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Il sistema pensionistico 1 Corso di Scienza delle finanze Lezione 4 IL sistema pensionistico (2° parte)

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Il sistema pensionistico 1

Corso di Scienza delle finanze

Lezione 4

IL sistema pensionistico(2° parte)

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Il sistema pensionistico italiano

• Tra i momenti costitutivi del sistema pensionistico italiano si possono ricordare:– 1919: introduzione previdenza obbligatoria per i

dipendenti privati (principalmente operai), in ritardo rispetto ad altri paesi europei

– 1939: introduzione previdenza a favore dei superstiti– anni ‘50-‘60: introduzione previdenza obbligatoria per

impiegati, coltivatori diretti e lavoratori autonomi– 1969: introduzione pensione sociale per anziani privi di

reddito (assistenza)– 1970: introduzione definitiva del sistema a ripartizione– 1992: riforma Amato– 1995: riforma Dini

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Spesa pensionistica/PIL

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Spesa pensionistica e popolazione anziana

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La contribuzione al sistema• In Italia, il finanziamento del sistema pensionistico avviene

mediante la contribuzione sociale obbligatoria.• Il prelievo contributivo complessivo per i lavoratori

dipendenti può superare il 42%.• L'aliquota contributiva per i lavoratori autonomi e' fissata

al 20% del reddito dichiarato ai fini IRPEF/IRE.• Nella tabella: contributi sociali relativi a operai in imprese

con più di 50 dipendenti

Fonte: Relazione generale 2004

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• A inizio anni '90 il giudizio sul sistema pensionistico italiano era fortemente negativo. I problemi principali erano:– gravi rischi di squilibrio finanziario: nel 1992 il debito

previdenziale (i.e. la differenza tra valore attuale delle prestazioni da erogare in futuro e valore attuale dei contributi secondo le aliquote contributive vigenti) era pari a (circa) euro 2,000 miliardi.

– differenziazioni molto forti tra categorie e settori (agricoltura, pubblico impiego e industria, con situazioni mediamente di privilegio per i primi due settori) e disomogeneità di trattamento tra lavoratori autonomi e dipendenti;

– abnorme estensione delle pensioni di anzianità (baby pensionati), in particolare nel pubblico impiego, con l'effetto di avere pensionati con pochi anni di contribuzione e lunga speranza di vita;

– uso della previdenza per finalità assistenziali (attraverso le pensioni di invalidità) o per la soluzione di crisi industriali (prepensionamenti in caso di crisi aziendali o settoriali).

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Le riforme

Descriviamo sinteticamente i 3 regimi (ci limitiamo per semplicità ai soli lavoratori dipendenti dell'industria):– pre-1992– riforma Amato (1992)– riforma Dini (1995)

confrontandoli sulla base di:– funzione previdenziale e assicurativa– funzione assistenziale– distribuzione dei rischi– equilibrio finanziario e macroeconomico

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Le riforme

Funzione previdenziale e assicurativa • Condizioni di accesso

PRE-1992– Pensioni di vecchiaia: 55 anni donne; 60 anni uomini (minimo

di 15 anni di contribuzione).– Pensioni di anzianità: 35 anni di contributi.

RIFORMA AMATO– Pensioni di vecchiaia: 60 anni donne; 65 anni uomini (minimo

di 20 anni di contribuzione).– Pensioni di anzianità: 35 anni di contributi.

RIFORMA DINI– Pensioni di vecchiaia: minimo 57 anni, massimo 65 anni

(minimo di 5 anni di contribuzione).– Abrogate (con gradualità) le pensioni di anzianità.

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• Determinazione delle prestazioni

PRE-1992– Metodo retributivo: P = β Rp L

• Rp = media degli stipendi degli ultimi 5 anni, rivalutati al costo della vita

• β=2% (max βL=80%)

– Tassi di sostituzione simili a parità di anzianità contributiva e indipendentemente dall’età di pensionamento → garantisce equità previdenziale.

– Tassi di rendimento interno più elevati per i profili salariali dinamici e minore l’età di pensionamento → non garantisce equità attuariale.

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RIFORMA AMATO– Metodo retributivo: P = β Rp L

• Rp = media degli stipendi di tutta la vita, rivalutati al costo della vita

• β=2% (max βL=80%)

– Tassi di sostituzione inversamente proporzionali al tasso di crescita dei salari → non garantisce equità previdenziale.

– Tassi di rendimento interno si riducono, soprattutto per chi ha profili salariali dinamici.

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RIFORMA DINI– Metodo contributivo: P= a MC

• Il montante contributivo MC è calcolato rivalutando i contributi di ciascun lavoratore (33% delle retribuzioni) ad un tasso pari alla media mobile quinquennale del tasso di crescita del PIL nominale

• a = coefficiente di trasformazione che riflette la vita attesa al momento del pensionamento (crescente con l’età di pensionamento; aggiornato ogni 10 anni in base alle variazioni della speranza di vita media)

– Tassi di sostituzione crescenti nell’età di pensionamento; più bassi per chi ha profili salariali che crescono più velocemente del PIL → non garantisce equità previdenziale.

– Tassi di rendimento interno uguali per tutti indipendentemente dall’età di pensionamento (nella fascia consentita) e dalla dinamica salariale → garantisce equità attuariale.

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Confronto in termini di tassi di sostituzione

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Confronto in termini di tassi di rendimento interno

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Funzione assistenzialePRE-1992

– Periodo contributivo minimo: 15 anni.– Integrazione al minimo: integrazione ad un livello di 402€

mensili per chi avesse pensioni inferiori.– Pensioni di invalidità: concessione della pensione integrata al

minimo, dopo soli 5 anni di contribuzione, se si fosse dichiarata l’invalidità del beneficiario.

• Le pensioni di invalidità sono state un potente strumento di sostegno del reddito (per chi non poteva avvalersi di un periodo sufficiente di contribuzione) e un ammortizzatore sociale che ha creato significative distorsioni nel funzionamento di tutto il sistema di protezione sociale.

• Nel 1980 il 35% delle erogazioni del FPLD erano pensioni di invalidità, e le pensioni di invalidità dei coltivatori diretti erano il 75% del totale.

– Pensioni sociali: istituite nel 1969 a favore dei cittadini senza storia professionale e sprovvisti di reddito.

• Sempre inferiori alle pensioni integrate al minimo.• Incentivo a farsi riconoscere l’invalidità.

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RIFORMA AMATO– Periodo contributivo minimo: 20 anni.

RIFORMA DINI– Periodo contributivo minimo: 5 anni (ma pensione prima dei

65 anni d'età solo se l’importo maturato è almeno pari a 1,2 volte l'assegno sociale)

– Integrazione al minimo: abolita– Pensioni di invalidità: attribuite solo in casi di gravi

menomazioni – Pensioni sociali: sostituite dall’assegno sociale (nel 2003 pari

a 359€ al mese).

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Distribuzione dei rischi • Rischio demograficoPRE-1992

– Tasso di sostituzione dato Rischio demografico a carico dei lavoratori.

RIFORMA AMATO– Spostamento in avanti dell'età di pensionamento (per ridurre

il numero dei pensionati), in parte neutralizzato dalla possibilità di avere comunque la pensione di anzianità con 35 anni di contributi.

– Tasso di sostituzione dato. Rischio demografico a carico dei lavoratori.

RIFORMA DINI– Abolizione graduale della pensione di anzianità.– Età di pensionamento flessibile tra i 57 e i 65 anni, ma

disincentivo monetario ai pensionamenti anticipati rispetto all’età massima.

– Revisione decennale del coefficiente di trasformazione. Rischio demografico spostato sui pensionati.

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• Rischio d’inflazione e salarialePRE-1992

– Indicizzazione delle pensioni all’inflazione e al tasso di crescita dei salari reali.

Rischio di inflazione e salariale a carico dei lavoratori.RIFORMA AMATO

– Indicizzazione delle pensioni all’inflazione.– Eliminata l’indicizzazione delle pensioni al tasso di crescita

dei salari reali. Rischio di inflazione a carico dei lavoratori e rischio salariale a carico dei pensionati.

RIFORMA DINI– Ridotta l’indicizzazione all’inflazione

• l'adeguamento all’inflazione è al 100% solo per pensioni relativamente limitate (<2 volte il trattamento minimo del FPLD) e arriva al 75% per chi eccede il trattamento minimo di 3 volte.

– Confermata l’eliminazione dell’indicizzazione al tasso di crescita dei salari reali.

Rischio di inflazione a carico dei lavoratori e rischio salariale a carico dei pensionati.

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Equilibrio finanziario– L’equilibrio finanziario è realizzato quando le spese

pensionistiche sono tendenzialmente uguali alle entrate destinate al finanziamento delle pensioni.

– L'equilibrio finanziario dipende fortemente dalla definizione di uscite adottata.

– In una definizione ristretta si considerano uscite solo le pensioni di anzianità, vecchiaia e superstiti.

– In una versione allargata si comprendono anche le pensioni di tipo assistenziale (pensioni di invalidità, integrazioni al minimo pensionistico, prepensionamenti concessi per motivi economico-congiunturali).

– Una legge del 1988 ha previsto che lo stato versi 100.000 lire all'INPS per ogni mensilità di pensione erogata: è visto come una compensazione per le prestazioni di tipo assistenziale.

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Equilibrio macroeconomico– L'equilibrio macroeconomico è misurato dal rapporto tra

monte pensioni e PIL (MP/PIL).– L'equilibrio macroeconomico è realizzato quando

l’ammontare di risorse trasferite alle generazioni anziane attraverso il sistema previdenziale (pubblico) non è eccessivo.

– Se il trasferimento è eccessivo ci possono essere effetti negativi in termini di livelli di risparmio e di accumulazione o di livelli di consumo della classe degli attivi.

– Nel 2001 la spesa per pensioni/PIL era pari al 13,4%. Nel decennio 2030-40 dovrebbe arrivare al picco massimo del 15% e ritornare poi a diminuire.

– I risultati di queste simulazioni sono fortemente influenzati dalle ipotesi fatte sulle dinamiche demografiche e occupazionali.

• Tassi di crescita della produttività e del PIL molto contenuti.

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RIFORMA DINI– Controllo della spesa pensionistica pubblica

• Innalzamento dell’effettiva età di pensionamento• Revisione decennale del coefficiente di trasformazione• Abolizione delle pensioni di anzianità• Assenza di collegamento fra pensioni e salari• Ridimensionamento degli istituti assistenziali

– Incentivazione previdenza integrativa (fondi pensione)

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Gradualità delle riforme

• Le riforme pensionistiche Amato e Dini sono state corredate da un insieme di disposizioni di carattere transitorio volte a rendere molto lento e graduale l'avvio a regime del sistema descritto. La riforma Dini sarà pienamente in vigore solo nel 2036.

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Coesistenza di Pubblico e Privato: la previdenza integrativa

• Se fattori demografici inducono a pensare che le pensioni pro-capite diminuiranno è naturale che si diffondano sistemi pensionistici integrativi.

• La previdenza complementare, e in particolare i fondi pensione aziendali o di categoria, sono destinati a sostituire, in prospettiva e sulla base della contrattazione tra le parti, l'attuale TFR.

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ITALIA• In Italia convivono:

– sistema previdenziale pubblico, con prestazioni indicizzate all’inflazione, con tassi di sostituzione decrescenti all'aumentare del saggio di crescita medio della retribuzione;

– sistema previdenziale privato, con prestazioni non indicizzate all’inflazione, fondato sul principio della contribuzione definita.

• Senza prestazione garantita e indicizzazione, si sposta il rischio sui beneficiari.

• Come visto la riforma Dini penalizza i profili salariali più dinamici coloro che hanno più dinamismo nella carriera lavorativa dovrebbero rivolgersi al sistema privato; i contributi versati sono anche fiscalmente agevolati.

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La nuova riforma pensionistica in Italia

• La riforma è contenuta nella legge delega 28/7/04. – La maggior parte delle novità saranno operative dal 2008.

Obiettivi– elevare gradualmente l'età di pensionamento,

principalmente su base volontaria;– sviluppare la previdenza complementare, da affiancare a

quella pubblica.

Strumenti– La stretta contro le pensioni di anzianità– Modifiche alle pensioni di vecchiaia

• per le pensioni liquidate con il metodo retributivo non cambia nulla;• se la pensione è calcolata esclusivamente con il metodo

contributivo, l’età pensionabile viene elevata da 57 anni a 65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne.

– Incentivi al posticipo della pensione

Risparmi della riforma