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1 IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE (S.S.N.) EVOLUZIONE NORMATIVA E SISTEMA ORGANIZZATIVO A cura di: Prof. Giuseppe Calamusa

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IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

(S.S.N.)

EVOLUZIONE NORMATIVA E SISTEMA ORGANIZZATIVO

A cura di: Prof. Giuseppe Calamusa

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EVOLUZIONE NORMATIVA

Il sistema sanitario italiano si basa essenzialmente su tre provvedimenti normativi:

• la legge 23 dicembre 1978 n° 833, “Istituzione del S.S.N.”; • la legge 23 ottobre 1992, n° 421 da cui i Decreti Legislativi 30 dicembre 1992 n° 502 e 07

dicembre 1993, n° 517, “Riordino della disciplina in materia sanitaria”; • la legge 30 novembre 1998, n° 419 da cui il Decreto Legislativo 19 giugno 1999, n° 229,

“Norme per la razionalizzazione del S.S.N.”.

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1. LA RIFORMA SANITARIA (LEGGE 833/78)

Con la legge di riforma 833/78 si passa da un sistema mutualistico ospedaliero, basato su una molteplicità di Enti ed Istituti, ad un servizio Sanitario Nazionale unico.

Il S.S.N. “….. è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica/psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio” (art. 1)

La legge 833 chiude l’era mutualistica in nome di obiettivi volti ad una maggiore omogeneità, equità ed efficienza con preoccupazione maggiore anche per il bilancio dello Stato che aveva dovuto far fronte regolarmente ad una mole consistente di debiti.

La legge 833 stabilisce precisi vincoli di spesa alle Regioni ed alle UU.SS.LL. che amministrano i fondi provenienti dal Governo Centrale.

ORGANIZZAZIONE DEL S.S.N.

Il S.S.N. è strutturato secondo un’impostazione verticale che, a partire dal 1° livello, quello

“centrale” (che coincide con lo Stato) va a dislocarsi nei successivi livelli, “intermedio”, coincidente con le Regioni, e “locale”, che si riferisce agli Enti locali ( Province e Comuni).

Il Comune assolve a funzioni amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera ed adempie ad esse mediante le Unità Sanitarie Locali (UU.SS.LL.).

LIVELLO LOCALE

UNITÀ SANITARIA LOCALE (U.S.L.)

L’U.S.L. rappresenta la struttura operativa dei Comuni, singoli o associati, e delle Comunità Montane (artt. 10 – 14 – 15 – 61).

Essa è costituita dall’insieme dei presidi, degli uffici e dei servizi che, in un ambito territoriale determinato, fanno fronte alle esigenze socio-sanitarie dei cittadini con un ambito territoriale comprendente dai 50.000 ai 200.000 abitanti in considerazione delle caratteristiche fisiche, sociali ed economiche della zona.

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ORGANI DELL’U.S.L. Gli organi gestionali delle UU.SS.LL. (art. 15) sono:

• Assemblea Generale; • Comitato di Gestione ed il suo Presidente; • Ufficio di Direzione.

ASSEMBLEA GENERALE: • Organo amministrativo deliberante; • approva gli atti amministrativi più rilevanti dell’USL, predisposti dal Comitato di Gestione; • e’ costituita da:

• Consiglio Comunale (territorio dell’USL coincidente con quello di un Comune)

• Rappresentanti: eletti in modo proporzionale a rappresentanza dei Comuni (se il territorio dell’USL comprende più Comuni).

COMITATO DI GESTIONE • Eletto dall’Assemblea Generale; • elegge il proprio Presidente; • compie tutti gli atti amministrativi:

• redige i bilanci ed i conti consuntivi;

• redige i piani ed i programmi;

• redige la pianta organica del personale;

• redige i regolamenti;

• stipula le convenzioni.

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UFFICIO DI DIREZIONE Preposto all’organizzazione, al coordinamento ed al funzionamento di tutti i servizi ed alla direzione del personale. Articolato in: • Responsabile Amministrativo; • Responsabile Sanitario.

IL DISTRETTO

Sulla base di criteri stabiliti con legge regionale, le UU.SS.LL. sono articolate in Distretti Sanitari di Base, strutture tecnico – funzionali per l’erogazione di servizi di primo livello e di pronto intervento ( art. 10 comma 3).

La dimensione di riferimento demografico è compresa tra 4.000 e 30.000 abitanti. Il distretto parte con l’intento di divenire raccordo tra il medico di medicina generale e

l’ospedale. Filtro organizzativo flessibile alle richieste dell’ambiente, ha l’obiettivo di prendere in considerazione le variabilità dei gruppi di popolazione e le varie esigenze circoscrivibili in determinate porzioni di territorio.

L’ASSISTENZA OSPEDALIERA

Gli Stabilimenti Ospedalieri sono strutture delle UU. SS. LL. (art. 17), sebbene non tutti quelli esistenti prima lo diventano automaticamente.

Lo diventano solo quelli rispondenti a determinati requisiti organizzativo-strutturali. La gestione diviene compito dell’U.S.L.. È valorizzato lo strumento della convenzione (in accordo con il DPR 129/69), che disciplina, tra l’altro, i rapporti tra Regioni e Cliniche Universitarie.

Le strutture sono convenzionate ed organizzate in Dipartimenti, secondo una logica di integrazione tra Divisioni, Sezioni o Servizi affini e complementari.

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STRUTTURA ORGANIZZATIVA DELLE UNITÀ SANITARIE LOCALI (UU.SS.LL.)

(Legge 833/78)

ASSSEMBLEA GENERALE

COMITATO DI GESTIONE

UFFICIO DI DIREZIONE

Affari Generali Servizio Sociale

Medicina di Base

Assistenza Ospedaliera

Medicina Preventiva e Igiene del Lavoro

Servizio Materno Infantile

Igiene Mentale

Igiene Pubblica

Servizio Veterinario

Servizio Farmaceutico

Servizio del Personale

Servizio Bilancio

Provveditorato ed Economato

Servizio Tecnico

Centro Elaborazione Dati

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2. IL RIORDINO DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE (DECRETI LEGISLATIVI 502/92–517/93)

La legge 833/78 ha creato una generale insoddisfazione relativamente a numerosi aspetti

organizzativi e gestionali ai vari livelli. Le possibilità di intervento non sono state ancorate alle effettive possibilità economiche e

gestionali del sistema ed alle possibilità di realizzare quanto programmato. I reali controlli, in primis quelli della spesa, sono stati inadeguati e quindi lo Stato si è

trovato ad intervenire per contenere i frequenti deficit di bilancio nonostante i precisi vincoli di spesa alle Regioni ed alle UU.SS.LL.

Il legislatore non si è preoccupato degli aspetti organizzativi e gestionali, consentendo l’instaurarsi di distorsioni ed ingerenze da parte dei partiti politici con conseguente gestione politica e non tecnica delle UU.SS.LL..

Con i Decreti Legislativi 502/92 e 517/93, il modello organizzativo assunto è stato quello

dell’Azienda Regionale a conduzione monocratica e tecnica, al fine di realizzare:

• il conferimento della personalità giuridica e della piena autonomia gestionale; • il superamento dell’ingerenza del momento politico nell’amministrazione; • l’introduzione di tecniche di gestione e di controllo tipiche delle aziende ed il superamento degli

strumenti propri degli Enti pubblici; • l’introduzione di nuove regole privatistiche nei rapporti di lavoro dipendente.

Sotto la spinta delle emergenze economico –finanziarie che hanno imposto un contenimento dei costi, giunti ad un rigonfiamento insostenibile si adotta una gestione di tipo “manageriale” le cui idee-forza sono:

• previsione di livelli uniformi di assistenza da assicurare ai cittadini, vincolati agli obiettivi

della programmazione ed all’entità del finanziamento; • regionalizzazione, ovvero maggiore responsabilizzazione delle regioni rispetto allo Stato;

• aziendalizzazione, ovvero costituzione di Aziende U.S.L. ed Aziende Ospedale;

• competizione, ovvero introduzione di regole di mercato con la distinzione tra compratore ed

acquirente di prestazioni sanitarie;

• accreditamento e remunerazione a tariffa.

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L’AZIENDA SANITARIA LOCALE (ASL)

Con il riordino del S.S.N., le UU.SS.LL. e gli Ospedali autonomizzati sono stati trasformati in Aziende di diritto pubblico, improntate a caratteri di efficienza e di efficacia relativamente all’attività svolta.

Ad esse si richiede un impegno di produttività, ovvero di sfruttamento ottimale delle risorse assegnate, nel rispetto di un livello accettabile di qualità. L’organizzazione ed il funzionamento delle nuove UUSSLL si fonda su un modello aziendale basato sul controllo di gestione, come metodo permanente di verifica dei risultati, nonché sull’individuazione precisa dei livelli e degli ambiti di responsabilità, di programmazione e controllo sia delle attività gestionali che delle attività più squisitamente tecniche, rivolte all’erogazione delle prestazioni. L’Azienda è dotata di: • personalità giuridica pubblica; • autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale, tecnica; • gli ospedali al suo interno, non costituiti in azienda, hanno autonomia economico-finanziaria; • territorio coincidente con quello della Provincia.

ORGANI DELL’ASL

DIRETTORE GENERALE

• Organo principale della struttura direttiva dell’A.S.L.; • nominato dalla Regione tra gli iscritti in un apposito elenco nazionale; • età non superiore a 65 anni; • laurea; • esperienza di direzione tecnica o amministrativa almeno quinquennale in enti o strutture

pubbliche o private di medie\grandi dimensioni; • rapporto di lavoro di durata quinquennale, rinnovabile( non oltre il 70° anno di età); • la Regione può dichiarare la decadenza del contratto (e provvedere alla sostituzione) nei casi:

- di grave disavanzo; - di violazione delle leggi; - di inadempienza grave delle funzioni proprie del Direttore Generale.

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COLLEGIO DEI REVISORI

Rappresenta, insieme al Direttore Generale, l’altro organo principale della struttura direttiva dell’ASL: • rimane in carica cinque anni • composto da tre membri, revisori contabili scelti tra quelli iscritti nel registro previsto dalla

legge - uno è designato dalla Regione; - uno dal Ministro del Tesoro; - uno designato dal Sindaco o dai Presidenti dei Consigli circoscrizionali.

Nelle A.S.L. con bilancio maggiore di 200 miliardi, si aggiungono altri due membri (uno

designato dalla Regione, uno dal Ministro del Tesoro); • al loro interno è eletto il Presidente del Collegio; • vigila sull’osservanza delle leggi; • verifica la corretta tenuta della contabilità; • esamina il bilancio di previsione e le relative variazioni.

DIRETTORE AMMINISTRATIVO

• Coadiuva il Direttore Generale;

• nominato direttamente dal Direttore Generale;

• età non superiore a 65 anni;

• laurea in discipline giuridiche o economiche;

• esperienza di direzione tecnica o amministrativa almeno quinquennale in enti o strutture pubbliche o private di medie \ grandi dimensioni;

• rapporto di lavoro di durata quinquennale, rinnovabile;

• dirige i Servizi Amministrativi dell’A.S.L.;

• fornisce parere obbligatorio al Direttore Generale sugli atti relativi alle materie di

competenza;

• cessa il rapporto di lavoro entro tre mesi dalla nomina di un nuovo Direttore Generale, ma può essere riconfermato;

• può essere sospeso o dichiarato decaduto dal Direttore Generale con atto motivato.

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DIRETTORE SANITARIO

• Coadiuva il Direttore Generale;

• età non superiore a 65 anni;

• laurea in medicina ed idoneità nazionale (dirigente medico 2° livello);

• esperienza di direzione tecnico-sanitaria almeno quinquennale in enti o strutture pubbliche o private di medie \ grandi dimensioni;

• dirige i Servizi Sanitari ai fini organizzativi ed igienico–sanitari;

• fornisce parere obbligatorio al Direttore Generale sugli atti relativi alle materie di

competenza;

• rapporto di lavoro di durata quinquennale, rinnovabile;

• cessa il rapporto di lavoro entro tre mesi dalla nomina di un nuovo Direttore Generale, ma possono essere riconfermato;

• può essere sospeso o dichiarato decaduto dal Direttore Generale con atto motivato.

CONSIGLIO DEI SANITARI

• Organismo elettivo dell’ASL, presieduto dal Direttore Sanitario;

• costituito da una componente di diritto e da una elettiva. La componente di diritto è rappresentata dai coordinatori di Dipartimento e dai Responsabili di Unità operative (UU.OO.). La componente elettiva è rappresentata da medici, un veterinario, operatori sanitari laureati, infermieri, personale tecnico-sanitario. Il numero dei componenti, modalità d’elezione, composizione e funzionamento è stabilito da un regolamento interno su linee guida regionali;

• coadiuva il Direttore Generale dando consulenza tecnico-sanitaria obbligatoria in merito ad

aspetti organizzativi e alle attività d’assistenza sanitaria.

COORDINATORE DEI SERVIZI SOCIALI • Le sue funzioni sono disciplinate da disposizioni regionali.

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STRUTTURE DELL’ASL

IL DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE Struttura interna all’ASL, ad esso sono attribuite funzioni finora svolte dai servizi dell’U.S.L..

Le attività del Dipartimento di Prevenzione:

• sono volte alla prevenzione collettiva e di tutela della salute della popolazione; • mirano all’individuazione e rimozione dell’evento nocivo, delle cause possibili di

malattie d’origine umana ed animale, che interessano gli ambiti collettivi potenzialmente a rischio.

Il Dipartimento è articolato “almeno” nei seguenti servizi:

• igiene e sanità pubblica; • prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro; • igiene degli alimenti e della nutrizione; • veterinari.

IL DISTRETTO

L’A.S.L. è articolata in Distretti. Il Distretto Sanitario di Base è l’articolazione organizzativo-funzionale dell’ASL finalizzata a realizzare l’integrazione tra i diversi servizi che erogano prestazioni sanitarie ed i servizi socio-assistenziali, in modo da consentire una risposta coordinata e continuativa ai bisogni sanitari della popolazione.

Gestisce tutte le strutture ed i servizi presenti nelle zone in cui è stata divisa l’ASL ad eccezione di tutto ciò che fa parte dell’assistenza ospedaliera.

Ai Distretti è attribuita autonomia gestionale ed economico-finanziaria, con contabilità separata all’interno del bilancio dell’ASL, per lo svolgimento delle funzioni ed il conseguimento degli obiettivi aziendali.

Le tipologie di attività che trovano un ideale collocazione a livello di Distretto sono: • supporto all’attività del medico di famiglia; • assistenza domiciliare integrata (ADI), per fornire prestazioni sanitarie e socio-

assistenziali evitando il ricovero; • attività di ospedalizzazione domiciliare, per evitare il ricovero, erogando comunque a

domicilio trattamenti di livello ospedaliero; • gestione coordinata degli accessi ai servizi attraverso centri unificati di prenotazione

(CUP); uffici decentrati per espletare procedure amministrative; punti di prelievo per indagini chimico-cliniche; sportelli di informazione.

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I PRESIDI OSPEDALIERI

Gli Ospedali non costituiti in Azienda rimangono ”Presidi Ospedalieri dell’ASL”. I Presidi sono stati riorganizzati dalla Regione che ha provveduto a ristrutturare la rete ospedaliera attuando le modifiche d’accorpamento e di disattivazione necessarie al raggiungimento dei parametri stabiliti dalla legge ( legge 412/91 art. 4 comma 3 “Finanziaria del 1991”). STRUTTURA ORGANIZZATIVA: • Direttore Sanitario di Presidio: dirigente medico (2° livello) responsabile delle funzioni

igienico-organizzative • Dirigente Amministrativo: responsabile delle funzioni di coordinamento amministrativo

I Presidi conservano autonomia economico-finanziaria con contabilità separata all’interno del bilancio dell’ASL. Il modello organizzativo è quello delle “aree funzionali omogenee” con presenza obbligatoria del day hospital. Questo modello lascia alle Unità Operative (UU.OO.) che vi confluiscono l’autonomia funzionale relativa alle patologie di competenza e permette di ottenere “un’efficace integrazione e collaborazione con altre strutture affini con uso in comune delle risorse umane e strumentali” (art. 4 comma 3, legge 412/91).

Le singole aree funzionali omogenee vanno poi inglobate nei “Dipartimenti”.

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STRUTTURA ORGANIZZATIVA DELL’AZIENDA SANITARIA LOCALE (D.Lgs. 502/92 e 517/93)

DIRETTORE GENERALE

Collegio dei Revisori

Conferenza dei Sindaci

• Informazione e partecipazione • Controllo di gestione • Sistema informativo • Organizzazione e sviluppo

Coordinatore Servizi Sociali

Direttore Amministrativo

Direttore Sanitario

Consiglio dei Sanitari

Dipartimenti dei Servizi Amministrativi

Dipartimento Servizi di Prevenzione

Altri Dipartimenti di Servizi Sanitari

Responsabile Distretto n° 1

Responsabile Distretto n° 2

Responsabile Distretto n° ...

Responsabili Sanitario ed Amministrativo dei Presidi Ospedalieri

STAFF

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L’AZIENDA OSPEDALIERA ITER DI INDIVIDUAZIONE Le Regioni hanno individuato sul proprio territorio le strutture ospedaliere da costituire in Azienda, con personalità giuridica pubblica e con autonomia organizzativa, amministrativa, contabile, gestionale e tecnica (come per le Aziende U.S.L.): • gli Ospedali di rilievo nazionale e d’alta specializzazione (ARNAS) (con approvazione del

Ministero della Sanità); • gli Ospedali con i requisiti previsti dall’art. 4 comma 3 della legge 412/91; • i Presidi Ospedalieri in cui è presente il percorso formativo dell’ultimo triennio della Facoltà di

Medicina e Chirurgia; • i Presidi che operano in strutture di pertinenza dell’Università; • gli Ospedali dotati di Servizio d’emergenza e d’elisoccorso ( centri di riferimento della rete dei

servizi di emergenza).

I Policlinici Universitari sono considerati ARNAS e sono inseriti nel sistema di emergenza sanitaria. STRUTTURA ORGANIZZATIVA:

Gli Ospedali costituiti in Azienda hanno gli stessi organi previsti per l’ASL, con le medesime attribuzioni di responsabilità.

DIRETTORE GENERALE

• Vertice della gestione, organo principale della struttura direttiva dell’A.O.; • nominato dalla Regione tra gli iscritti in un apposito elenco nazionale; • età non superiore a 65 anni; • laurea; • esperienza di direzione tecnica o amministrativa almeno quinquennale in enti o strutture

pubbliche o private di medie\grandi dimensioni; • rapporto di lavoro di durata quinquennale, rinnovabile.

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COLLEGIO DEI REVISORI

• Organo principale di controllo della struttura direttiva dell’A.O.; • rimane in carica cinque anni; • composto da tre membri, revisori contabili scelti tra quelli iscritti nel registro previsto dalla

legge: - uno è designato dalla Regione; - uno dal Ministero del Tesoro; - uno designato dal Sindaco o dai Presidenti dei Consigli Circoscrizionali;

• al loro interno è eletto il Presidente del Collegio; • vigila sull’osservanza delle leggi; • verifica la corretta tenuta della contabilità; • esamina il bilancio di previsione le relative variazioni.

DIRETTORE AMMINISTRATIVO • Coadiuva il Direttore Generale;

• nominato direttamente dal Direttore Generale;

• età non superiore a 65 anni;

• laurea in discipline giuridiche o economiche;

• esperienza di direzione tecnica o amministrativa almeno quinquennale in enti o strutture

pubbliche o private di medie \ grandi dimensioni;

• rapporto di lavoro di durata quinquennale, rinnovabile;

• dirige i Servizi Amministrativi dell’A.O.;

• fornisce parere obbligatorio al Direttore Generale sugli atti relativi alle materie di competenza;

• cessa il rapporto di lavoro entro tre mesi dalla nomina di un nuovo Direttore Generale, ma

può essere riconfermato;

• può essere sospeso o dichiarato decaduto dal Direttore Generale con atto motivato.

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DIRETTORE SANITARIO

• Coadiuva il Direttore Generale;

• età non superiore a 65 anni;

• laurea in medicina ed idoneità nazionale (dirigente medico 2° livello);

• esperienza di direzione tecnico - sanitaria almeno quinquennale in enti o strutture pubbliche o private di medie \ grandi dimensioni;

• dirige i Servizi Sanitari ai fini organizzativi ed igienico – sanitari;

• fornisce parere obbligatorio al Direttore Generale sugli atti relativi alle materie di

competenza;

• rapporto di lavoro di durata quinquennale, rinnovabile;

• cessa il rapporto di lavoro entro tre mesi dalla nomina di un nuovo Direttore Generale, ma possono essere riconfermato;

• può essere sospeso o dichiarato decaduto dal Direttore Generale con atto motivato.

CONSIGLIO DEI SANITARI

• Organismo elettivo dell’ASL, presieduto dal Direttore Sanitario;

• costituito da una componente di diritto e da una elettiva. La componente di diritto è rappresentata dai coordinatori di Dipartimento e dai Responsabili di Unità operative (UU.OO.). La componente elettiva è rappresentata da medici, operatori sanitari laureati, infermieri, personale tecnico-sanitario. Il numero dei componenti, modalità d’elezione, composizione e funzionamento è stabilito da un regolamento interno su linee guida regionali;

• coadiuva il Direttore Generale dando consulenza tecnico-sanitaria obbligatoria in merito ad

aspetti organizzativi e alle attività d’assistenza sanitaria.

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NORME SUL PERSONALE

La dirigenza del ruolo sanitario è articolata in due livelli: 1° e 2° livello. 1° livello: • al personale medico e delle altre professionalità sanitarie sono attribuite le funzioni di supporto,

di collaborazione e corresponsabilità, con riconoscimento di precisi ambiti di autonomia professionale, nella struttura di appartenenza da attuarsi nel rispetto delle direttive del responsabile;

Il personale medico, successivamente al raggiungimento della specializzazione, viene assunto in qualità di dirigente medico di 1° livello (ossia l’antica figura di aiuto ospedaliero).

A tale ruolo si accede attraverso “concorso pubblico al quale possono partecipare coloro che abbiano la laurea nel corrispondente profilo, siano iscritti all’Ordine ed abbiano conseguito, come suddetto, il diploma di specializzazione nella disciplina” ( art. 15 comma 3 del D.Lgs. 502/92).

2° livello: • al personale medico e delle altre professionalità sanitarie sono attribuite funzioni di direzione ed

organizzazione della struttura da attuarsi anche mediante direttive a tutto il personale operante nella stessa e l’adozione dei provvedimenti relativi, necessari per il corretto espletamento del servizio.

Il secondo livello dirigenziale del ruolo sanitario è conferito quale incarico a coloro che siano in possesso dell’idoneità nazionale all’esercizio delle funzioni di direzione.

L’incarico che ha durata quinquennale, dà titolo a specifico trattamento economico ed è rinnovabile.

I requisiti per l’accesso alla dirigenza di 2° livello sono individuati da specifiche norme.

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STRUTTURA ORGANIZZATIVA DELL’AZIENDA OSPEDALIERA (D.Lgs. 502/92 e 517/93)

DIRETTORE GENERALE Collegio dei

Revisori

• Informazione e partecipazione • Controllo di gestione • Sistema informativo • Organizzazione e sviluppo

Direttore Amministrativo

Direttore Sanitario

Consiglio dei Sanitari

Servizi Amministrativi e Tecnici

Dipartimento n° 1 Dipartimento n° 2 Dipartimento n° 3 Dipartimento n° …..

STAFF

Direttore Sanitario di Presidio ( dirigente di 2° livello)

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• SCHEDA DIMISSIONE OSPEDALIERA (SDO) • DRG (Diagnosis Related Groups) • CENTRI DI COSTO • CONTABILITA’ ANALITICA • DIPARTIMENTO • QUALITA’

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SCHEDA DI DIMISSIONE OSPEDALIERA (SDO)

La SDO è stata istituita con il Decreto del Ministro della Sanità 28 dicembre 1991 “Istituzione della scheda di dimissione ospedaliera”:

Art 1.

• È strumento ordinario per la raccolta delle informazioni relative ad ogni paziente dimesso dagli istituti di ricovero pubblici e privati in tutto il territorio nazionale;

• È parte integrante della cartella clinica di cui assume le medesime valenze di carattere medico-legale in quanto atto pubblico, dotato di rilevanza giuridica, la cui compilazione obbliga la responsabilità del medico;

Art 2. • Responsabile della corretta compilazione è il primario o comunque il responsabile

medico del reparto; • Il direttore sanitario ha il compito di verificare la completezza delle informazioni

ivi contenute e di trasmetterla agli organi competenti.

Art 3 (contenuti della SDO)

La SDO deve contenere un pool d’informazioni minime (n° 33), individuate in coerenza con il set minimo di dati che la CEE ha ufficialmente raccomandato ai paesi membri di rilevare sistematicamente per tutti i pazienti trattati in regime di ricovero ospedaliero. La SDO è il nucleo centrale dei sistemi informativi ospedalieri finalizzato a supportare sia la gestione degli ospedali sia la ricerca epidemiologica e clinica.

Ogni Regione o Provincia, nel rispetto di quanto previsto dal presente decreto, ne definisce formato, modalità e flussi per i ricoveri nel proprio ambito territoriale.

Le due voci “diagnosi” e “procedure” sono classificate secondo la Classifica Internazionale delle Malattie, nona edizione, Modificata in senso Clinico (ICD–9-CM).

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IL FLUSSO INFORMATIVO È stato attivato con il Decreto del Ministro della Sanità 26 luglio 1993.

Prevede:

trasmissione con periodicità trimestrale delle informazioni dai singoli istituti di cura pubblici e privati alla Regione o alla Provincia autonoma d’appartenenza, e da queste al Ministero della Sanità.

Ospedale

Regione

Ministero

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FINALITA’ DELLA SDO

Le informazioni rilevate sono volte a descrivere aspetti essenziali del ricovero ospedaliero: • motivi del ricovero, rappresentati dalla diagnosi principale di

dimissione ovvero dal problema clinico principale trattato durante il ricovero e dalle eventuali diagnosi concomitanti e/o complicanti;

• tipologie di trattamento adottate durante il ricovero, descritte in sintesi

da eventuali interventi chirurgici e dalle principali procedure diagnostiche terapeutiche effettuate;

• esito complessivo del trattamento descritto attraverso lo stato del

paziente al momento della sua dimissione; • destinazione dopo la dimissione.

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Il significato e le finalità della SDO, risultano ulteriormente enfatizzati

in seguito all’attivazione delle nuove modalità di remunerazione delle

prestazioni dell’assistenza ospedaliera.

D. M. Sanità 15 aprile 1994

Istituzione delle tariffe per “prestazioni d’assistenza ospedaliera per

acuti”.

Conferisce alla SDO il significato di fonte informativa necessaria per

l’individuazione e la classificazione delle singole prestazioni

d’assistenza ospedaliera.

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SDO

CODIFICA (attribuzione dei codici ICD-9-CM)

TRANSCODIFICA

DRG (D.M. 15 aprile 1994)

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DRG

PRINCIPI E SIGNIFICATO

Il sistema di classificazione dei pazienti basato sui DRG (Diagnosis related

groups) è stato sviluppato verso la fine degli anni settanta dal gruppo di Robert Fetter

all’Università di Yale ed utilizzato dal 1983 negli Stati Uniti come presupposto per il

finanziamento degli ospedali in vista dei ricoveri dei pazienti scritti a Medicare.

In Italia è sperimentato dal 1988 per verificare l’attività in rapporto al

finanziamento tramite il Fondo Sanitario Interregionale ed è ufficiale dal 1° gennaio

1995.

I DRG sono misure di case mix che si fondano sulla possibilità di individuare un

livello di specificazione della diagnosi clinica che descriva il profilo dell’assistenza

prestata ed identifichi anche i gradi di complessità dell’assistenza ricevuta e la

quantità di risorse utilizzate.

L’idea base è che le degenze, pur essendo diverse nella causa, possono essere

accomunate nel consumo delle risorse. Questo non significa che ogni paziente

utilizza gli stessi servizi (d’assistenza, diagnostici, di procedura, ecc.….): si tiene

conto delle variabilità, ma si è in grado di “predire” e di “controllare” l’onere di spesa

per ogni medesimo gruppo (DRG) che utilizza lo stesso livello di risorse (isorisorse).

Questo sistema in base alle informazioni tratte dalla SDO(anagrafiche e cliniche),

classifica il paziente in un DRG.

L’individuazione di tali gruppi clinicamente omogenei, anche dal punto di vista

del tipo e della qualità delle procedure o degli interventi chirurgico-terapeutici

effettuati, definisce “un prezzo per ognuno”, rimborsato alla struttura erogatrice della

prestazione (presidio sanitario, ospedale…..).

Ogni reparto può essere così definito, a fini gestionali, per le tipologie di pazienti

che tratta.

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METODOLOGIA PER LA DETERMINAZIONE DELLE TARIFFE.

La tariffa rappresenta la remunerazione massima da corrispondere ai soggetti

erogatori (art. 2 D.M. 15 aprile 1994).

Il valore standard prefissato è il risultato di un sistema in continua definizione

che ha preso origine con il Programma Nazionale ROD. Tra tutti gli Ospedali che

hanno partecipato a tale programma sono stati scelti otto istituti di cura che

disponevano della contabilità per centri di costo con un livello d’accuratezza

sufficientemente valido e che erano esaustivi nella rilevazione dell’attività

ospedaliera attraverso le SDO. Come riferimento è stata assunta l’attività dell’anno

1993.

La rappresentatività della casistica di questi centri di riferimento è stata valutata

confrontando la distribuzione per MDC (Maggiori categorie diagnostiche) e DRG di

tali strutture con quella relativa agli ospedali di nove regioni italiane, per un totale di

oltre 4.000.000 di ricoveri, pari a circa il 40% di tutta l’attività ospedaliera nazionale

annua.

I dati relativi ai costi totali sostenuti dagli ospedali prescelti nel corso

dell’esercizio del 1993, sono state ripartiti per singolo DRG sulla base d’algoritmi

specifici che permettono di stimare il costo di produzione di ciascun DRG. Tale costo

rappresenta la somma dei costi relativi a tutte le singole prestazioni erogate in media

ai pazienti, attribuiti a ciascun DRG nel corso dei rispettivi episodi di ricovero.

Questo costo di produzione specifico per DRG così individuato, che comprende

tutti i costi diretti di produzione ed i costi generali di funzionamento dell’ospedale

(inclusa la quota di costi generali di USL da attribuire al funzionamento

dell’ospedale, nel caso di presidi di USL, ed esclusi i costi delle attività didattiche e

di ricerca e dei centri d’emergenza sanitari), è stato assunto come elemento

fondamentale per la definizione delle tariffe delle prestazioni di assistenza

ospedaliera, riportate nel D.M. 14/12/1994.

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DRG IN ITALIA

Dal piano sanitario nazionale 1994-1996 e, soprattutto, dai decreti legislativi 502/92 e 517/93, emergono i seguenti aspetti innovativi:

1. tendenza a separare committenti ed erogatori; 2. regolamentazione dei soggetti erogatori, che non sono automaticamente tutti

quelli abilitati ad esercitare l’attività sanitaria in quanto in possesso dell’autorizzazione, ma coloro che sono in possesso degli standards strutturali in riferimento a spazi, attrezzature, personale ed organizzazione. Gli stessi standards sono stati più chiaramente delineati e specificati dal DPR 14/1/1997 “Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni ed alle province autonome di Trento e Bolzano in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private”. Tali requisiti minimi individuano le strutture accreditate sottoposte al controllo da parte delle Regioni, anche in relazione alla qualità ed alla quantità delle prestazioni erogate;

3. remunerazione dei soggetti erogatori non basata sul mercato, ma determinata

dallo Stato e dalle Regioni che stabiliscono tariffe massime per ogni prestazione preventivata, sulla base di un elenco analitico di raggruppamento omogeneo sotto il profilo diagnostico (ROD oppure DRG) suggerito dal Ministero della Sanità;

4. predisposizione di sistemi di valutazione interna ed esterna sotto il profilo della

qualità; 5. esercizio della facoltà di libera scelta da parte dell’assistito.

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CATEGORIE DIAGNOSTICHE PRINCIPALI (MDC)

Questo sistema di classificazione delle malattie comprende 492 codici

raggruppati in 25 categorie diagnostiche principali (MDC, Major Diagnostic Categories) (D.M. 30/06/1997) ottenute accorpando grandi gruppi di patologie contenute nella ICD-9-CM (International Classification of Diseases, nineth revision, Clinical Modification = Classificazione Internazionale delle Malattie, nona edizione, Modificata in senso Clinico), allo scopo di definire le varie aree d’interesse delle principali specialità cliniche.

In generale ogni MDC è stato costituito in modo da corrispondere ad un apparato

del corpo umano (apparato respiratorio, cardiocircolatorio, ecc.…), piuttosto che alle eziologie delle patologie.

Le patologie che non potevano ricadere in un apparato sono poi state classificate a parte (ad es.: le infezioni sistemiche – MDC 18 - o le malattie tumorali del sangue – MDC 17). Le 492 categorie descritte dai DRG sono ulteriormente differenziate:

• per livello (ricoveri ordinari o ricoveri a ciclo diurno);

• per tipologia di assistenza (ricoveri in reparti per acuti o di lungodegenza e di riabilitazione);

• per durata di degenza ( i ricoveri di durata inferiore a due giorni vengono rimborsati in modo differente se esitano con il decesso o il trasferimento del paziente).

Art.1 (p.3)-D.M. 30/06/’97: Per i ricoveri relativi a prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti erogate in regime di ricovero ordinario di una sola giornata che siano stati trasferiti ad altro istituto di ricovero o che siano caratterizzati da decesso del paziente, la remunerazione da corrispondere è pari a due volte la tariffa per i ricoveri di un giorno, specifica per DRG, riportata nella colonna B dell’allegato 1.

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SOTTOCLASSI MEDICHE E CHIRURGICHE Una volta definite le MDC, ognuna di loro è stata analizzata per identificare

quelle caratteristiche addizionali dei pazienti che avrebbero comportato un

incremento consistente nel consumo delle risorse ospedaliere.

In pratica sono state suddivise in: Mediche e Chirurgiche, dato che l’intervento

chirurgico è uno dei costi maggiori del trattamento di una patologia. A loro volta le

sottoclassi medica e chirurgica sono state suddivise in base agli specifici trattamenti.

Dato però che un paziente può essere sottoposto a più procedure durante il suo

ricovero ospedaliero, ma non può essere assegnato a più di una classe chirurgica, le

classi chirurgiche sono state definite in ogni MDC in ordine d’importanza. Pazienti

con più procedure vanno assegnati alla classe chirurgica più alta nella gerarchia di

rilevanza clinica (fig.1).

COMPLICANZA O PATOLOGIA ASSOCIATA Una volta stabilite le sottoclassi medica e chirurgica, sono state valutate per

importanza quelle complicazioni o patologie associate che potevano aumentare

ancora di più il consumo di risorse mediche. E’ definita complicanza o patologia

associata una condizione che, in combinazione ad una diagnosi principale specifica,

causa un aumento nella degenza di almeno un giorno, almeno nel 75% dei casi.

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Fig.1

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MODALITA’ DI FINANZIAMENTO DELLE AZIENDE.

La disciplina delle modalità di finanziamento delle aziende spetta alle Regioni,

considerando i seguenti principi:

1. assegnazione di una quota del fondo sanitario per la copertura parziale delle

spese necessarie alla gestione. Tale quota non deve essere superiore all’80% dei

costi complessivi delle prestazioni che l'azienda può erogare ( rilevabile dalla

contabilità );

2. introiti derivanti dal pagamento delle prestazioni a tariffa stabilite dalla

Regione, considerato il costo delle prestazioni medesime e della quota già

finanziata per la gestione di cui al punto 1;

3. quote di partecipazione alla spesa dovute dai cittadini;

4. introiti derivanti dalle attività libero professionali;

5. corrispettivi relativi ai servizi integrativi a pagamento;

6. lasciti, donazioni, rendite per l’utilizzo del patrimonio;

7. altre entrate per contratti e convenzioni.

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SISTEMA DI PAGAMENTO A TARIFFA PREDETERMINATA PER PRESTAZIONI.

Con la legge finanziaria 1995 (legge 724/94, art.6, commi 5 e 6)è stato disposto

che gli ospedali pubblici e privati dal 1° gennaio 1995 siano remunerati con il nuovo

sistema di retribuzione tariffaria.

La legge prevede, infatti, che le strutture accreditate, che erogano prestazioni per

conto e a carico del SSN, siano remunerati a tariffa in base al numero di prestazioni

effettivamente erogate.

Le modalità di finanziamento si rapportano al prodotto, inteso come la prestazione

fornita, laddove il paziente è portatore di una tariffa ed è identificabile con questa per

i trattamenti che richiede. Per ogni intervento la degenza media è superabile solo in

casi particolari.

Il sistema tariffario è stato oggetto di un processo di graduale definizione

normativa.

Le principali caratteristiche del sistema tariffario possono essere così

sintetizzate:

1. è riferito a tutti i produttori pubblici e privati, interni ed esterni all’USL;

2. è articolato su tre livelli:

- lo Stato, determina i criteri generali per la determinazione delle tariffe;

- le Regioni, determinano la tariffe massime;

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- le USL, contrattano con i produttori (compresi quelli interni, secondo un

processo di decisione tipo make or buy, produzione o acquisto) e le migliori

condizioni di fornitura.

MODALITÀ DI FINANZIAMENTO: RISCHI ED OPPORTUNITÀ.

Sistema precedente

(quota capitaria)

Sistema attuale

(quota per tariffa)

Mezzo per la distribuzione del FSN

Strumento per l’allocazione delle risorse

Determinazione esogena

Determinazione endogena

Sistema di finanziamento per fattori produttivi

Sistema di finanziamento per pagamento a prestazione

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SISTEMA DI FINANZIAMENTO PER FATTORI PRODUTTIVI

Con questo tipo di finanziamento l’ammontare delle risorse monetarie

spettanti ad un ospedale è determinato dalla spesa prevista per l’acquisizione dei

fattori autorizzati.

La previsione di spesa può essere commisurata al livello ed al tipo delle attività

programmate, ma è comunque del tutto indipendente dall’attività effettivamente

svolta e dalla sua efficienza operativa.

Con questo tipo di finanziamento vi è un più agevole controllo della spesa

complessiva che permette di orientare l’impegno dei fattori verso le aree ritenute

prioritarie dalla programmazione sanitaria, ma espone al rischio dell’acquisto e,

soprattutto, dell’utilizzazione inefficiente dei fattori impegnati nella produzione

dell’assistenza.

Inoltre un sistema in cui il finanziamento è indipendente dall’attività svolta

introduce un ovvio incentivo a ricercare il pareggio fra entrate e spese attraverso la

riduzione del numero di prestazioni prodotte o dei casi trattati o lo scadimento della

qualità dell’assistenza prestata anziché attraverso il miglioramento dell’efficienza

operativa.

La funzione di controllo si concentra principalmente sulla verifica della

legittimità delle delibere di impegno e di pagamento dei fattori acquisiti, con

l’obiettivo di certificare la legittimità formale di ciascun atto, nonché sulla verifica

contabile dei rendiconti delle spese sostenute, per valutare la loro compatibilità

rispetto alle entrate; quindi è un controllo di natura squisitamente giuridico-contabile,

indipendentemente dalla valutazione di merito relativamente all’appropriata

utilizzazione delle risorse acquisite per la produzione di adeguati volumi di assistenza

di buona qualità.

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SISTEMA DI FINANZIAMENTO PER PAGAMENTO A PRESTAZIONE

Questo tipo di finanziamento basato sulla remunerazione delle singole

prestazioni erogate, incentiva l’aumento del volume delle attività ed il contenimento

dei costi unitari della prestazioni al di sotto delle tariffe prestabilite.

Questo sistema offre l’opportunità di un aumento dell’efficienza operativa e di

una più tempestiva soddisfazione della domanda, ma comporta il rischio di un

aumento dei costi complessivi del sistema e della frequenza di prestazioni

inappropriate.

La funzione di controllo richiede necessariamente la disponibilità di dati

empirici sul volume e sul tipo di prestazioni prodotte dai soggetti finanziati e

valutazioni di merito sulla loro appropriatezza e necessità clinica rispetto alle

caratteristiche dei pazienti ricoverati.

I costi di acquisizione dei fattori non costituiscono oggetto di controllo in

quanto rappresentano i principali determinanti del rischio finanziario cui i produttori

sono esposti.

Il controllo in questo caso risponde non più ad una logica giuridico-contabile

bensì clinico-epidemiologica.

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Questo nuovo criterio di finanziamento introduce un rischio finanziario che

agisce sia sul committente che sugli erogatori delle prestazioni.

Rischio del committente (ASL):

• possibilità che gli ospedali produttori aumentino il numero dei pazienti ricoverati,

con un conseguente aumento della spesa complessiva per l’assistenza ospedaliera,

nonostante il sistema tariffario garantisca il controllo del costo unitario della

prestazione remunerata rappresentata dal caso trattato.

Rischio dell’erogatore delle prestazioni:

• richiesta di livelli di attività in grado di coprire almeno i costi fissi della struttura;

• rapporto tra l’entità dei propri costi di produzione rispetto alle tariffe;

• la definizione delle prestazioni come caso trattato si presta poco ad una

moltiplicazione impropria.

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Rischi ed opportunità del nuovo sistema di

finanziamento riguardo i principali aspetti

dell’assistenza ospedaliera.

Aspetti dell’assistenza

Rischi

Opportunità

Attività

Aumento ricoveri

impropri

Riduzione liste d’attesa

Accessibilità

Selezione dei pazienti

Specializzazione dell’attività

Durata di degenza

Dimissioni precoci

Dimissioni tempestive

Profili di cura

Riduzione servizi

necessari

Aumento appropriatezza nell’uso

delle risorse Livello d’assistenza

Trasferimenti

impropri.

Spostamento dell’attività verso livelli

più remunerativi.

Integrazione orizzontale e verticale

dei servizi.

Sviluppo di livelli alternativi d’assistenza

QUALITA’

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3. LA RAZIONALIZZAZIONE DEL S.S.N. (D.Lgs. 229/99)

Il D.Lgs. 229/99 riprende quasi tutti gli argomenti trattati nel riordino del 1992 –93, confermando i principi in esso contenuti ed apportando talune modifiche di rilievo.

LE AZIENDE

LE PRINCIPALI NOVITÀ sono:

• personalità giuridica pubblica ed attribuzione di autonomia imprenditoriale al posto delle precedenti autonomie “organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica”;

• obbligo del rispetto del vincolo di bilancio; • possibilità di agire con atti di diritto privato; • possono affidarsi alle norme di diritto privato per appalti e forniture di valore inferiore a quello

stabilito dalle norme UE; • accreditamento per le strutture sanitarie, socio-sanitarie e per i professionisti che vogliono

lavorare per conto del S.S.N.; • istituzione del Collegio di Direzione che coadiuva il Direttore Generale per il governo delle

attività cliniche, la programmazione e valutazione delle attività tecnico-sanitarie, la formulazione dei programmi di formazione, la individuazione di soluzioni organizzative per l’attuazione dell’attività libero-professionale intramuraria. Il Collegio di Direzione si affianca al preesistente Consiglio dei Sanitari;

• istituzione del Collegio sindacale: nuovo organismo di controllo che sostiutisce il Collegio dei Revisori di cui eredita i riferimenti delle normative in vigore. È un organismo di controllo sull’andamento contabile delle aziende sanitarie. I suoi compiti sono quelli di verifica dell’amministrazione dell’azienda dal punto di vista economico, del controllo sull’osservanza della legge, dell’accertamento sulla regolarità della contabilità e delle conformità al bilancio. Il Collegio riferisce ogni tre mesi alla Regione ed ogni sei mesi alla Conferenza dei Sindaci o al Sindaco del Comune del capoluogo di provincia cui l’azienda fa capo. È composto da cinque membri, che restano in carica tre anni, tutti iscritti al registro dei

revisori contabili o tra i funzionari del Ministero del Tesoro. Due sono scelti dalla Regione, uno dal Ministero del Tesoro, uno dal Ministero della Sanità ed uno dalla Conferenza dei Sindaci;

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• partecipazione dei Comuni oltre che per la programmazione delle attività anche in tema di valutazione delle attività e del lavoro dei Direttori Generali;

• incarico per il Direttore Generale tra i 3 ed i 5 anni (per mantenere l’incarico dovranno

esibire entro 18 mesi l’attestato di frequenza al corso di formazione manageriale in sanità pubblica organizzato dalle Regioni). La revoca dell’incarico potrà essere richiesta dai Comuni;

• per le Aziende Ospedaliere sono stati ridefiniti i requisiti minimi che debbono possedere per la loro trasformazione in azienda.

IL DISTRETTO

Il Distretto deve: • garantire una popolazione minima di 60.000 abitanti, salvo che la Regione disponga

diversamente in considerazione delle caratteristiche geo-morfologiche del territorio o della bassa densità della popolazione;

• svolgere funzioni di coordinamento dell’assistenza primaria (medicina generale, pediatria,

guardia medica) e di garanzia di assistenza ambulatoriale e domiciliare, servizi consultoriali e socio-assistenziali. La libera professione dei medici di famiglia è regolamentata dalla convenzione ed è previsto il passaggio alla dipendenza dei medici dell’emergenza;

• individuare un programma, proposto dal Direttore del Distretto ed approvato dal Direttore

Generale, per lo svolgimento delle sue attività. Proposta ed approvazione sono effettuate con il concorso dei Sindaci del Distretto.

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GLI ASPETTI PIÙ RILEVANTI nella “razionalizzazione” del SSN del 1999 riguardano: • il modello di accreditamento ed i produttori di prestazioni sanitarie; • la disciplina dell’assistenza integrativa; • la disciplina delle norme sul personale (dirigenza sanitaria e non).

ACCREDITAMENTO

Si stabilisce che per le strutture sanitarie, socio-sanitarie ed i professionisti che vorranno lavorare per conto del S.S.N., il Comune acquisisce, in materia di autorizzazioni e concessioni, la verifica di compatibilità del progetto rilasciata dalla Regione.

Tale verifica è effettuata in rapporto al fabbisogno complessivo ed alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, al fine di meglio garantire accessibilità ai servizi.

L’esercizio delle attività sanitarie da parte di strutture pubbliche e private presuppone il possesso dei requisiti minimi strutturali, tecnologici ed organizzativi stabiliti con atto di indirizzo e coordinamento.

Analogamente, l’accreditamento istituzionale rilasciato dalla Regione alle strutture autorizzate, pubbliche e private, ed ai professionisti che ne facciano richiesta, è subordinato alla rispondenza al requisito ulteriore di qualificazione i cui criteri sono definiti con altro atto di indirizzo e coordinamento.

Le Regioni infine, definiscono il sistema regionale degli accordi contrattuali con i soggetti interessati, precisando la individuazione delle responsabilità riservate alla Regione e di quelle attribuite alle UU.SS.LL. nonché gli indirizzi per la formulazione dei programmi di attività delle strutture interessate.

FINANZIAMENTO E TARIFFE: Le strutture accreditate che erogano assistenza ospedaliera ed ambulatoriale a carico del

S.S.N. sono finanziate secondo un ammontare globale predefinito negli accordi contrattuali e determinato in base alle funzioni assistenziali ed alle attività svolte.

Si individua una duplice modalità di remunerazione per le prestazioni fornite: - prestazioni a costi standard (funzioni assistenziali individuate dalla Regioni che

riguardano fra l’altro malattie croniche, rare, emergenza, trapianti, ecc…); - prestazioni remunerate a tariffa per “acuti” (ricoveri e day hospital) e di specialistica

ambulatoriale. In ogni caso i livelli assistenziali e di finanziamento sono individuati contestualmente,

secondo le compatibilità finanziarie del Documento di programmazione economico-finanziara (Dpef).

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FONDI INTEGRATIVI • Fornitura di tutte le prestazioni aggiuntive non del S.S.N., comprese nei livelli essenziali ed

uniformi garantiti dal S.S.N.; • potranno essere istituiti da aziende, sindacati, associazioni almeno provinciali, Regioni, enti

locali, ONLUS e società di mutuo soccorso; • benefici fiscali.

DIRIGENZA MEDICA • La dirigenza medica è collocata in un unico ruolo distinto per profili professionali, ed in un

unico livello articolato in relazione alle diverse responsabilità professionali e gestionali:

1^ assunzione: dirigente sanitario con compiti professionali con precisi ambiti di autonomia e funzioni di collaborazione nella gestione dell’attività; dopo 5 anni di attività con valutazione positiva: dirigente con funzioni di natura professionale di alta specializzazione, di consulenza, studio e ricerca, ispettiva, di verifica e di controllo nonché incarichi di direzione di strutture semplici (gli incarichi hanno durata non inferiore a 3 anni e non superiore a 7, con facoltà di rinnovo); dirigente di struttura complessa: con specifiche competenze professionali e funzioni di direzione ed organizzazione della struttura, da attuarsi anche mediante direttive a tutto il personale operante nella stessa (gli incarichi hanno durata da 5 a 7 anni con facoltà di rinnovo anche per periodi più brevi), fermo restando la normativa vigente.

• verifica dell’operato del dirigente ogni tre anni e comunque, verifica al termine dell’incarico per

il dirigente con incarico di struttura; • richiesta di esclusività di rapporto col servizio pubblico per dirigere dipartimenti, strutture

semplici o complesse;

• obbligo di formazione ed aggiornamento continuo per tutta l’attività professionale.

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DIPARTIMENTI

“Raggruppamento di Unità Operative affini e complementari”finalizzato al raggiungimento di

obiettivi.

“Federazione” di Unità operative complesse ed altre strutture organizzative delle Aziende sanitarie o ospedaliere che mantengono la loro autonomia, indipendenza e responsabilità, riconoscendo la loro interdipendenza, in funzione del raggiungimento di comuni obiettivi, ed adottando codici concordati e consensuali di comportamenti clinico - assistenziali, didattici e di ricerca.

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La normativa sul Dipartimento

Legge 833/78

Stabilisce che le Regioni, nell’ambito della programmazione sanitaria, disciplinano con apposite leggi l’ordinamento degli ospedali in Dipartimenti, in funzione:

- dell’integrazione di divisioni, sezioni e servizi affini e

complementari;

- del collegamento tra servizi ospedalieri e territoriali, secondo le esigenze dei bacini di utenza;

- della gestione dei Dipartimenti sulla base delle integrazioni

delle competenze e della valorizzazione del lavoro di gruppo.

Legge 595/85 Obbligo per le regioni di predisporre, nel contesto dei loro

piani sanitari, progetti di ristrutturazione delle degenze ospedaliere sulla base della individuazione di aree funzionali omogenee afferenti alle attività di Medicina, Chirurgia e di Specialità che,

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pur articolate in divisioni, sezioni e servizi speciali di diagnosi e cura, anche a carattere pluridisciplinare, avrebbero dovuto:

- essere dimensionate in rapporto alle esigenze assistenziali;

- rappresentare misure di avvio all’applicazione delle norme

sancite dalla legge 833/78 in merito alla organizzazione dipartimentale degli ospedali.

Si concretizza un’organizzazione ospedaliera dipartimentale

aperta, collaborativa, trasversale, fondata sull’integrazione dei diversi contributi disciplinari e delle competenze e delle responsabilità professionali.

Legge 412/91

Introduce il concetto di Unità Operativa, sancendo la definitiva abolizione dei termini Divisione, Sezione e Servizio.

L’unità Operativa conserva la propria autonomia funzionale

in ordine alle patologie di competenza, nel quadro, però di una efficace integrazione e collaborazione con altre strutture affini e con uso in comune delle risorse umane e strumentali.

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D.Lgs. 502/92 e 517/93 Confermano la volontà del legislatore di realizzare

compiutamente la dipartimentalizzazione degli ospedali. Questi decreti legislativi sottolineano tre punti fondamentali

per il Dipartimento:

1. individuazione degli Ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione che abbiano almeno tre strutture di alta specialità e l’organizzazione funzionalmente accorpata ed unitaria di tipo dipartimentale di tutti i servizi che le compongono;

2. i Presidi Ospedalieri devono essere organizzati in dipartimenti; 3. si stabilisce anche la necessità e la funzionalità del

Dipartimento di Prevenzione ( al di fuori del contesto ospedaliero).

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CENTRI DI RESPONSABILITA’

La stuttura organizzativa formale che caratterizza ciascuna Azienda è il complesso dei rapporti esistenti tra le varie componenti aziendali.

Ai fini del sistema del controllo di gestione la struttura organizzativa formale è definita in termini di centri di responsabilità che sono unità organizzative, dirette da un responsabile che operano per raggiungere gli obiettivi aziendali impiegando determinati fattori produttivi.

Sono il sistema di individuazione delle responsabilità e quindi sono finalizzati al controllo ed alla “personalizzazione” dei costi.

I responsabili di ciascun centro esercitano le funzioni di programmazione e controllo.

Gerarchia dei centri ci responsabilità In qualsiasi azienda esiste una gerarchia dei centri di responsabilità. 1. Dal punto di vista degli organi di governo (Regione e Direzione generale) l’intera azienda

appare come unico centro di responsabilità; 2. Livello intermedio: aree di aggregazione di più funzioni

(nell’ambito delle ASL Presidi Ospedalieri, Distretti, dipartimenti); 3. Livello inferiore: unità elementari del sistema di responsabilizzazione formale unità

operative (divisioni, servizi, uffici).

I centri di livello superiore inglobano le responsabilità del livello inferiore, avendo comunque ulteriori proprie responsabilità.

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CENTRI DI COSTO

I centri di responsabilità dal punto di vista economico contabile, possono essere classificati in quattro tipologie fondamentali:

• centri di costo; • centri di ricavo; • centri di profitto; • centri di investimento.

Per “centro di costo” si intende l’unità aziendale elementare ovvero l’unità organizzzativa

che svolge una specifica attività sotto il controllo e la responsabilità di un dirigente ed alla quale è possibile attribuire, in modo completo ed esclusivo, i costi dei fattori produttivi impiegati.

In una azienda sanitaria un centro di costo si può identificare con il reparto, il day hospital, la sala operatoria, il laboratorio.

Centri di costo: stratagemma contabile utile e necessario per la corretta rilevazione e imputazione dei costi, ovvero per la determinazione dei coefficienti di costo da imputare ai podotti o alle produzioni e per controllare l’efficienza tecnico-economica.

I centri di responsabilità rispecchiano I centri di costo sono un’aggre- la struttura formale delle responsabi- gazione di risorse che vengono lità in azienda. utilizzate in maniera univoca ed Raggruppano al loro interno una esclusiva all’interno di unità opera- serie di unità operative rappre- tive, chiaramente individuabili in sentate dai centri di costo. base all’attività svolta e alla presen- CDR za di un responsabile. CDC CDC CDC

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Contabilità analitica

La progettazione del sistema dei centri di costo e di responsabilità è alla base della contabilità analitica aziendale.

Questa rappresenta il sistema di rilevazione dei fenomeni economici derivanti dalla gestione e permette di produrre informazioni previsionali attraverso la puntuale rilevazione dell’utilizzo dei fattori produttivi da parte dei diversi centri.

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Strumenti del controllo di gestione

Definizione obiettivi Risultati

Budget Utilizzazione Indicatori di attività e di offerta

Contabilità analitica

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LA QUALITA’ AI DIVERSI LIVELLI DELL’ORGANIZZAZIONE SANITARIA

LEADERSHIP

Capacità di influenzare il comportamento delle persone ad impegnarsi volontariamente per l’obiettivo comune.

L’influenza può essere di posizione, ossia connessa al ruolo formale, o personale, ossia dipendente dai requisiti e dalle caratteristiche del manager.

I principali stili di comportamento di leadership (direttivo, orientato al compito, e non direttivo, orientato alle relazioni umane), possono essere efficaci o inefficaci a seconda della situazione.

Leadership situazionale

Da queste evidenze è nata la teoria della leadership situazionale per la quale non esiste un

unico modo per influenzare le persone, ma molteplici. Il leader deve possedere una elevata capacità diagnostica in merito alle qualità ed ai bisogni

dei collaboratori per poter adottare lo stile più zappropriato secondo un modello di riferimentio che mette in relazione la “quantità” di comportamento direttivo e di comportamento di relazione necessari (da parte del leader), al livello di maturità del collaboratore.

Livelli di maturità del collaboratore

• basso: incapace, riluttante ed insicuro • medio-basso: incapace, ma disponibile e sicuro di sé • medio-alto: capace, ma riluttante ed insicuro • alto: capace, competente, disponibile e sicuro di sé.

Lo stile adeguato per ciascuno dei livelli di maturità definiti comprende una giusta combinazione di comportamento direttivo e di comportamento di relazione, secondo quattro possibili modalità:

• prescrivere il leader definisce i ruoli, dà specifiche direttive riguardo cosa e come fare,

attuando un comportamento molto direttivo • vendere il leader fornisce la maggior parte degli indirizzi da seguire per

l’assolvimento del compito, tuttavia, mediante il processo di spiegazione e comunicazione, cerca di “fare acquistare” ai propri collaboratori i comportamenti desiderati; lo stile prevede un comportamento che al contempo è direttivo e di relazione.

• coinvolgere il leader coinvolge e sostiene il collaboratore nello sforzo di utilzzare le capacità che già possiede attuando un comportamento ad alto contenuto di relazione e scarsamente direttivo.

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• delegare il leader fornisce poche direttive e poco sostegno in quanto le persone a questo livello di maturità sono capaci e disponibili.

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STILI DI LEADERSHIP ADEGUATI AI VARI LIVELLI DI MATURITA’

Livello di maturità Stile adeguato

M1 Bassa maturità

Incapace, riluttante ed insicuro

S1 Prescrivere

Comportamento di alta guida e bassa relazione

M2 Maturità medio-bassa

Incapace ma disponibile e sicuro di sè

S2 Vendere

Comportamento di alta guida e di relazione

M3 Maturità medio-alta

Capace ma riluttante ed insicuro

S3 Coinvolgere

Comportamento di alta relazione e bassa guida

M4 Alta maturità

Capace, competente, disponibile e sicuro di sè

S4 Delegare

Comportamento di bassa relazione e bassa guida

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OBIETTIVO DEI SISTEMI MANAGERIALI.

I SERVIZI SANITARI, AL FINE DI PROMUOVERE UN MIGLIORAMENTO CONTINUO DELLA QUALITA’

DELL’ASSISTENZA PRESTATA DEVONO:

SVILUPPARE ⇒ PROCESSI DI ANALISI

VALUTAZIONE

CAMBIAMENTO

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Le fasi essenziali del processo di estensione a tutta l’Azienda dell’approccio TQM/CQI sono quattro:

1. ATTENZIONE In questa fase la struttura operativa che guida il processo di adozione di logiche TQM/CQI cerca di determinare i punti di forza da cui procedere e di identificare le potenzialità di miglioramento.

2. PIANIFICAZIONE Una volta orientata, la struttura operativa deve sviluppare un piano di miglioramento continuo della qualità che indica gli obiettivi, le misure adeguate a valutare il successo degli interventi, le azioni che è necessario effettuare per al diffusione e l’adozione dei nuovi valori da parte dell’organizzazione. La fase di pianificazione si accompagna ad attività di formazione per cosiddetti “facilitatori” (membri di ciascun team di progetto che hanno il compito di favorire il lavoro di gruppo) e ad attività di comunicazione degli obiettivi e degli interventi previsti.

3. SVILUPPO Consiste in tutte le attività che portano al consolidamento dei progetti nella pratica corrente, ovvero della strutturazione della gestione quotidiana degli interventi di CQI, della produzione e comunicazione dei risultati, della prosecuzione delle attvità di formazione sui principi e sulle tecniche di TQM.

4. INTEGRAZIONE E GLOBALIZZAZIONE Ogni struttura per ogni processo adotta la filosofia di TQM/CQI, per cui clienti sono sistematicamente coinvolti in nuovi progetti di miglioramento fin dall’inizio, il management è diffusamente partecipativo e i valori della qualità sono parte integrante dell’attività quotidiana di gestione, il piano generale di miglioramento continuo della qualità viene valutato e modificato continuamente in funzione delle evidenze maturate circa la sua efficacia.

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LA QUALITY ASSURANCE PROPRIAMENTE DETTA

Per garantire agli interventi sanitari la massima probabilità di essere di qualità adeguata, è opportuno realizzare una serie di interventi armonicamente coordinati in un cosiddetto “ciclo di monitoraggio della qualità” (Donabedian).

I passaggi fondamentali di tale ciclo sono i seguenti (vedi lucido).

L’informazione sulla perfomance, in qualsiasi modo venga ottenuta, è il punto di partenza da cui prendono avvio interventi che si propongono di “assicurare” livelli adeguati di qualità tramite revisioni di efficacia relativa e di efficienza.

Il primo passo è quello di pervenire a un giudizio di qualità in termini di efficacia e di efficienza conseguite, giudizio di qualità che scaturisce dal confronto della perfomance attuale del sistema con criteri e standard predefiniti.

Il secondo passo è costituito da una analisi delle condizioni di caduta della perfomance.

L’obiettivo è l’individuazione di possibili localizzazioni o concentrazioni di livelli bassi di qualità assistenziale: in quali determinati momenti, in quali determinati luoghi o condizioni, in presenza di quali determinati operatori, in corso di espletamento di quali determinate funzioni.

Il quadro complessivo delle carenze qualitative rende possibile, se definito con precisione, la ricerca delle possibili cause la cui conoscenza è condizione necessaria e sufficiente per avviare azioni correttive. Queste ultime possono assumere connotati diversi in relazione alle carenze osservate.

Dopo aver avviato l’azione correttiva, si rende necessaria la ripresa del ciclo per valutare le conseguenze dell’azione stessa e per operare ulteriori miglioramenti della qualità della perfomance.

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APPROCCI ALLA VALUTAZIONE DELLA QUALITA’

Secondo il modello tradizionale proposto da Donabedian, sono riconoscibili 3 approcci alla valutazione della perfomance dei professionisti sanitari, ovvero di qualsiasi programma di intervento sanitario. a. valutazione della struttura ( o degli input), intendendo per struttura ogni

componente, sia materiale che organizzativa, relativamente stabile del “teatro” in cui si verifica il porcesso di erogazione dell’assistenza, quindi, il complesso delle risorse umane, fisiche, tecniche, finanziarie, organizzative, necessarie per garantire il funzionamento dei servizi Sanitari;

b. valutazione del processo ( o del throughput), intendendo per processo ciò

che gli operatori fanno per i loro assistiti e con quale grado di perizia lo fanno, da un lato, e, dall’altro, ciò che i pazienti fanno per curarsi, quindi, l’insieme delle attività assistenziali, ovvero l’insieme degli eventi che si verificano nel corso dell’interazione che si sviluppa tra il paziente e la struttura, ovvero, ancora, il comportamento definito in base a specifiche norme (etiche, scientifiche, sociali);

c. valutazione dell’esito (o dell’outcome), intendendo per risultato, non solo ciò

che si riesce a compiere a favore di ciascun assistito ovvero, più precisamente, il cambiamento dello stato di salute che può essere attribuito al processo assistenziale e che deve essere valutato come conseguenza dell’attività sanitaria, ma anche il grado di conoscenza della propria malattia, il cambiamento di comportamento favorevole al miglioramento della salute e, soprattutto, la soddisfazione provata da chi riceve assistenza.

Il modello della valutazione si basa sull’assunto che tra struttura, processo ed esito vi sia una stretta relazione, rappresentabile, schematicamente come una “catena” causa-effetto in cui, tuttavia, il nesso causale può essere definito solamente in termini probabilistici: STRUTTURA PROCESSO ESITO

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GLI ATTRIBUTI DELLA QUALITA’ DELL’ASSISTENZA

Per individuare attributi della qualità in base ai quali possano essere formulati giudizi oggettivi su di essa, pare opportuno fare riferimento a un’altra definizione proposta da Donabedian che sostiene che: l’assistenza sanitaria è di qualità adeguata se gli operatori che la erogano, effettuando gli interventi che il progresso delle conoscenze scientifiche indica come capaci di produrre gli effetti desiderati e appropriati, interventi che devono essere congruenti con i valori morali della società e devono essere realizzati in modo tale da generare soddisfazione in coloro che li ricevono, sono in grado di massimizzare i benefici espressi in termini di salute aggiunta a fronte dei rischi corsi per produrli. In questa definizione di qualità dell’assistenza sanitaria sono rintracciabili 7 attributi principali, ovvero: 1. Efficacia assoluta (dimostrata capacità di produrre, in teoria, gli effetti desiderati); 2. Appropriatezza (indicazione nei casi specifici); 3. Accettabilità (coerenza con i principi morali validi a livello sociale); 4. Soddisfazione degli utenti (capacità di produrre i risultati secondo modalità e esiti

effettivamente accettati dai riceventi), 5. Efficacia relativa (capacità concreta di produrre benefici in termini di salute); 6. Efficienza (capacità concreta di produrre benefici con la minor quantità di rischi fatti correre

ai riceventi); 7. Accessibilità (disposizione dei servizi idonea a favorirne l’utilizzazione dea parte degli

utenti che ne hanno reale necessità).

1. EFFICACIA ASSOLUTA Gli operatori sanitari, per aumentare al massimo le probabilità di conseguire livelli ottimali di qualità dell’assistenza erogata, devono operare una scelta di campo a priori; “devono essere utilizzate solamente tecnologie di cui è stata dimostrata l’efficacia sulla base di metodologie rigorose”.

2. APPROPRIATEZZA Gli operatori sanitari devono stabilire il grado di congruenza tra interventi ritenuti necessari ed effettivamente realizzati e criteri di scelta degli interventi stessi, definiti come adeguati a priori in sede di technology assessment. Per assicurare il massimo grado di appropriatezza ai loro interventi, gli operatori devono partecipare alla produzione di (e utilizzare successivamente) linee guida capaci di ridurre al minimo la variabilità clinica legata alla mancanza di conoscenze o alla soggettività con cui vengono frequentemente individuati o applicati criteri di scelta delle politiche assistenziali.

3. ACCETTABILITA’ Gli operatori sanitari devono utilizzare quegli interventi che, essendo efficaci in teoria e coerenti con criteri di appropriatezza, sono stati giudicati compatibili con i principi dell’etica professionale e sociale, ovvero risultano accettabili.

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4. SODDISFAZIONE DEGLI UTENTI Una delle prove principali del livello di qualità conseguito assistendo gli utenti dei Servizi Sanitari è l’accettazione concreta del processo assistenziale e dell’esito conseguito.

5. EFFICACIA RELATIVA Un intervento una tecnologia, dimostratisi in teoria efficaci nelle sedi in cui viene sviluppata la ricerca scientifica, si devono dimostrare efficaci anche nella pratica assistenziale corrente.

6. EFFICIENZA È di estrema importanza riconoscere che nel concetto di qualità dell’assistenza è presente la componente “efficienza”, nel senso che maggiore è la qualità del processo assistenziale posto in essere, maggiore è il grado di efficienza raggiunto. È singolare il fatto che, per conseguire efficienza, non è indispensabile che l’operatore sviluppi ragionamenti economici, bensì è sufficiente che continui a: a. porsi come obiettivo l’ottimizzazione del livello di qualità delle sue prestazioni, b. applicare i ragionamenti tecnici e i metodi propri della sua professionalità (cosiddetta

“efficienza clinica” secondo Donabedian).

7. ACCESSIBILITA’ È indispensabile operare profondi mutamenti dell’assetto organizzativo, vista la tradizionale incapacità di risolvere problemi banali relativi a caratteristiche dei Servizi Sanitari che rappresentano ormai l’ “a,b,c” della qualità dell’assistenza. Ci si riferisce a elementi quali: • Accessibilità dei Servizi Sanitari; • Disponibilità quali-quantitativa di Servizi Sanitari; • Aggredibilità degli oneri imposti dalla necessità di accedere ai Servizi Sanitari; • Arrangiamento organizzativo dei Servizi Sanitari.