio risulta essere prenotatario, per l'annullamento di tutte le relative prenotazioni. é fatto obbligo al socio di occupare l'alloggio assegnatogli entro trenta giorni dalla data del verbale di consegna, sotto pena di decadenza dalla assegnazione, salvo suo ricorso entro detto termine alla commissione di vigilanza. Ciascun socio non può comunque divenire assegnatario che di un solo alloggio, salvo il caso di successione di cui all'art. 116.” La consegna dell’alloggio è condizionata dalla sua abitabilità, ossia dal rilascio della specifica autorizzazione sanitaria da parte del Sindaco. Dalla data di consegna, consacrata in apposito verbale, decorre il termine per l’occupazione, che deve essere effettiva e non deve consistere in una simbolica presa del possesso (Cons.Stato, sez.VI n.64 del 28.1.1966) e deve essere caratterizzata dalla continuità. É pacifico che per le cooperative a contributo erariale l’assegnazione non provoca l’insorgere di un diritto soggettivo fino alla stipula del mutuo individuale, ma solo ingenera un interesse legittimo al godimento dell’alloggio. Le controversie fra i soci assegnatari e la cooperativa sono devolute in primo grado alla Commissione regionale di Vigilanza e in secondo grado alla Commissione centrale, le cui decisioni sono impugnabili dinanzi al Consiglio di Stato.

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Gli artt.129-131 del r.d. 1165/1938 prevedono: “ Presso il ministero dei lavori pubblici è istituita una commissione di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica la cui nomina spetta al ministro. Debbono comunque far parte della commissione: a ) il direttore generale dell'edilizia e delle opere igieniche e il direttore capo della divisione per le case popolari ed economiche ovvero un funzionario della divisione stessa da lui delegato, del ministero dei lavori pubblici; b ) il direttore generale della cassa depositi e prestiti; c ) un magistrato dell'ordine giudiziario ed un funzionario dell'avvocatura dello Stato, aventi grado non inferiore al 5º; d ) due componenti della magistratura del consiglio di Stato; e ) un funzionario da designarsi dal ministero delle finanze. Il ministero provvede con suo decreto alla composizione della segreteria. La commissione, per l'adempimento dei suoi compiti, funziona suddivisa in due sezioni presiedute dal presidente o da uno dei componenti da lui delegato. Il ministro con suo decreto determina, a datare dal 28 ottobre e per la durata di un triennio, la composizione della commissione e delle due sezioni le quali non possono subire mutamenti in corso di detto triennio, salvo eventuali sostituzioni rese indispensabili da circostanze di forza maggiore.” Art. 130. “ Sul fondo iscritto all'apposito capitolo dello stato di previsione del ministero dei lavori pubblici per spese concernenti l'edilizia popolare ed economica, possono gravare quelle inerenti al funzionamento dei servizi relativi ed essere corrisposte, nella misura da determinarsi con decreto del ministero per i lavori pubblici di concerto con quello per le finanze, indennità e competenze ai componenti la commissione di vigilanza nonchè al personale addetto alla segreteria, compreso quello d'ordine e subalterno.” Art. 131 “ Spetta alla commissione di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica: 1º) decidere in via definitiva su tutte le controversie attinenti alla prenotazione ed all'assegnazione degli alloggi, alla posizione e qualità di socio od aspirante socio nonchè sulle controversie tra socio e socio ovvero tra socio e cooperativa, in quanto riguardino rapporti sociali; 2º ) decidere su abusi, irregolarità nonchè sulle contravvenzioni alle norme vigenti e comminare le relative sanzioni in quanto non trattisi di provvedimenti che rientrino nelle attribuzioni dalla legge deferite al ministero; 3º ) esprimere parere, oltre nei casi previsti dalle disposizioni vigenti, in tutti gli altri in cui ne sia richiesta dal ministero per i lavori pubblici, dalla cassa depositi e prestiti, ovvero dal ministero per le comunicazioni ove trattisi di cooperative mutuatarie dell'amministrazione delle ferrovie dello Stato; 4º ) adempiere a tutti gli incarichi speciali che il ministero per i lavori pubblici ritenga opportuno affidarle. Contro le decisioni della commissione di vigilanza à ammesso soltanto ricorso al consiglio di Stato in sede giurisdizionale nei casi previsti dall'art. 26 del testo unico approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054. Per le controversie in materia di condominio valgono le norme dell'articolo 239. “ Diversamente nelle cooperative libere l’assegnazione coincide con il trasferimento del diritto reale e non rileva a tal fine il momento di stipulazione del contratto di mutuo individuale; in conseguenza

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l’assegnatario da tal momento può disporre del relativo diritto, sia per atto tra vivi sia per testamento. Ogni controversia è ovviamente devoluta al giudice ordinario non operando la speciale disciplina del citato art.131. In conseguenza è possibile il ricorso da parte del socio all’istituto di cui all’art.2932 c.c. nel momento in cui la cooperativa sia obbligata alla assegnazione degli alloggi, essendone stata ultimata la costruzione e ripartite le relative spese, e il contratto di scambio sia maturo per il perfezionamento. In tal caso, a fronte dell’inerzia della società, il socio può richiedere all’Autorità giudiziaria l’emanazione di una sentenza che tenga il luogo del contratto non concluso:

• “L'obbligo di concludere un contratto a termini del c.c. può derivare oltreché da un contratto preliminare anche da un negozio unilaterale, dalla leggo o da una fattispecie complessa, comprensiva di una convenzione stipulata da un ente pubblico e da una società cooperativa, idonea anche sotto il profilo formale, a far sorgere un obbligo di stipulare un successivo contratto di compravendita. Se una società cooperativa di diritto privato si impegna, con atti idonei anche formalmente, pur se unilaterali o intercorsi con un diverso soggetto (nella specie convenzione con un comune) - essendo ammissibile un preliminare a favore di terzo, anche nel caso in cui alcuni elementi di esso non siano determinati al momento della sua conclusione, ma siano determinabili successivamente in base a criteri prestabiliti - a trasferire la proprietà di alloggi popolari agli assegnatari di essi, in caso di rifiuto alla stipula del relativo atto é esperibile la domanda di adempimento coattivo ai sensi dell'art. 2932 c.c. “ (Cassazione civile sez. II, 9 luglio 1997, n. 6206);

• “ La domanda di esecuzione specifica, ai sensi dell'art. 2932 c.c., può essere proposta anche nei confronti di una società cooperativa che abbia come oggetto sociale la costruzione di alloggi da assegnare ai soci, di fronte al rifiuto della società di prestarsi all'atto traslativo dell'immobile al socio assegnatario. Il suo accoglimento é, però, condizionato al compiersi della fattispecie complessa e progressiva che prevede, oltre all'assunzione, da parte della società, dell'obbligo a prestare il proprio consenso al trasferimento, anche l'effettuazione della prenotazione dell'alloggio, che accerta la realizzazione dei presupposti concreti per tale assegnazione, individuandone il bene ed il corrispettivo, così da rendere legittimo, e quindi dovuto, il successivo atto traslativo del diritto.” (Cassazione civile sez. I, 24 gennaio 1997, n. 752);

• “ L'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto mediante sentenza che ne produca gli effetti può riguardare non solo l'ipotesi di contratto preliminare (art. 1351 c.c.), ma ogni altra fattispecie dalla quale derivi la stessa obbligazione di prestare il consenso, ne consegue che la domanda di esecuzione specifica, ai sensi dell'art. 2932 c.c., può essere proposta anche nei confronti di una società cooperativa che abbia come oggetto sociale la costruzione di alloggi da assegnare ai soci, di fronte al rifiuto della società di prestarsi, in concorso di tutte le circostanze richieste, all'atto traslativo dell'immobile al socio

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assegnatario.” (Cassazione civile sez. I, 8 marzo 1995, n. 2697;Cassazione civile sez. I, 30 maggio 1995, n. 6071);

• “ Intervenuto tra il socio ed una cooperativa edilizia un accordo negoziale, contenente l'impegno al trasferimento della proprietà di un determinato immobile, gli atti promananti dalla cooperativa non si configurano come atti amministrativi del procedimento diretto alla scelta dell'assegnatario bensì come atti della fase di trasferimento della proprietà, suscettibili di incidere su posizioni di diritto soggettivo. Pertanto, in caso di inadempimento da parte della cooperativa dell'impegno assunto e nell'impossibilità di procedere al suddetto trasferimento in via coattiva ex art. 2932 c.c., la società é tenuta a risarcire i danni subiti dal socio per effetto della condotta inadempiente.”(Cassazione civile sez. I, 22 gennaio 1993, n. 781-Conforme Cassazione civile sez. II, 29 marzo 1994, n. 3079);

• “ Il principio per cui, con riguardo alle cooperative edilizie fruenti di contributo statale, la prenotazione dell'alloggio da parte del socio, ancorché correlata ad una offerta dalla società non é configurabile come fonte negoziale di diritti soggettivi in favore del primo, non trattandosi di un'accettazione di proposta contrattuale nell'ambito di uno schema privatistico, ma di semplici momenti di un complesso procedimento, di rilevanza pubblicistica, diretto alla assegnazione dell'alloggio, dopo la quale può aver luogo il negozio traslativo dell'alloggio con acquisizione del diritto soggettivo di proprietà su di esso, non esclude che nell'ambito di tale procedimento - quando non vengano in rilievo interessi contrastanti di altri soci al rispetto delle regole procedimentali previsti per la scelta dell'assegnatario e quando si sia pervenuti alla fase finale, del trasferimento in proprietà - la cooperativa possa definire negozialmente (anche in via transattiva) situazioni particolari riguardanti singoli soci, quale l'impegno ad assegnare un determinato alloggio ed a trasferirne la proprietà, con conseguente responsabilità risarcitoria per il caso di inadempimento e di sopravvenuta impossibilità di procedere al trasferimento coatto ex art. 2932 c.c”. (Cassazione civile sez. I, 22 gennaio 1993, n. 781);

• “ L'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto mediante sentenza che ne produca gli effetti può riguardare non solo l'ipotesi del contratto preliminare (art. 1351 c.c.), ma ogni altra fattispecie dalla quale derivi la stessa obbligazione di prestare il consenso. Ne consegue che la domanda di esecuzione specifica ai sensi dell'art. 2932 c.c. può essere proposta anche nei confronti di una società cooperativa che abbia come oggetto sociale la costruzione di alloggi da assegnare ai soci di fronte al rifiuto della società di prestarsi, in concorso di tutte le circostanze richieste, all'atto traslativo dell'immobile al socio assegnatario. In tale giudizio, ove sia previsto che il socio acquirente debba accollarsi il mutuo gravante sull'immobile, l'assolvimento del relativo onere probatorio attiene ai rapporti con la società cooperativa e non con l'ente mutuante, che di conseguenza non assume la veste di litisconsorte necessario. “ (Cassazione civile sez. II, 21 febbraio 1992, n. 2120);

• “ Il ricorso al rimedio previsto dall'art. 2932 c.c. deve ritenersi consentito non solo nell'ipotesi di contratto preliminare, ma anche in relazione a qualsiasi altra fattispecie dalla quale sorga l'obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto, sia che si tratti di un negozio unilaterale, sia che si tratti di un atto o di un fatto

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dai quali detto obbligo possa sorgere "ex lege". Ne consegue che la domanda di esecuzione specifica ai sensi dell'art. 2932 c.c. può essere proposta anche nei confronti di una società cooperativa che abbia per oggetto sociale la costruzione di alloggi da assegnare ai soci, nell'ipotesi in cui l'obbligo di prestare il proprio consenso al trasferimento della proprietà degli alloggi sorge con riferimento allo "status" di socio consacrato nell'atto costitutivo della società e diviene attuale attraverso una attività successiva (prenotazione), con la quale si accerta la realizzazione dei presupposti concreti per l'assegnazione, si individua l'alloggio ed il relativo corrispettivo, e si rende dovuto l'atto traslativo a favore del socio assegnatario” (Cassazione civile, sez. I, 17 luglio 1980 n. 4649).

Per contro l’azione ex art.2932 c.c. non sembra consentita alla cooperativa finanziata dallo Stato nei riguardi del socio assegnatario:

• “ Il principio per cui, con riguardo alle cooperative edilizie fruenti di contributo statale, la prenotazione dell'alloggio da parte del socio, ancorché correlata ad una offerta dalla società non é configurabile come fonte negoziale di diritti soggettivi in favore del primo, non trattandosi di un'accettazione di proposta contrattuale nell'ambito di uno schema privatistico, ma di semplici momenti di un complesso procedimento, di rilevanza pubblicistica, diretto alla assegnazione dell'alloggio, dopo la quale può aver luogo il negozio traslativo dell'alloggio con acquisizione del diritto soggettivo di proprietà su di esso, non esclude che nell'ambito di tale procedimento - quando non vengano in rilievo interessi contrastanti di altri soci al rispetto delle regole procedimentali previsti per la scelta dell'assegnatario e quando si sia pervenuti alla fase finale, del trasferimento in proprietà - la cooperativa possa definire negozialmente (anche in via transattiva) situazioni particolari riguardanti singoli soci, quale l'impegno ad assegnare un determinato alloggio ed a trasferirne la proprietà, con conseguente responsabilità risarcitoria per il caso di inadempimento e di sopravvenuta impossibilità di procedere al trasferimento coatto ex art. 2932 c.c.”(Cassazione civile sez. I, 22 gennaio 1993, n. 781);

• “ L'esercizio della facoltà di riscatto del mutuo edilizio individuale, concretandosi in una manifestazione di volontà strettamente personale e legata al particolare rapporto avente aspetti di natura pubblicistica tra l'assegnatario e la cooperativa edilizia, non può essere consentito a soggetti estranei o imposto con provvedimento giurisdizionale suscettibile di esecuzione forzata. In mancanza del riscatto, non é applicabile l'art. 2932 c.c. al contratto preliminare avente per oggetto un alloggio costruito da una cooperativa edilizia fruente del concorso o del contributo dello Stato, e ciò indipendentemente dall'accertamento della scadenza o meno del termine iniziale (dieci anni dalla data dell'assegnazione) apposto al suddetto contratto preliminare. “ (Cassazione civile, sez. I, 19 settembre 1978 n. 4194).

3.3. Assegnazione e comunione dei beni fra coniugi. Si tende ad escludere che l’assegnazione (provvisoria) provochi effetti giuridici di acquisto del bene alla comunione legale con il coniuge,

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stante la natura personale della partecipazione del socio alla cooperativa (che determina la soggettiva valutazione dei requisiti e l’accertamento della volontà del singolo di partecipazione al programma edilizio). Per le cooperative a finanziamento statale solo al momento della stipulazione del mutuo individuale e quindi al momento dell’assegnazione definitiva e dell’acquisto della proprietà viene coinvolta la sfera economica anche dell’altro coniuge, il cui consenso sarà quindi necessario per il rilascio delle garanzie sul bene oggetto del mutuo:

• “ É manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 177 lett. a) c.c., nella parte in cui non prevede che l'assegnazione in godimento di alloggio di cooperativa in favore di uno dei coniugi prima del passaggio di proprietà ricada in comunione, con riferimento agli art. 2, 3 e 29 cost.; infatti, da un lato l'omessa previsione non incide su diritti fondamentali o sulla libertà e l'uguaglianza dei coniugi mentre dall'altro rientra nella discrezionalità del legislatore disciplinare i contenuti della comunione legale tra coniugi in relazione alle ritenute esigenze sociali. In tema di comunione legale dei beni tra coniugi l'assegnazione di un alloggio di cooperativa edilizia, costituendo attuazione del diritto del socio, che si concretizza in una situazione di aspettativa, rispetto al futuro acquisto della proprietà della res, non integra l'acquisto, da parte del socio-coniuge, di un diritto personale di godimento sull'alloggio, ai sensi dell'art. 180 c.c. e non é, pertanto, soggetto, in caso di trasferimento a terzi, alla relativa disciplina. Poiché non costituisce oggetto di comunione legale tra coniugi l'alloggio di cooperativa assegnato in godimento al socio, prima del passaggio in proprietà del bene, non é suscettibile di annullamento, ad istanza dell'altro coniuge, ai sensi dell'art. 184 c.c., l'atto con il quale il socio abbia disposto in favore di un terzo dei diritti conseguenti alla propria quota sociale. Al riguardo é, altresì, manifestamente infondata, in riferimento agli art. 2, 3 e 29 cost., la q.l.c. dell'art. 177, lett. a) c.c., nella parte in cui non ricomprende tra gli acquisti ricadenti in comunione legale il godimento dell'alloggio assegnato da cooperativa “ (Cassazione civile sez. I, 1 ottobre 1999, n. 10863);

• “ In tema di assegnazione di alloggi di cooperative edilizie a contributo statale, il momento determinativo dell'acquisto della titolarità dell'immobile da parte del singolo socio, onde stabilire se il bene ricada, o meno, nella comunione legale tra coniugi, é quello della stipula del contratto di trasferimento del diritto dominicale (contestuale alla convenzione di mutuo individuale), poiché solo con la conclusione di tale negozio il socio acquista, irrevocabilmente, la proprietà dell'alloggio (assumendo, nel contempo, la veste di mutuatario dell'ente erogatore), mentre la semplice qualità di socio, e la correlata "prenotazione", in tale veste, dell'alloggio, si pongono come vicende riconducibili soltanto a diritti di credito nei confronti della cooperativa (inidonei, come tali, a formare oggetto della communio incidens familiare). Anche nell'ipotesi in cui l'acquisto del diritto alla quota in seno alla cooperativa da parte del socio risulti effetto di trasmissione iure haereditario da parte di altro socio defunto (nella specie, il padre), tale vicenda assume rilievo esclusivamente sotto il profilo della legittimazione soggettiva nei confronti dell'ente, senza spiegare alcuna influenza ai fini della esatta

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individuazione, quoad tempus, dell'effetto traslativo relativo all'immobile.” (Cassazione civile sez. I, 12 maggio 1998, n. 4757);

• “ In ipotesi di alloggio di cooperativa edilizia a contributo statale, il momento rilevante, al fine di stabilire l'acquisto della titolarità dell'immobile e, quindi, di verificare se esso ricada nella comunione legale, va individuato in quello della stipulazione, da parte del socio, del contratto di mutuo individuale, atteso che solo con la stipulazione di detto contratto il socio acquista irrevocabilmente la proprietà dell'alloggio, assumendo la veste di mutuatario dell'ente erogatore del mutuo (e l'edificio passa in regime di proprietà frazionata, cui partecipa la stessa cooperativa per le unità non ancora trasferite ai singoli assegnatari) Nel caso di alloggio di cooperativa edilizia a contributo statale, il momento rilevante, al fine di stabilire l'acquisto della titolarità dell'immobile e, quindi, di verificare se esso ricada nella comunione legale, va individuato in quello della stipulazione, da parte del socio, del contratto di mutuo individuale, poiché soltanto con la stipulazione di detto contratto il socio acquista irrevocabilmente la proprietà dell'alloggio, assumendo la veste di mutuatario dell'ente erogatore del mutuo.” (Cassazione civile sez. I, 23 agosto 1996, n. 7807);

• “ Non costituisce oggetto della comunione legale tra coniugi l'alloggio di cooperativa edilizia assegnato in godimento, ma non ancora trasferito al socio, né il credito vantato verso la cooperativa da parte del socio che validamente rinuncia all'assegnazione in mancanza del trasferimento del diritto dominicale in base al contratto di diritto privato che richiede l'integrale pagamento del prezzo Non costituisce oggetto della comunione legale l'alloggio di cooperativa edilizia assegnato in godimento, ma non ancora trasferito, ad uno dei coniugi che sia socio della cooperativa, o il credito vantato verso la cooperativa da parte del socio coniugato che validamente abbia rinunciato all'assegnazione, in mancanza del trasferimento del diritto dominicale in base al contratto privatistico che richiede l'integrale pagamento del prezzo. Ne consegue che, non facendo parte della comunione legale l'assegnazione provvisoria prima del trasferimento, non sussiste altresì alcun diritto del coniuge non socio ad ottenere la metà del credito spettante all'altro coniuge nei confronti della cooperativa a seguito dell'effettuata rinuncia.” (Cassazione civile sez. I, 1 febbraio 1996, n. 875);

• “ La comunione legale dei beni tra coniugi non può investire posizioni meramente personali di uno dei coniugi, insorte prima del matrimonio e non tradottesi successivamente nel conseguimento della proprietà o di altro diritto reale. Rimane pertanto esclusa dalla comunione legale la quota di un alloggio realizzato da una cooperativa edilizia a contributo statale ed assegnato anteriormente al matrimonio, ove in costanza del medesimo il mutuo sia ancora in attesa di frazionamento”. (Cassazione civile sez. I, 17 aprile 1993, n. 4555).

In dottrina (“Comunione legale e partecipazioni societarie: il criterio della destinazione.” BERGAMO,Giur. it. 2000,1605) è stato osservato:

• che il preteso carattere di realità nascente dalla tutela apprestata all’assegnatario dall'ordinamento nei rapporti con i terzi (ad es. attraverso la concessione delle azioni di spoglio) é

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finalizzato a consentire una tutela immediata ad una situazione di apparenza del diritto,

• che le normative fiscali (IRPEF ed ICI a carico del socio assegnatario) non sono suscettibili di assumere rilevanza civilistica in quanto ipotizzate del legislatore per il perseguimento di fini diversi;

• che pertanto ne deriva una situazione di mera aspettativa e che in quanto tale esclude ogni connotazione reale e che non può farsi rientrare nel novero degli acquisti di cui all'art. 177, lett. a), c. c.;

• che il criterio discriminante viene dunque identificato nel momento dell'efficacia reale;

• che in costanza di matrimonio ed in mancanza di giudicato sulla sentenza di separazione, cade in comunione immediata l'acquisto della proprietà dell'immobile e non già la semplice assegnazione in godimento di esso fatta in capo ad uno solo dei coniugi;

• che l'operatività dell'automatico acquisto in comunione è così definitivamente limitata alla sfera dei contratti ad effetti traslativi;

• che la disciplina così descritta non é costituzionalmente illegittima, ex artt. 2, 3 e 29, nella parte in cui non ricomprende fra gli acquisti ricadenti nella comunione legale il godimento dell'alloggio assegnato da una cooperativa;

• che, infatti, essa non incide sui diritti fondamentali del cittadino intesi come patrimonio fondamentale dell'uomo come essere libero, né impedisce la libertà e l'uguaglianza dei cittadini coniugi, rientrando, inoltre, tra le facoltà del legislatore quella di modellare i contenuti della comunione legale tra coniugi;

• che per le partecipazioni in società cooperative la ragione della loro esclusione dalla comunione legale risiede nelle particolari caratteristiche di tale tipo di organizzazioni;

• che in tali società il vantaggio del socio non consiste nella divisione degli utili, ma nel godimento del conferimento aumentato della cooperazione attiva di tutti i soci, rendendosi così preminente l'aspetto personale della partecipazione rispetto al suo contenuto patrimoniale ;

• che la partecipazione in società cooperative non é mai un investimento di ricchezza, ma é sempre strumentale alla realizzazione del vantaggio cooperativo ;

• che la strumentalità é, pertanto, in re ipsa e non andrà provata caso per caso;

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• che tuttavia, il vantaggio cooperativo rientrerà nell'oggetto della comunione legale nel caso in cui consista, non nella fruizione di un servizio, ma nella definitiva acquisizione di un bene, come accade nelle cooperative edilizie, di consumo e di assicurazione.

L’assegnazione può essere annullata o dichiarata decaduta: • per il venir meno dei requisiti, • per la mancata occupazione dell’alloggio entro i 30 giorni dalla

data del verbale di consegna, • per la morosità per due mensilità nel pagamento delle rate di

mutuo e relativi accessori, • per il recesso del socio incidente sul rapporto sociale e

conseguentemente sul rapporto di scambio, per effettuata speculazione sugli alloggi sociali,

• per mancata stipulazione del mutuo individuale ai sensi dell’art.139 del r.d. 1138/1965, che prevede

o “ Il contratto di mutuo edilizio individuale, mediante il quale il socio assegnatario acquista, ai sensi dell'art. 229, la proprietà dell'alloggio, viene stipulato, previo nulla osta del ministero dei lavori pubblici ed in conformità delle risultanze del collaudo approvato, mediante atto pubblico in cui intervengono la cooperativa legalmente rappresentata, il socio e la cassa depositi e prestiti in persona del direttore generale o di un suo delegato, osservando le seguenti condizioni: a ) che l'attribuzione del valore per ogni singolo alloggio corrisponda a quello risultante dal reparto della spesa approvato;b ) che la ripartizione delle ipoteche della cassa per ciascun alloggio corrisponda al valore suddetto; c ) che il socio assuma tutti gli obblighi dipendenti dalle operazioni di mutui già concessi alla cooperativa e si assoggetti a tutte le norme emanate e da emanarsi in materia di edilizia popolare od economica. La cooperativa assegna al socio un congruo termine per la stipulazione del contratto di mutuo, sotto pena di decadenza da ogni diritto, salvo ricorso alla commissione di vigilanza entro giorni trenta dalla data di comunicazione del provvedimento di decadenza, che la cooperativa dovrà fare al socio mediante lettera raccomandata. La cooperativa procederà a norma di legge alla assegnazione dell'alloggio resosi disponibile, dopo che il provvedimento di decadenza sia divenuto definitivo, salvo in ogni caso diritti e ragioni contro il socio inadempiente. Il ministero dei lavori pubblici, d'accordo con la cassa depositi e prestiti, determinerà il miglior modo di utilizzare di quegli alloggi che per qualsiasi motivo non abbiano potuto essere assegnati a norma di legge. “

La stipulazione del mutuo individuale assume particolare importanza nel sistema legislativo perché con tale atto il socio acquisisce la piena proprietà dell’immobile e si impegna economicamente al

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soddisfacimento delle correlative obbligazioni, sicché la mancata sottoscrizione suona come assenza di volontà di dar corso al contratto di scambio che accede al rapporto associativo. 3.4. Conseguenze della risoluzione del rapporto di scambio Qualora il rapporto di scambio relativo all’assegnazione di alloggio di cooperativa a finanziamento erariale si sciolga dopo l’assegnazione, per recesso, annullamento o decadenza, il socio provvisorio assegnatario ha diritto alla liquidazione della quota e al rimborso delle spese sostenute nel contesto del contratto di scambio. Al soddisfacimento di tale obbligazione è tenuto il soggetto subentrante nell’alloggio così resosi disponibile; il contenuto della pretesa è regolato dall’art.109 r.d. 1338 del 1965 e include anche gli oneri anteriori rispetto all’assegnazione:

• “ Colui che subentra nell'assegnazione di un alloggio resosi disponibile prima della stipulazione del contratto di mutuo edilizio individuale anche per motivi diversi da quelli contemplati dall'art. 106, è tenuto a rimborsare al precedente assegnatario, avverso il quale sia stata dichiarata la perdita del diritto all'alloggio, esclusivamente la somma effettiva da questo eventualmente pagata per l'acquisto del terreno nonchè il costo, da documentarsi, dei lavori e miglioramenti eseguiti in proprio dall'assegnatario nella misura della somma minore che risulterà fra lo speso ed il migliorato. L'accertamento della somma da rimborsarsi è rimesso al giudizio discretivo ed insindacabile del collaudatore ovvero di un funzionario del genio civile da nominarsi dal ministro per i lavori pubblici.”

3.5. Il mutuo individuale Con la stipulazione del contratto di mutuo individuale si perviene al trasferimento della proprietà dell’alloggio costruito dalla cooperativa. L’art. 139 del r.d. 1165 del 1938 dispone:

• “ Il contratto di mutuo edilizio individuale, mediante il quale il socio assegnatario acquista, ai sensi dell'art. 229, la proprietà dell'alloggio, viene stipulato, previo nulla osta del ministero dei lavori pubblici ed in conformità delle risultanze del collaudo approvato, mediante atto pubblico in cui intervengono la cooperativa legalmente rappresentata, il socio e la cassa depositi e prestiti in persona del direttore generale o di un suo delegato, osservando le seguenti condizioni: a ) che l'attribuzione del valore per ogni singolo alloggio corrisponda a quello risultante dal reparto della spesa approvato; b ) che la ripartizione delle ipoteche della cassa per ciascun alloggio corrisponda al valore suddetto; c ) che il socio assuma tutti gli obblighi dipendenti dalle operazioni di mutui già concessi alla cooperativa e si assoggetti a tutte le norme emanate e da emanarsi in materia di edilizia popolare od economica. La cooperativa assegna al socio un congruo termine per la stipulazione del contratto di mutuo, sotto pena di decadenza da ogni diritto, salvo ricorso alla commissione di vigilanza entro giorni trenta dalla data di comunicazione del provvedimento di decadenza, che la cooperativa dovrà fare al socio mediante lettera raccomandata. La cooperativa procederà a norma di legge alla

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assegnazione dell'alloggio resosi disponibile, dopo che il provvedimento di decadenza sia divenuti definitivo, salvo in ogni caso diritti e ragioni contro il socio inadempiente. Il ministero dei lavori pubblici, d'accordo con la cassa depositi e prestiti, determinerà il miglior modo di utilizzare di quegli alloggi che per qualsiasi motivo non abbiano potuto essere assegnati a norma di legge.”

Il successivo art. 229, stabilisce che: • “ Con la stipulazione del contratto di mutuo individuale, il socio acquista

irrevocabilmente la proprietà dell'alloggio, dalla quale non può essere dichiarato decaduto se non nei soli casi di morosità disciplinati dagli art. 66 e 103, comma terzo. Egli può quindi liberamente godere, anche mediante affitto, dell'alloggio e suoi accessori,ma non potrà destinarli ad usi che rechino pregiudizio ad altri condomini. Ove si verifichi un tale uso, provvederà, su reclamo degli altri condomini interessati o del consiglio di amministrazione della cooperativa, la commissione di vigilanza sulla edilizia popolare ed economica. In ogni caso i contratti di affitto degli alloggi che non siano stati totalmente o parzialmente riscattati, debbono, per lo spazio di due anni dalla data del contratto di mutuo individuale, essere comunicati al ministero dei lavori pubblici, che potrà opporsi, ove ve ne sia motivo.Non esercitata l'opposizione entro trenta giorni dalla recezione, il contratto di affitto si intenderà approvato anche agli effetti dell'art. 81 della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269, e diverrà eseguibile.”

Il mutuo individuale coinvolge tre soggetti: 1. il socio assegnatario, 2. la cooperativa edilizia, 3. l’istituto finanziario.

Il primo acquista la proprietà, impegnandosi a pagare in luogo della cooperativa il mutuo da questa assunto. La seconda trasferisce la proprietà e cede il proprio debito verso l’istituto. Il terzo ottiene la garanzia del buon esito dell’operazione attraverso l’ipoteca sull’immobile e in alcuni casi anche la garanzia diretta dello Stato. Rileva a tal fine l’effettiva e specifica stipulazione del mutuo da parte del singolo assegnatario e non le vicende anteriori, preliminari o relative ad altri soci della cooperativa:

• “ In tema di edilizia economica e popolare, la devoluzione in via amministrativa alle commissioni di vigilanza, e poi - in sede giurisdizionale e in via di impugnazione dei provvedimenti di tali commissioni - al giudice amministrativo a norma dell'art. 131 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, delle controversie relative alla spettanza o meno della qualità di socio di cooperativa edilizia a contributo erariale qualora il socio medesimo non abbia conseguito l'assegnazione in proprietà e stipulato il mutuo individuale, non trova deroga in favore della giurisdizione del giudice ordinario per effetto della stipulazione del mutuo individuale da parte di altro o altri soci, dovendo intendersi riferita al mutuo del socio interessato la limitazione temporale posta dal successivo art. 133, e non configurandosi controversia condominiale ai sensi dell'art.

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239 del medesimo t.u. “ (Cassazione civile sez. un., 5 settembre 1997, n. 8584);

• “ Per le controversie inerenti al rapporto tra socio e cooperativa edilizia operante con contributo dello Stato, ovvero tra soci della cooperativa medesima, di cui all'art. 131 del r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, il limite temporale della devoluzione alle apposite commissioni di vigilanza, e poi al giudice amministrativo sul ricorso contro le determinazioni di tali commissioni, in deroga alla giurisdizione del giudice ordinario, é segnato dalla stipulazione del contratto di mutuo edilizio individuale, non rilevando, pertanto, né la consegna dell'alloggio, né il mero frazionamento del mutuo (ancorché accompagnato dal pagamento di quote di esso da parte del singolo assegnatario, prima di detta stipulazione).” (Cassazione civile sez. un., 1 febbraio 1991 n. 950);

• “In ipotesi di liquidazione coatta amministrativa di cooperativa edilizia, al commissario liquidatore deve essere riconosciuta, in applicazione degli art. 72 e 201 l. fall., la facoltà di optare per la risoluzione dei rapporti inerenti alla assegnazione di alloggi in favore dei singoli soci, ove non sia ancora avvenuto l'acquisto della proprietà dell'alloggio in capo all'assegnatario. Acquisto che si verifica, ai sensi dell'art. 229 del t.u. n. 1165 del 1938, con la stipulazione del contratto di mutuo individuale, restando in proposito ininfluente che il socio, prima dell'apertura della procedura concorsuale, abbia ricevuto la consegna dell'unità abitativa o che sia avvenuta l'assegnazione della stessa o che siano state pagate quote del mutuo, prima del frazionamento individuale di quest'ultimo.” (Cassazione civile sez. I, 2 giugno 1999, n. 5346);

• “Attraverso l'assegnazione, che costituisce uno dei passaggi del procedimento per l'attribuzione della proprietà di un alloggio al singolo socio della cooperativa che usufruisce di concorsi o contributi dello Stato, si perviene alla concreta individuazione dell'alloggio sulla scorta della prenotazione del socio, ed anche se essa sia qualificata come provvisoria, sia per la non ancora effettuata consegna, sia per il carattere unilaterale dell'attribuzione da parte della cooperativa, che non può avere carattere rigorosamente definitivo dal punto di vista sostanziale, in quanto destinata a trasformarsi e dar vita ad altra situazione (di regola al diritto di proprietà si perviene con il contratto di mutuo edilizio individuale), ciò non toglie che stabilendo la correlazione tra soggetto e oggetto del diritto di proprietà in divenire, é di per sé elemento sufficiente ad integrare la "ratio" della disciplina di incedibilità relativa (ovvero della cedibilità subordinata ad autorizzazioni) dello "status" di assegnatario (conseguire il fine della destinazione degli alloggi al soddisfacimento dell'interesse all'abitazione degli appartenenti a determinate categorie sociali, e, in connessione al divieto temporale di alienazione, a scongiurare l'intento speculativo di chi, profittando della propria appartenenza a tali categorie, si avvalga della facoltà di prenotare l'alloggio per rivenderlo ai valori di mercato), ed a rendere operante il relativo regime, che comporta la nullità dell'alienazione in assenza delle previste autorizzazioni.” (Cassazione civile sez. I, 4 settembre 1999, n. 9395);

• “ A norma dell'art. 131 del r.d. n. 1165 del 1938, la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla domanda di invalidità dell'assegnazione di alloggi sussiste fino alla stipulazione del mutuo

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individuale, che segna la demarcazione tra giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria, a nulla rilevando il fatto che l'azione sia promossa dal commissario liquidatore della cooperativa, il quale, quando fa valere un diritto dell'imprenditore, si identifica con lo stesso.” (ssazione civile sez. un., 22 dicembre 1999, n. 934);

• “Al socio di una cooperativa edilizia a contributo statale, il quale si sia reso assegnatario di alloggio ed abbia stipulato il mutuo individuale, deve riconoscersi la possibilità di adire il giudice ordinario, anche in via cautelare ed urgente, al fine di assicurare la propria partecipazione all'assemblea, atteso che la domanda non riguarda la fase della prenotazione od assegnazione degli alloggi, esauritasi con detta stipulazione, né le altre materie che l'art. 131 del r.d. 28 aprile 1938 n. 1165 devolve alla cognizione delle commissioni di vigilanza (e quindi del giudice amministrativo, in sede di impugnazione dei provvedimenti delle commissioni medesime), ed é diretta a tutelare posizioni di diritto soggettivo.”( Cassazione civile, sez. un., 20 aprile 1990 n. 3310).

• “ In ipotesi di liquidazione coatta amministrativa di cooperativa edilizia, al commissario liquidatore deve essere riconosciuta, in applicazione degli art. 72 e 201 l. fall., la facoltà di optare per la risoluzione dei rapporti inerenti alla assegnazione di alloggi in favore dei singoli soci, ove non sia ancora avvenuto l'acquisto della proprietà dell'alloggio in capo all'assegnatario. Acquisto che si verifica, ai sensi dell'art. 229 del t.u. n. 1165 del 1938, con la stipulazione del contratto di mutuo individuale, restando in proposito ininfluente che il socio, prima dell'apertura della procedura concorsuale, abbia ricevuto la consegna dell'unità abitativa o che sia avvenuta l'assegnazione della stessa o che siano state pagate quote del mutuo, prima del frazionamento individuale di quest'ultimo. (Cassazione civile sez. I, 2 giugno 1999, n. 5346)

• “ L'assegnazione di un alloggio ad un socio di cooperativa per l'edilizia residenziale pubblica, fruente di contributo erariale, non é assimilabile alla compravendita perché gli conferisce soltanto un diritto di godimento, con il correlato obbligo di pagare le rate di ammortamento del mutuo, in proporzione alla quota gravante sull'alloggio, di cui diviene proprietario per effetto della stipula del contratto individuale di mutuo.” (Cassazione civile sez. II, 20 marzo 1998, n. 2969);

• “ A norma dell'art. 131 del r.d. n. 1165 del 1938, appartengono alla speciale Commissione di vigilanza tutte le controversie relative alla qualità di socio, alla prenotazione ed assegnazione di alloggi, nonché alla validità e legittimità dell'assegnazione stessa o che, comunque, riguardino il rapporto sociale, in quanto il socio, fino alla stipulazione del mutuo individuale, é titolare di un mero interesse legittimo. Da tali controversie vanno distinte quelle che riflettono il rapporto obbligatorio tra socio e cooperativa, in correlazione e dipendenza dell'atto di assegnazione e che, attenendo a diritti soggettivi perfetti, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario. (La S.C. ha, così, dichiarato rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia tra la cooperativa ed i terzi, i quali non deducevano di essere subentrati nella qualità di soci al loro de cuius, bensì di avere acquistato la proprietà del bene per usucapione).” (Cassazione civile sez. un., 11 febbraio 1998, n. 1448);

• “ Con riferimento ad una cooperativa edilizia fruente del contributo statale, é sottratta alla giurisdizione ordinaria, e

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conseguentemente non può costituire oggetto di arbitrato, la controversia relativa all'impugnazione della delibera di decadenza di un socio dalla relativa qualità per morosità, in quanto tale controversia, afferendo alla sussistenza dei presupposti e delle condizioni richieste per l'assegnazione dell'appartamento, e quindi alla realizzazione dello scopo sociale, appartiene alla cognizione del giudice amministrativo prevista in materia dagli art. 131 e 133 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165 con riferimento alla fase antecedente alla assegnazione in proprietà dell'appartamento o alla stipulazione del mutuo individuale. (Nella specie la S.C., nel dichiarare la giurisdizione del giudice amministrativo, ha annullato senza rinvio le impugnate sentenze della Corte d'appello, la quale, invece di dichiarare la nullità per difetto di giurisdizione del lodo arbitrale, aveva dichiarato il lodo nullo per altri motivi e poi aveva provveduto sulla domanda nel merito; e ha altresì precisato che la disposta cassazione comporta l'annullamento sia del giudizio di impugnazione del lodo, sia dello stesso giudizio arbitrale).” (Cassazione civile sez. un., 27 luglio 1998, n. 7341);

• “ Il socio assegnatario di alloggio di cooperativa edilizia economica e popolare, pur divenendone proprietario dalla stipula del mutuo individuale, ai sensi dell'art. 229 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165 - norma applicabile per il richiamo dell'art. 9 l. 2 luglio 1949 n. 408 all'intero art. 111 stesso r.d. - se vuole alienare, anche soltanto la nuda proprietà, prima del riscatto e prima del decorso di dieci anni dall'assegnazione, a chi abbia le condizioni per divenirne assegnatario, deve ottenere, ai sensi dell'art. 230, comma 2 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, il nulla - osta dell'ente assegnante, il consenso dell'ente mutuante e l'approvazione del Ministero dei ll.pp., controlli identici a quelli richiesti, a pena di "giuridica inesistenza", dall'art. 111, comma 4, stesso r.d. nel caso di cessione dell'alloggio da parte di socio assegnatario non ancora proprietario; e poiché la "ratio" di evitare speculazioni contrastanti con le finalità mutualistiche, giustificative del sovvenzionamento pubblico, é la stessa, identica, ai sensi dell'art. 1418 c.c., deve essere la sanzione di nullità assoluta della compravendita, non ovviabile dal subentro dell'acquirente nel mutuo verso l'ente mutuante”. (Cassazione civile sez. II, 11 settembre 1998, n. 9014 );

• “ In ipotesi di alloggio di cooperativa edilizia a contributo statale, il momento rilevante, al fine di stabilire l'acquisto della titolarità dell'immobile e, quindi, di verificare se esso ricada nella comunione legale, va individuato in quello della stipulazione, da parte del socio, del contratto di mutuo individuale, atteso che solo con la stipulazione di detto contratto il socio acquista irrevocabilmente la proprietà dell'alloggio, assumendo la veste di mutuatario dell'ente erogatore del mutuo (e l'edificio passa in regime di proprietà frazionata, cui partecipa la stessa cooperativa per le unità non ancora trasferite ai singoli assegnatari).” (Cassazione civile sez. I, 23 agosto 1996, n. 7807);

• “ In tema di edilizia economica e popolare, la devoluzione in via amministrativa alle commissioni di vigilanza, e poi - in sede giurisdizionale e in via di impugnazione dei provvedimenti di tali commissioni - al giudice amministrativo a norma dell'art. 131 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, delle controversie relative alla spettanza o meno della qualità di socio di cooperativa edilizia a contributo erariale qualora il

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socio medesimo non abbia conseguito l'assegnazione in proprietà e stipulato il mutuo individuale, non trova deroga in favore della giurisdizione del giudice ordinario per effetto della stipulazione del mutuo individuale da parte di altro o altri soci, dovendo intendersi riferita al mutuo del socio interessato la limitazione temporale posta dal successivo art. 133, e non configurandosi controversia condominiale ai sensi dell'art. 239 del medesimo t.u. “ (Cassazione civile sez. un., 5 settembre 1997, n. 8584);

• “ Nel caso di alloggio di cooperativa edilizia a contributo statale, il momento rilevante, al fine di stabilire l'acquisto della titolarità dell'immobile e, quindi, di verificare se esso ricada nella comunione legale, va individuato in quello della stipulazione, da parte del socio, del contratto di mutuo individuale, poiché soltanto con la stipulazione di detto contratto il socio acquista irrevocabilmente la proprietà dell'alloggio, assumendo la veste di mutuatario dell'ente erogatore del mutuo.” (Cassazione civile sez. I, 23 agosto 1996, n. 7807);

• “ Nell'ipotesi di costruzioni realizzate in base alle leggi sull'edilizia popolare ed economica, attuabili con l'intervento dei comuni e soggette alla normativa dettata dal r.d. 28 aprile 1938, n. 1165 - cui rinvia l'art. 19 del d.P.R. 23 maggio 1964, n. 655 le controversie insorte fra cooperative edilizie e soci, o fra questi ultimi, relativamente ai rapporti sociali in genere ovvero alla prenotazione o assegnazione degli alloggi, alla posizione e alla qualità di socio o aspirante a tale qualità, sono devolute alle commissioni regionali ed alla commissione centrale di vigilanza fino alla stipulazione, da parte del socio, del contratto di mutuo individuale, negozio con il quale é ormai conseguita la finalità pubblica dell'ente concedente e cessa l'assoggettamento dell'assegnatario ai poteri autoritativi di questo, correlativamente determinandosi l'irrevocabile acquisto in proprietà dell'alloggio e l'insorgenza di rapporti di condominio tra gli assegnatari acquirenti, in quanto l'edificio passa dal regime di proprietà indivisa a quello di proprietà frazionata, cui partecipa la stessa cooperativa per le unità eventualmente non ancora trasferite agli assegnatari.” (Cassazione civile sez. un., 26 aprile 1993, n. 4902);

• “ Con riguardo alle cooperative operanti nel settore dell'edilizia economica e popolare, con il concorso totale o parziale dello Stato, la giurisdizione del giudice amministrativo - in via di impugnazioni delle deliberazioni delle apposite commissioni di vigilanza ed in materia, tra l'altro, di assegnazione degli alloggi, ai sensi dell'art. 131 del r.d. 28 aprile n. 1165 - viene meno in favore della giurisdizione del giudice ordinario con la stipulazione, da parte dell'assegnatario, del contratto di mutuo individuale, la quale segna il definitivo acquisto della proprietà dell'alloggio, senza che rilevi in contrario la circostanza che, in occasione di tale stipulazione, con apposito atto pubblico, fra l'assegnatario, la cooperativa ed il rappresentante della Cassa depositi e prestiti quest'ultimo, conformemente a quanto previsto dall'ordinamento proprio della Cassa ai fini interni di controllo, abbia manifestato la volontà dell'Amministrazione di appartenenza con riserva di approvazione.”( Cassazione civile sez. un., 9 luglio 1992 n. 8390).

• “ La controversia fra socio e società cooperativa edilizia operante con il contributo statale, che attenga alle modalità di assegnazione dell'alloggio

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ed al contenuto del verbale di consegna previsto dall'art. 98 del r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, rientra, ai sensi dell'art. 131 di tale decreto, fra quelle devolute alle commissioni di vigilanza, nel periodo anteriore alla stipulazione da parte del socio stesso del mutuo individuale, e, pertanto, pure al fine della adozione di provvedimenti cautelari ed urgenti, si sottrae alla cognizione del giudice ordinario, spettando alla giurisdizione del giudice amministrativo, in via d'impugnazione delle determinazioni di dette commissioni.” (Cassazione civile, sez. un., 24 ottobre 1990 n. 10318);

• “La controversia, che il socio assegnatario di appartamento, prima della stipulazione del mutuo individuale, proponga nei confronti di cooperativa edilizia fruente del contributo dello stato, al fine di ottenere pronuncia di accertamento del prezzo dell'acquisto di detto appartamento, previa determinazione del costo della costruzione e delle quote millesimali, rientra fra quelle contemplate dall'art. 131 del r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, e, pertanto, esula dalla giurisdizione del giudice ordinario, spettando alla cognizione del giudice amministrativo (in sede d'impugnazione dei provvedimenti delle commissioni di vigilanza). “ (Cassazione civile, sez. un., 15 maggio 1990 n. 4181).

4. Cooperativa a proprietà indivisa e a proprietà divisa. La distinzione fra cooperative a proprietà divisa e indivisa attiene al tipo di diritto di utilizzazione previsto per gli alloggi. Nelle cooperativa a proprietà indivisa la proprietà dell’abitazione permane in capo alla società e il socio assegnatario assume la mera veste di conduttore; ciò normalmente coincide con la durata del diritto di superficie (tra i 60 e i 99 anni) sull’area gravata dal programma edificatorio mediante la stipulazione di una convenzione comunale. La società rimane gravata dai costi di costruzione e manutenzione e così si giustifica l’imposizione al socio dell’obbligazione di pagamento di un canone che copre il costo di gestione degli immobili. Il diritto di godimento così configurato risulta normalmente trasferibile agli eredi. Nella cooperativa a proprietà divisa il programma contempla invece la cessione dei diritti di proprietà dell’alloggio all’assegnatario. Anche se normalmente l’obiettivo è l’acquisizione di alloggi destinati a prima abitazione, nulla peraltro vieta che la cooperativa progetti unità immobiliari ad uso commerciale o di seconda abitazione, sia pure, ovviamente, senza a tal fine di beneficiare di finanziamenti pubblici. La legge n.59 del 1992 ha dedicato poi un apposita regolamentazione alla trasformazione della cooperativa da indivisa in divisa: l’art.18 infatti prevede che le cooperative a proprietà indivisa fruenti di contributi pubblici possano in deroga al divieto istituito dalla legge 865/1971, assegnare in proprietà gli alloggi, in precedenza concessi in mero godimento, previa autorizzazione e a specifiche condizioni (modifica dello statuto, deliberazione assembleare con la maggioranza

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di almeno il 51% relativa ad almeno il 60% degli alloggi, modificazione della convenzione comunale, adesione dei vari enti erogatori dei mutui). 5. Cooperativa “spuria”. Si parla inoltre di “ cooperativa spuria” con riferimento a quella caratterizzata da una accentuata differenza numerica fra il numero degli alloggi programmati e il numero dei soci, con gravi dubbi sulla sussistenza del requisito mutualistico, dal momento che la figura del socio tende a coincidere per il suo scarso coinvolgimento nella vita sociale, spesso maturato solo a posteriori, con la figura dell’acquirente. Interessante la fattispecie di Cass.4.1.1995 n.118 che non ha ritenuto illecita la delibera con cui è stato deciso:

• “L'illiceità ha dei connotati più gravi della semplice violazione di legge, comportando, come si ricava dagli art. 1343 e 1344 c.c., la contrarietà a norme imperative, all'ordine pubblico od al buon costume, o la frode alla legge intesa come mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa, la quale ultima disciplina solo quanto il legislatore ritiene fondamentale, categorico ed irrinunciabile, tanto da essere sottratto completamente all'autonomia privata, da valere erga omnes e da dover essere applicato anche d'ufficio per ragioni che trascendono l'interesse del singolo. Ne consegue che non può essere considerata illecita per l'oggetto la deliberazione di una società cooperativa edilizia che, avendo alcuni soci rinunziato ai propri diritti in favore di un altro socio, assegni a quest'ultimo, dietro esborso di danaro, oltre gli appartamenti spettanti ai rinunzianti anche altre porzioni del fabbricato sociale, agendo quel socio col proposito di vendere a terzi tutti o parte di detti beni. Infatti, per quel che concerne la cooperativa, il fine mutualistico che la caratterizza non é inconciliabile con l'esercizio da parte della stessa di un'attività commerciale e con l'intento di lucro, ben potendo questi due fini coesistere ed essere rivolti al conseguimento di uno stesso risultato, e, per quel che concerne i singoli soci, essi ben possono rivolgere la loro partecipazione alla cooperativa anche a scopi di lucro personale, dato che il requisito dello scopo mutualistico é richiesto dall'art. 2511 c.c. con riferimento alla cooperativa e non ai singoli membri dell'organizzazione.”

6. Divieti di locazione e vendita. Per gli alloggi di edilizia agevolata ossia caratterizzati nella fase costruttiva da agevolazioni di carattere creditizio o dall’erogazione di contributi per l’acquisto del suolo e per la realizzazione dell’immobile, sono previste attualmente alcune limitazioni alla possibilità di locazione e vendita: prima del quinquennio è necessaria l’autorizzazione della Regione e la concorrenza di gravi motivi, dopo il quinquennio la cessione in godimento o in proprietà è libera. Nell’ipotesi di alienazione se il contributo statale è rateale occorre che l’acquirente goda anch’egli dei requisiti legali; in difetto, come

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nell’ipotesi di cessione prima del quinquennio, si verifica la decadenza dal contributo. Giova qualche richiamo giurisprudenziale in punto divieti di alienazione:

• “ É nullo, ai sensi dell'art. 1418, comma 1, c.c., per contrarietà a norme imperative, il contratto di vendita o di promessa di vendita a terzi di aree esuberanti e locali non destinati ad abitazione, ai sensi dell'art. 8 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, di proprietà di una cooperativa, se manca anche una sola delle autorizzazioni - rispettivamente del Ministero dei lavori pubblici e della Cassa depositi e prestiti espressamente previste dal successivo art. 9 per adibire i locali ad uso di botteghe e magazzini e per affittarli, stante l'identità di "ratio" tra le due norme, entrambe miranti ad evitare operazioni speculative su immobili costruiti con contributo erariale e perciò proibitive di atti dispositivi su di essi senza i preventivi controlli pubblici, costituenti peraltro quel rispetto dei "modi di legge" che lo stesso art. 8 espressamente richiede.” (Cassazione civile sez. II, 22 giugno 2000, n. 8478);

• “ Per il combinato disposto dell'art. 9 comma 2 l. 2 luglio 1949 n. 408 e 98 comma 1 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, il dies a quo del decennio durante il quale é fatto divieto al socio di una cooperativa edilizia fruente del contributo statale di alienare l'alloggio, inizia a decorrere dalla data di assegnazione e consegna dell'alloggio al socio prenotatario da parte del consiglio di amministrazione della cooperativa e non dalla data dell'atto notarile di assegnazione definitiva in proprietà. “ (Cassazione civile sez. II, 1 settembre 1993, n. 9236);

• “ La permuta delle rispettive qualità di soci prenotatari di una società cooperativa a r.l. senza contributo erariale ma volontariamente assoggettata al r.d. 28 aprile 1938 n. 1165 (t.u. delle disposizioni sull'edilizia popolare ed economica), é inefficace per la carenza del potere di disposizione del socio cedente sul bene ceduto. La delibera del consiglio di amministrazione della società che ha approvato la permuta della qualità di socio prenotatario é, "incidenter tantum", dichiarata nulla. Ogni pretesa patrimoniale conseguente alla dichiarazione d'inefficacia della permuta, va fatta valere in separato giudizio. “ (Cassazione civile sez. I, 24 settembre 1990, n. 9670;

• “ Il contratto preliminare stipulato dall'assegnatario di un alloggio costruito da una cooperativa edilizia con il contributo dello stato prima dello scadere del decennio dall'assegnazione, con il quale l'assegnatario si obbliga a concludere il contratto di trasferimento della proprietà dell'alloggio con il promissario acquirente, non ha efficacia reale ma meramente obbligatoria e pertanto non é nullo per contrasto con le norme imperative contenute nelle leggi sull'edilizia residenziale sovvenzionata, anche quando sia convenuto l'anticipato trasferimento del possesso del bene. “ (Cassazione civile sez. II, 26 settembre 2000, n. 12749);

• “ Il contratto con il quale l'assegnatario di un alloggio di cooperativa edilizia fruente del contributo dello Stato aliena lo stesso in difetto dei presupposti di cui all'art. 230 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165 é nullo per contrasto con la norma imperativa indicata, il cui fine é di impedire gli atti speculativi e di garantire il conseguimento dello scopo, proprio

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della destinazione degli alloggi in oggetto, al soddisfacimento dell'interesse all'abitazione degli assegnatari provvisti dei prescritti requisiti e delle loro famiglie.” (Cassazione civile sez. II, 27 febbraio 1998, n. 2155).

• “Con riguardo ad una società cooperativa edilizia a contributo statale, o comunque, ancorché non beneficiante di tale contributo, ugualmente soggetta alla disciplina dettata dal r.d. 28 aprile 1938 n. 1165 (e successive modificazioni) per effetto di previsione contenuta nello statuto, il patto intervenuto fra il socio ed un terzo, il quale realizzi una interposizione reale di persona, nel senso che il primo si impegni a rinunciare alla qualità di socio per consentire al secondo di subentrare come prenotatario ed assegnatario di appartamento, é affetto da nullità per frode alla legge (art. 1344 c.c.), in quanto preordinato ad eludere le norme imperative contenute nella predetta disciplina, in tema di condizioni e requisiti per quella assegnazione, ovvero le disposizioni del codice civile sui limiti massimi di valore della quota di spettanza del singolo socio e sulla uguaglianza di tutti i soci nell'esercizio dei diritti di partecipazione (art. 2521 e 2532 c.c.).” (Cassazione civile, sez. I, 1 aprile 1981 n. 1849).

7. La giurisdizione amministrativa in materia di cooperative soggette a contributo erariale. Al Giudice amministrativo è devoluta la giurisdizione esclusiva sulle controversie attinenti alla prenotazione ed all'assegnazione degli alloggi, alla posizione e qualità di socio, od aspirante socio ovvero tra socio e cooperativa, in quanto attinenti a rapporti sociali. Solo con la stipulazione del mutuo individuale la giurisdizione, in concomitanza con il nascere del diritto soggettivo, passa dalla Commissione di Vigilanza e dal Giudice amministrativo all’A.g.o. 7.1. La giurisprudenza sulla giurisdizione amministrativa in generale. In materia la giurisprudenza delle Sezioni Unite è copiosa e compatta:

• “ Ai sensi dell'art. 131 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, nelle cooperative per la costruzione di alloggi economici e popolari, é devoluta al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sulle controversie attinenti alla prenotazione ed all'assegnazione degli alloggi, alla posizione e qualità di socio, od aspirante socio ovvero tra socio e cooperativa, in quanto attinenti a rapporti sociali; ai fini della risoluzione della questione di giurisdizione non rileva stabilire se permanga, pur a seguito del d.lg. n. 112 del 1998, la competenza contenziosa delle commissioni di vigilanza, essendo la giurisdizione attribuita al giudice amministrativo "ratione materiae" e rilevando la questione della necessità della preventiva pronuncia delle commissioni per adire il giudice amministrativo solo sulla proponibilità dell'azione davanti a questi e non sulla giurisdizione.” (Cassazione civile sez. un., 13 novembre 2000, n. 1175);

• “A norma dell'art. 131 del r.d. n. 1165 del 1938, la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla domanda di invalidità dell'assegnazione di alloggi sussiste fino alla stipulazione del mutuo individuale, che segna la demarcazione tra giurisdizione amministrativa e giurisdizione

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ordinaria, a nulla rilevando il fatto che l'azione sia promossa dal commissario liquidatore della cooperativa, il quale, quando fa valere un diritto dell'imprenditore, si identifica con lo stesso.” (Cassazione civile sez. un., 22 dicembre 1999, n. 934);

• “ Per le controversie inerenti al rapporto tra socio e cooperativa edilizia operante con contributo dello Stato, ovvero tra soci della cooperativa medesima, di cui all'art. 131 del r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, il limite temporale della devoluzione alle apposite commissioni di vigilanza, e poi al giudice amministrativo sul ricorso contro le determinazioni di tali commissioni, in deroga alla giurisdizione del giudice ordinario, é segnato dalla stipulazione del contratto di mutuo edilizio individuale, non rilevando, pertanto, né la consegna dell'alloggio, né il mero frazionamento del mutuo (ancorché accompagnato dal pagamento di quote di esso da parte del singolo assegnatario, prima di detta stipulazione).” (Cassazione civile sez. un., 1 febbraio 1991 n. 950);

• “ Va affermata la giurisdizione amministrativa, previa cognizione della commissione di vigilanza, e deve di conseguenza escludersi la giurisdizione dell'AGO anche ai fini dei provvedimenti d'urgenza, sulla controversia insorta fra una cooperativa di edilizia economica e popolare, operante con sovvenzione pubblica, ed il socio di questa, con riguardo all'assegnazione degli alloggi, prima della stipula del mutuo individuale.” (Cassazione civile sez. un., 24 ottobre 1990 n. 10318);

• “ Con riguardo alle cooperative operanti nel settore dell'edilizia economica e popolare con il concorso totale o parziale dello Stato, la giurisdizione del giudice amministrativo, in via d'impugnazione delle deliberazioni delle apposite Commissioni di vigilanza, su determinate controversie fra socio e cooperativa, ovvero tra socio e socio, secondo le previsioni dell'art. 131 del r.d. 28 aprile 1938 n. 1165 (non suscettibili di deroga convenzionale, neppure in forza di clausola statutaria, ed operanti anche nella Provincia di Bolzano,in difetto di contraria disposizione nella legislazione provinciale), viene meno, in favore della giurisdizione del giudice ordinario, con la stipulazione da parte dell'assegnatario del contratto di mutuo individuale, la quale segna il definitivo acquisto della proprietà dell'alloggio.” (Cassazione civile, sez. un., 22 giugno 1990 n. 6301);

• “ Con riguardo ad alloggi economici e popolari costruiti da cooperativa edilizia con il contributo dello Stato, la domanda rivolta a censurare la mancata ammissione come socio della cooperativa medesima e prenotatario di un determinato alloggio, ancorché venga proposta da chi di fatto occupi l'immobile, e pure se implichi, quale mezzo al fine di conseguire tale ammissione, la denuncia della mancata pronuncia di decadenza di altri dell'assegnazione dell'immobile stesso, resta sottratta alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto, investendo la fase dell'assegnazione di detti alloggi, caratterizzata dall'esercizio di poteri autoritativi a difesa delle esigenze pubblicistiche, si ricollega a posizioni di mero interesse legittimo, tutelabili dinanzi all'apposita commissione di vigilanza (art. 131 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165), e, quindi, dinanzi al giudice amministrativo”. (Cassazione civile, sez. un., 5 novembre 1981 n. 5826).

7.2. La natura della fase dinanzi alla Commissione.

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Per quanto talora ci si imbatta in affermazioni circa la “ giurisdizione della Commissione”, è pacifico che la fase “giustiziale” dinanzi alla Commissione ha carattere amministrativo e prelude alla fase giurisdizionale dinanzi al Consiglio di Stato:

• “ L'art. 131 del r.d 28 aprile 1938 n. 1165 devolve alle commissioni di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica la decisione su tutte le controversie attinenti alla prenotazione ed all'assegnazione degli alloggi, alla posizione e alla qualità di socio od aspirante socio nonché sulle controversie tra socio e socio ovvero tra socio e cooperativa, in quanto riguardino rapporti sociali: le deliberazioni delle commissioni di vigilanza, aventi nelle indicate materie carattere amministrativo e non giurisdizionale, sono suscettibili di ricorso al giudice amministrativo.” (Cassazione civile sez. un., 3 dicembre 1990 n. 11560);

7.3. Le conseguenze dell’abrogazione della Commissione. Di notevole rilievo appare poi la sentenza n.1175 del 2000 con cui le Sezioni Unite hanno affrontato il problema delle conseguenze dell’intervenuta abrogazione della Commissione di Vigilanza, sostenendone l’influenza agli effetti della persistenza giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, così argomentando: “ Occorre, quindi, esaminare la questione di legittimità costituzionale svolta nel primo motivo. Con la stessa, come si é detto, si affaccia il sospetto d'illegittimità costituzionale dell'art. 53, lett. e), del d.l.vo n. 112-98 per eccesso di delega, in quanto lo stesso comporterebbe la soppressione della giurisdizione (speciale) attribuita alle commissioni regionali e centrale dall'art. 131 del r.d. 1165-1138. In proposito devesi, però, rilevare che l'espressione usata dal citato art. 53 non comporta che le funzioni contenziose attribuite alle commissioni di vigilanza siano da qualificare come giurisdizionali. Sulla scorta della sentenza n. 32-1957 della Corte Costituzionale, la costante giurisprudenza delle Sezioni Unite (fra le numerose decisioni, 4 luglio 181, n. 4360; 8 marzo 1988, n. 2327; 22 febbraio 1990, n. 1317) ha sempre affermato la natura amministrativa di tali organi. Poiché non é ipotizzabile che il citato art. 53 possa attribuire retroattivamente natura giurisdizionale ad un organo di incontestabile natura amministrativa - con funzioni anche contenziose - ne consegue che l'espressione deve essere intesa in senso atecnico e che, pertanto, non sussiste il prospettato eccesso di delega. La questione é, quindi, manifestamente infondata. Passando al problema del riparto della giurisdizione, lo stesso deve essere affrontato tenendo conto che il già citato art. 131 devolve alla giurisdizione amministrativa la tutela delle situazioni soggettive coinvolte nelle materie devoluta alla competenza delle commissioni. In proposito, occorre chiarire - nella prospettiva dell'avvenuta abrogazione della competenza contenziosa di tali organi - la portata del collegamento esistente tra tale competenza e quella del giudice amministrativo. La lettera della legge, facendo riferimento all'art. 26 del t.u. sul Consiglio di Stato 26 giugno 1924, n. 1054, e quindi alla giurisdizione di annullamento, lascerebbe intendere che la competenza giurisdizionale del giudice amministrativo dovrebbe

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passare attraverso lo strumento dell'impugnazione della decisione emessa dalle commissioni. Ma, come é noto, la giurisprudenza della Corte ha costantemente affermato (si vedano le sentenze delle Sezioni Unite precedentemente citate) che la giurisdizione attribuita al giudice amministrativo dal citato art. 131, nonostante il riferimento all'art. 26 del t.u. n. 1054-1924, ha carattere esclusivo, e cioé si estende a tutte le controversie ivi indicate, indipendentemente dalla configurazione della situazione soggettiva di cui viene chiesta tutela come diritto soggettivo o come interesse legittimo. Tale giurisdizione ha, quindi, per oggetto rapporti e non atti giuridici, anche se viene introdotta attraverso un meccanismo impugnatorio di questi ultimi. Essa, quindi, essendo attribuita ratione materiae, non viene meno anche se venga eliminata la speciale competenza contenziosa della commissione di vigilanza. L'attribuzione originaria della tutela alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo é stata affermata dalle Sezioni Unite nella sentenza 26 aprile 1993, n. 4905, nella quale si é ritenuto che una pronuncia della commissione declinatoria di competenza e la successiva adizione erronea del giudice ordinario non precludono l'accesso alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, non essendo la pronuncia della commissione - data la sua natura di organo amministrativo - idonea ad acquistare efficacia di giudicato sulla giurisdizione. L'avverbio soltanto contenuto nell'art. 131, penultimo comma, sta proprio ad indicare tale devoluzione necessaria, con deroga al normale criterio di riparto della giurisdizione. Vi é da considerare, inoltre, che la norma risentiva della communis opinio dell'epoca, secondo cui qualunque pronuncia formale della p.a. era da considerarsi provvedimento amministrativo, nei cui confronti l'unica tutela ammissibile era quella impugnatoria. Occorre, inoltre, considerare che nel catalogo delle controversie elencate dal punto primo dell'art. 131, é difficile, se non impossibile, rinvenire ipotesi di lesione d'interessi legittimi, per cui l'applicazione delle regole ordinarie di riparto condurrebbe ad una sistematica affermazione della giurisdizione ordinaria. Non vale osservare - come ribadito nelle conclusioni orali della cooperativa - che nel caso di specie si tratterebbe di decadenza (e cioé di un effetto giuridico prodottosi ex lege, indipendentemente dalla delibera dell'organo amministrativo della società), e non di esclusione in senso stretto. Tale distinzione - astrattamente valida - non comporta alcuna conseguenza sul riparto della giurisdizione, la quale é attribuita al giudice amministrativo <<... su tutte le controversie... attinenti alla posizione e qualità di socio od aspirante socio nonché sulle controversie... tra socio e cooperativa in quanto riguardino rapporti sociali>>. Come si é detto, la cognizione attribuita al giudice amministrativo ha per oggetto rapporti giuridici, e pertanto prescinde dalla natura costitutiva o dichiarativa delle delibere sociali, e persino dalla materiale esistenza di delibere. La formula contenuta nell'art. 131 costituisce, pertanto, una vera e propria Generalklausel sulla giurisdizione in materia di rapporti tra soci e cooperativa, e non una elencazione tassativa di controversie. A questo punto, una volta stabilito che la giurisdizione attribuita in materia ha carattere esclusivo, resta indifferente, anche se non si volesse condividere il principio affermato nella citata sentenza 4905-93, ai fini della pronuncia sulla giurisdizione demandata alle Sezioni Unite, stabilire se tale giurisdizione abbia un

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collegamento necessario con la competenza contenziosa delle commissioni di vigilanza, ovvero se possa essere attivata indipendentemente da questa. Sulla permanenza nell'ordinamento delle attribuzioni contenziose delle commissioni di vigilanza non sussiste unanimità. In un decreto del Ministro dei Lavori Pubblici (n. 310-99, confermato da un successivo provvedimento 318-99) viene affermato che le commissioni centrale e regionali di vigilanza per l'edilizia popolare <<sono individuate come indispensabili per la realizzazione (*) dei fini istituzionali di cui al T.U. 28-4-1938 n. 1165 in via transitoria e comunque fino a che non venga realizzato il passaggio delle competenze agli Enti ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112>>. Pertanto, ove si ritenga che permanga la competenza contenziosa delle commissioni, resta il problema del collegamento sopra detto, il quale potrebbe essere risolto anche nel senso che la preventiva pronuncia delle commissioni costituisce condizione per adire il giudice amministrativo. Comunque si volesse risolvere la questione, però, si tratterebbe di un problema attinente alla proponibilità dell'azione dinanzi al giudice amministrativo, e non al riparto della giurisdizione.” 7.4. L’estensione oggettiva della giurisdizione amministrativa. Varie pronunce si sono occupate della determinazione dell’estensione oggettiva della giurisdizione amministrativa de qua. Per esempio sono state incluse le controversie relative ai sottotetti:

• “Ai fini del riparto di giurisdizione in materia di controversie insorte tra una cooperativa operante nel settore dell'edilizia economica e popolare ed i suoi soci, il criterio discriminante va individuato nella circostanza che l'ente benefici o meno del contributo erariale, cui deve ritenersi del tutto equiparato il contributo regionale nel caso di cooperative operanti nella regione Sicilia. La norma di cui al combinato disposto degli art. 131 e 133 t.u. n. 1165 del 1938 deve ritenersi, pertanto, applicabile, "ex" d.P.R. n. 683 del 1977, anche alla regione siciliana, con conseguente deroga alla giurisdizione del giudice ordinario (in favore di quella del giudice amministrativo dopo la decisione adottata dalla commissione di vigilanza) sino alla stipulazione, da parte del socio, del mutuo individuale. (Nell'affermare il principio di diritto che precede la S.C. ha ulteriormente chiarito che la disposizione normativa in parola, pur dovendosi interpretare restrittivamente, purtuttavia ricomprende, nel termine "alloggi", anche gli eventuali sottotetti del manufatto destinati ai soci della cooperativa).” (Cassazione civile sez. un., 13 novembre 2000, n. 1173);

ed escluse quelle attinenti a garages realizzati successivamente senza il contributo statale:

• “In tema di edilizia economica e popolare, la deroga alla giurisdizione del giudice ordinario prevista all'art. 131 del r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, nel senso della devoluzione alle apposite commissioni di vigilanza, e poi al giudice amministrativo, delle controversie, fra l'altro, in materia di prenotazione ed assegnazione di alloggi costruiti da una cooperativa edilizia a contributo statale, é circoscritta agli immobili effettivamente realizzati con tale contributo, con la conseguenza che, ove detta cooperativa, dopo la costruzione di alloggi

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con il concorso dello Stato, abbia realizzato ulteriori ed individuabili porzioni immobiliari esclusivamente a spese dei soci (nella specie, " garages"), le controversie inerenti all'assegnazione di queste ultime spettano alla cognizione del giudice ordinario.” (Cassazione civile, sez. un., 25 novembre 1982 n. 6373).

Sono parimenti escluse le controversie non inerenti ad alloggi soggetti alla disciplina pubblicistica:

• “ A norma dell'art. 131, comma 1, n. 1 del r.d. n. 1165 del 1938, é attribuita alla Commissione di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica la competenza a decidere sulle controversie attinenti alla prenotazione ed alla assegnazione di alloggi ed alla posizione e qualità di socio ed aspirante socio, nonché su quelle tra socio e socio ovvero tra socio e cooperativa, purché attinenti a rapporti sociali. In particolare, quanto alle controversie tra socio e cooperativa, é necessario, al fine di radicare la giurisdizione della commissione, che concorrano tanto un requisito soggettivo - costituito dalla suindicata qualità delle parti - sia un requisito oggettivo - costituito dall'attinenza della lite al rapporto sociale - con la conseguenza che l'assenza di quest'ultimo fa venir meno la giurisdizione della detta commissione, che spetta, pertanto, al giudice ordinario. (Fattispecie in tema di domanda proposta da un socio per l'esecuzione in forma specifica di un'obbligazione contrattuale estranea al rapporto sociale, quale quella scaturente dalla promessa di vendita intercorsa tra il socio e la cooperativa avente ad oggetto non già un'alloggio della Cooperativa stessa, bensì - secondo la prospettazione dell'attore - un immobile destinato ad ufficio, come tale alienabile anche ad un terzo estraneo all'ente).” (Cassazione civile sez. un., 13 novembre 1999, n. 772).

Quanto alle porzioni di immobile destinate all’uso comune è stato sostenuto che:

• “ Con riguardo a cooperativa fruente del contributo statale, che non abbia ancora provveduto alla stipula dei contratti individuali di mutuo edilizio, la domanda con cui il socio chieda l'accertamento dell'illegittima appropriazione da parte di altro socio di una porzione dell'immobile sociale destinata all'uso comune e la condanna al rilascio di tale porzione nonché alla demolizione delle opere ivi abusivamente realizzate, esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo secondo la speciale disciplina prevista dall'art. 131 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165 e dagli articoli da 19 a 26 d.P.R. 3 maggio 1964 n. 655, per rientrare in quella del giudice ordinario, atteso che detta disciplina, secondo la testuale previsione del comma 1 n. 1 del cit. art. 131, é applicabile con riferimento alle controversie fra soci in quanto riguardino rapporti sociali, ossia rapporti che ineriscono alla realizzazione dello scopo sociale, nei quali non rientrano quelli ricollegabili al semplice godimento in base ad assegnazione delle unità immobiliari ovvero delle parti comuni dell'edificio sociale considerato anche che le controversie di cui al menzionato art. 131, comma 1, n. 1, presuppongono la emanazione di provvedimenti da parte della cooperativa, essendo previsto per tali controversie dall'art. 26 del cit. d.P.R. n 655 del 1964 il ricorso alla

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commissione regionale di vigilanza entro trenta giorni dalla comunicazione dell'atto impugnato e che, inoltre, nella controversia tra soci (o anche tra i soci e la cooperativa) in cui vengano prospettati illeciti ricollegabili alle modalità di godimento delle unità immobiliari oggetto di assegnazione individuale ovvero delle parti comuni di edifici sociali non é ravvisabile l'interesse di carattere generale e pubblicistico che giustifica il controllo previsto dal citato art. 131 nei confronti di un soggetto privato quale la cooperativa.” (Cassazione civile sez. un., 23 settembre 1997, n. 9350).

La giurisprudenza è compatta nel riconoscere la competenza del Giudice ordinario per le controversie promosse dalla Cooperativa per recuperare il possesso degli alloggi da parte di soggetti occupanti senza titolo ( o senza più titolo):

• “Appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia instaurata da una cooperativa edilizia fruente di contributo pubblico per conseguire il rilascio di alloggi sociali occupati da persone escluse con provvedimento definitivo ed irretrattabile dal novero dei soci dell'ente istante e, perciò, divenute detentrici senza titolo.” (Cassazione civile sez. un., 23 aprile 1999, n. 249);

• “ La vertenza istituita dalla cooperativa per conseguire il rilascio di un alloggio sociale occupato da persone rispetto alla quale si assuma essere stato emesso definitivo provvedimento di esclusione dalla qualità di socio assegnatario dell'alloggio medesimo, con conseguente assunzione della veste di detentore senza titolo, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario. Mentre la controversia promossa dal socio di una cooperativa fruente di contributo pubblico per contestare la legittimità del provvedimento di espulsione adottato nei suoi confronti (nella specie, per morosità) rientra fra quelle sottratte al giudice ordinario e devolute, a norma dell'art. 131 r.d. n. 1165 del 1938, alla cognizione delle commissioni di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica, appartiene invece alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia promossa dalla società cooperativa per il rilascio dell'immobile occupato da persona rispetto alla quale si assuma essere stato emesso e divenuto definitivo un provvedimento di esclusione della qualità di socio assegnatario dell'immobile medesimo, non risultando in detta controversia dedotte posizioni soggettive che non siano caratterizzate da rapporti paritari tra gli interessati e non investendo esse direttamente l'esigenza di verifica della condizione e della qualità di socio del convenuto, alla quale soltanto, a norma del citato art. 131, potrebbe raccordarsi l'esclusione di detta giurisdizione; l'innegabile pregiudizialità della prima controversia rispetto alla seconda, peraltro, non può comportare la sottrazione di quest'ultima alla giurisdizione del giudice ordinario con relativa attrazione nella sfera di attribuzioni delle commissioni di vigilanza, essendo destinata a restare irrilevante in sede di regolamento di giurisdizione, e potendo, al più, determinare l'adozione di un provvedimento di sospensione del processo pregiudicato da parte del giudice di merito, ossia un provvedimento attinente all'esercizio di un potere del giudice e non incidente sull'effettiva natura

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dell'oggetto della controversia pendente dinanzi a lui.” (Cassazione civile sez. un., 15 ottobre 1998, n. 10190);

É stata riconosciuta la giurisdizione ordinaria per la controversia promossa per ottenere la dichiarazione di acquisto per usucapione dell’alloggio di cooperativa sovvenzionata:

• “ A norma dell'art. 131 del r.d. n. 1165 del 1938, appartengono alla speciale Commissione di vigilanza tutte le controversie relative alla qualità di socio, alla prenotazione ed assegnazione di alloggi, nonché alla validità e legittimità dell'assegnazione stessa o che, comunque, riguardino il rapporto sociale, in quanto il socio, fino alla stipulazione del mutuo individuale, é titolare di un mero interesse legittimo. Da tali controversie vanno distinte quelle che riflettono il rapporto obbligatorio tra socio e cooperativa, in correlazione e dipendenza dell'atto di assegnazione e che, attenendo a diritti soggettivi perfetti, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario. (La S.C. ha, così, dichiarato rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia tra la cooperativa ed i terzi, i quali non deducevano di essere subentrati nella qualità di soci al loro de cuius, bensì di avere acquistato la proprietà del bene per usucapione). “ (Cassazione civile sez. un., 11 febbraio 1998, n. 1448);

ovvero per ottenere l’esecuzione di impegni della Cooperativa relativi ad immobile destinato ad ufficio:

• “ A norma dell'art. 131, comma 1, n. 1 del r.d. n. 1165 del 1938, é attribuita alla Commissione di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica la competenza a decidere sulle controversie attinenti alla prenotazione ed alla assegnazione di alloggi ed alla posizione e qualità di socio ed aspirante socio, nonché su quelle tra socio e socio ovvero tra socio e cooperativa, purché attinenti a rapporti sociali. In particolare, quanto alle controversie tra socio e cooperativa, é necessario, al fine di radicare la giurisdizione della commissione, che concorrano tanto un requisito soggettivo - costituito dalla suindicata qualità delle parti - sia un requisito oggettivo - costituito dall'attinenza della lite al rapporto sociale - con la conseguenza che l'assenza di quest'ultimo fa venir meno la giurisdizione della detta commissione, che spetta, pertanto, al giudice ordinario. (Fattispecie in tema di domanda proposta da un socio per l'esecuzione in forma specifica di un'obbligazione contrattuale estranea al rapporto sociale, quale quella scaturente dalla promessa di vendita intercorsa tra il socio e la cooperativa avente ad oggetto non già un'alloggio della Cooperativa stessa, bensì - secondo la prospettazione dell'attore - un immobile destinato ad ufficio, come tale alienabile anche ad un terzo estraneo all'ente).” (Cassazione civile sez. un., 13 novembre 1999, n. 772);

Non è esclusa dalla giurisdizione amministrativa neppure la tematica relativa alla risoluzione del rapporto associativo:

• “ In materia di cooperative edilizie operanti con il contributo anche parziale dello Stato, la controversia fra il socio e la cooperativa medesima, insorta prima della stipulazione del mutuo individuale, avente ad oggetto,

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fra l'altro, il recesso o l'esclusione del socio (ancorché investa posizioni di diritto soggettivo) spetta alle commissioni di vigilanza e poi al giudice amministrativo in sede di impugnazione delle deliberazioni di dette commissioni, non essendo tale giurisdizione, prevista dall'art. 131 del r.d. n. 1165 del 1938, venuta meno a seguito dell'entrata in vigore del codice civile, che agli art. 2516 e 2517 espressamente richiede per l'applicabilità della relativa disciplina la compatibilità con le leggi speciali.” (Cassazione civile sez. un., 2 aprile 1991 n. 3437);

• “ In tema di cooperative edilizie fruenti di contributo erariale, a norma dell'art. 131, comma 1, r.d. 1165 del 1938, spetta alla commissione di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica (ora commissione regionale ai sensi dell'art. 19 d.P.R. n. 655 del 1964) la cognizione in via amministrativa di tutte le controversie "tra socio e socio o tra socio e cooperativa in quanto riguardino rapporti sociali"; appartiene pertanto alla cognizione della predetta commissione la controversia relativa all'esclusione del socio, senza che possa rilevare il motivo che ha dato origine a tale esclusione, essendo assolutamente indifferente che si tratti di questioni amministrative e tecniche, oppure di questioni di conflittualità nell'ambito societario.” (Cassazione civile sez. un., 7 dicembre 1999, n. 868);

• “Con riferimento ad una cooperativa edilizia fruente del contributo statale, é sottratta alla giurisdizione ordinaria, e conseguentemente non può costituire oggetto di arbitrato, la controversia relativa all'impugnazione della delibera di decadenza di un socio dalla relativa qualità per morosità, in quanto tale controversia, afferendo alla sussistenza dei presupposti e delle condizioni richieste per l'assegnazione dell'appartamento, e quindi alla realizzazione dello scopo sociale, appartiene alla cognizione del giudice amministrativo prevista in materia dagli art. 131 e 133 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165 con riferimento alla fase antecedente alla assegnazione in proprietà dell'appartamento o alla stipulazione del mutuo individuale. (Nella specie la S.C., nel dichiarare la giurisdizione del giudice amministrativo, ha annullato senza rinvio le impugnate sentenze della Corte d'appello, la quale, invece di dichiarare la nullità per difetto di giurisdizione del lodo arbitrale, aveva dichiarato il lodo nullo per altri motivi e poi aveva provveduto sulla domanda nel merito; e ha altresì precisato che la disposta cassazione comporta l'annullamento sia del giudizio di impugnazione del lodo, sia dello stesso giudizio arbitrale).” (Cassazione civile sez. un., 27 luglio 1998, n. 7341);

• “ Ai sensi dell'art. 131 del r.d. 28 aprile 1938, n. 1165 - non derogabile in forza di clausola statutaria della cooperativa edilizia ammessa a contributo statale - la controversia avente ad oggetto l'esclusione di un socio, che, sebbene assegnatario di alloggio, non abbia ancora provveduto alla stipula del mutuo individuale, esula dalla giurisdizione ordinaria ed é devoluta, dapprima, alla cognizione della speciale Commissione di Vigilanza di cui allo stesso r.d. n. 1165 del 1938, e poi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Ne consegue che, divenute definitive la deliberazione sociale di esclusione e la correlata decadenza dall'assegnazione, per difetto di tempestiva impugnazione nella competente sede, la posizione del socio escluso, rispetto all'immobile già a lui assegnato, assume un rilievo di mera detenzione, non giustificata

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da alcun titolo legittimo, residuando, quindi, il diritto della cooperativa proprietaria al rilascio, tutelabile davanti al giudice ordinario. “ (Cassazione civile sez. un., 2 agosto 1994, n. 7189).

• “ Nel caso di cooperative edilizie operanti con il contributo dello Stato, incluso quello inerente agli interessi sui mutui agevolati, le controversie tra socio e cooperativa aventi ad oggetto l'impugnazione della delibera di esclusione o il rendiconto spettano alla cognizione del giudice amministrativo, previo ricorso alle apposite commissioni di vigilanza, ai sensi dell'art. 131 r.d. 1165 del 1938, in quanto attinenti rispettivamente alla qualità di socio ed ai rapporti sociali; rientrano invece nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà degli alloggi o la pretesa risarcitoria per danni nei confronti delle cooperative e dei loro amministratori.” (Cassazione civile sez. un., 10 novembre 1997, n. 11075).

Addirittura si è parlato di giurisdizione amministrativa in tema di impugnazione di deliberazione di approvazione del bilancio:

• “ Nel caso di godimento di contributo dello Stato da parte di una cooperativa edilizia la conseguente applicazione dell'art. 131 del r.d. 28 aprile 1938, n. 1165 sulla devoluzione alle commissioni di vigilanza e, in sede di impugnazione dei loro provvedimenti, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie attinenti alla prenotazione ed all'assegnazione degli alloggi, alla posizione e qualità di socio od aspirante socio ovvero tra socio e cooperativa, in quanto attinenti a rapporti sociali, é da riconoscere per la controversia fra socio e cooperativa concernente l'impugnazione delle deliberazioni di approvazione del bilancio, trattandosi di atti di gestione rivolti alla realizzazione dello scopo sociale, come tali incidenti direttamente sui rapporti fra i detti soggetti”. (Cassazione civile sez. un., 13 maggio 1993, n. 5423).

Sono invece escluse le controversie insorgenti in sede condominiale:

• “ Ai sensi dell'art. 131 t.u. 28 aprile 1938 n. 1165 sull'edilizia popolare ed economica, sono devolute alla cognizione della commissione di vigilanza solo le controversie dipendenti dall'assegnazione dell'alloggio o dal rapporto sociale, mentre restano attribuite all'a.g.o. quelle concernenti le quote condominiali dovute all'amministrazione del condominio, costituitosi fra la cooperativa soggetta alle norme del menzionato t.u. e rimasta proprietaria degli alloggi non assegnati, e i soci divenuti proprietari degli altri alloggi, attenendo tali controversie al rapporto relativo al godimento dei servizi comuni e non al rapporto sociale. “ (Cassazione civile sez. un., 11 agosto 1997, n. 7453);

• “ In materia di alloggi in cooperativa fruente di contributo statale, che non abbia ancora provveduto alla stipula dei contratti individuali di mutuo edilizio, i poteri che l'art. 131 del e.d. 28 aprile 1938, n. 1165 affida alla speciale commissione istituita presso il Ministero dei lavori pubblici riguardano non solo la cognizione delle controversie riguardanti i limiti della prenotazione e dell'assegnazione degli alloggi, nonché, in generale, i rapporti fra soci e cooperativa, ma anche la repressione degli abusi e delle irregolarità commesse dai singoli soci, ivi compresa

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l'appropriazione di beni comuni o assegnati in via esclusiva ad altri soci, con la conseguenza che anche le controversie relative a tali ultimi comportamenti restano sottratte alla giurisdizione ordinaria ed affidate a quella amministrativa in sede di impugnazione delle deliberazioni delle dette commissioni.” (Cassazione civile sez. un., 29 gennaio 1994, n. 891).

Va peraltro tenuto presente che:

• “ In materia di edilizia cooperativa con contributo statale, la competenza della commissione centrale di vigilanza per l'edilizia economica e popolare, in tema di controversie concernenti le cose in proprietà, si estende ai limiti temporali e spaziali delle facoltà di godimento degli alloggi, ancorché si sia formato un condominio, e permane per cinque anni a decorrere dalla data del decreto di approvazione del primo mutuo individuale stipulato da uno dei soci, esaurendosi, con tale approvazione, la fase dei controlli che conduce all'acquisizione della proprietà; mentre la deroga alla giurisdizione ordinaria, prevista per il successivo quinquennio, é frutto della scelta operata dal legislatore in considerazione della particolare composizione delle commissioni (i cui componenti hanno competenza per compiere valutazioni tecniche sulle questioni che possono sorgere nel periodo immediatamente successivo all'erogazione dei mutui); dopo di che subentra l'applicazione del criterio generale della giurisdizione del giudice ordinario sulle controversie in questione. (Riaffermando tali principi, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice ordinario sulla controversia con cui alcuni condomini di un fabbricato di edilizia economica e popolare rivendicavano la proprietà indivisa di porzioni del giardino condominiale occupate e recintate dal alcune condomini, essendo decorsi, all'atto della domanda, oltre sette anni dall'approvazione del piano economico di finanziamento e di riparto tra i soci da parte del Consiglio d'amministrazione dello Iacp).” (Cassazione civile sez. un., 20 febbraio 1996, n. 1288).

7.5. Il concetto di sovvenzionamento statale É pacifico che il sovvenzionamento deve essere stato effettivamente conseguito per innescare la giurisdizione amministrativo e che al proposito l’onere probatorio incombe sulla parte eccipiente l’insussistenza della giurisdizione ordinaria:

• “Una cooperativa edilizia é qualificabile come "sovvenzionata dallo Stato" - e, pertanto, soggetta alla speciale disciplina prevista dall'art. 131 r.d. n. 1165 del 1938, sulla devoluzione di determinate controversie alla cognizione del giudice amministrativo, in deroga alla giurisdizione del giudice ordinario - solo quando abbia costruito con il contributo dello Stato, ossia abbia in concreto conseguito il contributo medesimo, restando irrilevante, ai fini della giurisdizione, la semplice ammissione al finanziamento pubblico.” (Cassazione civile sez. un., 14 novembre 1996, n. 9973);

• “ Una cooperativa edilizia é qualificabile come "sovvenzionata dallo Stato" - e, pertanto, soggetta alla speciale disciplina prevista dall'art. 131 r.d. n. 1165 del 1938, sulla devoluzione di determinate controversie alla cognizione del giudice amministrativo, in deroga alla

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giurisdizione del giudice ordinario - solo quando abbia costruito con il contributo dello Stato, ossia abbia in concreto conseguito il contributo medesimo, restando irrilevante, ai fini della giurisdizione, la semplice previsione statutaria della possibilità di ricorso al finanziamento pubblico, come anche la stipulazione di un "mutuo agevolato" contratto con un istituto bancario a condizioni più favorevoli, ma senza il contributo erariale”. (Cassazione civile sez. un., 4 ottobre 2000, n. 1054);

• “ Ai fini del riparto di giurisdizione in materia di controversie insorte fra le cooperative costituita per la costruzione di alloggi economici ai sensi del r.d. n. 1165 del 1938 ed i rispettivi soci, la giurisdizione appartiene, anche in materia di diritti soggettivi, alla Commissione di vigilanza e disciplina a norma dell'art. 131 r.d. citato soltanto se in tali controversie sia parte una società cooperativa operante con il contributo statale, mentre appartiene al giudice ordinario quando la società non abbia, neppure in parte, beneficiato del suddetto contributo; é pertanto onere della parte che invochi la giurisdizione della Commissione di vigilanza e disciplina provare, in caso di contestazione, che la società cooperativa ha fruito del contributo erariale.” (Cassazione civile sez. un., 30 dicembre 1998, n. 12900);

• “ Le controversie fra soci assegnatari e soci non assegnatari, nelle cooperative per la costruzione di alloggi economici e popolari sono devolute alle commissioni di vigilanza (e poi al giudice amministrativo) sempre che sussista il presupposto del godimento del contributo statale da parte della cooperativa, tenendo conto che una cooperativa edilizia é qualificabile come "sovvenzionata dallo Stato" - e, pertanto, soggetta alla speciale disciplina prevista dall'art. 131 r.d. n. 1165 del 1938, sulla devoluzione di determinate controversie alla cognizione del giudice amministrativo, in deroga alla giurisdizione del giudice ordinario - solo quando abbia costruito con il contributo dello Stato, ossia abbia in concreto conseguito il contributo medesimo. In mancanza della prova del godimento del contributo suddetto, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario”. (Cassazione civile sez. un., 5 febbraio 1999, n. 37).

7.6. Singole ipotesi di contributi. La giurisprudenza non è univoca in tema di contributi provenienti dalla Regione Sicilia:

• “ Poiché i finanziamenti previsti dalla legge della regione Sicilia 5 dicembre 1977 n. 95 non rientrano tra quelli a carico dello Stato, di cui all'art. 131 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, la controversia, con la quale il socio di una cooperativa edilizia che abbia goduto di detti finanziamenti, impugna la deliberazione di esclusione per morosità, adottata dal consiglio di amministrazione della cooperativa, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario e non in quella del giudice amministrativo.” (Cassazione civile sez. un., 24 agosto 1999, n. 602);

• “ In tema di edilizia popolare ed economica le disposizioni di cui all'art. 131 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165 trovano applicazione anche nei riguardi delle cooperative di edilizia popolare ed economica operanti in Sicilia, dovendosi considerare il contributo regionale equiparato a quello dello Stato, con la conseguenza, che per le controversie tra i soci e la

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cooperativa stessa sussiste la giurisdizione delle commissioni di vigilanza e, poi, del giudice amministrativo (e non del giudice ordinario).” (Cassazione civile sez. un., 13 novembre 2000, n. 1173 ).

Quanto ai contributi della provincia autonoma di Trento è stato ritenuto:

• “ La deroga alla giurisdizione ordinaria, in favore della Commissione di vigilanza di cui all'art. 131 del r.d. n. 1165 del 1938, relativamente alle controversie attinenti alla prenotazione ed assegnazione degli alloggi, alla posizione e qualità di socio o aspirante tale nonché sulle controversie fra soci o fra questi e la cooperativa edilizia fruente di contributo statale, opera anche nei casi di cooperative sovvenzionate dalla provincia autonoma di Trento, che, alla stregua della normativa in materia (art. 1 del d.P.R. 22 marzo 1974 n. 381; art. 70 e 71 della l. 22 ottobre 1971 n. 865) ed in particolare dell'art. 39 della legge n. 457 del 1988, svolge la propria competenza, al pari della provincia di Bolzano, utilizzando risorse economiche attinte ad una quota del gettito di tributi statali.” (Cassazione civile sez. un., 3 luglio 1993, n. 7291).

Il contributo statale è stato ravvisato anche nel mero pagamento degli interessi sui mutui:

• “ Il godimento di contributo dello Stato da parte di una cooperativa edilizia - con la conseguente applicazione dell'art. 131 del r.d. 28 aprile 1938, n. 1165 sulla devoluzione alle commissioni di vigilanza e, in sede di impugnazione dei loro provvedimenti, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie attinenti alla prenotazione ed all'assegnazione degli alloggi, alla posizione e qualità di socio, od aspirante socio ovvero tra socio e cooperativa, in quanto attinenti a rapporti sociali - va ravvisato anche nel caso di sovvenzione statale sotto forma di contributo al pagamento degli interessi su mutui, senza che l'affermazione della suddetta giurisdizione, da parte del giudice ordinario erroneamente adito in materia, possa risultare preclusa da anteriore pronuncia declinatoria ad opera della preventivamente adita commissione amministrativa, concretandosi essa in un provvedimento amministrativo, non suscettibile di acquisire l'efficacia del giudicato. “ (Cassazione civile sez. un., 26 aprile 1993, n. 4905);

• “ Nel caso di cooperative edilizie operanti con il contributo dello Stato, incluso quello inerente agli interessi sui mutui agevolati, le controversie tra socio e cooperativa aventi ad oggetto l'impugnazione della delibera di esclusione o il rendiconto spettano alla cognizione del giudice amministrativo, previo ricorso alle apposite commissioni di vigilanza, ai sensi dell'art. 131 r.d. 1165 del 1938, in quanto attinenti rispettivamente alla qualità di socio ed ai rapporti sociali; rientrano invece nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà degli alloggi o la pretesa risarcitoria per danni nei confronti delle cooperative e dei loro amministratori.” (Cassazione civile sez. un., 10 novembre 1997, n. ).

Viceversa la natura statale del mutuo è stata esclusa nell’ipotesi di mutuo derivante da fondi europei:

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• “L'art. 131 del r.d. 28 aprile 1938 n. 1165 - a norma del quale le controversie in tema di esclusione di soci assegnatari da cooperative edilizie fruenti del contributo finanziario dello Stato sono devolute, ancorché investano posizioni di diritto soggettivo, alle apposite commissioni di vigilanza, le cui determinazioni sono poi impugnabili davanti al giudice amministrativo - non é applicabile (con devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario) nel caso di cooperativa che abbia goduto di mutuo concesso, tramite un istituto di credito nazionale, dal fondo di ristabilimento del Consiglio di Europa, non essendo tale mutuo assimilabile ai contributi statali previsti dalla normativa nazionale in materia di edilizia economica e popolare. I”(Cassazione civile sez. un., 17 marzo 1994, n. 2523);

• “ La controversia fra una cooperativa edilizia e gli assegnatari di un suo appartamento, relativa al valore di questo, é devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, ancorché detta cooperativa abbia goduto di mutuo concesso da un istituto di credito mediante utilizzazione di un prestito del Fondo di ristabilimento del Consiglio di Europa garantito dallo Stato contro i rischi del cambio; infatti, al concorso o al contributo diretto dello Stato, ai fini dell'applicabilità dell'art. 131 del r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, non é assimilabile né l'ipotesi in cui la garanzia dello Stato riguardi il rimborso del capitale ed il pagamento degli interessi del mutuo contratto dalla cooperativa né, a maggior ragione, l'ipotesi in cui la garanzia dello Stato riguardi non già il mutuo contratto dalla cooperativa ma il prestito in base al quale l'istituto di credito si é procurato la disponibilità finanziaria per la concessione di tale mutuo.“(Cassazione civile sez. un., 16 marzo 1994, n. 2478).

Non innesca infine la speciale competenza la semplice garanzia accordata dallo Stato:

• “Le controversie in tema di esclusione del socio da cooperativa edilizia, che fruisca di mutuo garantito dallo Stato in ordine al rimborso del capitale ed al pagamento degli interessi, appartengono alla giurisdizione ordinaria e non a quella delle speciali Commissioni di cui all'art. 131 del r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, in quanto siffatta garanzia non é assimilabile al concorso o contributo diretto dello Stato, richiesto ai fini della devoluzione a tale giurisdizione speciale.” (Cassazione civile sez. un., 23 giugno 1993, n. 6949 -Conforme- Cassazione civile sez. un., 3 luglio 1993, n. 7292).

8. La tutela giurisdizionale. Procediamo ora ad una breve sintesi della tutela giurisdizionale che compete al socio di cooperativa edilizia. 8.1. La tutela dei diritti del soci relativi al rapporto sociale. Innanzitutto al socio in quanto tale compete la tutela giurisdizionale dinanzi al Giudice ordinario dei diritti discendenti dal rapporto sociale, e ciò anche attraverso le impugnative delle deliberazioni assembleari ai sensi dell’art.2516 e 2377-2379 c.c.

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Va ricordato che è inoltre possibile a certe condizioni anche l’impugnazione delle delibere del consiglio di amministrazione:

• “ L'amministratore di una società cooperativa a r.l. può impugnare la delibera del consiglio di amministrazione non conforme a legge che sia direttamente lesiva di un suo diritto soggettivo ed ottenere l'annullamento, essendo applicabile in via analogica la disciplina generale per l'impugnazione delle deliberazioni degli organi collegiali societari, di cui all'art. 2377 c.c., la quale é caratterizzata da connotati di specialità, ma non di eccezionalità o contrarietà rispetto alla comune disciplina delle nullità e annullabilità degli atti giuridici (nella specie, trattavasi di delibera oggettivamente illegittima, per avere il consiglio di amministrazione, che non ha poteri di revoca degli amministratori nominati dall'assemblea, ma solo di verifica delle condizioni per ricoprire la carica, nell'ambito di un potere vincolato, dichiarato decaduto, ai sensi dell'art. 6 del d.P.R. 27 giugno 1985 n. 350, per difetto dei requisiti previsti dal precedente art. 2, un amministratore nominato dall'assemblea ed in possesso dei requisiti di legge per mantenere il proprio ufficio).” (Cassazione civile sez. I, 28 agosto 1995, n. 9040);

• “ In sede di impugnazione della delibera del consiglio di amministrazione di una società cooperativa che ha escluso il socio, il giudice é competente a conoscere della corrispondenza del motivo di elusione con un motivo previsto dalla legge o dallo statuto senza poter entrare nel merito della opportunità della esclusione.” (Tribunale Taranto, 28 giugno 1995 Gius 1995,3379 );

• “La delibera del consiglio di amministrazione di una società cooperativa può essere impugnata dal socio, qualora leda una sua posizione di diritto soggettivo. Qualora il consiglio di amministrazione di una banca popolare sospenda dalle funzioni un amministratore imputato di reati, senza che nei suoi confronti sia stata emanata una sentenza di condanna o siano state applicate misure restrittive della libertà personale, l'esecuzione di tale delibera consiliare può essere sospesa in sede di impugnazione della stessa delibera, in quanto questa può arrecare grave ed irreparabile danno all'amministratore sospeso e la sospensione, in mancanza di prescrizione normativa, non può essere adottata dal consiglio di amministrazione.” (Tribunale Salerno, 11 gennaio 1994, Società 1994, 663);

• “ La deliberazione di una società cooperativa edilizia - tanto se presa dall'assemblea nell'esercizio dei suoi poteri, quanto se adottata, per delega statutaria, dal consiglio di amministrazione - che, in pregiudizio del diritto acquisito dal socio in forza di prioritaria prenotazione e nel concorso delle condizioni previste dalla legge o dallo statuto, dia luogo ad assegnazione di alloggi a favore di altri soci é riconducibile all'ipotesi di nullità per illiceità dell'oggetto, per contrarietà a norme imperative, atteso che la disciplina cooperativistica é improntata, con carattere non derogabile di essenzialità ed imperatività, al rispetto dello scopo mutualistico e del principio del concorso paritario dei soci al conseguimento degli alloggi in base a condizioni predeterminate in via generale dalla legge e dallo statuto. Pertanto l'impugnazione di tale deliberazione da parte del socio pretermesso non é soggetta al termine previsto dall'art. 2377 c.c. bensì é imprescrittibile a norma dell'art. 2379

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c.c. (applicabile in forza del rinvio dell'art. 2516 c.c.).” (Cassazione civile sez. I, 24 gennaio 1990 n. 420);

• “ Con riguardo alle deliberazioni del consiglio di amministrazione di una società di capitali, i limiti posti dall'art. 2391 c.c., in base al quale l'impugnazione é consentita agli amministratori assenti o dissenzienti ed ai sindaci, non anche al socio, trovano applicazione in tutti i casi in cui le deliberazioni medesime contrastino con l'interesse sociale, mentre deve ammettersi l'impugnazione del singolo socio quando esse siano direttamente lesive di suoi diritti. Pertanto, nel caso di deliberazione degli amministratori di una società cooperativa di produzione e lavoro, che escluda un socio da quelli prescelti per l'espletamento di una determinata attività, va negata al socio escluso la possibilità di proporre detta impugnazione, sotto il profilo della violazione delle regole in tema di graduatoria per l'avviamento al lavoro, dato che, nell'ambito della cooperativa, tale graduatoria non si correla a diritti soggettivi dei soci, e resta quindi preclusa la configurabilità di una lesione dei diritti stessi per effetto delle scelte degli amministratori.” (Cassazione civile, sez. I, 21 maggio 1988 n. 3544).

Si è detto, peraltro, in sede di commento dell’art.131 del r.d.1165/1938 che in materia di cooperative edilizie operanti con il contributo anche parziale dello Stato, la controversia fra il socio e la cooperativa medesima, insorta prima della stipulazione del mutuo individuale, avente ad oggetto, fra l'altro, il recesso o l'esclusione del socio (ancorché investa posizioni di diritto soggettivo) spetta alle commissioni di vigilanza e poi al giudice amministrativo in sede di impugnazione delle deliberazioni di dette commissioni, non essendo tale giurisdizione, prevista dall'art. 131 del r.d. n. 1165 del 1938, venuta meno a seguito dell'entrata in vigore del codice civile, che agli art. 2516 e 2517 espressamente richiede per l'applicabilità della relativa disciplina la compatibilità con le leggi speciali. (Cassazione civile sez. un., 2 aprile 1991 n. 3437; Cassazione civile sez. un., 7 dicembre 1999, n. 868;Cassazione civile sez. un., 27 luglio 1998, n. 7341;Cassazione civile sez. un., 2 agosto 1994, n. 7189). Si è ricordato altresì che la giurisprudenza non ha dubitato della competenza delle Commissioni addirittura in tema di impugnazione di deliberazione di approvazione del bilancio (Cassazione civile sez. un., 13 maggio 1993, n. 5423). Rientrano tuttavia nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto la pretesa risarcitoria per danni nei confronti delle cooperative e dei loro amministratori. (Cassazione civile sez. un., 10 novembre 1997, n. 11075). In particolare contro la delibera di esclusione dalla società (che si ripercuote automaticamente anche sul connesso rapporto di scambio) deliberata dalla assemblea e nei casi di previsione statutaria dal Consiglio di amministrazione, il socio può fare opposizione al

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Tribunale (o in sede giurisdizionale amministrativa per quanto riguarda le cooperative finanziate dallo Stato). La giurisprudenza sul punto si è dedicata con particolare attenzione all’ipotesi di clausole statutarie istituenti la possibilità di ricorso ad un Collegio di probiviri. Da un lato, la giurisprudenza è estremamente rigorosa nell’esigere il rispetto del requisito pubblicistico dell’imparzialità dell’arbitro:

• “Qualora lo statuto di una cooperativa preveda il deferimento delle controversie tra società e soci ad un collegio di probiviri, affinché sia assicurato il requisito di ordine pubblico della imparzialità della decisione, é necessario che la nomina dei probiviri provenga anche dal socio in lite; ne consegue che, qualora la controversia abbia ad oggetto l'esclusione del socio, non é possibile procedere ad una valida nomina, non potendo il socio escluso partecipare alla relativa assemblea.” (Cassazione civile sez. I, 21 luglio 2000, n. 9565);

• “É nulla per violazione del principio inderogabile secondo cui gli arbitri devono essere designati con il concorso della volontà di entrambi i contraenti la clausola dello statuto di una cooperativa che devolva la risoluzione di determinate controversie fra la società e i soci ad un collegio di probiviri, senza prevedere la necessità di nomina del collegio stesso anche da parte del socio in lite, con la conseguenza della diretta operatività dell'art. 2527, comma 3, c.c., che prevede l'opposizione del socio al tribunale avverso la deliberazione assembleare di esclusione dalla società, senza che rilevi la circostanza che il collegio arbitrale sia stato già costituito al momento della proposizione dell'opposizione.” (Cassazione civile sez. I, 25 marzo 1998, n. 3136);

• “ É nulla per violazione del principio inderogabile secondo cui gli arbitri debbono essere designati con il concorso della volontà di entrambi i contraenti, la clausola dello statuto di una cooperativa che devolva la risoluzione di determinate controversie fra la società ed i soci ad un collegio di probiviri, senza prevedere la necessità di nomina del collegio stesso anche da parte del socio in lite, con la conseguenza della diretta operatività dell'art. 2527, comma 3, c.c., che prevede l'opposizione del socio al tribunale avverso la deliberazione assembleare di esclusione dalla società nel termine di trenta giorni dalla comunicazione della deliberazione stessa, senza che rilevi la data di comunicazione della avvenuta costituzione del collegio arbitrale.” (Cassazione civile sez. I, 5 febbraio 1997, n. 1090).

Per altro verso, la facoltà del socio di ricorrere contro l’esclusione ad un collegio probivirale viene qualificato come rimedio di carattere endosocietario non arbitrale, necessario per la definitiva formazione delle volontà sociale di esclusione:

• “In tema di esclusione del socio da società cooperative ammesse al contributo statale, ove lo statuto accordi all'escluso la facoltà di ricorrere ad un collegio di "probiviri", costituito nell'ambito della società e, come nella specie, composto dai sindaci della cooperativa, tale tutela non ha carattere arbitrale ma endosocietario, con la conseguenza che, una volta esercitata dal socio escluso la facoltà di avvalersi della suindicata

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forma di tutela interna, il procedimento di esclusione si perfeziona solo con la determinazione del collegio previsto dallo statuto, determinazione che, non essendo un lodo arbitrale, non é suscettibile di impugnazione per nullità ex art. 828 c.p.c., ma va impugnata come provvedimento societario di esclusione del socio e perciò, in ipotesi di cooperativa edilizia ammessa al contributo statale, dinanzi alla commissione di vigilanza di cui all'art. 131 r.d. n. 1165 del 1938.” (Cassazione civile sez. un., 7 dicembre 1999, n. 868).

• “In tema di esclusione del socio dalla società cooperativa, nel caso in cui lo statuto accordi all'escluso la facoltà di ricorrere contro la relativa delibera ad un Collegio di probiviri, il termine per adire l'autorità giudiziaria ex art. 2527 c.c. resta sospeso fino alla conclusione del procedimento davanti a quel collegio ed inizia a decorrere solo dalla comunicazione al socio dell'atto conclusivo del procedimento stesso; ed, ove la società abbia illegittimamente rifiutato al socio la tutela endosocietaria, il termine per l'opposizione ex art. 2527 non inizia neppure a decorrere.” (Cassazione civile sez. I, 12 agosto 1997, n. 7529);

• “ In tema di impugnazione della delibera di esclusione del socio di una società cooperativa, la mancata costituzione, da parte dell'assemblea, del collegio dei probiviri, cui la questione avrebbe dovuto essere deferita secondo lo statuto, prima di adire l'autorità giudiziaria, non comporta per il socio escluso lesione del diritto di difesa, attuandosi questo mediante il ricorso alla giurisdizione ordinaria”. (Cassazione civile sez. I, 5 agosto 1994, n. 7308).

8.2. La tutela inerente al rapporto di scambio. Per quel che concerne la tutela spettante al socio in relazione al rapporto di scambio, occorre distinguere fra:

• cooperative fruenti di contributo statale, per cui, come si è detto ripetutamente, dalla prenotazione sino alla stipula del mutuo individuale sussistono solo interessi legittimi attivabili dinanzi alla giustizia amministrativa, previo ricorso solo sino al 1998 alla Commissione di Vigilanza quale rimedio giustiziale amministrativo

• e cooperative libere o comunque non fruenti del contributo statale, per cui sussiste la competenza del giudice ordinario.

In tale ipotesi, fra l’altro, al socio prenotatario compete anche la specifica azione ai sensi dell’art.2932 c.c. per la produzione degli effetti giuridici dell’atto traslativo che la Cooperativa si rifiuti di concludere ingiustificatamente, purchè l’obbligazione di porre in essere l’atto giuridico abbia assunto attualità ed esigibilità e sussistano tutti gli elementi idonei a determinare il contenuto del contratto definitivo:

• “Le società cooperative edilizie cosiddette libere, cioé non fruenti di sovvenzioni pubbliche, operano secondo canoni strettamente privatistici, e, quindi, le prenotazioni dei loro alloggi sono riconducibili nello schema del preliminare di vendita, con gli effetti obbligatori di esso propri.” (Cassazione civile sez. I, 4 aprile 1997, n. 2934);

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• “Se una società cooperativa, di diritto privato, si impegna, con atti idonei anche formalmente, pur se unilaterali o intercorsi con un diverso soggetto (nella specie convenzione con un comune) - essendo ammissibile un preliminare a favore di terzo, anche nel caso in cui alcuni elementi di esso non siano determinanti al momento della sua conclusione, ma siano determinabili successivamente in base a criteri prestabiliti - a trasferire la proprietà di alloggi popolari agli assegnatari di essi, in caso di rifiuto alla stipula del relativo atto é esperibile la domanda di adempimento coattivo ai sensi dell'art. 2932 c.c.” (Cassazione civile sez. II, 9 luglio 1997, n. 6206);

• “ L'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto mediante sentenza che ne produca gli effetti può riguardare non solo l'ipotesi di contratto preliminare (art. 1351 c.c.), ma ogni altra fattispecie dalla quale derivi la stessa obbligazione di prestare il consenso, ne consegue che la domanda di esecuzione specifica, ai sensi dell'art. 2932 c.c., può essere proposta anche nei confronti di una società cooperativa che abbia come oggetto sociale la costruzione di alloggi da assegnare ai soci, di fronte al rifiuto della società di prestarsi, in concorso di tutte le circostanze richieste, all'atto traslativo dell'immobile al socio assegnatario.” (Cassazione civile sez. I, 8 marzo 1995, n. 2697).

8.3. La tutela verso i terzi. La tutela spettante nei riguardi dei terzi può essere esaminata con riguardo a differenti tipi di azione. 8.3.1. Le azioni possessorie. Nei confronti dei terzi estranei (o comunque anche nei riguardi di altri soci della Cooperativa che agiscano uti tertii) all’assegnatario che abbia conseguito il possesso del bene immobile ma non ancora la proprietà (perché in ipotesi di cooperativa finanziata dallo stato non è ancora stato stipulato il mutuo individuale o perché in cooperativa libera non è stato ancora posto in essere il definitivo negozio traslativo) compete la tutela possessoria, e pertanto l’azione di reintegrazione contro lo spoglio violento o clandestino, da chiunque compiuto. Tale azione compete anche nel caso di spoglio subito da parte di soggetti agenti per conto della Cooperativa, come è lecito, tra l’altro, desumere dalla giurisprudenza in tema di competenza del Giudice ordinario per l’azione recuperatoria del bene da parte della Cooperativa nei riguardi dell’assegnatario provvisorio. La spettanza dell’azione di manutenzione ex art.1170 c.c. dipende essenzialmente dalla qualificazione del potere di fatto esercitato dall’assegnatario provvisorio in termini di vero e proprio possesso ovvero di detenzione. Quanto alle cooperative finanziate dallo Stato, la natura di mero godimento del diritto attribuito dalla legge all’assegnatario fa pensare che l’azione di manutenzione non competa all’assegnatario

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provvisorio, configurabile come un detentore, sia pure autonomo, qualificato e nell’interesse proprio. 8.3.2. Le azioni di nunciazione. La qualificazione del potere di fatto dell’assegnatario in termini di possesso o detenzione riverbera inoltre sulla possibilità di esperimento da parte sua della denuncia di nuova opera e di danno temuto, azioni che pacificamente competono al solo possessore (Cass. 31.1.1983 n.848). 8.3.3. L’azione ex art.844 c.c. Non vi è invece dubbio che all’assegnatario provvisorio, pur qualificato come detentore autonomo competa la legittimazione attiva ai sensi dell’art.844 c.c. per agire nei confronti di chi provochi immissioni eccedenti la normale tollerabilità, come conferma la sentenza 11.11.1992 n.11.633, con cui la Cassazione si è decisamente orientata per il riconoscimento della legittimazione attiva in estensione analogica dell’art.844 c.c. anche ai titolari di diritti personali di godimento sul fondo, quali il conduttore e il promissario acquirente nel c.d. “preliminare ad effetti anticipati”, con l’esclusione peraltro della sola possibilità di richiedere modificazioni strutturali dell’immobile da cui provengono le immissioni (Cass.21.12.1994 n.1653; Cass.22.12.1995 n.13.069). In ogni caso la disposizione di cui all’art.7 c.p.c., come modificato dall’art.17 della legge n.374 del 1991, reca decisivo conforto alla tesi della sussistenza della legittimazione attiva anche in capo ai detentori: la norma infatti, che attribuisce al Giudice di pace la competenza per materia in tema di controversie relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili urbani adibiti a civile abitazione in tema di immissioni intollerabili, dimostra evidentemente la teorica ammissibilità della proposizione di tali domande anche da parte dei titolari di meri diritti di godimento di natura personale e non reale. 8.4. La tutela per i vizi e difetti dell’alloggio. Quanto ai vizi e difetti dell’immobile assegnato la giurisprudenza (di merito) si è espressa, tenendo innanzitutto ad escludere che con l’atto di assegnazione non definitivo, non assimilabile alla vendita possa scaturire a vantaggio dell’assegnatario la garanzia ex art.1490 c.c.:

• “Dal rilievo secondo cui l'atto di assegnazione non costituisca un atto contrattuale di trasferimento dalla cooperativa ai soci consegue l'inapplicabilità alle assegnazioni "de quibus" della disciplina codicistica della vendita. Non opera pertanto la garanzia ex art. 1490 c.c. né può farsi valere da parte del soci il diritto di cui all'art. 1494 c.c. nei confronti della cooperativa. Sussiste caso mai una responsabilità per i vizi dell'immobile in capo all'appaltatore e/o agli amministratori per

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inadempienza rispetto agli obblighi derivanti dal mandato ad amministrare”. (Corte appello Firenze, 15 luglio 1999 in Foro toscano 2000, 245)

• “In ipotesi si assegnazione provvisoria di alloggi di cooperativa edilizia, in attesa di quella definitiva in proprietà, l'assegnatario é tutelato nei confronti della cooperativa dalle norme sulla locazione per i vizi riscontrati nell'immobile, in quanto il rapporto che si instaura con l'assegnazione provvisoria rientra nello schema della locazione. “ (Tribunale Taranto, 16 novembre 1994, Gius 1995, 349).

Viene tuttavia ammessa la possibilità di proposizione dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori per mala gestio:

• “Qualora il fabbricato realizzato da una società, cooperativa edilizia presenti difetti e manchevolezze, per fatti ascrivibili all'appaltatore delle relative opere, nonché agli amministratori della società, per la loro inerzia nel non pretendere l'esatta esecuzione del contratto, le somme occorrenti per riparare o completare l'immobile configurano un pregiudizio per il patrimonio della società medesima, fino a che questa mantenga la proprietà del bene. In tale situazione, pertanto, il socio assegnatario, in quanto titolare di un mero diritto personale di godimento su posizione del suddetto fabbricato, non ha azione per il ristoro dell'indicato pregiudizio patrimoniale, ma potrà domandare, nei confronti degli amministratori, ovvero della società (in base al rapporto organico), solo il ristoro del diverso danno che il comportamento doloso o colposo degli amministratori medesimi abbia direttamente provocato nel suo patrimonio con la lesione di quel diritto di godimento. Da tanto consegue che deve negarsi ogni ragione risarcitoria del socio dal momento in cui egli abbia perduto la relativa qualità (nella specie, a seguito di definitiva deliberazione di esclusione).” (Cassazione civile, sez. I, 3 novembre 1983 n. 6469).

Quanto all’assegnazione definitiva, è stata isolatamente affermata la responsabilità della cooperativa ai sensi dell’art.1669 c.c.:

• “La cooperativa edilizia che assegna immobili a titolo definitivo ai propri soci é tenuta a rispondere ai sensi dell'art. 1669 c.c. dei danni conseguenti all'esistenza di gravi vizi e difetti dell'opera realizzata, nel caso in cui la cooperativa medesima, quale centro di interesse autonomo e diverso dalle persone dei singoli soci, rivesta la qualità di committente della costruzione e venditore degli immobili su cui insistono i gravi difetti.” (Tribunale Pescara, 13 settembre 1999 PQM 1999,f. 3, 19).

L’orientamento contrario è peraltro prevalente e ammette la responsabilità ex art.1669 c.c. solo nella specifica e circoscritta ipotesi in cui la cooperativa abbia ridotto l’impresa costruttrice al rango di nudus minister :

• “ Il controllo esercitato dal committente (nella specie, una società cooperativa edilizia), anche mediante il direttore dei lavori, durante la costruzione dell'immobile e con il successivo collaudo, quando non si risolve in una urgenza così penetrante da rendere l'appaltatore un

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"nudus minister" (cosiddetto appalto a regia), rientra nei normali poteri di verifica del committente e non attribuisce, quindi, allo stesso la veste di costruttore e la responsabilità extracontrattuale che l'art. 1669 c.c. pone a carico del costruttore in quanto tale.” (Cassazione civile sez. II, 23 dicembre 1994, n. 11132).

Nel caso di assegnazione definitiva di alloggio affetto da vizi (per effetto dell’atto traslativo per le cooperative non finanziate dallo Stato o per effetto della stipulazione del mutuo individuale per le cooperative finanziate dallo Stato) sembra logico attribuire al socio a cui favore si sia prodotto l’acquisto del diritto reale la garanzia per vizi:

• in via diretta e per effetto del contratto di compravendita formalmente stipulato,

• o in via analogica, per disciplinare il rapporto risultante dall’acquisto a titolo oneroso del bene immobile dalla cooperativa.

É poi frequente nella prassi il caso in cui il singolo socio prenotatario ordini per il proprio specifico alloggio delle varianti specifiche rispetto alla configurazione standard prevista nel progetto ed insorga un contenzioso legato alla non corretta o incompleta esecuzione delle predette varianti. La soluzione è differente a seconda che le varianti siano state oggetto di un accordo autonomo fra il singolo socio e l’impresa costruttrice che si sovrappone al rapporto intercorrente fra impresa e cooperativa, ovvero che la richiesta di varianti sia stata proposta dal socio alla cooperativa, che a sua volta l’abbia girata all’impresa appaltatrice. Nel secondo caso non vi è motivo per discostarsi dalle regole ordinarie sopra esposte. Diversamente per il primo caso in cui la cooperativa è estranea al rapporto ulteriore diretto fra socio e impresa, in cui la relativa garanzia dovrà essere fatta valere dal singolo assegnatario secondo le regole dell’appalto o se del caso, ove si tratti di mera fornitura, della vendita. 9.Procedure concursuali. La giurisprudenza, in caso di liquidazione coatta amministrativa di cooperativa edilizia, riconosce anche al commissario liquidatore, secondo la regola generale, ai sensi degli art. 72 e 201 l. fall., la facoltà di optare per la risoluzione dei rapporti inerenti alla assegnazione di alloggi in favore dei singoli soci, ove non sia ancora avvenuto l'acquisto della proprietà dell'alloggio in capo all'assegnatario (che per le cooperative finanziate dallo Stato, come si è detto ripetutamente, presuppone la stipulazione del mutuo individuale):

• “In ipotesi di liquidazione coatta amministrativa di cooperativa edilizia, al commissario liquidatore deve essere riconosciuta, in applicazione degli art. 72 e 201 l. fall., la facoltà di optare per la risoluzione dei rapporti

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inerenti alla assegnazione di alloggi in favore dei singoli soci, ove non sia ancora avvenuto l'acquisto della proprietà dell'alloggio in capo all'assegnatario. Acquisto che si verifica, ai sensi dell'art. 229 del t.u. n. 1165 del 1938, con la stipulazione del contratto di mutuo individuale, restando in proposito ininfluente che il socio, prima dell'apertura della procedura concorsuale, abbia ricevuto la consegna dell'unità abitativa o che sia avvenuta l'assegnazione della stessa o che siano state pagate quote del mutuo, prima del frazionamento individuale di quest'ultimo.” (Cassazione civile sez. I, 2 giugno 1999, n. 5346);

• “In ipotesi di liquidazione coatta amministrativa di cooperativa edilizia, al commissario liquidatore deve essere riconosciuta, in applicazione degli art. 72 e 201 l. fall., la facoltà di optare per la risoluzione dei rapporti inerenti all'assegnazione di alloggi in favore dei singoli soci, ove non sia stato ancora stipulato l'atto traslativo del diritto di proprietà, mentre resta in proposito ininfluente che il socio, prima dell'apertura della procedura concorsuale, abbia trascritto la domanda proposta, ai sensi dell'art. 2932 c.c., per conseguire tale trasferimento, trattandosi di circostanza rilevante al diverso fine della opponibilità della sentenza che abbia accolto la domanda stessa, per non essere stata esercitata l'indicata scelta.” (Cassazione civile, sez. II, 25 gennaio 1988 n. 580).

Marzo 2002

Umberto SCOTTI

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LA TUTELA DELL’ASSEGNATARIO DI ALLOGGIO DI EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE

Osservazioni su alcune questioni problematiche. SOMMARIO 1. Premessa. 2. I problemi di riparto di giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo. 2.1. Il principio generale in tema di riparto. 2.2. La posizione dell’aspirante. 2.3. L’annullamento dell’assegnazione. 2.4. La revoca dell’assegnazione. 2.5. La decadenza dall’assegnazione. 2.6 La domanda di rilascio nei confronti dell’occupante. 2.7. Le controversie sul canone. 2.8. Le controversie sulla cessione e sul prezzo di acquisto. 2.9. Le controversie fra privati relative ad alloggio popolare. 2.10. Il d.lgs.n.80 del 1998 e la legge n.205 del 2000. 3. La disciplina della successione nei diritti dell’assegnatario in caso di morte, 3.1. Successione nei diritti dell’assegnatario in locazione semplice dell’alloggio. 3.2. Successione nei diritti dell’assegnatario dell’alloggio a riscatto. 4. La cessione in proprietà. 4.1. Disciplina generale. 4.2. La quota di riserva. 4.3. La giurisprudenza in tema di quota di riserva. 4.4.Spartiacque fra la normativa anteriore e posteriore al 1977. 4.5.Momento di passaggio del diritto di proprietà. 4.6.Restrizione del diritto di riscatto ai soli immobili abitativi. 4.7 Ammissibilità dell’azione ex art.2932 c.c. 4.8. Il diritto al risarcimento danno 5. La tutela dell’assegnatario verso i terzi. 5.1. I casi di sussistenza di un rapporto locatizio. 5.1.1. Le azioni possessorie. 5.1.2. Le azioni di nunciazione. 5.1.3. L’azione ex art.844 c.c. 5.1.4. L’azione ex art.1585 c.c. 5.2. Insussistenza del rapporto locatizio. 6. La tutela per i vizi e difetti dell’alloggio.

1. Premessa. L’oggetto della presente relazione è dedicato alla tutela giurisdizionale delle situazioni soggettive dell’assegnatario di alloggio di edilizia economica e popolare, sia con riferimento all’assegnazione in locazione sia con riferimento all’assegnazione con patto di riscatto. L’esigenza di circoscrivere la vastità dell’argomento, oltretutto abbinato nella trattazione a quello relativo alla tutela dell’assegnatario di alloggio di cooperativa edilizia, ha consigliato di evitare una trattazione sistematica e generale dell’istituto, La cui conoscenza viene data per presupposta, per

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poter così focalizzare l’attenzione su alcuni nodi problematici di particolare attualità che verranno affrontati con specifica attenzione alla giurisprudenza di legittimità, sul punto invero particolarmente copiosa. Le questioni di maggior rilievo sono state individuate:

• nella regola di riparto di giurisdizione fra il Giudice ordinario e il Giudice amministrativo,

• nella disciplina della successione nei diritti dell’assegnatario in caso di morte,

• nelle problematiche relative al diritto di riscatto in proprietà dell’alloggio (con particolare riguardo alla successione temporale di diversi regimi);

• nella tutela competente all’assegnatario nei confronti dei terzi. 2. I problemi di riparto di giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo. 2.1. Il principio generale in tema di riparto. Ai fini della determinazione della giurisdizione nelle controversie concernenti gli alloggi di edilizia economica e popolare il criterio tradizionale e generale di orientamento poteva essere così sintetizzato, almeno sino ai dubbi che i recenti interventi normativi in tema di riparto di giurisdizione possono aver contribuito ad alimentare (cfr § 2.10):

• sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo quando si controverta dell'annullamento dell'assegnazione per vizi incidenti sulla fase, strumentale all'assegnazione, del procedimento amministrativo, caratterizzata dall'assenza di diritti soggettivi in capo all'aspirante e dalla configurabilità di meri interessi legittimi,

• non può in contrario argomentarsi né in relazione alla natura privatistica del rapporto, perché lo stesso viene meno a causa dell’annullamento, né in relazione al disposto dell'art. 11 d.P.R. n. 1035 del 1972, norma rimasta in vigore fino all'emanazione della l.reg. in materia e prevedente la competenza pretorile limitatamente all'opposizione avverso il provvedimento di decadenza emesso a causa della mancata occupazione dell'alloggio entro il termine fissato;

• sussiste invece la giurisdizione del giudice ordinario quando siano in discussione cause sopravvenute di estinzione o risoluzione del rapporto locatizio, sottratte al discrezionale apprezzamento dell'amministrazione.

Sul punto, tra l’altro, si era pronunciata la Corte Costituzionale con la sentenza n.100 del 12.7.1979 ritenendo in linea di principio costituzionalmente legittima l’attribuzione sia al giudice ordinario sia al

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giudice amministrativo delle controversie in tema di annullamento, revoca o rilascio degli alloggi di edilizia economica e popolare. In tema di riparto di giurisdizione vale la pena di richiamare le seguenti emblematiche pronunce:

• “In tema di riparto di giurisdizione sulle controversie concernenti gli alloggi di edilizia economica e popolare, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo quando si controverta dell'annullamento dell'assegnazione per vizi incidenti sulla fase del procedimento amministrativo, fase strumentale all'assegnazione medesima e caratterizzata dall'assenza di diritti soggettivi in capo all'aspirante al provvedimento, senza che possa in contrario argomentarsi né in relazione alla natura privatistica del rapporto, atteso che il rapporto medesimo viene meno a causa del suddetto annullamento, né in relazione al disposto dell'art. 11 d.P.R. n. 1035 del 1972, norma rimasta in vigore fino all'emanazione della l.reg. in materia e prevedente la competenza pretorile limitatamente all'opposizione avverso il provvedimento di decadenza emesso a causa della mancata occupazione dell'alloggio entro il termine fissato; sussiste invece la giurisdizione del giudice ordinario quando siano in discussione cause sopravvenute di estinzione o risoluzione del rapporto locatizio, sottratte al discrezionale apprezzamento dell'amministrazione. (Fattispecie relativa ad annullamento dell'assegnazione per vizio incidente sulla fase procedimentale amministrativa, avendo in detta fase l'aspirante taciuto di essere proprietario di altro appartamento locato a terzi).” (Cassazione civile sez. un., 18 dicembre 1998, n. 12703);

• “In materia di edilizia residenziale pubblica, dal provvedimento di assegnazione dell'alloggio scaturisce un normale rapporto di locazione e dunque le controversie relative alla revoca della assegnazione ed alla decadenza da essa appartengono alla giurisdizione ordinaria trattandosi di misure che incidono su diritti soggettivi.” (Cassazione civile sez. I, 24 luglio 1997, n. 6923);

• “Il rapporto che si costituisce tra gli IACP e gli assegnatari degli alloggi economici e popolari si compone di una fase pubblicistica, caratterizzata da posizioni d'interesse legittimo a favore dell'aspirante all'assegnazione e di una fase privatistica, che s'instaura con la convenzione di locazione, caratterizzata da posizioni di diritto soggettivo perfetto e da obbligazioni a carico di entrambi i contraenti. Pertanto, la controversia nella quale l'assegnatario chieda la condanna dell'Istituto all'esecuzione di lavori di manutenzione dell'alloggio locatogli rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, investendo il rapporto locativo (non quello pubblicistico di assegnazione, al pari delle pretese che trovano fondamento nel diritto soggettivo dei locatori alla cessione in proprietà degli alloggi (nella specie, domanda di pagamento del costo dei lavori di manutenzione ovvero della somma corrispondente all'incidenza del degrado dell'immobile sul valore commerciale dello stesso, alternativamente proposta dall'assegnatario all'indicata richiesta di condanna all'esecuzione dei lavori).” (Cassazione civile sez. un., 24 marzo 1995, n. 3444);

• “Le controversie relative alla dichiarazione di decadenza, o di revoca, dell'assegnazione di alloggio di edilizia economica e popolare, pronunziata a norma dell'art. 17 d.P.R. n. 1035 del 1972, appartengono alla giurisdizione ordinaria, vertendo su situazioni di diritto soggettivo, quali quelle che si costituiscono per effetto dell'assegnazione stessa, a differenza di quelle

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preesistenti a tale provvedimento e relative al procedimento che regola il concorso, le quali hanno, invece, consistenza di interessi legittimi e sono tutelabili davanti al giudice amministrativo.” (Cassazione civile sez. un., 14 giugno 1994, n. 5778);

• “In tema di riparto di giurisdizione sulle controversie concernenti alloggi di edilizia economica e popolare, sussiste la competenza del giudice amministrativo, ove venga in discussione il disposto annullamento dell'assegnazione (a causa di vizi incidenti sulla fase del procedimento amministrativo strumentale all'assegnazione stessa e caratterizzata dall'assenza di diritti soggettivi dell'aspirante al provvedimento) senza che possa contrariamente argomentarsi, né dalla natura privatistica del rapporto locatizio che viene meno a causa del detto annullamento, né dal disposto dell'art. 11, comma 13, del d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035 (rimasto in vigore fino all'emanazione della normativa regionale in materia), istitutivo della competenza pretorile limitatamente all'opposizione avverso il provvedimento di decadenza emesso dal presidente dell'I.A.C.P. per mancata occupazione dell'alloggio entro il termine prefissato; mentre sussiste la giurisdizione ordinaria, ove siano in discussione cause sopravvenute di estinzione o risoluzione direttamente inerenti allo stesso rapporto locatizio e sottratte al discrezionale apprezzamento dell'amministrazione, come nel caso di decadenza pronunciata dal sindaco, ai sensi degli art. 40 e 41 della l. reg. del Veneto 20 marzo 1990, n. 19 (abrogativa della precedente l. reg. 12 dicembre 1984, n. 60, per accertata proprietà, da parte dell'assegnatario - conduttore, di altro alloggio.” (Cassazione civile sez. un., 3 novembre 1993, n. 10829).

2.2. La posizione dell’aspirante. Dalle esposte premesse consegue con linearità che la situazione giuridica dell’aspirante rispetto all’assegnazione di alloggio di edilizia economica e popolare si configura in termini di interesse legittimo tutelabile dinanzi al Giudice amministrativo per i vizi tipici di legittimità dell’atto:

• “In tema di assegnazione di alloggi per i lavoratori agricoli, realizzati dall'Iacp, ai sensi dell'art. 4 l. 30 dicembre 1960 n. 1676 (recante "Norme per la costruzione di abitazioni per i lavoratori agricoli") l'utile collocazione nella graduatoria degli assegnatari non rappresenta la fase finale del procedimento di assegnazione, per il cui perfezionamento é necessario il decreto di assegnazione dell'alloggio emesso dal Presidente dell'Istituto e contenente la fissazione del giorno e del luogo per la scelta dell'abitazione e per la stipula del contratto. Sino all'emissione di tale decreto, non sono quindi configurabili in favore dell'aspirante all'assegnazione posizioni di diritto soggettivo, con conseguente difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria a conoscere della domanda di risarcimento del danno per la mancata immissione in possesso dell'alloggio.”(Cassazione civile sez. un., 2 aprile 1996, n. 3030);

• “Le controversie relative alla dichiarazione di decadenza, o di revoca, dell'assegnazione di alloggio di edilizia economica e popolare, pronunziata a norma dell'art. 17 d.P.R. n. 1035 del 1972, appartengono alla giurisdizione ordinaria, vertendo su situazioni di diritto soggettivo, quali quelle che si costituiscono per effetto dell'assegnazione stessa, a differenza di quelle preesistenti a tale provvedimento e relative al procedimento che regola il

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concorso, le quali hanno, invece, consistenza di interessi legittimi e sono tutelabili davanti al giudice amministrativo.” (Cassazione civile sez. un., 14 giugno 1994, n. 5778);

• “Qualora l'aspirante all'assegnazione di un alloggio dell'edilizia residenziale pubblica, al fine di conseguire tale assegnazione, denunci la mancata adozione di provvedimento di decadenza, in danno dell'assegnatario del medesimo bene resosi inosservante al divieto di cederlo a terzi, deve essere affermata la giurisdizione del giudice amministrativo, considerando che la suddetta domanda, investendo poteri discrezionali della pubblica amministrazione, si collega a posizioni di mero interesse legittimo.” (Cassazione civile sez. un., 9 aprile 1991 n. 3728);

• “La domanda dell'occupante senza titolo di un alloggio dell'edilizia economica e popolare che, lamentando il ritardo da parte dell'istituto nella regolarizzazione dell'originaria occupazione come rapporto di assegnazione e nel conseguente inoltro della domanda di riscatto a norma dell'art. 23 del d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035, pretenda di essere risarcito del danno subito per aver dovuto sottostare alle più onerose condizioni poste, per il trasferimento dell'alloggio, dalla sopravvenuta l. 5 agosto 1978 n. 457, é devoluta alla cognizione del giudice amministrativo, investendo una situazione giuridica soggettiva avente la consistenza dell'interesse legittimo.” (Cassazione civile sez. un., 29 gennaio 1993, n. 1153).

2.3. L’annullamento dell’assegnazione. Le considerazioni sopraesposte conducono a individuare la giurisdizione amministrativa per le controversie inerenti l’annullamento dell’assegnazione:

• “In tema di riparto di giurisdizione sulle controversie concernenti gli alloggi di edilizia economica e popolare, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo quando si controverta dell'annullamento dell'assegnazione per vizi incidenti sulla fase del procedimento amministrativo, fase strumentale all'assegnazione medesima e caratterizzata dall'assenza di diritti soggettivi in capo all'aspirante al provvedimento, senza che possa in contrario argomentarsi né in relazione alla natura privatistica del rapporto, atteso che il rapporto medesimo viene meno a causa del suddetto annullamento, né in relazione al disposto dell'art. 11 d.P.R. n. 1035 del 1972, norma rimasta in vigore fino all'emanazione della l.reg. in materia e prevedente la competenza pretorile limitatamente all'opposizione avverso il provvedimento di decadenza emesso a causa della mancata occupazione dell'alloggio entro il termine fissato; sussiste invece la giurisdizione del giudice ordinario quando siano in discussione cause sopravvenute di estinzione o risoluzione del rapporto locatizio, sottratte al discrezionale apprezzamento dell'amministrazione. (Fattispecie relativa ad annullamento dell'assegnazione per vizio incidente sulla fase procedimentale amministrativa, avendo in detta fase l'aspirante taciuto di essere proprietario di altro appartamento locato a terzi).” (Cassazione civile sez. un., 18 dicembre 1998, n. 12703);

• “In tema di riparto di giurisdizione sulle controversie concernenti alloggi di edilizia economica e popolare, sussiste la competenza del giudice amministrativo, ove venga in discussione il disposto annullamento dell'assegnazione (a causa di vizi incidenti sulla fase del procedimento amministrativo strumentale all'assegnazione stessa e caratterizzata

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dall'assenza di diritti soggettivi dell'aspirante al provvedimento) senza che possa contrariamente argomentarsi, né dalla natura privatistica del rapporto locatizio che viene meno a causa del detto annullamento, né dal disposto dell'art. 11, comma 13, del d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035 (rimasto in vigore fino all'emanazione della normativa regionale in materia), istitutivo della competenza pretorile limitatamente all'opposizione avverso il provvedimento di decadenza emesso dal presidente dell'I.A.C.P. per mancata occupazione dell'alloggio entro il termine prefissato; mentre sussiste la giurisdizione ordinaria, ove siano in discussione cause sopravvenute di estinzione o risoluzione direttamente inerenti allo stesso rapporto locatizio e sottratte al discrezionale apprezzamento dell'amministrazione, come nel caso di decadenza pronunciata dal sindaco, ai sensi degli art. 40 e 41 della l. reg. del Veneto 20 marzo 1990, n. 19 (abrogativa della precedente l. reg. 12 dicembre 1984, n. 60, per accertata proprietà, da parte dell'assegnatario - conduttore, di altro alloggio.” (Cassazione civile sez. un., 3 novembre 1993, n. 10829);

• “Il provvedimento col quale il sindaco annulla, ai sensi dell'art. 16 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035 l'assegnazione di un alloggio comunale a cagione di vizi esistenti al momento dell'assegnazione stessa o, comunque, allora non considerati, é atto di esercizio del potere di autotutela della pubblica amministrazione con effetti ex tunc e differisce dal provvedimento di decadenza - suscettibile di opposizione al pretore, ai sensi dell'art. 11 del medesimo decreto e presupponente, in presenza di una valida assegnazione, la mancata assoluzione, da parte dell'assegnatario, dell'onere di occupare, stabilmente l'alloggio entro il termine di legge -, così da essere impugnabile esclusivamente davanti al giudice amministrativo, senza che rilevi in contrario la già avvenuta stipulazione del contratto di locazione, la quale non esclude che la posizione dell'assegnatario, di fronte all'esercizio del suddetto potere, rimanga di interesse legittimo.” (Cassazione civile sez. un., 26 febbraio 1993, n. 2413).

2.4. La revoca dell’assegnazione. Nel caso di revoca dell’assegnazione disposta per fatti sopravvenuti, come la mancata occupazione dell’alloggio, o la cessione dell’alloggio a terzi, ovvero la sopravvenuta carenza dei requisiti, non si dubita della giurisdizione del Giudice ordinario, poiché la contestazione rivolta all’assegnatario riguarda fatti estintivi o risolutivi del rapporto privatistico di locazione, di modo che la domanda si collega con posizioni di diritto soggettivo discendenti da tale rapporto:

• “ Nel caso di revoca dell'assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica, disposta in relazione all'asserito venir meno di uno dei requisiti di cui all'art. 2, d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035 (mancata occupazione dell'alloggio) l'opposizione dell'assegnatario é devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, posto che la revoca non afferisce al rapporto pubblicistico, ma é rivolto a far valere fatti estintivi o risolutivi del rapporto privatistico di locazione, di modo che la domanda si collega con posizioni di diritto soggettivo discendenti da tale rapporto.” (Cassazione civile sez. un., 18 dicembre 1997, n. 12829);

• “Nel caso di revoca dell'assegnazione di alloggio dell'edilizia residenziale pubblica, disposta in relazione al sopravvenuto venir meno del requisito di cui

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all'art. 2 lett. c) d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035 (mancanza della proprietà di altro alloggio), l'opposizione dell'assegnatario é devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, considerato che quell'atto non é inerente al rapporto pubblicistico di assegnazione, ma é rivolto a far valere fatti caducativi del rapporto privatistico di locazione, di modo che la suddetta domanda si collega alle posizioni di diritto soggettivo discendenti da tale secondo rapporto.” (Cassazione civile sez. un., 2 giugno 1997, n. 4908);

• “Con riguardo all'opposizione proposta contro il provvedimento di revoca dell'assegnazione di alloggio di edilizia economica e popolare, il riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo soggiace alle comuni regole correlate alla natura delle posizioni fatte valere in giudizio, non potendosi applicare analogicamente la disposizione, di tipo eccezionale, dettata dall'art. 11, comma 13, d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035 con riferimento all'ipotesi di provvedimento di decadenza. Pertanto, anche con riguardo alla dichiarazione di ''decadenzà' emessa dal sindaco ai sensi dell'art. 21 della legge reg. Piemonte n. 64 del 1984, ove detta revoca non configuri atto discrezionale (inerente al solo rapporto pubblicistico di assegnazione), ma si ricolleghi alle successive vicende del rapporto privatistico di godimento dell'immobile - come quando la revoca stessa sia motivata dall'abbandono dell'alloggio già occupato e dal trasferimento altrove dell'assegnatario - deve essere affermata la giurisdizione del giudice ordinario, vertendosi in tema di tutela di diritti soggettivi e non di interessi legittimi.” (Cassazione civile sez. un., 3 febbraio 1997, n. 999):

• “Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario sulla opposizione al provvedimento di revoca dell'assegnazione di alloggio di edilizia economica e popolare, allorché questo si ricolleghi alle vicende del rapporto privatistico di godimento dell'immobile, successive al rapporto pubblicistico di assegnazione”. (Cassazione civile sez. un., 27 novembre 1995, n. 12242);

• “Nel caso di revoca dell'assegnazione di alloggio dell'edilizia residenziale pubblica, disposta in relazione al sopravvenuto venir meno del requisito di cui all'art. 2 lett. c) del d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035 (mancanza della proprietà di altro alloggio), l'opposizione dell'assegnatario é devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, considerato che quell'atto non é inerente al rapporto pubblicistico di assegnazione, ma é rivolto a far valere fatti caducativi del rapporto privatistico di locazione, di modo che la suddetta domanda si collega alle posizioni di diritto soggettivo discendenti da tale secondo rapporto.” (Cassazione civile sez. un., 29 luglio 1995, n. 8297);

• “In tema di assegnazione di alloggi economici e popolari, la controversia sulla legittimità della revoca dell'assegnazione per cessione dell'alloggio a terzi senza autorizzazione (art. 17, comma 1 lett. "a" del d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035) riguarda una vicenda che non attiene al rapporto pubblicistico di assegnazione, ma che si inserisce nel successivo rapporto locativo coinvolgendo una posizione di diritto soggettivo e, quindi, appartiene, alla stregua delle comuni regole di riparto della giurisdizione, alla cognizione del giudice ordinario.”(Cassazione civile sez. un., 17 novembre 1994, n. 9749);

• “In tema di assegnazione di alloggi economici e popolari, la controversia - fra privati - sulla legittimità della revoca dell'assegnazione, ex art. 17, comma 1, lettera a) del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, per cessione dell'alloggio a terzi, riguarda una vicenda che non attiene al rapporto pubblicistico di assegnazione, ma si esaurisce nel successivo rapporto locativo, coinvolgendo posizioni di diritto soggettivo, la cui cognizione

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appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario.” (Cassazione civile sez. un., 27 aprile 1993, n. 4913);

• “In tema di assegnazione di alloggi economici e popolari, la controversia sulla legittimità della revoca dell'assegnazione per cessione dell'alloggio a terzi (art. 17 comma 1 lett. a) del d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035) riguarda una vicenda che non attiene al rapporto pubblicistico di assegnazione, ma che si inserisce nel successivo rapporto locativo, coinvolgendo una posizione di diritto soggettivo, e, quindi, appartiene, alla stregua delle comuni regole di riparto della giurisdizione, alla cognizione del giudice ordinario.” (Cassazione civile sez. un., 22 gennaio 1991 n. 556);

• “Nel caso di revoca dell'assegnazione di alloggio dell'edilizia residenziale pubblica, disposta in relazione al sopravvenuto venir meno del requisito di cui all'art. 2 lett. c) del d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035 (difetto della proprietà di altro alloggio), l'opposizione dell'assegnatario é devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, considerato che quell'atto non é inerente al rapporto pubblicistico di assegnazione, ma é rivolto a far valere fatti caducativi del rapporto privatistico di locazione, di modo che la suddetta domanda si collega alle posizioni di diritto soggettivo discendenti da tale secondo rapporto.” (Cassazione civile sez. un., 10 gennaio 1991 n. 159).

2.5. La decadenza dall’assegnazione. Analoga è l’impostazione giurisprudenziale delle ipotesi di decadenza:

• “In materia di assegnazione di alloggi dell'edilizia residenziale pubblica, la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 20, comma 8, l. reg. Sardegna 6 aprile 1989 n. 13 (Corte cost. n. 76 del 1995), che, mediante rinvio all'art. 11 del d.P.R. n. 1035 del 1972, ha previsto il ricorso al pretore nei confronti del provvedimento del sindaco di annullamento dell'assegnazione di un alloggio, non preclude l'operatività del citato art. 11 in riferimento alle impugnazioni dei decreti dichiarativi della decadenza dall'assegnazione per la violazione dell'obbligo di occupare stabilmente l'alloggio entro trenta giorni dalla consegna, per cui detta disposizione prevede espressamente il ricorso al pretore (organo che deve intendersi sostituito dal giudice unico di primo grado a seguito dell'entrata in vigore del d.lg. n. 51 del 1998), e, quindi, la giurisdizione del giudice ordinario, dovendosi in particolare escludere che sul riparto della giurisdizione effettuato, quanto allo specifico tipo di provvedimenti, dall'art. 11 suindicato (non suscettibile di applicazione analogica) incidano l'art. 95 del d.P.R. n. 616 del 1977 e l'art. 55 della l. n. 457 del 1978, con cui sono state conferite ai comuni le funzioni amministrative concernenti l'assegnazione degli alloggi. La domanda proposta contro il decreto dichiarativo della decadenza dell'assegnazione di alloggio economico e popolare, per violazione dell'obbligo di occupare stabilmente l'alloggio entro trenta giorni dalla consegna dello stesso, rientra nella giurisdizione dell'Ago ai sensi dell'Ago ai sensi dell'art. 11 comma 13 d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035, rimanendo disciplinata secondo le regole comuni di riparto della giurisdizione, senza possibilità di applicazione analogica di tale disposizione, ogni altra ipotesi diversa da quella contemplata espressamente dallo stesso art. 11. “ (Cassazione civile sez. un., 22 dicembre 1999, n. 927);

• “É competente il giudice ordinario a decidere sulle controversie tra assegnatario ed ente gestore di alloggi di edilizia economica e popolare

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avente ad oggetto il provvedimento di decadenza di alloggio.” (Cassazione civile sez. I, 9 ottobre 1996, n. 8830);

• “In tema di edilizia economica e popolare, l'attribuzione ai Comuni delle funzioni amministrative concernenti l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica secondo il disposto dell'art. 95 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 e 55 l. 5 agosto 1978 n. 457, comportante anche la competenza ad adottare i provvedimenti di annullamento, decadenza o revoca dell'assegnazione, non modifica il riparto della giurisdizione in materia, come disposto dall'art. 11 d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035, che prevede il ricorso al pretore nel caso di declaratoria di decadenza dell'assegnazione per mancata tempestiva occupazione dell'alloggio” (Cassazione civile sez. un., 7 luglio 1995, n. 7493);

• “Ai sensi sia dell'art. 27 del d.P.R. 9 aprile 1956, 1265, che dell'art. 11 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035 é fatto divieto agli assegnatari di alloggi dell'edilizia residenziale pubblica di cedere in sublocazione gli alloggi stessi senza le preventive autorizzazioni dell'ente concedente, legittimato a esprimere le relative violazioni, ex art. 26 della l. 8 agosto 1977, n. 513, con provvedimento di decadenza dall'assegnazione - rispetto al quale é data all'interessato tutela davanti al giudice ordinario, trattandosi di una sanzione di diritto pubblico che costituisce oggetto di un potere - dovere dell'ente stesso, incidente sul diritto soggettivo di godimento dell'alloggio sorto a seguito della stipulazione del contratto di locazione con l'assegnatario -, senza che rilevi in contrario l'avvenuta presentazione, da parte di quest'ultimo, di domanda di trasferimento in proprietà, ancorché da ritenere accettata ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 58 della l. 5 agosto 1978, n. 457, atteso che tale accettazione non preclude alla pubblica amministrazione, nell'esercizio dei poteri ad essa spettanti, una dichiarazione di decadenza per sopravvenuto accertamento di comportamenti anteriori, impedita, invece, soltanto dall'atto di trasferimento della proprietà dell'alloggio, che definitivamente sottrae il bene al patrimonio dell'ente ed all'esercizio di quei poteri di tutela.”(Cassazione civile sez. un., 26 aprile 1993, n. 4903);

• “ Le controversie relative alla dichiarazione di decadenza dall'assegnazione di alloggio di edilizia economica e popolare, pronunziata ai sensi dell'art. 17 del d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035 - che trova applicazione anche nell'ambito della regione Liguria, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale (sentenza Corte cost. n. 594 del 1990) dell'art. 46, comma 7 della l. reg. 28 febbraio 1983 n. 6 -, appartengono alla giurisdizione ordinaria vertendo su situazioni di diritto soggettivo quali sono quelle che si costituiscono per effetto dell'assegnazione stessa, a differenza delle altre preesistenti a tale provvedimento e relative al procedimento che regola il concorso, le quali hanno, invece, consistenza di interessi legittimi e sono tutelabili davanti al giudice amministrativo.” (Cassazione civile sez. un., 5 novembre 1992 n. 12005);

• “Con riguardo alla decadenza dall'assegnazione in locazione di alloggio dell'edilizia residenziale pubblica, che venga disposta, ai sensi dell'art. 38 della l. reg. Toscana 14 dicembre 1983 n. 78, in ragione della cessione a terzi dell'uso dell'immobile, l'opposizione dell'assegnatario rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, pur non potendo trovare diretta applicazione l'art. 11 del d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035 (che contempla la cognizione del giudice ordinario in relazione a cause di decadenza non coincidenti con quelle previste dalla norma regionale), considerato che la

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relativa domanda investe il rapporto locativo ed i diritti con esso costituiti, non il rapporto pubblicistico di assegnazione.” (Cassazione civile sez. un., 26 febbraio 1992 n. 2381).

2.6 La domanda di rilascio nei confronti dell’occupante. La controversia avente ad oggetto la pretesa di rilascio dell’alloggio nei confronti dell’occupante senza titolo, tanto che l’Istituto si sia avvalso dello strumento del decreto di cui all’art.18 d.p.r. 1035 del 1972, con la conseguente opposizione dell’interessato, quanto che sia stata proposta nelle forme ordinarie, è sempre stata considerata di pertinenza del Giudice ordinario:

• “L'opposizione dinanzi al pretore, ai sensi dell'art. 11 d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035, all'ordine di rilascio di alloggio di edilizia popolare, adottato dall'ente proprietario nei confronti di chi assuma occuparlo senza titolo, proposta dall'intimato chiedendo in via riconvenzionale di conservare il godimento di detto alloggio, essendo in possesso dei requisiti di legge (nella specie coniuge convivente con l'assegnatario, a questi superstite, e rientrante nei limiti di reddito) appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario perché tale domanda non incide sul procedimento pubblicistico di assegnazione, ma mira a contrapporre all'atto amministrativo di autotutela una posizione di diritto soggettivo, attinente al rapporto locativo costituitosi a seguito dell'originaria assegnazione, da esaminare nel merito.” (Cassazione civile sez. un., 23 febbraio 2001, n. 65);

• “In tema di edilizia residenziale pubblica, e con riguardo al provvedimento di rilascio dell'alloggio che l'ente proprietario assuma occupato senza titolo, l'opposizione dell'intimato é soggetta, quanto alla giurisdizione, alle comuni regole di riparto, alla stregua della natura sostanziale della posizione fatta valere in giudizio. Pertanto, ove l'opponente alleghi il proprio diritto soggettivo al godimento del bene per effetto del subingresso nel rapporto locativo al precedente assegnatario (nella specie per esserne nipote, discendente diretto, convivente al momento del decesso), deve essere affermata la giurisdizione del giudice ordinario in quanto la domanda non incide sul procedimento pubblicistico di assegnazione, ma mira a contrapporre all'atto amministrativo di autotutela una posizione di diritto soggettivo di cui occorre soltanto riscontrare la fondatezza nel merito.” (Cassazione civile sez. un., 23 febbraio 2001, n. 67);

• “Sussiste la giurisdizione dell'Ago sulla domanda di rilascio di un alloggio di edilizia economica e popolare, oggetto di un rapporto locatizio, per mancato possesso, da parte dell'erede convivente con l'originario conduttore, dei requisiti di legge per subentrare nel rapporto stesso.” (Cassazione civile sez. un., 22 dicembre 1999, n. 932);

• “In tema di edilizia residenziale pubblica, e con riguardo al provvedimento di rilascio dell'alloggio che l'ente proprietario assuma occupato senza titolo, l'opposizione dell'intimato é soggetta, quanto alla giurisdizione, alle comuni regole di riparto, alla stregua della natura sostanziale della posizione fatta valere in giudizio. Pertanto, ove l'opponente alleghi il proprio diritto soggettivo al godimento del bene per effetto del subingresso nel rapporto locativo, quale erede del precedente assegnatario (nella specie, per esserne figlia legittima convivente al momento del

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decesso), deve essere affermata la giurisdizione del giudice ordinario.” (Cassazione civile sez. un., 10 febbraio 1996, n. 1029);

• “Nell'ipotesi in cui venga intimato il rilascio di un alloggio economico e popolare e l'occupante reagisca contro l'intimazione, per conservare il godimento del bene, la relativa controversia spetta alla cognizione del giudice ordinario, in quanto la domanda afferente ad una situazione estranea ad un procedimento pubblicistico di assegnazione, fa valere una posizione di diritto soggettivo per resistere all'atto di autotutela della pubblica amministrazione.” (Cassazione civile sez. un., 6 giugno 1994, n. 5494);

• “Appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario l'opposizione all'ordinanza di rilascio, emessa dall'ente proprietario di alloggio a norma delle vigenti disposizioni in materia di edilizia residenziale pubblica, allorché a suo fondamento si deduca una situazione configurabile come un diritto soggettivo perfetto, senza che rilevi in contrario non essere l'opponente identificabile con l'originario assegnatario dell'immobile, ma soggetto diverso a questi succeduto nel godimento dell'alloggio in forza di specifiche disposizioni di legge. (Nella specie l'art. 18 della l. reg. Toscana 14 dicembre 1983 n. 78) che attribuiscano un diritto siffatto ed escludano discrezionali valutazioni dell'ente al riguardo.” (Cassazione civile sez. un., 16 novembre 1992 n. 12250).

L’opposizione dell’occupante può invece essere attribuita al Giudice amministrativo a seconda dell’impostazione impressa alla sua difesa, alla stregua dei principi generali e non essendo applicabile alla fattispecie il disposto del 13° comma dell’art.11 del d.p.r. 1035 del 1972:

• “In tema di edilizia residenziale pubblica, l'azione proposta contro l'ordine di rilascio dell'immobile per occupazione senza titolo, reso dal presidente dell'Istituto autonomo case popolari ai sensi dell'art. 18 d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035, spetta alla cognizione del giudice ordinario, in applicazione delle regole generali sul riparto della giurisdizione e non del disposto dell'art. 11, comma 13, dello stesso decreto (riguardante esclusivamente il caso dell'opposizione avverso il decreto di decadenza dall'assegnazione), qualora l'occupante, contestando il diritto al rilascio azionato dall'Istituto, faccia valere un proprio diritto soggettivo a mantenere il godimento dell'alloggio, mentre é devoluta al giudice amministrativo se l'occupante medesimo invochi un pregresso provvedimento di assegnazione, poiché in tali ultime ipotesi (come in quelle delle opposizioni avverso la revoca o l'annullamento dell'assegnazione), la domanda si ricollega a posizioni di interesse legittimo, in relazione ai poteri discrezionali dell'Amministrazione. “ (Cassazione civile sez. un., 7 novembre 2000, n. 1155).

• “In tema di edilizia residenziale pubblica, l'azione proposta contro l'ordine di rilascio dell'immobile per occupazione senza titolo, reso dal presidente dell'istituto autonomo case popolari ai sensi dell'art. 18 d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035, spetta alla cognizione del giudice ordinario, in applicazione delle regole generali sul riparto della giurisdizione e non del disposto dell'art. 11, comma 13, dello stesso decreto (riguardante esclusivamente il caso dell'opposizione avverso il decreto di decadenza dall'assegnazione), qualora l'occupante, contestando il diritto al rilascio azionato dall'Istituto, faccia valere un proprio diritto soggettivo a mantenere il godimento dell'alloggio (nella specie, ai sensi della l. reg. sic. 5 febbraio 1992 n. 1), mentre é devoluta al giudice amministrativo se l'occupante medesimo

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invochi un pregresso provvedimento di assegnazione, ovvero la sussistenza dei presupposti di legge per l'assegnazione, poiché in tali ultime ipotesi (come in quelle delle opposizioni avverso la revoca o l'annullamento dell'assegnazione), la domanda si ricollega a posizioni di interesse legittimo, in relazione ai poteri discrezionali dell'amministrazione.” (Cassazione civile sez. un., 24 gennaio 1995, n. 821).

• “In tema di edilizia economica e popolare, qualora l'amministrazione, anziché avvalersi, a norma dell'art. 18 del d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035, del potere di emettere ordine di rilascio di alloggio detenuto senza titolo, a seguito della cessazione del rapporto locatizio instauratosi dopo il provvedimento di assegnazione, esperisca azione giudiziaria per conseguire il rilascio medesimo, la relativa controversia, ancorché implichi l'accertamento della successione o meno del detentore convenuto nella posizione di conduttore (nella specie, nella dedotta qualità di erede convivente dell'assegnatario defunto), spetta alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto investe posizioni di diritto soggettivo attinenti al suddetto rapporto di locazione, di natura privatistica.” (Cassazione civile, sez. un., 8 ottobre 1985 n. 4855).

2.7. Le controversie sul canone. Le controversie relative alla determinazione del canone locativo sono state ritenute inerenti a diritti soggettivi e così devolute al Giudice ordinario, secondo lo speciale rito:

• “La controversia tra l'I.A.C.P. e l'assegnatario di alloggio circa l'adeguamento del canone di locazione é devoluta al pretore, ai sensi del comma 2 dell'art. 45 della legge sull'equo canone, in ragione del disposto dell'art. 22 della legge n. 513 del 1977 che, stante il generico richiamo alla disciplina della locazione degli immobili urbani, comporta l'applicabilità della legge n. 392 del 1978 anche con riguardo alle norme di carattere processuale e così allo speciale rito del lavoro.”(Cassazione civile sez. III, 14 gennaio 1992 n. 359).

2.8. Le controversie sulla cessione e sul prezzo di acquisto. Le controversie sulla cessione e sulla determinazione del prezzo sono state ritenute di competenza del Giudice ordinario:

• “In tema di edilizia residenziale pubblica, la controversia, concernente la quantificazione del prezzo dell'acquisto, insorta fra l'acquirente di un alloggio e la società concessionaria del diritto di superficie su aree del patrimonio comunale indisponibile per la costruzione di alloggi di tipo economico e popolare, investe posizioni di diritto soggettivo inerenti ad un rapporto contrattuale, ancorché insorga in via di contestazione della legittimità degli atti amministrativi che siano stati adottati in proposito, e pertanto, spetta alla cognizione del giudice ordinario, nei cui poteri rientra il sindacato su detti atti, ai fini della loro eventuale disapplicazione in quanto lesivi di quei diritti.” (Cassazione civile sez. un., 23 gennaio 1998, n. 652).

• “In tema di edilizia economica e popolare, la facoltà dell'assegnatario di conseguire la cessione dell'alloggio in proprietà maturata nel concorso dei requisiti prescritti dal d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2 e della l. 14 febbraio 1963 n. 60, integra una posizione di diritto soggettivo, tale rimasta anche

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sotto l'impero della successiva disciplina di cui alle l. 8 agosto 1977 n. 513 e 5 agosto 1978 n. 457. Ne consegue che sono devolute alla giurisdizione ordinaria le controversie concernenti la suddetta cessione, anche in presenza di un provvedimento amministrativo preclusivo della stessa, come l'annullamento dell'assegnazione (nella specie, per possesso di altro alloggio), senza che rilevi in contrario il disposto dell'art. 11, comma 13 del d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035, il quale, nel limitare ai soli casi di provvedimenti di decadenza l'ivi prevista facoltà di opposizione davanti al Pretore - con effetto anche nel territorio della regione Liguria, dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale (sentenza n. 594 del 1990) dell'art. 46 comma 7 della l. reg. 28 febbraio 1983 n. 6, che estendeva identica facoltà anche ai casi di opposizione avverso i decreti di annullamento e di revoca delle assegnazioni - non deroga ai generali criteri di riparto di giurisdizione, ma appronta semplicemente un rimedio processuale particolarmente efficace rispetto a taluni provvedimenti.” (Cassazione civile sez. un., 17 luglio 1992 n. 8675).

• “L'assegnatario di alloggio economico e popolare, in base al d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2, il quale abbia presentato domanda di riscatto anteriormente alla l. 8 agosto 1977 n. 513, e poi agisca per ottenere la cessione in proprietà, fa valere una posizione di diritto soggettivo (art. 27 comma 2 della citata legge), in quanto tale cessione, direttamente regolata dal legislatore, si sottrae a discrezionalità dell'amministrazione (sempre che l'alloggio non sia stato incluso nella cosiddetta quota di riserva dell'ente assegnante). Ne consegue che la relativa controversia é devoluta alla cognizione del giudice ordinario.” (Cassazione civile, sez. un., 10 aprile 1990 n. 3016).

2.9. Le controversie fra privati relative ad alloggio popolare. Ovviamente non vi è alcun dubbio che le controversie fra privati relative ad un alloggio di edilizia popolare siano attribuite al Giudice ordinario:

• “Nel caso in cui l'assegnatario di un alloggio popolare abbia proposto ricorso ai sensi dell'art. 700 c.p.c. contro gli abusivi occupanti di esso e contro l'IACP, chiedendo al pretore di ordinare ai primi il rilascio dell'alloggio ed al secondo la consegna del medesimo al ricorrente, l'istanza di regolamento di giurisdizione, proposta dai destinatari della domanda di rilascio, é inammissibile sia con riguardo a tale domanda, non essendo configurabile una questione di giurisdizione rispetto ad una controversia fra privati svolgentesi davanti al giudice ordinario, sia con riguardo alla domanda nei confronti del detto ente pubblico, non essendo gli istanti per regolamento legittimati a sollevare la questione di giurisdizione rispetto a tale causa, alla quale sono estranei.” (Cassazione civile sez. un., 6 novembre 1991 n. 11862).

2.10. Il d.lgs.n.80 del 1998 e la legge n.205 del 2000. L’impostazione tradizionale del problema di giurisdizione sopra riassunta alla stregua della giurisprudenza della Suprema Corte merita una profonda rimeditazione alla luce della nuova disciplina del riparto di giurisdizione fra Giudice ordinario e Giudice amministrativo. In proposito è intervenuto dapprima il d. lgs.31.3.1998 n.80, il cui art.34 devolveva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti

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delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati in materia urbanistica ed edilizia e poi l’art.7 della legge 21.7.2000 n.205. Con tale norma il legislatore, ha inteso ovviare, riproducendo sostanzialmente con lo strumento della legge ordinaria la citata norma del decreto legislativo, al vizio di violazione dei limiti della delega (art.11.4° comma, legge 15.3.1997 n.59) che era stato ravvisato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con l’ordinanza 25.5.2000 n.43 che aveva investito della questione di costituzionalità la Corte Costituzionale. L’ampia formula della disposizione che prende in considerazione atti, provvedimenti e comportamenti sia della Pubblica amministrazione sia dei soggetti a questa equiparati nell’ambito “edilizio”, prescindendo dalla natura di diritti soggettivi o di interessi legittimi delle situazioni soggettive degli interessati in funzione della scelta di riparto per giurisdizione esclusiva nel blocco di materia, tenderebbe a far ritenere superata la precedente impostazione giurisprudenziale per privilegiare l’individuazione del Giudice amministrativo quale giudice del conflitto fra assegnatario e ente pubblico relativo all’alloggio di edilizia economica e popolare. Non constano pronunce in materia della Suprema Corte relative a controversie instaurate dopo l’entrata in vigore delle richiamate disposizioni. É comunque il caso di ricordare che pende giudizio di legittimità costituzionale della norma dell’art.34, come modificato dall’art.7 della legge 205/2000 proposta dal Tribunale di Roma con ordinanza 16.11.2000 n.145 per contrasto con gli artt.3,24,25,100,102,103,11 e 133 Cost. quando la giurisdizione attribuita al Giudice amministrativo investa diritti soggettivi, che allo stato non risulta ancora decisa dalla Consulta. 3. La disciplina della successione nei diritti dell’assegnatario in caso di morte, 3.1. Successione nei diritti dell’assegnatario in locazione semplice dell’alloggio. L’art.12 del d.p.r. 1035 del 1972 regolamenta l’ipotesi della morte del concorrente aspirante all’assegnazione di alloggio in locazione semplice attribuendo il diritto all’assegnazione ad alcuni familiari conviventi (inclusi nel nucleo familiare denunciato nella domanda) secondo uno specifico ordine: coniuge, figli legittimi, figli naturali riconosciuti, figli adottivi, affiliati, ascendenti di primo grado. L’ipotesi della morte dell’assegnatario in locazione semplice non risulta espressamente regolata. La giurisprudenza esclude un diritto dei parenti conviventi a subentrare nel rapporto locatizio e l’applicabilità dell’art.6 della legge 392 del 1978 (che tra l’altro considera un rapporto di parentele e affinità molto più ampio di quello di cui al citato art.12 d.p.r. 1035 del 1972), facendo discendere dalla

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morte dell’assegnatario la cessazione dell’assegnazione/locazione e il ritorno dell’alloggio nella disponibilità dell’Ente:

• “In materia di locazione di immobili dell'edilizia residenziale pubblica, l'unico titolo che abilita alla locazione é l'assegnazione, pertanto la morte dell'assegnatario di un alloggio non determina una successione nel rapporto locatizio, bensì la cessazione dell'assegnazione-locazione ed il ritorno dell'alloggio nella disponibilità dell'ente assegnante, mentre in favore degli eredi dell'assegnatario, privi del diritto di subentrare nel suddetto rapporto, può essere riconosciuta soltanto una posizione di interesse legittimo in ordine alla facoltà di chiedere una nuova assegnazione in loro favore del medesimo bene a titolo preferenziale ai sensi dell'art. 12 d.P.R. n. 1035 del 1972, sempre che sussistano le condizioni di carattere generale richieste dall'art. 2 del medesimo decreto.”(Cassazione civile sez. I, 29 aprile 1999, n. 4305);

• “In tema di edilizia economica e popolare, la morte dell'assegnatario di un alloggio a titolo di locazione, esclusa la diretta applicabilità dell'art. 12 d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035 (riguardante la diversa ipotesi della morte del richiedente durante il concorso per l'assegnazione) non determina una successione nel rapporto locatizio, bensì la cessazione dell'assegnazione-locazione ed il ritorno dell'alloggio nella disponibilità dell'ente, il quale può procedere, nell'esercizio del suo potere discrezionale, ad una nuova assegnazione, eventualmente a favore dei soggetti indicati nel citato art. 12, aventi titolo preferenziale purché sussistano le condizioni di carattere generale richieste dal precedente art. 2 dello stesso d.P.R.” (Cassazione civile, sez. III, 29 luglio 1987 n. 6571);

• “Con riguardo ad alloggio economico e popolare assegnato in locazione semplice, anche nella disciplina introdotta dal d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035, la sopravvenienza della morte dell'assegnatario determina la cessazione del rapporto locatizio ed il ritorno dell'immobile nella disponibilità dell'ente assegnante mentre in favore degli eredi, privi di un diritto di subentrare nel suddetto rapporto, può essere riconosciuta solo una posizione di interesse legittimo, in relazione alla capacità di chiedere in loro favore una nuova assegnazione del medesimo bene. Tale principio non trova deroga nel caso di condanna al rilascio dell'immobile pronunciata nei confronti dell'occupante senza titolo ed in favore dell'assegnatario poi deceduto, non derivandone agli eredi il diritto di subentrare nel rapporto di locazione, salvo restando il loro interesse a proseguire il giudizio di appello per la conferma della detta decisione di rilascio in favore del loro dante causa, in considerazione del loro obbligo - quali suoi eredi - di riconoscere l'immobile all'ente pubblico”. (Cassazione civile, sez. I, 19 novembre 1987 n. 8504);

• “Con riguardo ad alloggio economico e popolare assegnato in locazione semplice, anche nella disciplina introdotta dal d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035, la sopravvenienza della morte dell'assegnatario determina la cessazione del rapporto locatizio ed il ritorno dell'immobile nella disponibilità dell'ente assegnante, mentre in favore degli eredi, privi di un diritto di subentrare nel suddetto rapporto, può essere riconosciuta solo una posizione di interesse legittimo, in relazione alla facoltà di chiedere in loro favore una nuova assegnazione del medesimo bene.”(Cassazione civile, sez. un., 8 ottobre 1985 n. 4855).

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3.2. Successione nei diritti dell’assegnatario dell’alloggio a riscatto. La legge n.43 del 28.2.1949, relativa all’agevolazione di costruzioni di case per i lavoratori (Gestione Ina-Casa), all’art.17 prevedeva la successione degli eredi all’assegnatario (non assicurato) morto durante il periodo di pagamento rateale, sancendo la responsabilità solidale degli stessi sino all’attribuzione dei diritti sull’alloggio ad uno solo di essi in sede di divisione. Il d.p.r. 17.1.1959 n.2, recante la disciplina della cessione in proprietà degli alloggi di tipo popolare ed economico, considerava nell’art.10, 4° comma (nel testo modificato dall’art.7 della legge 27.4.1962 n.231) l’ipotesi del decesso dell’aspirante (già assegnatario in godimento) per attribuire il diritto al subentro, previa conferma della domanda entro 30 giorni dalla morte, a favore del coniuge, dei discendenti entro il terzo grado e degli ascendenti conviventi con l’aspirante deceduto. L’art.25 dello stesso d.p.r., relativamente agli alloggi già assegnati alla data di entrata in vigore del d.p.r., attribuiva il diritto alla cessione in proprietà in caso di morte dell’assegnatario al coniuge superstite, ai discendenti entro il terzo grado e agli ascendenti conviventi al momento della morte, privi di autonomia economica e in situazione di godimento dell’alloggio. L’art.6 della legge 14.2.1963 n.60 prevedeva per gli alloggi trasferiti agli I.A.C.P. che in caso di morte dell’assegnatario l’alloggio avrebbe dovuto essere trasferito su domanda agli eredi limitatamente al coniuge superstite, ai discendenti entro il 3° grado e agli ascendenti, purchè conviventi al momento della morte. L’art.27 della legge 8.8.1977 n.513, abrogando con effetto ex nunc le disposizioni del d.p.r. n.2 del 1959 e della legge n.60 del 1963 disciplinanti il trasferimento in proprietà degli alloggi di edilizia residenziale pubblica assegnati in locazione semplice e richiedendo, a pena di decadenza, la conferma delle domande da parte degli interessati entro un termine semestrale, poi prorogato, non regolava espressamente l’ipotesi del decesso dell’assegnatario presentatore della domanda. Sul punto è recentemente intervenuta però la norma di interpretazione autentica dell’art.2, 3° comma, della legge 2.4.2001 n.136 stabilendo che la disposizione in questione (al pari di tutte le altre che prevedano facoltà di riscatto di alloggi di edilizia residenziale pubblica) deve essere interpretata nel senso che in caso di decesso del soggetto avente titolo al riscatto che abbia presentato la domanda nei termini prescritti, l’Amministrazione ha comunque l’obbligo di provvedere nei confronti degli eredi, disponendo la cessione dell’alloggio, indipendentemente dalla conferma della domanda stessa. La disposizione suscita perplessità nel suo riferirsi sic et simpliciter alla figura degli eredi, senza richiamare il requisito della convivenza e le limitazioni di rapporto parentale sistematicamente riportate dalla

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richiamata legislazione di settore. Parrebbe comunque preferibile una lettura della norma in termini sistematicamente armonizzati e quindi in riferimento alla nozione di eredi, così come fissata nelle altre norme sopracitate, tanto più che la funzione della disposizione interpretativa appare circoscritta all’obbligo della Pubblica amministrazione di provvedere senza necessità di conferme da parte degli interessati. Era stato anche sostenuto che la legge n.513 del 1977 avrebbe posto il principio della intrasmissibilità iure successionis del diritto alla cessione in proprietà di un alloggio di edilizia economica e popolare. Se ciò fosse esatto, la disposizione “interpretativa” sopraccitata avrebbe in realtà valore innovativo e sarebbe quindi in suscettibile di applicazione retroattiva. Tale assunto non è peraltro condivisibile . L’art.10 del d.p.r. n.2 del 1959 prevedeva che in caso di decesso dell’aspirante il coniuge, i discendenti entro il terzo grado e gli ascendenti conviventi potessero confermare la domanda entro trenta giorni dall’evento, così sancendo evidentemente un regime di trasmissibilità della posizione giuridica dell’aspirante cessionario a determinati soggetti in relazione ad un certo grado parentela e nel presupposto della convivenza con il defunto. Nessuna disposizione successiva, né nella legge n.60 del 1963 né nella legge n.865 del 1971 ha inciso su tale principio. L’art.12 del d.p.r. 1035 del 1972 ha mantenuto il diritto all’assegnazione dell’alloggio attribuito all’assegnatario deceduto al coniuge superstite, ai figli legittimi, naturali e riconosciuti e agli ascendenti di primo grado, ribadendo la regola quanto al rapporto locatizio. Dall’art.27 della legge n.513 del 1977 non si può affatto evincere il principio della intrasmissibilità del diritto alla cessione nelle ipotesi in cui la disciplina transitoria regolata dall’art.27 ha per l’appunto fatto salvo il diritto degli assegnatari al trasferimento, purché le domande fossero state confermate nel termine prescritto dalla legge e prorogato dalla legge n.457 del 1978 (laddove la salvaguardia in regime transitorio della previgente disciplina vale anche a preservare il diritto dei soggetti considerati dall’art.10 del d.p.r. 2/1959 o almeno di quelli considerati dall’art.12 d.p.r. 1035/1972). La prevalente giurisprudenza in tema di cessione in proprietà tende a ripetere il principio che la situazione precedente alla stipula del contratto – da cui solo scaturisce il trasferimento all'assegnatario del diritto di proprietà dell'immobile - non é trasmissibile iure successionis, almeno secondo le regole ordinarie e che, infatti, il diritto alla cessione risulta attribuito a titolo proprio al soggetto che ha i requisiti richiesti dalla legge e che, all'atto della morte dell'originario assegnatario, si trova con costui in situazione di convivenza e di specifico rapporto (coniugio; discendenza entro il terzo grado; ascendenza).

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Ad esempio: • “In tema di edilizia residenziale pubblica, qualora, dopo l'accettazione,

da parte dell'ente gestore, della istanza di cessione (presentata ai sensi dell'art. 29 l. 8 agosto 1977 n. 513) e la comunicazione del prezzo indicato, l'assegnatario sia deceduto senza procedere alla stipula del contratto di compravendita, l'erede universale dell'assegnatario non acquisisce iure haereditatis il diritto alla cessione dell'alloggio, ma é solo esonerato dall'onere di confermare la domanda, ai sensi dell'art. 27 della predetta l. n. 513 del 1977, come modificata dall'art. 52 della l. n. 457 del 1978, atteso che la situazione precedente alla stipula del contratto - che, solo, trasferisce all'assegnatario il diritto di proprietà dell'immobile - non é trasmissibile iure successionis. Infatti, il diritto alla cessione é proprio del soggetto che ha i requisiti richiesti dalla legge e che, all'atto della morte dell'originario assegnatario, si trova con costui in situazione di convivenza e di specifico rapporto (coniugio; discendenza entro il terzo grado; ascendenza). La normativa statale di cui si tratta non trova applicazione nella Provincia di Bolzano, titolare di competenza legislativa esclusiva nella materia de qua, e che, conseguentemente, ha adottato una propria legislazione in proposito. Il diritto dell'assegnatario di un alloggio economico e popolare alla cessione in proprietà dell'alloggio medesimo non é trasmissibile "iure haereditatis" poiché trattasi di un diritto correlato alle condizioni personali del titolare, che la legge attribuisce direttamente, in caso di morte dell'assegnatario, solo a determinati congiunti di costui (coniuge, discendenti entro il terzo grado, ascendenti), ed a determinate condizioni (convivenza con l'assegnatario). Sul punto, la disciplina della provincia di Bolzano, che nella materia de qua dispone di competenza legislativa esclusiva, é conforme a quella statale. Pertanto, il requisito della convivenza al momento della morte dell'assegnatario, espressamente richiesto dall'art. 11 della legge provinciale n. 45 del 1988, come modificato dalla legge provinciale n. 18 del 1990, costituisce presupposto imprescindibile per l'acquisto del diritto alla cessione dell'alloggio.” (Cassazione civile sez. I, 17 settembre 1998, n. 9286);

• “L'art. 10 d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2, disciplinando l'esercizio della facoltà di riscatto da parte dell'assegnatario di alloggio economico e popolare, prevede al riguardo specifiche modalità attuative, come la presentazione della domanda di cessione all'ufficio locale dell'ente che gestisce l'alloggio, accompagnata, a pena di inammissibilità, dal deposito di una somma di denaro in conto delle spese contrattuali. Pertanto, la possibilità concessa dal comma 4 del citato art. 10 agli stretti congiunti conviventi di confermare la domanda entro 30 giorni dal decesso medesimo articolo, atteso che, in caso contrario, il diritto - personalissimo - alla cessione, sarebbe estinto alla morte del titolare e non potrebbe dirsi avviato il procedimento, diretto al trasferimento della proprietà dell'alloggio, nel quale é dato di subentrare agli stretti congiunti conviventi. (In applicazione del suesposto principio la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la possibilità di conferma da parte degli stretti congiunti di domanda di riscatto presentata dopo la morte del locatario aspirante).”(Cassazione civile sez. I, 29 maggio 1997, n. 4747);

• “Nella controversia promossa dall'assegnatario in locazione di alloggio economico e popolare, al fine di reclamare il diritto alla cessione in proprietà dell'immobile, nonché di ottenere la determinazione dei canoni dovuti ed il risarcimento del danno per il ritardo dell'ente concedente nella stipulazione

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dell'atto traslativo, la sopravvenienza della morte dell'assegnatario medesimo, ancorché eventualmente implichi estinzione del rapporto d'assegnazione, non tocca la trasmissibilità iure successionis dei debiti e dei crediti inerenti a dette ulteriori pretese, e, quindi legittima l'erede medesimo, ai sensi dell'art. 110 c.p.c., ad impugnare la sentenza che abbia definito le relative questioni in termini sfavorevoli per il de "cujus".” (Cassazione civile sez. I, 28 luglio 1997, n. 7031);

• “In tema di edilizia economica e popolare, con riguardo agli alloggi costruiti in Trieste dal Governo militare alleato ed alla ipotesi di decesso dell'originario assegnatario senza che sia intervenuta la stipula del contratto di cessione, l'art. 5 l. n. 74/1986 distingue due ipotesi, a seconda che il decesso sia avvenuto anteriormente o posteriormente all'entrata in vigore della l. n. 457/1978: nella prima, il diritto alla stipula del contratto di cessione, si trasmette a favore dei "subentranti" nel rapporto di assegnazione a norma dell'art. 7 l. 27 aprile 1962 n. 231, cioé a favore dei soggetti titolari "iure proprio" del diritto alla cessione nel concorso dei requisiti della convivenza e della perdurante occupazione dell'alloggio; nella seconda, la l. n. 74/1986 introduce una espressa deroga ai principi vigenti in tema di edilizia popolare ed economica, che escludono la trasmissibilità "iure successionis" del diritto alla cessione dell'alloggio, e stabilire che la stipula del contratto di cessione avviene "a favore dei successori per causa di morte degli assegnatari", purché dimostrino di occupare effettivamente l'alloggio e di risiedervi dalla data del decesso dell'assegnatario alla data di entrata in vigore della legge. Nel caso in cui (come nella specie) il decesso sia non soltanto successivo all'entrata in vigore della l. n. 457/1978, ma altresì successivo all'entrata in vigore della stessa l. n. 74/1986, il diritto alla cessione in proprietà dell'alloggio si trasmette a favore degli eredi dell'assegnatario, senza necessità di verifica dei presupposti di fatto della convivenza e dell'occupazione dell'alloggio.” (Cassazione civile sez. I, 6 dicembre 1996, n. 10885);

• “La legge n. 74 del 1986 - che, con efficacia retroattiva, ha assoggettato al riscatto di cui al d.P.R. n. 2 del 1959 e successive modificazioni gli alloggi costruiti in Trieste dal Governo militare alleato con fondi dello Stato italiano, poi assegnati in godimento a varie categorie di dipendenti civili e militari dello Stato - non attribuisce all'assegnatario, che, prima della sua entrata in vigore, abbia presentato domanda di riscatto ed abbia ricevuto dall'Amministrazione proprietaria la comunicazione del relativo prezzo, la proprietà dell'alloggio, ma solo il definitivo ed incontestabile diritto a conseguirne la cessione mediante la stipulazione del contratto di compravendita, soggetto alla forma scritta ad substantiam. Pertanto, prima della stipula di tale contratto, l'assegnatario mantiene la disponibilità dell'alloggio non iure proprietatis, ma a titolo lato sensu locativo, per cui é tenuto a corrispondere, quale corrispettivo del godimento, un canone sociale - non equiparabile a quello delle ordinarie locazioni abitative, per effetto dell'art. 26, lett. b, legge n. 392 del 1978 - senza che possano imputarsi a canone gli interessi legali sul prezzo di cessione previsti dall'art. 2 della citata legge n. 74 del 1986 e senza che il ritardo nel trasferimento della proprietà e nel pagamento del prezzo, in presenza delle insuperabili difficoltà interpretative della legge previgente riconosciute dal legislatore del 1986, possa ritenersi imputabile a colpevole inerzia della P.A. Ne deriva, altresì, che, in caso di decesso dell'assegnatario in data successiva all'entrata in vigore

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della legge n. 457 del 1978 e in assenza della formale stipula dell'atto traslativo, il diritto dell'assegnatario medesimo all'indicata cessione si trasmette secondo i principi della successione per causa di morte, ma solo nel caso in cui i successori dimostrino di occupare effettivamente l'alloggio e di risiedervi dalla data del decesso dell'assegnatario a quella di entrata in vigore della legge n. 74 del 1986 (art. 5, comma 2, legge ult. cit.).” (Cassazione civile sez. I, 24 luglio 1996, n. 6664);

• “ In tema di edilizia economica e popolare, con riguardo agli alloggi costruiti in Trieste dal Governo Militare Alleato e per la ipotesi di decesso dell'originario assegnatario senza che sia intervenuta la stipula del contratto di cessione, l'art. 5 l. 15 marzo 1986 n. 74 distingue l'ipotesi in cui il decesso sia intervenuto in data anteriore da quella in cui sia intervenuto in data posteriore all'entrata in vigore della l. 5 agosto 1978 n. 457. Nel primo caso il diritto alla stipula del contratto di cessione della proprietà avviene a favore dei subentranti nel rapporto di assegnazione secondo la norma di cui all'art. 7 della legge n. 231 del 1962, nel secondo caso il diritto dell'assegnatario alla stipula di detto contratto non si trasmette iure hereditario, spettando ad alcuni soggetti uno ius proprium, purché sia fatta tempestiva conferma e ricorra il requisito della effettiva occupazione dell'alloggio e della residenza in esso dalla data del decesso dell'assegnatario alla data di entrata in vigore della legge n. 74 dello 1986. Tale requisito non é richiesto, quando il decesso dell'originario assegnatario (oltre che successivo alla data di entrata in vigore della l. n. 457 del 1978) é posteriore alla data di entrata in vigore della legge n. 74 del 1986, atteso che, in tal caso, il ricorso all'integrazione analogica porterebbe l'interprete alla creazione di un requisito non prescritto dalla norma positiva.”(Cassazione civile sez. I, 19 giugno 1996, n. 5666);

• “ In materia di diritto al subentro nell'assegnazione di un alloggio dell'edilizia residenziale pubblica in caso di morte dell'assegnatario, la posizione dei figli di quest'ultimo, ai sensi dell'art. 15 della l. reg. Veneto 12 dicembre 1984 n. 60 (abrogata dalla successiva legge reg. 20 maggio 1990 n. 19), si distingue, al pari di quella di tutti i componenti del nucleo familiare indicati dall'art. 2 comma 2 (coniuge, "figli legittimi, naturali, riconosciuti e adottivi", affiliati) da quella dei soggetti che ai sensi della stessa disposizione "fanno altresì parte del nucleo" (convivente "more uxorio", ascendenti, discendenti, collaterali fino al terzo grado), o "possono essere considerati componenti del nucleo familiare" anche se non legati da vincoli di parentela o affinità, in relazione alla stabilità della convivenza e alla sua finalizzazione, alla reciproca assistenza. Infatti per i componenti del nucleo familiare in senso stretto l'unica condizione posta al diritto alla successione nel rapporto é quella della loro convivenza con l'assegnatario deceduto al momento della sua morte - senza che possa al riguardo distinguersi la posizione del figlio che abbia ripreso la convivenza dopo un periodo di interruzione, mentre il requisito della stabile convivenza da almeno due anni (anagraficamente comprovata) e la procedura d'attribuzione di rilevanza dall'ampliamento del nucleo familiare prevista dall'art. 16 riguardano solo i soggetti estranei al nucleo familiare originario e non riconducibili alla nozione di "accrescimento naturale" (allusiva alla posizione dei figli legittimi, naturali, riconosciuti e adottivi).” (Cassazione civile sez. I, 17 giugno 1995, n. 6866);

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• “Con riguardo ad assegnazione di alloggio economico e popolare risalente ad epoca anteriore a quella di entrata in vigore del d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2, il diritto alla cessione in proprietà, che l'art. 25 di detto decreto, in caso di morte dell'originario assegnatario, attribuisce, nel corso di determinati requisiti, al coniuge, ai discendenti ed agli ascendenti, non discende da successione al defunto, ma ha natura autonoma. Ne consegue che, in presenza di più legittimati a detta cessione, la rinuncia di uno di essi non integra rinuncia all'eredità, né comunque attiene alla regolamentazione dei rapporti fra coeredi, ma esprime atto abdicativo di una posizione creditoria verso l'ente assegnante, e, quindi, ricadendo nelle previsioni dell'art. 1236 c.c., produce effetto con la comunicazione all'ente medesimo (sempre che questo non dichiari, entro un congruo termine, di non volerne profittare), implicando la facoltà degli altri legittimati di ottenere in loro favore il trasferimento dell'immobile, unitariamente inteso.(Cassazione civile sez. I, 15 febbraio 1994, n. 1485);

• “In tema di edilizia residenziale pubblica e nel vigore della nuova normativa, qualora, dopo l'accettazione da parte dell'ente gestore (nella specie l'IACP) della istanza di cessione (presentata ai sensi dell'art. 29 della l. 8 agosto 1977 n. 513) e il versamento del prezzo indicato, l'assegnatario sia deceduto senza procedere alla stipula del contratto di compravendita, l'erede universale dell'assegnatario non acquisisce iure hereditatis il diritto alla cessione dell'alloggio, atteso che la situazione precedente alla stipula del contratto di compravendita - che solo trasferisce all'assegnatario il diritto di proprietà dell'immobile - é di mera "aspettativa giuridica" e non é trasmissibile iure successionis dato che il diritto alla cessione é proprio del soggetto che ha i requisiti richiesti dalla legge e che, all'atto della morte dell'originario assegnatario, si trova con costui in situazione di convivenza e di specifico rapporto (coniugio; discendenza entro il terzo grado; ascendenza)” (Cassazione civile sez. I, 14 marzo 1995, n. 2915);

• “Nella disciplina prevista dal d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2, modificato dalla l. 27 aprile 1962 n. 231, il diritto dell'assegnatario di un alloggio economico e popolare alla cessione in proprietà dell'alloggio medesimo non é trasmissibile iure hereditatis, poiché trattasi di un diritto correlato alle condizioni personali del titolare, che la legge attribuisce direttamente, in caso di morte, dell'assegnatario, solo a determinati congiunti di costui, ed a determinate condizioni. L'art. 25 lett. a) del d.P.R. 17 gennaio 1959 n 2 che, per gli alloggi già assegnati alla data di entrata in vigore della legge, attribuisce, nel caso di morte dell'assegnatario, un diritto alla cessione in proprietà dell'alloggio al coniuge superstite, ai discendenti entro il terzo grado ed agli ascendenti, purché conviventi, si riferisce alle ipotesi di decesso anteriore alla data di entrata in vigore della legge ed alla domanda di riscatto, e non a quelle di decesso successivo, regolate dall'art. 10 della legge medesima.” .” (Cassazione civile sez. un., 2 settembre 1995, n. 9259);

• “ In materia di edilizia residenziale pubblica, il rinvio operato dall'art. 5, comma 6, della legge n. 1219 del 1960 (che attribuisce al profugo il diritto alla cessione in proprietà dell'alloggio assegnatogli in locazione) al d.P.R. n. 2 del 17 gennaio 1959 ha la funzione di integrare l'art. 1 dello stesso d.P.R. n. 2 del 1959 (modificato dalla legge n. 231 del 27 aprile 1962), estendendone la disciplina agli alloggi costruiti o da costruire per i profughi. Ne consegue che anche per questi ultimi alloggi il diritto dell'assegnatario alla cessione in proprietà non é trasmissibile jure hereditatis, trattandosi di diritto

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correlato alle condizioni personali del titolare e, perciò, attribuito dalla legge, in caso di morte dell'assegnatario, a determinati congiunti, nel concorso di specifiche condizioni (tra le quali la convivenza con l'originario assegnatario).” ( Cassazione civile sez. I, 8 luglio 1995, n. 7556);

• “ Con riguardo ad assegnazione di alloggio economico e popolare risalente ad epoca anteriore a quella di entrata in vigore del d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2, il diritto alla cessione in proprietà, che l'art. 25 di detto decreto, in caso di morte dell'originario assegnatario, attribuisce, nel corso di determinati requisiti, al coniuge, ai discendenti ed agli ascendenti, non discende da successione al defunto, ma ha natura autonoma. Ne consegue che, in presenza di più legittimati a detta cessione, la rinuncia di uno di essi non integra rinuncia all'eredità, né comunque attiene alla regolamentazione dei rapporti fra coeredi, ma esprime atto abdicativo di una posizione creditoria verso l'ente assegnante, e, quindi, ricadendo nelle previsioni dell'art. 1236 c.c., produce effetto con la comunicazione all'ente medesimo (sempre che questo non dichiari, entro un congruo termine, di non volerne profittare), implicando la facoltà degli altri legittimati di ottenere in loro favore il trasferimento dell'immobile, unitariamente inteso” (Cassazione civile sez. I, 15 febbraio 1994, n. 1485);

• “In materia di edilizia residenziale pubblica, il diritto alla cessione dell'alloggio (così come delineato dall'art. 52 l. 5 agosto 1978 n. 457) o l'aspettativa giuridica della cessione, maturata dopo l'entrata in vigore della vigente disciplina (di cui alle l. 8 agosto 1977 n. 513 e 5 agosto 1978 n. 457) - a differenza dei diritti nascenti dalla cessione vera e propria - non sono trasmissibili "jure successionis", essendo state abrogate dalle discipline sopravvenute tutte le disposizioni, ivi compreso l'art. 10 comma 2 d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2, idonee a consentire un trasferimento automatico all'erede di situazioni giuridiche facenti capo al "de cuius".” (Cassazione civile sez. I, 15 dicembre 1994, n. 10740);

• “In materia di edilizia residenziale pubblica, il diritto alla cessione dell'alloggio (così come delineato dall'art. 52 della l. 5 agosto 1978 n. 457) o l'aspettativa giuridica della cessione, maturata dopo l'entrata in vigore della vigente disciplina (di cui alle l. 8 agosto 1977 n. 513 e 5 agosto 1978 n. 457) - a differenza dei diritti nascenti dalla cessione vera e propria (cui non può equipararsi il caso nel quale l'ente proprietario o gestore dell'alloggio abbia accettato la domanda di riscatto e comunicato il prezzo della cessione, ma solo successivamente all'entrata in vigore della suddetta disciplina, in quanto l'art. 27, comma 2 della citata legge n. 513 del 1977 dispone, in via transitoria, siffatta equiparazione con riguardo alle sole ipotesi di accettazione e comunicazione perfezionatesi nel vigore della previgente disciplina - non sono trasmissibili jure successionis, essendo state abrogate dalle discipline sopravvenute tutte le disposizioni, ivi compreso l'art. 10, comma 2, del d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2, idonee a consentire un trasferimento automatico all'erede di situazioni giuridiche facenti capo al de cuius, di guisa che la posizione dei familiari conviventi con quest'ultimo, con riguardo all'alloggio di cui trattasi, può essere contemplata e regolata esclusivamente da normativa speciale, come nella regione Friuli-Venezia Giulia la l. reg. 1 settembre 1982 n. 75 - come modificata dalla l. reg. 30 maggio 1988 n. 37 - che fissa la condizione ed i requisiti in base ai quali i familiari dell'assegnatario defunto possano subentrare nella sua posizione giuridica.” (Cassazione civile sez. I, 9 luglio 1993, n. 7560);

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• “In tema di trasferimento della proprietà di alloggi dell'Iacp, il rapporto di assegnazione con patto di futura vendita é regolato non già dall'art. 6 l. 14 febbraio 1963 n. 60 - che con riguardo all'assegnazione di alloggio in locazione, per caso di morte dell'assegnatario, prevede che l'alloggio deve essere assegnato, su loro domanda, agli eredi, purché conviventi al momento della morte - bensì dall'art. 17 l. 28 febbraio 1949 n. 43, il quale dispone che all'assegnatario con promessa di vendita, che muoia durante il periodo di pagamento rateale, succedono nei relativi diritti i suoi eredi, senza altra condizione. Ne consegue che tutti indistintamente gli eredi di assegnatario con patto di futura vendita, ancorché non conviventi al momento del suo decesso, hanno egualmente diritto all'alloggio, senza possibilità di operare alcuna scelta tra essi sulla base del criterio della convivenza.” (Cassazione civile sez. I, 16 luglio 1993, n. 7902);

• “ In tema di edilizia residenziale pubblica, l'art. 6 comma 3 della l. reg. Sicilia 22 marzo 1963 n. 26 integrata dalla successiva l. reg. 12 maggio 1975 n. 21 (espressione di potestà normativa esclusiva e quindi prevalenti sulla disciplina statale), ove dispone, per il caso di sopravvenienza della morte dell'assegnatario dell'alloggio dopo la presentazione della domanda di cessione in proprietà, che i discendenti entro il III grado, il coniuge e gli ascendenti conviventi possono confermarla entro 30 giorni, fissa un termine da considerarsi perentorio, pur in mancanza di espressa previsione, con la conseguenza che il suo decorso implica decadenza di detti congiunti dalla facoltà di subentrare nelle posizioni del defunto (senza che ciò possa configurare contrasto con gli art. 3 e 24 cost.), tenendo conto che il termine medesimo risponde dell'esigenza di delimitare nel tempo una situazione d'incertezza circa il godimento di bene pubblico in conformità dello scopo per il quale é stato realizzato.” (Cassazione civile sez. I, 5 novembre 1992 n. 11976);

• “Nella disciplina prevista dal d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, modificato dalla l. 27 aprile 1962, n. 231, il diritto dello assegnatario di un alloggio economico e popolare alla cessione in proprietà dell'alloggio medesimo non é trasmissibile jure hereditatis, poiché trattasi di un diritto correlato alle condizioni personali del titolare, che la legge attribuisce direttamente in caso di morte dell'assegnatario solo a determinati congiunti di costui e a determinate condizioni.” (Cassazione civile, sez. II, 28 maggio 1990 n. 4953);

• “Il diritto dell'assegnatario di un alloggio di edilizia economica e popolare alla cessione in proprietà dell'alloggio medesimo nel quadro della disciplina prevista dal d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2, come modificato dalla l. 27 aprile 1962 n. 231, non é trasmissibile "iure hereditatis", poiché si tratta di un diritto di credito legato alle condizioni personali del titolare che tali norme attribuiscono direttamente, in caso di morte dell'assegnatario, solo a determinati congiunti di costui, ed a determinate condizioni .L'art. 10 comma 4 del d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2, modificato dall'art. 7 della l. 27 aprile 1962 n. 231, disponendo che in caso di morte dell'assegnatario di un alloggio economico e popolare, dopo che questi abbia fatto domanda di cessione in proprietà, il coniuge, i discendenti entro il terzo grado e gli ascendenti conviventi con l'aspirante stesso possono confermare la domanda entro trenta giorni dall'evento, indica tali soggetti congiuntamente e non in ordine successivo ed esclude qualunque graduatoria tra di essi; ne deriva, pertanto, che il predetto termine opera contemporaneamente nei confronti di tutti i soggetti legittimati, per modo che, in caso di successiva morte di uno

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di essi, non é ammissibile alcuna riapertura del termine medesimo, il quale si configura di natura perentoria, attesa da un lato la necessità di circoscrivere nel tempo la situazione di privilegio accordata ai soggetti abilitati all'indicata conferma, e considerata dall'altro l'esigenza della p.a. in relazione all'ordinato svolgimento della propria attività ed alla tutela dei suoi interessi economici di individuare al più presto, con certezza giuridica, i definitivi assegnatari dell'alloggio.” (Cassazione civile, sez. I, 7 novembre 1983 n. 6558)

• “In tema di edilizia economica e popolare, l'art. 10, comma 4, del d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2 (come modificato dall'art. 7 della l. 27 aprile 1962 n. 231), disponendo, che in ipotesi di morte dell'assegnatario dell'alloggio dopo che questi abbia fatto domanda di cessione in proprietà, ma prima del perfezionamento del trasferimento di proprietà, il coniuge, i discendenti entro il terzo grado e gli ascendenti conviventi con l'aspirante stesso possono confermare la domanda entro trenta giorni dall'evento, configura un termine da ritenere, pur in mancanza di espressa comminatoria di decadenza, di natura perentoria, data, da un lato la necessità di circoscrivere nel tempo la situazione di privilegio accertata ai soggetti abilitati all'indicata conferma senza questi ulteriori requisiti (dell'attuale godimento dell'alloggio e della mancanza di autonomia economica) richiesti per l'ipotesi di decesso anteriore alla domanda, e considerata, dall'altro lato, l'esigenza della p.a., in relazione all'ordinato svolgimento della propria attività ed alla tutela dei suoi interessi economici, di individuare al più presto, e con certezza giuridica, i definitivi assegnatari degli alloggi.” (Cassazione civile, sez. I, 8 febbraio 1982 n. 729);

• “Il requisito del godimento dell'alloggio, previsto dall'art. 25, lett. a), del d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2, perché in caso di morte di assegnatario di alloggio economico e popolare, il coniuge superstite, i discendenti entro il terzo grado e gli ascendenti, possano ottenere (congiuntamente o disgiuntamente) la cessione in proprietà dell'alloggio, si realizza non già attraverso una qualsiasi relazione di fatto, anche transitoria o saltuaria, tra uno di questi soggetti e l'alloggio, ma mediante un rapporto di permanenza che, per la sua continuità e durata, valga ad esprimere la destinazione effettiva e durevole dell'alloggio a soddisfare il bisogno di abitazione di un soggetto in modo esclusivo o, quanto meno, prevalente. In caso di morte dell'assegnatario di un alloggio economico e popolare a norma dell'art. 25, lett. A), d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2 e successive modifiche, il coniuge, i discendenti entro il terzo grado e gli ascendenti (designati congiuntamente e non in ordine successivo) hanno eguale diritto alla cessione in proprietà dell'alloggio, indipendentemente dalla deliberazione dell'ente proprietario di volturare il contratto di locazione, in corso con l'assegnatario, al nome di alcuni soltanto dei soggetti suindicati, sempreché ricorrano le condizioni della loro convivenza con l'assegnatario al momento della morte, della mancanza di autonomia economica nei riguardi dell'assegnatario medesimo, e dell'attualità del godimento dell'alloggio.” (Cassazione civile, sez. I, 13 luglio 1979 n. 4074).

Tuttavia in tema di assegnazione con patto di futura vendita secondo il regime di cui alla legge n.43 del 1949 la Cassazione ha ritenuto che operino i criteri normali di successione:

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• “Il rapporto di assegnazione con patto di futura vendita di un alloggio di proprietà dell'Iacp deve ritenersi regolato non dall'art. 6 della l. n. 60 del 1963 (che, con riguardo all'assegnazione di alloggio in locazione, prevede, nel caso di morte dell'assegnatario, che il bene sia assegnato, su domanda, agli eredi purché conviventi al momento della morte), bensì dall'art. 17 della legge del 1949 n. 43, in forza del quale all'assegnatario con promessa di vendita, morto durante il periodo di pagamento rateale, succedono nei relativi diritti i suoi eredi, senza altre condizioni, con la conseguenza che tutti, indistintamente, gli eredi dell'assegnatario, ancorché non conviventi al momento del suo decesso, vantano un uguale ed autonomo diritto al riscatto del bene, senza che sia lecito operare una scelta tra essi sulla base del detto criterio della convivenza”. (Cassazione civile sez. II, 15 novembre 1997, n. 11325);

4. La cessione in proprietà. 4.1. Disciplina generale. La cessione in proprietà dell’alloggio di edilizia popolare all’assegnatario era prevista sino al 1977 da varie disposizioni normative. La legge 28.2.1949 n.43 (artt.13 e segg.) prevedeva in linea generale la destinazione di metà degli alloggi costruiti dalla Gestione Ina-Casa all’assegnazione in proprietà (a mezzo promessa di vendita con consegna immediata e pagamento rateale per un periodo tra i 20 e i 25 anni). Il d.p.r. 17.1.1959 n.2, parzialmente modificato dalla legge 27.4.1962 n.231, disciplinava analiticamente la cessione in proprietà degli alloggi di tipo popolare ed economico, escludendo dalla cessione una quota riservata del patrimonio edilizio (determinata a seconda dei casi nel 20% o nel 30%). Il trasferimento della proprietà era subordinato all’integrale versamento del prezzo, fissato nel prezzo venale abbattuto del 30%, con una ulteriore riduzione per ogni anno di occupazione; il pagamento poteva essere rateale o in unica soluzione. La legge 14.2.1963 n.60 in tema di liquidazione del patrimonio edilizio della Gestione Ina-casa e di istituzione della Gestione case per i lavoratori (Gescal) prevedeva:

• la possibilità di conversione a richiesta dell’assegnazione degli alloggi a riscatto con patto di futura vendita in assegnazione immediata in proprietà con ipoteca legale;

• la possibilità di riscatto anticipato; • la conversione dall’assegnazione in locazione in assegnazione a

riscatto con patto di futura vendita o in proprietà immediata con ipoteca legale.

La legge 22.10.1971 n.865 (art.61) modificò l’art.29 della legge n.60 del 1963, riducendo al 15% la quota di alloggi cedibili in proprietà.

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L’art.23 del d.p.r.1035 del 1972 revisionò i criteri di determinazione del prezzo di cessione, facendo salve le condizioni più vantaggiose per gli assegnatari che avessero presentato domanda entro il 22.10.1971, disponendo che il trasferimento di proprietà aveva luogo al momento della stipulazione del contratto. 4.2. La quota di riserva. Un particolare rilievo va conferito all’inclusione da parte dell’Ente concedente degli alloggi nella “quota di riserva” e quali siano le conseguenze dell’eventuale mancato esercizio da parte dell’Ente del potere di espressa inclusione degli alloggi nella predetta quota. In ordine alla c.d. “quota di riserva” è bene procedere ad una serie di puntualizzazioni anche con l’aiuto della Suprema Corte, che con la sentenza n.4478 del 1992 delle Sezioni Unite ha ben ricostruito il quadro normativo di riferimento (d.p.r. 17.1.1959 n. 2 - recante appunto la disciplina della cessione in proprietà degli alloggi di tipo popolare ed economico - e legge di modifica 27.4.1962 n. 231). Il decreto presidenziale del 1959: • individuò anzitutto le categorie di alloggi soggetti alle relative norme

(art. 1); • indicò nell'art. 2 gli alloggi esclusi dalla cessione in proprietà (gli

alloggi costruiti o da costruire ai sensi dell'art. 343, secondo comma, del testo unico delle leggi sull'edilizia popolare ed economica; gli alloggi la cui concessione é essenzialmente condizionata alla prestazione in loco di un determinato servizio presso Pubbliche Amministrazioni; gli alloggi che si trovano negli stessi immobili nei quali hanno sede uffici, comandi, reparti o servizi delle Amministrazioni predette);

• stabilì con l'art. 3: • a) che doveva essere esclusa dalla cessione in proprietà una quota

pari al 20% degli alloggi di proprietà delle province, dei comuni, degl'istituti autonomi delle case popolari e dell'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato e una quota pari al 30% degli alloggi dell'Istituto Nazionale delle case degli impiegati dello Stato;

• b) che spettava all'Amministrazione, sentiti gli enti proprietari, determinare i criteri di ripartizione per territorio e per categorie di alloggi delle predette quote di riserva;

• precisò all'art. 4 che "hanno diritto alla cessione in proprietà coloro che al momento della pubblicazione dei bandi di cui all'art. 10 sono assegnatari di case contemplate dalle presenti norme";

• impose infine con l'art. 10 agli enti interessati di rendere noti i singoli stabili che potevano essere ceduti in proprietà;

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• fissò per la presentazione delle domande di cessione il termine di sessanta giorni dalla data di pubblicazione del bando nell'albo comunale.

La legge 27.4.1962 n. 231: • apportò modifiche al predetto decreto presidenziale ed in particolare al

relativo art. 3, stabilendo che la quota di riserva nella percentuale del 20% riguardava anche gli alloggi di proprietà dell'Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni e dell'Azienda di Stato per i servizi telefonici, e che gli esclusi dalla possibilità di riscatto, a causa della costituzione della quota di riserva, avevano diritto di priorità nelle successive assegnazioni di alloggi a riscatto (art. 2);

• sostituì l'art. 10 dello stesso decreto presidenziale, disponendo testualmente: " gli enti interessati danno notizia degli alloggi compresi nella quota di riserva ai rispettivi assegnatari mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Gli assegnatari degli alloggi non compresi nella quota di riserva, anche se di nuova costruzione, possono chiedere la cessione in proprietà dell'alloggio del quale sono in godimento" (art. 7).

Orbene, secondo la Suprema Corte, dalle disposizioni riportate si evince che la qualifica di assegnatario di alloggio di tipo popolare ed economico costituisce condizione necessaria ma non sufficiente per acquisire il diritto alla cessione in proprietà. Siffatto diritto non sussiste infatti per gli alloggi tassativamente elencati nell'art. 2 del d.p.r. n. 2 del 1959 e per quelli inclusi nella suindicata quota di riserva. Soprattutto va sottolineato che il diritto alla cessione in proprietà, inizialmente riconosciuto dall'art. 4 del decreto presidenziale del 1959, con esclusivo riguardo agli immobili indicati nel bando di vendita, venne modificato per effetto della successiva legge n. 231 del 1962. Tale legge, invero, impose agli enti di dare notizia non già degli alloggi da vendere, ma di quelli compresi nella quota di riserva, ribadì il collegamento tra immobili dichiarati alienabili e diritto di riscatto, prevedendo con l'art. 4 (sostitutivo del vecchio art. 10) che " gli assegnatari degli alloggi non compresi nella quota di riserva ... possono chiedere la cessione in proprietà". L’art.61 della legge n.865 del 1971 ( la cui applicazione risulta estesa alle case Gescal dal successivo art.66) dispose che le abitazioni costruite in base ai programmi pubblici di edilizia residenziale fossero assegnate in locazione ovvero cedute a riscatto nei limiti della quota del 15% dei programmi finanziati di cui al successivo art.67. Tuttavia la quota del 15% riservata al riscatto nell’ambito degli alloggi costruiti ai sensi dei programmi edilizi in questione non ha nulla a che vedere con la quota di immobili sottratti alla cessione in proprietà per richiesta dell’assegnatario conduttore ai sensi della legge del 1963.

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Con tale disposizione relativa agli alloggi così finanziati si decise di riservare una gran parte delle risorse alla locazione e una frazione molto ridotta al riscatto, senza incidere sulle altre previgenti disposizioni normative che prevedevano l’ordinaria possibilità per gli assegnatari in locazione di richiedere la cessione in proprietà dell’immobile occupato alle condizioni previste dalla legge. É quindi errato discorrere di riduzione della quota di riserva operata dalla legge del 1971 fino alla soglia del 15% rispetto all’entità considerata dalle disposizioni del 1959-1962. Si tratta in realtà di due istituti del tutto differenti: • uno attiene alla facoltà di escludere dalla possibilità di conversione

dell’assegnazione in locazione in assegnazione in proprietà una fetta del patrimonio immobiliare pubblico prevista dall’art.10 del d.p.r. 2 del 1959, come modificato dalla legge n.231 del 1962 (art.7) ,

• l’altro alla distribuzione percentuale degli alloggi di cui veniva finanziata la costruzione fra assegnazione in locazione e assegnazione a riscatto.

D’altro canto non avrebbe senso la persistente vigenza delle norme della legislazione del 1959 e del 1963, espressamente abrogata solo dalla legge del 1977 con apposito regime transitorio per la salvaguardia della domande già proposte, senza che, come evidenziato nella giurisprudenza della Cassazione, sussista alcuna incompatibilità logico-giuridica fra il regime della normale assegnazione in locazione e la possibilità di conversione in assegnazione in proprietà a richiesta dell’assegnatario. Con la legge n.513 del 1977 la legislazione in materia di alloggi di edilizia residenziale pubblica, seguendo la decisa inversione di tendenza già impressa dalla legge n.865 del 1971, si orientò stabilmente per la concessione degli alloggi in mera locazione, abolendo le disposizioni del d.p.r. n.2 del 1959 e della legge n.60 del 1963 e successive modificazioni e integrazioni, come ogni altra disposizione normativa disciplinante il trasferimento in proprietà agli assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica già assegnati in locazione semplice . L’art.27 della stessa legge dettò peraltro una norma transitoria diretta a far salva la possibilità di cessione per quegli alloggi per cui fosse stata presentata domanda dall’interessato a norma delle leggi vigenti e per cui non fosse ancora stato stipulato il contratto di cessione, esigendo la conferma nel termine di decadenza già citato e sancendo in punto corrispettivo l’applicabilità del successivo art.28 della stessa legge (valore venale determinato dall’U.t.e. con abbattimento dell’1,5% annuo per ogni anno di effettiva occupazione fino ad un massimo di 20 anni e con ulteriori riduzione del 10% per i percettori di redditi minori). Lo stesso art.27, nel testo modificato dall’art.52 della legge 457 del 1978, disponeva che si considerava stipulato il contratto di compravendita quanto

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l’ente proprietario o gestore avesse accettato la domanda di riscatto e comunicato all’assegnatario il relativo prezzo di cessione. Gli assegnatari debbono quindi dimostrare:

• di aver presentato domanda di assegnazione in proprietà dell’alloggio secondo il regime normativo alla legge n.513 del 1977 (ossia in base al d.p.r. n.2 del 1959 e alla legge 14.2.1963 n.60) entro la data del 18.8.1977 (giorno successivo alla pubblicazione sulla G.U. n.2223 e quindi di entrata in vigore ai sensi del relativo art.30 della legge 17.8.1977 n.513, abrogativa del complesso normativo del d.p.r. n.2 del 1959 e della legge n.60 del 14.2.1963);

• di aver confermato tale domanda entro sei mesi dal 18 agosto 1977, nel rispetto del termine decadenziale introdotto dall’art.27 delle legge 513 del 1977, poi prorogato sino al 31 ottobre 1978 dall’art.52 delle legge 5.8.1978 n.457.

In punto tempestività della presentazione della dichiarazione di conferma ai sensi dell’art.27 è stato osservato che nessuna norma imponeva espressamente che la richiesta pervenisse all’Ente gestore in una certa specifica data, limitandosi a regolare modalità ed effetto della presentazione delle domande: operavano pertanto i principi generali in tema di proposizione delle istanze alla Pubblica Amministrazione, e pertanto il principio generale, che trova espressione, per limitarsi alla legislazione vigente nel 1977, nell’art.2 del d.p.r. 24.11.1971 n.1199 e nell’art.17 del d.p.r. 636 del 26.10.1972, secondo cui fa fede la data di spedizione della lettera raccomandata con cui il cittadino interessato ha affidato la propria missiva diretta ad una amministrazione pubblica al servizio postale ( cfr Cass.27.1.1995 n.986). 4.3. La giurisprudenza in tema di quota di riserva. La giurisprudenza in punto “quota di riserva” insegna che :

• “ La posizione soggettiva dell'assegnatario di un alloggio di edilizia economica e popolare, concesso in godimento a norma del d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2, come modificato dalla l. 27 aprile 1962 n. 231, che vanti la pretesa alla cessione in proprietà dell'alloggio, prima dell'entrata in vigore della disciplina dettata dalla l. 8 agosto 1977 n. 513, ha natura di diritto soggettivo solo quando l'amministrazione non abbia esercitato il potere discrezionale di riservare l'alloggio al suo patrimonio; peraltro in caso d'inclusione dell'alloggio nella cosiddetta quota di riserva, la posizione dell'assegnatario é invece di mero interesse legittimo e la tutela accordatagli, in caso di controversie sulla legittimità di tale inclusione, va azionata innanzi al giudice amministrativo.” (Cassazione civile, sez. un., 20 luglio 1983 n. 4987);

• “Il diritto alla cessione in proprietà di alloggio economico e popolare assegnato in locazione semplice, che sia stato esercitato dall'assegnatario in base alla disciplina fissata dal d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2 e dalla l. 14 febbraio 1963 n. 60 (operante anche dopo la l. 22 ottobre 1971 n. 865 ed il d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035), deve essere riconosciuto anche dopo l'abrogazione di tale disciplina disposta dalla l. 8 agosto 1977 n. 513, ai sensi e con i limiti posti dalla norma transitoria di cui all'art. 27 della legge medesima, e non può restare escluso dal potere dell'amministrazione concedente di sottrarre il bene alla cessione, includendolo nella quota di riserva, secondo la previsione dell'art. 3 del citato decreto del 1959, qualora l'amministrazione stessa non si sia in

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concreto avvalsa di detto potere prima dell'entrata in vigore della legge n. 513 del 1977, che lo ha soppresso. “ (Cassazione civile, sez. I, 29 aprile 1988 n. 3239);

• “ Con riguardo ad alloggio economico e popolare di proprietà dell'INCIS e poi dell'IPEAA di Bolzano (Istituto Per l'Edilizia Abitativa Agevolata), e per il caso in cui l'assegnatario in locazione abbia presentato domanda di cessione in proprietà, prima dell'abolizione di tale cessione in forza della l. prov. Bolzano 23 maggio 1977 n. 13 (non operante retroattivamente per le domande anteriori, a seguito della dichiarazione d'illegittimità dell'art. 20 della legge medesima, di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 178 del 1987), il diritto alla cessione medesima deve essere riconosciuto ove l'alloggio risulti escluso dalla c.d. quota di riserva, ancorché in base a deliberazioni di rideterminazione della quota successivamente adottate dall'uno o dall'altro dei suddetti istituti. “ (Cassazione civile, sez. I, 25 novembre 1988 n. 6327); • “ Con riguardo ad alloggio economico e popolare, che sia stato assegnato

in locazione semplice dall'Incis e la cui inclusione nella cosiddetta quota di riserva (con conseguente esclusione della cessione in proprietà) non sia stata notiziata dal medesimo Incis ai sensi e nei modi prescritti dall'art. 10 comma 1 del d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2 (sostituito dall'art. 7 della l. 27 aprile 1962 n. 231), il successivo subingresso, nella posizione di proprietario e concedente, di un istituto autonomo per le case popolari comporta che tale istituto é tenuto a quell'adempimento in precedenza omesso, in considerazione del carattere permanente del relativo obbligo, e che, pertanto, in caso di inosservanza, é responsabile verso lo assegnatario per i danni che gli abbia arrecato, a partire dallo indicato subingresso, a causa del mancato esercizio del diritto di priorità in altre assegnazioni o della perdita dell'opportunità di provvedere diversamente alle proprie esigenze abitative (danni configurabili a prescindere dalla circostanza che l'assegnatario medesimo abbia chiesto il riscatto dell'immobile occupato con domanda inammissibile per violazione delle prescrizioni procedimentali allo uopo fissate).” (Cassazione civile, sez. I, 10 novembre 1989 n. 4768);

• “In tema d'edilizia economica e popolare, l'inclusione di alloggi (ivi compresi quelli dell'INCIS, poi devoluti agli Istituti autonomi per le case popolari) nelle quote di riserva, formate ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2, configura esercizio di potere pubblicistico, regolato da norme d'azione, il quale incide sul diritto degli assegnatari alla cessione, degradandolo ad interesse legittimo, tutelabile davanti al giudice amministrativo. Né tale diritto può essere riconosciuto per effetto della sopravvenienza della nuova disciplina di cui alla l. 8 agosto 1977 n. 513, perché la disposizione transitoria di cui all'art. 27 di questa legge, con riguardo ai rapporti in corso, lascia ferme le condizioni per la cessione fissate dalla precedente normativa.” (Cassazione civile, sez. un., 21 aprile 1989 n. 1887);

• “ Il diritto alla cessione in proprietà di alloggio economico e popolare assegnata in locazione semplice, che sia stato esercitato dall'assegnatario in base alla disciplina fissata dal d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2 e dalla l. 14 febbraio 1963 n. 60 - operante anche dopo la l. 22 ottobre 1971 n. 865 ed il d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1034 - deve essere riconosciuto anche dopo la abrogazione della detta disciplina disposta dalla l. 8 agosto 1977 n. 513, ai sensi e nei limiti posti dalla norma transitoria di cui all'art. 27 della legge medesima (secondo cui le domande per le quali non fosse già stato stipulato il contratto di cessione in proprietà dovevano essere confermate, a pena di decadenza di ogni diritto, entro un termine di sei mesi, poi prorogato al 31 ottobre 1978 dalla l. 5 agosto 1978 n. 457) e non

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può restare escluso dal potere dell'amministrazione concedente di sottrarre il bene alla cessione, includendolo nella quota di riserva (art. 3 del citato decreto del 1959), qualora l'amministrazione stessa non si sia in concreto avvalsa di tale potere. “ (Cassazione civile, sez. I, 4 maggio 1990 n. 3730);

• “Al fine del riconoscimento del diritto alla cessione in proprietà di alloggio economico e popolare, non rileva la circostanza che l'ente assegnante, ai sensi e nel vigore dell'art. 3 del d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2 e dell'art. 7 della l. 27 aprile 1962 n. 231 (abrogati dall'art. 27 della l. 8 agosto 1977 n. 513, integrato dall'art. 52 della l. 5 agosto 1978 n. 457), non abbia esercitato il potere di formare una quota di riserva da escludere dalla cessione, atteso che la formazione di tale quota vale solo ad affievolire le posizioni degli assegnatari degli alloggi in essa inclusi, di modo che, in difetto, tutti gli alloggi assegnati restano cedibili.”(Cassazione civile, sez. un., 12 novembre 1990 n. 10896);

• “ Il diritto alla cessione in proprietà di alloggio economico e popolare assegnato in locazione semplice, che sia stato esercitato dall'assegnatario in base alla disciplina fissata dal d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2 e dalla l. 14 febbraio 1963 n. 60 (operante anche dopo la l. 22 ottobre 1971 n. 865 ed il d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035), deve essere riconosciuto anche dopo l'abrogazione di tale disciplina disposta dalla l. 8 agosto 1977 n. 513, ai sensi e con i limiti posti dalla norma transitoria di cui all'art. 27 della legge medesima, e non può restare escluso dal potere dell'amministrazione concedente di sottrarre il bene alla cessione, includendolo nella quota di riserva, secondo la previsione dell'art. 3 del citato decreto del 1959, qualora l'amministrazione stessa non si sia in concreto avvalsa di detto potere prima dell'entrata in vigore della legge n. 513 del 1977, che lo ha soppresso . In tema di edilizia economica e popolare, anche gli alloggi costruiti in attuazione del programma di cui alla l. 4 novembre 1963 n. 1460 e destinati alla locazione semplice possono essere successivamente ceduti in proprietà, non comportando della legge l'abrogazione della disciplina della l. 17 gennaio 1959 n. 2 bensì solo integrandola, senza che in mancanza di un'espressa modificazione di tale pregressa disciplina la previsione della locazione semplice possa equivalere ad automatica inclusione dell'alloggio nella quota di riserva, ostativa alla cessione in proprietà.” (Cassazione civile, sez. I, 13 giugno 1990 n. 5760);

• “La qualità di assegnatario di alloggio di tipo popolare costituisce, ai sensi del d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2, come modificato dalla l. 27 aprile 1962 n. 231, condizione necessaria, ma non sufficiente per acquisire il diritto alla cessione in proprietà dell'alloggio medesimo, essendo tale diritto escluso con riguardo a quegli alloggi che, con apposito provvedimento amministrativo, vengono inclusi nella quota di riserva, conservata alla proprietà dell'ente assegnante. Ne consegue che soltanto la formazione di tale quota - rendendo individuabili gli alloggi vendibili - segna il momento del sorgere del diritto - tutelabile davanti al giudice ordinario - al relativo acquisto, mentre anteriormente la legittima aspettativa degli assegnatari a conseguire la proprietà degli alloggi occupati ha natura di mero interesse legittimo, tutelabile, anche con riguardo al corretto svolgimento del procedimento di formazione della quota di riserva, davanti al giudice amministrativo. “ (Cassazione civile sez. un., 13 aprile 1992, n. 4478);

• “ In tema di trasferimento in proprietà di alloggi della edilizia residenziale pubblica, l'inclusione di questi nella quota di riserva, formata ai sensi dell'art. 3 d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2, configura esercizio di un potere pubblicistico che incide sul diritto degli assegnatari alla cessione, degradandolo a mero interesse legittimo, anche nei casi in cui la cessione medesima, già domandata nel vigore del

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citato d.P.R. n. 2 del 1959, sia stata poi confermata in base alla disposizione transitoria dell'art. 27 l. 8 agosto 1977 n. 513, la quale, nel coordinare alla disciplina previgente - intesa a favorire l'acquisizione in proprietà - con quella sopravvenuta - intesa, invece, ad espandere il mercato della locazione - non ha in alcun modo soppresso l'istituto della riserva, destinata ad evitare consistenti depauperazioni del patrimonio pubblico, con la conseguenza che l'operatività di esso rimane salva anche a seguito della detta riconferma e può essere fatto valere dall'istituto proprietario come mera difesa, conoscibile, quindi, anche d'ufficio dal giudice adito, per contrastare la domanda giudiziale con la quale l'assegnatario rivendichi il diritto alla cessione.” ( Cassazione civile sez. un., 20 novembre 1992 n. 12389);

• “ La qualità di assegnatario di alloggio di tipo economico e popolare costituisce condizione necessaria, ma non sufficiente, per acquisire il diritto alla cessione in proprietà dell'alloggio medesimo, essendo tale diritto escluso con riguardo a quegli alloggi che, con apposito provvedimento amministrativo, vengono inclusi nella quota di riserva, conservata alla proprietà dell'ente assegnante; senza che assuma rilievo, al fine dell'acquisto di tale diritto, la legge n. 513 del 1977, la quale ha previsto, in via transitoria, che la cessione in proprietà può essere ottenuta solo da chi ne avesse fatto richiesta prima della sua entrata in vigore e ne avesse diritto in base alla previgente disciplina, dettata dagli art. 4 ss. d.P.R. n. 2 del 1959, come modificati dagli art. 2 ss. legge n. 231 del 1962. Queste ultime disposizioni non si pongono manifestamente in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 cost., in quanto, con l'istituzione della quota di riserva, il legislatore ha perseguito, compiendo una valutazione di merito che gli é riservata, il fine di evitare consistenti depauperamenti del patrimonio pubblico, riconoscendo, dall'altra parte, a tutti gli assegnatari l'interesse legittimo alla cessione in proprietà e la tutela, davanti al giudice amministrativo, avverso gli atti della P.A. di destinazione degli immobili all'indicata quota di riserva.” (Cassazione civile sez. I, 13 gennaio 1995, n. 403).

Un punto particolarmente problematico attiene all’individuazione dell’onere probatorio circa l’inclusione o meno dell’alloggio nella quota di riserva. Da alcune pronunce (ad esempio Cass.4479/1992) parrebbe che soltanto la concreta formazione di tale quota diretta a rendere individuabili gli alloggi vendibili segnerebbe il momento del sorgere del diritto tutelabile davanti al giudice ordinario all’acquisto, mentre anteriormente la legittima aspettativa degli assegnatari a conseguire la proprietà degli alloggi occupati ha natura di mero interesse legittimo. Secondo altre e più convincenti pronunce (Cass.5760/1990; Cass.10896/1990; Cass.3730/1990) l’inclusione dell’alloggio nella quota riservata parrebbe ricostruibile in termini di fatto impeditivo (riconducibile all’esercizio di un diritto potestativo dell’Ente) con il conseguente onere probatorio a carico dell’Istituto di aver in concreto esercitato il relativo potere. 4.4.Spartiacque fra la normativa anteriore e posteriore al 1977.

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Particolare importanza assume la determinazione dei diversi regimi dell’acquisizione in proprietà in relazione alla successione nel tempo delle normative. L’applicazione integrale della disciplina - anche per quanto riguarda la determinazione del prezzo di cessione - richiede che all'entrata in vigore della norma abrogatrice dell’art.27 della legge 513/1977 si sia già costituito inter partes un nuovo rapporto obbligatorio avente ad oggetto il trasferimento in proprietà dell'alloggio per effetto della formale accettazione della domanda e della comunicazione del prezzo. Le domande di riscatto presentate dall'interessato nella vigenza della disciplina anteriore all’art.27 della legge 513/1977, ma non ancora accettate dall'ente proprietario o gestore, se confermate entro un certo termine, devono essere esaminate ed accolte, ricorrendone i presupposti, sulla base della previgente disciplina, salvo per quanto concerne la fissazione del prezzo del riscatto, per il quale si applicano le nuove disposizioni del successivo art. 28. Dopo l’entrata in vigore della norma abrogatrice non è invece stato più possibile richieder la cessione in proprietà dell’alloggio da parte di chi non avesse già proposto la relativa domanda:

• “ In tema di cessione in proprietà a favore degli assegnatari di alloggi economici e popolari costruiti in regime di edilizia sovvenzionata, l'art. 27 della l. 8 agosto 1977 n. 513, come integrato dall'art. 52 della l. 5 agosto 1978 n. 457, ha abrogato espressamente, con decorrenza dall'entrata in vigore della legge medesima, la precedente disciplina sancita dal d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2 e dalla l. 14 febbraio 1963 n. 60 e successive modificazioni ed integrazioni, nonché da tutte le disposizioni che, comunque, disciplinavano il trasferimento in proprietà agli assegnatari di alloggi di edilizia pubblica residenziale in locazione semplice, ed ha disposto, con norma transitoria, che le domande di riscatto presentate dall'interessato nella vigenza della disciplina anteriore, ma non ancora accettate dall'ente proprietario o gestore, se confermate entro un certo termine, devono essere esaminate ed accolte, ricorrendone i presupposti, sulla base della previgente disciplina, salvo per quanto concerne la fissazione del prezzo del riscatto, per il quale si applicano le nuove disposizioni del successivo art. 28. Da tanto consegue che l'applicazione integrale della vecchia disciplina - anche per quanto riguarda la determinazione del prezzo di cessione - postula che all'entrata in vigore della norma abrogatrice si sia già costituito inter partes un nuovo rapporto obbligatorio avente ad oggetto il trasferimento in proprietà dell'alloggio per effetto della formale accettazione della domanda e della comunicazione del prezzo. “ (Cassazione civile, sez. I, 9 marzo 1985 n. 1903).

4.5.Momento di passaggio del diritto di proprietà. Per quanto riguarda il trasferimento in proprietà dell'alloggio costruito in attuazione delle norme sull'edilizia residenziale pubblica, ove la domanda dell'assegnatario-conduttore sia stata presentata allorché era in vigore la disciplina prevista dal d.p.r. 17 gennaio 1959 n. 2, l'accettazione della domanda e la comunicazione del prezzo di cessione da parte dell'ente determinavano, in via definitiva, il diritto dell'assegnatario a conseguire la cessione attraverso la stipula dell'apposito contratto di compravendita,

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segnavano il momento dell'acquisizione del diritto di ottenere il riscatto nei termini fissati. In tale ipotesi l'assegnatario non era gravato dall'onere della conferma della domanda ai sensi della legge 513 del 1977, poiché tale onere incombeva solo sui soggetti la cui domanda non fosse stata ancora accettata e per cui, conseguentemente, non fosse ancora stato definito il relativo procedimento amministrativo del quale la comunicazione del prezzo di cessione costituiva un dato essenziale. Nell’ ipotesi di pregressa accettazione della domanda con comunicazione all'assegnatario del prezzo di cessione, operava infatti la norma transitoria di cui all’art.52 della legge 5 agosto 1978 n. 457. Tale disposizione prevede che si consideri stipulato e concluso il contratto di compravendita qualora l'ente proprietario o gestore dell'alloggio abbia accettato la domanda di riscatto e comunicato all'assegnatario il relativo prezzo e va intesa nel senso che il trasferimento di proprietà dell'alloggio deve intendersi avvenuto de iure in presenza degli indicati presupposti, escludendo di conseguenza la necessità della stipulazione di un apposito successivo contratto, salva la possibilità che tale trasferimento, quale effetto identico a quello che si sarebbe ottenuto con la stipulazione stessa, venga rimosso in tutti gli stessi casi che avrebbero consentito la rimozione degli effetti di un contratto realmente compiuto. Il predetto art.52 ha portata integrativa ed interpretativa della disposizione transitoria dell'art. 27 comma 2 della l. 8 agosto 1977 n. 513, al fine della individuazione delle ipotesi in cui l'assegnatario si sottrae all'onere di confermare la domanda di cessione presentata sotto la previgente normativa, e pertanto si riferisce ai soli casi in cui detta accettazione, con comunicazione del prezzo, siano intervenute prima dell'entrata in vigore della legge n. 513 del 1977 Per quel che riguarda la domanda di cessione in proprietà dell'alloggio (confermata dall'assegnatario dopo l'entrata in vigore della l. 8 agosto 1977 n. 513) il procedimento previsto per l'acquisizione in proprietà del bene dall'art. 27 l. 8 agosto 1977 n. 513, come modificato dall'art. 52 l. 5 agosto 1978 n. 457 non può sicuramente ritenersi perfezionato con la semplice comunicazione dell’ente gestore dell’accoglimento della domanda e dell’indicazione del valore venale calcolato dall’U.T.E. mancando l'elemento indefettibile della comunicazione del prezzo, perché valore venale e prezzo di cessione costituiscono dati differenti, essendo il primo soltanto un'entità economica concorrente con altro parametri. In ogni caso la comunicazione dell'accoglimento della domanda di riscatto e la fissazione del prezzo di cessione determinano il sorgere in capo all'assegnatario del diritto definitivo e incontestabile a conseguire la cessione in proprietà dell'alloggio di edilizia residenziale

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pubblica, ma non l'automatico trasferimento della proprietà, che si verifica soltanto con la stipulazione del contratto di compravendita. Infatti dal completamento della procedura indicata deriva solo il definitivo ed incontestabile riconoscimento del diritto dell'assegnatario di conseguire, mediante la stipulazione di un valido contratto privatistico di trasferimento, in forma scritta ad substantiam la cessione in proprietà dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica. Ne consegue che sino a quel momento, e cioè sino al trasferimento, l'ente proprietario o gestore conserva il potere di rilevare ragioni di decadenza dai diritti collegati all'assegnazione (ad esempio, mancata occupazione dell'alloggio da parte dell'assegnatario ed illecita locazione dello stesso a terzi).

• “ In tema di edilizia economica e popolare, con la comunicazione all'assegnatario da parte dell'ente proprietario o gestore (nel caso di specie Iacp) dell'accoglimento della domanda di cessione in proprietà dell'alloggio (confermata dall'assegnatario dopo l'entrata in vigore della l. 8 agosto 1977 n. 513) e del valore venale a questo attribuito dall'U.T.E. e la comunicazione dell'assegnatario della intenzione di acquistare lo immobile al valore venale non può ritenersi perfezionato il procedimento previsto per l'acquisizione in proprietà del bene dall'art. 27 l. 8 agosto 1977 n. 513, come modificato dall'art. 52 l. 5 agosto 1978 n. 457 - che considera stipulato e concluso il contratto di compravendita qualora l'ente proprietario o gestore abbia accettato la domanda di riscatto e comunicato all'assegnatario il relativo prezzo di cessione qualora non previsto per legge - mancando l'elemento indefettibile della comunicazione del prezzo. Ciò perché valore venale e prezzo di cessione costituiscono dati differenti, essendo il primo soltanto un'entità economica che, ai sensi dell'art. 28 della citata l. n. 513 del 1977, come modificato dall'art. 52 della l. n. 457 del 1978, concorre con altri parametri a determinare il prezzo di cessione senza però identificarsi con questo e senza che il prezzo così determinato possa ritenersi "previsto per legge", cioé già legalmente predeterminato in entità monetarie, riferite a superfici (mq) o ad alloggi unitariamente valutati.” (Cassazione civile sez. I, 22 marzo 2000, n. 3371);

• “ In tema di riscatto di alloggio popolare già ceduto in proprietà da parte dell'Istituto autonomo per le case popolari della provincia autonoma di Bolzano, cui é subentrato l'Istituto per l'Edilizia abitativa agevolata della provincia di Bolzano (Ipeaa), si deve ritenere che solo con il completamento della fattispecie prevista dall'art. 13 l. prov. Bolzano 20 aprile 1963 n. 3, e cioé con la comunicazione all'interessato del prezzo stabilito dall'ufficio tecnico provinciale, si determina per quest'ultimo l'impossibilità di revocare la propria proposta implicitamente contenuta nella comunicazione della sua intenzione di vendere a terzi”. (Cassazione civile sez. I, 22 marzo 2000, n. 3353);

• “In tema di trasferimento in proprietà di alloggi costruiti in attuazione delle norme sull'edilizia residenziale pubblica, l'accettazione della relativa domanda da parte dell'ente assegnante non opera la costituzione "ope legis" del vincolo contrattuale, con conseguente trapasso del diritto dominicale in capo all'assegnatario, ma segna soltanto il momento in cui diviene definitivo ed incontestabile il diritto di quest'ultimo a conseguire la

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cessione del bene per effetto della stipula di (successivo ed) apposito contratto di compravendita, l'effettiva maturazione del diritto all'alienazione dell'immobile realizzandosi, pertanto, soltanto in seguito all'incontro delle volontà manifestate da entrambi i soggetti del rapporto, poiché, prima di tale momento, l'assegnatario conduttore vanta soltanto un diritto alla valutazione della sua domanda ed una mera aspettativa alla stipula del contratto di cessione in proprietà.” (Cassazione civile sez. III, 1 ottobre 1999, n. 10890);

• “In materia di edilizia residenziale pubblica, l'effetto traslativo della proprietà dell'alloggio assegnato é prodotto non già dal patto di futura vendita, per il mero avveramento delle condizioni, bensì a seguito della successiva attività negoziale previa ricognizione della sussistenza dei presupposti, senza che nessuna efficacia sanante di eventuali inadempienze dell'assegnatario possa trarsi dal mero completamento del pagamento del prezzo di ogni rateo.” (Cassazione civile sez. I, 24 luglio 1997, n. 6923);

• “ In tema di trasferimento in proprietà di alloggi di edilizia residenziale pubblica già assegnati in locazione semplice, il diritto potestativo di trasformare la locazione in proprietà immediata, previsto dall'art. 29, comma ultimo, della l. 14 febbraio 1963 n. 60, non produce per il solo fatto del suo esercizio il trasferimento automatico della proprietà dell'alloggio all'assegnatario, ma conferisce a quest'ultimo il diritto (personale) alla stipula del contratto di cessione della proprietà anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 27 l. 8 agosto 1977 n. 513, come integrato dall'art. 52 l. 5 agosto 1978 n. 457, dovendosi escludere che possa essere interpretato nel senso che la norma, nella ricorrenza dei presupposti ivi indicati, abbia ammesso il trasferimento immediato ed automatico del diritto di proprietà dell'alloggio in favore dell'assegnatario.” (Cassazione civile sez. I, 27 gennaio 1997, n. 800);

• “ Ai sensi dell'art. 27 l. n. 513 del 1977, come modificato dall'art. 52 l. n. 457 del 1978, la comunicazione dell'accoglimento della domanda di riscatto e la fissazione del prezzo di cessione determinano il sorgere in capo all'assegnatario del diritto definitivo e incontestabile a conseguire la cessione in proprietà dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica, ma non l'automatico trasferimento della proprietà, che si verifica soltanto con la stipulazione del contratto di compravendita.” (Cassazione civile sez. I, 6 dicembre 1996, n. 10885);

• “ La l. 15 marzo 1986 n. 74 che con efficacia, retroattiva, ha assoggettato al riscatto di cui al d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2 e successive modificazioni gli alloggi costruiti a Trieste dal governo militare alleato con fondi dello Stato italiano, poi assegnati in godimento a varie categorie di dipendenti delle amministrazioni civili e militari dello Stato, non attribuisce all'assegnatario, che prima della sua entrata in vigore ha presentato domanda di riscatto ed ha ricevuto dall'amministrazione proprietaria la comunicazione del relativo prezzo, la proprietà dell'alloggio, ma soltanto il definitivo ed incontestabile diritto a conseguire la cessione mediante la stipulazione del contratto di compravendita. Pertanto fino alla formale stipulazione di tale contratto - soggetto alla forma scritta "ad substantiam" l'assegnatario mantiene la disponibilità dell'alloggio non "iure proprietatis", ma ad un titolo "lato sensu" locativo, per cui é tenuto a corrispondere, quale corrispettivo del godimento, un canone sociale - per il disposto dell'art. 26, lett. b) della l. 27 luglio 1978 n. 392 non

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equiparabile al canone delle ordinarie locazioni abitative - senza che possano essere imputati a canone gli interessi legali sul prezzo di cessione previsti dal comma 3 dell'art. 2 della legge n. 74 del 1986 e senza che il ritardo nel trasferimento della proprietà é nel pagamento del prezzo, in presenza delle insuperabili difficoltà interpretative della legge previgente riconosciute dal legislatore del 1986, possa ritenersi imputabile a colpevole inerzia della p.a.” (Cassazione civile sez. I, 5 maggio 1995, n. 4912);

• “Con riguardo al trasferimento in proprietà dell'alloggio costruito in attuazione delle norme sull'edilizia residenziale pubblica, ove la domanda dell'assegnatario-conduttore sia stata presentata nel tempo in cui era in vigore la disciplina prevista dal d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2 (e confermata secondo le previsioni transitorie della l. n. 513 del 1977, come interpretata ed integrata dall'art. 52 della l. 5 agosto 1978 n. 457) l'accettazione della domanda e la comunicazione del prezzo di cessione da parte dell'ente determinano, in via definitiva, il diritto dell'assegnatario a conseguire la cessione attraverso la stipula dell'apposito contratto di compravendita, sicché l'accettazione della domanda e la comunicazione del prezzo di cessione, mentre segnano il momento dell'acquisizione del diritto di ottenere il riscatto nei termini fissati, esimono l'assegnatario dall'onere della conferma della domanda. Siffatto onere grava, infatti sui soggetti la cui domanda non sia stata ancora accettata e, conseguentemente, non sia stato definito il relativo procedimento amministrativo per il quale la comunicazione del prezzo di cessione costituisce un dato essenziale.” (Cassazione civile sez. I, 30 marzo 1995, n. 3776);

• “Il divieto di cessione in sublocazione a terzi dell'alloggio economico e popolare oggetto di assegnazione sussiste, a carico dell'assegnatario con patto di futura vendita (così come a carico dell'assegnatario semplice), fino a quando, con la stipula del contratto, non si perfezioni il trasferimento della proprietà dell'immobile e questo esca dal patrimonio dell'ente, né resta escluso dalla presentazione, da parte dell'assegnatario, della domanda di riscatto, ancorché questa sia da considerarsi accettata a norma della legge n. 457 del 1978, atteso che la disposizione transitoria dettata in ordine a siffatta accettazione dell'art. 52 comma 3 di tale ultima legge va intesa non nel senso della costituzione ope legis del vincolo contrattuale e del conseguente trapasso di proprietà, bensì in quello della definitività ed incontestabilità del diritto dell'assegnatario a conseguire la cessione mediante la stipula del contratto di compravendita.” (Cassazione civile sez. I, 3 agosto 1994, n. 7211);

• “Alla stregua della disciplina dettata dall'art. 27 l. 8 agosto 1977 n. 513, come interpretato ed integrato dall'art. 52 della l. 5 agosto 1978 n. 457, ove siano intervenute la domanda di riscatto dell'interessato, l'accettazione della domanda e la comunicazione del prezzo di cessione dell'assegnatario, non si verifica la costituzione "ope legis" del vincolo contrattuale con conseguente trapasso della proprietà. dovendosi interpretare l'espressione contenuta nel predetto art. 52 - "si considera stipulato e concluso il contratto di compravendita" - nel senso che dal completamento della procedura innanzi indicata deriva solo il definitivo ed incontestabile riconoscimento del diritto dell'assegnatario di conseguire, mediante la stipulazione di un valido contratto privatistico di trasferimento, la cessione in proprietà dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica.” (Cassazione civile sez. I, 17 dicembre 1994, n. 10873);

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• “ In tema di trasferimento in proprietà di alloggi di edilizia residenziale pubblica già assegnati in locazione semplice, il diritto dell'assegnatario a cui sia stata comunicata l'accettazione della sua domanda di assegnazione in proprietà dell'alloggio, non si inserisce in un rapporto privatistico, in cui l'amministrazione abbia assunto l'impegno a contrattare mediante preliminare, ma in un rapporto con connotati pubblicistici che, se non ne consente la tutela con esecuzione in forma specifica del correlativo obbligo a norma dell'art. 2932 c.c., non esclude la possibilità dell'azione risarcitoria per la riparazione del danno derivante dalla mancata stipulazione, che realizza comunque un inadempimento contrattuale del quale la pubblica amministrazione deve rispondere, ai sensi dell'art. 1218 c.c., se non prova che l'inadempimento o il ritardo é dipeso da causa ad essa non imputabile.”(Cassazione civile sez. II, 14 luglio 1994, n. 6621);

• “Nel caso di alloggi di edilizia economica e popolare assegnati con promessa di futura vendita non trovano applicazione le norme di cui agli art. 27 l. 8 agosto 1977 n. 513 e 52 l. 5 agosto 1978 n. 457, che concernono esclusivamente gli alloggi di edilizia residenziale pubblica assegnati in locazione semplice, per cui il trasferimento della proprietà si realizza, non quando sia stato completato il pagamento del prezzo, bensì soltanto allorché sia stata perfezionata quell'attività negoziale che implica il riconoscimento, da parte dell'istituto, dell'esistenza dei presupposti fissati dalla normativa per l'esercizio del diritto dell'assegnatario al trasferimento stesso, con la conseguenza che l'ente proprietario o gestore, prima di trasferire la proprietà dell'alloggio, può ancora rilevare ragioni di decadenza dell'assegnatario dal diritto, collegate all'assegnazione con patto di futura vendita.” (Cassazione civile sez. I, 10 settembre 1993, n. 9468);

• “In tema di assegnazione di alloggi economici e popolari con patto di futura vendita, il trasferimento della proprietà dell'alloggio non si determina automaticamente con l'esercizio della facoltà di riscatto (non applicandosi ad essa l'art. 52 legge n. 457 del 1978, relativo al trasferimento di alloggi di edilizia residenziale pubblica assegnati in locazione semplice), né con il completo pagamento del prezzo, ma solo quando sia stata perfezionata l'attività negoziale implicante il riconoscimento, da parte dell'istituto, dell'esistenza dei presupposti fissati dalla legge per l'esercizio del diritto del trasferimento medesimo; con la conseguenza che l'ente proprietario o gestore conserva, fino a detto trasferimento, il potere di rilevare ragioni di decadenza dai diritti collegati all'assegnazione. (Nella specie, mancata occupazione dell'alloggio da parte dell'assegnatario ed illecita locazione dello stesso a terzi).” (Cassazione civile sez. I, 24 luglio 1993, n. 8312);

• “Al fine del perfezionarsi del contratto di trasferimento in favore dell'assegnatario, della proprietà di alloggio dell'edilizia residenziale pubblica, non può ritenersi sufficiente la proposta negoziale, ravvisabile nell'atto con cui l'ente assegnante manifesti la volontà di accogliere l'istanza di riscatto e determini il corrispettivo, ancorché documentalmente provato, tenendo conto che detto contratto é soggetto alla forma scritta "ad substantiam", e che, quindi, la sua conclusione non é ricollegabile ad un consenso per "facta concludentia", né alla mera esecuzione della prestazione senza preventiva accettazione della proposta.” (Cassazione civile sez. I, 8 agosto 1992, n. 9399);

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• “In tema di assegnazione di alloggi economici e popolari con patto di futura vendita, il trasferimento della proprietà dell'alloggio non si determina automaticamente con l'esercizio della facoltà di riscatto (non applicandosi ad essa l'art. 52 legge n. 457 del 1978, relativo al trasferimento di alloggi di edilizia residenziale pubblica assegnati in locazione semplice), né con il completo pagamento del prezzo, ma solo quando sia stata perfezionata l'attività negoziale implicante il riconoscimento, da parte dell'istituto, dell'esistenza dei presupposti fissati dalla legge per l'esercizio del diritto del trasferimento medesimo; con la conseguenza che l'ente proprietario o gestore conserva, fino a detto trasferimento, il potere di rilevare ragioni di decadenza dai diritti collegati all'assegnazione. (Nella specie, mancata occupazione dell'alloggio da parte dell'assegnatario ed illecita locazione dello stesso a terzi).” (Cassazione civile sez. I, 24 luglio 1993, n. 8312);

• “Al fine del perfezionarsi del contratto di trasferimento, in favore dell'assegnatario, della proprietà di alloggio dell'edilizia residenziale pubblica, non può ritenersi sufficiente che la proposta negoziale, ravvisabile nell'atto con cui l'ente assegnante manifesti la volontà di accogliere l'istanza di riscatto e determini il corrispettivo, ancorché documentalmente provato, tenendo conto che detto contratto é soggetto alla forma scritta "ad substantiam", e che, quindi, la sua conclusione non é ricollegabile ad un consenso "per facta concludentia", né alla mera esecuzione della prestazione senza preventiva accettazione della proposta.” (Cassazione civile sez. I, 8 agosto 1992 n. 9399);

• “Il divieto di cessione ad altri dell'alloggio economico e popolare oggetto di assegnazione, previsto e sanzionato dall'art. 17 lett. a) d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035, sussiste a carico tanto dell'assegnatario in locazione semplice quanto dell'assegnatario con patto di futura vendita, fino a quando non si perfezioni il trasferimento della proprietà con la stipulazione del relativo contratto, e non resta escluso dalla circostanza che l'ente assegnante abbia autorizzato la sublocazione, alla stregua di esigenze peculiari e transitorie di detto assegnatario, ove il termine all'uopo fissato con il provvedimento autorizzatorio sia scaduto e non siano sopravvenuti altri analoghi provvedimenti (su sollecitazione dell'assegnatario medesimo).” (Cassazione civile sez. I, 13 novembre 1991 n. 12125);

• “L'alloggio di edilizia popolare ed economica, per il quale non sia stato corrisposto integralmente il prezzo non é suscettibile di pignoramento, in danno dell'assegnatario, perché, prima del detto pagamento, l'immobile deve ritenersi compreso tra i beni patrimoniali indisponibili dell'ente concedente.” (Cassazione civile sez. III, 9 ottobre 1990 n. 9912);

• “L'art. 27 della legge n. 513 del 1977, come modificato dall'art. 52 della legge n. 457 del 1978, nella parte in cui, dopo aver abrogato la previgente normativa in materia di trasferimento in proprietà degli alloggi di edilizia residenziale pubblica già assegnati in locazione semplice, e dopo avere imposto l'onere della rinnovazione delle domande di cessione già proposte con esclusivo riferimento ai casi in cui l'ente proprietario o gestore non abbia ancora espresso la sua volontà al riguardo, stabilisce, per il diverso caso di pregressa accettazione della domanda con comunicazione all'assegnatario del prezzo di cessione, che si considera "stipulato e concluso" il contratto di compravendita, va interpretato nel senso che il trasferimento di

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proprietà dell'alloggio deve intendersi avvenuto de iure in presenza degli indicati presupposti, escludendo di conseguenza la necessità della stipulazione di un apposito successivo contratto, salva la possibilità che tale trasferimento, quale effetto identico a quello che si sarebbe ottenuto con la stipulazione stessa, venga rimosso in tutti gli stessi casi che avrebbero consentito la rimozione degli effetti di un contratto realmente compiuto.” (Cassazione civile, sez. I, 8 agosto 1990 n. 8006);

• “In tema di trasferimento in proprietà di alloggi di edilizia economica residenziale pubblica, già assegnati in locazione semplice, la disciplina transitoria fissata dall'art. 27 legge n. 513 del 1977, come interpretato ed integrato dall'art. 52 legge n. 457 del 1978, regola compiutamente tutti i rapporti ancora pendenti, al momento della sua entrata in vigore; pertanto, se l'istituto proprietario o gestore non abbia già accettato la domanda di riscatto, comunicando all'assegnatario il prezzo per la richiesta cessione, é onere dell'assegnatario di confermare a pena di decadenza, entro 6 mesi, la domanda di riscatto; mentre qualora siano già intervenute in precedenza l'accettazione della domanda di riscatto e la comunicazione del prezzo, la norma stessa espressamente prevede e stabilisce che si considera come se fosse stato stipulato e concluso il contratto di compravendita.”(Cassazione civile sez. I, 8 agosto 1990 n. 8007);

• “L'esercizio, da parte dell'assegnatario, della facoltà di riscatto dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica non determina l'automatico trasferimento, a costui, della proprietà del bene: i fatti successivi alla domanda di riscatto, pertanto, che facciano venir meno i requisiti per la conservazione della qualità di assegnatario, ben possono dar luogo alla revoca dell'assegnazione.” (Cassazione civile, sez. I, 26 marzo 1988 n. 2593);

• “In tema di trasferimento in proprietà di alloggi di edilizia residenziale pubblica già assegnati in locazione, la disposizione dettata dall'art. 52, l. 5 agosto 1978 n. 457 a modifica dell'art. 27, l. 8 agosto 1977 n. 513, in quanto ricollega all'accettazione della domanda di cessione ed alla comunicazione del prezzo all'assegnatario la presunzione legale di avvenuta stipulazione e conclusione del contratto di compravendita, richiede che ad iniziativa dell'ente proprietario o gestore sia data all'assegnatario, con atto a lui specificamente indirizzato, comunicazione del prezzo con riferimento alla domanda di cessione, sicché di tale comunicazione non può tener luogo l'affissione, non richiesta dall'ente, d'un verbale d'una commissione incaricata di determinare il prezzo di cessione di più alloggi, trattandosi di atto che non soddisfa all'esigenza di specificità e personalità della comunicazione, che concorre, secondo la norma, alla funzione di accettazione della richiesta di cessione.” (Cassazione civile, sez. I, 21 febbraio 1990 n. 1294);

• “In tema di edilizia residenziale pubblica, l'art. 52 della l. 5 agosto 1978 n. 457, ove dispone che si considera stipulato e concluso il contratto di compravendita qualora l'ente proprietario o gestore dell'alloggio abbia accettato la domanda di riscatto e comunicato all'assegnatario il relativo prezzo, ha portata integrativa ed interpretativa della disposizione transitoria dell'art. 27 comma 2 della l. 8 agosto 1977 n. 513, al fine della individuazione delle ipotesi in cui l'assegnatario si sottrae all'onere di confermare la domanda di cessione presentata sotto la previgente normativa, e, pertanto, si riferisce ai soli casi in cui detta accettazione, con comunicazione del prezzo, siano intervenute prima

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dell'entrata in vigore della citata legge n. 513 del 1977.” (Cassazione civile, sez. I, 30 novembre 1988 n. 6487).

4.6.Restrizione del diritto di riscatto ai soli immobili abitativi. Il diritto di riscatto vale solo per gli immobili caratterizzati dalla destinazione abitativa:

• “ É escluso il diritto di riscatto, prevista dall'art. 27 l. 8 agosto 1977 n. 513, come interpretato e integrato dall'art. 52 l. 5 agosto 1978 n. 457, a favore del conduttore di immobile non adibito ad abitazione perché la normativa predetta, avuto riguardo alla sua "ratio", é applicabile soltanto agli immobili adibiti ad alloggio. “ (Cassazione civile sez. II, 8 maggio 1998, n. 4664).

4.7 Ammissibilità dell’azione ex art.2932 c.c. La giurisprudenza in tema di trasferimento in proprietà di alloggi di edilizia residenziale pubblica già assegnati in locazione semplice, è orientata a sostenere che il diritto dell'assegnatario a cui sia stata comunicata l'accettazione della sua domanda di assegnazione in proprietà dell'alloggio, non si inserisce in un rapporto privatistico, in cui l'amministrazione abbia assunto l'impegno a contrattare mediante preliminare, ma in un rapporto con connotati pubblicistici che non ne consente la tutela con esecuzione in forma specifica del correlativo obbligo a norma dell'art. 2932 c.c.:

• “ In tema di trasferimento in proprietà di alloggi di edilizia residenziale pubblica già assegnati in locazione semplice, il diritto dell'assegnatario a cui sia stata comunicata l'accettazione della sua domanda di assegnazione in proprietà dell'alloggio, non si inserisce in un rapporto privatistico, in cui l'amministrazione abbia assunto l'impegno a contrattare mediante preliminare, ma in un rapporto con connotati pubblicistici che, se non ne consente la tutela con esecuzione in forma specifica del correlativo obbligo a norma dell'art. 2932 c.c., non esclude la possibilità dell'azione risarcitoria per la riparazione del danno derivante dalla mancata stipulazione, che realizza comunque un inadempimento contrattuale del quale la pubblica amministrazione deve rispondere, ai sensi dell'art. 1218 c.c., se non prova che l'inadempimento o il ritardo é dipeso da causa ad essa non imputabile.”(Cassazione civile sez. II, 14 luglio 1994, n. 6621);

• “In tema di trasferimento in proprietà di alloggi di edilizia residenziale pubblica, il diritto alla stipulazione del contratto di cessione non si inserisce in un rapporto privatistico, in cui l'amministrazione abbia assunto l'impegno a contrattare mediante preliminare, bensì in un rapporto con connotati pubblicistici, con la conseguenza che tale diritto non é suscettibile di tutela con esecuzione in forma specifica del correlativo obbligo ai sensi dell'art. 2932 c.c.” (Cassazione civile, sez. II, 16 giugno 1989 n. 2899);

• “In tema di trasferimento in proprietà di alloggi di edilizia residenziale pubblica già assegnati in locazione semplice, la disciplina transitoria fissata dall'art. 27 della l. 8 agosto 1977 n. 513, come interpretato ed integrato dall'art. 52 della l. 5 agosto 1978 n. 457, la quale regola compiutamente tutti i rapporti ancora pendenti al momento della sua entrata in vigore, allorché dispone, in relazione alle domande di cessione in proprietà

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per cui l'ente proprietario o gestore abbia già fatto la comunicazione del prezzo, che si considera stipulato e concluso il contratto di compravendita, non va intesa nel senso della costituzione ope legis del vincolo contrattuale e del conseguente trapasso di proprietà, bensì in quello della definitività ed incontestabilità del diritto dell'assegnatario a conseguire la cessione mediante la stipulazione del contratto, tale diritto, peraltro, non é suscettibile di tutela con esecuzione in forma specifica del correlativo obbligo di detto ente, a norma dell'art. 2932 c.c., in considerazione dei connotati pubblicistici del relativo rapporto. “(Cassazione civile, sez. I, 30 gennaio 1985 n. 577);

Tuttavia allorché la pubblica amministrazione, per la migliore realizzazione degli interessi generali ad essa affidati, ricorra allo strumento privatistico del contratto preliminare, come nel caso di contratto preliminare di vendita di alloggio economico e popolare che venga stipulato con l'impegno di addivenire al definitivo in esito all'integrale pagamento del prezzo previsto l’esclusione del rimedio di cui all’art.2932 c.c. non trova alcuna giustificazione: • “Qualora la pubblica amministrazione, per la migliore realizzazione degli

interessi generali ad essa affidati, ricorra allo strumento privatistico del contratto preliminare, come nel caso di contratto preliminare di vendita di alloggio economico e popolare che venga stipulato con l'impegno di addivenire al definitivo in esito all'integrale pagamento del prezzo previsto (in alternativa al contratto di vendita con riserva della proprietà, nella disciplina fissata dal d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2, modificato dalla l. 27 aprile 1962 n. 231), deve riconoscersi al promissario, a fronte di un ingiustificato rifiuto alla stipulazione del definitivo, nonché nel persistente concorso delle condizioni iniziali che avevano indotto l'amministrazione medesima ad approvare ed autorizzare l'operazione, la facoltà di adire il giudice ordinario, per ottenere una sentenza che tenga luogo del contratto non concluso, a norma dell'art. 2932 c.c., poiché tale pronuncia, non configurando un provvedimento esecutivo per la realizzazione coattiva di un facere della p.a., né interferendo sul potere dispositivo delle parti, ma bensì integrando un atto costitutivo rivolto ad attuare direttamente la volontà della legge in relazione all'accertamento dell'imputabile inadempienza del soggetto obbligato alla prestazione, non implica alcuna violazione del divieto di annullare, revocare o sostituire l'atto amministrativo, posto dall'art. 4 della l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E.”(Cassazione civile, sez. I, 29 aprile 1986 n. 2968);

• “Qualora la p.a., per la migliore realizzazione degli interessi generali ad essa affidati, ricorra allo strumento privatistico del contratto preliminare - come nel caso di preliminare di vendita di alloggio economico e popolare che venga stipulato con l'impegno di addivenire al contratto definitivo in esito all'integrale pagamento del prezzo previsto - deve riconoscersi al promissario, a fronte di un ingiustificato rifiuto alla stipulazione del definitivo, nonché nel persistente concorso delle condizioni iniziali che avevano indotto l'amministrazione medesima ad approvare ed autorizzare l'operazione, la facoltà di adire il giudice ordinario, per ottenere una sentenza che tenga luogo del contratto non concluso, a norma dell'art. 2932 c.c., atteso che siffatta pronuncia, non configurando un provvedimento esecutivo per la

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realizzazione coattiva di un facere della p.a., né interferendo sul potere dispositivo delle parti, ma bensì configurando un atto costitutivo rivolto ad attuare direttamente la volontà della legge, in relazione all'accertamento dell'imputabile inadempienza del soggetto obbligato alla prestazione del consenso, non implica alcuna violazione del divieto di annullare, revocare o sostituire l'atto amministrativo, posto dall'art. 4 della l. 20 marzo 1865 n. 2248, all. E. “(Cassazione civile, sez. I, 31 gennaio 1986 n. 615);

• “É proponibile dal promissario nei confronti dell'I.A.C.P. l'azione ex art. 2932 c.c. per l'esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare di vendita di alloggio di tipo economico e popolare.”(Cassazione civile, sez. un., 7 ottobre 1983 n. 5838);

4.8. Il diritto al risarcimento danno Anche prima del ribaltamento giurisprudenziale inaugurato dalla sentenza n.500 del 1999 della Sezioni Unite della Corte di Cassazione in tema di risarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo, nel caso di ritardo colpevole dell'istituto assegnante nella procedura di cessione, è stato normalmente riconosciuto dalla giurisprudenza all'assegnatario la possibilità di adire il giudice ordinario, per il risarcimento del danno consequenziale, anche in relazione al maggior esborso che si renda necessario per ottenere la proprietà dell'immobile, ai sensi della disciplina transitoria di cui all'art. 27 della citata legge n. 513 del 1977, integrato dall'art. 52 della legge n. 457 del 1978 (che ha reso applicabili ai rapporti pendenti i nuovi e meno favorevoli criteri di determinazione del prezzo):

• “In tema di edilizia economica e popolare, la facoltà di conseguire la cessione in proprietà dell'alloggio, che l'assegnatario abbia maturato nel concorso dei requisiti relativi, secondo la disciplina di cui al d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2 ed alla l. 14 febbraio 1963 n. 60, integra una posizione di diritto soggettivo, sottratta alla discrezionalità dell'amministrazione, e mantiene tale consistenza anche dopo la sopravvenienza delle l. 8 agosto 1977 n. 513 e 5 agosto 1978 n. 457. Pertanto, nel caso di ritardo colpevole dell'istituto assegnante nella procedura di cessione, deve riconoscersi all'assegnatario la possibilità di adire il giudice ordinario per il risarcimento del danno, anche in relazione al maggior esborso necessario per l'acquisizione in proprietà, stante il disposto dell'art. 27 della cit. legge n. 513 del 1977, integrato dall'art. 52 della legge n. 457 del 1978, (che rende applicabile ai rapporti pendenti i nuovi e meno favorevoli criteri di determinazione del prezzo). Con riguardo alla domanda di cessione in proprietà di alloggio dell'edilizia residenziale pubblica - ed al fine della applicazione dell'art. 52 comma 1 della l. 5 agosto 1978 n. 457 (norme rivolte a temperare gli effetti retroattivi della disciplina, meno favorevole, dettata dalla l. 8 agosto 1977 n. 513 per la determinazione del prezzo della cessione) - l'accettazione della domanda medesima e, quindi, la conclusione del contratto, che preclude l'applicazione dei nuovi criteri non é ravvisabile nel mero silenzio dell'ente assegnante o nel non aver esso provveduto alla revoca dell'assegnazione, occorrendo invece, nel regime anteriore all'entrata in vigore della citata legge n. 513 del 1977, il perfezionamento del procedimento predisposto alla determinazione del prezzo suddetto e la successiva comunicazione di questo agli interessati, da parte dell'ente

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medesimo, tenuto poi a provvedere, entro 60 giorni da tale comunicazione alla stipulazione del contratto (art. 10 l. 17 gennaio 1959 n. 2, sostituito dall'art. 7 della l. 27 aprile 1962 n. 231). Ne consegue che le more del detto procedimento, non affidato alla competenza dell'ente assegnante, non comportano responsabilità di questo per la mancata fruizione, da parte dell'interessato, dei più favorevoli criteri di determinazione del prezzo di cessione sostituiti prima della stipulazione del relativo contratto, mentre una responsabilità può ipotizzarsi con esclusivo riguardo al ritardo nella comunicazione di cui sopra, operando in tal caso il principio secondo cui - indipendentemente dalla fissazione di un termine e da parte del giudice, ai sensi dell'art. 1183 c.c. - quando l'obbligato, sebbene non costituito in mora, ritardi oltre l'adempimento oltre il limite della normale tollerabilità ovvero il termine che appaia congruo per la particolare prestazione di cui trattasi, questa diviene esigibile.””(Cassazione civile sez. un., 9 novembre 1992 n. 12072);

• “In tema di edilizia economica e popolare, la facoltà di conseguire la cessione in proprietà dell'alloggio, che l'assegnatario abbia maturato, nel concorso dei relativi requisiti, nella disciplina di cui al d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2 ed alla l. 14 febbraio 1963 n. 60, integra una posizione di diritto soggettivo, sottratta a discrezionalità dell'amministrazione, e mantiene tale consistenza anche dopo la sopravvenienza della nuova normativa delle l. 8 agosto 1977 n. 513 e 5 agosto 1978 n. 457. Pertanto, nel caso di ritardo colpevole dell'istituto assegnante nella procedura di cessione, deve riconoscersi all'assegnatario la possibilità di adire il giudice ordinario, per il risarcimento del danno subito per effetto della lesione di quel diritto, anche in relazione al maggior esborso che si renda necessario per ottenere la proprietà dell'immobile, ai sensi della disciplina transitoria di cui all'art. 27 della citata legge n. 513 del 1977, integrato dall'art. 52 della legge n. 457 del 1978 (il quale rende applicabili ai rapporti pendenti i nuovi e meno favorevoli criteri di determinazione del prezzo).” (Cassazione civile, sez. un., 29 marzo 1989 n. 1551);

• “In materia di trasferimento di proprietà agli assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica assegnati in locazione semplice e in caso di domanda risarcitoria formulata dall'assegnatario, che lamenti la ritardata conclusione del procedimento di cessione e chieda il ristoro dei danni che assuma essergli derivati da "ius superveniens", modificativo "in peius" di una pregressa disciplina (nella specie della l. 8 agosto 1977 n. 513 in tema di edilizia economica e popolare), la prevedibilità del danno si pone, secondo l'art. 1225 c.c., come limite, e quindi come autonomo requisito di determinazione, del danno risarcibile, con la conseguenza che incombe al creditore l'onere di fornirne la prova; l'indagine relativa a tale prevedibilità, da riscontrarsi nella specie con riguardo alla normale evolutività della legislazione, é riservata al giudice del merito, ancorché la prevedibilità da considerare non sia quella del singolo contraente, ma quella astratta inerente ad una categoria di rapporti, secondo le ordinarie regole di comportamento dei soggetti economici.” (Cassazione civile sez. I, 11 marzo 1992 n. 2910);

• “In tema di edilizia economica e popolare, la facoltà di conseguire la cessione in proprietà dell'alloggio, che l'assegnatario abbia maturato, nel concorso dei relativi requisiti, nella disciplina di cui al d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2 ed alla l. 14 febbraio 1963 n. 60, integra una posizione di diritto soggettivo, sottratta a discrezionalità dell'amministrazione, e mantiene tale consistenza anche dopo la sopravvenienza della nuova normativa delle l. 8 agosto 1977 n.

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513 e 5 agosto 1978 n. 457. Pertanto, nel caso di ritardo colpevole dell'istituto assegnante nella procedura di cessione, deve riconoscersi all'assegnatario la possibilità di adire il giudice ordinario, per il risarcimento del danno subito per effetto della lesione di quel diritto, anche in relazione al maggior esborso che si renda necessario per ottenere la proprietà dell'immobile, ai sensi della disciplina transitoria di cui all'art. 27 della citata legge n. 513 del 1977, integrato dall'art. 52 della legge n. 457 del 1978 (il quale rende applicabili ai rapporti pendenti i nuovi e meno favorevoli criteri di determinazione del prezzo).“ (Cassazione civile, sez. un., 29 marzo 1989 n. 155).

5. La tutela dell’assegnatario verso i terzi. 5.1. I casi di sussistenza di un rapporto locatizio. Per tutte le ipotesi in cui sussista un vero e proprio contratto di locazione fra Ente gestore e singolo assegnatario, il ventaglio delle forme di tutela spettanti all’assegnatario nei confronti dei terzi può essere agevolmente ricostruito sulla base dello schema locativo, anche nel caso in cui l’assegnatario abbia fatto valere il diritto alla cessione in proprietà. Infatti sino al momento del passaggio in proprietà dell’alloggio i rapporti fra Ente proprietario o gestore e singolo assegnatari risultano regolati da un vero e proprio contratto di locazione. 5.1.1. Le azioni possessorie. In tali ipotesi, quindi, nei confronti dei terzi estranei (o comunque anche nei riguardi di altri assegnatari) all’assegnatario quale detentore autonomo, qualificato e nell’interesse proprio del bene immobile compete la tutela possessoria e cioè quantomeno l’azione di reintegrazione contro lo spoglio violento o clandestino, da chiunque compiuto. La spettanza dell’azione di manutenzione ex art.1170 c.c. dovrebbe essere esclusa, poiché la legittimazione attiva è accordata al solo possessore,senza l’estensione di tutela a favore del detentore non per ragioni di servizio o ospitalità contemplata dal secondo comma dell’art.1168 c.c. per l’azione di reintegrazione. Sul punto la giurisprudenza di legittimità è copiosa (Cass.16.4.1981 n.2298; Cass.7.4.1986 n.1448;Cass.24.2.196 n.1448) e gode l’avallo della Corte Costituzionale che con la decisione del 26.3.1990 n.151 ha dichiarato inammissibile, trattandosi di questione di politica legislativa, la questione di costituzionalità dell’art.1170 c.c. nella parte in cui non riconosceva l’azione di manutenzione anche a favore del detentore verso chiunque (eccezion fatta per il possessore mediato). Merita tuttavia di essere rimarcato che dal principio di cui all’art.1585, 2° comma, c.c., secondo cui il locatore non è tenuto a garantire il conduttore dalle molestie di terzi che non pretendano di aver diritti sul bene e il conduttore è autonomamente legittimato ad agire contro tali terzi in nome proprio, alcune sentenze hanno tratto una concorrente legittimazione del

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detentore – conduttore in locazione anche sotto il profilo possessorio (e non solo sotto il profilo risarcitorio ex art.2043 c.c.):

• “Si ha molestia di fatto - contro la quale il locatore non e' tenuto a garantire il conduttore, ai sensi del comma 2 dell'art. 1585 c.c. - qualora il pregiudizio al conduttore medesimo derivi da un atto illecito aquiliano del terzo, senza che venga posto in questione, ne' direttamente ne' indirettamente, il diritto del conduttore stesso al godimento della cosa locata. (Nella specie, il conduttore di un immobile aveva chiesto la condanna del proprietario del fondo limitrofo a provvedere alla potatura della siepe di cipressi a confine, onde impedire la riduzione di luce ed aria che la crescita incontrollata delle piante aveva provocato nel proprio giardino. La sentenza impugnata, avendo qualificato quella proposta come azione di manutenzione del possesso, gli aveva negato la legittimazione nella sua qualita' di mero conduttore dell'immobile. La S.C., in applicazione del principio di diritto di cui alla massima, ha cassato la predetta sentenza).” (Cassazione civile sez. II, 26 gennaio 1995, n. 939);

• “L'esonero del locatore dalla garanzia per molestie di fatto subite ad opera di terzi dal conduttore presuppone l'immissione di quest'ultimo nella detenzione qualificata del bene che avviene con la consegna ex art. 1617 c.c., giacche' prima di tale momento il conduttore non e' in grado di difendersi dalle molestie dei terzi mediante le azioni possessorie (art. 1168, 1170 c.c.) non essendo nel possesso e neppure nella mera detenzione della cosa.” (Cassazione civile sez. III, 29 maggio 1992 n. 6485).

5.1.2. Le azioni di nunciazione. La qualificazione del potere di fatto dell’assegnatario in termini di possesso o detenzione riverbera inoltre sulla possibilità di esperimento da parte sua della denuncia di nuova opera e di danno temuto, azioni che pacificamente competono al solo possessore (Cass. 31.1.1983 n.848). All’assegnatario mero conduttore, quale detentore, non competono quindi le azioni di denuncia di nuova opera e di danno temuto. 5.1.3. L’azione ex art.844 c.c. Non vi è invece dubbio che all’assegnatario in locazione, pur qualificato come detentore autonomo competa la legittimazione attiva ai sensi dell’art.844 c.c. per agire nei confronti di chi provochi immissioni eccedenti la normale tollerabilità, come conferma la sentenza 11.11.1992 n.11.633, con cui la Cassazione si è decisamente orientata per il riconoscimento della legittimazione attiva in estensione analogica dell’art.844 c.c. anche ai titolari di diritti personali di godimento sul fondo, quali il conduttore e il promissario acquirente nel c.d. “preliminare ad effetti anticipati”, con l’esclusione peraltro della sola possibilità di richiedere modificazioni strutturali dell’immobile da cui provengono le immissioni (Cass.21.12.1994 n.1653; Cass.22.12.1995 n.13.069). In ogni caso la disposizione di cui all’art.7 c.p.c., come modificato dall’art.17 della legge n.374 del 1991, reca decisivo conforto alla tesi della sussistenza della legittimazione attiva anche in capo ai detentori: la norma

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infatti, che attribuisce al Giudice di pace la competenza per materia in tema di controversie relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili urbani adibiti a civile abitazione in tema di immissioni intollerabili, dimostra evidentemente la teorica ammissibilità della proposizione di tali domande anche da parte dei titolari di meri diritti di godimento di natura personale e non reale. 5.1.4. L’azione ex art.1585 c.c. Sicuramente spetta al conduttore di alloggio di edilizia economica e popolare in quanto tale, e cioè a prescindere dall’avvenuto esercizio del diritto di chiedere la cessione in proprietà dell’alloggio la citata azione inibitoria e risarcitoria di cui al secondo comma dell’art.1585 c.c., nei confronti dei terzi autori di molestie di fatto, non accompagnate dalla prospettazione di diritti sul bene. Ciò comporta anche la possibilità di richiedere il risarcimento dei danni subiti per effetto della menomazione del godimento ritratto dal bene per effetto della condotta illecita di terzi. Merita comunque di essere ricordato il peculiare disposto dell’art.13 del d..r. n.2 del 1959, secondo cui l’assegnatario prima dell’acquisto della proprietà dell’alloggio, con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario può richiedere all’ente proprietario di intervenire per far cessare servitù, pesi, vincoli o molestie costituiti altri coinquilini, riscattanti o meno, a carico dell’alloggio oggetto della richiesta di riscatto. Parrebbe trattarsi di disposizione speciale che in deroga all’art.1585, 2° comma, c.c. abilita il conduttore- riscattante a richiedere l’intervento dell’Ente anche in relazione a molestie di fatto provenienti da terzi. 5.2. Insussistenza del rapporto locatizio.

E’ anche possibile che non esista un vero e proprio rapporto locatizio fra l’Ente e l’assegnatario per i rapporti regolati secondo lo schema della

promessa di vendita con consegna immediata e pagamento rateale. In tale ipotesi, in difetto di specifica pattuizione, il rapporto comporta l’esistenza di un vero possesso in capo all’assegnatario, con la conseguente ammissibilità nei confronti dei terzi della tutela possessoria e nunciatoria, oltre che aquiliana ex art.2043 c.c. 6. La tutela per i vizi e difetti dell’alloggio. La determinazione della tutela spettante all’assegnatario per i vizi e difetti dell’immobile assegnato non può prescindere dal tipo di strumento giuridico utilizzato per operare il trasferimento. Poiché normalmente il complesso iter procedimentale si conclude con la stipulazione di un atto di compravendita non vi è ragione di negare all’assegnatario la garanzia contrattuale di cui agli artt.1490 e segg. c.c. Analogamente nell’ipotesi di cui all’art.52 della legge 5 agosto 1978 n. 457, che prevede che si consideri stipulato e concluso il contratto di

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compravendita qualora l'ente proprietario o gestore dell'alloggio abbia accettato la domanda di riscatto e comunicato all'assegnatario il relativo prezzo, con la conseguenza che il trasferimento di proprietà dell'alloggio deve intendersi avvenuto de iure in presenza degli indicati presupposti, la garanzia contrattuale tipica della compravendita dovrebbe essere collegata temporalmente al momento della ficta stipulazione. D’altro canto, all’assegnatario resosi cessionario del bene, quale avente causa dell’originario committente, spetterà l’azione extracontrattuale ex art.1669 c.c. nei confronti del costruttore dell’edificio per il caso di rovina dell’edificio o di pericolo di rovina, oppure di gravi difetti idonei a menomare la funzionalità di godimento del bene immobile, nell’ambito della garanzia decennale dal momento di compimento dell’opera. Ci si può chiedere poi quale tutela possa spettare all’assegnatario che abbia presentato domanda di cessione dopo l’accettazione da parte dell’Istituto e prima della stipulazione del contratto. La situazione probabilmente può essere assimilata a quella del promesso acquirente di bene immobile in forza di contratto preliminare di compravendita ad effetti anticipati, dal momento che anche l’assegnatario che abbia presentato domanda di cessione dell’alloggio accettata dall’Ente con la comunicazione del prezzo di acquisto è ormai titolare del diritto alla conclusione del contratto di trasferimento. E’ pertanto il caso di rammentare i più moderni principi giurisprudenziali sul punto, che accordano al promesso acquirente dell’alloggio viziato sia l’ exceptio inadimpleti contractus, sia l’actio quanti minoris per la riduzione del corrispettivo; è invece dubbia la possibilità di ottenere la rimozione dei difetti a cura del promittente venditore: “Nell'ipotesi di un contratto preliminare di vendita di un immobile, le

diseconomie eventualmente conseguenti al successivo insorgere di vizi o difformita' possono essere corrette proponendo, congiuntamente alla domanda di cui all'art. 2932 c.c., anche quella accessoria di riduzione del prezzo pattuito, solo contenutisticamente uguale alla "quanti minoris" prevista per la vendita gia' perfezionata.” (Cassazione civile sez. II, 19 aprile 2000, n. 5121);

“In tema di contratto preliminare, il riconoscimento dell'esperibilita', da parte del promissario acquirente, in presenza di vizi e di difformita' del bene promesso in vendita, dell'azione "quanti minoris", contestualmente e cumulativamente all'azione di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto definitivo, comporta l'applicazione integrale della disciplina dettata dal codice civile per la garanzia per i vizi della cosa venduta, con conseguente esclusione della possibilita' di chiedere, in alternativa alla riduzione del prezzo, l'eliminazione dei vizi, che e' rimedio estraneo alla garanzia per i vizi e in nessun modo congeniale alla natura e alla struttura della compravendita e del corrispondente contratto preliminare.”(Cassazione civile sez. II, 5 febbraio 2000, n. 1296 );

“Il promissario acquirente anche nell'ipotesi in cui consegua la disponibilita' della cosa prima della stipulazione del contratto definitivo non puo' valersi della disciplina relativa alla garanzia dei vizi della cosa venduta

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(art. 1490 c.c.) che presuppone la conclusione del contratto definitivo.” (Cassazione civile sez. II, 20 marzo 1999, n. 2613);

“L'obbligo della consegna immediata della cosa, che il promittente assuma nel contratto preliminare di vendita, non si configura come un'esecuzione anticipata del contratto definitivo, ma come una specifica ed autonoma obbligazione del preliminare stesso; sicche', ove totalmente o parzialmente inosservato, e' regolato non gia' dalle specifiche disposizioni sulla compravendita, quali quelle riguardanti i termini e le condizioni dell'azione di garanzia per vizi (art. 1495 c.c.), bensi' dalle norme generali in materia di inadempimento delle obbligazioni ed in particolare di vizi del bene consegnato, sicche' l'acquirente, come qualsiasi creditore in genere, puo' domandare la risoluzione del contratto per inadempimento.” (Cassazione civile sez. II, 13 aprile 1999, n. 3626);

“Le norme sulla garanzia per i vizi della cosa venduta, in quanto presuppongono l'avvenuto trasferimento della proprieta' della stessa, non trovano applicazione in tema di contratto preliminare di vendita, il quale e' caratterizzato dalla mancanza dell'effetto traslativo; pertanto, in caso di preliminare di vendita di un appartamento, con consegna dello stesso prima della stipula dell'atto definitivo e correlativo inizio del pagamento rateale del prezzo da parte del promissario acquirente, la presenza di vizi nella cosa consegnata abilita quest'ultimo - senza che sia necessario il rispetto del termine di decadenza di cui all'art. 1495 c.c. per la denuncia dei vizi della cosa venduta - ad opporre la exceptio inadimpleti contractus al promittente venditore che gli chieda di aderire alla stipulazione del contratto definitivo e di pagare contestualmente il saldo del prezzo, e lo abilita altresi' a chiedere, in via alternativa, la risoluzione del preliminare per inadempimento del promittente venditore ovvero la condanna di quest'ultimo ad eliminare a proprie spese i vizi della cosa. “(Cassazione civile sez. II, 29 aprile 1998, n. 4354 );

“La presenza di vizi nella cosa promessa in vendita legittima il promissario acquirente immesso nel possesso anticipato del bene oggetto del preliminare alla sospensione del pagamento del prezzo (inadimplenti non est adimplendum), a chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, nonche' in alternativa, a cumulare alla richiesta della pronuncia costitutiva degli effetti della vendita non conclusa (art. 2932 c.c.) l'azione diretta all'esatto adempimento e, quindi, la richiesta di condanna dell'inadempiente all'eliminazione a sue spese dei vizi della cosa, indipendentemente dalle condizioni e termini di cui agli art. 1495 e 1497 c.c. per la garanzia dei vizi.”( Cassazione civile sez. II, 1 ottobre 1997, n. 9560 );

“In caso di contratto preliminare di vendita di un appartamento con consegna dello stesso prima della stipula dell'atto definitivo e correlativo inizio del pagamento rateale del prezzo da parte del promissario acquirente, la presenza di vizi nella cosa consegnata abilita quest'ultimo, senza che sia necessario il rispetto del termine di decadenza di cui all'art. 1495 c.c. per la denuncia dei vizi della cosa venduta, ad opporre l'exceptio inadimpleti contractus al promittente venditore, che gli chieda di aderire alla stipulazione del contratto definitivo e di pagare contestualmente il saldo del prezzo e lo abilita altresi' a chiedere in via alternativa la risoluzione del preliminare per inadempimento del promittente venditore ovvero la condanna di quest'ultimo ad eliminare a proprie spese i vizi della cosa.”(Cassazione civile sez. II, 20 maggio 1997, n. 4459).

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Marzo 2002 Umberto SCOTTI

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