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1 IL SISTEMA ITALIANO PER L’EMERGENZA URGENZA Il SISTEMA ITALIANO PER L’EMERGENZA URGENZA DPR 27/3/92 1-SISTEMA DI ALLARME 2-RISPOSTA TERRITORIALE 3-RISPOSTA OSPEDALIERA 1) SISTEMA DI ALLARME ISTITUZIONE DELLE CENTRALI OPERATIVE(DI NORMA SU BASE PROVINCIALE) INTRODUZIONE DEL NUMERO UNICO 118 FUNZIONI DELLA CENTRALE OPERATIVA RICEZIONE DELLE RICHIESTE DI SOCCORSO VALUTAZIONE DEL GRADO DI COMPLESSITA’ DELL’INTERVENTO DA ATTIVARE ATTIVAZIONE E COORDINAMENTO DELL’INTERVENTO STESSO …PRESUPPOSTI… DISLOCAZIONE E TIPOLOGIA DEI MEZZI DI SOCCORSO SUL TERRITORIO DISPONIBILITA’ DEI POSTI LETTO IN DEA COLLEGAMENTO CON LE ALTRE CO RESPONSABILITA’ MEDICO-ORGANIZZATIVA “…E’ ATTRIBUITA AD UN MEDICO OSPEDALIERO CON QUALIFICA NON INFERIORE AD AIUTO…” ART 4 DPR 27/3/92 RESPONSABILITA’ OPERATIVA “..E’ AFFIDATA AL PERSONALE INFERMIERISTICO DELLA CENTRALE, NELL’AMBITO DEI PROTOCOLLI DECISI DAL MEDICO RESPONSABILE DELLA CENTRALE…” ART 4 DPR 27/3/92 OSTACOLI Interviene il consiglio di Stato (sentenza n.868 17/7/96) Legittimita’ atto Gli infermieri sono comunque tenuti a seguire protocolli autorizzati dal Responsabile Medico

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IL SISTEMA ITALIANO PER L’EMERGENZA URGENZA

Il SISTEMA ITALIANO PER L’EMERGENZA URGENZA DPR 27/3/92 1-SISTEMA DI ALLARME 2-RISPOSTA TERRITORIALE 3-RISPOSTA OSPEDALIERA 1) SISTEMA DI ALLARME

• ISTITUZIONE DELLE CENTRALI OPERATIVE(DI NORMA SU BASE PROVINCIALE) • INTRODUZIONE DEL NUMERO UNICO 118

FUNZIONI DELLA CENTRALE OPERATIVA

• RICEZIONE DELLE RICHIESTE DI SOCCORSO • VALUTAZIONE DEL GRADO DI COMPLESSITA’ DELL’INTERVENTO DA ATTIVARE • ATTIVAZIONE E COORDINAMENTO DELL’INTERVENTO STESSO

…PRESUPPOSTI…

• DISLOCAZIONE E TIPOLOGIA DEI MEZZI DI SOCCORSO SUL TERRITORIO • DISPONIBILITA’ DEI POSTI LETTO IN DEA • COLLEGAMENTO CON LE ALTRE CO

RESPONSABILITA’ MEDICO-ORGANIZZATIVA “…E’ ATTRIBUITA AD UN MEDICO OSPEDALIERO CON QUALIFICA NON INFERIORE AD AIUTO…” ART 4 DPR 27/3/92 RESPONSABILITA’ OPERATIVA “..E’ AFFIDATA AL PERSONALE INFERMIERISTICO DELLA CENTRALE, NELL’AMBITO DEI PROTOCOLLI DECISI DAL MEDICO RESPONSABILE DELLA CENTRALE…” ART 4 DPR 27/3/92 OSTACOLI Interviene il consiglio di Stato (sentenza n.868 17/7/96)

• Legittimita’ atto • Gli infermieri sono comunque tenuti a seguire protocolli autorizzati dal Responsabile

Medico

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Protocolli di centrale “…I protocolli di valutazione di criticita’ dell’evento devono utilizzare codifiche e terminologie standard non suscettibili di ambiguita’ interpretative e devono essere sottoposti a periodica valutazione e revisione…” Il riferimento e’ al sistema di DISPATCH Il sistema di Dispatch Sistema elaborato negli USA che comprende tutte le operazioni inerenti il sistema di soccorso

• Interrogatorio telefonico • Istruzioni di pre-arrivo • Scelta del mezzo di soccorso • Supporto informativo ai soccorritori

L’infermiere di centrale

• E’ composto da infermieri con esperienza di area critica o che abbiano seguito corsi di formazione nel settore dell’emergenza

• La responsabilita’ dell’Inf.re di Centrale e’ paragonabile alla responsabilita’ dell’Inf.re di triage di Pronto Soccorso

LA TECNOLOGIA

• Sistema RADIO • Sistema TELEFONICO • Sistema INFORMATICO

2)RISPOSTA TERRITORIALE Mezzi

• Ambulanza tipo A (Medico-Infermiere) • Ambulanza tipo B (BLS-trasporto ordinario) • Automedica • Elisoccorso

Personale

• Medici DEU • Infermieri • Volontari 1° e 2° livello

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La rete dei trasporti • TRASPORTO DI PRIMO,SOCCORSO(SU AMBULANZA TIPO A O B) • TRASFERIMENTO ASSISTITO • SERVIZIO REGIONALE DI ELISOCCORSO

PEGASO 1 AREA VASTA CENTRO FI PEGASO 2 AREA VASTA SENESE GR PEGASO 3 AREA VASTA PISANA MC

DISLOCAZIONE DEI MEZZI • COMUNICAZIONE 87 del Presidente del Cosiglio dei Ministri 30/5/92

o La dislocazione deve prevedere il reggiungimento dell’obiettivo in • 8 min in centro urbano • 20 min in extraurbano L’infermiere sui mezzi di soccorso “…il personale infermieristico, nello svolgimento del servizio di emergenza, puo’ essere autorizzato a praticare iniezioni per via endovenosa e fleboclisi, nonche’ a svolgere attivita’ e manovre salvavita, previste dai protocolli decisi dal medico responsabile…” Art 10 DPR 27/3/92 La scelta del legislatore Organizzazione del servizio in relazione alla presenza o meno del medico sul territorio a)modello on line b)modello standard orders protocol system c)modello medico on scene Il problema della liceità L’infermiere agisce su protocolli a valenza “diagnostico-terapeutica” La Defibrillazione precoce sul territorio “…E’ consentito l’uso del defibrillatore semiautomatico in sede extraospedaliera anche al personale sanitario non medico, nonche’ al personale non sanitario che abbia ricevuto una formazione specifica nelle attivita’ di rianimazione cardiopolmonare…” Art 1 L.120/2001 Quesito?????? Trasportare al piu’ vicino ospedale o Centralizzare Stay and play o Scoop and run?

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Centralizzazione Alcuni criteri per il politrauma: Situazionali

o Caduta da oltre 5 mt o Presenza di persone decedute stesso veicolo o Proiezione all’esterno del veicolo o Caduta dalla moto con distacco o Arrotamento o Estricazione prolungata o Eta’ inferiore a 5 aa

Clinici

o GCS uguale o inferiore a 12 o Trauma del rachide con deficit motori o Ustione 2° e 3° grado sup 30% adulti-20% bambini o Tr. Tor. con lembo o Tr. Tor. chiuso con pas <90 fr>35 sat O2<90 o Tr ad. Con pas<90 o Ferita penetrante o Frattura di due o piu’ ossa lunghe o amputazione

3) RISPOSTA OSPEDALIERA -PRONTO SOCCORSO -DEA I LIVELLO -DEA II LIVELLO PRONTO SOCCORSO GARANTIRE GLI INTERVENTI NECESSARI ALLA STABILIZZAZIONE DEL PAZIENTE DEA I LIVELLO

o Pronto soccorso e accettazione o Laboratorio,Radiologia,Centro Trasfusionale o Medicina o Ortopedia o Chirurgia o Ginecologia o Pediatria o Rianimazione o UTIC

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DEA II LIVELLO o Cardiochirurgia o Chirurgia Toracica o Neurochirurgia o Unita’ Ustionati o Unita’ Spinale

Evoluzione Organizzativa

• DPR 484/1997- Riconoscimento della specialita’ di“Medicina e Chrurgia di accettazione e di Urgenza

• PSR 1999/2001-Soglia operativa per la costituzione in forma autonoma del PS- Attribuzione di funzioni HDU

• DGR 736/2001-Riorganizzazione dei PS Ospedalieri - La funzione di Triage

DPR 484/1997 • Superamento del meccanismo di rotazione del personale medico • Individuazione di organici dedicati • Riconoscimento della specialita’ di medicina e chirurgia di accettazione e di urgenza

PSR 1999/2001 • Individua la soglia operativa per la costituzione, in forma autonoma della struttura di

PS (1 accesso al giorno per 1000 abitanti) • Attribuisce funzioni di HDU (High Dependency Unit)

PSR 1999/2001 HDU • Livello di assistenza intermedio • Ha funzioni di supporto o trattamento per pazienti critici che necessitano di

monitoraggio ed assistenza

PSR 1999/2001 HDU • Accoglie utenti che non necessitano di terapia ventilatoria invasiva o monitoraggio

emodinamico complesso • Questi occuperebbero impropriamente letti ad alto costo in una TI e non troverebbero

una assistenza adeguata in una UO generale

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Alcuni dati sul PSR 1999/2001 HDU Attivita’ DEA Regione Piemonte

• Pl attivati 5 • Ricoveri 400 • Dimessi direttamente 47% • Trasferiti 51% • Degenza media 3,5% • Decessi 2% • Trasferiti in terapia intensiva 7%

Case mix DEA Regione Piemonte

• CARDIPOPATIA ISCHEMICA 58,1% • SCOMPENSO CARDIACO 22% • INSUF. RESPIRATORIA ACUTA 5,8% • ARITMIE 5,8% • EMBOLIA POLMONARE 3,4% • URGENZE TOSSICOLOGICHE 2,3% • TRAUMI 1,1% • ALTRO 1,5%

Indicatori DEA Regione Toscana

• -La mortalita’ in degenza ordinaria si riduce del 25% • -Gli arresti cardiaci del 29%

DGRT 736/2001 (sottolinea la funzione dipartimentale) “Nel Pronto Soccorso si integrano in successione temporale le attivita’ clinico-asssitenziali e di supporto delle altre discipline specialistiche…con lo scopo di assicurare lo svolgimento dell’attivita’ dipartimentale” (introduce il percorso per il trattamento del traumatizzato)

• L’utente traumatizzato va centralizzato in dea 1° e 2° livello • Individuare una trauma area • Individuare un trauma team

Trauma area = Costituisce uno spazio fisico intraospedaliero dedicato alla valutazione e rianimazione del politrauma, composto da sala intensiva trauma e sala operatoria trauma

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Sala intensiva trauma = Prevede oltre alle risorse normalmente presenti in una Emergency Room:

• Set per accesso chirurgico delle vie aeree • Set Drenaggio toracico • Set Accesso venoso chirurgico • Set vena centrale • Set lavaggio peritoneale • Sistemi per il riscaldamento (utente e liquidi) • Ecografo e apparecchio mobile per rx • Frigoemoteca con sangue 0 negativo

Sala operatoria trauma = Per le realtà di 1° livello, deve intedendersi come funzionalmente allertabile. Le risorse, oltre a quelle normalmente presenti in una sala operatoria:

• Microscopio operatore • Strum. per by-pass cardiopolmonare • Endoscopi e broncoscopi • Strum. per craniotomia • Strum. per fissazione pelvi e ossa lunghe

Trauma team = Il personale dedicato dovrebbe essere rappresentato dai servizi core del dipartimento e dovrebbe essere composto da:

• chirurgo trauma leader • rianimatore • neurochirurgo(per dea 1° liv funzionalmente allertabile) • ortopedico • Internista

…con relativo personale infermieristico di supporto STRUMENTO PRINCIPE PERCORSO = “…la migliore sequenza temporale e spaziale possibile delle attività da svolgere per risolvere i problemi di salute di una tipologia di utente, sulla base delle conoscenze tecnico scientifiche e delle risorse organizzative, professionali e tecnologiche a disposizione…”

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TRIAGE D.M. SANITA’ 17/05/96 in applicazione del D.P.R. 27/03/1992 “ all’interno dei DEA deve essere prevista la funzione di triage, come primo momento di accoglienza e valutazione dei pazienti in base a criteri definiti che consentano di stabilire le priorità d’intervento. Tale funzione è svolta da personale infermieristico adeguatamente formato che opera secondo protocolli prestabiliti dal dirigente del servizio”. DCRS 30 / 2000 accreditamento dei servizi sanitari “la funzione di triage è definita quale requisito minimo organizzativo del pronto soccorso..” DGRT 736 / 2001 implementazione sistema regionale emergenza “il metodo del GIT” Triage: radici lontane

• Triage dal francese Trier cioè scegliere, selezionare, ordinare per file • 1300 i triager: commercianti che selezionavano i tessuti migliori per la vendita ai

mercati 1800 Jean Dominique Larrey, capo chirurgo delle armate napoleoniche Sistema di soccorso sui campi di battaglia teso ad individuare i militari con maggiori possibilità di sopravvivenza a dispetto di quelli più gravi 1783 Regolamento dell’ospedale Santa Maria Nuova di Firenze, promulgato dal Granduca di toscana “il caporale di banco … prende informazioni sulla qualità della malattia, e, rilevando che vi sia bisogno di cura medica, chiamerà medico o chirurgo di guardia secondo necessità…” Triage: definizioni

• primo momento di accoglienza e valutazione dei pazienti in base a criteri definiti che consentano di stabilire le priorità d’intervento

• processo decisionale che permette di definire i bisogni di salute dell’utente classificandoli secondo precise priorità, sulla base di protocolli prestabiliti, che diversificheranno l’accesso alla valutazione medica, tempi e modi d’assistenza.

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GLI OBBIETTIVI DEL TRIAGE

• Garantire l’attività di accoglienza da parte di un professionista • fornire una prima assistenza sanitaria • evitare eventi critici • evitare lunghe attese ad utenti in potenziale rischio per la vita

il concetto di CRISI Disparità tra risorse disponibili e risorse richieste perciò è necessario selezionare gli utenti

• Abituale: il PS riceve un numero di accessi elevati, di diversa tipologia e gravità • Periodica: il PS, durante particolari mesi dell’anno, riceve un numero di accessi elevato • Straordinaria: al PS accedono, per motivi straordinari, un numero elevato di utenti in

breve tempo

L’INFERMIERE DI TRIAGE

•D.M. SANITA’ 17 / 05/ 96 “ … la funzione di triage … è svolta da personale infermieristico adeguatamente formato che opera secondo protocolli prestabiliti dal dirigente del servizio.” Criteri guida per l’esercizio professionale profilo professionale 739 / 94 art. 1 “L’infermiere partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività, identifica i bisogni di assistenza infermieristica e formula i relativi obiettivi” Formazione Codice Deontologico responsabilità: capacità di rispondere ai bisogni dell’assistito, mantenendo un comportamento corretto competenza: formazione permanente Caratteristiche necessarie

• assegnazione stabile in pronto soccorso • formazione dedicata • capacità di comunicazione diretta ed indiretta • assunzione di responsabilità decisionale • adeguata gestione dell’ansia

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Caratteristiche opzionali • Infermiere d’area critica • Abilità dialettica • Conoscenza dell’inglese, delle lingue • Candidatura volontaria

I COLORI DEL TRIAGE

La diffusione della funzione nel mondo è quasi universale ma criteri e forme di codifica non sono omogenei, anche perché fortemente influenzata da fattori morfologici del territorio e organizzativi del sistema d’emergenza Australia Codici di priorità Codice Tempo defizione 1 0 Rianimazione 2 10’ Emergenza 3 30’ Urgenza 4 60’ Semiurgenza 5 120’ Non urgenza Canada Codici di priorità Codice Tempo Definizione 1 0 Emergenza 2 20’ Urgenza 3 24 ore Non Urgente 4 Indef. Inappropriato 5 Indef. Programmato USA Minneapolis Codici di priorità Codice Tempo * Definizione 1 verde 120’ Semplice 2 giallo 120’ Routine 3 fucsia 120’ Compromesso 4 rosso 0 Severo 5 rosso 0 Critico

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Inghilterra Codici di priorità Codice Tempo Definizione Rosso 0 Rianimazione Arancio 10’ Emergenza Giallo 60’ Urgenza Verde 120’ Standard Blu 240’ Non urgente In Italia, sul Territorio (DPR 27 / 03 / 92) Colore Numero Sigla ROSSO 3 Estrema urgenza GIALLO 2 Urgenza primaria VERDE 1 Urgenza secondaria BIANCO 0 Nessuna urgenza CODICE ROSSO Situazione di emergenza, richiede un intervento immediato, si attribuisce massima urgenza

• IMMINENTE PERICOLO DI VITA • ASSENZA di una funzione vitale

ACCESSO IMMEDIATO CODICE GIALLO Potenziale pericolo di vita

• MINACCIA di cedimento di una funzione vitale • INSTABILITÀ di una funzione vitale • Il DOLORE è insopportabile

Accesso rapido (comunque valutazione medica entro 10 minuti)

CODICE VERDE Problema acuto ma non di rilevanza vitale

• NESSUNA compromissione delle funzioni vitali • Non esistono condizioni immediatamente pericolose per la vita • Gli indicatori d’urgenza sono da valutare per l’intensità riferita • Il problema è acuto e di recente insorgenza

Tempo medio di attesa: 30 minuti

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CODICE AZZURRO Problema non acuto, rilevabile obiettivamente

• NESSUNA compromissione delle funzioni vitali ( A B C D ) • Non esistono condizioni pericolose per la vita, né per gli arti o gli organi sensoriali • Il problema non è acuto • Il DOLORE è minimo • Le prestazioni non rivestono carattere d’urgenza

Tempo medio di attesa: 60 minuti CODICE BIANCO Problema non urgente

• Urgenza percepita solo dall’utente o accompagnatore • Utente gestibile ambulatorialmente ( … )

Tempo di attesa: sempre dopo rosso, giallo, verde, azzurro PRIORITA’ PSICOSOCIALE Sottocodifica che indica un accesso preferenziale a parità di codice

• Bambini • Utenti anziani > 80 anni • Donne in gravidanza • Disabili • Utenti “disturbanti” in area di triage • Persone che hanno subito violenza

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CRITICITA’ E MONITORAGGIO Qualora si verifichi una situazione di criticità siamo in una situazione in cui il pz non sta bene. Non sta bene perché un suo organo o un suo apparato in quel momento non funziona bene e ciò compromette tutto l’organismo. La patologia generale dice che l’organismo è formato da organi ed apparati; ogni apparato è formato da organi che sono formati da tessuti e questi da cellule. Quindi in quel momento ci sono sistemi cellulari che non funzionano in maniera corretta. Per vedere se un pz non sta bene, e quindi è una situazione di criticità, si rilevano le funzioni vitali attraverso vari parametri e valori vitali che ci indicano una normale funzionalità degli organi e/o apparati. E quindi si rileva:

• lo stato di coscienza; • la frequenza cardiaca (FC), importante è sapere che ciò che si rileva centralmente a

volte non si avverte nella periferia → es: se rilevo la FC al polso radiale non vedo una fibrillazione atriale;

• la portata cardiaca (CARDIAC OUTPUT); • l’elettrocardiogramma (ECG); • la frequenza respiratoria (FR); • la pressione arteriosa (PA); • la pressione venosa centrale (PVC); • emogasanalisi (EGA); • la saturazione dell’ossigeno (Sat O2); • la glicemia; • la temperatura corporea (TC); • la diuresi (un importante parametro emodinamico) è indice della funzionalità renale il

cui valore normale è 0,5-1 ml/Kg/h; • le feci; • il colorito delle mucose visibili (unghie e labbra).

Se si rileva nel tempo un parametro si ottiene un monitoraggio. Il monitoraggio è legato a 3 punti:

1. tempo; 2. parametri rilevati (cioè quanti); 3. modalità di rilevazione (sempre allo stesso modo).

Questo monitoraggio può essere più o meno continuo a seconda della frequenza con cui viene rilevato il parametro. In una medicina si rileva la TC, la PA e la diuresi una volta per turno, mentre in un unità intensiva lo stesso parametro verrà rilevato con più frequenza, magari in continuo. Per una valutazione completa di un pz occorre:

• anamnesi • esame obiettivo • indagine strumentale (esami di laboratorio e diagnostica per immagine)

Quindi oltre ai parametri avremo un monitoraggio clinico (esame obiettico) e strumentale. Per ciò il monitoraggio potrà avvenire anche degli esami ematochimici o immagini di laboratorio: per esempio una TAC fatta per la diagnosi, ripetuta per vedere l’andamento,

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ripetuta una nuova volta e ripetuta ancora per vedere magari se ci sono dei cambiamenti e un’altra alla dimissione (tutto ciò in una terapia intensiva). Anche questo vuol dire monitoraggio. Per monitorare devo rilevare un parametro che magari può essere misurato secondo diverse modalità, in diverse sedi o con strumenti diversi. Quindi per avere un monitoraggio attendibile si deve rilevare quel determinato parametro sempre allo stesso modo.

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Approccio pragmatico per l’assistenza inf.ca in emergenza PRIMARY AND SECONDARY SURVEY

Come fare a considerare tutta la persona sistematicamente? • Manca una teoria di riferimento • L’assistenza viene erogata senza seguire un preciso modello • Limite dato da un timeline troppo ristretto • È possibile almeno una filosofia? • È possibile almeno un approccio sistemico secondo le priorità?

Ma veniamo al punto... “Secondo voi è possibile descrivere l’approccio infermieristico generale al pz in pronto soccorso?” “E come?” …noi vi proponiamo:

• La trasposizione metodologica ABCD dell’ALS e ATLS a tutta la fase di accettazione del pz, qualunque sia il livello di gravità e priorità.

• In sostanza uno schema check list assistenziale che favorisca valutazioni e interventi esaustivi e puntuali.

• Le priorità ABCD della rianimazione rimangono costantemente di sfondo, la list ABCD assistenziale non necessariamente deve essere assolta in ordine di presentazione.

Tanto per averne un idea di insieme: il percorso del pz in 15 punti

1. Accoglienza e triage del pz 2. Gestione dell’attesa e rivalutazione 3. Accoglienza in sala visita 4. Predisposizione alla visita ed al trattamento 5. A - valutazione delle vie aeree 6. B - valutazione delle funzione respiratoria 7. C - valutazione della funzione cardiocircolatoria 8. D1 - valutazione dello stato neurologico 9. D2 - drenaggi 10. E1 - esposizione completa, controllo della temperatura e statocutaneo 11. E2 - esami diagnostici di laboratorio e strumentali 12. E3 - documentazione 13. E4 - supporto emozionale, educativo ed informativo 14. F - familiari 15. G - gestione della fase post diagnostica e della dimissione

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Approccio infermieristico al pz in pronto soccorso

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Punti di forza: • Approccio sistemico, completo • Linea testa-piedi ideale • Strumento didattico • Impedisce il focalizzarsi automaticamente su aree o attività di maggiore

affinità personale Criticità:

• Difficoltà alla memorizzazione completa • Sequenza non sempre per priorità • Mancanza di indicatori di verifica interni al metodo • Possibile impedimento tempo/dipendente alla completezza degli interventi • Probabili ripetute interruzioni del processo durante il lavoro

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FUNZIONALITÀ RESPIRATORIA

La funzionalità respiratoria è qualcosa che permette all’organismo di assumere O2 ed eliminare CO2 (O2 mi permette attraverso la via aerobica di formare ATP e di produrre CO2 che poi deve essere eliminata). La Membrana alveolo-capillare è costituita da:

• Capillare • Membrana basale • Interstizio • Membrana Basale • Membrana Alveolare

Lo spazio interstiziale gioca un ruolo importante perché se aumenta, è > la distanza fra una parte e l’altra, così si può andare in contro a problemi di diffusione o dell’O2 o del CO2; a seconda di quello che si realizza posso avere varie situazioni, se si blocca il centro respiratorio si va incontro ad una riduzione di Frequenza, questo comporta problematiche di ventilazione quindi di ossigenazione, ma anche di rimozione della CO2 (ipossiemia associata ad ipercapnia). La CO2 diminuisce se aumenta la frequenza, invece se si riduce la FR aumenta la CO2. Se faccio l’EGA a noi ci interessa il ph che dovrebbe essere 7.40, se è così vuol dire che tutti i processi metabolici funzionano; Se noi parliamo di respirazione parliamo di CO2: La CO2 di solito si mette insieme all’ H2O formando l’Acido Carbonico, questo essendo un acido debole, in una soluzione, si dissocia formando ioni H+ e ioni HCO3-. Questa è una reazione reversibile cioè si può andare da dx verso sx e da sx verso dx. CO2 + H2O H2CO3 H+ + HCO3- Il ph è strettamente legato agli ioni H+, per cui più ioni H+ ho e più il ph si abbassa, meno ioni H+ ho e più il ph si innalza, l’equilibrio dovrebbe essere tanti ioni H+ tanti OH- ogni volta che c’è un cambiamento l’organismo interviene cercando di riportare il tutto in una situazione di normalità, per cui se mi aumenta il ph e vado in una situazione di alcalosi si tende ad aumentare gli ioni H+, se vado invece in una situazione di acidosi (il ph diminuisce) l’organismo tende a far diminuire gli ioni H+. I meccanismi di regolazione sono 2, la regolazione respiratoria e la regolazione renale, per cui quella metabolica è renale. Es: acidosi lattica con stato di shock oppure chetoacidosi diabetica, situazioni in cui mi aumentano gli acidi non volatili (cioè che non si possono eliminare con la respirazione), questi acidi in soluzione si dissoceranno e formeranno tanti ioni H+, questi abbassano il ph e quindi i processi metabolici non potranno funzionare; l’organismo interviene con un meccanismo rapido che è la respirazione; lo ione H+ si unisce allo ione bicarbonato e forma l’acido carbonico che forma CO2 e H2O, la CO2 si elimina con la respirazione. Quindi eliminando CO2 elimino ioni H+ e il ph sale.

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Nell’insufficienze respiratorie ipercapniche aumenta la CO2 che abbassa il ph, perché forma ioni H+. Chetoacidosi diabetica (acido acetico, acetone) acidi che si formano con il diabete, questi si dissociano e formano ioni H+, per cui la CO2 deve essere eliminata per cui un soggetto respira in Kussmaul (tipo affanno) è un meccanismo di compenso; l’obiettivo è quello di mantenere il ph in una situazione di normalità. L’acidosi e l’alcalosi possono essere metaboliche, respiratorie o miste. Inoltre possono essere compensate, scompensate oppure parzialmente compensate. Il processo è sempre il solito ma il tutto è legato al ph, se vado a prendere un’ EGA posso identificare quella reazione tenendo presente la CO2 (con la PaCO2) e l’ HCO3- (ione bicarbonato); in una situazione di normalità il primo è 40 mmHg il secondo è 23-27 mEql (mille equivalenti litro). Se la PaCO2 è a 55 mmHg, avrò molti H+ che si formano, i bicarbonati che si legano agli H+ saranno diminuiti 20 mEql; si produrranno ioni H+ che verranno tamponati, il ph è rimasto a 7.40. Di solito se il problema è respiratorio il compenso è renale, se il problema è metabolico il compenso è respiratorio. Se la PaCO2 è 55 e HCO3- è 22 il ph è 7.34, vuol dire che ancora non si è compensato il processo, allora si parla di parziale compenso; avrò acidosi respiratoria parzialmente compensata. Se la PaCo2 è 65 e HCO3- è 27, si formeranno ioni H+, ma il ph è sempre 7.01; il ph è acidotico però se osservo vedo che certi compensi stanno avvenendo però non sono tali da portare il ph a 7.40. Per la ventilazione di un pz devo tener presente l’EGA di quel soggetto, perché ognuno ha una sua normalità. Esistono i sistemi tampone che possono essere rapidi (la respirazione) o lenti (sistema renale); l’organismo prima mette in atto i meccanismi rapidi poi se non ce la fa mette in atto quelli lenti. A volte possiamo agire dall’esterno, quando è coinvolto il meccanismo della respirazione intervengo con la respirazione artificiale, quando è coinvolto il rene devo intervenire con il meccanismo renale, si identifica con il sistema tampone bicarbonato, acido carbonico intervengo con il sistema bicarbonato. Quando ho una situazione di ph basso devo intervenire per ridurre i danni, non posso aspettare che l’organismo faccia da solo, per cui ventilazione artificiale e somministrazione di bicarbonati. La PaO2 è essenziale nella cellula perché i processi possono essere in termini di aerobiosi e anaerobiosi, il primo mi comporta la produzione di ATP per il 95%, il secondo per un 5%; il meccanismo di anaerobiosi mi porta alla formazione di acido lattico (acido debole) se si dissocia forma ioni H+ i quali aumentano e si abbassa il ph; per aumentare il ph dovrò somministrare bicarbonato, se non lo faccio l’organismo compensa con la respirazione. In tutti i processi dove c’è ipoperfusione (shock) io ho una ridistribuzione con vasocostrizione, ci saranno tessuti con minor apporto di sangue e quindi meno O2, + acido lattico, aumento della respirazione (>FR) nel tentativo di riportare il ph nella norma. L’organismo è intelligente perché riesce a mettere in atto meccanismi di compenso; se la PaO2 diminuisce, aumenta di conseguenza la FC x aumentare la portata; nel soggetto anemico

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avremo tachicardia, per aumentare la portata, ma anche tachipnea perché questa tende ad aumentare gli scambi. Se uno arriva in arresto cardiocircolatorio, posso vedere se questo è stato massaggiato o ventilato in maniera corretta facendo un’EGA e valutando il ph, perché se il valore si avvicina ad una situazione di compenso vuol dire che è stato massaggiato bene, può essere acidotico, ma deve essere compensato. Quando guardo un pz per capire se ha una buona funzionalità respiratoria e quindi una buona ossigenazione si deve guardare il colorito delle mucose se rosee o cianotiche (labbra, unghie, e mucose visibili) e rilevare la Fr. La CO2 quando aumenta tende ad addormentare. Per valutare la funzionalità respiratoria dovrò monitorare:

• FR • Sat.O2 (con pulsiossimetro) [97-98%] • ETCO2 “aria di fine espirazione” è quella più vicina all’alveolo (si misura attraverso la

Capnometria e capnografia) [ 40 mmHg]. (rilevabili con l’EGA):

• PaO2 [100 mmHg nel Sangue] • PaCO2 = [40 mmHg nel Sangue] (fra PaCO2 e ETCO2 c’è una differenza del 5%) • PACO2 = pressione alveolare della CO2 • RX Torace • TC Torace

Oltre a questo tipo di monitoraggio ne esiste uno Clinico (Anamnesi, Esame Obiettivo: ispezione, palpazione, percussione, auscultazione), uno Biochimico, uno Ematologico, uno di Laboratorio. L’uso dei curari condiziona la tecnica anestesiologica perché comporta l’intubazione tracheale, perché sono farmaci che provocano paralisi muscolare. curari depolarizzanti → succinilcolina; curari competitivi → atracuriumbesilato. Il soggetto con intubazione tracheale sarà collegato ad un respiratore, il quale dovrà sostituire la respirazione del soggetto perché sarà presente una insufficienza respiratoria farmacologicamente indotta. Ovviamente i curari devono esser associati ad altri farmaci come:

• ipnotici (per la perdita di coscienza: Propofol, Tiopentone sodico); • analgesici x EV o per via inalatoria come gli alogenati.

Le tecniche di ventilazione sono di 2 tipi:

• controllata (che prende il posto della respirazione del soggetto); • assistita (che assiste la sua respirazione che non è efficace).

In T.I. si passa da tecniche controllate a quelle assistite.

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C.P.P.V. = Continuos Positive Pressure Ventilation o Ventilazione a Pressione Positiva Continua (Tipo di Ventilazione Controllata) S.I.M.V. = Ventilazione Mandatoria, cioè Ventilazione a metà, perché metà ventila il respiratore e metà il pz (Tipo di Ventilazione Controllata) P.S.V. = Pressure Support Ventilation o Pressione Assistita o Ventilazione a Supporto di Pressione (Tipo di Ventilazione Assistita) C.P.A.P. = Continuos Positive Airway Pressure o Pressione Continua delle Vie Aeree (Tipo di Ventilazione Assistita)

Per ottenere la respirazione spontanea devo fare questo tipo di percorso, posso iniziare da una ventilazione controllata o da una assistita, ma devo arrivare al respiro spontaneo; ci metterò + o – tempo a seconda della gravità del pz, nel pz chirurgico riuscirò a fare uno weaning (svezzamento) rapido, nel pz critico ci vorrà + tempo.

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INTUBAZIONE E VENTILAZIONE

L’intubazione può: essere orotracheale (OT), rinotracheale (RT), nasotracheale (NT); La procedura per IT è sempre la stessa. MATERIALE: tubo con cuffia per l’ancoraggio in trachea, siringa, catetere di Mounth (che collega il tubo ad un circuito collegato al ventilatore automatico), il circuito è rotatorio formato da 2 tubi, 1 è la branca inspiratoria, attraverso la quale mando la miscela gassosa, e 1 è la branca espiratoria da dove esce la miscela. Sia in Anestesia che in T.I tra il catetere di Mounth e il collegamento con il ventilatore io dovrò disporre di un filtro antibatterico (o naso artificiale o umidificatore passivo), perché simula l’attività del naso cioè depurare l’aria, riscaldarla e umidificarla; si utilizza soprattutto in anestesia visto la durata degli interventi. Durante l’espirazione la miscela passa sempre attraverso il filtro. Se il filtro trattiene troppa H2O non funziona + come barriera. Il filtro antibatterico non piace perché va cambiato diverse volte, inoltre + passa aria + si bagna quindi aumentano le resistenze perché l’aria trova una specie di muraglia, quindi ha + difficoltà a passare; posso tenere il filtro x 12 ore, ma poi lo devo cambiare perché se no se vado a vedere la capacità del polmone di espandersi in relazione alla pressione noto che la compliance si è ridotta (quindi non ho un buon indice respiratorio), le resistenze sono aumentate, la CO2 tende ad aumentare e la PaO2 a diminuire. Utilizzo il filtro in sala operatoria, nei soggetti che si prevede un’estubazione precoce o nei soggetti che non hanno una patologia cronica respiratoria soprattutto espettorante. Esiste un Umidificatore Attivo, utilizzato nelle T.I polivalenti, in quei pz che necessitano di una ventilazione prolungata nel tempo. Nella branca inspiratoria c’è un contenitore contenente H2O che viene riscaldata da una fonte di calore che sta al di sotto, la miscela (Aria + O2) passa da questo contenitore e viene bagnata e riscaldata poi arriva al pz. Nella branca espiratoria passa l’aria bagnata e riscaldata per cui si forma vapore acqueo che viene raccolto in un contenitore di condensa, quando il contenitore è pieno va sostituito. Il filtro antibatterico non è necessario perché l’aria e l’O2 che somministro dovrebbero essere privi di impurità. Entrambi gli umidificatori non vanno usati insieme perché aumentano le resistenze. La differenza tra l’utilizzo di un umidificatore passivo e attivo è in relazione al Tempo: si ritiene che l’umidificatore passivo aumenti le resistenze e la CO2 per cui posso avere dei problemi in certi pz, poi in soggetti particolari con broncorrea con l’umidificatore passivo si creano le condizioni per la formazione dei tappi. Per effettuare un’intubazione devo avere a disposizione un laringoscopio che funziona (quindi vanno controllate le pile) con diverse lame a seconda del soggetto da intubare (adulto, bambino, uomo, donna), il tubo, la siringa per il cuffiaggio, il catetere Mounth, il filtro, il cerotto per fissare all’esterno il tubo, una canula orofaringea (di Mayo), un pallone di Ambu, la pinza di Magill utilizzata per facilitare l’intubazione per via nasale, ma anche per quella orale se difficoltosa e il mandrino.

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Per l’intubazione si devono visualizzare bene le corde vocali; il mandrino che è di metallo mi da conformazione al tubo, inoltre si deve fare attenzione a non far mai uscire fuori il mandrino dalla estremità distale del tubo perché se succede, al momento che lo vado a posizionare, posso provocare delle lesioni a carico delle corde vocali, ma anche a livello della parete laringotracheale. L’intubazione in sala operatoria è strettamente legata alla curarizzazione. Se sottopongo un pz a ventilazione meccanica in T.I, il soggetto dovrebbe accettare il tubo che gli ho posizionato, perché se no diventa difficoltosa la ventilazione. Se non lo accetta e io non faccio niente si viene a formare un contrasto tra l’inizio dell’attività respiratoria del soggetto, se pur deficitaria, e il ventilatore stesso. Il ventilatore dovrebbe sostituirsi all’attività respiratoria del soggetto, ma se questo non lo accetta si viene a creare un “Contrasto Ventilatore/Pz”. Quando il pz non accetta devo intervenire con la Sedoanalgesia cioè una sedazione + una analgesia; si può fare anche una sedazione e basta, oppure utilizzare farmaci stupefacenti per anestesia, oppure utilizzarli tutti e 2. I farmaci della sedazione sono il Propofol (Diprivan) o una benzodiazepina idrosolubile il Midazolam (Ipnovel), ipnotico puro, quelli per l’analgesia invece sono gli oppiacei come la Morfina oppure il Fentanyl o il Remifentanyl o il Sufentanyl. Tutti questi farmaci liberano istamina, bloccano il centro del respiro, inibiscono la peristalsi, ecc quindi attenzione al loro utilizzo. Si dovrebbe fare una sedazione cosciente cioè mettere il soggetto in grado di riposare, di non contrastare con il respiratore ma anche non renderlo rincretinito. A volte la sedazione o la analgesia spiccata o la sedoanalgesia non bastano per cui oltre a queste si fa la curarizzazione. La curarizzazione a lungo andare provoca Illness Neuropathy o neuropatia da curarizzazione, si presenta come una forma di polinevrite generalizzata cioè un alterazione a livello periferico per cui il soggetto perde forza e sensibilità, aspetto flaccido. In caso di ventilazione assistita può bastare una lieve sedazione. Il Propofol ha un effetto inotropo negativo, quindi nei soggetti cardiopatici è un problema, ma anche in altri pz non posso rischiare di ridurre la gittata cardiaca, se ne utilizzo troppo posso andare incontro a questi problemi, per cui posso fare un miscuglio di farmaci; ma attenzione, per esempio se metto midazolam e morfina insieme le resistenze periferiche diminuiscono, visto che la pressione prende la gittata e le resistenze, se riduco le resistenze si abbassa anche la pressione, se riduco la pressione diminuisce la perfusione e quindi l’O2. Il supporto farmacologico deve esser fatto in modo da non provocare tutto questo. Quindi se la persona non accetta il ventilatore è inutile aumentare questi farmaci per cui inizierò con la curarizzazione. La sedazione, l’analgesia e la curarizzazione (SAC) sono strettamente correlate con la ventilazione controllata. Quando si parla di insufficienza respiratoria vuol dire semplicemente che l’apparato respiratorio non svolge le sue funzioni; L’O2 e la CO2 sono gas utilizzati nella respirazione, il primo viene introdotto il secondo viene eliminato. L’apparato respiratorio si valuta attraverso gli scambi gassosi. PaO2 (100mmHg) e PaCO2 (40mmHg)sono i parametri espressi dall’EGA che mi interessano nell’insufficienza respiratoria, se non faccio l’EGA li rilevo attraverso la Sat.O2 e l’ETCO2. Più aumento la FiO2 + aumenta la PaO2, in termini di saturazione + del 100% non ho, 60 di PaO2 corrispondono a 90% di Sat.O2.

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PaO2 = Pressione parziale di O2 nel sangue, quantità di O2 disciolto nel plasma Sat.O2 = Quantità di O2 legata all’Hb Osservando un soggetto si può notare se respira bene oppure no, ma la FR non si può rilevare a meno che il soggetto non sia in una situazione di tachipnea, l’ossigenazione la osserva attraverso il colorito delle mucose. Il pz con insufficienza respiratoria presenta dispnea, cianosi delle mucose visibili, tutto è legato agli scambi gassosi che non avvengono in maniera corretta, la cianosi per apparire ha bisogno di 5 grammi di Hb non ossigenata. Un soggetto con dispnea potrà avere anche una tachipnea o una polipnea o un’ipopnea o un’apnea cioè aritmie respiratorie, non solo in termini di frequenza, ma anche di ampiezza e di ritmo. Se si innalza la frequenza respiratoria la CO2 tende a diminuire e aumenta la PaO2, ma a determinate frequenze si abbassa anche PaO2, perché la FR da sola non basta, ma c’è bisogno del volume corrente (VC o TV) cioè quello che si muove e può essere inspiratorio ed espiratorio, in una respirazione normale i valori dovrebbero essere simili. Il VC si dice sia mezzo litro (500ml), ma non è così, perché dipende dal soggetto, per calcolarlo si fa 7-8 ml proKg di peso corporeo; + si abbassa il peso + si riduce il volume corrente. Più si abbassa la frequenza respiratoria + la CO2 tende ad aumentare (>PaCO2). Se io devo ventilare un pz i valori che vado a inserire (della FR e del VC) devono essere scelti in base al soggetto che ho di fronte. VM (ventilazione minuto) = FR x VC Nell’ipostazioni del respiratore dovrò inserire una certa quantità di miscela gassosa. In base all’EGA io determino la PaO2 e la PaCO2. Se do una FiO2 di 40 vuol dire che do aria + 19% di O2, per cui l’aggiunta che do è di 19. Il ventilatore è un apparecchio a cui io posso dire di somministrare una miscela gassosa costituita da aria con una FiO2 per esempio del 50%, ciò vuol dire che gli sto dando il 29% in +; la miscela la somministro a 500 ml come VC; se io do questi parametri FR, VC e FiO2 lui somministra 12 volte al minuto (FR) un VC di 500 ml, con una FiO2 del 50%. L’atto respiratorio normale è composto da una inspirazione, una espirazione e da una piccola pausa e una grande pausa, sia l’inspirazione che l’espirazione hanno una loro durata; quindi quando vado a ventilare un pz ci sarà necessità di valutare l’atto respiratorio nel suo complesso, sapendo quanto dura l’inspirazione e l’espirazione, quanto è la piccola pausa e la grande pausa. Sulla base di questo mi regolo, perché si deve considerare anche la fisiologia del soggetto; quindi devo valutare il rapporto I/E (insp. ed esp.) che di solito è 1 a 2, 1 a 3. Per questo al ventilatore gli posso dire di ventilare con un rapporto di 1 a 2 o a 3 o a 4 oppure 1 a 1, 2 a 1, 3 a 1 che però sono rapporti pericolosi rispetto alla fisiologia. In T.I viene considerata insufficienza respiratoria quella su base ipossiemica/ipo,normo o ipercapnica, dipende dagli scambi gassosi che identifichiamo con l’EGA; la rilevazione può esser fatta anche attraverso metodi non incruenti come l’ETCO2. Si distingue una dispnea espiratoria, una inspiratoria e una mista, inoltre si classifica in dispnea da sforzo, a riposo, parossistica notturna o asma cardiaco, edema polmonare; questa classificazione è di tipo emodinamico cioè lo stato ipertensivo del circolo polmonare fa in modo che quel soggetto ha una difficoltà respiratoria.

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PEEP

FR

I/ETRIGGER

FiO2VC

La respirazione è un atto volontario, a livello del tronco cerebrale esiste il centro respiratorio che è formato da una parte espiratoria e da una inspiratoria, quest’ultima funziona sempre (14 volte al min.) ed è quello che mi identifica la frequenza respiratoria, quello espiratorio funziona solo in particolari condizioni quando io devo mettere in atto una espirazione forzata. Nell’insufficienza respiratoria di tipo metabolico o neurologico c’è una incapacità di funzionare del centro del respiro; in caso di trauma cranico o di un ictus con coinvolgimento del centro del respiro (o nel senso di processo occupante spazio o in senso diretto) il soggetto avrà problemi di respirazione almeno nell’iniziare l’atto. Anche nell’overdose si ha il blocco del centro respiratorio (2-3 Atti respiratori), ma se io prendo un Ambu o un Va-e-vieni cioè uno strumento con cui posso ventilare, al soggetto non succede nulla perché devo aspettare che il centro del respiro si liberi e riprenda a funzionare. Nell’overdose si fa il Naloxone perché spiazza il recettore, viene tolto tutto l’effetto che il farmaco ha, per questo diventano aggressivi. Sul centro respiratorio ci incidono diverse cose, per esempio dal punto di vista metabolico, il ph ci incide, oppure l’iper o ipocapnia, l’ipossia incide; inoltre sul centro respiratorio ci incidono molti farmaci soprattutto di tipo depressivo. Quando si ha una situazione depressiva si va in contro a una riduzione di frequenza o a una situazione di apnea. I.R può essere anche di tipo circolatorio che si ha nel momento in cui c’è un problema di trasporto di O2 e di CO2(mancanza di Hb e ridotta funzionalità del cuore). Un soggetto con un problema respiratorio può avere anche tosse(secca o produttiva), febbre (se è in gioco un processo infettivo come una broncopolmonite virale o batterica), e alterazioni emodinamiche come FC aumentate (meccanismo compensatorio all’ipossemia), una PA alta o bassa. Un respiratore dovrebbe o sostituirsi o aiutare la ventilazione deficitaria di un soggetto; impostare una FR non vuol dire dare solo un numero, un rapporto I/E . Attenzione ad non andare contro alla fisiologia perché se no posso provocare grandi danni sia di tipo emodinamico sia all’apparato respiratorio. Oltre a questi si deve determinare la FiO2 che è la frazione inspiratoria di O2.

Inoltre posso dargli la possibilità di captare l’eventuale inizio dell’atto respiratorio del soggetto sia in termini di pressione e anche di flusso, quando il respiratore capta questo eroga l’atto respiratorio, questo dispositivo è detto TRIGGER, è incorporato al ventilatore e riesce a captare sotto forma di pressioni o di

variazioni di flusso l’inizio dell’attività respiratoria del soggetto. Il TRIGGER può essere di 2 tipi uno di pressione e uno di flusso. Un altro comando che io posso dare al ventilatore è la PEEP, che la pressione positiva di fine espirazione, l’emissione di aria nel processo espiratorio avviene perché si realizza una differenza di pressione tra l’esterno e l’interno; il ventilatore utilizzerà una pressione per

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erogarmi quel determinato volume in fase inspiratoria, ma l’espirazione è un fenomeno passivo, per cui nel momento dell’espirazione gli alveoli che tenderebbero a chiudersi e quindi a collabire e a mantenere aperti quelli che normalmente risulterebbero chiusi; con la PEEP io mantengo aperti gli alveoli anche quelli che tendono a rimanere chiusi, recluto + alveoli possibili facendoli partecipare il + possibile al processo di scambio gassoso. La PEEP mi aumenta l’ossigenazione, perché mi mantiene gli alveoli aperti anche in fase espiratoria; la PEEP può provocare anche dei danni, perché mi va ad incidere sulla pressione intratoracica, quindi posso avere dei danni sia a livello respiratorio sia a livello emodimanico; posso avere anche una riduzione della portata cardiaca. Il TRIGGER sincronizza con il pz, per cui capta l’inizio dell’atto respiratorio e si adegua di conseguenza evitando il contrasto tra pz e respiratore; contrasto che dovrei mantenere attraverso o un eccessiva sedazione o sedoanalgesia o curarizzazione. Se non considero il TRIGGER faccio una ventilazione controllata che prende il posto di quella del pz, però in questo caso il ventilatore troverà un soggetto che non accetta questo tipo di ventilazione a meno che non “gli tiro una martellata nel capo” (sedazione o sedoanalgesia o curarizzazione). La ventilazione che comprende la FR, il VC, l’ I/E e la FiO2 è detta IPPV, Intermittent Positive Pressure Ventilation (Ventilazione a Pressione Positiva Intermittente), cioè ventilo un volume corrente a pressione positiva in maniera intermittente, in questo caso la pressione è in fase inspiratoria; se aggiungo anche la PEEP ottengo la CPPV cioè Continuos Positive Pressure Ventilation o Ventilazione a Pressione Positiva Continua, perché ho la pressione sia in fase espiratoria che inspiratoria. La CPPV è una ventilazione controllata. Se voglio evitare la sedazione o la sedoanalgesia o la curarizzazione devo aggiungere il TRIGGER (o a pressione o a flusso), in questo caso avrò una ASSIST-CPPV cioè Ventilazione a Pressione Positiva Continua Assistita. IPPV FR + VC + I/E + FiO2 CPPV (IPPV + PEEP) FR + VC + I/E + FiO2 + PEEP CPPV + TRIGGER = ASSIST-CPPV ASSIST-CPPV FR + VC + I/E + FiO2 + PEEP + TRIGGER La ventilazione incide sulla respirazione ma anche sull’emodinamica per questo devo controllare la PA, la FC e la Diuresi. [Il Lasix agisce sul rene (tubulo distale, ansa di Henle), funziona se questo è perfuso bene; se il pz è acidotico è inutile dare Lasix perché non urinerà mai]. La Ventilazione finora citata è a volume, cioè somministro sempre un volume erogando una certa pressione; infatti la CPPV può essere a volume o a pressione, nella prima erogo un certo volume che genera una pressione, nella seconda stabilisco la pressione con la quale genero un determinato volume; + pressione ci vuole per generare volume e + problemi potrei avere, come per esempio un Barotrauma cioè un trauma dovuto ad una eccessiva pressione. Come limitare i danni, esempio: se do 20 cmH2O di pressione all’inizio dell’atto respiratorio, quello mi fa 500 di VC; se le condizioni (es. se ci sono secrezione) cambiano la pressione

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rimane =, ma il VC tende a diminuire, quindi non avrei Barotrauma, visto che la pressione è rimasta la stessa, però posso avere ipossiemia. Nella volumetrica è il volume che vado a mettere, nella pressumetrica è una pressione che inserisco; nella pressumetrica se cambiano le condizioni non faccio il volume, invece nella volumetrica mi aumenta la pressione che mi può provocare Barotrauma. Soggetto con BPCO e sua riacutizzazione: il pz con bpco ha un ph normale, con una Pa O2 bassa (55 mmHg) e una Pa CO2 alta 50 mmHg però con dei bicarbonato che non sono normali (20-25 meq/l) ma intorno a 35-40. Il pz con bpco quindi ha un diverso equilibrio, ma se si alimenta in modo scorretto es. con poche proteine che certamente non rafforza i muscoli respiratori e molti zuccheri ( che portano a CO2), oppure vive in una casa umida o poco riscaldata, oppure prende l’influenza, o una polmonite, tutto questo non fa altro che sovvertire l’equilibrio e riacutizzarsi. In queste situazioni la PaO2 si abbassa ancora e la Pa CO2 può salire ulteriormente; avendo una PaO2 bassa ci sarà poco ossigeno a livello periferico e quindi la situazione di anaerobiosi porterà alla produzione di acido lattico invece che piruvico arrivando così al quadro dell’acidosi metabolica. L’anidride carbonica elevata porta ad uno stato di coma ipercapnico, questa abbassa il ph perché provoca un’acidosi respiratoria, quindi sia l’abbassamento della PaO2 che l’innalzamento della Pa CO2 porta a un grado di acidosi mista con un ph che può essere anche inferiore a 7. In questi casi occorre ripristinare la situazione facendo attenzione alla ventilazione in quanto l’organismo di un bpco è abitutato a viaggiare ad alti regimi di PaO2 e di Pa CO2. Oltre alla ventilazione si interviene con la terapia farmacologica con antibiotici, mucolitici ecc. Quindi se alla IPPV (ventilazione a pressione positiva intermittente) aggiungevamo la PEEP (pressione positiva di fine espirazione) si otteneva la CPPV (ventilazione a pressione positiva continua). Il “continua” deriva dal fatto che c’è una P positiva in fase inspiratoria (per la IPPV) e c’è una P positiva in fase espiratoria (dovuta alla PEEP), quindi la P è continua per tutto il ciclo dell’atto respiratorio. Per quel che riguarda la CPPV si deve fare una distinzione per quello che è a volume e quello che è a pressione. VOLUME significa che attraverso il ventilatore si programma una certa quantità di volume e il respiratore da sempre quel volume corrente. PRESSIONE significa che sul respiratore io imposto una certa pressione. Volume e pressione sono legati, un volume genera comunque una pressione e una certa pressione da un determinato volume. Se imposto un volume, nel momento in cui ho un broncospasmo e un aumento delle secrezioni, il respiratore per mantenere il volume corrente deve aumentare la pressione, in questo caso si può provocare un barotrauma, una rottura alveolare. Per questo motivo è preferibile impostare la pressione perché almeno siamo sicuri che non si andrà mai oltre il valore pressorio impostato, e sarà più difficile provocare un barotrauma, però si deve stare attenti perché se si ha una condizione in cui le vie aeree non sono libere, per broncospasmo o aumento di secrezioni, si può avere un volume corrente molto basso che non mi consente di ottenere una ventilazione adeguata.

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Entrambi i tipi di ventilazione hanno dei vantaggi e degli svantaggi, si preferisce la seconda perché siamo più sicuri di non provocare barotraumi, ma con questo metodo si deve controllare attentamente perché si rischia di non avere una ventilazione efficace. Esistono dei ventilatori con cui si può effettuare la ventilazione con volume garantito a regolazione di Pressione, questo ventilatore garantisce sempre un determinato volume dopo che si è stabilito quali sono i livelli di pressione che non deve superare per erogare un certo volume impostato in modo da manterlo costante. Se il volume risulta maggiore lui abbassa la pressione, e se è minore la alza, se i parametri impostati della pressione non bastano a garantire il volume il ventilatore agisce sulla frequenza respiratoria. Nella ventilazione controllata ci può essere anche un contrasto tra la persona ventilata e il ventilatore, si può eliminarlo farmacologicamente con sedazione, analgesia, sedoanalgesia, curarizzazione, oppure si può tentare, attraverso un dispositivo (TRIGGER) che toglie questo contrasto, identificando l’inizio dell’atto respiratorio del soggetto (sia in termini di pressione che in termini di flusso), e inizia la ventilazione senza contrastare con la persona. Per la ventilazione controllata si impostano diversi parametri: fr rapporto I/E, Vc, Peep, P.inspir. Trigger, FiO2. Quando ho un soggetto con apnea, che sia fisiopatologica (causata da una malattia) o che sia farmaco indotta, la persona non respira e quindi devo usare una ventilazione di tipo controllato. Quando invece ho un soggetto con dispnea posso scegliere di conservare la sua respirazione spontanea, anche se alterata, o di portarlo, con i farmaci, in una condizione di apnea. Per esempio se ho una persona che ha una FR di 30, le cose da considerare sono:

1. perché ha 30 di FR ? 2. la tipologia di aritmia respiratoria provoca delle alterazioni in termini di PaO2 o di

PaCO2? 3. le alterazioni di PaO2 o di PaCO2 che la persona ha posso trattarle senza la ventilazione

invasiva? PSV (ventilazione a supporto di pressione) o PA (ventilazione a pressione assistita) Noi respiriamo con un meccanismo che sfrutta la differenza di pressione che c’è tra l’interno e l’esterno dei polmoni, tenendo conto del meccanismo fisiologico, per impostare il respiratore metto: P.insp, Peep, FiO2, e un Trigger, in questo caso non metto né la FR, né il rapporto I/E, né il VC. Quindi vado a valutare se con questi parametri riesco ad ottenere un VC e una FR, cioè come la persona respira. In questo caso il paziente, che è lievemente sedato o non sedato, è collegato ad un respiratore, ma effettua la sua respirazione. Il ventilatore capta l’inizio dell’atto respiratorio attraverso il trigger e mediante una pressione che viene somministrata in fase inspiratoria genera un volume. Il ventilare in fase inspiratoria facilita l’introduzione d’aria attraverso una pressione positiva, ovviamente più alta è questa pressione e più si genera VC. Per esempio, se una persona si presenta con FR=30 e un VC=200, se lo sottopongo ad una PSV, gli permetto di mantenere la sua respirazione, ma se grazie alla pressione che gli somministro in fase inspiratoria il VC mi aumenta, ad esempio a 600, e di conseguenza si modifica anche la FR che diminuisce.

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Gli aspetti da considerare sono due: 1. controllare il livello di pressione che mi genera un determinato VC e una determina FR,

questi devono rientrare in valori che io considero accettabili per un soggetto con quella certa patologia.

2. a questo soggetto gli posso dare un trigger ( a P o a V) che io posso variare in base alla necessità. Si può impostare il trigger in modo da iniziare l’atto respiratorio quando o il livello di P, o la variazione di flusso, è più alta o meno alta. Più alta è più difficoltà farà il soggetto, a fare l’atto respiratorio, più bassa è e meno difficoltà c’è. Se ha meno difficoltà tendenzialmente andrà a FR elevate, quindi se voglio diminuire la FR posso aumentare il trigger.(da -1 a -2 a -3 ecc).

In questo tipo di ventilazione il soggetto respira autonomamente, respira male in termini di FR e di VC, con la ventilazione a pressione di supporto aiuto la persona con una P di supporto in fase inspiratoria e in fase espiratoria a migliorare il VC e attraverso il trigger a migliorare FR. Quindi attraverso il trigger modifico la frequenza respiratoria, attraverso la pressione modifico il volume corrente, in modo da ottenere una respirazione ottimale per la persona. Con questo tipo di respirazione non si ha una respirazione precisa e costante nel tempo, è una ventilazione dinamica, strettamente collegata alle condizioni del paziente. Quindi è un tipo di ventilazione che necessita molto controllo, devo verificare spesso la FR e il VC per vedere se si fa una buona ventilazione. Se questo tipo di ventilazione non è efficace devo cambiare tipo di ventilazione, invece di passare ad una ventilazione di supporto posso scegliere una ventilazione controllata. Un soggetto in ventilazione assistita, non sempre è collaborante, per questo a volte si ha necessità di utilizzare farmaci, non certo i curari, ma si utilizzerà una sedazione leggera. Dentro il ventilatore c’è un meccanismo di sicurezza che nel caso di un soggetto in ventilazione assistita, se smette di respirare (oppure ha una FR non accettabile perché troppo bassa), il ventilatore può far partire una ventilazione d’apnea, che è un tipo di ventilazione controllata (in P o in V), già precedentemente impostata sul ventilatore. La ventilazione d’apnea quindi è un meccanismo di sicurezza che è dentro il ventilatore, e che questo mette in atto nel momento in cui un soggetto, che è in ventilazione assistita, va verso una bradipnea o un’apnea, e consente di passare automaticamente ad una ventilazione controllata che era stata precedentemente impostata. Per riportare il soggetto da una VAM ad una condizione di respiro spontaneo. Per fare questo ovviamente ci sono una serie di passaggi intermedi. Posso passare da una CPPV ad una situazione con PSV, la maggior parte delle tecniche di ventilazione sono strettamente correlate a queste due. Tra la CPPV e la PSV posso avere un tipo di ventilazione intermedia che è la SIMV e tra la PSV e il respiro spontaneo posso avere una ventilazione intermedia che è la CPAP.

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Passare da una respirazione controllata ad una assistita è un brusco cambiamento che richiedo alla persona, quindi posso fare delle tecniche intermedie per abituarla per gradi allo sforzo che deve fare per respirare. Svezzare vuol dire riabituare una persona a respirare da sola. Non c’è una regola fissa per passare da un gradino all’altro. SIMV (ventilazione intermittente mandatoria sincronizzata) (mandatoria = obbligatoria) Sincronizzata vuol dire che il ventilatore si deve sincronizzare con la persona per non contrastare con essa(si utilizza il trigger, che senso ha usare il trigger nella simv?). La SIMV si utilizza in soggetti che hanno la sua respirazione, anche se deficitaria, per aiutarli, invece di metterli in pressione di supporto, si aiutano con una ventilazione controllata, ma rispetto a una CPPV imposto una FR minore. Per esempio:

CPPV FR = 12 VC = 500 FiO2 = 40% ecc……

SIMV FR = 6 VC = 500 FiO2 = 40% ecc……

Gli altri parametri (VC, FiO2, PEEP, trigger), li imposto come per la CPPV, cambio solo la FR. Riducendo la FR si riduce il volume/minuto, con la CPPV gli darei 6 litri/minuto (12 x 500), con la SIMV gli darei 3 litri/minuto (6 x 500). Si intuisce subito che la SIMV si può utilizzare solo in soggetti che respirano autonomamente, con la SIMV si da obbligatoriamente quel VC (500) per quegli atti respiratori (FR 6) che io ho valutato opportuni, il resto degli atti respiratori il soggetto li fa autonomamente (se non metto una FR bassa non do la possibilità alla persona di respirare da sola). La ventilazione totale che il soggetto fa sarà la somma degli atti respiratori suoi, in respiro spontaneo, più gli atti che si impostano con la SIMV. Quelli che fa con la SIMV sono sicuri, quello che fa lui è variabile. La SIMV si può definire una ventilazione controllata parziale, che viene utilizzata nel meccanismo di svezzamento. La SIMV, analogamente alla CPPV, può essere a pressione o a volume. La SIMV a volte non è sufficiente a garantire un volume totale adeguato, posso aiutare la persona, durante la sua respirazione, con una pressione di supporto durante l’inspirazione, con questo aiuto si aumenta il VC che la persona fa quando respira da sola. In questo caso la tecnica cambia e si ha una SIMV + PSV, da un lato è una ventilazione controllata, dall’altro è una ventilazione assistita. Con la ventilazione assistita la persona è in grado di respirare autonomamente, quindi deve compiere un certo sforzo per respirare, riceve un aiuto ma deve compiere un lavoro, con la ventilazione controllata invece la persona non compie nessuno sforzo, la respirazione è tutta a carico del respiratore. Quando un soggetto è in SIMV compie sempre un certo sforzo, anche se lo aiuto con una PSV. Come si capisce che una persona in PSV può essere estubata? Per esempio: se ho una persona con una P di supporto = 20 che mi fa un V = 600ml, quando vedo che con quella P mi fa un V=800ml, decido di diminuire la P a 16 e vedo che ritorna a fare un V = 600 ml, quando aumenta di nuove il V diminuisco la P a 14 e così via fino a che arrivo a una P di 10 o <, gli posso togliere il tubo.

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CPAP (pressione continua nelle vie aeree) Generalmente si usa questa tecnica di ventilazione per persone dispnoiche a cui si vuole dare un aiuto nell’attività respiratoria, riducendo loro il lavoro respiratorio. Questo tipo di ventilazione ha una via inspiratoria e una via espiratoria. Nella via inspiratoria mando un flusso elevato di O2 e di aria (circa 25-30 litri), somministro al soggetto che ha una sua attività respiratoria, sia pur deficitaria, un aiuto caratterizzato da un flusso elevato di una miscela gassosa che raggiunge il paziente a livello della bocca, per cui egli riduce il proprio lavoro respiratorio grazie all’alta pressione con cui gli giunge la miscela di O2 ed aria. Dopo che la persona ha inspirato, compie l’atto espiratorio e l’aria esce dall’altra parte (via espiratoria). Nell’espirazione il soggetto trova una pressione positiva (PEEP), può essere costituita o da una valvola ad acqua o con una valvola meccanica. Alla via inspiratoria di solito si collega un recipiente vuoto (generalmente un contenitore non rigido, tipo un pallone) che mi permette di ridurre la pressione che giunge alla persona. Ovviamente il flusso della via inspiratoria deve essere riscaldato e umidificato e ciò che esce dalla via espiratoria genera condensa che si dovrà provvedere a raccogliere. Questo sistema dunque riduce il lavoro respiratorio che il soggetto deve fare grazie all’alta pressione che si ha in fase inspiratoria, per di più con una valvola ad acqua si aiuta con PEEP in fase espiratoria che mantiene gli alveoli aperti. Questa tecnica viene molto usata nelle situazioni di edema polmonare in pronto soccorso e per lo svezzamento dal ventilatore. Si può fare la CPAP sia in persone intubate sia in soggetti non intubati, grazie a delle maschere che evitano le perdite. Le indicazioni in genere sono BPCO e EPA. E’ una tecnica che si è diffusa molto (la troveremo non solo nelle terapie intensive ma nelle medicine d’urgenza, nel pronto soccorso…), anche perché è molto semplice e permette di evitare l’intubazione tracheale. Qualunque sia la tecnica di ventilazione, è sempre utile, ma inevitabilmente può avere delle complicanze, alcune delle quali sono:

- BAROTRAUMA è un trauma che si realizza per un eccesso di pressione - VOLOTRAUMA è un trauma che si realizza per un eccesso di volume

I soggetti che arrivano in rianimazione hanno tutti un alterazione a livello polmonare, sia essa primitiva o secondaria, quindi devo stare molto attento con la ventilazione perché un barotrauma o un volotrauma mi possono dare una rottura alveolare e posso andare in contro a pneumotorace o pneumomediastino. Questo schema rappresenta un polmone di un soggetto in posizione eretta, immaginiamo di dividerlo in 3 zone (zone di West), nel polmone circolano aria e sangue, i quali si distribuiranno in modo diverso all’interno del polmone. Infatti i liquidi tendono a distribuirsi maggiormente in basso, mentre l’aria tende ad accumularsi in alto, la situazione ideale è quella della seconda zona in si ha l’equilibrio tra aria e sangue. In terapia intensiva però la persona generalmente è in posizione supina, quindi lo schema del suo polmone sarà diverso e si può schematizzare sempre come un rettangolo diviso in due zone.

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Quando mando un volume corrente in un polmone, si dovrebbe distribuire in tutte le zone, però come si vede dallo schema, ci sono zone in cui di norma c’è + sangue e – aria. Quando il VC non si distribuisce uniformemente; ad esempio in un polmone che ha delle zone che non possono partecipare agli scambi gassosi, perché interessate da processi infiammatori, si può verificare un volotrauma. Questo non perché il VC che si dà è eccessivo, ma perché in quel polmone il parenchima che può partecipare agli scambi è limitato quindi quel VC non si distribuisce in tutto il polmone, ma solo in ¾ del polmone. Si deve stare attenti quindi perché anche con VC non alti si può provocare un volotrauma, dipende dalla superficie disponibile agli scambi che il polmone di quella persona ha in quel momento. Facciamo un altro esempio, se ho una persona con un polmone interessato da emotorace, il VC che gli mando non si distribuisce in tutti e due i polmoni, ma solo in quello sano, quindi l’unico polmone che riceve l’aria ne riceve il doppio del normale. Se in più ho impostato una PEEP, che mi mantiene aperti gli alveoli, se è troppo alta può determinare la rottura degli alveoli, quindi devo stare molto attento all’eccesso di PEEP. Se metto un rapporto I/E=1:2 non ho problemi, se invece metto I/E=2:1, la fase inspiratoria mi dura il doppio della fase espiratoria e posso andare in contro a una distensione. Qual’è il parametro che mi aspetto di migliorare con la ventilazione artificiale? Devo ottenere una PaO2 e una PaCO2 soddisfacenti, dove per soddisfacente si intende che devono essere il più vicino possibile ai valori fisiologici e legati alle variabili strutturali del soggetto. Per migliorare la PaO2 posso agire su due parametri:

1. la PEEP, che mantenendo aperti gli alveoli migliora lo scambio gassoso e quindi la PaO2, 2. la FiO2 , che aumenta la quantità di O2 disponibile per gli scambi gassosi.

Devo trovare il giusto equilibrio tra questi due valori, è importante avere una PEEP che mi dia un valore di PaO2 accettabile senza problemi in termini di complicanze. Allo stesso tempo dovrei avere una FiO2 tale da non crearmi danni dovuti all’ossigeno. Arriviamo al concetto di best PEEP , è la PEEP che mi dà i risultati che voglio (migliorare la PaO2, senza provocarmi problemi dovuti alla P positiva. Lo stesso vale per la FiO2, devo trovare il valore giusto (best FiO2). Il problema di fondo è che devo trovare il giusto equilibrio tra la PEEP e la FiO2 , per arrivare ad avere una PaO2 accettabile e non provocare danni. Con la PEEP di solito non si va oltre il limite di 10 cmH2O, perché oltre questo valore aumenta il rischio di provocare dei danni; questo non vuol dire che non supero mai questo valore, la posso mettere anche a 15 cmH2O, dipende dalla situazione del soggetto. Per la FiO2 di solito si consiglia di non superare il 40%, ovviamente tutto va correlato alle condizioni della persona, se è necessario un flusso maggiore di O2 lo devo dare, però appena possibile dovrò anche valutare se si può diminuire tale flusso. Il pneumotorace non è solo legato a un’eccessiva pressione, ma piuttosto è provocato dalla sovra distensione che si realizza sia per la P, sia per il V, in eccesso rispetto alle condizioni fisiologiche di quel soggetto. Da questo problema è emerso il concetto della ventilazione protettiva (una ventilazione che protegga il polmone e faccia in modo che quel soggetto non vada incontro a complicanze),

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quindi si cerca di evitare la sovra distensione, almeno in termini di volume, per questo si cerca di stare a V < 6 ml/Kg/P.C. Si può accettare anche un altro tipo di ventilazione, che mi provoca il mantenimento di una CO2 al di sopra del valore fisiologico. L’ipercapnia permissiva si verifica quando si ventila un soggetto in modo tale da portare a un mantenimento del valore di CO2 al di sopra del parametro considerato normale. Se si considera il valore normale di 40, se con la ventilazione faccio 50 non ha importanza, se la CO2 non provoca grosse complicazioni. Complicazioni che possono essere in termini emogasanalitici, la CO2 può essere anche alta, ma il pH deve mantenersi su valori normali, ma anche in termini circolatori (l’ipocapnia provoca vasocostrizione, mentre l’ipercapnia provoca vasodilatazione). Quindi se con la respirazione artificiale ho un buon valore di PaO2 , anche se la CO2 è un po’ alta non è gran problema, perché non crea problemi alla persona. La funzione cardiaca è fortemente influenzata dal ritorno venoso, perché questo mi influenza la gittata cardiaca e quindi la portata cardiaca. Fisiologicamente il ritorno venoso dipende anche dalla respirazione, con la respirazione artificiale, in particolare con la PEEP, si influenza il ritorno venoso ed in particolare si diminuisce. La PEEP fa distendere gli alveoli, l’alveolo disteso preme sull’interstizio, quindi sul capillare, e provoca un aumento di pressione a livello del circolo polmonare, quindi deve aumentare la contrazione del ventricolo destro per aprire la valvola polmonare e far circolare il sangue. Si determina così una situazione dove si ha una riduzione della volemia. Avere una volemia bassa, significa non avere una buona per fusione. Spesso i soggetti in ventilazione artificiale sono oligoanurici o addirittura anurici, la diuresi si riduce perché si riduce la per fusione renale, quindi per intervenire su questi soggetti devo usare farmaci che fanno aumentare la perfusione renale (dobutamina, dopamina, noradrenalina), e non farmaci che agiscono sul rene. Il posizionamento viene sempre considerato molto utile per la prevenzione delle lesioni da pressione, ma in terapia intensiva è importantissimo anche per il mantenimento della funzione respiratoria. Se la persona è sempre in posizione supina, l’aria andrà soprattutto nella parte del polmone più alta, quindi gli alveoli che sono nella parte bassa tenderanno a restare chiusi e non partecipano allo scambio respiratorio. Consideriamo anche il fatto che la persona in TI ha certamente dei problemi a livello respiratorio, se la parte inferiore del polmone è quella malata, con il posizionamento in decubito laterale, io faccio respirare la persona con la parte malata, quindi ventilerà male, ma è importante perché mi permette di recuperare, o di mantenere in attività anche gli alveoli malati (si evita l’epatizzazione del parenchima polmonare). Inoltre quando la persona è in decubito laterale devo stare attento anche a come lo ventilo perché c’è il pericolo che mi vada tutto o nel polmone di destra o nel polmone di sinistra, e rischio così di provocare un volotrauma o un barotrauma.

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Quando si parla di insufficienza respiratoria che si tratta di alterazioni a livello alveolare, quindi bisogna sempre ragionare in termini di deficit di scambi gassosi, cioè in termini di PaO2

e di PaCO2. Ad esempio se viene ricoverata una persona con un’emorragia cerebrale imponente con un’inondazione ventricolare con spostamento dei ventricoli (⇒ SHIFT VENTRICOLARE), con un GCS pari a 5, è ovvio che in questo caso c’è un’insufficienza respiratoria, quindi sarà necessario intubare questa persona e collegarla ad un ventilatore. Se ci arriva una persona con un’insufficienza respiratoria di tipo parenchimale, ci troveremo davanti ad una persona che presenta un quadro di broncopolmonite acuta, o un quadro di ARDS (cioè una sindrome caratterizzata da un’insufficienza respiratoria che compromette soprattutto la membrana alveolo-capillare con un’alterazione di tipo lesionale della membrana, ed è un quadro molto diffuso con un’elevata mortalità), oppure ci possiamo trovare davanti soggetti che sono BPCO cronici riacutizzati ⇒ il BPCO cronico riacutizzato si può riacutizzare perché ha contratto una broncopolmonite o dovuto ad un deficit neuromuscolare; oppure può darsi che la BPCO a questa persona gli si sia riacutizzata perché gli si è verificato un pneumotorace perché chi ha una BPCO di solito ha una distensione alveolare, quindi facilmente si può verificare un pneumotorace, quindi aumenta il deficit respiratorio proprio perché, ad un certo punto, viene a mancare una parte di tessuto che partecipa agli scambi gassosi. Quindi quando ci arriva un soggetto bisogna considerarlo, sia che si tratti di un ARDS, sia che si tratti di un BPCO riacutizzato, sia che sia un quadro di broncopolmonite diffusa, sia che si tratti di una polmonite, qualunque sia la situazione a livello parenchimale, noi ci troviamo davanti un soggetto che si presenta con insufficienza respiratoria oppure, eventualmente, un soggetto che per qualsiasi causa che sia di tipo traumatico o di tipo non traumatico, presenta alterazioni a carico della pleura. I polmoni sono rivestiti dalla pleura viscerale, che, a sua volta, formando una specie di sacca, uno spazio, è rivestita dalla pleura parietale; quindi c’è uno spazio pleurico tra questi due foglietti. Se c’è qualcosa all’interno di questo spazio pleurico, ovviamente si riduce lo spazio di parenchima. A far emergere questa riduzione di spazio parenchimale possono essere versamenti pleurici di vario tipo: ad esempio le pleuriti possono essere secche o essudatizie, nelle essudatizie posso avere dei versamenti essudatizi ma anche trasudatizi; il problema che si pone in questo caso è la quantità, perché la quantità giustifica il collabimento del parenchima, e quindi quel parenchima viene meno nel momento in cui lo devo utilizzare per gli scambi gassosi, quindi si può capire bene anche in questo caso qui quali sono le problematiche che possiamo trovarci davanti. Dal punto di vista clinico, se il deficit è a livello dello scambio gassoso, il soggetto che mi si presenterà davanti sarà dispnoico, e se è dispnoico ho davanti un’anamnesi, un esame obiettivo, le indagini di laboratorio e le indagini strumentali; se questo soggetto è dispnoico, si presenterà con problemi respiratori evidenti, con tachipnea, polipnea, con il respiro di Cheynes Stokes o di Kussmaul, oppure nell’altro caso si presenterà con tachipnea, apnea, etc. Questo per farvi capire che quando si presenta un paziente con dispnea ci possiamo trovare davanti a due grosse situazioni. Un soggetto che è apnoico o bradipnoico. In entrambe i casi ci troviamo davanti un soggetto con alterazioni del ritmo respiratorio che sono l’assenza o la netta riduzione della frequenza respiratoria.

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Nel caso dell’apnea io devo sostituire la respirazione del soggetto, mentre nel caso di dispnea devo supportare il suo deficit respiratorio compensando con la ventilazione o di tipo controllato o di tipo assistito. Se arriva un paziente in apnea, intanto gli posiziono una maschera, collegata all’Ambu, che è collegato ad una fonte di ossigeno (questo è un modo di respirazione artificiale), oppure posso utilizzare la maschera più il VA-E-VIENI, al quale posso collegare una fonte di Ossigeno, anche perché in un paziente in apnea, se non la collego all’Ossigeno, non mi serve a niente. Oppure posso sottoporre il soggetto a intubazione endotracheale e collegarlo ad un respiratore automatico (VAM). Posso intubare il soggetto e, invece di collegarlo al respiratore, continuare a ventilarlo con l’Ambu o con il VA-E-VIENI. Queste sono le possibilità che ho per ventilare una persona che arriva in apnea. Il VA-E-VIENI è un pallone moscio (che se non viene attaccato ad una fonte di ventilazione rimane sgonfio) con una valvola che permette di far passare più o meno Ossigeno (o gas) e di effettuare più o meno pressione positiva. L’Ambu, invece ha una valvola espiratoria ma non si sgonfia, rimane così com’è. Se invece si presenta un soggetto che non è apnoico, ma è dispnoico (inteso come soggetto con aritmie respiratorie che però permettono di conservare un certo tipo di respirazione), non devo utilizzare la maschera + l’Ambu perché il soggetto si oppone a questo tipo di ventilazione, quindi posso aiutarlo a respirare con l’utilizzo di una maschera con VA-E-VIENI, oppure CPAP, in modo da aiutare il soggetto in respirazione spontanea. Oppure posso anche sottoporre il soggetto ad intubazione endotracheale, collegandolo poi dopo ad un respiratore automatico che deve fare una respirazione assistita. Ricordiamoci bene che l’AMBU viene usato solo in soggetti che non hanno una respirazione spontanea, che non sono coscienti, etc… La ventilazione con il VA-E-VIENI è una ventilazione a pressione positiva, quindi è simile alla CPAP. Il VA-E-VIENI è un pallone che ha una valvola respiratoria che si può regolare, in modo da far respirare il soggetto autonomamente. Mentre il soggetto respira il pallone si gonfia e si sgonfia. Per regolare bene questo pallone, si apre la valvola a metà (si fa passare quindi una pressione positiva di Ossigeno pari a 5-8 cmH2O) e si vede quanto si gonfia il pallone al momento dell’espirazione del soggetto. In base al gonfiaggio, a come il pallone mantiene un certo gonfiaggio durante l’espirazione del soggetto, si regola la valvola. Se io apro la valvola fino a metà, riesco a produrre una pressione positiva anche in fase espiratoria, in modo da simulare una CPAP. Per quanto riguarda l’intubazione, abbiamo detto che per intubazione endotracheale si intende il posizionamento di un tubo che passa o per via nasale o per via orale, passa le corde vocali e viene posizionato in trachea. Per verificare il corretto posizionamento in trachea, bisogna fare dei controlli, e per fare questi controlli posso tranquillamente usare il fonendoscopio. Attraverso 5 punti, verifico sia anteriormente che lateralmente se l’ho posizionato in maniera corretta. I cinque punti dove posizionare il fonendoscopio per l’auscultazione sono:

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• 4°-5° spazio ascellare media destra • 4°-5° spazio ascellare media sinistra • 2° spazio emiclaveare destra • 2° spazio emiclaveare sinistra • a livello epigastrico, sotto il processo xifoideo

Per quanto riguarda l’intubazione endotracheale, questa può essere fatta o introducendo il tubo per via nasale, o introducendo il tubo per via orale fino alla trachea. La differenza sta nel fatto che: l’intubazione per via nasale permette una più alta fissità del tubo, perché quando viene posizionato il tubo, questo viene ancorato attraverso la cuffia in ambito tracheale, e poi viene fatto un fissaggio esterno. Difficilmente si estuba accidentalmente, mentre, invece, nell’intubazione per via orale, l’estubazione accidentale è più frequente, con I.N.T si può effettuare una corretta igiene del cavo orale. Per quanto riguarda l’intubazione per via nasale, bisogna tener di conto che il tubo deve avere un diametro in relazione alle dimensioni delle narici, quindi bisognerà utilizzare un tubo con un calibro minore rispetto al tubo che può essere introdotto in trachea attraverso la via orale. Fondamentale questo passaggio perché è ovvio che più ampio è il tubo e meno resistenze ho. Inoltre, passando dal naso ho più rischio di sanguinamenti, di epistassi, e, a seconda del tempo che lo tengo in sede, si rischia di provocare ad esempio sinusiti, lesioni da compressione, deformità, e dilatazione della narice; in più avendo a disposizione un tubo di calibro minore, potrò avere più difficoltà nel garantire una adeguata respirazione al soggetto. Quindi per quanto riguarda la fissità del tubo, è molto vantaggiosa l’intubazione per via nasale, anche perché c’è molto meno rischio di estubazione accidentale, però bisogna tenere presente che questo tipo di procedura non può essere effettuata su soggetti che hanno subito traumi a carico della piramide nasale o a carico della base cranica. Per quanto riguarda l’intubazione per via orale, si ha il vantaggio di poter usufruire di un tubo di calibro maggiore, di evitare episodi di sanguinamenti e di sinusiti, di poter evitare lesioni da decubito (se viene mantenuto un buon nursing ⇒ ad es. ricorrendo spesso ad un adeguato igiene del cavo orale in modo da prevenire anche le infezioni, cambiando spesso la posizione del tubo ai lati della bocca, etc…), anche se il rischio di estubazione accidentale è maggiore. Per quanto riguarda l’intubazione, ci sono molti fattori da prendere in considerazione, come ad esempio quanto tempo deve stare in sede, la conformazione del collo, se è corto, se ha una deviazione verso un lato, se ha una malformazione di un certo tipo, se il soggetto ha denti molto sporgenti, se non si vede bene la glottide, etc… Se c’è la previsione di dover tenere il tubo endotracheale in sede per molto tempo (ad esempio per più di 2 settimane) è bene valutare la possibilità di confezionare una tracheotomia perché molto probabilmente arrecherà meno complicanze del tubo endotracheale che possono insorgere, sarebbe meglio tenerlo in sede NON più di 10 giorni. Quindi, se considero che le complicanze del tubo endotracheale sono “DURATA-EFFETTO”, devo considerare a quali complicanze vado incontro quando decido di intubare. Ad esempio, anche se sto molto attento a quelle che potrebbero essere le complicaze lesionali legate al decubito, mi basta gonfiare un po’ troppo la cuffia per provocare una pressione troppo alta sulla mucosa e quindi provoco dei danni alla trachea (una complicanza importante sono le stenosi) o alle corde vocali, quindi sarà necessario controllare, con un manometro, almeno una volta per turno la pressione della cuffia.

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TRACHEOTOMIA è la procedura mediante la quale viene creata un’apertura entro la trachea. TRACHEOSTOMIA è quando si ha il confezionamento di una stomia, cioè si crea un tramite tra la trachea e l’esterno per poi inserire una cannula tracheotomica a dimora. Le tracheostomie ci sono di due tipi:

- CHIRURGICHE sono compito del chirurgo (preferibilmente un otorino), anche se alcuni anestesisti se le fanno da sé

- PERCUTANEE sono tecniche di cui si è appropriato l’anestesista-rianimatore Le chirurgiche hanno più frequentemente delle complicanze come i sanguinamenti e le infezioni dello stoma. La scelta tra un tipo o l’altro dipende da alcuni fattori, se la tracheostomia è definitiva si preferisce quella chirurgica, se si pensa che la tracheostomia sia temporanea si preferisce fare quella per cutanea. Le tecniche per la realizzazione di una tracheostomia per cutanea sono tante, ma quelle da tenere presenti sono due:

1. Tecnica di Fantoni o translaringea, che prevede il posizionamento di una cannula dall’interno verso l’esterno

2. Tecnica percutanea secondo Ciaglia con dilatatori. Riprende la tecnica di Seldinger che prevede l’utilizzo di un mandrino metallico che utilizzo per far scorrere vari dilatatori che mi permettono di fare il foro tracheale, sotto visione diretta fibro-broncoscopica. La tecnica modificata di Ciaglia consiste in questo: con un ago cerco di repertare il punto, sull’ago introduco un mandrino, sul mandrino mando via via dei dilatatori sempre più grandi, quando il tramite raggiunge le dimensioni della cannula che voglio inserire, a questo punto inserisco la cannula e poi tolgo il mandrino. Grazie ai progressi dell’industria adesso con un solo dilatatore (che inizia con un diametro piccolo e poi aumenta via via) si crea il buco delle dimensioni giuste e poi con un’altra specie di dilatatore introduco la cannula.

La cannula che è stata posizionata per la prima volta, se chirurgica può essere cambiata dopo circa una settimana, le cannule percutanee preferibilmente dopo 10 giorni, questo soprattutto per quelle fatte con la tecnica di Fantoni (in letteratura si trova scritto 15 giorni), perché se gli viene via la cannula i tessuti tendono a richiudersi. I maggiori problemi per le tecniche percutanee sono:

• la decannulazione • ostruzione della cannula • infezioni della stomia

Questi sono tutti problemi che si possono prevenire con un nursing adeguato La tracheostomia può essere percutanea, la transfaringea e quella chirurgica. Quelle percutenea può essere di due tipi, quella translaringea secondo Fantoni che va dall’interno verso l’esterno e quelle percutanee dall’esterno verso l’interno. Per la trachoestomia, a livello di nursing, tenete presente la decanulazione, l’ostruzione e l’infezione. Tra le complicanze della tracheostomia, è importante tenere presente come complicanza precoce il sanguinamento e come complicanza tardiva la stenosi. Posso avere quadri di ARDS, BPCO riacutizzati, LMT, SLA che compromette la respirazione.

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L’ ARDS (sindrome di insufficienza respiratoria nell’adulto), il deficit di fondo è il surfactante. Il surfactante serve agli alveoli per evitare il collabimento delle pareti. Nell’adulto succede una cosa molto simile. Questa patologia, l’ ARDS, può essere dovuta a batteri, o a endotossine prodotte da gram- spesso si realizza in soggetti politraumatizzati, perché hanno forme di contusione polmonare dovute al trauma, il parenchima viene contuso e quindi una parte del polmone non si occupa più degli scambi gassosi perché si è traumatizzato., si realizza molto spesso anche nei soggetti politrasfusi. Inoltre l’ARDS è frequente nei soggetti che si sottopongono ad interventi di chirurgia cardiaca in circolazione extra corporea. Quindi l’ARDS è un quadro secondario, che si instaura in seguito ad un’altra patologia. L’edema polmonare acuto di solito riconosce una componente cardiologia, in questo caso vi avevo detto utilizzo la CPAP o Pressione positiva ( per fare una P positiva il vai e vieni deve essere non tutto chiuso e non tutto aperto, a metà, che identifica una PEEP, cioè una pressione positiva di fine espirazione). Voglio che vi ricordate il discorso sulla membrana basale: abbiamo detto che ho un quadro dove ho una parte capillare e una parte alveolare che identificavo come membrana basale. Nell’edema polmonare cardiogeno ho una situazione di pressione polmonare aumentata, ma se ho una ripresa dell’attività contrattile della parte sinistra del cuore, comunque riesco a ripristinare il tutto questo perché non ho un danno capillare, tutto è dovuto ad un gioco di pressioni idrostatiche e pressione oncotiche, ho la fuoriuscita di liquido perché la pressione idrostatica è maggiore della pressione oncotica anche nella parte venosa del capillare. Quindi, non ho un danno né alla parete capillare, né nella parete endoteliale e neanche a livello della membrana basale. Il liquido è un trasudato, non un essudato perché non è un processo infiammatorio. Nell’ARDS abbiamo un edema lesionale, c’è stata una lesione a livello della membrana alveolare, dove ci sono i pneumociti di tipo 1 e di tipo 2. Ecco perché lesione anche del surfactante, il liquido poi contiene degli infiltrati leucocitari, nello specifico i polimorfo nucleati, i neutrofili, che identificano un’infezione e un’infiammazione e quindi liquido di tipo essudatizio, e il passo dopo all’processo infiammatorio sarà la fibrosi. Il quadro clinico dell’ARSD è la dispnea (normalmente è tachipnea, iperventilazione), con utilizzo dei muscoli accessori o meno, cianosi (dipende dall’emoglobina ridotta) che la evidenzio a livello delle mucose, delle dita, dei lobi delle orecchie, tachicardia come meccanismo di compenso, ipertensione o ipotensione, all’emogas vedo ipossiemia (abbassamento della PaO2) associata a ipo o normo o ipercapnia, saturazione inferiore a 90, ci può essere febbre. Con gli esami di laboratorio vado a fare un emocromo che evidenzierà una leucocitosi o una leucopenia ( in un soggetto immunodepresso). VES e Proteina C reattiva aumentata. Tutti segni che mi indicano un quadro di tipo infiammatorio. Esame obiettivo: percussione, palpazione, auscultazione e ispezione. Nello specifico auscultazione. L’RX torace evidenzierà un torace bianco, ad aspetto fioccoso, come un vetro smerigliato. Questo si dice che è un torace da ARDS, come se ci fossero dei focolai bronco pneumonitici multipli bilaterali bianchi.

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Quando ho identificato un quadro di ARDS, devo andare a ricercare la causa dell’ARDS, in particolare i germi che la possono aver provocato. Faccio quindi un esame dell’escreato se ha il respiro spontaneo o dell’aspirato se è un paziente intubato. L’emocoltura va fatta anche se non c’è febbre, poi farò un’urinocoltura, il tampone faringeo, una coprocoltura, l’esame del liquido cefalo rachidiano. Gli esami da fare in tutti i casi sono l’escreato o broncoaspirato, urinocultura e emocultura, gli altri prima di farli si deve valutare se è il caso o no. Lo Stafilococco e lo Pseudomonas sono i germi più frequentemente riscontrati. Questi esami ovviamente vanno fatti senza antibiotico terapia e ripetuti 2 volte la settimana per fare un monitoraggio. L’antibiogramma è fondamentale per individuare il tipo di batterio e l’antibiotico più adatto, ma ci vogliono molti giorni per avere la risposta e quindi, subito dopo gli esami faccio un antibiotico terapia usando antibiotici a largo spettro d’azione. Tenete presente che anche una nutrizione parenterale per lungo tempo può portare a un quadro di infezione polmonare, attraverso l’inquinamento del catetere venoso centrale o perché, la mancanza di una nutrizione enterale porta a un’atrofia delle cellule intestinali che non fanno più da barriera e quindi permettono il passaggio dei gram-, delle endo tossine, che possono distribuirsi e raggiungere anche i polmoni. Si predilige, quando è possibile, la nutrizione enterale perché questa tiene in vita le cellule intestinali che hanno la funzione di far passare solo determinate sostanze. Successivamente faccio un discorso per quello che riguarda la respirazione. Se posso lasciare il paziente in respirazione spontanea gli metto una VentiMask con FiO2 al 40 – 50% con reservoir. Se la situazione non migliora, lo posso mettere in CPAP, con flussi di 30 – 40 litri e con una FiO2 del 50 – 60%. La CPAP la posso mettere o con una maschera a tenuta (naso e bocca), o con un casco. Faccio una ventilazione non invasiva, intendendo per invasività l’intubazione o la tracheostomia. Se la situazione ancora non migliora, passo ad una ventilazione meccanica, inserisco il tubo, generalmente per via orale, e imposto o una CPPV o PSV. In questo caso, la FiO2 varia a seconda di quello che voglio ottenere. La PSV la posso fare anche attraverso il casco o la maschera e quindi è non invasiva. Per intubare un soggetto lucido e collaborante devo utilizzare dei farmaci, una induzione anestesiologica. Utilizzo un ipnotico: il propofol o il midazolam, insieme a fentanil e poi utilizzo un curaro che può essere o la succinilcolina o il trachium (l’atracurio besilato). Quindi in questo caso dovrò fare una sedoanalgesia ed eventualmente una curarizzazione. Nel momento in cui sottopongo la persona a intubazione, quindi faccio una sedazione, generalmente metto anche un sondino naso gastrico, il catetere venoso centrale, un catetere arterioso, il catetere vescicale con circuito chiuso. Il catetere arterioso ricordatevi che si mette alla radiale, la femorale e la pedidia. Una volta intubato, lo collego all’ambu, o al vai-e-vieni e al ventilatore automatico, ovviamente in rianimazione lo collego al ventilatore automatico con una tecnica che può essere o di ventilazione controllata e di ventilazione assistita.

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La ventilazione controllata ha delle complicanze, aumenta la pressione intratoracica, si riduce il ritorno venoso e quindi si riduce la portata cardiaca e si può avere anche una notevole riduzione della diuresi e in un soggetto come questo non me lo posso permettere. In questo caso posso fare una fluido terapia associata a inotropi positivi (noradrenalina). Nel momento in cui lo ventilo, il contrasto ventilatore – paziente lo evito con l’utilizzo del trigger e se è necessario una sedazione (propofol, midazolam, fentanil, remifentanil, morfina ecc) senza curarizzazione perché il curaro a lungo andare può portare la polinevrite. Nella scelta del farmaco da usare, tenete presente che il propofol ha un effetto inotropo negativo, il midazolam riduce le resistenze, si possono utilizzare insieme stando molto attenti e si riducono gli effetti collaterali. Per quanto riguarda il ventilatore io posso utilizzare una CPPV tenendo presente le caratteristiche del soggetto che in questo caso ha:

• PaO2 bassa • PaCO2 bassa

Come posso impostare i valori per una ventilazione controllata? CCPV:

• FiO2 = 40% ( 19% in più di O2 rispetto all’aria) • FR = 14 • VC = 500 ml (7 – 8 ml pro chilo) • PEEP = 10 • TRIGGER

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SATURIMETRIA PERIFERICA DELL’OSSIGENO OSSIMETRIA La determinazione non invasiva dei gas ematici per mezzo di tecniche ottiche e colorimetriche è il più utile progresso nel monitoraggio del paziente critico. Tutti gli atomi e le molecole assorbono specifiche lunghezze d’onda della luce (da ciò derivano i colori). Questa proprietà è nota come spettrofotometria: trasmissione di luce di lunghezze specifiche, attraverso un mezzo per determinarne la composizione molecolare. Basata sulla capacità molecolare e atomica di assorbire specifiche lunghezze d’onda della luce. L’assorbimento della luce nel passaggio attraverso un mezzo è proporzionale alla concentrazione della sostanza assorbente ed alla distanza percorsa della luce (questa è conosciuta come legge di Lambert-Beer). L’applicazione di questo principio alla rilevazione dell’emoglobina nelle sue differenti forme è nota come ossimetria. LA RILEVAZIONE OTTICA DELL’EMOGLOBINA Ci sono differenti forme di emoglobina: - Ossigenata: HBO2 - Deossigenata: HB - Metaemoglobina: metHb - Carbossiemoglobina (COHb) Ciascuna delle forme di emoglobina presenta differente capacità d’assorbimento della luce. Se si confrontano le forme di emoglobina ossigenata e non si nota che, nella zona rossa dello spettro luminoso (660 nm), la HbO2 non assorbe la luce allo stesso modo della Hb; mentre, nella zona dell’infrarosso (940 nm), accade il contrario e la HbO2 assorbe la luce più intensamente della Hb. Poichè nella maggior parte dei casi, la metaemoglobina e la carbossiemoglobina costituiscono meno del 5% della quantità totale di emoglobina, la trasmissione della luce a 660 nm attraverso un campione di sangue viene a essere determinata dalla quantità di HbO2 nel campione, mentre la trasmissione della luce a 940 nm è determinata dalla quantità di Hb nel campione. Per cui, in sostanza, la trasmissione della luce rossa è data dall’HbO2 e quella infrarossa dall’Hb.

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Espressione della saturazione percentuale di emoglobina ossigenata La quantità di HbO2 può essere confrontata con la quantità totale di emoglobina (HbO2+Hb) per ricavare la frazione di emoglobina presente nella forma ossigenata. Questa si definisce saturazione percentuale e viene espressa dall’equazione riportata di seguito:

Saturazione percentuale = (HbO2/HbO2+Hb)X100

Questo è il meccanismo di funzionamento della maggior parte degli ossimetri utilizzabili al letto del pz., che utilizza due lunghezze d’onda (660 e 940 nm)ed esprime la quantità di emoglobina ossigenata come percentuale dell’emoglobina totale. PULSOSSIMETRIA I vecchi pulsossimetri non erano attendibili perchè vi erano molti fattori: - influenza di fattori diversi dall’emoglobina sulla trasmissione della luce - impossibile distinguere tra saturimetria dell’ossiemoglobina arteriosa, venosa Il principio di base di un pulsossimetro è mostrato nella figura seguente. Le sonde nei pulsossimetri sono a forma di manicotto che deve essere posizionato attorno a un dito. Un lato della sonda è un fototrasmettitore che emette luce monocromatica con lunghezze d’onda di 660 e 940 nm. La luce attraversa i tessuti del dito fino a raggiungere un fotorilevatore sull’altro lato. La caratteristica peculiare dei pulsossimetri è il fotorilevatore, che amplifica solo luce d’intensità alternata. La luce che colpisce un’arteria pulsante subirà variazioni fasiche d’intensità e sarà amplificata dal fotorilevatore, mentre la luce che attraversa tessuti non pulsatili sarò bloccata dal fotorilevatore. Questo fa si che il pulsossimetro riconosca la sola emoglobina presente nelle arterie pulsatili, riducendo o eliminando gli errori dovuti all’assorbimento della luce da parte di strutture non pulsatili come il tessuto connettivo e le vene.

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TIPOLOGIE DI PULSOSSIMETRI

TIPOLOGIE DI SENSORI

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ACCURATEZZA DELLA SPO2 • A livelli di ossigenazione arteriosa clinicamente accettabili (SaO2>70%), la saturazione di

O2 registrata dai pulsossimetri (SpO2) si discosta di meno del 3% dalla SaO2. • Nell’intossicazione da monossido di carbonio, dove il monossido si sostituisce all’ossigeno a

livello dei siti di legame con il ferra nell’emoglobina, così l’intossicazione da monossido determina un aumento dei livelli di carbossiemoglobina (COHb) e diminuisce quelli di ossiemoglobina. questo dovrebbe evidenziare una riduzione della saturazione arteriosa di O2. Tuttavia l’assorbimento della luce è simile per la carbossiemoglobina e per l’emoglobina ossigenata. questo significa che i pulsossimetri scambieranno la COHb per la HbO2, e la SpO2 sarà più elevata di quella effettiva. Poichè la SpO2 sovrastima la SaO2 quando i livelli di COHb sono elevati, la pulsossimetria non è attendibile per rilevare l’ipossiemia nell’intossicazione da monossido di carbonio.

• Nella metaemoglobina, il ferro ossidato dei gruppi funzionali della metaemoglobina trasporta meno efficacemente l’ossigeno, di conseguenza l’accumulo di metaemoglobina diminuirà la SaO2. La pulsossimetria sovrastima la SaO2 e, in caso di emoglobinemia la SpO2 raramente scende al di sotto di 85% malgrado i livelli di SaO2 siano molto inferiori. Pertanto la pulsossimetria non va impiegata quando si sospetti una metaemoglobinemia.

• Malgrado la saturimetria si basi sulla presenza di flusso ematico pulsatile, la SpO2 è un

indice preciso della SaO2 anche a livelli di pressione arteriosa di 30 mmHg. Lo smorzamento delle pulsazioni non influenza l’accuratezza della rilevazione della SpO2 neanche se il rilevamento è effettuato distalmente ad un’arteria radiale incannulata.

• In caso di anemia, in assenza di ipossiemia, la SpO2 risulta accurata.

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• Gli effetti della pigmentazione cutanea sulla SpO2 variano tra i differenti lavori. Uno studio riporta una SpO2 erroneamente bassa nei pz. con cute scura, mentre in un altro studio, la SpO2 era falsamente elevata quando la SaO2 era inferiore al 70%. Lo smalto per unghie ha uno scarso effetto sulla SpO2 quando il colore è nero. Particolare effetto lo ha il blu di metilene che riduce fino al 65% la SpO2 se iniettato per via ev. Il blu di metilene viene impiegato nel trattamento della metaemoglobinemia.

• Studi clinici hanno dimostrato che la SpO2 può essere un indicatore sensibile di

alterazioni della ventilazione (bassa PaO2) quando i pz. respirino in aria ambiente ma non quando respirino ossigeno supplementare. Questo può essere spiegato considerando la curva di dissociazione dell’emoglobina. Quando la SpO2 (o la SaO2) supera il 90% (PaO2 >60mmHg), la curva comincia ad appiattirsi, e più ampie variazioni di PaO2 si accompagnano a minori modificazioni della SpO2. Con la supplementazione di O2 la SpO2 si sposterà sempre di più lungo il tratto piatto della curva di dissociazione dell’emoglobina (la SpO2 è spesso >98% con la supplementazione di O2), perciò relativamente ampie variazioni nella PaO2 si accompagnano a minimi cambiamenti nella SpO2. La supplementazione di O2 è una pratica di routine anche quando la SpO2 supera il 90%. Poichè non vi è alcun documentato beneficio nell’incrementare la SaO2 sopra il 90%, la supplemetazione di O2 non è necessaria se la SpO2 in aria ambiente è pari al 92%.

• Accuratezza della SpO2 secondo i rilievi del Joanna Briggs Institute: - anormali livelli di emoglobina - livelli di luce ambientale - pigmentazione cutanea - iperbilirubinemia - stati di bassa perfusione - presenze di disemoglobine - aritmie - artefatti da movimento

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ACCORGIMENTI ASSISTENZIALI - Valutazione di perfusione del distretto distale dove applicare il saturimetro (dito mano,

dito piede, lobo orecchio) - scelta del sensore adeguato alla sede - rimozione smalto e vestiti che esercitano costrizione - utilizzo dell’arto controlaterale a quello col bracciale della NBP - controllo visualizzazione onda/o led pulsatile - settaggio allarmi - controllo incrociato di: FC, onda pulsatile e pulsazioni registrate mediante controllo

palpatorio - lasciare il sensore in sede il tempo necessario per avere una lettura corretta - rotazione ogni 2 ore della sede del sensore - se lettura inefficace: verificare led luminoso, verificare posizione del sensore, verificare

onda su display del monitor e valutazione della perfusione delle estremità - registrazione e documentazione del parametro - pulizia del sensore se non monouso secondo indicazioni delle fitta produttrice FORME D’ONDA PULSATILE PER SPO2

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EMOGASANALISI ARTERIOSA CONCETTI DI BASE La concentrazione di ioni H+ nel liquido extracellulare è determinata dall’equilibrio tra la pressione parziale di anidride carbonica PaCO2 e la concentrazione di ioni bicarbonato HCO3 nel liquido. Tale relazione è espressa come segue:

H+ = 24 X (PaCO2/HCO3) Con una normale PaCO2 arteriosa di 40 mmHg e una normale concentrazione sierica di HCO3 pari a 24, la normale concentrazione di H+ nel sangue arterioso è 24 x (40/24)=40 nEq/l. Si noti che la H+ nel liquido extracellulare è espressa in nanoequivalenti per litro. Un nanoequivalente corrisponde a un milionesimo di un milliequivalente, per cui vi sono milioni in più di ioni sodio e di altri ioni misurati in mEq rispetto agli ioni idrogeno. Poichè i nanoequivalenti rappresentano una così piccola quantità, la H+ viene di routine espressa in unità di pH, che sono derivate dal logaritmo negativo della H+ in nEq/l. Una normale H+ corrisponde a un pH di 7,40. Poichè il pH è il logaritmo negativo della H+, le variazioni di pH sono inversamente proporzionali alle variazioni della H+ (quindi man mano che l’acidità aumenta il pH diminuisce). TIPI DI DISORDINI DELL’EQUILIBRIO ACIDO-BASE I diversi tipi di disordine acido-base possono essere definiti usando i normali range del ph e della concentrazione di PCO2 e HCO3 nel liquido extracellulare come punti di riferimento. - L’acidosi è una condizione anormale che tende a produrre un ph acido a meno che non ci sia

una alcalosi dominate e opposta. - L’alcalosi è la condizione opposto che tende a produrre un ph alcalino a meno che non ci sia

una acidosi dominate e opposta.

• Quando l’alterazione riguarda la PCO2, la condizione è definita disordine respiratorio dell’equilibrio acido base: un aumento della PCO2 è un’acidosi respiratoria e un decremento della PCO2 è un’alcalosi respiratoria. L’anidride carbonica è l’acido respiratorio, per la precisione è l’unico acido che può essere esalato, in realtà l’anidride carbonica è un gas e non un acido. L’acido carbonico si forma soltanto quando essa si combina con l’acqua. Purtuttavia, i clinici di regola considerano sinonimi anidride carbonica e acido respiratorio.

• Se l’alterazione riguarda gli HCO3, la condizione è definita disordine metabolico

dell’equilibrio acidobase: un decremento degli HCO3 è un acidosi metabolica e un incremento è un’alcalosi metabolica. Si definisce acidosi metabolica una condizione in cui il ph è più acido in rapporto alla PCO2 appropriata per quel punto specifico di Ph.

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- Il Ph è sempre un prodotto delle due componenti, respiratoria e metabolica, e la

componente metabolica è valutata, calcolata e considerata tenendo conto dell’effetto della PCO2, per es. ogni modifica del ph non spiegato dalla PCO2 indica una anormalità metabolica.

- Bicarbonato. Nelle determinazioni acido-base la concentrazione di ioni bicarbonato viene calcolata sulla base di PCO2 e ph. Poichè essa è influenzata da entrambe le componenti respiratoria e metabolica, non si può considerare un parametro di misurazione ideale per entrambe le componenti.

- Base Excess (BE) costituisce una misurazione del livello di acido metabolico e normalmente è zero. Le basi del sangue (basi totali) sono circa 48 mmol/l in rapporto alla concentrazione di emoglobina. Le modificazioni delle basi ematiche sono dette eccesso o deficit di basi. Bisogna ricordare che dire”questo paz. ha un eccesso di acido metabolico (acidosi) di 10 mEq/l”. L’eccesso di base può essere utilizzato per calcolare la quantità di trattamento (neutralizzazione) richiesta per contrastare l’acidosi (o l’alcalosi) metabolica.

CONTROLLO DELL’EQUILIBRIO ACIDO-BASE e MECCANISMI DI COMPENSO I fattori che determinano il ph nel liquido extracellulare indicano che lo stretto controllo del ph necessita di un rapporto PCO2/HCO3 costante. Pertanto la variazione di uno dei fattori deve essere accompagnata da un proporzionale cambiamento dell’altro determinante per far si che il rapporto PCO2/HCO3 (e il ph) resti costante. Pertanto un aumento della PCO2 deve essere accompagnato da un aumento degli HCO3 per mantenere il ph costante.

disordine alterazione Compenso Acidosi respiratoria > PCO2 > HCO3 Alcalosi R. < PCO2 < HCO3 Acidosi metabolica < HCO3 < PCO2 Alcalosi M. > HCO3 > PCO2 I veri regolatori corporei dell’equilibrio acido-base sono i polmoni e i reni che sono responsabili rispettivamente dell’eliminazione degli acidi respiratori e metabolici. La quantità di acido respiratorio prodotto al giorno è calcolata facilmente. 250ml di anidride carbonica al minuto fa 360 l al giorno; ogni giorno sono approssimativamente prodotti 16 moli di anidride carbonica. Questa enorme quantità corrisponde a una capacità proporzionalmente efficace di eliminazione.

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Compenso respiratorio I disturbi metabolici dell’equilibrio acido-base comportano una pronta risposta ventilatoria. L’acidosi metabolica stimola i recettori e da il via a un aumento della ventilazione e a un conseguente riduzione del valore arterioso della PaCO2. La capacità dei polmoni di eliminare grandi quantità di anidride carbonica li abilita a compensare rapidamente. A meno che l’apparato respiratorio non sia ammalato o depresso, i disturbi metabolici prontamente stimolano un parziale compenso respiratorio. Compenso metabolico La risposta compensatoria alle modificazioni della PaCO2 ha luogo nei reni e prevede un adattamento nel riassorbimento di HCO3 nei tubuli. Un aumento della PaCO2 (acidosi respiratoria) determina un aumento del riassorbimento degli HCO3 e un conseguente aumento dei livelli sierici di HCO3, mentre una riduzione della PaCO2 (alcalosi respiratoria) comporta una riduzione degli HCO3 riassorbiti e una successiva riduzione dei valori di HCO3 nel plasma. Queste risposte compensatorie si sviluppano lentamente (a differenza della risposta ventilatoria ai disordini metabolici dell’equilibrio acido-base, che è immediata). Il compenso inizia tra 6 e 12 ore ed è pienamente sviluppato dopo alcuni giorni. Il rene è abituato a eliminare solo 0,1 moli di acido al giorno. Questa minore quantità corrisponde a una relativamente più bassa percentuale di compenso un pz. può essere ventilato a una PCO2 anormale per ogni giorno prima che si raggiunga il tipico, parziale compenso.

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squilibrio cause Segni e sintomi Acidosi respiratoria

- ipoventilazione - danno al centro del respiro nel

midollo allungato - depressione del centro respiratorio

(per esempio con uso di morfina, barbiturici o alcol)

- danno polmonare o ostruzione delle vie aeree (per esempio, polmonite, enfisema, pneumotorace)

- scambio di gas ridotto durante intervento chirurgico

- ridotta frequenza e profondità di respiro

- ridotta attività del sistema nervoso centrale (letargia, riduzione della capacità di giudizio, disorientamento)

- mal di testa, visione offuscata, specie al mattino

- debolezza, aritmie, crisi convulsive se presente iperkaliemia

squilibrio cause Segni e sintomi Acidosi metabolica

Anormale perdita di bicarbonato: - diarrea severa - vomito prolungato di contenuto

gastrointestinale profondo Accumulo di acidi metabolici: - chetoni derivante da diabete

mellito, aumento metabolismo, digiuno prolungato

Ingestione eccessive di sostanze che aumentano gli acidi metabolici: - acido salicilico - cloruro di ammonio - solfato ferroso - glicole etilene - alccol metilico Inadeguata funzione renale: - incapacità ad espellere idrogeno e a

ritenere bicarbonato Anossia (metabolismo anaerobio che comporta acidosi lattica)

- cambiamenti nel sensorio (letargia, progressione fino al coma)

- iperventilazione (indicano compenso respiratorio)

- debolezza, aritmia, se presente iperkaliemia

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squilibrio cause Segni e sintomi Alcalosi respiratoria

Aumento della frequenza e/o della profondità del respiro con conseguente eccesso dell’eliminazione di CO2 a seguito di: - dolore - esercizio fisico ansiogene - ipossia, anossia - iperventilazione volontaria Danno al centro del respiro nel midollo allungato: - malattie del sistema nervoso

centrale (esempio encefaliti, meningiti)

- chirurgia intracranica Sovrastimolazione del centro del respiro: - febbre - overdose da farmaci Batteriemia da gram negativi

- respirazione rapida, profonda - sensazione di testa vuota, alterazione

della coscienza, incapacità alla concentrazione, tetania, convulsioni (una bassa PaC02 determina vasocostrizione cerebrale e perciò ischemia cerebrale)

- aritmie cardiache se presente ipokaliemia

- intorpidimento e formicolio delle estremità se presente ipocalcemia

squilibrio cause Segni e sintomi Alcalosi metabolica

Perdita di acido cloridrico dallo stomaco: - vomito - apirazione gastrointestinale perdita di cloruri causando riassorbimento di bicarbonati: - uso di diuretici - vomito eccessivo Ritenzione di sodio, che causa riassorbimento di bicarbonato: - aumento di secrezione di

aldosterone (stress, trauma) Eccessiva ingestione di alcali: - bicarbonato di sodio - latte di magnesia Somministrazione endovenosa di sodio bicarbonato durante ALS

- respiro lento, superficiale (compenso polmonare)

- vertigini, formicolio delle estremità, tetania, convulsioni, ipertonicità muscolare

- irritabilità, disorientamento - aritmie cardiache se presente

ipokaliemia

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CHE COSA LEGGIAMO NELL’EGA • Ph - Misurazione dell’acidità e alcalinità del sangue arterioso basata sulla quantità di

idrogenioni presenti H+: Vn 7,35 – 7,45 • PaO2 – pressione parziale dell’ossigeno disciolto nel sangue arterioso: 80 – 100mmHg • SaO2 – saturazione di ossigeno arterioso: 95 – 100% (accettabile SaO2 > 90-92%) • PaCO2 – pressione parziale di anidride carbonica disciolta nel sangue arterioso: 35 – 45

mmHg • HCO3 – valore calcolato della quota di bicarbonato presente nel sangue: 22-26 mEq/L • B.E. – eccesso di basi indica la quota di eccesso o insufficienza del livello dei bicarbonati

nel sistema (un BE negativo indica un deficit di base nel sangue): -2 a +2 mEq/L altre informazioni: • tHB – rilievo precoce di anemia (anche emogas venosa) • COHB – dovrebbe essere assente; importante per rilievo di intossicazione da monossido di

carbonio • Lattati – segno di metabolismo anaerobio; importante indice di ipoperfusione tessutale • Elettroliti • glucosio VALORI DI EMOGLOBINA ED ELETTROLITI RILEVABILI CON L’EGA Emoglobina M 14-18 g/dl Emoglobina F 12-16 Calcio totale 8.5-10.5 mg/dl Calcio ionizzato 2.2-2.3 mEq/L Glucosio 70-100/110 mg/dl Lattati a riposo <2 mEq/l Lattati durante esercizio <4 mEq/l Cloruro 95-105 mEq/l Potassio 3.5-5.0 mEq/l Sodio 135-147 mEq/l Osmolalità 280-296 mOsm/Kg

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RAPIDA INTERPRETAZIONE DELL’EGA • STEP 1 – Valuta il Ph: acidosi o alcalosi? alcalosi se ph >7.45 acidosi se ph <7.35 • STEP 2 – determina il disturbo principale (respiratorio o metabolico): valuta il livello di

PaCO2 problema respiratorio se il ph e la PaCO2 si muovono in direzione opposte • STEP 3 – valuta il livello di HCO3 problema principale metabolico se il ph e i HCO3 si muovano nella stessa direzione in sostanza: Ph PaCO2 HCO3 Acidosi respiratoria ↓ ↑ Normal Alcalosi respiratoria ↑ ↓ Normal Acidosi metabolica ↓ Normal ↓ Alcalosi metabolica ↑ normal ↑ NB: possono esserci anche i disturbi misti (alcalosi p acidosi) respiratori metabolica contemporaneanmente VALUTAZIONE DEI MACCANISMI DI COMPENSO - IL Pz. può essere pianamente scompensato (acuto) -> ph normale parzialmente compensato -> ph anormale pianamente compensato (cronico) anormali normalizzato, ma con gli altri valori anormali Ricorda: l’ipercompenso non esiste. RICERCA DEI SEGNI DI COMPENSO PARZIALE • STEP 1 – valuta il pH - ph normale (acidosi o alcalosi) -> ricerca i segni di compenso - ph normale • STEP 2 – valuta la PaCO2: se ph e PaCO2 si muovano nella stessa direzione, il problema è

metabolico, cioè un disordine metabolico con parziale compenso respiratorio. • STEP 3 – valuta il livello di HCO3: se ph e HCO3 si muovano in direzioni opposte, il

problema è respiratorio, cioè un disordine respiratorio con parziale compenso. Ricorda: il compenso respiratorio inizia rapidamente (minuti), mentre quello metabolico lentamente (ore, giorni).

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QUARDANDOLO NELL’INSIEME... Stato di compenso COMPLETO

Ph PaCO2 HCO3 Acidosi respiratoria <7.40 ↑ ↑ Alcalosi respiratoria >7.40 ↓ ↓ Acidosi metabolica <7.40 ↓ ↓ Alcalosi metabolica >7.40 ↑ ↑ Stato di compenso PARZIALE Ph PaCO2 HCO3 Acidosi respiratoria ↓ ↑ ↑ Alcalosi respiratoria ↑ ↓ ↓ Acidosi metabolica ↓ ↓ ↓ Alcalosi metabolica ↑ ↑ ↑

VARI GRADI DI COMPENSO ALLE ALTERAZIONI DELL’EQUILIBRIO ACIDO/BASE

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VALORI EGA IN ARIA AMBIENTE PER ETA’ < A 60 ANNI

GAP ANIONICO Il GAP anionico è una stima dell’eccesso relativo degli anioni non misurati e viene usato per stabilire se un’acidosi metabolica è dovuta a un accumulo di acidi non volatili (per es. acido lattico) o a una perdita netta di ioni bicarbonato (p.es. diarrea). Per raggiungere l’equilibrio elettrolitico, la concentrazione degli anioni carichi negativamente deve uguagliare la concentrazione dei cationi carichi positivamente. Tutti gli anioni partecipano a questo equilibrio, tanto quelli misurati di routine, come il sodio, il cloro e il bicarbonato, quanto quelli non misurati. La differenza tra cationi non misurati e anioni non misurati prende il nome di gap anionico. Alcune cause di acidosi metabolica portano al rilascio di anioni nel liquido intracellulare che normalmente non sono misurati. quando si verifica ciò, sarà evidente un inaspettata discrepanza tra la somma dei principali cationi e la somma dei principali anioni. La somma di solito è:

Na + (140) + K + (5) = c1 – (150) + HCO3 – (25) + GAP (15)

Quando saranno presenti altri anioni addizionali non misurati, essi diverranno parte del “gap” che sarà allora corrispondentemente più ampio. Un gap maggiore di 30 suggerisce che esiste un aumento questo metodo si fonda sull’accurattezza di altre misurazioni. Un piccolo errore in numeri più grandi causa proporzionalmente un errore più grande nel risultato. Se è necessario quantizzare gli anioni, è più appropriato misurare la loro concentrazione.

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In pratica è sufficiente analizzare i lattati nell’ipossia tissutale, il 3-idrossibutirrato nella chetosi diabetica, e i fosfati o i solfati nell’insufficienza renale. Il valore normale della gap anionico è 3-11 mEq/L ACIDOSI AD ANION GAP - GAP anionico elevato : acidosi lattica, chetoacidosi, o insufficienza renale con ridotta

escrezione di H+. - GAP nella norma: perdita di HCO3, (diarrea, insufficienza renale agli stati iniziali...).

Acidosi ipercloremica. ESECUZIONE DELL’EGA MATERIALE - Siringa da EGA ed ago o ago 20G siringa 2Ml - Antisettico appropriato - Guanti - Medicazione sterile - Occhiali protettivi - Indumenti protettivi - Contenitore con ghiaccio per trasporto (se richiesto) - Etichetta identificazione paz. - Anestetico locale (se richiesto) - Siringa e ago 24-27G per anestesia locale PROCEDURA 1. Informazione/istruzione, ottenimento consenso 2. Esecuzione test di allen modificato prima della procedura (se usata l’arteria radiale e pz.

vasculopatico) 3. Lavarsi le mani 4. Indossare i guanti 5. Palpare l’arteria (radiale, brachiale, femorale) 6. disinfettare il sito e la punta delle dita che palpano con antisettico appropriato 7. Assistere il medico se richiesta anestesia locale 8. Inserire ago a 30° - 45° - 90° (a seconda dell’arteria punta) e prelevare almeno 1 Ml di

sangue 9. Rimuovere l’ago e siringa e applicare garza e una ferma pressione per 5’ sul punto del

prelievo (10’ se il pz. è sotto anticoagulanti), e più a lungo se la punta è fatta sull’a. femorale.

10. Effettuare medicazione protettiva finale 11. Espellere l’aria dalla siringa e rimpiazzare il tappo di gomma dopo rimosso l’ago

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12. Smaltire l’ago nei contenitori dei taglierini 13. Applicare l’etichetta identificativa sulla siringa 14. Porre il campione nel ghiaccio e trasferirlo per l’esecuzione dell’ega ALCUNE RACCOMANDAZIONI - Rimuovere l’eparina (se non usata siringa da EGA) prima della puntura; rimane eparina

sufficiente (0.2 Ml) nello spazio morto del cono e ago - Sono richiesti almeno 3 cc di sangue per evitare l’effetto di diluizione dell’eparina - Campioni con grosse bolle andrebbero scartati: le bolle d’aria determinano riequilibrazione

dei gas tra aria e sangue arterioso con ↓ PaCO2 e ↑ PaO2 - La tensione dei gas nei campioni varia nel tempo, perchè i costituenti cellulari rimangono

metabolicamente attivi - Possibile conservazione del campione a 5° per 1 ora senza alterazioni significative dei

risultati TEST DI ALLEN MODIFICATO - Compressione di a. radiale e ulnare

contemporaneamente - Far aprire e chiudere il pugno del pz. fino a che il

palmo può dare falsi negativi, suggerendo flusso collaterale inadeguato

- Si rilascia un’arteria si annota il tempo di ritorno del colorito roseo

- La procedura è ripetuta con l’altra arteria - Il tempo di ritorno del colorito roseo normale è

<7 sec (test +); da 8 a 14 è definito equivoco e > 15 anormale (test -)

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INSUFFICIENZA RESPIRATORIA ACUTA ed OSSIGENOTERAPIA

Si definisce insufficienza respiratoria una significativa riduzione della capacita dell’apparato respiratorio di ossigenare il sangue e di rimuoverne l’anidride carbonica. Può essere dovuta ad alterazione degli scambi gassosi intrapolmonari o a un’efficace ventilazione polmonare. Per convezione si parla di IR quando la PaO2 è inferiore a 60 mmHg (ipossiemia) e la PaCo2 è maggiore di 50 mmHg (ipercapnia). Inoltre, vi è un altro tipo di classificazione che è riportata nella tabella seguente.

Insufficienza respiratoria acuta TIPO I TIPO II

Normocapnica Ipossiemica

Ipercapnica Ipossiemica

PaCo2 < 50 mmHg PaCo2 > 50-55 mmHg PaO2 < 50-60 mmHg PaO2 < 50-60 mmHg

• Segni e sintomi di ipossiemia o irrequietezza, confusione, disorientamento, poi sopore e coma o dispnea, tachipnea, cianosi o tachicardia, artimie o ipertensione poi ipotensione fino allo shock --> lesione d’organo Segni e sintomi dell’ipercapnia

o letargia fino al coma o vasodilatazione, arrossamento del volto o bradicardia e disturbi del ritmo o ipotensione • Caratterizzazione evolutiva dei sintomi PRECOCI - ansia, irrequietezza o stanchezza, cute fredda e secca, cefalea - tosse produttiva o stizzosa, sibili o respiro corto - ipertensione, tachicardia e aritmie INTERMEDI - confusione, letargia - tachipnea, ipotensione e aritmie continue TARDIVI - coma, cianosi, diaforesi e arresto respiratorio

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• M.O.V.E Prima possibile: - Monitor - Ossigeno - Vena - Ecg a 12 derivazioni • Indicazioni all’O2 terapia secondo l’AARC La somministrazione di O2 in concentrazioni superiori all’aria ambiente (FiO2 0.21) deve essere fornita ai pazienti che presentano: o ipossiemia documentata PaO2 < 60mmHg o SaO2 < 90% con respirazione in aria ambiente,

o in tutti i casi in cui la PaO2 o la SaO2 sono tutte un range desiderabile per la condizione clinica specifica.

o in situazioni acute in cui sia sospettata l’ipossiemia o trauma grave o infarto acuto del miocardio o (terapia a breve termine, intervento chirurgico) o non esistono controindicazioni specifiche al trattamento con ossigenoterapia allorchè

siano presenti le indicazioni • Indicazioni secondo l’Acute Care Practice Manual del Joanna Briggs Institute o ACR, collasso, incoscienza o Arresto respiratorio o ipossiemia o situazioni acute in cui è sospettata

l’ipossiemia (asma, convulsioni) o trauma severo o Riduzione del livello di coscienza

o IMA o Terapia a breve termine o intervento

chirurgico o Post intervento chirurgico o aumentato fabbisogno metabolico (sepsi,

ustioni) o Avvelenamento da monossido di carbonio

Non ci sono controindicazioni specifiche, quando vi siano presenti le indicazioni, ma deve esser fatta attenzione all’O2 terapia nei pz. con ritenzione di Co2. • Precauzioni e complicanze dell’O2 terapia o potenziale depressione respiratoria in pz. con elevata PaCo2 in concomitanza con

Pao2>60mmHg o possibili atelettasie, tossicità da ossigeno, e/o depressione della funzione ciliare e/o

leucocitica (a lungo termine) o pericolo di incendio in prossimità di fonti di ossigeno ad aumentate concentrazioni rispetto

all’aria ambiente o (impiego di minime FiO2 durante broncoscopia laser per evitare il rischio di ustioni) o possibile rischio di contaminazione batterica associata all’umidificazione e alla

nebulizzazione o limitazioni dei benefici della terapia sono nelle condizioni di anemia e nei disturbi della

circolazione

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• Classificazione dei sistemi per ossigenoterapia I sistemi di erogazione di O2 sono classificati in sistemi a basso flusso e ad alto flusso. I sistemi a basso flusso garantiscono una riserva di ossigeno che il paziente può inalare. Quando la ventilazione al minuto del pz. supera il flusso di questi dispositivi, il serbatoio d’ossigeno è drenato e viene inalata aria ambiente per raggiungere il fabbisogno addizionale del pz. La concentrazione finale dell’ossigeno inalato FiO2 è determinata dalla grandezza del serbatoio, dalla sua velocità di riempimento e dalla richiesta ventilatoria del pz. In contrasto con la FiO2 variabile dei sistemi a basso flusso, i sistemi d’erogazione di ossigeno ad alto flusso forniscono una FiO2 costante. Questo viene ottenuto con l’erogazione dell’ossigeno a flussi che superano il picco di flusso inspiratorio del pz, o usando sistemi che utilizzano una proporzione fissa di aria ambiente. • O2 terapia sistemi a BASSO flusso: o garantiscono una riserva d’O2 che il pz. può inalare o vasto tange di FiO2 erogabile, semplicità d’uso o imprecisione della valutazione di FiO2 erogata, in costanza di FiO2 al variare del modello

respiratorio del pz. o se il volume/m’ del pz supera la capacità del serbatoio di O2 --> inalazione di aria ambiente 1. cannule nasali Le cannule nasali erogano un flusso costante di ossigeno in nasofaringe e in orofaringe, che funzionano come serbatoio dell’ossigeno. Hanno una capacità media (serbatoio) di 50 ml. - 1 L/m’ --> FiO2 24% - 6 L/m’ --> Fio2 46% Diminuisce la FiO2 se il pz. espira dal naso; incostanza della FiO2

O2 terapia

Basso flusso il volume/m’ del pz può influenzare la reale FiO2

erogata

Alto flusso il volume/m’ del pz non può

influenzare la reale FiO2 erogata

maschera venturi Sistema di miscelazione aria-

O2 con nebulizzazione

cannula nasale sondino nasale

maschera standard maschera con reservuar

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2. maschere facciali semplici Queste maschere hanno un serbatoio che va da 100 a 200 ml. Il modello standard di maschera facciale eroga ossigeno a flussi tra 5 e 10 L/m’. Il flusso minimo di 5 litri è necessario per eliminare i gas espirati dalla maschera. Le maschere a basso flusso possono raggiungere una FiO2 massima di circa il 60%. 3. maschere con reservir L’aggiunta di serbatoio a forma di pallone alla maschera facciale aumenta il serbatoio di ossigeno di 600-1000 Ml. Se il pallone è mantenuto gonfio, il pz. inalerà solo il gas contenuto nel pallone. C’è ne sono di due tipi di maschera con reservuar: 1° TIPO – maschera a parziale riespirazione Questo dispositivo consente al gas espirato nella fase iniziale di espirazione di ritornare nel serbatoio. Con il procedere dell’espirazione, la velocità di flusso espirato declina e, qiando scende al di sotto della velocità di flusso dell’ossigeno erogato, il gas espirato non può tornare nel serbatoio. La parte iniziale dell’espirazione contiene gas provenienti dalle vie aeree superiori, così il gas respirato è ricco di ossigeno e assai scarso di CO2. I dispositivi a parziale riespirazione possono raggiungere una FiO2 di 70-80%.

FiO2 max di 70 – 80% con flussi di O2 tra 8 e 10 L/m’

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2° TIPO – maschera senza riepirazione Questo dispositivo ha una valvola monodirezionale che impedisce ai gas espirati di tornare nel pallone del serbatoio. I dispositivi senza riespirazione permettono l’inalazione di ossigeno puro, quindi FiO2 100%.

FiO2 fino a 100%con flussi tra 10 e 15 L/m’ Maschera dotata di 3 valvole unidirezionali, la centrale fornisce O2, le laterali sono espiratorie. Sistema chiuso all’aria ambiente: il reservoir non deve mai collassare.

Sistemi a basso flusso per l’erogazione di ossigeno Dispositivo Capacità del

serbatoio Flusso di ossigeno

L/m’ FiO2

Cannula nasale 50 Ml 1 0,21 – 0,24 2 0,24 – 0,28 3 0,28 – 0,34 4 0,34 – 0,38 5 0,38 – 0,42 6 0,42 – 0,46

Maschera facciale 150-250 Ml 5-10 0,40 – 0,60

Maschera con reservoir:

600-100 Ml

Parziale riespirazione 8-10 0,70 – 0,80 Sena riespirazione 10-15 0,40 – 1,00

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• O2 terapia sistemi ad ALTO flusso: I sistemi ad erogazione di ossigeno ad alto flusso garantiscono il completo controllo della miscela di gas inalato ed erogano una FiO2 costante indipendentemente dalle variazioni della ventilazione del paziente. All’ingresso nella maschera, l’ossigeno viene convogliato attraverso uno stretto orifizio, e questo determina l’aumenta della velocità di flusso. Il flusso a elevata velocità genera forza trainante (effetto Venturi) che risucchia aria ambiente nella maschera. Il volume di aria ambiente che entra nella maschera (determinando la FiO2) può essere variato cambiando la grandezza delle aperture sulla maschera stessa. Queste maschere possono aumentare la FiO2 fino a un massimo di 0,50, cioè di 50 %. A ogni data FiO2, la quota di gas inalato dall’aria ambiente rimane costante; cioè, la FiO2 rimane fissa indipendentemente dalle variazioni del flusso dell’ossigeno o del flusso ispirato del paziente. Il maggior vantaggio dei sistemi ad alto flusso è quello di erogare una FiO2 costante. Questa caratteristica è importante per i pz. con ipercapnia cronica (BPCO) nei quali un accidentale aumento della FiO2 può determinare una ulteriore ritenzione di CO2. L’inconveniente maggiore di queste maschere è l’impossibilità di erogare elevate concentrazioni di O2.

Schema di utilizzo maschera venturi

L/m’ FiO2 erogata 3 0,24 4 0,28 6 0,31 9 0,35 12 0,40 15 0,50

Inoltre... Sistemi ad alto flusso per nebulizzazione Miscellazione aria/O2 con FiO2 variabile da 0,21 a 1, tramite umidificazione e formazione di aerosol; uso di tubo corrugato di grossi calibro, reservoir garantito dal tubo che connette la maschera facciale al sistema venturi distale.

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• Tossicità polmonare Il metabolismo dell’ossigeno ha luogo nei mitocondri alla fine della catena di trasporto degli elettroni. Gli intermedi del metabolismo dell’ossigeno sono il radicale super-ossido, il perossido di idrogeno e il radicale idrossilico. Sono tutti dei potenti ossidanti capaci di danneggiare le membrane cellulari, denaturare le proteine e rompere il DNA in filamenti. I metaboliti tossici dell’ossigeno sono stati chiamati in causa nelle lesioni cellualri detrminate dai processi infiammatori che si verificano nella sindrome da distress respiratorio acuto. Gli enzimi antiossidanti sono: la superossido dismutasi, la catalasi, la glutatione perossidasi, il selenio e il glutatione. Il rischio di danno tessutale ossidativo (indotto dall’ossigeno) è determinato dall’equilibrio tra attività ossidante e antiossidante. Quando l’attività ossidante supera la capacità neutralizzante degli antiossidante, l’eccesso di attività ossidante non controllata può favorire il danno tissutale. Questa condizione di ossidazione biologica non controllata è nota come stress ossidativo. Qualsiasi concentrazione di O2 inalato può danneggiare i polmoni, però, di norma, i polmoni possiedono una buona attività antiossidante (per le concentrazioni di glutatione e vitamina C) che li protegge dagli effetti tossici dell’ossigeno inalato alle usuali concentrazioni. Quando l’O2 inalato supera la capacità protettiva degli antiossidanti endogeni, il risultato è una forma progressiva e potenzialmente letale di lesione infiammatoria indistinguibile dalla ARDS.

Il livello tossico dell’O2 è FiO2 0,6 per 48 ore.

NON A RISCHIO SE FiO2 1 per 24 ore NON A RISCHIO SE FiO2 < 0,5

Ruolo della SvO2 e della SaO2-SvO2 nell’indicazione all’O2 terapia.

L’ossigeno è indicata se SvO2 < 50% o se (SaO2-SvO2) > 50%

• Cosa monitorare Clinica: sensorio, colorito cutaneo, pattern respiratorio e frequenza cardiaca Strumentale: PA, SpO2, ECG EGA: Ph, PaO2, PaCO2, SaO2, (COHb), PaO2/FiO2

L’obbiettivo da raggiungere sulla base della clinica e del problema principale del pz: SpO2 > 90% • Variazione della PaO2 con l’età PaO2 corr = 109 – (0,43 X età) mmHg es. pz attesa per persona di 85 anni 109 – (0,43x85) = 72,45

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• Rapporto PaO2/FiO2 o Pz. sano in aria ambiente PaO2/FiO2 : 95/0,21 =452 o PaO2/FiO2 < 300 : ALI o PaO2/FiO2 < 200 indica shunt intrapolmonare > 20% ARDS • Note di sicurezza sull’utilizzo dell’ossigeno o riserva di O2 presente in una bombola: capacità in L x pressione indicata dal manometro o autonomia in m’ della bombola a disposizione: riserva di O2 /n° di l erogati al minuto o fissare in sicurezza la bombola alla barella o utilizzare per il trasporto e le emergenze O2 non umidificato o evitare assolutamente di smontare e rimontare i manometri o tenere lontano l’ossigeno da fonti di calore, e elettricità • I 4 messaggi importanti 1. L’ipossiemia uccide prima dell’ipercapnia: quindi in emergenza dare subito ossigeno e

titolarlo sulla base dell’ega (prima possibile) 2. umidificare dell’O2 in emergenza non essenziale; l’umidificazione riscaldata solo nelle

terapie a lungo termine 3. giusto dispositivo per giusto pz. 4. verifica degli effetti mediante monitoraggio clinico e strumentale

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CAPNOMETRIA COS’E’ LA CAPNOMETRIA La capnometria è la misurazione della Co2 nel gas espiratorio (End Tidal CO2, ETCO2). La misura può essere ottenuta con tecnica colorimetrica o con spettrofotometrica ad infrarossi. La capnometria comprende la visualizzazione del capnogramma, cioè l’onda grafica della CO2 visualizzata durante il ciclo respiratorio. CAPNOMETRIA COLORIMETRICA La rilevazione colorimetrica di Co2 nel gas espiratorio è un metodo veloce e semplice per determinare il corretto posizionamento del tubo endotracheale; di conseguenza è raccomandata come pratica di routine dopo un tentativo d’intubazione poiché l’auscultazione dei rumori espiratori è un metodo inaffidabile per determinare se il tubo endotracheale è in esofago o nei polmoni. Il rilevatore colorimetrico di CO2 più diffuso nell’impiego ha due porte di connessione: una per il tubo endotracheale e l’altra per un pallone gonfiabile da ventilazione. La parte centrale del dispositivo contiene un disco di carta impregnato di un indicatore sensibile al Ph che, quindi vira di colore con le variazioni del Ph. Quando il gas espirato passa attraverso il disco di carta, la CO2 contenuta nel gas viene idratata dal film liquido posto sul disco, e il Ph che ne risulta viene evidenziato dalla variazione di colore. L’area di reazione è contornata da una cornice che riporta aree di colore diverso che indicano le differenti concentrazioni della CO2 espirata:

- ROSSO - % di CO2 espirata < 0,5 - MARRONE - % di CO2 compresa tra 0,5 e 2 - GIALLO - % di CO2 compresa tra 2 e 5

LA NORMALE % DI CO2 NEL GAS ESPIRATO è DEL 5%, CHE EQUIVALE A UNA PCO2

DI 40 mmHg

DURANTE UN ARRESTO CARDIACO, LA

MANCATA VARIAZIONE DEL COLORE DEL

RILEVATORE DI CO2 (che indica scarsa o del tutto assente nei gas espirati) Può NON

ESSERE INDICE DI FALLIMENTO

DELL’INTUBAZIONE POLMONARE

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CAPNOGRAFIA ALL’INFRAROSSO L’anidride carbonica assorbe la luce nello spettro dell’infrarosso e questa proprietà è alla base dell’impiego della capnografia all’infrarosso per la misura della PCO2 nel gas espirato. Questo metodo fornisce una misura più quantitativa della CO2 espirata rispetto alla tecnica calorimetrica. La figura mostra una sonda per la misurazione all’infrarosso per della CO2 dotata di una connessione per il circuito respiratorio (che viene posizionata in serie al tubo endotracheale durante la ventilazione meccanica) e di un trasduttore idoneo. Una volta, in sede, la sonda emette in continuo un fascio di luce infrarossa che attraversa il gas espirato. Il foto rilevatore ha una risposta rapida e può misurare variazioni della PCO2 nell’ambito di una singola espirazione ricavando un capnogramma.

Esistono due tecniche: quella sidestream e quella mainstream

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Sensore Mainstream

Sensore Sidestream

CO2 DI FINE ESPIRAZIONE, LA PETCO2 La forma di un capnogramma normale è stata definita il profilo di un serpente che abbia inghiottito un elefante. La PCO2 all’inizio dell’espirazione è trascurabile perchè il gas presente nelle vie aeree superiori è il primo a lasciare i polmoni. Con il proseguire dell’espirazione l’aria proveniente dagli alveoli inizia a contribuire al gas espirato, e la PCO2 comincia ad aumentare in modo costante. In seguito la velocità di ascesa declina, e la PCO2 espirata raggiunge un plateu alla fine dell’espirazione. Quando lo scambio dei gas è normale, la PCO2 a fine dell’espirazione (chiamata PETCO2) è equivalente alla PaCO2 del sangue arterioso.

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Quando lo scambio gassoso nei polmoni è normale, la PCO2 di fine espirazione (PETCO2) è solo 2-3 mmHg inferiore alla PaCO2. Tuttavia, quando lo scambio gassoso nei polmoni è alterato, la PetCO2 diminuisce in rapporto alla PaCO2 e la differenza (PaCO2 – PetCO2) è superiore a 3 mmHg. Questo si verifica nelle seguenti situazioni:

- Aumento dello spazio morto anatomico: circuito ventilatorio aperto, respiro superficiale

- Aumento dello spazio morto fisiologico: malattia ostruttiva polmonare - Bassa gittata cardiaca: embolia polmonare, eccessiva inflazione polmonare (es. PEEP)

Sebbene raramente, la PetCO2 può essere maggiore della PaCO2. Ciò si verifica nelle seguenti condizioni:

- Maggiore produzione di CO2 e basso volume inspiratorio - Gittata cardiaca elevata - Elevate concentrazioni di O2 (O2 spiazza la Co2 da Hb)

Capnogramma normale

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APPLICAZIONI CLINICHE DELLA CAPNOGRAFIA • Monitoraggio non invasivo della PaCO2

- essenziale stabilire un gradiente di base PaCO2 – PetCO2 con EGA - necessario aggiustamento del monitor della etCO2 per la FiO2 erogata - aggiustamento del gradiente ogni volta che interviene un fattore che può modificarlo

(es. variazione dei parametri del ventilatore) • Gittata cardiaca: variazioni correlate tra GC e PetCO2

- monitoraggio delle compressioni toraciche durante RCP - variazioni della GC da diuresi massiva, o da carico di volume in breve tempo

• Individuazione precoce di complicanze: una riduzione della PetCO2 accompagnata da un

aumento del gradiente PaCO2-PetCO2 può essere una manifestazione precoce di ciascuna delle seguenti condizioni: - sovradistensione alveolare da elevato volume corrente - dislocazione di un tubo endotracheale in un bronco principale - embolia polmonare - edema polmonare

• Weaning (svezzamento) dal ventilatore

- un aumento progressivo, durante lo svezzamento, della PetCO2 può indicare un aumento del lavoro respiratorio (indice di fallito svezzamento)

- una riduzione della PetCO2 con un aumento del gradiente PaCO2-PetCO2 può indicare un indebolimento dei muscoli respiratori con respiro superficiale (altro indice di fallimento)

• Iperventilazione controllata Si ricorre all’iperventilazione per ridurre la pressione intracranica (p.es. nei pz. con trauma cranico), il monitoraggio della CO2 è utile per mantenere la PaCO2 al livello desiderato (di solito 25 mmHg). In questo contesto il gradiente PaCO2-PetCO2 deve essere controllato per mantenere la PetCO2 a un livello che corrisponda al valore desiderato PaCO2.

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CAPNOGRAMMI ALTERATI • Riduzione della CO2

Cause possibili: Rapide:

- arresto cardiaco - embolia polmonare - emorragia massiva - shock ipovolemico

Graduali: - iperventilazione - ipotermia - ipoperfusione

• PCO2 bassa senza plateau Cause possibili:

- rimozione incompleta dell’aria alveolare - BPCO - stenosi vie aeree superiori - ostruzione parziale tubo endotracheale

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• Caduta improvvisa fino a 0 della PaCO2 Cause possibili:

- estubazione - intubazione esofago - disconnessione - ostruzione completa tubo endotracheale o vie aeree

• Rirespirazione CO2 Cause possibili:

- esaurimento calce sodata (in sala operatoria) - guasto valvola espiratoria - errore calibrazione - acqua nell’analizzatore (sens sidestream) - flussi troppo bassi

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• Decurarizzazione del paziente

• Perdite dal circuito

UTILIZZO DELLA CAPNOGRAFIA NEI PZ NON INTUBATI La PCO2 di fine espirazione può essere monitorata nei paz. non intubati utilizzando una cannula nasale modificata. In commercio esistono cannule idonee, oppure le normali cannule nasali possono essere modificate come mostrato nella figura. Si deve occludere il tratto di tubo tra le due branche nasali. Ciò permette di impiegare una delle derivazioni nasali per l’inalazione si ossigeno, mentre l’altra viene usata per trasmettere i gas espirati. Un catetere di 14G è inserito nella derivazione espiratoria della cannula per trasmettere i gas al rilevatore

di CO2. Il rilevatore di CO2 sidestream è il più adatto a questo scopo.

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LIMITI DELLA CAPNOMETRIA

- L’utilizzo indiscriminato della PetCo2 per avere una stima precisa della PaCO2 può essere inappropriato, dal momento che il gradiente (PaCO2-PetCO2) è ampiamente variabile ed inconsistente.

- Lo spazio morto fisiologico è spazio morto polmonare che ha ventilazione ma non perfusione; la differenza tra PaCO2 e PetCO2 aumenta quando aumenta lo spazio morto fisiologico, e meno del volume corrente totale è coinvolto negli scambi gassosi. Il gradiente viene ridotto in presenza di ampi tidal volume e basse frequenze respiratorie, addirittura una PetCO2 può superare una PaCO2 nelle donne con gravidanza a termine e posizione supina o durante l’esercizio.

- Alte frequenze respiratorie possono alterare la capnografia, particolarmente superando la capacità di risposta del capnografo.

- Misurazioni inaccurate, come nel caso di scarso campionamento dell’aria espirata, alterazioni della calibrazione, contaminazione dell’ottica attraverso umidità o secrezioni, o malfunzionamenti dell’equipaggiamento, possono comportare errori diagnostici e conseguente trattamento improprio.

- Gli effetti della rianimazione cardiopolmonare, l’ingestione di alcool, bevande gassate possono alterate la rilevazione della CO2.

- il vapore acqueo, l’ossido di azoto, e l’ossigeno ad alte concentrazioni possono determinare errori di valutazioni della PetCO2.

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OSSIMETRIA VENOSA La saturazione di O2 nel sangue a livello della vena cava superiore o dell’arteria polmonare può essere monitorata in modo continuo con speciali cateteri, che mettono da una estremità luce rossa o infrarossa e registrano la luce riflessa dall’emoglobina contenuta nei globuli rossi circolanti. questa tecnica di spettrofotometria di riflettanza è una variante della spettrofotometria di trasmissione impiegata nelle sonde da dito. La maggior parte dei sistemi da ossimetria venosa elabora e mostra la saturazione venosa di O2 ogni 5 secondi.

SATURAZIONE VENOSA MISTA La saturazione venosa mista (SvO2) viene determinata nel sangue dall’arteria polmonare, ed è un indicatore del rapporto tra trasporto di O2 nell’intero organismo (DO2) e consumo di O2.

SvO2 = DO2/VO2 --> valore normale 70-75%

Una diminuzione della SVO2 al di sotto dell’intervallo di normalità identifica un adeguato rapporto tra trasporto e consumo di O2 che potrebbe essere il risultato di un ridotto DO2:

- bassa gittata cardiaca - anemia - ipossiemia

Oppure un aumento della VO2 è causato da ipermetabolismo Una variazione >5% della SVO2 che persiste oltre 10 minuti è da ritenersi significativa.

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SATURAZIONE VENOSA CENTRALE DI O2 (SCVO2) Il monitoraggio in continuo della saturazione venosa centrale di O2 (ScvO2) si realizza con speciali cateteri venosi centrali posizionati in vena cava superiore. La ScvO2 tende a essere leggermente inferiore alla SvO2, e questa differenza aumenta in caso di shock cardiaco. Singole misurazioni della ScvO2 possono differire dalla SvO2 anche del 10%, ma la differenza si riduce (fino al 5%) con misurazioni ripetute. La ScvO2 sembra più utile nell’individuare l’andamento del rapporto tra DO2 e VO2. L’ossimetria venosa centrale sta guadagnando consenso rispetto all’ossimetria venosa mista per via dei maggiori costi e morbilità associati a cateterizzazione dell’arteria polmonare. La ScvO2 richiede meno invasività (cvc a fibre ottiche), rispetto alla SvO2 (cat. Arteria polmonare), con riduzione di costi e morbilità. Le

recenti linee guida per il trattamento precoce dei pz. con sepsi grave e shock settico annoverano tra gli obbiettivi terapeutici da raggiungere una ScvO2 superiore al 70%.

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OSSIMETRIA DUALE - Il potere della SvO2 o della ScvO2 può essere aumentato aggiungendo la misurazione con la pulsossimetria della SpO2 (che riflette la SaO2). In questo modo si ottiene una misurazione in continuo di (SaO2-SvO2), che equivale all’estrazione dell’O2 dal sangue capillare. - Un aumento della (SaO2-SvO2) al di sopra dei valori di normalità compresi tra il 20 e il 30% può essere il risultato dell’aumento del consumo di O2 (ipermetabolismo), ridotta gittata cardiaca o anemia. - La (SaO2-SvO2) può essere più utile come indice di disossia tissutale (definibile come una condizione in cui il metabolismo è limitato dall’apporto di ossigeno) in atto o imminente. Per esempio, in presenza di anemia o di bassa portata cardiaca, l’aumento della (SaO2-SvO2) al suo valore massimo, che è compreso tra il 50 e il 60%, indica che i tessuti non sono in grado di compensare più a lungo ulteriori riduzioni di Hb o della gittata cardiaca, con il rischio di anaerobiosi tissutale. Di conseguenza, in un pz. con anemizzazione progressiva, il riscontro di

una (SaO2-SvO2) dal 50 al 60% potrebbe essere utilizzato come indice per la necessità di trasfusione.

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PATOLOGIA CARDIACA

CARDIOPATIA ISCHEMICA

Definizione: E’ un insieme di quadri clinici caratterizzati dal fatto che il cuore non viene irrorato in misura adeguata alle sue necessità. I quadri clinici principali, con cui si manifesta la Cardiopatia Ischemica, sono: -Ischemica silente: L’ischemia miocardia silente è quella situazione nella quale si osservano dei referti strumentali di ischemia miocardia in assenza di sintomatologia. -Angina stabile: è una Sindrome clinica caratterizzata da episodi di ischemia miocardica transitoria (riduzione di sangue,ossigeno e nutrienti tale da non causare una necrosi) Dove il Fattore scatenante è lo sforzo, l’attività fisica, lo stress emotivo, il decubito); ECG Anginoso: sottoslivellamentoST -Angina instabile: Angina a recente insorgenza, grave e/o frequente nella quale non si riesce a stabilire quale è l’entità dello sforzo, l’entità del carico, che provoca il dolore, Angina ingravescente ,Angina a riposo. - IMA: la necrosi del tessuto miocardico che colpisce nella maggior parte dei casi il Ventricolo sx - Scompenso cardiaco - Morte improvvisa: La morte improvvisa coronaria è quella situazione nella quale il soggetto muore! Situazione nella quale ad es. una placca ateromatosa nella coronaria non ha determinato un infarto ma un aritmia fatale come ad esempio una fibrillazione ventricolare o una tachicardia ventricolare senza polso, per cui cala l’afflusso di sangue al cervello, il cuore è rimasto in fibrillazione e il soggetto muore senza che la patologia ha dato segno di sé ECG NEI PZ CON SCA NON STEMI (Sindrome coronarica acuta senza sopralivellamento ST) ST sottoslivellato transitorio o persistente, T invertite o piatte o pseudo normalizzate transitorie o permanenti, Alterazioni non specifiche. Quando all’angina instabile sono associate alterazioni ST o T invertite durante il dolore: nell’85% dei casi si hanno stenosi gravi a carico di una o più coronarie epicardiche. APPROCIO A PZ CON SCA NON STEMI Alleviare ischemia e sintomi,ECG seriati,Enzimi seriati (meglio se troponina o CKMB),Iniziare terapia appropriata se la Diagnosi è confermata. La mortalità a 6 mesi è del 12% ma con i nuovi farmaci e con la rivascolarizzazione in pz selezionati potrebbe scendere.

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“MINIMO DANNO CARDIACO” In alcuni pz sono state dimostrate aree focali di necrosi attribuite a ripetuti episodi di embolizzazione dalla placca. Le troponine cardiache sono i marker più sensibili e più specifici mentre CK e CKMB non individuano piccole aree di necrosi rimanendo nei limiti normali o appena al di sopra. Elevati livelli di troponine in assenza di movimento di CK o CKMB sono stati denominati: “minimo danno miocardico”. Nell’IMA il CK deve essere almeno due volte il limite normale superiore ed il CKMB al disopra del limite superiore. DIAGNOSI DI ANGINA INSTABILE

1)Clinica:Angina a riposo da più di 20 min (nell’80% dei casi) o Angina severa de novo (insorta da meno di 2 mesi) o Destabilizzazione di una angina stabile: angina in crescendo (episodi più frequenti, più gravi, di maggior durata o secondari a sforzi minori) Presentazioni atipiche sono più frequenti nei giovani (25-40) e negli anziani (>75), nei diabetici e nelle donne. Es dolore epigastrico, dolore di tipo pleuritico (22%), dispnea ingravescente, dolore a coltellata. Nel 7% dei pz il dolore può essere riprodotto con la palpazione. 2)Esame Obbiettivo:Generalmente normale. Esclude altre cause di dolore toracico: pleurite, pneumotorace ecc. 3)ECG: L’ECG a riposo è fondamentale e può mostrare altre cause come la pericardite, embolia polmonare, o cardiomiopatia. Inoltre deve essere confrontato con un precedente. La presenza di Q sono suggestive di coronaropatia ma non assicurano che la causa del dolore sia una angina. Il sottoslivellamento ST >1mm in due o più derivazioni contigue (in associazione alla clinica) sono altamente suggestive di SCA così come lo sono T invertite (>1mm) in derivazioni con R prevalentemente positive Inversione simmetrica e profonda della T è spesso correlata ad una stenosi severa del tratto prossimale dell’arteria Interventricolare anteriore. Talvolta episodi transitori di BBD (Blocco di branca dx). ST sopra persistente: ischemica transmurale evolvente in infarto ST sopra transitorio: Angina di prinzmetal 4)Enzimi: Sono da preferire le troponine anche perché nei casi di elevazioni CK-MB come nel trauma muscoloscheletrico chiariscono la situazione. Nell’IMA le troponine compaiono a 3-4 ore dall’IMA e rimangono elevate dopo il picco al 2-3°gg, fino a 2 settimane (anche la dissecazione aortica e l’embolia polmonare scompenso severo, miocarditi, possono avere troponine elevate). Per le troponine basta un solo prelievo se il dolore è insorto da più di 12H mentre va fatto all’ingresso a 6 ed a 12 h nel paziente con dolore insorto da poco. Incrementi lievi o moderati sono associati ad outcome avversi in pz con SCA.

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Il CKMB e la mioglobina sono invece utili per la Diagnosi di reinfarti entro le due settimane (perché le troponine sono ancora alte, mentre il CKMB dura solo pochi gg). Il CKMB e la mioglobina vanno dosati quando il dolore è insorto da meno di 6h (perché le troponine possono non essere ancora mosse). Ovviamente la presenza di enzimi positivi sono suggestivi di IMA e non di Angina.

VALUTAZIONE DEL RISCHIO

fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione, diabete, ipercolesterolemia, obesità , fumo, ecc)

sesso maschile: Il sesso maschile è più a rischio di aterosclerosi del sesso femminile fino a quando la donna è in età fertile, cioè fino a quando ha estrogeni in circolo, è protetta dallo sviluppo di aterosclerosi ,cosi come è protetta dallo sviluppo di altre malattie di tipo fibrotico, di tipo riparativo

età avanzata: perché le patologie cardiache hanno maggiore incidenza nell’anziano,

Precedenti valutazioni cardiologiche. angina severa o protratta, precedente IMA o altre patologie cardiache,ecc

Insufficienza renale Dal punto di vista clinico è molto importante capire la modalità di presentazione, il tempo intercorso dal più recente episodio di ischemica, la presenza di angina a riposo, la risposta al trattamento medico Inoltre la valutazione del rischio prosegue mediante: Ecg:

ST sottoslivellato è peggiore di T invertite che sono peggio di ECG normale. Importante sapere che circa 2/3 degli episodi di angina instabile sono silenti

(soprattutto nell’anziano). L’Holter è utile ma viene letto dopo diverse ore o giorni.

A 30gg il rischio di morte/IMA è circa il 10% in pz con 0-2 episodi al giorno e circa il 20% in quelli con più di 5 episodi al giorno

-Enzimi: I pz troponina positivi vanno peggio, perché si correlano a morte o reinfarto. Ogni elevazione rilevata si correla ad aumentato rischio il quale dipende anche dal grado di elevazione. I pz con troponine elevate beneficiano di un trattamento con LMWH (eparina a basso peso molecolare), bloccanti del GPIIb/IIIa o strategia invasiva. Nessun beneficio nei pz non troponine positivi. -Marker di flogosi :Il fibrinogeno elevato è stato messo in relazione al rischio a breve e lungo termine per morte e/o IMA oppure al rischio di nuove ischemie intraospedaliere.

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La PCR (fattore di rischio indipendente) in alcuni studi è stata messa in relazione al rischio di morte così come la troponina T (fattore di rischio indipendente), il BNP (Brain Peptide Natriuretic , ormone-spia che aiuta a riconoscere le persone più a rischio di infarto) e l’IL6. -Ecocardiografia:Evidenzia ipocinesia o acinesia localizzata transitoria durante ischemica. Inoltre consente di valutare la funzione del Ventricolo Sx che è un’importante variabile prognostica. -Stress test:Dopo stabilizzazione e prima della dimissione per confermare la diagnosi o per valutare il rischio a medio e lungo termine di successivi eventi coronarici. Il test da sforzo ha un alto valore predittivo negativo. Meglio se si associa tecnica di immagine: scintigrafia di per fusione, ecostress. -Coronarografia: I pz a maggior rischio sono quelli con stenosi plurivasale o del tronco comune. La complessità, lunghezza, calcificazioni , tortuosità della stenosi sono indicatori di rischio ma soprattutto la presenza di trombo intracoronarico su base aterosclerotica. OPZIONI TERAPEUTICHE: Farmaci antiischemici

1)beta bloccanti : poco studiati rispetto alla angina stabile ed all’IMA, anche se riducono del 13% il rischio di progressione all’infarto (perché riducono la fc e riducono quindi il consumo di O2). Quindi riducono la mortalità in modo significativo, ma non devono essere dati in asma, disfx (disfunzione) di conduzione AV, insufficienza ACUTA (non cronica!!!) del VS (ventricolo sx).La terapia orale deve mirare ad una FC tra 50 e 60 bpm 2)Nitrati :Tramite venodilatazione riducono il precarico ed il volume telediastolico ventricolare riducendo così il consumo di O2.Inoltre dilatano coronarie normale o aterosclerotiche, aumentano il flusso nel circolo collaterale e riducano l’aggregabilità piastrinica. Vanno somministrati per via endovenosa all’ammissione. Si aumenta la dose fino alla scomparsa dei sintomi o alla comparsa di ipotensione o cefalea. 3)Ca antagonisti: Sono efficaci nel rilievo dei sintomi ma non prevengono lo sviluppo di IMA e non riducono la mortalità. La nifedipina short acting aumenta la mortalità nei pz con CAD (cardiopatia ischemica), ma il diltiazem ha un effetto protettivo nei pz con IMA non STEMI. Sono utili nell’angina variante. Inoltre la nifedipina non deve essere data se non associata a betabloccanti. I ca antag vanno evitati in pz con disfx VS o con disturbi conduz AV (perché rallentano la conduzione AV e in questi pazienti con disturbi di conduzione possono portare al blocco completo di conduzione).

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Tutte le classi danno una simile dilatazione coronarica. Nifedipina e amlodipina danno la più marcata dilatazione arteriosa periferica, il diltiazem la minore. I CA ant non prevengono lo sviluppo di infarto miocardico e non riducono la mortalità nei pz con angina instabile, ma sono utili in alcuni pz con controindicazioni ai beta block o nel sottogruppo di pazienti con angina variante.

farmaci antitrombina: In assenza di aspirina il trattamento con eparina è associato ad una minor frequenza di angina refrattaria, infarto o morte. Comunque è Indicata eparina + aspirina. L’Enoxaparina (eparina a basso peso molecolare) è migliore dell’eparina quando somministrata in acuto ed è altrettanto sicura della UFH (eparina non frazionata) se non superiore quando usata con inibitori gp IIb-IIIa .

farmaci antiaggreganti: 1)L’Aspirina (inibitore delle COX) riduce morte o infarto nei pazienti con angina instabile. La dose raccomandata è di 75-150mg quando viene usata come antiaggregante. 2)Antagonisti del recettore dell’ADP: ticlopidina, clopidogrel. Ticlopidina: sostituita dal clopidogrel per i frequenti effetti collaterali (disordini gastrointestinali, reazioni allergiche, neutropenia. Clopidogrel (Plavix): in associazione con aspirina a dosi non superiori a 100mg riduce morte da stroke e da infarto. Deve essere somministrato per almeno 9 mesi in pz che presentano sintomi + alterazioni ECG + aumento enzimatico. Il Plavix è raccomandato: dose di carico 300mg + 75mg/die Viene usata nei pz da sottoporre a coronarografia, che non tollerano ASA, nei pz sottoposti a PCI con stent, nelle SCA (sindromi coronariche acute) per il trattamento acuto e per il trattamento a lungo termine (9-12 mesi). 3)Inibitori delle gp IIbIIIa: Utili in caso di angina refrattaria e non disponibilità a ricevere angioplastica o pz sottoposti a PCI specie se diabetici, con ST sottoslivellato a riposo o con aumento della troponina. L’ Abciximab (Reopro) ha un emivita di 30min con effetto antiaggregante che dura 2-3gg. Se non si ricorre a PCI vengono preferiti Eptifibatide (integrilin)con emivita 2-5 h ed effetto antiaggregante di 4-6h, oppure Tirofiban (Aggrastat)emivita 0,5-2h , antiaggregante per 4-6h. Vengono utilizzati in associazione ad ASA e LMWH (Eparina a basso peso molecolare). Indicati in pz con elevate troponine da sottoporre a PCI (Angioplastica) o CABG (Bypass aorto coronarico) entro 5gg, soprattutto se diabetici. Riducono la morte periprocedurale ed a lungo termine.

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RIVASCOLARIZZAZIONE CORONARICA Nei pz ad alto rischio riduce l’IMA, la morte, sintomi, riammissioni. E’ indicata per trattare ischemia ricorrente o progressiva ed evitare la progressione ad infarto o morte. In questi casi somministrare aspirina, eparina, (clopidogrel: se siamo sicuri che non è da cardiochirurgia), gpIIbIIIa. L’Angina instabile colpisce per il 38% un singolo ramo coronarico, mentre nel 44-59% di casi è una malattia multi vasale. Inoltre nel 4-8% dei casi è colpito il tronco comune. MANAGEMENT

Anamnesi EO: ricercare malattie valvolari (stenosi aortica), cardiomiopatia ipertrofica,

insufficienza cardiaca, malattie polmonari. ECG: ST sottoslivellato o non valutabile (BBS (blocco di branca sx), Peace

Maker): enzimi (0-6-12h) + emoglobina. monitoraggio ECG ECO per valutare Frazione di Eiezione ed escludere altre cause di dolore

toracico. Se markers elevati: IMA Se markers non elevati: angina

Pz ad alto rischio Dolore a riposo >20min Ischemia ricorrente (dolore toracico ricorrente o variazioni dinamiche dell’ST

soprattutto ST sottoslivellato di più di 1mm o ST sopra transitorio. Ridotta funzione ventricolare sx o insufficienza cardiaca (con rantoli e

ipotensione) Angina instabile postinfartuale Troponine elevate Instabilità elettrica o emodinamica Diabete mellito Alterazioni ECG che non consentono la Diagnosi (BBS, PM(peace maker)).

In questi casi iniziare infusione di inibitori gpIIbIIIa ed eseguire coronarografia il prima possibile (non emergenza). La Coronarografia va fatta nella prima ora se:

ischemia incessante severa instabilità elettrica o emodinamica.

Inoltre se alla coronarografia c’è un quadro rivascolarizzabile somministrare Plavix. Pz a basso rischio

Dolore toracico non ricorrente durante il periodo di osservazione T negative o piatte o ECG normale Troponine non elevate Somministrare ASA LMWH, BBloK, nitrati e plavix (per 9 mesi)

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Se non ci sono variazioni ECG e la seconda determinazione delle troponine è negativa: sospendere LMWH.

Programmare test da sforzo (non prima di 48h): se positivo fare coronarografia In tutti i casi alla dimissione : ASA + plavix + BBlok + statine.

SCOMPENSO ACUTO Definizione: Insorgenza acuta di segni e sintomi conseguenti ad una funzionalità cardiaca anomala in presenza o in assenza di cardiopatia nota. La disfunzione cardiaca può essere dovuta a disfunzione sistolica o diastolica, ad aritmie, ad un mismatch tra precarico o postcarico, a coronaropatia ecc. In ogni caso lo scompenso cardiaco acuto rappresenta una minaccia per la vita tale da richiederne il trattamento urgente.

QUADRI CLINICI -SC lieve (no shock, no EPA, no crisi ipertensiva) -SC ipertensivo (funzione Ventricolo Sx preservata ma congestione all’Rx torace) -EPA con insufficienza respiratoria severa, rantoli o ortopnea e SpO2<90% -Shock cardiogeno (ipoperfusione d’organo con precarico ok): generalmente PAS<90mmHg o PAM ridotta di 30mmHg o più e/o oliguria. -Shock cardiogeno ad alta gittata (anemia, tireotossicosi, morbo di Paget, aritmie) -SC VD: sindrome da bassa portata con PVC aumentata, epatomegalia ed ipotensione.

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CLASSIFICAZIONE DI KILLIP

CLASSIFICAZIONE DI FORRESTER :Pz con IMA e Shock classificati secondo 4 parametri:

• ipoperfusione periferica (polso filiforme, cute fredda ed umida, cianosi periferica, ipotensione, tachicardia, confusione, oliguria)

• congestione polmonare (rantoli, rx torace, ecc) • basso indice cardiaco (< 2.2 L/min/mq) • Pressione Capillare Polmonare (PCP) >18mmHg

N.B. L’INDICE CARDIACO è un indice che mette in relazione la portata cardiaca con la taglia del corpo, che si ottiene dividendo la portata cardiaca per la superficie del corpo in metri quadrati; per esempio, un paziente con una portata cardiaca di 43 litri per minuto e una superficie corporea di 1.85 metri quadrati ha un indice cardiaco di circa 2.4 litri per minuto per metro quadrato. Il suo valore normale è di 2,5 - 4 L/min/m2 CLASSIFICAZIONE CLINICA Si basa sull’osservazione della circolazione periferica (perfusione) e sull’auscultazione del torace (congestione polmonare)

• caldi e secchi (Arti caldi e torace senza congestione: quadro di normalità) • caldi e umidi (arti caldi con perfusione normale ma con es. rantoli

all’auscultazione del torace : segno di Scompenso retrogrado con edema polmonare)

• freddi e secchi (Arti freddi :segno di scompenso anterogrado , ma con torace all’auscultazione normale)

• freddi e umidi (segni di scompenso sia anterogrado che retrogrado) La disfunzione cardiaca può essere dovuta ad esempio a:

• disfunzione miocardica diastolica (principalmente indotta da ischemica o infezione)

• disfunzione valvolare acuta (Stenosi o insufficienze solitamente della mitrale o della valvola aortica)

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• tamponamento pericardico (che determina un ostacolo al riempimento ventricolare con riduzione della gittata cardiaca)

• mismatch precarico – postcarico • ipertensione sistemica o polmonare o embolia polmonare (es. stasi venosa,

gravidanza, TVP che possono facilitare la comparsa di EP dove il pz può presentare tosse secca, tachipnea e nei casi più gravi ipotensione arteriosa con riduzione della gittata cardiaca)

• sovraccarico di fluidi (es. insuffic. renale) o diuresi insufficiente

SCOMPENSO ACUTO ANTEROGRADO (SINISTRO E DESTRO)

• lieve moderato: affaticamento da sforzo • severo: ridotta perfusione tissutale a riposo (debolezza, confusione, sonno,

cute pallida con cianosi periferica, cute fredda ed umida, polso filiforme, oliguria)

• shock con ipotensione ricercare all’anamnesi:SCA,Miocardite,Disfunzione valvolare acuta (endocardite batterica, trauma toracico ecc),Embolia polmonare,Tamponamento Trattamento

• Vasodilatatori • Fluidi per precarico ottimale • Agenti inotropi • Talvolta contropulsazione

SCOMPENSO SINISTRO RETROGRADO

• Lieve moderato: dispnea da sforzo • Severo: EPA (dispnea, tosse secca, sputo schiumoso) pallore/cianosi, cute

fredda ed umida, PA normale o elevata.

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Cause: • cardiache:ischemia/infarto VS, valvulopatia aortica o mitralica, aritmie. • extracardiache: ipertensione, alta portata, patologie neurologiche (tumori o

traumi cerebrali) Trattamento

• Vasodilatatori • Diuretici • Broncodilatatori • Narcotici • CPAP NIPPV

SCOMPENSO DESTRO RETROGRADO È dovuto a patologie polmonari o cardiache destre,es:

• a) esacerbazioni di BPCO con ipertensione polmonare • b) patologia polmonare massiva (polmonite massiva, EP) • c) IMA dx • d) patologie tricuspidali (traumatiche o infettive) • e) patologie pericardiche acute o subacute • f) sindromi nefritiche/nefrosiche • g) epatopatie terminali

quadro clinico

• affaticamento • edema alle caviglie • congestione epatica dolorosa • dispnea (versamento pleurico) • distensione addominale con ascite • Il quadro conclamato include anasarca con disfunzione epatica ed oliguria

Trattamento

• Diuretici • Dopamina a dose diuretica • Antibiotici (per polmonite o endocardite) • Trombolitici o trombectomia se EP

DIAGNOSI DI SCOMPENSO

• Clinica • ECG • Rx torace • Marker biochimici • Ecocardiografia doppler

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VALUTAZIONE CLINICA (Perfusione periferica) • Riempimento venoso (PVC – turgore giugulare) • Pressione di riempimento Ventricolo Sx (auscultazione cardiaca – segni di

congestione o versamento all’Rx torace (dove si vanno a valutare anche eventuali patologie polmonari ed eventualmente la cardiomegalia che può esser presente))

• Temperatura ECG

• Ritmo: es valutare se il ritmo è sinusale o se aritmico (es.FA che è un fattore precipitante per la comparsa della sintomatologia di scompenso , a causa della perdita del contributo atriale al riempimento ventricolare)

• Ischemica/infarto (l’infarto infatti rappresenta la causa più importante di scompenso perché riduce la massa ventricolare contrattile)

• Sovraccarico (es. nel sovraccarico del Ventricolo sx può esserci un sottoslivellamento del tratto St in V5 e V6; oppure nell’ipertrofia del ventricolo ci può essere un allungamento dell’onda S in V1 e una deflessione maggiore dell’onda R in V5 che risulta essere quindi più alta del normale )

• Peri-miocardite (es. nella pericardite può esser presente un sopraslivellamento del tratto ST in tutte le derivazioni)

ALTRE ANALISI -Ecocardiografia :Permette di stimare la portata cardiaca, la P arteria polmonare, il precarico VS. -Angiografia

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STRUMENTAZIONE E MONITORAGGIO Il monitoraggio deve essere iniziato appena possibile simultaneamente all’attuazione delle indagini diagnostiche finalizzate ad individuare l’eziologia primaria Monitoraggio non invasivo

• PA (ogni 5 minuti finchè con i farmaci si stabilizzi a valori normali) • FC • FR • SpO2 (almeno ogni ora) • ECG (monitoraggio continuo se aritmie o ischemica) • Temperatura Corporea

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• Esami ematici (attenzione a glicemia ed elettroliti) Monitoraggio invasivo

• Catetere arterioso se è necessaria l’analisi battito-battito della PA o se sono richieste EGA ripetute

• CVC • Per somministrazione di fluidi e di farmaci • Per SvO2 (>65%) • Catetere arterioso polmonare (CAP) :

• P in vena cava, Atrio Dx, Ventricolo Dx, arteria polmonare, PCP (pressione capillare polmonare),Gittata Cardiaca, SvO2.

• Non va utilizzato di routine • Raccomandato nei pz instabili che non rispondono in modo prevedibile alla

terapia tradizionale e nei pz con quadro misto di ipoperfusione e congestione.

• In questi casi il CAP viene inserito al fine di assicurare un carico ottimale di liquidi e per guidare la terapia con vasoattivi e isotropi

TRATTAMENTO DELLO SC Infezioni

• Soprattutto respiratorie, urinarie e setticemie da G+. la febbre può mancare • Mantenere l’integrità della cute • Antibiotici

Diabete • No Antidiabetici orali. • Si insulina

Stato catabolico • Ridotto assorbimento intestinale • Dare le calorie adeguate • Monitorare albumina e bilancio di azoto

Insufficienza renale • IR e SC si aggravano a vicenda

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O2 terapia ed assistenza ventilatoria: No nei pz senza ipossiemia

• CPAP ( Ventilazione a pressione positiva continua, in pratica IPPV + PEEP) • NIPPV (Ventilazione a pressione positiva non invasiva) • IPPV (Ventilazione a pressione positiva intermittente)

TERAPIA MEDICA -Morfina -Anticoagulazione: se ischemica o FA -Vasodilatatori (se l’ipoperfusione o la congestione si associano a PA adeguata)

• Nei pz normotesi si dovrebbero ottenere delle riduzioni di circa 10mmHg della PAM

• Nell’EPA i nitrati associati a basse dosi di furosemide sono più efficaci che non da soli.

-Ca-antagonisti :Controindicati -Ace inibitori

• Non indicati per via ev • Possono essere utili nei pz con SC con IMA associato . • Per via orale vanno iniziati a basse dosi dopo iniziale stabilizzazione

-B-bloccanti • non di routine • non in acuto • possono essere utili nei pazienti con ischemica/tachicardia.

-Diuretici • Aumentano l’escrezione di acqua, Na, Cl, ed altri ioni. • Vasodilatazione periferica, polmonare, • in caso di SCA vanno somministrati alle dosi minime efficaci e la preferenza va

data ai nitrati -Farmaci inotropi

• Sono indicati nei pz con segni di ipoperfusione periferica (ipotensione, ridotta fx renale) con o senza congestione polmonare, refrattari ai diuretici e vasodilatatori, somministrati a dosi ottimali

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• L’impiego di questi farmaci è potenzialmente dannoso perché aumentano la richiesta miocardica di O2.

• Al miglioramento dei parametri emodinamici si contrappongono parzialmente il rischio di aritmie, di ischemica, e di progressione dell’insufficienza miocardica causata dall’incremento del consumo energetico

COMPLICANZE DELL’IMA L’infarto è la necrosi di una regione di tessuto miocardio, che colpisce nella maggior parte dei casi il ventricolo sinistro. E’ dovuto nella maggior parte dei casi alla formazione di un trombo in una cororonaria, sede di danno vascolare, ovvero di malattia aterosclerotica. Le complicanze di un IMA possono essere di varia natura: 1. ARITMICHE: Si verificano maggiormente nelle prime fasi che seguono l’insorgenza di infarto. Sono dovute a squilibri idro-elettrolitici (ipoK, ipoMg), alla ischemia, alla ipossia ed al rallentamento della conduzione in zone ischemiche del miocardio.La mortalità è maggiore nelle prime ore successive all’infarto. Le complicanze aritmiche si suddvidono in Bradi e tachiaritmie: Bradiaritmie : es Bradicardia sinusale (FC < 60 bpm), Blocchi seno-atriali, Ritmi di scappamento giunzionale, Blocchi atrio – ventricolari. Vanno trattati solo nei casi in cui il pz sia sintomatico (angina, dispnea, ipotensione). Atropina con cautela!!!!!;Dopamina 10-20 mcg/Kg; In caso di inefficacia farmacologica si deve utilizzare la stimolazione elettrica transcutanea o intracavitaria. Tra i vari tipi di bradiaritmie quelle con maggiore riscontro sono:

- Blocco AV di II grado Mobitz 1: È relativamente frequente negli IMA inferiori e ha carattere benigno in quanto evolve raramente verso gradi di blocco più avanzato. Il trattamento : atropina o PCE (pacing transcutaneo esterno) - Blocco A-V di II grado Mobitz 2:Rappresenta l’effetto di una vasta area di necrosi che interessa il setto e le vie di conduzione sottonodali. In corso di IMA anteriore è un indice prognostico negativo ed impone un PCE fino all’impianto di uno stimolatore endocavitario.Frequente l’evoluzione verso gradi estremi di blocco con emergenza di ritmo idioventricolare lento.NB: l’atropina può esacerbare il blocco - Blocco A – V di III grado -A complessi larghi: trattamento uguale al Mobitz 2.

-A complessi stretti: è caratterizzato dall’emergenza di un ritmo di scappamento giunzionale, caratteristico degli IMA a sede

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inferiore. È benigno e transitorio e non richiede trattamento. Se sintomatico: atropina o PCE

- Ritmo giunzionale:La depolarizzazione avviene nel nodo AV e le P sono negative in DII e aVF perché la depolarizzazione avviene in senso retrogrado

Tra i vari tipi di tachiaritmie quelle con maggiore riscontro sono: Tachiaritmie sopraventricolari:

-Tachicardia sinusale: possono essere presenti sintomi/segni come dolore, ansia e insufficienza di pompa.Il Trattamento: B-block, analgesici, ansiolitici, trombolitici (se rischio trombosi), nitroderivati, O2. -TPSV (tachicardia Parossistica sopraventricolare), Flutter Atriale , FA: la Terapia farmacologica (digitale se scompenso; amiodarone, Ca antag. B-block) e se emodinamica stabile (ipotensione, congestione polmonare) CVE (cardioversione elettrica)

Tachiaritmie ventricolari:

-Battiti ectopici ventricolari: nessun trattamento farmacologico (lidocaina) ma ricercare e correggere eventuali condizioni favorenti: ipokaliemia, ipomagnesemia, ipocalcemia, alterazioni dell’equilibrio acido – base. I Beta block sono utili nel prevenire FV.

L a TV ed FV possono insorgere nelle prime 24ore senza aritmie premonitrici e il trattamento da effettuare in questo tipo di tachiaritmie ventricolari varia a secondo del tipo di aritmia:

- TV sostenuta stabile: lidocaina o amiodarone. - TV emodinamicamente instabile. CVE - TV senza polso = FV: defibrillazione non sincronizzata.

Algoritmi di trattamento delle bradi e tachi aritmie

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N.b.:

• ATROPINA: Dosaggio consigliato: 0,5 mg e attenzioni all’effetto paradosso per dosi inferiori e il massimo dosaggio efficace è 3 mg. Somministrare con attenzione in pz con Ischemia miocardica acuta o IMA in corso. Non somministrare in chi ha avuto un trapianto di cuore (genera BAV III grado o asistolia)

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• L’Indicazione al Pacing (impianto di un peace maker) nelle bradi aritmie esiste quando c’è una mancata risposta all’atropina in un pz instabili e quando abbiamo importante rischio di asistolia. Il trattamento di elezione è il pacing transvenoso, in attesa del quale possono essere messe in atto le seguenti manovre:Pacing transcutaneo,Adrenalina: 2-10 mcg/minuto ,Fist pacing (in attesa del transcutaneo).

N.B.:

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In corso di Cardioversione elettrica (sincronizzata o non sincronizzata )Il pz deve sempre essere sedato o in anestesia generale . -Per le tachicardie a complessi larghi e la FA iniziare con 200J per i monofasici o 120-150 J per i bifasici e incrementare se queste falliscono -Per il flutter atriale e le TPSV iniziare con 100 J per i monofasici o 70-120 J per i bifasici 2) EMODINAMICHE (INSUFF. VS) L’Insufficienza Ventricolare Sx si può manifestare in diversi quadri clinici:

-Stasi polmonare ed EPA: La congestione polmonare o stasi, si manifesta con rantoli basali bilaterali,

lieve dispnea, segni rx di reclutamento del circolo polmonare. Si ha aumento della wedge (pressione di incuneamento dei capillari polmonari) per aumento della pressione telediastolica del VSx per minore compliance Ventricolare Sinistra . Con O2, morfina, diuretici, vasodilatatori il quadro generalmente si risolve. L’evoluzione del quadro porta all’EPA che si manifesta con dispnea grave, ortopnea, escreato schiumoso, sudorazione, cianosi periferica, vasocostrizione. Rantoli polmonari bilaterali. Ipossiemia con o senza ipercapnia. Wedge > 25mmHg con portata cardiaca variabile (< o>).La terapia è uguale alla congestione o stasi polmonare + supporto ventilatorio -Ipotensione ipovolemica: è rara e si può avere per diuretici (uso eccessivo e/o abuso), vomito, sudorazione, diarrea (infatti l’IMA può essere scatenato episodi infettivi che provocano ad es. diarrea e vomito profuso con aumento del lavoro cardiaco in corso di infezione che porta poi ad un infarto nei soggetti che hanno già un quadro di aterosclerosi coronarica). La Diagnosi di ipotensione ipovolemica si fa con lo Swan – Ganz. -Shock cardiogeno (7-10% dei pz con mortalità del 70-90%): sindrome clinica caratterizzata dalle risposte dell’organismo alla riduzione del flusso ematico ai tessuti periferici a causa di una insufficiente gittata cardiaca per un deficit primitivo della pompa. Il Pz si presenta sonnolento, con diuresi contratta, tachipnea, cute fredda ed umida, insuff epatica, ridotta fx intestinale. L’ Indice cardiaco è ridtto e la pressione capillare polmonare è aumentata. Infine ipotensione arteriosa e tachicardia determinano una riduzione della funzione Ventricolare Sx con circolo vizioso.La terapia con inotropi e vasodilatatori (dopa + dobu) ma che comunque non migliorano la prognosi. Inoltre la IABP e trombolisi non riducono la mortalità. L'angioplastica coronarica percutanea transluminale (PTCA) eseguita d'urgenza al fine di dilatare una coronaria occlusa, se messa in atto entro poche ore dall'inizio dell'IMA è l’unico mezzo per migliorare la prognosi e addirittura può risolvere una condizione di shock cariogeno causato dall’IMA. L'uso di trombolitici EV prima della PTCA d'emergenza è controverso. Tuttavia, se non vengono effettuate una PTCA o un intervento cardiochirurgico d'emergenza, la

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terapia trombolitica deve essere presa in considerazione il prima possibile, salvo controindicazioni.

3) MECCANICHE (ROTTURA PAPILLARE, SETTO, PARETE LIBERA)

-Rottura setto: nello 0.5-2% degli IMA (2-4% dei decessi). Si manifesta con dispnea + soffio sistolico. Rapida evoluzione verso lo shock e l’EPA. La Terapia efficace è chirurgica (patch). Importante la terapia medica di supporto + IABP (contro pulsatore aortico) + assistenza ventilatoria . -Rottura parete libera (tra zona ischemica e zona sana): nel 3% dei pz soprattutto donne anziane, entro il 5° giorno. Si manifesta con PEA(attività elettrica senza polso) con mortalità del 100%. Se si crea uno stillicidio (a causa di una rottura di piccola entità) c’è la possibilità della formazione di pseudoaneurisma trattabile chirurgicamente. -Rottura di m. papillare: è una rara complicanza responsabile di circa il 5% dei decessi. La rottura completa porta rapidamente a morte. Inoltre la rottura di uno o più capi determina un rapido peggioramento delle condizioni cliniche può essere correggibile con sostituzione chirurgica o plastica della valvola. Si manifesta con EPA (edema polmonare acuto) o shock tra la 2° e la 7°

giornata. La Terapia è chirurgica e deve essere effettuata il prima possibile. Nell’attesa all’intervento può essere intrapresa terapia con inotropi e dilatatori + IABP.

4) ALTRE COMPLICANZE

-Versamento pericardico -Pericardite di Dressler: 2-10 settimane dopo l’IMA . La PERICARDITE POST INFARTO può verificasi entro pochi giorni dall’infarto miocardico (detta in questo caso “epistenocardica”), o alcune settimane dopo. Quest’ultima evenienza, detta sindrome di Dressler, si ritiene sia sostenuta da una reazione immunopatologica a carico del pericardio causata dalla necrosi miocardica -Aneurisma Ventricolo Sx: riduce la Frazione di Eiezione ed aumenta la P telediastolica del VS. Predispone alla formazioni di trombi e di embolia arteriosa nei primi 6 mesi, ed alla comparsa di aritmie resistenti alla terapia. È trattabile chirurgicamente.

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DOPAMINA

• A dosi < 2gamma/kg/min: diminuzione delle resistenze periferiche (splancnica, renale, coronarica, cerebrale) per azione sui recettori dopaminergici.

• Migliora il flusso renale, la filtrazione glomerulare, la diuresi, l’escrezione di Na e la risposta ai diuretici

• >2gamma/Kg/min: azione sui recettori beta1 con aumento della contrattilità e della GC.

• >5gamma/kg/min: azione anche sui recettori alfa (vasocostrizione). Utile in caso di ipotensione ma pericoloso per aumento del postcarico e delle pressioni e resistenze polmonari.

DIGITALE

• Utile nello scompenso cronico. • Nello SC acuto aumentano lievemente la GC e riducono le P di riempimento • Sono controindicati se lo SC acuto è di origine ischemica • Sono indicati se la causa dello scompenso è una FA • Controindicazioni: bradicardia, BAV II, III, malattia del nodo SA, sindrome del

seno carotideo, Wolph Parkinson White, cardiomiopatia ipertrofico-ostruttiva, ipokaliemia, ipocalcemia.

DOBUTAMINA

• Agente inotropo positivo per azione sui recettori beta1 e beta 2

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• Effetti inotropi e cronotropi dose dipendenti con riduzione riflessa del tono simpatico e delle resistenze vascolari.

• A basse dosi: lieve vasodilatazione arteriosa con aumento della GC. • A dosi maggiori vasocostrizione. • La Fc aumenta in modo dose dipendente ma meno che con altre amine. • Nei pazienti con FA la Fc può aumentare troppo. • La risposta della PA è variabile. • La risposta della P polmonare e della PCP (generalmente in diminuzione) è

variabile. • L’effetto della dobutamina e dei PDEI è additivo • Tolleranza dopo 24-48h

Potenziale necrosi di miocardio ibernato INIBITORI DELLE FOSFODIESTERASI (PDEI)

• Milrinone ed enoximone • Hanno effetti inotropi e vasodilatatori periferici significativi • Aumentano la portata cardiaca • Diminuiscono la P polmonare, la PCP • Sono indicati in caso di segni di ipoperfusione periferica, con o senza

congestione polmonare, refrattari a diuretici, vasodilatatori e dobutamina. • Possono essere dati anche in pz che hanno assunto B-bloccanti perché il loro

sito di azione è a valle. LEVOSIMENDAN

• Inotropo + : per sensibilizzazione al Ca • Vasodilatatore: azione sulla muscolatura liscia vascolare • Possibile effetto di inibizione delle fosfodiesterasi. • Emivita di circa 80 ore. • Indicato nei pz con SC sintomatico con bassa portata secondario a disfunzione

VS senza importante ipotensione. • Nei pz con SC per disfunzione VS il levosimendan determina un aumento dose

dipendente della GC, diminuzione della PCP, delle resistenze sistemiche e polmonari con un lieve calo della PA e lieve aumento della FC

• Migliore della dobutamina nel migliorare dispnea ed astenia • Ad alte dosi: ipotensione e tachicardia • Non consigliato se PAS<85mmHg

AGENTI VASOPRESSORI NELLO SHOCK CARDIOGENO

• Adrenalina: in condizioni di emergenza • Noradrenalina: in condizioni di emergenza. Si può associare a dobutamina

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IABP (Intra aortic ballon pump) contropulsazione aortica

• In pz con shock cardiogeno o SC acuto ventricolare sinistro quando si verifichino almeno 1 delle seguenti condizioni

• mancata rapida risposta alla somministrazione di fluidi, vasodilatatori, inotropi • insufficienza mitralica significativa o rottura del setto IV

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• ischemica miocardica severa come preparazione alla coronarografia ed alla rivascolarizzazione.

• Consiste nel ritmico gonfiaggio di palloncino di 30 – 50ml • Controindicata se insufficienza aortica, dissezione aortica, arterosclerosi

severa, MOF.

GESTIONE DEL DOLORE TORACICO

Circa il 25% di tutte le chiamate che riceve la C.O. 118 originano da un dolore toracico. Tra questi pazienti 66% ha una diagnosi di infarto confermata o probabile (44% certa)

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DOLORE CARDIACO DA ISCHEMIA

1. Dolore

Sede: il dolore classicamente è toracico che si dice retrosternale o precordiale (la regione del precordio è quella davanti al cuore) solitamente diffuso in varie regioni del torace. Caratteristiche : Il tipo del dolore dell’infarto come dell’angina è costrittivo, cioè che stringe all’interno del petto. Oppure un dolore gravativo cioè che preme, come un mattone sul petto. Tutte queste cose vanno viste sempre non in maniera standard perché il paziente può riferire per esempio un dolore trafittivo, come degli spilli o dei coltelli a livello sottomammario (tipologie di dolore atipiche per l’ischemia, in quanto sono più tipiche di dolore intercostale o muscolare).Comunque sia le caratteristiche del dolore vanno sempre sondate. Irradiazione(ovvero dove il dolore si irradia rispetto alla sede di origine). Il dolore dal precordio si irradia alla mandibola, al giugulo, alla spalla sopratutto di sinistra, al braccio, al polso,talvolta posteriormente. Il dolore posteriore può essere legato ad altri eventi, per esempio una dissezione dell’aorta(cioè la creazione di un falso lume). L’irradiazione va raccolta tra i dati che il paziente ci riferisce.

Inoltre il dolore può andare da un lieve fastidio o peggior dolore;Le donne lo descrivono più come lacerante, terrificante, stancante, intollerabile, mentre gli uomini come oppressivo e spaventoso. Inoltre nelle donne si irradia con maggior frequenza al collo, al dorso,alla mandibola. Il mito che un attacco cardiaco sia un evento drammatico deve essere superato, infatti molti pz hanno un’insorgenza graduale del dolore. Sintomi associati:

• Attivazione del SNA: Il pz appare Pallido, sudato freddo, (segno di attivazione simpatica)ecc

• Nausea e vomito sono spesso presenti (Soprattutto donne) ed indirizzano verso una causa cardiaca del dolore toracico (sintomi di attivazione parasimpatica o vagale).

• La sudorazione è più frequente negli uomini.

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N.b. L’ Attivazione simpatica si ha anche in embolia polmonare o dissezione aortica

Ricorda inoltre che l’Attacco di panico: Ha inizio improvviso e il sintomo può somigliare all’angina instabile.

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Spesso associato a tremori, parestesie, distacco dalla realtà, brividi, vampate di calore

TEST DIAGNOSTICI 1)ECG La sensibilità dell’ECG a 12 dd nell’individuare un’ischemia non è superiore al 50% (spesso mostra alterazioni aspecifiche). Tra il 2 ed il 4% dei pz vengono dimessi dai DEA a causa di ECG normale. Nei pz con dolore toracico non cardiaco si devono escludere altre patologie minacciose. Il Sopraslivellamento dell’ST è un segno diagnostico di IMA in 80-90% dei casi, anche se solo il 30% dei pz con IMA lo presenta all’ingresso in H. L’Onda Q all’ingresso: diagnostica nel 90% Mentre nei pz con sottoslivellamento ST, solo il 50% dei pz svilupperà infarto; Onde T invertite: Solo 1/3 svilupperà infarto (altri hanno miocardite, EP ecc) L’incidenza di mortalità in fase precoce è più alta nei pz con ST sopra, intermedia in pz con ST sottoslivellato e più bassa nei pz con inversione delle T.

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Identificazione: Infarto probabile se: precedente IMA o angina, T anormali, deviaz ST, rilevanza e localizzazione dei sintomi. Infarto poco probabile: dolore puntorio o trafittivo , no angina o IMA precedenti, dolore con componente pleurica o posizionale (accentuato dal respiro o dai cambi di postura), dolore riprodotto dalla palpazione. Il giudizio clinico è il fattore più importante per una gestione appropriata del pz con dolore toracico 2)ENZIMI Tempo di rilascio dei vari segni biochimici di IMA. A, picco della mioglobina; B, troponina; C, CPK-MB; D, troponina. 3)ECOCARDIO Anche dopo i sintomi per stunning miocardico / miocardio stordito – Il termine "stordimento miocardico" definisce una grave disfunzione ventricolare sinistra che recupera spontaneamente dopo un breve periodo di marcata ischemia).

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Ha una sensibilità del 93% ma specificità ridotta perché non distingue vecchi infarti. Identifica la Disfunzione sistolica che ovviamente ha una prognosi negativa a breve e lungo termine Inoltre ci consente di vedere anche insufficienza mitralica, versamento ecc. Inoltre l’ Eco-doppler tranesofageo (TEE) ci consente di fare diagnosi di dissezione dell’aorta ascendente. 1° porta: il paziente Mettersi subito in contatto con il personale medico e non aspettare che i sintomi scompaiono; Assumere nitrati e un’aspirina ad azione rapida; 2° porta: MMG Meglio di no! Quando un MMG sospetta un IMA ha ragione nel 75% dei casi ma per la somministrazione della terapia trombolitica è necessaria la diagnosi di certezza 3° porta: CO-118 Personale qualificato che agisce secondo protocolli; Le Attività che esegue sono: Raccolta informazioni,decisione del livello di priorità,Invio del mezzo più appropriato,Consigli al paziente ed ai familiari in attesa dell’arrivo del mezzo di soccorso; 4°e 5° porta: ambulanza e H

La sfida comune a tutte le 5 porte è:

• Analizzare la situazione e consigliare il paziente • Ridurre il ritardo temporale

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• Identificare le condizioni pericolose per la vita • Massimizzare le alternative diagnostiche e terapeutiche

ALGORITMI DI CLASSIFICAZIONE E TRATTAMENTO DELLE SINDROMI CORONARICHE ACUTE

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MONITORAGGIO ELETTROCARDIOGRAFICO Monitoraggio Comune a tutti i pazienti critici in qualsiasi setting

•118 (3 elettrodi) •DEA (3/5 elettrodi) •UTI (5/6 elettrodi) •UTIC (5/15 elettrodi)

Intervento infermieristico per le seguenti DI/PC:

•Alterazione gittata cardiaca •Alterazione perfusione tissutale •Alterazione degli scambi gassosi •Alterazione del bilancio fluidico •Alterazione della funzione sensoriale e motoria •Alterazione della termoregolazione •Alterazione della funzione renale •Alterazione della funzione endocrina

Sequenza dell’attivazione elettrica del cuore sul tracciato elettrocardiografico

L’ECG viene di normale registrato su carta millimetrata alla velocità di scorrimento di 25 mm/s; pertanto ogni quadratino grande corrisponde a 0,2 s ed ogni quadratino da 1mm corrisponde a 0,04 s. Per quanto riguarda il voltaggio: 1cm corrisponde ad 1Mv; quando ci si trova ad eseguire un ecg ad

un pz. obeso può succedere che i complessi qrs non vengono evidenziati e quindi si ricorre alla taratura dell’elettrocardiografo (es: 0,5 cm = 1 Mv). Oppure se il paziente è molto magro, e quindi i complessi sono molto alti, si può impostare la macchina dicendo: 1 cm = 2 Mv. Così facendo aumentiamo o riduciamo la sensibilità dell’elettrocardiografo a seconda della situazione.

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Componenti elementari del complesso elettrocardiografico • Onda P --> rappresenta la depolarizzazione atriale. • Intervallo PR --> rappresenta il periodo che intercorre dall’inizio dell’onda P all’inizio

del complesso QRS (periodo di passaggio dell’impulso dal nodo S/A al nodo A/V). La durata normale è compresa tra 0,12 e 0,20 s.

• Complesso QRS --> rappresenta la depolarizzazione dei ventricoli. • Onda T --> rappresenta la ripolarizzazione dei ventricoli.

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Preparazione della cute • Migliore monitoraggio tratto ST • Oli cutanei e sporco possono ridurre il segnale

– Radere la cute in caso di ipertricosi - Sgrassare la cute con alcool o detergente in soluzione acquosa

Posizionamento elettrodi • Utilizzare superfici ossee per ridurre gli artefatti da movimento • In caso di monitoraggio tratto ST segnare con pennarello dermografico la posizione degli elettrodi Derivazioni standard Monitoraggio a 3 derivazioni (D1 – D2 – D3) con frusta a 3 elettrodi (RA = Rosso-spalla dx ; LA = giallo – spalla sx; LL = verde – cresta illiaca sx)

Derivazioni MCL (Con questo metodo si riesce a visualizzare derivazioni precordiali (da V1 a

V6)con una frusta a 3 elettrodi (che sono normalmente D1,D2, D3)) Rosso (D1) -> spalla sx Giallo (D2) -> in questo caso in V1 Verde (D3) -> in questo caso in V6 Viene utilizzato il monitoraggio MCL per monitorare il cuore da un punto di vista precordiale; il giallo e il verde possono scorrere da V1 a V6 (permettendo di monitorare le precordiali desiderate).

cresta iliaca sx

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Selezionando dal monitor D2 vado a visualizzare la derivazione di colore giallo (in questo caso V1), se seleziono invece D3 vado a visualizzare la derivazione di colore verde (in questo caso V6). N.B. In genere tutti i monitor si accendono in DII siccome è la derivazione dove si vede meglio l attività atriale. Indicazioni sul tipo di monitoraggio

DERIVAZIONI STANDARD DERIVAZIONI MCL - Aritmie sopraventricolari. - Ischemia/infarto inferiore (perchè

l’infarto inferiore è visibile nella D2, D3 e AVF).

- Aritmie ventricolari. - Ischemia/infarto settale (V1-V2),

anteriore (V3-V4) e laterale (V5-V6).

Monitoraggio standard a 5 elettrodi Questo tipo di monitoraggio ci permette di visualizzare 7 derivazioni: D1 – D2 – D3 – AvF – AvR – AvL – V (da V1 a V6 a scelta)

Per esempio in un Pz. con infarto anteriore la derivazione V la metto su V4.

Utilizzo degli allarmi • Mai disinseriti !!!! • Utilizzare intervalli personalizzati da paziente a paziente • Utilizzare la funzione intervalli automatici In un Pz. che ha la FA con frequenza intorno a 140, si può mettere l’allarme personalizzato cioè per es. tra 120 e 160, in modo tale che il monitor suona se il pz. raggiunge una frequenza maggiore di 160 e minore di 119, perchè io voglio sapere se il pz. torna a ritmo sinusale.

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Per riconoscere il ritmo, i 5 elementi da osservare sono: 1. Frequenza 2. Ritmo 3. Attività atriale 4 .Rapporto P:QRS 5. Morfologia QRS 6. Tratto ST -> questo tratto non ci dice com’è il ritmo ma ci evidenzia se c’è ischemia miocardica.

- Normale tra 60 e 100 b/min, - bradicardia se <60 b/min, - tachicardia se >100 b/min

Il sistema più semplice per calcolare la frequenza è di usare il metodo illustrato nella figura accanto. Cercate un complesso QRS il cui picco cada sulla linea spessa della carta millimetrata; questo sarà il punto di partenza. Successivamente, individuate il medesimo punto del successivo complesso QRS – il vostro punto di arrivo. Contate poi le linee spesse comprese tra i due punti che avete determinato, usando la sequenza di numeri evidenziati nella figura.

1 – FREQUENZA

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DISTANZA R – R Costante = RITMICO DISTANZA R – R VARIABILE= ARITMIA (per esempio la FA è irregolarmente irregolare)

- Vedi onde P ? La presenza di onde P ci conferma che il ritmo in esame ha una componente atriale (onde P visibili = attività atriale). - Tutte le onde P sono identiche ? La presenza di onde P identiche significa che esse originano dallo stesso segna passi. Se le onde P sono diverse tra loro indicano la provenienza dell’impulso da foci diverse (può essere attivo un segna passi aggiuntivo).

- P:QRS = 1:1 --> Ritmo sinusale - P non condotte = blocco - QRS non preceduto da onda P = battito prematuro o extrasistole

• QRS stretto ( < 0,12 sec. - < 3 mm), rappresenta impulsi che hanno viaggiato attraverso il normale sistema di conduzione nodi AV/fibre Purkinje. ---> Impulso sopraventricolare (atriale o giunzionale).

• QRS slargato (>0.12 sec. - > 3mm), indica che l’impulso non segue il normale sistema di

conduzione, ma viceversa si trasmettano attraverso il contatto diretto da cellula a cellula in alcuni tratti del loro percorso attraverso il cuore, i complessi larghi sono presenti nel blocco di branca sx e nella tachicardia ventricolare. ---> Impulso

2 – RITMO

3 – ATTIVITA’ ATRIALE

4 – RAPPORTO P:QRS

5 – MORFOLOGIA QRS

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ventricolare (focus ventricolare) o alterazioni della conduzione intraventricolare (es Blocco di branca).

Esempi di ritmo Ritmo sinusale

- Frequenza: circa 78 BPM - Ritmo: regolare (distanza R-R costante) - Onda P: presente e identiche tra di loro - Rapporto P/QRS: 1/1 - Morfologia QRS: QRS stretto -> impulso sopraventricolare

Fibrillazione Ventricolare

- Frequenza: indeterminata - Ritmo: caotico - Onda P: non presente - Rapporto P/QRS: no - Morfologia QRS: no

La FV è caratterizzata da un movimento continuo, irregolare, peristaltico e vermicolare dei ventricoli che perdono la loro azione di pompa in quanto le fibre muscolari si contraggono in modo anarchico. Se non interrotta diventa fatale entro pochi minuti. Può anche ricorrere dopo l’uso di farmaci antiaritmici, in pazienti con fibrillazione atriale e nei pazienti con gravi ipossia o ischemia.

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Il trattamento consiste nell’immediata defibrillazione elettrica. Una volta interrotta la fibrillazione ventricolare, vanno somministrati farmaci come beta-bloccanti o amiodarone per prevenire le ricorrenze oppure va a impiantato cardiovertitore/defibrillatore. RITMO DI ACR ---> DEFIBRILLARE Asistolia

Talvolta è possibile che un’attività atriale continui per un breve periodo dall’insorgenza di un’asistolia, per cui all’ ECG si vedranno delle onde P non seguite da complessi QRS (asistolia con onde P), oppure che rari ed incostanti battiti ventricolari a QRS largo di morfologia variabile compaiano nelle fasi terminali di una rianimazione inefficace, con progressivo rallentamento ed allargamento dei complessi fino alla completa scomparsa dell’attività elettrica.

Dopo 2 complessi di scappamento ventricolari (QRS largo) assenza di attività elettrica del cuore. NB: Il trattamento è la RCP Tachicardia ventricolare

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- Frequenza: La TV ha una frequenza compresa tra 100 – 250 bpm (n.b. sopra i 150 bpm

diminuisce il tempo di riempimento ventricolare, cosi come la gittata cardiaca e di conseguenza la per fusione coronarica)

- Ritmo: di solito regolare, ma può anche non esserlo - Onda P: di solito non riconoscibili in quanto nascoste nei complessi QRS - Rapporto P/QRS: non possibile - Morfologia QRS: sono bizzarri e ampi >3mm (impulso ventricolare), con morfologia

costante (TV monoforma, figura in alto) o variabile (TV polimorfa)

Un quadro del tutto particolare TV polimorfa è costituito dalla torsione di punta (figura in basso), in cui il QRS cambia clinicamente aspetto come se l’attività elettrica subisse una torsione attorno alla linea isoelettrica con variazioni dell’ampiezza e della direzione dei QRS che sono rivolti ora verso il basso, ora verso l’alto.

La TV è un’aritmia grave che rappresenta il più pericoloso precursore della FV. Il trattamento:

- TV senza polso --> defibrillazione (il pz è in ACR) - TV stabile monomorfa o polimorfa --> cardioversione (SYNC)

Extrasistoli ventricolari o battiti prematuri ventricolari Ritmo sinusale con battiti prematuri ventricolati monomorfi (ovvero tutte con una stessa forma in un tracciato elettrocardiografico)

Ritmo sinusale con battiti prematuri ventricolari polimorfi (con forma diversa)

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L’extrasistoli ventricolari polimorfe sono l’uniche extrasistoli pericolose che possono portare

a delle aritmie ventricolari come la FV e la TV senza polso. Fibrillazione atriale

- Frequenza: atriale 350-600/min, FC non misurabile (solitamente all insorgenza è intorno ai 130 anche se il valore cambia molto rapidamente, mentre nelle FA croniche con adeguato trattamento (es digitale)si riduce sugli 80-90 bpm)

- Ritmo: irregolarmente irregolare - Onda P: non presente - Rapporto P/QRS: no - Morfologia QRS: QRS stretti, generalmente normali

E’ un’aritmia benigna che s’incontra più frequentemente nella pratica clinica, ed è caratterizzata da una completa disorganizzazione dell’attività elettrica atriale, dovuta a multipli microrientri contemporanei con impulsi elettrici che depolarizzano solo piccole porzioni di miocardio atriale e vengono trasmessi al nodo AV in modo causale. Caratteristica importante di questa aritmia è quella di recidivare spesso, e a lungo andare di cronicizzare, nonostante le ripetute cardioversioni farmacologiche o elettriche. Può ricorrere in forma parossistica o persistente. La forma parossistica può comparire in soggetti normali, in occasione di stress emotivi, interventi chirurgici, gli sforzi fisici o intossicazione alcolica acuta. Può anche ricorrere in pz con malattia cardiaca o polmonare in caso di ipossia o ipercapnia acuta, alterazioni metaboliche o emodinamiche. La forma persistente compare generalmente in pz con malattie cardiovascolari (stenosi mitralica, cardiopatia ipertensiva, malattia polmonare cronica, difetto del setto atriale, sindrome tachicardia-bradicardia). La fibrillazione atriale è caratterizzata da un’attività atriale disorganizzata (assenza di onde P all’ECG); l’attivazione atriale si manifesta con onde irregolari a una frequenza variabile tra 350 e 600 battiti al minuto.

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Questa aritmia può essere talora pericolosa per vari motivi:

• la perdita del contributo atriale al riempimento ventricolare, soprattutto se vi è una rapida frequenza (e quindi un minor riempimento) del ventricolo, può causare astenia, ipotensione, sincope, angina pectoris o insuff. cardiaca;

• nella riconversione a ritmo sinusale si può verificare una lunga pausa che può provocare sincope;

• la fibrillazione atriale può causare embolie sistemiche, soprattutto in pz con cardiopatia reumatica, da trombi nell’atrio sx (Per tale motivo nelle FA croniche oltre al trattamento antiaritmico , si cerca di ridurre il rischio di tali complicanze con anticoagulanti orali dicumarolici (es. warfarin)

Nella fibrillazione acuta vanno trattati in primo luogo gli eventuali fattori precipitanti (febbre, polmonite, intoss. alcolica…). Se vi è instabilità emodinamica, la cardioversione elettrica (se la FA è insorta da meno di 48 h) è il trattamento di scelta. Nei casi senza compromissione emodinamica, il trattamento iniziale consiste nel rallentare la frequenza ventricolare con calcio-antagonisti o betabloccanti, che prolungano il periodo refrattario del nodo A-V rallentandone la conduzione e sono più rapidi della digitale. Successivamente si può tentare la conversione farmacologica a ritmo sinusale usando chinidina o simili, flecainide, propafenone o ibutilide e.v. . In caso di fallimento della terapia medica, si passa alla cardioversione elettrica esterna o interna. Nei pz con fibrillazione atriale di lunga durata (superiore alle 48 h), per evitare il rischio di embolizzazione, che aumenta quando la fibrillazione atriale viene convertita in ritmo sinusale, è necessario prima il trattamento con anticoagulanti (eparina che poi sarà embricata con coumadin) , che va iniziato circa 15 giorni prima e protratto per 4 settimane dopo la cardioversione (che viene fatta dopo i 15 gg di anticoagulanti previa ecocardio trans-esofagea , che accerta l’assenza di trombi a livello dell’atrio ) e successivamente per prevenire delle ricorrenze si usano chinidina o simili, flecainide, propafenone , amiodarone. Nei pz in cui non è possibile ripristinare un ritmo sinusale se la fibrillazione atriale ha una frequenza ventricolare elevata si usano farmaci quali calcio-antagonisti, betabloccanti, o digitale per controllare la risposta ventricolare; va inoltre presa in considerazione l’opportunità di un trattamento anticoagulante cronico , soprattutto negli anziani che non rientrano in ritmo sinusale, poiché il rischio di ictus causato da fibrillazione atriale è di circa il 30%. I criteri per scegliere tra cardioversione elettrica e farmacologia sono i seguenti :

- pz stabile (PV stabili , esclusa FC): si tenta la cardioversione farmcologica con uno dei farmaci sopraindicato e che hanno un tempo di azione che va dalle 3 alle 6 h. Se la cardioversione farmacologia non è efficace , allora si passa a quella elettrica. - pz instabile dal punto di vista emodinamico e con PV instabili : cardioversione elettrica che di solito diminuisce i tempi di trattamento se il paziente rientra in ritmo sinusale.

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Flutter atriale

- Frequenza: atriale 300/min - Ritmo: regolare - Onda P: non si osservano vere onde P; la depolarizzazione atriale avviene in senso

caudo-craniale, dando origine ad onde F, o di flutter, con tipico aspetto a dente di sega - Rapporto P/QRS: no - Morfologia QRS: di solito normali

Questa aritmia ricorre spesso in pz con cardiopatia organica (reumatica, ischemica, cardiomiopatia primitiva). Il flutter può essere parossistico ( in genere precipitato da fattori quali pericardite o insuff. respiratoria acuta), o persistente; esso tende comunque a essere instabile, ossia a riconvertirsi in ritmo sinusale o a trasformarsi in fibrillazione atriale. Il rischio di embolizzazione sistemica è meno comune rispetto alla fibrillazione. Si osserva una frequenza atriale rapida a 250-350 battiti al minuto, on l’aspetto tipico delle onde flutter “a dente di sega” (dette onde F), maggiormente visibili nelle derivazioni inferiori, e QRS stretti. Come nella fibrillazione atriale non tutti gli stimoli vengono condotti, cosicché la frequenza ventricolare è più bassa. Il blocco può essere costante (quello più frequente è 2:1 dove la frequenza ventricolare corrisponde alla metà di quella atriale), oppure variabile. Il trattamento più efficace è la cardioversione elettrica. Se le condizioni cliniche del pz permettono un trattamento farmacologico, si rallenta dapprima la frequenza ventricolare inibendo il nodo A-V con betabloccanti, calcio-antagonisti o digitale; una volta che la conduzione del nodo A-V è rallentata, si tenta di convertire il flutter a ritmo sinusale usando la chinidina o simili, flecainide, propafenone o amiodarone. In caso in cui la terapia farmacologica non è efficace a riconvertire il pz a ritmo sinusale ,allora si passa alla cardioversione elettrica. Blocchi atrio-ventricolari Blocco AV di 1° grado

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- Frequenza: normale - Ritmo: regolare - Onda P: normali - Rapporto P/QRS: si - Morfologia QRS: normali - Intervallo PR: superiore a 0,2 s, di solito in modo costante

Il BAV di primo grado è causato semplicemente da un ritardo nel passaggio dell’impulso elettrico attraverso il nodo AV. Di solito non è necessario alcun trattamento di urgenza. Può essere fisiologico o secondario a un aumento del tono vagale o a trattamento con digitale; generalmente, non richiede terapia. Blocco AV di 2° grado tipo Mobitz I

- Frequenza: normale - Ritmo: irregolare - Onda P: presenti ma alcune non sono seguite dal QRS - Morfologia QRS: normali - Intervallo PR: si allunga progressivamente sino a che l’impulso atriale non viene

condotto e l’onda P non viene seguita dal complesso QRS Questo tipo di blocco si manifesta in presenza di tossicità farmacologica (digitale, betabloccanti e occasionalmente calcio-antagonisti), aumento del tono vagale, infarto miocardico inferiore; generalmente è transitorio e non richiede terapia. Se è sintomatico si può ricorrere a atropina o a un pacemaker temporaneo , ma generalmente non richiede terapia. Blocco AV di 2° grado tipo Mobiitz II

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- Frequenza: normale - Ritmo: irregolare - Onda P: normali ma alcune non sono seguite dal QRS - Morfologia QRS: normali - Intervallo PR: normale quando presente, ma alcune onde P non sono condotte al

ventricolo Nel blocco A-V di II grado tipo Mobitz 2, vi è un intervallo PR fisso con salto occasionale di battiti, in sequenza di 2:1, 3:1, 4:1 (2:1 significa che su due battiti atriali uno solo è trasmesso ai ventricoli, e così via); generalmente il complesso QRS è allargato. Si manifesta in presenza di un infarto miocardico o di malattie degenerative del sistema di conduzione; è un’aritmia pericolosa, che può progredire improvvisamente in un blocco atrio-ventricolare completo; dal punto di vista terapeutico è quindi indicato l’impianto di pacemaker.

Blocco AV di 3° grado

Blocco completo, nessuna relazione tra attività atriale e ventricolare.La contrazione atriale è indipendente da quella ventricolare. Il blocco pùo essere presente a vari livelli: nel nodo atrio-ventricolare, nel fascio di His o sotto il fascio di His. Si manifesta nei pazienti con infarto miocardico, tossicità farmacologica o malattia degenerativa del sistema di conduzione. La dissociazione atrio-ventricolare, si verifica quando gli altri e i ventricolo i sono stimolati da focus differenti. Poiché i ventricoli non ricevono più l’impulso del nodo del seno, entra in funzione l’automatismo di un centro sottostante (ritmo di sostituzione) che può trovarsi nel nodo atrio-ventricolare, nel fascio di His o più in basso, nei ventricolo i, e batte a una frequenza tanto minore quanto più il nuovo centro è basso; più alta la sede del ritmo di sostituzione, più stretta è la morfologia del QRS. Se il ritmo è ventricolare, la frequenza può essere inferiore a 40 battiti al minuto; in questo caso indicato l’impianto di un pacemaker permanente. Ritmo giunzionale

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- Frequenza: 40-60 bpm - Ritmo: regolare - Onda P: possono comparire prima, durante o dopo il complesso QRS e se il ritmo è

giunzionale molto spesso sono negative perché non sono a partenza dal nodo seno atriale , ma dalla giunzione A-V.

- Rapporto P/QRS: talvolta non possibile quando le onde P non sono visibili - Morfologia QRS: normali

La giunzione AV può fungere da pacemaker generando impulsi ad una frequenza di 40-60 min, che rimangono silenti per l’attività più rapida del nodo seno-atriale. Se il nodo AV non viene depolarizzato dall’arrivo di un impulso sinusale entro 1-1,5 s, la giunzione AV diventa il segnapassi predominate è da origine a battiti giunzionali di scappamento; una sequenza di questi impulsi genera un ritmo giunzionale. Non è un ritmo pericoloso per la vita (talvolta può rientrare spontaneamente in ritmo sinusale) ma potrebbe essere causato da una malattia del nodo del seno , che se in arresto completo può richiedere l’impianto di un peace Maker. Blocco di branca Per renderci conto che cosa sia il blocco di branca, supponiamo che il pz. abbia un infarto del miocardio oppure una qualche alterazione che blocca o distrugge parte del sistema di conduzione. Quando il sistema è normalmente funzionante l’impulso sarebbe trasmesso alle sezioni distali delle vie normali . Le sezioni del cuore che sono innervate da tali fibre dovrebbero in questo caso attivarsi istantaneamente e in maniera coordinata. Tuttavia, la sezione che è innervata dalla porzione bloccata non riceve più un impulso coordinato, ma è depolarizzata da una trasmissione lenta dell’impulso che si diffonde in maniera diretta da cellula a cellula. In una situazione del genere la larghezza dei complessi QRS è aumentata poichè la trasmissione lenta cellula-cellula richiede un periodo di tempo più lungo per dopalarizzare quella sezione del cuore. Il risultato finale è che i complessi sono più larghi cioè superiori a 3mm. Blocco di branca DX I criteri per diagnosticare un BBD sono: - QRS largo > 3 mm - Onde S trascinate nelle derivazioni DI e V6 - Quadro R-R’ (aspetto a doppia punta o orecchie di coniglio) nella derivazione V1 e talvolta in V2 (perché sono le derivazioni che guardano il setto). Inoltre il Qrs è solitamente tutto positivo con R (primo picco) più basso del secondo picco R’ .

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Blocco di branca SX I criteri per diagnosticare un BBS sono: - QRS largo > 3 mm - Onde R larghe, monomorfe in DI e V6 (Aspetto a doppia positivo in V5-V6 o aspetto a doppia punta negativa in V1-V2) - Onde S larghe, monomorfe in V1 (le onde S slargate talvolta possono simulare un sopraslivellamento del tratto S-T , quindi è importante spesso la valutazione di un ECG precedente per confrontare e fare diagnosi differenziale con IMA)

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Ischemia/Infarto Miocardico

Il sopraslivellamento del tratto ST indica una lesione miocardica (quidndi un IMA che entro 6h dovrebbe essere trattato con trombolisi loco-regionale (PTCA)o sistemica con farmaci trombolitici). La tendenza di oggi è che però la coronarografia ed eventuale trombo lisi la si fa anche ai sottoslivellati perché si è visto che migliora la qualità di vita di questi pazienti e previene le recidive. N.b: un sopraslivellamento del tratto ST presente in tutte le 12 derivazioni è un segno probabile di Pericardite.

STEMI PTCA primaria in Emergenza UA (Angina Instabile)/NSTEMI Coronarografia Precoce

ISCHEMIA MIOCARDICA Inversione dell’onda t

Un sottoslivellamento del tratto ST e/o l’inversione dell’onda T sono segni di ischemia miocardica .

LESIONE MIOCARDICA Sopraslivellamento del tratto ST

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N.B. L’onda Q è la prima deflessione negativa dell’onda P ed è un segno sub acuto (cioè è già passata qualche ora dall’infarto e quindi dalla necrosi miocardica). Per essere significativa l’onda Q deve essere almeno 1/3 del complesso QRS.

Ricorda che comunque c’è una parte di infarti che possono esordire senza segni elettrocardiografici. Gli enzimi cardiaci in questo caso sono significativi per la diagnosi (si innalzano entro 6-12 h). Quindi gli enzimi negativi escludono l’ima mentre l’ECG da sforzo negativo escludono l’Angina. Gli enzimi importanti marcatori di danno miocardico sono: C.K.-M.B. comincia ad aumentare entro 1 ora e raggiunge il valore massimo entro 24 ore dall’infarto e ritorna nella norma dopo 2-3 gg LDH ( lattodeidrogenasi) non è così specifica per diagnosi di IMA. Tuttavia, poiché la sua concentrazione raggiunge il valore massimo più tardivamente e si mantiene elevata a lungo. La misurazione di questo enzima è utile in persone che hanno avuto un IMA e che sono stati ricoverati tardivamente MIOGLOBINA: è una eme-proteina che contribuisce al trasporto di ossigeno. Si trova nel muscolo cardiaco e scheletrico. La sua concentrazione serica comincia ad aumentare entro 1-2 ore e raggiunge il valore massimo entro 6 ore dall’insorgenza dei sintomi dell’IMA. (non è specifico) TROPONINA: è una proteina del miocardio che regola la contrazione (isomeri C I T) Le troponine I e T sono i marcatori più specifici per la rilevazione di una necrosi miocardica e si elevano anche quando il danno è di minima entità, si elevano dopo circa sei ore dall’inizio dei sintomi e restano elevate per diversi giorni (7 - 14 gg)

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Regioni nell’infarto nell’ECG

IMA anterosettale

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IMA anterolaterale esteso

Monitoraggi particolari A: derivazione destra : V3R - V4R

-V3R nella posizione simmetrica della normale V3 ma a destra dello sterno. Si utilizza nei bambini e quando si vuole esplorare il ventricolo destro; -V4R 5° spazio intercostale sulla linea emiclaveale destra (posizione simmetrica a V4 a destra dello sterno); IMA ventricolo destro .Eseguire sempre derivazioni destre in caso di onde di lesione a sede inferiore. In caso di IMA dx c’è solitamente un Infarto con shock che viene trattato con infusione di liquidi (seguito poi dal trattamento in sala emodinamica) perché l’ingorgo che si crea sul sistema venoso determina la riduzione della gittata cardiaca e della P.A. N.B. per l’ECG a 15 derivazioni che esplora anche il cuore dx bisogna applicare anche la derivazione VE. -VE si può applicare in posizione simmetrica a V5 a destra dello sterno o a livello del processo xifoideo;

B: derivazioni posteriori V8 e V9 (posizionate a livello del 5° spazio intercostale ma posteriormente). IMA posteriore . Eseguire sempre in caso di ECG non diagnostico (non normale) ma nemmeno patologico.

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2: MONITORAGGIO PRESSORIO Monitoraggio comune a tutti i pazienti critici in qualsiasi setting •118 (NIBP) •DEA (NIBP/IBP) •HDU/UTSI (NIBP/IBP) •UTI (IBP) Intervento infermieristico per le seguenti DI/PC: •Alterazione gittata cardiaca (anche da farmaci: anti ipertensivi, amine, inotropi etc) •Alterazione perfusione tissutale •Alterazione degli scambi gassosi •Alterazione del bilancio fluidico •Alterazione della funzione sensoriale e motoria •Alterazione della termoregolazione •Alterazione della funzione renale •Alterazione della funzione endocrina Obbiettivi del monitoraggio: • Valutazione del sistema cardiovascolare Pressione, (flusso, resistenze) • Acquisire valori di base e determinare trends Determinare presenza e grado di disfunzione • Realizzare e guidare gli interventi Fornisce criteri per la determinazione dell’efficienza cardiovascolare Misurazioni emodinamiche: • Pressione arteriosa sistolica, diastolica, PP (Pressione differenziale), MAP • Pressione venosa centrale pressione media • Pressione dell’arteria polmonare - Sistolica, diastolica, media - Pressione di incuneamento capillare polmonare (PAOP, Pwedge) - Gittata cardiaca (Cardiac output)

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I 3 tipi di pressione del sistema cardiovascolare

La PA rappresenta la forza esercitata dal sangue per unità di area sulle pareti delle arterie ed è la somma di Pressione Emodinamica + Cinetica + Idrostatica

• P. Emodinamica Energia impartita al sangue dalla contrazione del ventricolo sx. • P. Idrostatica Densità dei fluidi e gravità Contribuiscono alla p idro-Statica; P esercitata da una colonna di fluidi sulle pareti del contenitore. La P è idrostatica proporzionale all’altezza della colonna ematica tra il cuore e la Vascolarizzazione periferica. • P. Cinetica Associata col movimento ed influenza la PA misurata direttamente. Misure della pressione arteriosa • Pressione sistolica Riflette volume e velocità di eiezione, compliance dell’aorta • Pressione diastolica Riflette le resistenze vascolari e la competenza della valvola aortica • Pressione media (PAd + 1/3(PAs – PAd)) - Indicatore della perfusione tessutale - Pressione media durante il ciclo cardiaco

IL MONITORAGGIO PRESSORIO NON INVASIVO – metodo indiretto Il metodo indiretto della PA impiega lo sfigmomanometro che consiste in un bracciale di stoffa e da una colonnina di mercurio. Il bracciale viene avvolto intorno al braccio o alla gamba in una zona sovrastante un’arteria maggiore e la camera d’aria viene gonfiata fino a generare una pressione che comprime l’arteria sottostante. Il bracciale viene sgonfiato e la pressione arteriosa viene rilevata attraverso la ricezione dei suoni (metodo auscultatorio) o delle pulsazioni vascolari (metodo oscillometrico) generati dall’apertura dell’arteria. Sedi utilizzabili: • Braccio, avambraccio, coscia, caviglia (dimensione cuffia) • Corretta misura della cuffia e corretta posizione, se la camera d’aria del bracciale è

troppo piccola per le dimensioni dell’arto, la misurazione della PA saranno falsamente elevate. Inoltre, la lunghezza della camera deve essere pari ad almeno l’80% della circonferenza del braccio e la sua larghezza deve essere almeno il 40% di tale

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circonferenza. (Cuffia troppo piccola sovrastima/cuffia troppo grande sottostima). Miscuffing è il termine per descrivere l’uso di bracciali di dimensioni inappropriate per la misurazione delle pressione arteriosa. L’impiego di bracciali inappropriati è la causa più frequente di errori nella misurazione della pressione.

• Paziente tranquillo • Misurazione manuale/automatica • I sistemi automatici o dispositivi oscillometrici sono meno precisi in caso di

ipotensione/ipertensione – bradi/tachi aritmia • Differenze tra misurazioni a destra e sinistra fino a 10 mmHg sono da considerarsi

normali • Differenze maggiori di 10 mmHg possono essere imputabili a: - Dissecazione aortica - Malformazioni cardiache congenite - Coartazione arco aortico - Alterazioni neurologiche o muscoloscheletriche di lato - Malattie vascolari periferiche

Controindicazioni all’uso del bracciale su una estremità

- TVP - Trapianto/pregresso intervento Chir. vascolare - Fistola AV - Segni di ischemia dell’arto - In caso di CVC con accesso v. basilica o cefalica - Ferite - Infusioni EV - Linfedema da pregressa mastectomia

Uso appropriato degli allarmi ed intervalli di misurazione:

- Non ci sono evidenze o raccomandazioni - Personalizzare - Sempre in caso di infusioni farmaci vaso attivi - Maggiore frequenza misurazioni durante la stabilizzazione (min. ogni 5 minuti) - In caso di quadri clinici che prevedano target pressori (IMA, Stroke, Shock, aritmie)

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IL MONITORAGGIO PRESSORIO INVASIVO – metodo diretto

La registrazione diretta delle pressioni intravascolari è raccomandata in tutti i pazienti emodinamicamente instabili. Principi: • Un sistema riempito di fluido, non ostruito, rifletterà i cambi di pressione alla punta

distale del sistema (catetere), da un capo all’altro del sistema stesso. • I cambiamenti di pressione possono esser rilevati all’estremità prossimale del sistema,

trasformati in un segnale elettrico e visualizzati sottoforma di onda. • Catetere vascolare posizionato in un vaso • Trasduttore di pressione, riempito di liquido, con tubi a bassa compliance • Monitor amplificatore

- Oscilloscopio - Stampante

Le 3 procedure per garantire l’accuratezza di lettura del sistema 1. Riempimento del circuito a pressione 2. Azzeramento 3. Test della risposta dinamica del circuito

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Le bolle d’aria... - L’aria è un mezzo di trasmissione che trasmette gli impulsi meccanici in modo molto

differente rispetto ai fluidi - Le bolle d’aria costituiscono una fonte di errore molto comune nel monitoraggio

emodinamico - Le bolle d’aria (anche solo di Ø 1 mm) causano damping (attenuazione) e errori di

lettura delle pressioni. Il coefficiente di attenuazione è una misura della tendenza del sistema ad attenuare il segnale in entrata.

Perciò è importantissimo eliminare le bolle d’aria dal sistema!

Misure per mantenere il sistema libero da bolle d’aria • Dopo aver aperto il sistema per prelievi di sangue o azzeramento fare un breve flush di tutto il sistema compreso rubinetti prossimali o di interfaccia aria-fluido •Stringere tutte le connessioni e chiudere all’aria tutti i rubinetti •Evitare di aggiungere rubinetti e prolunghe •Sacca di lavaggio adeguatamente riempita e gonfiata a pressione di 300 mmHg •periodicamente dare colpetti al sistema di tubi e fare brevi flush per eliminare piccole bolle di aria che sfuggono alla soluzione di lavaggio Preparazione del sistema: 1 - Kit di trasduzione monouso

- Tubi a microgocciolamento, bassa compliance - Dispositivo fast flush - Trasduttore alta fedeltà - Rubinetti con tappini chiusi

2 - Connettere e riempire il sistema di tubi con la soluzione - Tipicamente SF - (soluzione eparinata) - Utilizzare un flush secondo gravità per prevenire microbolle – devono esser tutte

rimosse - Appllicare sacca a pressione alla soluzione e gonfiare fino a 300 mmHg (infusione

automatica di 3-5 ml/h della soluzione di lavaggio) 3 - Mettere a livello il sistema

- Livello per rimuovere gli effetti della pressione idrostatica (Pressione causata dal peso del fluido nei tubi)

- Livello dell’atrio sx (Trasduttore al di sopra – pressione diretta dal trasduttore alla punta, così misurazione della pressione inferiore alla reale; Trasduttore al di sotto – pressione diretta dalla punta al trasduttore, così misurazione della pressione superiore alla reale)

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4 - Asse flebostatico

- A livello dell’atrio sn - 4° spazio intercostale & ½ diametro anteroposteriore - Marcare il torace con matita dermografica

Ricorda: la linea media ascellare, usata come Punto di riferimento esterno per il cuore non è accurata in tutte le configurazioni toraciche, perciò non è raccomandata!!!!

Posizione del trasduttore al variare della posizione del paziente - Riposizionare livello del trasduttore ad ogni cambio di posizione del paziente - Portando il sistema 1 cm sopra l’atrio sn riduce la pressione di 0.73 mmHg - Portando il sistema 1 cm sotto l’atrio sn aumenta la pressione di 0.73 mmHg

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Livello dell’asse flebostatico nella posizione laterale del pz

5 - Azzeramento del sistema - Presentazione di un livello 0 neutrale - Elimina l’influenza della pressione idrostatica - Apre il sistema all’atmosfera e indica lo 0, così che la pressione misurata riflette la

pressione sopra la pressione atmosferica - Stabilisce la pressione atmosferica come il punto zero di riferimento - Elimina anche il fenomeno (minimo) di deviazione dallo zero del trasduttore o distorsione

(“zero-drift”) che avviene durante il tempo Importanza del monitoraggio invasivo della PA - Valutazione pressoria continua - Stato della perfusione tessutale - Trends della pressione arteriosa - Efficacia di farmaci ed interventi - Richiesta di frequenti campioni ematici La forma d’onda arteriosa in relazione all’ECG 1. Gittata sistolica 2. Pressione di picco sistolica 3. Declino sistolico 4. Incisura dicrotica 5. Diastole 6. Pressione a fine diastole

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Azzeramento del sistema: • Controllo della linea dello 0

• Verifica della necessità di effettuazione

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Test di risposta dinamica di un sistema di monitoraggio emodinamico/test dell’onda quadra Il test dell’onda quadra (flush breve di 2-3 sec con rilascio rapido) permette di distinguere lo smorzamento del segnale nel sistema: • Sistema underdamped, cioè sottosmorzato, con amplificazione del segnale in entrata • Sistema overdamped, cioè sovrasmorzato con riduzione conseguente del segnale in entrata Le pressioni vascolari sono registrate mediante tubi di plastica riempiti di liquido che connettono i cateteri arteriosi ai trasduttori di pressione. I sistemi che utilizzano liquidi sono soggetti a oscillazioni spontanee che possono distorcere la curva della pressione arteriosa. La prestazione di un sistema risonante è definita dalla frequenza di risonanza e dal fattore di attenuazione (dumping) del sistema. La frequenza di risonanza è la frequenza intrinseca delle oscillazioni prodotte nel sistema quando venga disturbato. Quando la frequenza del segnale in arrivo raggiunge la frequenza di risonanza del sistema, le oscillazioni proprie del sistema si aggiungono al segnale in entrata amplificandolo. Questo sistema è definito underdumped. Il coefficiente di attenuazione è una misura della tendenza del sistema ad attenuare il segnale in entrata. Un sistema risonante con un coefficiente di attenuazione elevato è definito overdumped. Sistema con smorzamento ottimale

In questo caso il test di lavaggio rapido è normale.

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Sistema con smorzamento ridotto - underdamped Questo test di lavaggio rileva una frequenza di risonanza troppo vicino alla frequenza del segnale di pressione arteriosa, e quindi il sistema causerà una distorsione del segnale in arrivo e un’amplificazione della pressione sistolica.

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Sistema con smorzamento aumentato - overdamped Qualora si individui un sistema overdamped deve essere eseguito un lavaggio completo per eliminare tutte le bolle d’aria intrappolate. Se questo non risolve il problema, il catetere arterioso deve essere sostituito.

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Posizionamento del catetere vascolare per IBP - Posizionamento del catetere - Radiale - Brachiale - Ascellare - Femorale - Dorsale pedidio Inserzione del catetere vascolare - Tipicamente catetere su ago - Misura catetere basata sul diametro dell’arteria; per aduti: � Radiale max 20 G � Brachiale, femorale max 18 G � Tibiale posteriore max 22 G L’incisura dicrotica Nei pz ipovolemici l’incisura dicrotica è più in basso perché la valvola aortica si chiude più tardi, L’incisura dicrotica appare più in basso nelle arterie in periferia.

Nella figura accanto si può notare che quando l’onda di pressione si muove verso la periferia, la pressione sistolica aumenta gradualmente e la porzione sistolica dell’onda si restringe. L’amplificazione della pressione sistolica è particolarmente pronunciata quando le arterie hanno una scarsa compliance, il che provoca una riflessione più veloce delle onde.

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Valutazione continua inf.ca � Preparazione e mantenimento del sistema riempito di fluido �Raccolta e valutazione di dati � Cura del catetere e del sisto di inserzione � Valutazione neurovascolare �Prevenzione delle complicanze Complicazioni della cannulazione arterisoa �Complicanze totali 15%-40% �Clinicamente rilevanti, quote ≤ 5% Complicanze correlate alla sede

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PRESSIONE VENOSA CENTRALE (PVC/CVP)

Indice di volume di fine diastole del ventricolo dx • Precarico del ventricolo dx (RV) • Indice della volemia (?!)

CARDIAC OUTPUT/Gittata Cardiaca (CO) È la quantità di sangue che il cuore immette nella circolazione ogni minuto. I due principali fattori determinanti sono: CO= HR CO x SV Frequenza cardiaca Stroke volume

1. Preload 2. Afterload 3. Contrattilità

È la quantità di sangue che il ventricolo immette nella circolazione ad ogni battito e che dipende da:

Considerata una misura diretta della pressione ematica in atrio dx e vena cava; si acquisisce tramite catetere venoso centrale inserito in una vena molto grossa. Viene inserito in modo tale che la punta del CVC rimanga nel 3° inferiore della vena cava superiore. Il sistema di monitoraggio è attaccato al port del lume distale del CVC multilume

Tipi di catetere

• A lume singolo

Rianimazione volemica rapida, con elevate quantità di fluidi, monitoraggio pressione

• Multi lume Somm fluidi farmaci Somm.ne simultanea di di sangue e fluidi, farmaci, supporto nutrizionale parenterale, o monitoraggio pressorio.

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Inserzione CVC L’inserzione avviene con tecnica di Seldinger (che vale anche per l’arterioso). Seldinger non è altro che il mandrino metallico che funge da giuda per il catetere. Le sedi inserzioni sono, in ordine di preferenza:v. succlavia , v. giugulare interna e v. femorale. Dopo linserzione del CVC si deve fare un RX del torace di controllo per vedere dove realmente si è posizionato il catetere. Per la facilità si preferisce la giugulare interna, ma la succlavia risulta migliore, perché i pazienti in Terapia Intensiva sono incubati e eventuali secrezioni salivari potrebbero contaminare il sito di inserzione oppure il paziente potrebbe muoversi e così bloccare il flusso. Le complicanze dell’incannulamento venoso centrale sono:

• PNEUMOTORACE (vena succlavia e giugulare); • EMOTORACE, cioè sanguinamento arterioso o venoso nella cavità pleurica; • EMATOMA cioè sanguinamento venoso o arterioso; • EMBOLIA GASSOSA, cioè l’ingresso di aria nel sistema venoso attraverso la cannula • TROMBOSI E/O INFEZIONE DELLA VENA CENTRALE.

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Tecnica per cutanea • Tecnica Seldinger • Ago per esplorazione, guida o filo

J, dilatatore, sistema catetere • Idealmente 2-3 cm sopra la

giunzione della vena cava superiore e dell’atrio

Siti più comuni

• Vena giugulare interna • Vena succlavia

Monitoraggio PVC/CVP

1. SISTEMA CON MANOMETRO AD ACQUA • Sistema completamente riempito di fluido • Manometro riempito di fluido rubinetto all’atrio sn

2. SISTEMA CON TRASDUTTORE Q DI PRESSIONE ELETTRICO, MONITOR, DISPLAY DIGITALE

Ricorda: la misurazione della CVP deve essere sempre effettuata col paziente in posizione supina!

Sistema con colonna ad acqua

Per misurarla in cm H2O si riempiono le vie(c) e l’asta(d) con la soluzione fisiologica(a) e si raccorda il deflussore(b) al lume del CVC, posizionando la persona in decubito supino e sospendendo l’infusione di soluzioni e/o farmaci, e si mette in comunicazione la flebo con il del CVC agendo sul rubinetto(e) ed effettuare un lavaggio con sol.fisiologica per non falsare il valore della PVC. Dopo aver rilevato il punto 0, viene fissata l’asta graduata ad un supporto (asta da flebo) e si pone il valore 0 della scala in corrispondenza del punto di riferimento anatomico.

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Per l’attendibilità dei valori è indispensabile determinare il punto 0 (zero) che corrisponde al quarto spazio intercostale sulla linea ascellare media e la persona deve essere in decubito supino. Agendo sul rubinetto si mette in comunicazione la colonna d’acqua con il lume del CVC: l’acqua inizierà a scendere più o meno velocemente fino a fermarsi a quello che è il valore di PVC espresso in cm H2O. Per l’attendibilità dei valori è indispensabile determinare il punto 0 (zero) che corrisponde al quarto spazio intercostale sulla linea ascellare media e la persona deve essere in decubito supino.

Valori normali La PVC è l’unico parametro emodinamico misurabile in mmHg (tramite il trasduttore collegato al monitor) o cmH2O (con l’asta graduata). Adulti → 0-8 mmHg (0-11 cmH2O) Fattore di conversione: 1 mmHg = 1.36 cmH2O 1 cmH2O = 0.78 mmHg Ricorda: La VM produce un aumento della CVP!

Interpretazione morfologica dell’onda di CVP La CVP è una misura della pressione in atrio dx, che riflette i cambiamenti nella pressione a fine diastole del ventricolo dx. Valuta la funzione cardiaca ed il volume ematico, ma attraverso l’interpretazione dei dati, non direttamente. La CVP è determinata dalla funzione del cuore dx e dalla pressione del sangue venoso in vena cava. L’onda della CVP rappresenta cambi nella pressione, non cambi nel volume.

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Mnemonico per l’onda della CVP: • “a” onda dovuta alla contrazione

atriale • “c” dovuta alla chiusura tricuspidale

e contrazione ventricolare • “v” dovuta al riempimento venoso

dell’atrio China x e y ?

• X: Collasso atriale dovuto alla sistole ventricolare

• Y: Collasso atriale diastolico (svuotamento degli atri).

Alterazioni della PVC CVP è elevata da:

• Iperidratazione che aumenta il ritorno venoso • Insufficicneza cardiaca o stenosi dell’arteria polmonare, che limita l’efflusso l efflusso

venoso e porta a congestione venosa • Respirazione a pressione positiva, sforzo

CVP si riduce con: • Shock ipovolemico da emorragia, shift di fluidi, disidratazione • Respirazione a pressione negativa che avviene quando il pz manifesta retrazione o

NNPV usata talvolta nelle lesioni spinali alte

Cure infermieristiche

• Preparazione e mantenimento del sistema riempito di fluidi • Raccolta e valutazione di dati • Cura del catetere e del sito • Prevenzione delle complicanze

Complicanze

• Infezioni nosocomiali

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o dalla cute o dai rubinetti

• Migrazione del catetere in avanti verso l’atrio dx o vetricolo dx • Irritazione endocardica –contrazioni ventricolari premature TV

• Possono essere intermittenti se il catetere è flottante liberamente in ventricolo, interruzioni del ritmo con movimenti o tosse

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CATETERISMO IN ARTERIA POLMONARE

Monitoraggio specialistico

CCH → in cardiochirurgia UTIC → in terapia intensiva cardiologica UTI → in terapia intensiva Intervento infermieristico per le seguenti DI/PC:

• Alterazione gittata cardiaca • Alterazione perfusione tissutale

Storia del cateterismo in arteria polmonare

• Uso clinico iniziato nel 1970 dai Drs. Swan and Ganz per quantificare la performance cardiaca mediante termodiluizione

• Altri metodi includono il Fick e l’uso di indocianina • Soggetto di grande controversia a metà degli anni ‘90

Principi di base

Esame fisico e CVP possono essere non accurati in alcune circostanze, sottostimando, l’ottimale pressioni di riempimento. Capire bene i principi garantisce un uso sicuro Preload → CVP Afterload → Cateterismo AP Contrattilità →

Perché il monitoraggio della CVP può essere inadeguato?

• È soggetta a molte influenze esterne quali le paw, in particolare se i polmoni non sono affetti

• La disfunzione miocardica e la perdita di compliance portano a sproporzionato aumento nella pressione col carico di volume

• Riflette poco gli eventi nel cuore sn nei pazienti molto malati

Indicazioni generali

• Chiarisce diagnosi equivoche

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• Guida la gestione farmacologica e non farmacologico. • Monitorizza la risposta alla terapia • Valuta il trasporto di ossigeno • Prognosi

Principali indicazioni per lo Swan-Ganz

• IMA • Insufficicneza ventricolare sn acuta • Shock • Tamponamento cardiaco • EP • ARF • Chirurgia cardiaca

Principi generali

In presenza di : • di valvole aortica e mitrale normali • ritorno venoso polmonare non ristretto • compliance LV relativamente normale, e • realtiva integrità dei setti,

…una continua colonna di sangue connette il lume distale del catetere con l’atrio. Con l’occlusione al flusso diretto in avanti, la pressione di incuneamento risultante riflette da vicino il LVEDV (Volume telediastolico del ventricolo sinistro) Valori diretti e indiretti di emodinamica ed ossigenazione possono essere ottenuti ntermittentemente o di continuo.

Dati dal PAC

• Misurazioni di pressioni dirette o CVP, pressione arteria polmonare continuamente o RV durante posizionamento, PAWP se necessario

• Valori emodinamici derivati • “Oxycalcs” derivati • Ossimetria continua dalla reflettanza • Campioni di sangue venoso misto dall’arteria dall arteria polmonare

Cardiac Output

Il metodo più comunemente utilizzato per misurare ripetutamente il Cardiac Output al letto del malato si basa sul principio della termodiluizione e consiste nell’iniettare rapidamente il atrio dx un bolo di soluzione fredda (5-10 ml di sol. fisiologica o glucosata isotonica a

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temperatura ambiente o di ghiaccio fondente; la soluzione fredda offre i migliori risultati in termini di rapporto segnale-rumore). Il bolo determina un abbassamento della temperatura del sangue, che viene rilevato come onda di raffreddamento dal termistore all’estremità del catetere in arteria polmonare. La morfologia di quest’onda dipende da fattori quali: gradiente termico fra temperatura del sangue e quella del bolo, quantità di liquido iniettato, flusso ematico; noti i primi due fattori, e le caratteristiche del catetere, un computer dedicato ricava dall’onda di raffreddamento il flusso/min in arteria polmonare. Il Cardiac Output è quel valore necessario per cui l’02 venga trasportato a tutto l’organismo e quindi una riduzione di tale valore provoca una riduzione del trasporto di 02 agli organi e ai tessuti. È determinato dalla frequenza cardiaca (HR) moltiplicata per la gittata sistolica (SV). Il Cardiac Output può esser calcolato usando l’equazione di Stewart-Hamilton:

CO = (V(Tb-Ti)K1K2)/(Tb(t)dt)

dove: CO = cardiac output, V = volume of injectate Tb = blood temperature Ti = injectate temperature K1 = catheter constant K2 Tb(t)dt = change in blood Tb(t)dt = change in blood temperature over a given time Il cardiac output viene indicizzato alla superficie corporea, indice cardiaco, che consente il confronto fra parametri rilevati in soggetti di stazza differente.

Resistenze vascolari

Le resistenze vascolari sistemiche (SVR) è una misura dell’afterload del LV ed è un importante determinate della performance del cuore sn. Le resistenze vascolari polmonari (PVR) è una misura del postcarico del RV

Il principio di Fick

• CO è uguale al consumo O2/differenza arterovenosa di O2 • Se la saturazione arteriosa è stabile

o Un ampia differenza AV di O2 indica basso CO ( con aumento estrazione) o Una stretta differenza AV indica alta gittata,ma può anche suggerire che il

paziente sia disossico ed incapace di estrarre l’O2.

SVR = (MAP – RAP) /CO X 79.9

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Calcoli ossimetrici

• Campioni sono ottimamente ottenuti dalla PA • Con un EGA, le variabili metaboliche come il trasporto di O2 ed il consumo possono

esser calcolate: DO2 = CO x Hb x 1.36 x SaO2 o DO2 = CO x CaO2 O CaO

• Consumo di ossigeno:

VO2 = CO x (CaO2 - CvO2)

Posizionamento del PAC

• Tecnica sterile; cambio guanti dopo posizionamento di introduttore prima di calibrare l’ossimetro e rimuovere il PAC dal pacchetto.

• L’ectopie ventricolari dovrebbero essere anticipate in tutti i pazienti. Carrello dell’emergenza ed antiaritmici (lidocaina) a portata di mano per pz a rischio più alto.

ABC del PAC’S Always Be Careful (True of any medical procedure, but PAC placement carries additional risks)

Tecniche base

Posizionamento di introduttore appropriato in vena giugulare, succlavia • Bambini <10 kg – 4F (5F sheath) • Bambini 10-18 kg – 5.5 oximetric (6F sheath) • Ragazzi >18 kg – 5.5 or 7.5 oximetric ( 6 or 8.5F sheath) • Ragazzi >40 kg – 7.5 or 8F continuous cardiac output oximetric catheter (9F sheath

for CCO)

Componenti base

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• Computer e display system • Catetere

o palloncino gonfiabile per permettere la direzione o lumi prossimali e distali (CVP and PA) o sonda ossimetrica a fibre otticche o trasduttore termico o spirale o port per infusione e elettrodi per pmk

Abbott oximetric PAC

Thermistor,Connector

PA (distal) Lumen

PA (distal)Lumen

Arrow��* introducer sheath with sideportand sleeve assembly

Ballooninflationport

Distal (PA)lumen hub

Proximal(RA)lumen hub

SVO2 OpticalConnector

Baxter Thermodilution PAC

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The balloon of a 7.5F catheter has a capacity of 1.5 mls. The 5.5F pediatric catheter has a 0.5 ml capacity. The pre-terminal thermistor can be seen at ~ 3-4 cms from the tip.

Procedura

Dopo la calibrazione, test del palloncino e azzeramento, il PAC è passato sgonfiato attraverso l’introduttore per cm, poi rigonfiato per passaggio nella circolazione centrale sotto continuo di monitoraggio dell’onda pressione.

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RA → RV → PA → PA(W)

Tecniche di inserimento del catetere di Swan-Ganz

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Normal Cardiac Hemodynamics(Adult)

Pressure Site Systolic pressure Diastolic pressure Mean pressure R atrium 0 – 8 mmHg R ventricle 5 - 30 mmHg 0 - 8 mmHg Pulmonary artery 15 - 30 mmHg 5 - 15 mmHg 10 - 18 mmHg Pulmonary art wedge 1 – 12 mmHg L ventricle 90 - 140 mmHg 2 – 12 mmHg Aorta 90 – 140 mmHg 60 - 90 mmHg 70 - 105 mmHg Fick CO CO CI Vascular resistence SVR PVR Valve area Aorta Mitral EF

3,5 – 8,5 L / min 2,5 – 4,5 L / min / m2 640 – 1200 dyne – sec – cm 45 – 120 dyne – sec – cm 2,0 – 3,0 cm2 4,0 – 6,0 cm2 40 – 60 %

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Pitfalls del metodo della termodiluizione

La variazione della temperatura nel tempo inversamente proporzionale alla CO, quindi: • Iniezioni lente o volumi troppo piccoli posso dare false CO elevate • L’iniettato che è più caldo di quello programmato dal computer risulterà in un CO

falsamente ridotto.

Complicanze

• Associate agli accessi vascolari • Rottura del pallone • Infarto embolia polmonare • Infarto • Perforazione della PA • Crisi ipertensiva polmonare • Aritmie • Avulsioni di strutture intracardiache • Trombosi o infezioni • Anafilassi da lattice nel catetere • Annodamento

Tecnica con siringhe

Open position Closed (safe) position

Abbott PAC

Baxter PAC

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Precauzioni generali

• Evita gonfiare pallocino >1.5 cc • Riempi gentilmente il pallone,lascia entrare il pallone passivamente poi chiudilo nella

posizione giusta; non lasciare mai aria o CO2 nella siringa. • Non entrare mai nel cuore o nella PA col palloncino sgonfio • Non tirare mai indietro il PAC col palloncino gonfio • Qualcuno deve sempre monitorare la comparsa di aritmie e prepararsi per trattare la

v-tach • Pazienti con miocarditi e disturbi elettrolitici possono + facilmente subire aritmie in

ogni momento, compreso la rimozione • Considera un catetere rivestito se si passa oltre I 10-15 il ventricolo • La migrazione del PAC attesa, con “overwedging” – con perdita di valori di pressione

sistolica/diastolica, specialmente il primo giorno • Ecocardiografia fluoroscopia, in alcuni casi, possono essere aggiunte al letto del

paziente per il posizionamento • Non intestarditi se hai problemi, interrompi prima di andare incontro a complicanze

gravi • Una volta in posizione il PAC, assicura introduttore e catetere (meglio medicazione

semipermeabile trasparente all’estremità distale, che funziona meglio) • Assicura il PAC attentamente con 1 loop per prevenire rimozione o dislocamento

accidentale, tieni presente il peso del termistore e dei connettori per la SVO2 • Posiziona l’otturatore nell’introduttore dopo la rimozione del PAC

Dressing/Securing PAC’S

Wrong – PA can easily be pulled back. Right - Always incorporate a into heart, causing dysrhythmia; exsanguination loop to minimize displacement patient movement; can occur via sideport if not locked; secured with luer-lock syringe. with secure sideport with luerlock syringe.