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Il settingIl setting (to set significa installare, fissare, sistemare) è definibile come un insieme di norme volte al sostegno di operazioni psicologico-cliniche (psicodiagnostica, psicoterapia) in modo tale da conservarne e garantirne la specificità, come una cornice che delimita la relazione (Saraceni e Montesarchio, 1988).Può essere inteso come:

- “cornice statica” idonea in termini di “oggettività” all’applicazione della tecnica per una relazione neutra e asettica (es.psicometria)

- insieme di condizioni materiali e mentali e processo esso stesso, luogo dove la relazione può essere analizzata

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Set e setting

•Il set comprende il contesto di ambientazione: luogo, periodicità, durata, relazioni che si incontrano, modalità di pagamento; i fattori contrasttuali e le regole che delimitano ed esplicitano la relazione

• Il setting è fondato sulla teoria di riferimento con cui lo psicologo struttura il set

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I quattro parametri del setting

•Il dove•Il quando•Il quanto•Il come

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Setting come fatto e come metodo

•Prassi che applicano rigidamente il set indifferentemente dal contesto e dalle domande cui rispondono (condizioni adeguate all’attuazione delle operazioni “tecniche” a prescindere dal cliente)

•Prassi che progettano setting adeguati ai contesti (riflessione sul modo di reagire e sui comportamenti del cliente)

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Il duplice livello delle costanti del setting

•Reale, manifesto, visibile: fatto di tempi, luoghi, costi

•Simbolico, mentale: riferimento all’uso che il cliente fa del tempo e dello spazio e alla proposta di nuna riflessione dello psicologo su tutto questo

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Il setting nel modello psicoanalitico• Il setting è l’elemento stabile che ha la funzione

di ridurre al minimo le interferenze sul lavoro analitico

• E’ uno scenario dato a priori, contrapposto alla dinamicità del processo che contiene, che solo in caso di violazioni agite dal paziente diventerà oggetto di pensieri

• I vissuti e le reazioni emozionali dell’analista sono fattori di disturbo (analista come schermo bianco)

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Il setting nella prospettiva costruttivista

• Nel costruttivismo radicale il terapeuta non può usare criteri validi per valutare la narrazione del paziente in termini di realtà

• L’obiettivo diventa quello di comprendere la logica complessiva propria e peculiare di quella specifica persona interrogandosi in particolare su cosa le renda difficile mantenere un proprio equilibrio sistemico e raggiungere i propri obiettivi di vita

• Tutto ciò determina necessariamente un cambiamento dell’atteggiamento del terapeuta nei confronti delle problematiche del paziente e del suo modo di proporsi nel setting

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Il senso del setting• Il rispetto del setting permette che la relazione

resti sempre affidabile e sicura mantenendosi al contempo aperta al movimento ed al cambiamento. In questo senso, il setting svolge una funzione di tutela del paziente ma anche del ruolo professionale del terapeuta

• “Il setting vale? È un pezzo di vita vera?” “Il setting vale, eccome. È un pezzo di vita vera. Ma un pezzo di vita in condizioni particolari” (Cionini, 1997); “è una relazione reale come tutte le relazioni umane, anzi è una relazione abbastanza specifica e caratteristica tra le relazioni umane”. (Guidano, 2007)

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Lo scenario del setting• Guadagno terapeutico: cioè il beneficio

psicologico che il paziente, e soltanto il paziente, deve trarre dalla e nella relazione con la persona che si prende cura di lui

• Relazione di collaborazione e di partecipazione attiva dei due protagonisti per la costruzione di significati condivisi rispetto alla conoscenza di sé

• Metafora del setting come scenario di un teatro di improvvisazione (Cionini, Ranfagni, 2010)

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Elementi fissi e mobili del setting• Il paziente può essere visto come autore e come attore

protagonista: suoi sono i contenuti presentati (la sua storia passata e presente) e sua la scena principale

• Il terapeuta ricopre, in rapporto al paziente, una triplice funzione: quella di regista, in quanto detta le regole e guida con la sua professionalità lo svolgimento della messa in scena del cambiamento; quella di co-attore, nel suo continuo relazionarsi al paziente; quella di osservatore/narratore di ciò che accade di momento in momento tanto nella vita del paziente quanto nel percorso psicoterapeutico

• Lo scenario è caratterizzato da una dialettica continua tra stabilità e dinamicità, in quell’architettura “flessibile ma sicura” che si crea nell’articolazione di elementi stabili e invariabili (cosiddetti fissi) e di elementi stabili ma modificabili (cosiddetti mobili).

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Elementi fissi• Rispetto di un codice etico e deontologico• Luogo fisico dell’incontro• Durata dell’incontro• Impegno al pagamento delle sedute• Precedenza del paziente nel turno

conversazionale• Diritto esclusivo del terapeuta di porre

domande attendendosi risposte.• Divieto di presa in carico di persone che il

terapeuta frequenta anche in altri ambiti oppure di persone per lui affettivamente rilevanti e/o troppo conosciute

• Divieto di presa in carico di persone vicine ed emotivamente rilevanti per il paziente

• Divieto al “doppio ruolo” nel caso lo psicoterapeuta svolga anche la professione di medico e/o di psichiatra

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Elementi mobili•Modalità delle comunicazioni extra-

setting•Forma conversazionale del “lei”•Posizione nel setting: vis-à-vis con

scrivania nel mezzo•Esclusione del contatto corporeo•Non fornire suggerimenti e non

rispondere a domande del paziente•Divieto all’interferenza o all’intromissione

di parenti, familiari o conoscenti stretti nel percorso terapeutico del paziente

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Stabilità e dinamicità• Il setting è a tutti gli effetti uno strumento di

lavoro

• “Setting funzionale”: predispone e offre all’altro lo spazio più adatto ad una precisa fase del suo percorso terapeutico, permettendogli di progredire in condizioni idonee (di protezione) ed efficaci (di cambiamento) nelle sue acquisizioni personali

• In un setting che è assimilabile allo scenario di un teatro di improvvisazione, è proprio nella dialettica costante tra la dimensione della stabilità protettiva e quella della dinamicità evolutiva il nucleo essenziale del cambiamento

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La “regia”

• “Improvvisare” è un “sentire con consapevolezza”, consapevolezza che permette al terapeuta di assumersi realmente la “regia”, la responsabilità delle proprie scelte terapeutiche, con le inevitabili conseguenze che esse avranno sulla relazione e sul processo di cambiamento

• Senza “agire per agire” ma sempre con la disposizione ad “agire per l’altro”, tenendo in primo conto il suo guadagno terapeutico.

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Il ruoli• In questo contesto lo psicologo assume la sua triplice

funzione

• diviene parte del setting nella sua qualità di co-attore, con il suo essere persona, con le proprie sensazioni, con le proprie emozioni, con i propri comportamenti relazionali

• si mantiene saldo ed efficace nel suo condurre da regista la gestione dello spazio fisico e relazionale

• contemporaneamente resta contenitivo e rassicurante nel suo ruolo di osservatore/narratore che, con una calda ma vigile attenzione, segue (e cerca di anticipare) lo svolgersi della trama in fieri.

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Le violazioni del setting

• Attore di una violazione può essere considerato esclusivamente lo psicologo. In quanto “regista” è lui il responsabile della gestione, e quindi anche di una “cattiva gestione”, dello “scenario di improvvisazione”

• Il paziente interpreta nel setting la propria rappresentazione di vita, materializza – nella relazione con l’altro – i portati della propria storia, i propri bisogni, il proprio modo di essere e deve pertanto sentirsi ed essere libero di muovervisi in funzione di questi aspetti

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Violazione e attacco al setting

• Il concetto di violazione deve essere calato all’interno della relazione interpersonale e considerato in rapporto al significato che una determinata azione assume per i partecipanti all’interazione (Gabbard, 1989; Epstein, 1994; Gabbard & Lester, 1995)

• Dato che il setting è lo spazio per definizione deputato al cambiamento, la persona può trovarsi ad agire contro il setting i suoi vissuti di pericolo e di minaccia, quasi a volerne rendere innocua la potenzialità dinamica, ostacolando in questo modo il processo in atto.

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Manovre di attacco al setting

• Nell’ottica costruttivista l’approccio nei confronti delle manovre di attacco al setting viene ad essere simile a quello adottato nei confronti del sintomo; anche in questo caso si assume che esse abbiano un significato connesso agli obiettivi del sistema e al mantenimento del suo equilibrio e che quindi debbano essere comprese e spiegate restando all’interno della logica sistemica.

• Gli attacchi al setting da parte del paziente possono esprimersi attraverso critiche (esplicite o implicite) o atti comportamentali.

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L’ impasse

• Le manovre di attacco al setting rappresentano una delle tipologie di impasse terapeutica assimilabile alle fratture “da confronto” nella definizione di Safran e Muran (2000); dal momento che introducono elementi di possibile messa in discussione del percorso terapeutico (elevando anche il rischio di drop-out), esse assumono un carattere di priorità che richiede al terapeuta particolare attenzione a rilevarle così da poterle affrontare quanto prima.

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Relazione terapeutica e setting• È possibile affermare che relazione terapeutica

e setting tendono a coincidere nella misura in cui la relazione può essere definita come “il luogo in cui ha inizio qualunque cambiamento significativo (…) il motivo profondo per cui il paziente accetta i rischi di costruire e liberare un Sé diverso e più felice” (Bara, 2005)

• Entrambi rappresentano strumenti del cambiamento, ma mentre il cambiamento avviene soprattutto grazie alla relazione, il setting è il mezzo che permette di dare una forma alle sue peculiarità