Il Sicomoro Aprile 2013 La Testimonianza

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«….pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1 Pt 3, 15) Periodico del Gruppo Esperienza Parrocchia Santa Teresa del Gesù Bambino Anno 17 - Aprile 2013 Via Eduardo Nicolardi - Napoli http://www.lesperienza.it/il-sicomoro/ C on il ritiro delle segreterie di Roma, Napoli e Di Teggiano è arrivato anche quest’anno il tempo in cui il Signore chiede alle nostre 3 comunità di fermarsi, mettersi in ascolto, fare verifica. All’inizio ero un po’ in ansia con la mente e con il cuore rivolti al Signore affinché ci donasse una Parola chiara sul nostro oggi, in cui mi sembrava avessimo perso di vista alcuni punti essenziali sull’appartenenza alla stessa storia: convocati da strade diverse per essere la chiesa “altra” che Gesù ci ha annunziato. La prima sera, per quel che ci sembrava un fatto pratico, gli incontri di preghiera sono stati invertiti, ed il messaggio era tutto centrato sul “cercare la volontà di Dio”. Come dice Francesco (il Manico!) “Il Signore è un professionista”: la Parola donataci dai fratelli di Roma infatti è stata Rm 12, 1-3, in cui Paolo esorta a stare insieme per confessare la stessa fede e confermarsi nella stessa storia. Ogni parola letta era la via da intraprendere, non senza fatica, nelle ore successive, ribadendo ciò che sembrava scontato: Dio non voleva creare comunità conformi ad un unico modello ma comunità diverse e vive che operassero nel loro “qui e ora” storico, che realizzassero la (Continua a pagina 2) di Lella Gallo IL RITIRO DELLE SEGRETERIE DI ROMA, NAPOLI E TEGGIANO Siate ferventi nello Spirito, servite il Signore” (Rm, 12, 11)

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Pronti a rendere ragione della Speranza

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«….pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1 Pt 3, 15)

Periodico del Gruppo Esperienza Parrocchia Santa Teresa del Gesù Bambino

Anno 17 - Aprile 2013 Via Eduardo Nicolardi - Napoli

http://www.lesperienza.it/il-sicomoro/

C on il ritiro delle

segreterie di Roma,

Napoli e Di Teggiano

è arrivato anche

quest’anno il tempo in cui il

Signore chiede alle nostre 3

comunità di fermarsi, mettersi in

ascolto, fare verifica. All’inizio

ero un po’ in ansia con la mente

e con il cuore rivolti al Signore

affinché ci donasse una Parola

chiara sul nostro oggi, in cui mi

sembrava avessimo perso di

vista alcuni punti essenziali

sull’appartenenza alla stessa

storia: convocati da strade

diverse per essere la chiesa

“altra” che Gesù ci ha

annunziato. La prima sera, per

quel che ci sembrava un fatto

pratico, gli incontri di preghiera

sono stati invertiti, ed il

messaggio era tutto centrato sul

“cercare la volontà di Dio”.

Come dice Francesco (il

Manico!) “Il Signore è un

professionista”: la

Parola donataci dai

fratelli di Roma infatti

è stata Rm 12, 1-3, in

cui Paolo esorta a stare insieme

per confessare la stessa fede e

confermarsi nella stessa storia.

Ogni parola letta era la via da

intraprendere, non senza fatica,

nelle ore successive, ribadendo

ciò che sembrava scontato: Dio

non voleva creare comunità

conformi ad un unico modello

ma comunità diverse e vive che

operassero nel loro “qui e ora”

storico, che realizzassero la

(Continua a pagina 2)

di Lella Gallo IL RITIRO DELLE SEGRETERIE DI ROMA, NAPOLI

E TEGGIANO

“Siate ferventi nello Spirito, servite il Signore” (Rm, 12, 11)

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Il Sicomoro - Aprile 2013 Pag. 2

propria vocazione secondo

carismi specifici lì dove sono

sorte, altrimenti cadrebbe la

necessità di Gesù di inviare i

suoi discepoli nel mondo a

creare comunità diverse …ne

sarebbe bastata una sola!

Ognuno di noi è chiesa, parte

attiva di un unico corpo che è

la sua comunità, ma possiamo

dire che ogni comunità è

membro di un unico corpo che è

la Chiesa universale, in cui la

linfa vitale la fede in Gesù

Cristo. Fabrizio ci diceva che

“un servizio va misurato sul

carisma, valutando che non sia

l’esigenza di un singolo ma

facendo serio discernimento sul

carisma comunitario”. La storia

che ci unisce, la nostra comune

vocazione, deve custodire

essenzialmente il kerigma, il

percorso formativo che ci

permette di conoscere Dio per

essere sempre più di Cristo e

incarnare lo stile evangelico.

Ognuna di queste dimensioni fa

parte di un tutto, ci rende

cristiani dopo l’incontro con il

Signore, ci guida alla santità;

nessuna di esse può prescindere

dalle altre o assolutizzarsi.

Diversi sono i carismi a cui

siamo chiamati ma bisogna

sempre vigilare che i carismi

specifici non soddisfino

l’aspetto antropologico a scapito

di quello teologico sfociando sul

fare e non sull’essere. Ciò che

non deve mancare per essere

forti nelle tribolazioni e

perseveranti nel seguire la

volontà di Dio è l’amore

fraterno, è il gareggiare nello

stimarci a vicenda. Il gareggiare

presuppone uno sforzo per

arrivare ad un traguardo che è

quello della comunione, della

custodia reciproca durante il

cammino, di non voler imporre

il carisma specifico a tutto il

corpo ma attraverso tutti i

carismi dare pienezza al corpo.

La giornata del sabato è trascorsa

nel rincontrarci in ciò che

sembrava volesse separarci: ed è

stato solo dopo questo confronto

che potevamo pregare sul passo

del vangelo proposto dai fratelli

di Teggiano: Mc 10, 46-52…

essere luce…quella vera…non

quella dei neon!!

Ho capito che come per Bartimeo

il ritiro è stato provvidenziale: il

luogo dove sostare con Gesù,

non ci siamo fatti fermare

dalla “folla delle nostre

certezze”, non abbiamo

avuto paura nel comunicarci

le diversità, i conflitti.

Bartimeo mi ha insegnato a

gridare: “Signore fa che io veda

di nuovo”…e subito vide di

nuovo, e seguiva Gesù lungo la

strada. Quest’uomo non era cieco

dalla nascita, e forse - come era

accaduto a lui – anche a noi era

successo che le logiche del

mondo, le nostre proiezioni sulla

comunità, sulla chiesa, e il

peccato che è sempre pronto ad

“incrostarci” gli occhi, non ci

facevano più vedere chiaramente

la sua via. Ma quando andiamo da

Gesù e con fede gli chiediamo di

guarirci, lui è sempre pronto. Il

ritiro si è concluso nel calore e

nella gioia dello spirito. Eravamo

pronti a proseguire “dietro Gesù”.

(Continua da pagina 1 - “Il ritiro delle segreterie” di Lella Gallo)

Se la fede ci fa essere credenti,

e la speranza ci fa essere credibili,

è solo la carità che ci fa essere creduti.

(“Essere creduti” di Don Tonino Bello)

Se io fossi un contemporaneo di Gesù, se fossi uno degli

Undici ai quali Gesù, nel giorno dell'Ascensione, ha

detto: "Lo Spirito santo verrà su di voi e riceverete da lui

la forza per essermi miei testimoni in Gerusalemme e in

tutta la Giudea, la Samaria e fino all'estremità della

terra" (At 1,8), nell'atto di congedarmi dai fratelli,

sapete cosa avrai preso con me? Innanzitutto il bastone

del pellegrino e poi la bisaccia del cercatore e nella

bisaccia metterei queste cinque cose: un ciottolo del lago;

un ciuffo d'erba del monte; un frustolo di pane, magari

di quello avanzato nelle dodici sporte nel giorno del

miracolo; una scheggia della croce; un calcinaccio del

sepolcro vuoto. E me ne andrei così per le strade del

mondo, col carico di questi simboli intensi, non tanto

come souvenir della mia esperienza con Cristo, quanto

come segnalatori di un rapporto nuovo da instaurare con

tutti gli abitanti, non solo della Giudea e della Samaria,

non solo dell'Europa, ma di tutto il mondo: fino agli

estremi confini della terra. Ecco, io prenderei queste

cose. Ma anche il credente che voglia obbedire al

comando missionario di Gesù dovrebbe prendere con sé

queste stesse cose.

(“La bisaccia del cercatore” di Don Tonino Bello)

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R ingrazio il Signore per tutto, non solo perché

sto qua (alla 40° Esperienza) ma lo ringrazio

perché mi ha cambiato la vita, sicuramente al

positivo, e perciò sto qua per conoscerlo

meglio...volevo conoscere cioè l’uomo che mi ha

cambiato la vita...E’ stata davvero una bella esperienza:

ho imparato tante cose, ma la cosa più importante che

ho capito è che Dio sta vicino a noi ...ma dobbiamo

cercarlo nel profondo di noi stessi! Noi dobbiamo

andare avanti e guardare sempre il lato positivo delle

cose, della vita, in qualsiasi priva in cui dovessimo

trovarci….. Ho imparato poi che ogni cosa che ci

accade, avviene per una ragione, nulla succede per

caso, e se Dio non ci concede ciò che chiediamo

sicuramente Egli ci darà la cosa migliore per noi perché

solo Lui sa cosa è il meglio per noi! In questa

esperienza ho sentito e ho visto il mio brutto passato,

ma questo mio passato è passato e non voglio in alcun

modo farlo tornare più! Perché da questa esperienza

che ho vissuto devo cominciare a guardare e andare

avanti sempre con l’aiuto del Signore. Non voglio

ringraziare voi tutti, ma desidero ringraziare il Signore

perché mi ha consentito di conoscervi, e di conoscere

meglio anche Lui.

IL MIO RINGRAZIAMENTO

...Dio sta vicino a noi!

I n principio ero un piccolo granello di sabbia in un

oceano sconosciuto, un piccolo germoglio non

ancora sbocciato…Gesù di Nazareth si è rivelato!

È con me …. è

dentro di me

con amore! Ho un lungo cammino da percorrere, e

sono...anzi, spero di essere pronta ad iniziare con amore,

insieme ai miei fratelli e alle mie sorelle questo

cammino. Preparatevi a su-sopportarmi!!!

PREPARATEVI A SUPPORTARMI

...insieme ai miei fratelli e alle mie sorelle

di Farid Talhami

H o fatto la scelta giusta ma di questo ne ero

consapevole prima di venire qui! Negli ultimi

anni avevo dimenticato cosa fosse l’amore,

un abbraccio ...cose di cui ho sempre avuto enorme

bisogno. Ma la cosa di cui avevo bisogno davvero, e che

avevo perso di vista, era dare amore. Ero arrabbiata con

il mondo intero. Ora invece ho aperto il mio cuore ed ho

trovato mille cuori

aperti, ma la cosa straordinaria è che il mio cuore si è

aperto a Cristo, ed un’onda d’amore mi ha travolto!

Spero e credo che questa onda d’amore non mi lasci mai,

e Dio farà l’impossibile perché ciò non accada. Con tutta

me stessa voglio donare questa bellezza di tutto questo a

quanti mi sono vicini, e con un po’ di forza in più anche

a quelli che non lo sono.

Finalmente dopo 55 anni di vita sto imparando piano

piano a pregare.

MILLE CUORI APERTI

...un onda d’amore mi ha travolto!

di Eleonora Marino

“E come potranno

credere, senza averne

sentito parlare?

E come potranno

sentirne parlare senza

uno che lo annunzi? E

come lo annunzieranno,

senza essere prima

inviati?”

(Romani 10, 14-15)

di Roberta Virtuosi

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N on so da dove cominciare

….per me questi giorni

trascorsi alla 40° Esperienza

sono stati una vera e propria bomba ad

orologeria che mi è esplosa proprio nel

cuore, e che forse ha fatto sì che questo

mio cuore ritornasse a battere forte. Mi

ero chiuso a riccio…, scottato dalla

vita...Mia madre mi ripete sempre che

sono arrabbiato con l’intero mondo...e

quelle parole non fanno che ferirmi ogni

volta! Tutto quello che vorrei è solo un

po’ più di affetto … Ho partecipato

all’Esperienza e credo non “per caso”,

perché il mio assenso

alla partecipazione è stato troppo facile

ed immediato! Oggi è il terzo giorno

dell’esperienza, e sento che il Signore ha

portato in me la Pace...mi sento ...non so

spiegarlo...come se fossi “svuotato”, con

un grande nodo in gola. Riassumere le

sensazioni provate in questi 3 giorni è

davvero difficile: ma forse una cosa mi

ha segnato in particolar modo! Nel corso

della giornata di Sabato (il 2° giorno

ndr), dopo tanti mesi o forse qualche

anno, ho partecipato alla Cena del

Signore! Mentre ero in fila mi ripetevo: “

Signore, come ho fatto ad allontanarmi

da Te! Non merito di stare qui,

alla Tua Cena!”. Poi, quando

Padre Fabrizio mi ha detto

“Fabio, il Corpo e il Sangue di Cristo”

mi sono sentito disorientato, ma subito

quel nodo alla gola si è sciolto in lacrime

e ho sentito una grande serenità e pace.

Oggi poi, dopo le testimonianze sulla

bellezza dello stare insieme e nel vedere

immagini e foto di persone felici perché

si amano l’un l’altro, mi sono detto forte:

“Cosa mi sono perso!” Forse da oggi il

mio modo di vedere la vita è cambiato:

se Dio mi ha perdonato io devo fare la

medesima cosa con le persone che mi

hanno ferito...sì, forse è il perdono il mio

più grande limite. Oggi mi sento

veramente libero e felice!

S ono stati 3 giorni davvero intensi.

Ho sempre avuto fede, ed anche

quando circa 9 mesi fa il mio

piccolo mondo ovattato mi è crollato

sotto i piedi, la mia è stata una sofferenza

d’amore, una sofferenza per problemi di

cuore. Ho pianto, e credevo di aver

superato la fase della tristezza. Ma non

era così! In

questo

percorso ho

sentito varie testimonianze di vita, ed

ognuna è diventata parte di me. Mi è

stato chiesto di essere come un chicco di

grano che solo morendo produce

frutto…. L’ultimo giorno di questa

esperienza sono arrivata a comprendere il

vero significato di questa frase….e ora

voglio morire per risorgere nell’Amore

di

Cristo! Spero di avere al mio fianco,

presto, qualcuno che mi ami e sia

disposto ad essere mio compagno di vita.

Ho paura della solitudine, ma ho la

consapevolezza - oggi - di non essere più

sola: voglio Dio parte attiva nella mia

vita!

UNA BOMBA AD OROLOGERIA

Oggi mi sento libero e felice! di Fabio Spurio

COME UN CHICCO DI GRANO

Morire e risorgere all’Amore di Cristo

M i è difficile descrivere i

sentimenti che in questi

giorni sono sorti in me. Ho

riscoperto un Dio che è al mio fianco,

che è sempre dalla mia parte anche se io

l’ho tralasciato. Ho ricoperto l’altro che

dona nonostante esista un mondo che sa

solo prendere, ed ho stretto a me persone

sconosciute che in 3 giorni sono

diventati miei fratelli. Ho scoperto una

“chiesa” senza automatismi, ma con

gesti, memorie che portano a Dio. Per

anni da ragazzo ho partecipato

all’adorazione, ma per la prima volta in

questi giorni ho capito chi adoravo e

perché adoravo, e ho ringraziato Dio…

la mia esperienza è iniziata con il

sorteggio del mio compagno di stanza, e

lì in quel momento ho capito che ero al

posto giusto per capire le cose giuste.

Dopo tanti anni ho scoperto la

confessione che mancava da 10 anni

perché nessuno sapeva dare senso a

questo sacramento. Ma Lui, dopo 10

anni di attesa ci è riuscito. In questi

giorni il Signore con la sua equipe ha

dissodato, arato e “riseminato” la mia

fede, ora con il suo aiuto spero di farla

germinare.

DIO AL MIO FIANCO

Far germinare la mia fede...

Q uesta esperienza mi è servita

tantissimo. Non nascondo il mio

scetticismo appena arrivato, io

che ho sempre avuto una visione un po’

difficile della fede in Dio, che ho sempre

creduto a modo mio, che pregavo e

chiedevo aiuto a Dio solo nel

momento del bisogno. Oggi grazie a

questa esperienza ho avuto il piacere di

conoscere tanti fratelli, di aprirmi a loro,

di condividere le loro esperienze.

Finalmente posso dire che oggi Gesù è

entrato nella mia vita per restarci per

sempre, ora ne ho bisogno sempre, anche

nelle cose più semplici, quindi un grazie

vorrei dirlo a Dio.

IL MIO GRAZIE A DIO

Dio nella mia vita

di Giorgio Formisano

di Simone Maglione

di Paola Annuale

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Il Sicomoro - Aprile 2013 Pag. 5

I n questi 3 giorni ho provato

tanto...troppo! Uno stato di grande

confusione e smarrimento dove mi

sono posta domande nuove mai prese in

considerazione: “Dove mi trovo?”…

Ecco, questa è una domanda che non mi

sono mai posta in vita mia, fino a

venerdì 2/11/2012...la risposta ancora

non l’ho trovata! Ma spero che un

giorno riuscirò a darmi la giusta

collocazione, quella scelta dal Signore

per me. Poi senza controllo ho cercato di

donarmi, dando una piccola parte di me

(cosa che non credevo assolutamente

possibile), mi sono raccontata o per lo

meno ho cercato di

condividere un pezzo

importante della mia vita

con questi nuovi compagni, che oggi

voglio chiamare fratelli. Non avrei mai

creduto di poterlo fare un giorno,

aprirmi a degli estranei, a persone che

non conoscevo, eppure ho trovato dentro

di me la voglia e la volontà di farlo, il

coraggio. Poi sabato una catastrofe! Ho

pianto quasi tutto il giorno ma ne è valsa

la pena...durante l’Eucaristia, le

emozioni hanno toccato il massimo,

sono state immense, indescrivibili...lì ho

sentito l’amore, l’amore di Cristo,

proprio nel momento in cui tutti mi

hanno abbracciata, lì mi sono sentita

amata! Amata da tutti! Che sensazione

indescrivibile e forte! Questa esperienza

mi sta cambiando la vita, avrei ancora

altro da dire, altre sensazioni, altri miei

pensieri da raccontare ma questo foglio

non basterebbe! Oggi, una prima scelta

“libera” l’ho presa… voglio, vorrei,

continuare questo cammino,

avvicinandomi alla comunità dove ho

amici carissimi che mi hanno invitata a

vivere questi 3 giorni con voi. Voglio

continuare a percorrere questa strada

verso il Signore. Vi abbraccio.

OGGI VI CHIAMO FRATELLI

Per condividere un pezzo di me!

U na marea di emozioni mi

assalgono. Mi sento in una

dimensione che non avevo mai

provato prima e questo mi paralizza...ma

fa un po’ paura perché tutte le cose

nuove fanno un po’ paura….

Fuori piove, a me la pioggia mette

sempre tristezza ed invece oggi godo di

una gioia infinita, un sentimento che non

avevo mai provato fino ad ora, non che

non avessi mai gioito ma questo è

certamente un sentimento diverso, a me

del tutto nuovo!

Penso che solo l’amore di Dio è capace

di tutto ciò, un amore che è stato capace

di unire persone che fino a qualche

giorno fa non si conoscevano, ognuno

con la sua immensità! Un amore che ci

ha uniti tutti in un abbraccio ...il più

bell’abbraccio che io abbia mai sentito,

perché fatto dalla unione di tanti abbracci

più piccoli.

Se poi mi fermo a pensare a come sono

arrivata alla Esperienza, a questa 40°

Esperienza, allora davvero non posso

non pensare che Dio esiste e che è qui,

vicino a me anche se spesso ho dubitato

della sua presenza.

Spero di cuore che questo abbraccio

continui per sempre.

di Francesca Fioretti L’AMORE DI DIO

Un amore che ci unisce tutti in un abbraccio

di Valentina Rho

T estimoniare la vita di Gesù con

la propria vita non è un gioco da

ragazzi, e non nel senso di età

(anzi! quanti esempi giovani di

Uomini di Dio ho incontrato, e continuo

ad incontrare in Comunità!), ma nel

senso che non ci sono regole che una

volta imparate ti consentono di fare la tua

parte. Certamente, è importante imparare

la dottrina, ma il mio cuore mi sussurra

con forza che testimoniare, “rendere

ragione della Speranza che è in noi”,

vuol dire altro! È come quel raggio di

sole che dopo la notte desta il girasole e

gli indica la luce; come il primo volo

degli uccelli, un lancio nel vuoto che

nasce dal sapere che quel dono è innato

dentro di sé, e dallo sguardo che ammira

gli altri fratelli che davanti a te volano

alto… Testimoniare con la vita è come

quell’attimo prima che l’uccello prenda il

volo, in cui senti che non puoi fare a

meno di dare conto alla tua natura, al tuo

essere figlio, ad un Uomo che ha donato

la sua vita per noi. Scatta una scelta. Una

scelta di Amore... le braccia sono aperte

verso il cielo... si vola! Dall’altro lato,

consapevolmente o meno (il più delle

volte per me), si può trovar riparo

dall’Amore di Gesù aprendo l’ombrello

“del mondo che così va”, che da tutto

ripara, fornisce ragioni, giustificazioni fai

-da-te e accomodamenti “usa e getta”. Ci

si mette al riparo da una esperienza che

oggi mi ha cambiato la vita... quella di

accettare di essere bagnati del suo

Amore, gettare gli ombrelli delle varie

occasioni, e camminare lungo la strada

(Continua a pagina 6)

“RENDERE RAGIONE DELLA SPERANZA CHE È IN NOI”

Come un lancio nel vuoto...

di Antonio Scarpati

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Il Sicomoro - Aprile 2013 Pag. 6

La mia vita è sempre stata segnata, negli

eventi e nelle date, da un susseguirsi di

coincidenze alle quali, con il tempo, ho

imparato a non dare più importanza;

quella stessa vita che sin dal mattino da

quando è iniziato il mio turno di guardia

mi è ripiombata addosso con gli impegni

e le vicissitudini di sempre.

All’arrivo sul posto di lavoro ad

attendermi dinanzi la porta c’era un

anziano sacerdote. «Caspita» mi sono

detto «incominciamo bene!!»

Ho chiesto: «Don, come va? Tutto

bene?» «Eh no!» mi ha risposto ...«sono

venuto perché vi devo confessare una

cosa».

Dopo essermi guardato intorno per

accertarmi di non essere vittima di una

candid camera, l'ho invitato ad entrare, e

nella privacy dell’ambulatorio gli ho

chiesto cosa avesse. «Sapete» mi dice

«ho un peso, un’angoscia dentro, poiché

è morta Rita Levi Montalcini a 103

anni».

E dalla mia bocca, anziché le

solite frasi fatte del tipo

“Questa è la vita, la morte ci

appartiene“ ecc.ecc., sono uscite queste

parole di conforto: «Non vi angosciate,

pensate invece che per tanto tempo è

stata lo strumento dello Spirito Santo per

rendere migliore la vita di tutti, una

persona che ha rinunciato ad essere

donna, sposa e madre, per aiutare con la

ricerca il prossimo».

Mi ha risposto: «E’ vero, non ci avevo

pensato» e dunque tranquillizzatosi,

siamo rimasti a fare due chiacchiere.

La mia seconda visita è stata a domicilio

di un’anziana, depressa per la tristezza

con cui aveva e stava trascorrendo questi

giorni di festa. Dopo i soliti controlli

clinici di routine, sul tavolo noto

un’immagine di Madre Teresa di

Calcutta, che quasi mi invita a leggere un

suo pensiero stampato sul retro.

La signora mi dice «Dottò, allora che mi

segnate?... nel frattempo vi preparo un

caffè?»

Replicai: «No grazie, ma avrei piacere di

leggere insieme questo pensiero di

Madre Teresa», che cosi recitava: “Fate

che chiunque venga a voi se ne vada

sentendosi meglio e più felice. Tutti

devono vedere la bontà del vostro viso

nei vostri occhi, nel vostro sorriso. La

gioia traspare dagli occhi, si manifesta

quando parliamo e camminiamo. Non

può essere racchiusa dentro di noi,

trabocca. Ogni opera d’amore fatta con

il cuore avvicina a Dio.”

E anche la signora aveva capito che la

medicina di cui aveva bisogno era un

semplice sorriso. Sono andato via

ripensando all’ennesima coincidenza e

svoltato l’angolo della casa, dinanzi ad

un supermercato, un mendicante

chiedendomi elemosina mi dice: «Ti

prego fai che siano felici anche per me

questi giorni». Dopo avergli donato

alcune monete, guardando in cielo ho

detto ad alta voce, tra lo sguardo confuso

e sbigottito del poverino: «Eh no…

quando è troppo è troppo…».

IL MIO QUARTO GIORNO

Quando è troppo è troppo!

di Luigi Coronoto

con una dolce sensazione: sentire che la

Sua mano è sempre sul mio capo, non

tanto vicino da accarezzare i capelli, non

tanto lontano da non proteggermi, intrisa

di Amore come quello racchiuso in una

carezza invisibile che fa piegare, ad

occhi chiusi, il capo dell’amato verso

essa.

Per me testimoniare la vita di Gesù vuol

dire allora essere al servizio dell’Amore,

con un tenero sguardo nel fare

quotidiano che partendo dall’anima

scuote l’agire con un slancio premuroso

verso l’altro, che non guarda un

abbraccio nello specchio, che batte il

tempo della vita con un cuore vivo e non

con le lancette dell’orologio, dell’attesa

di una qualche aspettativa... Non per

cinismo!... Ma per il coraggio di credere

nell’amore oltre ogni logica, oltre sé

stessi, oltre ogni utilità davanti a Colui

che ha portato con sé le mie “passioni”

umane su quella croce, sacrificando la

sua vita per la vita stessa, per la mia vita

già intravista oltre 2.000 anni fa. Come

fare tutto ciò lo ha suggerito ancora il

Papa Emerito Benedetto XVI all’ultima

udienza generale ricordando ”che uno

riceve la vita proprio quando la dona”.

Come la vedova di Luca 12, 41-44: «E

sedutosi di fronte al tesoro, osservava

come la folla gettava monete nel tesoro.

E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma

venuta una povera vedova vi gettò due

spiccioli, cioè un quattrino. Allora,

chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In

verità vi dico: questa vedova ha gettato

nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché

tutti hanno dato del loro superfluo, essa

invece, nella sua povertà, vi ha messo

tutto quello che aveva, tutto quanto

aveva per vivere». Un servizio che si

testimonia con il dono di sé, della

propria vita, una sola semplice moneta

(neanche due!), non preoccupandosi se

silenziosa, se non rimbomba nella

cassetta delle elemosine dinanzi al

tempio, nonostante l’ostinata assurdità di

un mondo che spesso ci vuol far credere

che non è così che va e che, come canta

Ligabue, “Non è tempo per noi e forse

non lo sarà mai”. È in quel “forse” che

piazzo la mia vita con l’aiuto del

Signore, e che apro la finestra della

speranza dell’Amore sforzandomi di

donarla, e rispondendo alla domanda

«Perché lo fai?» con «Solo per Amore».

(Continua da pagina 5 - “Rendere ragione della Speranza” di Antonio

Scarpati)

Page 7: Il Sicomoro Aprile 2013 La Testimonianza

Il Sicomoro - Aprile 2013 Pag. 7

L’Esperienza non si scorda mai, un po’ come il primo amore. Ed è quest’ultima parola che userei per descriverla. Ma andiamo con ordine.

Il mio cammino di fede è iniziato con le catechesi settimanali di preparazione alla Prima Comunione: ricordo quegli anni con immensa gioia! Il campetto vicino la chiesa era un’oasi di felicità, fatta di giochi e i sorrisi dei tanti bambini come me riempivano il mio cuore, colmando il senso di profonda solitudine derivato dall’essere figlia unica.

Ma poi l’impegno, sempre crescente, della scuola e l’inizio di un’attività sportiva a livello agonistico, mi hanno progressivamente allontanato dalla Chiesa.

Conosco Silvana (Coco ndr) da oltre vent’anni e considerando che ne ho ventisette, mi sembra un’eternità! Siamo cresciute insieme, volendoci un gran bene, legato forse più agli anni che abbiamo trascorso a tre piani di distanza all’interno dello stesso palazzo che ad una reale condivisione della quotidianità, col tempo andata scemando. Nonostante questo, posso ricordare con estrema lucidità di averla avuta al mio fianco, e così la sua famiglia, ogni qualvolta mi sono trovata in difficoltà.

Ho deciso che pochi giorni dopo la laurea sarei partita per l’Australia per rimanerci sei mesi. È stata una decisione importante, perché non chiedendo nessun aiuto di tipo economico, avrei finalmente dimostrato di sapermela cavare da sola, di essere cresciuta. Di “investire” i risparmi di anni faticosi di studio e lavoro.

Evidentemente era una pretesa troppo grande da parte mia, perché la sorpresa che mi hanno regalato i miei genitori ha distrutto la mia aspettativa, facendomi desiderare, in un certo senso, di tornare bambina.

Il giorno della mia laurea non ho fatto un solo sorriso. Sentivo che sarebbe stata l’ultima grande occasione in cui li avrei visti insieme. E così è stato. Sono partita per la “grande

avventura” salutando la mia famiglia. Imperfetta, ma pur sempre famiglia.

Mio padre è andato via di casa dopo un mese esatto dalla partenza. Iniziava un lungo periodo di sofferenza.

Mia madre riversava addosso a me il suo dolore, che ha trovato il suo culmine nella frase, ripetuta più volte: “Se papà è andato via, è per colpa tua”. Era un modo sbagliato di amarmi e di farmi capire che per lei c’ero solo io?!? Di contro, io ero sempre pronta ad assorbire tutti i suoi sbalzi d’umore come una spugna.

Fin quando ho iniziato ad usare l’egoismo come arma per non soffrire. E l’egoismo mi ha portata a rifiutare la sua depressione e a dirle che la consideravo un’estranea. Ero incapace di aiutarla. Chi avrebbe aiutato me? Avevo solo rabbia dentro. Forme sbagliate di amore, di due persone sofferenti, per niente in grado di farsi forza vicendevolmente.

In questi anni le persone che amavo (tutte, senza eccezioni) si sono allontanate. O è stata colpa mia? In fondo, dicendo la verità, avevo fatto andare via mio padre, forse stavo facendo lo stesso con tutti gli altri.

Quell’orrenda frase detta da mia madre mi ha portato a chiudermi in me stessa, in un guscio di falsi assensi e con una paura crescente di esprimere le mie opinioni agli altri,

per timore che scappassero via da me.

Mi è sempre piaciuta l’immagine del bruco che diventa farfalla: ecco, mi sentivo una farfalla, ma con le ali di ghiaccio, incapace di volare.

Nella separazione di due genitori cos’è che per un figlio pesa maggiormente: i lunghi anni di litigi, il gesto in sé o le conseguenze che ne derivano?

Non potendo condividere quel peso con qualcuno che, avendolo vissuto

con me, potesse capirlo a pieno, mi vedevo condannata a portarmelo dietro, sempre più insostenibile.

Ho iniziato ad avere problemi di salute, probabilmente un modo di attirare l’attenzione dei miei genitori, e allo stesso tempo rifiutare la realtà che vivevo.

Avevo deciso di cedere, di lasciarmi andare, di arrendermi alla pretesa di un controllo giudicato fino a quel momento infallibile, ma che non lo era affatto. Se non mi amavano i miei genitori, come avrei potuto amarmi e amare qualcuno? Ma soprattutto, mi avrebbe mai amato qualcuno?

È esattamente così che mi sentivo lo scorso anno, convinta più che mai che in fin dei conti tutti siamo e

saremo sempre soli, con tante, troppe domande in testa e poca voglia di riavvicinarmi ad una fede che ero convinta non facesse più parte di me.

Quello di Silvana non è stato un invito a partecipare all’Esperienza, quanto una forma di “ricatto”.: in ballo c’era la partecipazione al suo matrimonio, pochi mesi dopo. Non avevo nulla da perdere; di contro, tre giorni fuori casa!

Non so se sono in grado di spiegare

cosa abbia provato durante quei tre

giorni, ma di certo si è trattato di

emozioni forti e allo stesso tempo

fortemente contrastanti. L’entusiasmo

iniziale dovuto alla curiosità e

all’energia dei ragazzi che mi hanno

accolta è durato poco: ho lasciato

(Continua a pagina 8)

Durante il III secolo, Cipriano, futuro vescovo di Cartagine, scriveva ad un

amico:

«Questo mondo è malvagio, Donato,

incredibilmente malvagio. Ma vi ho

trovato delle persone tranquille e sante

che hanno scoperto un grande segreto.

Hanno trovato una gioia mille volte più

grande di tutti i piaceri di una vita di

peccato. Esse sono disprezzate e

perseguitate, ma ciò non li scoraggia.

Queste persone, Donato, sono i

cristiani... e ormai ne faccio parte».

L’ESPERIENZA NON SI SCORDA MAI!

...non sono più figlia unica, ma parte di una fratellanza di cui ringrazio Dio

di Michela Piraino

Page 8: Il Sicomoro Aprile 2013 La Testimonianza

Il Sicomoro - Aprile 2013 Pag. 8

Gesù, entrato in Gerico, attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse

Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. Allora corse in avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro,

poiché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo. Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a

casa tua». In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. (Lc 19, 1-6)

Il sicomoro è l’albero su cui sale Zaccheo; è ciò che gli permette di vedere oltre il proprio punto di vista e i propri limiti,

e di lasciarsi “guardare” e scegliere da Gesù.

Perché testimoniare Cristo?

Perché è vero, e ne siamo certi, che affrontare la vita nella memoria continua dell’incontro con

Cristo è più intelligente, è più gioioso….in una parola: è più umano!!

Tratto dalla catechesi del Cardinale Carlo Caffarra alla GMG di Madrid del 19 agosto 2011

che ad esso si sostituisse presto il

più familiare senso di esclusione e

vittimismo. Ero quasi invidiosa di

vedere quell’amore fraterno. Ce n’era

troppo per chi, come me, non lo

meritava.

Così rabbia e invidia hanno formato

la miscela esplosiva che il terzo

giorno ha spezzato la mia rigidità.

Ho pianto di rabbia, di invidia e

ancora di rabbia. Ma c’era qualcosa

di sorprendentemente diverso dal

solito: mi sono lasciata andare

davanti a tutti, aprendo un

impercettibile spiraglio del mio cuore

blindato ormai da anni. Ero sicura

che il pianto avrebbe portato le

persone intorno a me a giudicarmi e

a scappare dalla mia debolezza, ma

non potevo fare a meno di darne

sfogo.

Inaspettatamente, l’effetto è stato

contrario: tutti si sono stretti a me, ad

asciugare quelle lacrime, che sono

diventate di gioia.

Durante la messa del terzo giorno ho

capito che il pianto è servito ad

accettare le mie debolezze, e, nel

momento in cui ho perdonato me

stessa, ho sentito la vicinanza del

Signore attraverso gli abbracci

rassicuranti dei fratelli, che con il loro

calore hanno scongelato le ali di

quella farfalla non più capace di

volare. Non ero più figlia unica, ma

parte di una fratellanza di cui

ringrazio Dio ogni giorno, da allora.

Il mio quarto giorno è iniziato da poco

più di un anno, con lo scetticismo che

dimostro inevitabilmente nei confronti

delle cose nuove, quasi a voler

comprovare di aver avuto ragione

quando all’invito che mi è stato fatto

ho risposto “non fa per me!”. Solo a

distanza di mesi ho compreso

appieno il dono che mi è stato fatto

dal Signore, che ha messo accanto a

me un angelo di nome Silvana. La

sua ostinazione altro non era che

premura nel sincerarsi che una volta

cambiata casa, ci fosse un legame

profondo e solido ad unirci per

sempre.

Con l’amore riconquistato e la gioia

contagiosa dei fratelli ho portato

avanti il cammino di equipe, che ha

condotto alla IX Esperienza di Roma.

Non è stato sempre facile mantenere

l’impegno preso e debellare la

stanchezza, ma mai quanto in questi

mesi ho capito che ogni fratello ha la

propria croce da portare, e nel

condividerne ciò che questo

comporta, ciascuno di noi è chiamato

con responsabilità a farsene carico in

piccola parte, rendendogli meno

arduo il cammino.

Il senso comunitario è venuto fuori

con forza durante l’adorazione,

quando le numerose candele accese

davanti all’altare mi sono apparse

come tutti noi, stretti in Cristo e

animati da un fuoco vivo e

costantemente acceso.

Ho faticato molto a capire come mai

fossi stata chiamata a far parte

dell’equipe della IX Esperienza di

Roma: ho convissuto per tre giorni

con un senso di inadeguatezza al

ruolo, ma di nuovo, durante la messa

del terzo giorno, il Signore si è

manifestato attraverso gli occhi dei

nuovi ragazzi, verso i quali ho sentito

forte il senso di responsabilità. Io, un

anno prima scettica, ero lì a

testimoniare quanto amore è pronto a

riservarci il Signore, nonostante le

imperfezioni e in modo del tutto

incondizionato.

Ho capito, attraverso la parabola del

figliol prodigo, di aver provato ad

allontanare mia madre e mio padre,

escludendoli dalla mia vita, volendo a

tutti i costi crescere; ma crescere non

vuol dire questo, quanto piuttosto

fare i conti con le proprie debolezze e

quelle dei genitori, riuscendo ad

accettare di avere ancora bisogno di

loro.

Su un libro ho letto che “molto

spesso, ciò che blocca l’azione della

grazia divina nei nostri cuori non

sono poi tanto i nostri peccati o i

nostri errori, quanto piuttosto la

mancanza di assenso alla nostra

debolezza. […] Per ‘liberare’ la grazia

nella nostra vita e permettere dei

cambiamenti profondi e spettacolari a

volte basterebbe semplicemente dire

“sì” – un sì ispirato alla dalla fiducia in

Dio – ad aspetti della nostra

esistenza verso i quali abbiamo una

posizione di rifiuto interiore”.

Io ho detto “sì” grazie all’Esperienza,

cercando ogni giorno, come ha detto

qualcuno, di rendere le cose

ordinarie in maniera straordinaria,

non dimenticando mai che i “se” sono

il marchio dei falliti, e che nella vita si

diventa grandi con i “nonostante”.

Non dimenticando quindi, nonostante

tutto, la meraviglia di esserci!

(Continua da pagina 7 - Articolo di Michela Piraino della Comunità di

Roma)