Il segreto delle tre pallottole

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Il segreto delle tre pallottoleTorrealta Maurizio; Del Giudice Emilio

ISBN: 9788896238752

Questo libro è stato acquistato da:Paolo Porsia

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il 31 marzo 2011Numero d'ordine: 6236402

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VERDENERO

INCHIESTE

Maurizio Torrealta, Emilio Del GiudiceIl segreto delle tre pallottole

© 2010, Edizioni Ambiente S.r.l., via Natale Battaglia 10, 20127 Milanowww.edizioniambiente.it; tel. 02 45487277

© 2010, Maurizio Torrealta, Emilio Del Giudice

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Finito di stampare nel mese di aprile 2010presso Genesi Gruppo Editoriale – Città di Castello (Pg)

MAURIZIO TORREALTAEMILIO DEL GIUDICE

IL SEGRETO DELLETRE PALLOTTOLE

Edizioni Ambiente

INTRODUZIONE

Dal momento che, finora, abbiamo raccontato nelle nostre inchieste storie vere e terribilisenza che ne sortisse alcun effetto, qui racconteremo le medesime storie come se fosseroil frutto della nostra immaginazione, sperando in questo modo di stimolare la fantasia dellettore – cosa che ci siamo ben guardati dal fare nei nostri precedenti lavori – e diarricchire la percezione degli eventi drammatici che stanno avvenendo nel silenzioassoluto o che sono già avvenuti nella totale ignoranza. È di questo difetto dellapercezione, di questo sonno dell’intelligenza che siamo maggiormente preoccupati e diquesto, lavorando nell’informazione, ci sentiamo in parte responsabili.

Quindi, con il passo claudicante di chi preferisce muoversi piuttosto che rimanere fermoad aspettare, abbiamo creato un personaggio fittizio e imperfetto come noi siamo, chenon potevamo non chiamare Claudio – da claudicans –, un personaggio nato dallasovrapposizione di quattro persone in carne e ossa: Flaviano Masella, Mario Sanna,Angelo Saso e Maurizio Torrealta, in rigoroso ordine alfabetico. Quattro giornalisti facentiparte del gruppo “Inchieste” di Rainews24, che si sono trovati a girare il mondo seguendoun particolare filone di ricerca. Partiti da un servizio girato sulle ricerche effettuate da ungruppo di scienziati dell’Enea di Frascati intorno al tema della fusione fredda, abbiamo poiallargato la nostra inchiesta toccando Inghilterra, Libano del Sud e Stati Uniti, con loscopo di trovare risposta ad alcune semplici domande: perché una valida ricerca sullafusione a temperatura ambiente è stata volutamente ignorata? Perché è stato trovatouranio arricchito in un cratere provocato da una bomba a Khiam, nel Libano meridionale?Perché le pallottole all’uranio impoverito producono 4000 °C di temperatura? Perché intali proiettili si trovano tracce di altri elementi radioattivi? Qual è il funzionamento deinuovi ordigni sganciati a Gaza, ordigni in grado di amputare gli arti inferiori delle personecolpite senza lasciare traccia di frammenti metallici?

Le risposte a questi quesiti sono collegate tra di loro da un segreto tenuto nascosto perpiù di venti anni: la scoperta di un processo fisico che ha permesso di produrre bombenucleari della dimensione di una pallottola, probabilmente già utilizzate nei principaliscenari di guerra del recente passato e dell’immediato presente. Si tratta di un segretolegato a doppio filo con il famoso “memorandum Groves”, documento secretato fino al1975, nel quale James B. Conant, presidente del National Research Defence Council1 eper molti anni anche rettore di Harvard, suggeriva ai responsabili dell’amministrazioneamericana l’utilizzo dell’uranio “sporco” per inquinare le città nemiche con nuvole dinanoparticelle radioattive, prevedendo con esattezza gli effetti sulla salute delle personecoinvolte, effetti poi verificatisi nella realtà in Iraq, Kosovo, Afghanistan e Libano, ossia

nelle aree di fatto bombardate con tonnellate di uranio sporco dai cosiddetti paesidemocratici.

Sia ben chiaro, questo è solo un romanzo, liberamente ispirato a fatti veri. Alcuni nomisono di fantasia, ma buona parte delle testimonianze riportate sono state registrate nelcorso delle nostre inchieste e, per quanto fantastiche e inaudite possano sembrare, sonosemplicemente vere. Per non togliere al lettore la sorpresa di ciò che, durante le nostreindagini, ha portato a risultati incredibili – accezione da prendere nel senso letterale deltermine – quanto riportato in corsivo nei servizi di Claudio corrisponde a testimonianzeregistrate sul campo. Spesso la verità è a tal punto inverosimile da prestarsi a esserenarrata come fosse un parto della fantasia.

La narrazione è costellata di notizie storiche su personaggi realmente esistiti: EdwardTeller, Alfred Coehn, Percy William Bridgman, James B. Conant, Martin Fleischmann,Stanley Pons e S. T. Cohen sono tutte “personalità storiche” del mondo della scienza, espesso anche del mondo della guerra. Qualcuno di loro è divenuto anche un personaggiodella nostra storia: starà al lettore valutare se stiamo fantasticando o raccontandosemplicemente quello che ci è successo.

Quando si affrontano temi complessi come quello raccontato in questo libro, la veritàfinisce inevitabilmente per essere più di una. Del resto, noi autori non apparteniamo aquel genere di giornalisti sempre alla ricerca dello scoop e non vogliamo stupire coneffetti speciali. Sarà il lettore a convincersi se questa storia è fantastica e inverosimile,fantasiosa ma verosimile, o inverosimile ma vera. Noi vorremmo solo che il grande donoricevuto in sorte dall’essere umano, quello di poter osservare il mondo circostante e farecongetture su di esso, tornasse a essere un patrimonio fondamentale della collettività.Consapevoli di quanto fragile sia l’autonomia di pensiero che pure rivendichiamo,abbiamo comunque la presunzione di cercare di ragionare su questi argomenti, per capirei quali, a ben vedere, sono sufficienti le basi fornite dagli studi delle scuole superioriinsieme a quell’arroganza nel fare le domande che, in un paese libero come il nostro, hacresciuto frequentatori di bar, lettori di giornali e casalinghe dalla radio sempre accesa. Equando le nostre conoscenze si sono rivelate inadeguate – e questo è avvenuto spesso –,una validissima comunità di scienziati italiani ci è venuta in aiuto, prodigandosi nellostudio e nella ricerca. Questo enorme patrimonio umano – il più delle volte inutilizzato,quando non “sottratto” al nostro paese – che gli altri paesi continuano a invidiarci, è statala scoperta più gradita di tutto il nostro lavoro, oltre che fonte di un aiuto insostituibile.Tra tutti questi insperati angeli custodi della conoscenza, quello che ci è stato piùgenerosamente vicino, condividendo con noi segreti, ipotesi e ragionamenti, nonchénumeri telefonici e amicizie, è stato il fisico teorico Emilio Del Giudice, il quale, ogni voltache parla, ci regala la preziosa illusione di comprendere la fisica nucleare così come sicapisce la topografia di Roma.

Il suo ruolo di coautore del presente libro ha come motivazione profonda quella di volercercare di mantenere l’illusione di aver capito la fisica nucleare. Per conservare l’aspettoromanzato del testo, anche Emilio Del Giudice vi appare come personaggio con il nome diKurt Grass, in “omaggio” al suo aspetto fisico.

Come giornalisti e scrittori coltiviamo una speranza, quella che l’espressione “uranioimpoverito” venga finalmente, e quanto prima, sostituita nei pezzi giornalistici con quelladi “uranio sporco” oppure di “uranio caricato con gli isotopi dell’idrogeno”, o che almenonon appaia più senza l’aggettivo “cosiddetto”. Ci sono termini, come “limbo” o “sferecelesti”, che sono stati cancellati dai libri di teologia e lasciati solo come testimonianza diuna conoscenza provvisoria e fallace, come solo può esserla quella degli uomini. Lostesso deve avvenire anche per l’espressione “uranio impoverito”, e questo non perchéesso non esista, ma perché tale uranio non è quello utilizzato nei campi di guerra. Talecorrezione si rende ancora più necessaria dopo la desecretazione del “memorandumGroves”, avvenuta ben trentaquattro anni fa. D’ora in poi, chi continuerà a pronunciarequell’espressione dimostrerà tutta la sua caparbia superficialità e ignoranza.

Un’ultima raccomandazione al lettore, perché impari finalmente a rifiutare gli aggettiviassociati ai nomi delle nuove armi: “nucleari ecologiche”, “atomiche sostenibili”, “nuclearichirurgiche”, “armi nucleari virtuali”, “fattori di deterrenza”, “robusti penetratori delterreno”, “deterrenza tecnica”, “deterrenza per competenza”, “demolitore di palazzinucleare” ecc. Prima o poi, i paesi che si rendono colpevoli del loro impiego dovrannoammettere di averle utilizzate.

Perciò, lasci il lettore questi ossimori agli equilibristi della morale e impari aconsiderarle per quel che sono: armi nucleari tattiche. E soprattutto, sia consapevoledelle implicazioni che questa espressione comporta. Buona lettura.

Fu un periodo di esperimenti decisivi e di tentativi temerari,

di molte false partenze e di molte ipotesi insostenibili.Fu un’epoca di controversie, di critiche, di brillanti

improvvisazioni matematiche... per coloro che vi parteciparono,fu un periodo di creazione: il nuovo orizzonte li atterriva

e li esaltava insieme. La sua storia, forse, non saràmai narrata completamente. Una ricostruzione storica del genere

richiederebbe la stessa altissima perizia della storia di Edipoo di Cromwell, ma in un campo così lontano

dall’esperienza comune che probabilmente nessun poetao storico potrà mai conoscerlo.

Robert Oppenheimer

QUELLA STRANA TELEFONATA

Il professore esce dall’aeroporto di San Francisco come da una lunga apnea e si avvicina aun taxi.

«Mi può portare a Union Square?».Il taxi imbocca la US-101 Nord. Il professore si abbandona sul sedile posteriore e

guarda fuori dal finestrino. Le sopracciglia si inarcano, le rughe si increspano, gli occhi sistringono. Anche il tassista glielo legge in faccia.

Che viaggio orribile: un’ora nell’aereo a Salt Lake City prima di decollare, lacoincidenza per Londra persa e ora la ricerca di un albergo con questo miointestino pesante come piombo.

Il taxi corre sulla Bayshore, è una sera dell’estate del 1989, dal lato della baia siintravede una nebbia azzurrognola sospesa sull’acqua, una visione in grado ditranquillizzare anche l’animo più agitato, ma sul professore non ha il minimo effetto. Iltaxi si ferma a Union Square. Al centro della piazza troneggia una vecchia statua dellavittoria. Il taxi se ne va e il professore si dirige verso un albergo, poi decide di puntare aquello successivo. Il disagio di questa imprevista notte a San Francisco giustificherebbe ilmiglior albergo dello Shopping District ma, per poche ore, un albergo o l’altro non fadifferenza.

Il professore si avvicina al banco della reception e biascica: «Vorrei una stanza perstanotte...».

Il telefono della reception lo interrompe e l’uomo al banco si affretta a sollevare lacornetta.

«Chi? Quando sarebbe arrivato? È sicuro? Chi lo vuole? Un attimo...». Poi, rivolgendosia lui: «È per lei, la vuole al telefono il professore Edward Teller».

Il professore afferra l’apparecchio.«Chi mi vuole? Chi parla?» farfugliando domande senza quasi aspettare risposta. «Chi?

Da dove? Non capisco... chi parla?».Dall’altro lato una voce con un forte accento ungherese gli risponde: «Sono il

professore Edward Teller, ho saputo che lei è in partenza per farsi operare, voglio farle imiei migliori auguri di pronta guarigione, volevo anche approfittarne per avere alcuneinformazioni sul suo esperimento, sul livello di caricamento e sul campo elettricoottimale... se ovviamente non la disturbo...».

Il professore, con un movimento impercettibile delle labbra, pronuncia frasi banali diconvenienza seguite da suggerimenti tecnici altrettanto banali.

«Proceda gradatamente con il caricamento. Dopo un certo tempo, nell’ordine di alcunesettimane, vedrà manifestarsi il calore... siamo ancora in fase sperimentale e bisognaproseguire con cautela...».

Ma il suo volto dice altre cose:

Come diavolo fai a sapere che sono qui, quando io stesso non sapevo di venirci?Dunque mi stanno seguendo. Perché?

La telefonata si conclude con reciproci cordiali commiati.«... mi faccia sapere come andrà, siamo tutti con lei».«La sua telefonata mi ha fatto felice, la ringrazio molto dell’attenzione, a presto».Aggancia il telefono e chiede di essere accompagnato in camera.«Ha fatto buon viaggio?» gli chiede il ragazzo dell’albergo. «Vuole che le porti qualcosa

da bere dal bar? Vuole che alzi la temperatura della stanza?».Il professore non risponde, chiude la porta e si dimentica anche di dargli la mancia. Si

butta sul letto, chiude gli occhi e ricomincia a pensare:

Teller, l’ispiratore del dottor Stranamore... 2 Lo scienziato pazzo che non riusciva atrattenere il braccio dal fare il saluto fascista. Quando è venuto negli Stati Uniti halitigato con tutti gli scienziati del progetto Manhattan. Secondo lui, Los Alamos eraun covo di comunisti. Voleva fare la bomba H a ogni costo, anche se neanche un solo suo calcolo eragiusto... si fece fare un laboratorio su misura dai militari perché non andavad’accordo con nessuno. È una persona impressionante, una grande intelligenzafuori controllo e troppo vicina ai militari. Se qualcuno mi avesse spedito una bustacon cinque proiettili mi sentirei più tranquillo piuttosto che ricevere gli auguri dipronta guarigione da lui. La guarigione... Già, ma di che malattia soffro?

Tanti microscopici tumori al colon provocati da qualcosa che nessuno conosce.

... Perché hanno fatto ritardare l’aereo e hanno organizzato questa stupida messain scena della telefonata prima che partissi per Londra? Il messaggio è chiaro:“Sei seguito, non parlarne con nessuno, possiamo trovarti quando vogliamo,sparisci perché le cose che sai non devono essere conosciute”. Non sono un paranoico che si spaventa per una telefonata di auguri. Si trattacomunque della telefonata del padre della fusione calda al padre della fusionefredda e già questo spiega una qualche divergenza di punti di vista, se non altrosui livelli di temperatura. Se Teller mi avesse chiamato a casa o all’università...tutto tranquillo, ma in questo albergo... le mie paure hanno decisamente unfondamento.

«Quando sai perché hai paura, non sei più spaventato» pronuncia a voce alta.Il professore sembra rinfrancato dalla sua lucidità, si rasserena, prende dal frigorifero

un pacchetto di noccioline, le mangia e ricomincia a pensare:

Perché mi fa seguire? Ora tutto quello che faccio è pubblico... con il mio collega, loabbiamo raccontato in conferenza stampa. Ci deve essere qualcosa nelle ricercheche sto facendo o che ho fatto che disturba Teller. Entrambi abbiamo cominciatocome chimici, anche lui come me si è occupato dell’idrogeno, la sua tesiriguardava il primo trattamento accurato dello ione molecolare dell’idrogeno eanche io mi sto occupando di qualcosa di simile. Può essere che lui sappiaqualcosa di più di quello che so io... che lui voglia usare quello che io ho scopertoper finalità diverse dalle mie. Di una cosa sono certo, questo è solo l’inizio, non sifermerà, ed è un brutto inizio.

GLI SCIENZIATI DEL RAPPORTO 41DELL’ENEA

Firenze, estate 2006. Claudio si sporge verso la fila precedente e mormora all’orecchio diNorma, una ragazza bionda che gli sta davanti: «È l’ottavo “come dire”».

«È un convegno sulle nuove guerre, o una riunione di militanti balbuzienti?» rispondelei, senza voltarsi.

«Chi sa, non parla... e chi parla, non sa. Ora siamo nel secondo caso» replica luisottovoce.

«Come facciamo a entrare nel primo, se chi sa... sta zitto?».Nell’aula universitaria c’è caldo, confusione. Non si tratta di una lezione ordinaria,

anche se il silenzio viene rispettato prima e dopo ogni intervento. Un uomo al tavolo dipresidenza annuncia una pausa per il caffè. Claudio scatta in piedi cercando diraggiungere Norma per continuare la conversazione, quando un signore anziano con unacortesia inusitata ai presenti nell’aula gli si avvicina e a bassa voce gli sussurra: «Mi deveperdonare se la importuno, sono il professor Palazzi, apprezzo molto le inchieste che lei eil suo gruppo di giornalisti realizzate e, se permette, vorrei suggerirle un argomentoparticolare...».

Claudio segue con gli occhi Norma che si allontana con un gruppo di altre persone esospirando risponde: «Mi dica pure, professor Palazzi...».

«La fusione fredda. Come lei si ricorderà, il 23 marzo 1989 due professori di Salt LakeCity annunciarono la possibilità di produrre reazioni nucleari a bassa energia. Ci fuun’opposizione durissima contro di loro: furono accusati di falsificazione dei dati, disuperficialità e di ogni altra possibile scorrettezza scientifica. Ora un gruppo di scienziatidell’ENEA, ente presieduto dal noto premio Nobel, ha verificato che l’esperimento èriproducibile e ha individuato anche i valori per tale riproducibilità. Potrebbe essere moltointeressante per voi occuparvi di questo. Si metta in contatto con questo fisico teorico»dice allungandogli un biglietto.

Quindi, con la stessa cortesia, si accomiata: «Mi scusi se l’ho disturbata e le ho rubatodel tempo prezioso. Ancora grazie per quello che state facendo...».

Claudio rimane immobile, ormai si è dimenticato di Norma. È successo quello chesperava avvenisse: qualcuno, che sa e che fino ad allora non aveva parlato, gli hapassato, molto timidamente, una informazione riservata. E d’un tratto, l’elenco delle suepriorità ha mutato aspetto: tornare in redazione, contattare il gruppo dell’ENEA, studiarela fusione fredda, recuperare informazioni sugli scienziati che ci stanno lavorando. Ilbiglietto... non deve dimenticarsene, copia velocemente sull’agenda il nome e il numero

di telefono.

Il luogo è davvero strano: troppo impersonale per definirlo un villaggio e troppo demodéper sembrare un centro scientifico. Il caos che vi impera offre comunque la sensazioneche, in quel disordine, sopravviva un’insopprimibile forma di vitalità. La dottoressa Garbatisaluta Claudio con cortesia e lo conduce in un anonimo edificio anni Settanta. Illaboratorio riporta una strana sigla sulla porta: FF11018.

«In questo laboratorio abbiamo lavorato dal 1999 al 2002. Questa è la cameratermostatata che ha ospitato l’esperimento di elettrolisi. Abbiamo realizzato unesperimento nel quale era possibile simultaneamente misurare eccessi di calore el’eventuale produzione di elio 4, che è la firma della natura nucleare dell’evento difusione» gli racconta la ricercatrice.

«Quale evento?» domanda Claudio.«La fusione a freddo di due nuclei di idrogeno o se preferisce del loro isotopo, il

deuterio».Claudio sorride in silenzio pensando che non ha idea di cosa sia il “deuterio”, poi

chiede: «Mi spieghi tutto dall’inizio».«Nel 1999, quando il premio Nobel divenne presidente di questo ente, si assistette a

una sorta di favorevole congiuntura astrale: ci furono affidati un miliardo e 150 milioni dilire e trentasei mesi di tempo per verificare, dieci anni dopo l’annuncio dato a Salt LakeCity, se la fusione fredda fosse una bufala o un’incredibile scoperta. Nell’aprile del 2002mandammo una nota al presidente per informarlo che eravamo pronti a relazionare sulprogetto. I risultati ottenuti dimostravano la validità della teoria della fusione fredda:c’era effettivamente una relazione diretta tra la produzione di atomi di elio 4 e laproduzione di calore.3 Il premio Nobel si dimostrò molto contento della notizia, anzipartecipò con noi alla stesura di un rapporto, prodigandosi in consigli e suggerimenti.

Pochi giorni dopo, però, lo scenario mutò radicalmente: le riviste, con diversemotivazioni, non pubblicarono il rapporto, il premio Nobel si rese irreperibile, nessuno cidisse “questo non va fatto” o “questo è sbagliato”. Il tutto rimase bloccato finoall’autunno del 2002, quando decidemmo di inviare la richiesta di un nuovo finanziamentoper proseguire le ricerche sulla fusione fredda. Ma, anche in questo caso, nessunarisposta. Poi un inaspettato colpo di scena: una comunicazione dell’alto commissariato delCEA, l’organismo responsabile di tutte le attività nucleari civili e militari della Francia. IlCEA aveva ricevuto dal gigante francese EDF (Électricité de France) la richiesta di tornarea lavorare sulla fusione fredda, e noi fummo invitati a Parigi a tenere seminari su questoargomento. Le nostre ricerche riscossero un notevole interesse, tanto che vennero inviatitre scienziati francesi, proprio in questo laboratorio dove siamo noi ora, per fotografare erealizzare disegni delle nostre apparecchiature in vista dell’apertura di un laboratoriosimile alla periferia di Parigi. Insomma, si muovono dalla Francia per copiare la nostraesperienza, mentre in Italia quelli che l’hanno finanziata non fanno nulla per proseguire lericerche».4

«Dottoressa potrebbe darmi un’idea di quali sarebbero le conseguenze pratiche deivostri esperimenti?» la interrompe Claudio.

«Consideri che noi abbiamo fatto esperimenti indirizzati a verifiche scientifiche e chequindi abbiamo usato metalli come il palladio, chiamato l’oro bianco per il suo prezzo, mala fusione fredda può avvenire all’interno di diversi metalli pesanti più economici, come adesempio il tungsteno. Utilizzando un litro di acqua distillata e l’intero reticolo di unastecca di tungsteno di pochi centimetri cubi e dal costo di pochi euro, si possono produrrepotenze di decine di Kilowatt per centinaia di anni. Queste sono le unità di misuradell’energia prodotta».

«Continui a raccontarmi la storia della vostra scoperta, dottoressa».«C’è un altro colpo di scena: il 20 ottobre del 2004 il Ministero delle Attività Produttive

convocò il nostro gruppo. Era venuto a conoscenza dei risultati delle nostre indagininavigando in internet, dove avevamo pubblicato il Rapporto 41, quello sulla nostraricerca. Il Ministero si dichiarò interessato a finanziare, con 800 mila euro per due anni,una ricerca sulla fusione fredda. Ovviamente noi eravamo felicissimi all’idea... poi dinuovo un altro colpo di scena: l’ENEA venne contattata dal Ministero, accettò ilfinanziamento ma decise di affidarlo a un altro gruppo che stava già seguendo un altrofilone di ricerca in collaborazione con partner americani e israeliani».

«Sembra che non abbiate molti sostenitori. Probabilmente c’è un legame tra i risultatipositivi ottenuti, il dileguarsi di tutti i sostenitori e questo ultimo scippo di fondi. Ma qualiinteressi potrebbe disturbare la fusione fredda?».

«Ogni volta che si fa qualcosa di nuovo si alterano gli equilibri e gli interessi di chiopera nel modo precedente. Pensi, ad esempio, quanto furono allarmati gli ammiragli deigrandi velieri dalla comparsa delle prime navi a motore. Se poi pensa che sono statistanziati molti miliardi di euro per costruire un enorme impianto (ITER) per studiare lafusione a caldo, può immaginare quanto disturbi la fusione fredda...».

Claudio sembra non essere completamente convinto dalla spiegazione. Infatti, dopoqualche minuto di silenzio domanda: «Se fossero solo queste le ragioni, allora anche ivostri colleghi che lavorano con americani e israeliani dovrebbero incontrare le stessedifficoltà. Forse sono altre le ragioni...».

La ricercatrice si fa più seria e ribatte: «Suppongo che su questo argomento siano staterealizzate da tempo ricerche di vari soggetti, alcuni accademici, altri industriali... altri néaccademici né industriali, ma se parlassi di questa mia supposizione, peggiorerei soltantola situazione, ed è decisamente meglio che il nostro colloquio finisca qui. Tenga presente,quando incontrerà difficoltà su questo argomento, che potrebbero provenire da moltedirezioni. La prego di mantenere questa mia conversazione riservata».

«Stia tranquilla, la telecamera è spenta. Ho preso solo qualche appunto: prima vogliocapire, poi vedrò come raccontare questa storia. Posso chiamarla e chiederle aiuto se nondovessi capire qualcosa?».

«Certo».«Dovrebbe spaventarsi, perché ciò avverrà molto spesso. Questo è il mio biglietto da

visita. A presto, allora...».Poco più tardi, mentre guida in direzione della redazione, Claudio si concede il raro

piacere di ragionare. Quando vengono acquisite nuove informazioni – e questo nonsuccede molto spesso – le sinapsi celebrali assonnate sembrano risvegliarsi e iniziare una

misteriosa danza per analizzare i nuovi dati in modo da prefigurare supposizioni everifiche.

D’altra parte cos’altro fanno gli umani se non fare supposizioni? Questa è la loro unicaattività: dalle prime giornate sui banchi di scuola fino all’ultimo, piccolo salto prometeico,quello dal letto di casa alla fossa del cimitero, gli uomini e le donne non fanno altro chefare supposizioni; anche quando non hanno più nulla da supporre, si appassionano aicruciverba, alla trasmissione televisiva. E così Claudio, che segue la danza delle ipotesinella sua mente:

Le indicazioni del professore Palazzi sono giuste. La storia è affascinante, sitratterebbe di fare una sorta di Reverse Engineering, un lavoro di ingegneria alrovescio: più la ricerca prosegue, più qualcuno si preoccupa di rallentarla.Bisognerebbe capire perché qualcuno cerca di nascondere questa scoperta...possiamo fare due ipotesi: la prima, che la scoperta di una nuova fonte di energiaa basso costo spaventi chi fino a ora ha guadagnato vendendo energia. Laseconda, che dietro questa scoperta ci possa essere un processo fisico dallemolteplici potenzialità che non deve essere rivelato a nessuno, perché potrebbefornire enormi vantaggi economici e militari. Deve esserci una ragione di questogenere... ma le mie conoscenze sono ridicolmente inadeguate. Devo capire meglioi processi fisici. Avrei bisogno di... ma certo, del fisico teorico che mi ha consigliatoPalazzi, ecco di chi! Devo chiamarlo, lui sicuramente potrà aiutarmi.

Con una mano sul volante, recupera l’agenda e cercando di non perdere di vista la strada,sbircia il nome.

«Kurt Grass. Il prefisso è in Toscana. Mi conviene chiamarlo subito» dice a voce alta.

IL PROFESSORE SOGNA EDWARD TELLER

In parole semplici, che né la volgarità, né l’umorismo,né l’enfasi, potranno mai cancellare, i fisici hannoconosciuto il peccato e questa è una conoscenza

che non possono dimenticare.Robert Oppenheimer

Certi alberghi come certe persone, visti di mattina, perdono quel sottile fascino cheemanavano la sera. L’unico desiderio che riescono a far nascere è quello di lasciarli al piùpresto.

Il viaggio del professore verso l’aeroporto è una sorta di proiezione al contrario delleimmagini della sera precedente, con un’unica differenza: ora sa di essere pedinato.Proprio per questo non vuole pensarci.

Che differenza vuoi che faccia riconoscere l’agente incaricato di un’operazione cosìnoiosa come quella di seguirmi? Il problema è un altro...

La porta dell’aeroporto di San Francisco lo aspira all’interno anestetizzandolo per tuttol’iter dell’imbarco: gli unici pensieri sono quelli di mantenere il posto nelle diverse file dipasseggeri verso l’aereo per Londra. Ma quando l’aereo si stacca da terra e dal finestrinocominciano a venirgli incontro le arrotondate forme delle nuvole, in quel momento gli èimpossibile non socchiudere gli occhi e imbattersi nelle ombre che si agitano nella mente.

Il problema non sono i militari, loro fanno il loro lavoro, il problema è EdwardTeller. È sempre stato un problema per tutta la comunità scientifica. Nulla daobiettare sulla sua brillante attività di fisico teorico, sono i suoi rapportiinterpersonali che sono disastrosi. Appena è entrato nel progetto Manhattan percostruire la bomba nucleare ha iniziato a litigare con Oppenheimer, il qualecercava di coinvolgerlo affidandogli l’incarico della bomba all’idrogeno,inutilmente... Teller ha aspettato il momento giusto e lo ha accusato di essere unpericolo per la sicurezza del suo Paese.5 Robert Oppenheimer, l’uomo piùimportante in quel momento, il responsabile della costruzione della prima bombanucleare degli Stati Uniti. Il padre della bomba all’idrogeno ha fatto fuori il padredella bomba nucleare. Dopo quel gesto, gli scienziati che avevano voglia di avere

rapporti con lui sono pressoch spariti. E lui li ha sostituiti con i militari, che sonodiventati i suoi sostenitori più accaniti. Cosa diceva Enrico Fermi di Edward Teller?Ah sì, «l’unico monomaniacale che è affetto, nello stesso tempo, da monomanieplurime».6 Mentre il fisico Isidor I. Rabi affermava: «Il mondo sarebbe statomigliore senza Teller».7Quando Teller ha accusato Oppenheimer di essere un membro del Partitocomunista americano, la difesa di Oppenheimer è stata trasparente: «Hoconosciuto soltanto un membro del Partito comunista: mia moglie, della cuidissociazione dal partito, della cui integrità e della cui lealtà verso gli Stati Unitinon ho alcun dubbio. Non sono mai stato un membro del Partito comunista. Nonho accettato mai il dogma o la teoria comunista; infatti, li ho sempre consideratiinsensati per me». Ma di fronte a questa replica, Teller ha insistito e il suo intervento pubblico èdivenuto storia: «Oppenheimer... sono stato in profondo dissenso con lui sunumerosi punti e le sue azioni, sinceramente, mi sembravano confuse ecomplicate. A un tale livello che io preferirei vedere gli interessi vitali di questanazione nelle mani di qualcuno che io possa comprendere meglio e di cui dunquepossa fidarmi di più. Solo in questo ambito, molto limitato, io mi sentireipersonalmente più sicuro se gli interessi pubblici fossero nelle mani di qualcunaltro».8A Los Alamos girava la battuta che i calcoli di Edward Teller per la bombaall’idrogeno fossero così sbagliati, che qualcuno avrebbe dovuto passarli ai russiche in questo modo sarebbero stati messi fuori gioco. Una volta Enrico Fermi,stanco di ricevere le lamentele degli altri scienziati per le isterie di Edward Teller,lo convinse a scrivere un articolo sulla nascita della bomba all’idrogeno,consigliandogli di dichiarare che si trattava di un lavoro collettivo che coinvolgevaanche lo scienziato Stanislaw Ulam. Lui lo scrisse.9 Ma poco tempo dopo rilasciòuna seconda intervista nella quale sconfessava la precedente: la bomba H erasoltanto il frutto del suo lavoro.10

Edward Teller non ha mai cambiato modo di comportarsi: ha progettato larealizzazione di un nuovo porto in Alaska tramite l’esplosione di sei ordigninucleari 11 senza alcuna preoccupazione per le tribù locali. Non fosse stato perl’opposizione del governo del Canada sarebbe riuscito nel suo intento. Ha studiatoanche un progetto per aprire, con l’uso di ventisei bombe nucleari, un canalesimile a quello di Panama, progetto che poi, grazie a dio, è stato abbandonato. Siè interessato poi all’uso della bomba nucleare per il controllo del tempoatmosferico. Ma è stato anche un accanito sostenitore del progetto di scudostellare proposto da Ronald Reagan... Ora io dovrei fare i conti con una personadel genere... ora io, ho qualcuno che mi sta seguendo per suo conto. Se il padredella fusione calda decide di distruggere il padre della fusione fredda, chepossibilità ha quest’ultimo di sopravvivere?

L’aereo prosegue il suo volo verso Londra mentre quella parte ostinata del cervello, che

ha la pretesa di analizzare e risolvere ogni problema, sta suggerendo al professore ditenere duro, di farsi tagliare la parte di intestino infestata da piccoli tumori e diandarsene morbidamente dagli Stati Uniti.

IL FISICO KURT GRASS PARLA DI ALFREDCOEHN GENIO DIMENTICATO

Estate 2006. Punta Ala. Claudio raggiunge la spiaggia dove il professor Kurt Grass gli hadato appuntamento.

«È lei il professor Kurt?».«Perché pensa che io sia io?».«Strano modo di rispondere, ma è vero, non avrei mai pensato che potesse essere lei.

Mi aspettavo un signore di settant’anni con gli occhiali e con la barba bianca».«E non invece un anziano in calzoni corti e scarpe di pezza?».«In effetti se dovessi intervistarla con la telecamera oggi non avrebbe un aspetto molto

autorevole e lo sfondo dello stabilimento balneare non sarebbe proprio pertinente...».«Preferisco non avere autorevolezza e tanto meno pertinenza, limita le cose che posso

dire e soprattutto quelle che posso pensare».«Guardi, io di fisica non ne capisco niente e vorrei solo qualche spiegazione, qualche

certezza».«Anche le certezze sono ipotesi, si fanno ipotesi e attorno vi si costruiscono provvisorie

e spesso erronee verifiche empiriche che i neofiti chiamano certezze. La famosadimostrazione di Galileo Galilei che la Terra gira intorno al Sole era giusta come ipotesima sbagliata come dimostrazione. La scoperta da parte di Enrico Fermi di due nuovielementi, l’esperio e l’ausonio, era davvero sbagliata: si trattava di due particelleprodotte dalla fissione dell’uranio. Quindi ecco il tipico paradosso della ricerca in fisica:Fermi, per una scoperta sbagliata, ricevette il Nobel nel 1938, mentre per una diversaipotesi sul suo errore, riuscì a scoprire la fissione nucleare nel 1939. Non si è maidomandato se ci fosse una relazione tra le due cose? È tutto un po’ più complesso diquello che voi giornalisti vorreste sentirvi dire».

«Professore, cerchi di spiegarmi che cos’è la fusione fredda e poi, quando avrò capitoqualcosa di più, mi spiegherà la storia dell’esperio e dell’ausonio».

«Dal momento che anche sulla fusione fredda abbiamo fatto ipotesi di successo ma nonpossiamo avere certezze assolute, gliene parlerò come se stessimo percorrendo una viacrucis. Dunque, nel primo mistero doloroso si contempla la scoperta di Alfred Coehn sullacapacità dell’idrogeno di sciogliersi nei metalli, non in forma di molecole neutre ma diioni;12nel secondo mistero si contempla la fusione di due nuclei di idrogeno in un solonucleo e la scoperta della fusione fredda».

«Vada avanti. La seguo».«Come dicevo, Alfred Coehn si rese conto che l’idrogeno si scioglie nei metalli, come

dentro una spugna, ma non in forma di atomi neutri o molecole, ma in forma di ioni, cioèdi nuclei privi di elettroni.13 Il fatto che l’idrogeno si sciogliesse nei metalli era noto damolto tempo, Alfred Coehn ebbe l’idea di misurare la resistenza elettrica di quel metalloal variare della presenza dell’idrogeno, scoprendo che il numero di elettroni coinvolti nellacorrente aumentava con il caricamento dell’idrogeno; come dire che l’idrogeno discioltoforniva elettroni al metallo, cosa che poteva avvenire soltanto in caso di separazioneall’interno della molecola tra nuclei ed elettroni.

Per chiarire la questione affrontiamo il problema da un altro punto di vista: sel’idrogeno non si dissociasse, le molecole disciolte nel metallo costituirebbero soltanto unostacolo alla propagazione della corrente. La resistenza dovrebbe aumentare conl’aumentare della concentrazione dell’idrogeno. Si scopre invece che al di là di una certasoglia la resistenza comincia a diminuire. Il dato è davvero bizzarro».

«Ma perché avviene questo?».«Ragionando sul filo della scoperta di Alfred Coehn si arriva alla seguente conclusione:

l’aumento degli elettroni liberi, all’aumentare della presenza dell’idrogeno nel metallo,indica che gli atomi di idrogeno si scindono in nuclei ed elettroni, gli elettroni si liberanodai nuclei e vanno a unirsi agli altri elettroni che scorrono nella corrente; i nuclei invecerestano all’interno del metallo. Questo è il cosiddetto effetto Coehn.

Fu allora che il Nobel Walther Hermann Nernst gli scrisse la famosa lettera nella qualegiudicava il suo come il miglior esperimento del secolo. La rivoluzione che questascoperta avrebbe implicato non era sfuggita a Nernst e dunque non può non meravigliareche essa sia rimasta sepolta per tanto tempo negli annali della rivista Zeitschrift furElektrochemie, esattamente nel volume numero 35 dell’anno 1929 a pagina 676».

È un fresco pomeriggio estivo e il leggero vento che viene dal mare rende questaimprovvisata conferenza di fisica molto piacevole.

«E ora passiamo al secondo mistero doloroso: come due nuclei di idrogeno si fondonoin un solo nucleo e come nasce la scoperta della fusione fredda. Le ricerche sugli effettistrani di materiali caricati con idrogeno, come l’effetto Coehn, erano noti da tempo e perqualche motivo avevano un ruolo importante nell’attività dei laboratori militari. Negli anniOttanta, il professore Fleischmann portò avanti un progetto di studio insieme al suoallievo Stanley Pons su quella che poi sarà chiamata fusione fredda. La sua ipotesi era laseguente: nell’ambito dei metalli pesanti caricati di idrogeno e in particolare di un suoisotopo, il deuterio,14 si può pensare che esista un livello di caricamento al di là del qualesi possano generare fusioni nucleari spontanee dei nuclei di deuterio.

All’interno del metallo si possono formare blob di elettroni capaci di muoversiunitariamente con movimenti relativamente autonomi rispetto ai nuclei. Che cosasuccederebbe se questi blob consentissero alle cariche positive dei nuclei di idrogeno odeuterio di avvicinarsi più di quanto non avvenga nello spazio vuoto? Dobbiamo tenerepresente che nello spazio vuoto le cariche dello stesso segno si respingono, ma se i nucleivengono attratti dallo stesso blob, si verifica il cosiddetto “effetto ruffiano” che funzionacosì: in presenza di un blob di carica negativa, un nucleo di carica positiva si avvicina daun lato, un altro nucleo di carica positiva si avvicina dall’altro ed entrambi vengonoattratti dallo stesso blob. In pratica, è come osservare due persone vicine e in procinto di

litigare, ma la presenza di un mediatore nel mezzo, che parla con entrambi tirandoli a sé,determina un avvicinamento dei due che finiscono per non vedersi più. In questo modo siottiene un forte aumento della densità dei nuclei di deuterio. A questo punto ha luogo lastessa magia suggerita dalla fisica quantistica – che aveva portato alla formazione deiblob di elettroni, ma nel nostro caso con i nuclei di deuterio – il principio like likes like (ilsimile ama il simile). Quando la densità di un insieme di cariche elettriche supera unvalore critico, le interazioni elettrodinamiche prevalgono sulle forze elettrostatiche, percui il regime repulsivo elettrostatico viene rimpiazzato da un regime attrattivo. Una voltasuperata una soglia critica di densità, grazie alla mediazione dei blob di elettroni, i nucleidi deuterio invece di respingersi si attraggono. I nuclei si fondono e questo produceun’altissima energia. Così si può arrivare a capire perché in materiali come i metallipesanti, con al proprio interno blob di cariche negative, la probabilità di fusione tra duenuclei di deuterio sia maggiore che nel vuoto».

Kurt Grass si interrompe per prendere un respiro profondo. Claudio si gira e si accorgeche i bagnanti dello stabilimento si sono disposti intorno a Kurt Grass in silenzio persentire la sua lezione balneare.

Claudio si rende conto che il professore Grass ha una voce molto potente e, appenaparla di fisica, il suo tono si stabilizza spontaneamente sul volume adatto a farsiintendere da un’intera aula universitaria. L’effetto prodotto è straordinario, tanto cheanche l’uomo che vende il cocco si ferma e lo segue come fosse uno studente del primoanno. La sua eloquenza è ricca di immagini provocatorie e generosa di incisi e dicollegamenti: offre a tutti i presenti l’illusione di avere compreso perfettamente la fusionedi due atomi di idrogeno a bassa temperatura. Naturalmente, nessuno di loro, compresoClaudio, sarebbe in grado di ripetere quello che è certo di avere capito. Questa silenziosaed eterogenea folla di bagnanti interessati alla fusione fredda impedisce a Claudio discendere maggiormente nei dettagli e fare domande sull’interesse dei militari per questoprocesso fisico.

«Professore posso offrirle un caffè freddo? Devo essere sincero, mi ha fatto venirevoglia di studiare fisica nucleare» dice Claudio sbloccando la situazione.

«Certamente per il caffè. In quale sessione pensa di sostenere l’esame, figliuolo?».«Ne avrei proprio bisogno e le posso assicurare che nella categoria alla quale

appartengo sono in molti a scrivere di scienza, ma ben pochi a capirne qualcosa».«È il problema della società industriale, pensano solo a produrre e non a ricercare, e

quel poco che viene conosciuto viene scritto e riscritto pieno di errori».«Però la spiegazione che mi ha dato oggi non mi basta, vorrei capire meglio quale

potrebbe essere l’utilizzo di questo processo per ricerche, diciamo così, non accademichee nemmeno industriali».

«Suppongo che lei si riferisca alla ricerca militare, penso che sarebbe meglio se siinteressasse a quali potrebbero essere le finalità di questa scoperta per la società civile,ma non si preoccupi, lei potrà venirmi a trovare quando vorrà, non mi nego mai anessuno. Poi lei ha anche i miei numeri di telefono».

«Secondo lei, sarebbe possibile incontrare il professor Fleischmann?».«È molto riservato, ma lo sento ogni tanto e se vuole posso proporgli di accettare una

sua visita. Non so se lo sa, ma Martin vive in Inghilterra, in un cottage di una zona nonfacile da raggiungere».

«Sarei felice di poterlo incontrare. Dai suoi racconti, mi sembra un ottimo esempio discienziato appassionato e integro».

«Vedrà che prima di quando lei stesso pensa, avrà buoni motivi per venirmi a cercare.Le auguro buon viaggio».

LA REDAZIONE

Dopo incontri di questo tipo, il ritorno in redazione è sempre difficile. Claudio vorrebbesubito riuscire a comunicare il proprio entusiasmo per la storia che si sta seguendo a tuttii colleghi del canale. Appena si imbatte in un amico e comincia a spiegargli l’argomentosul quale sta lavorando, quello, dopo i primi accenni alla fusione dei due nuclei di deuterioe ai blob all’interno del reticolo del metallo, guarda l’orologio e ribatte sbrigativo: «Ho unapprofondimento tra un quarto d’ora sulle proteste degli Iuguri e non ho ancora trovato leimmagini, scusa ma devo proprio andare».

«Si chiamano Uiguri, comunque... ok vai, ne parliamo in un altro momento».Ci riprova con un’altra collega, che però sembra presa da un problema più urgente del

suo: «Quella stronza di Lucia mi ha impedito di aprire il giornale delle 15 con il serviziosulle Molucche e l’ha messo come ultima notizia... ma ti rendi conto!».

Allora prova a passare dal direttore, ma la porta del suo ufficio è chiusa perché è inriunione. Decide di aspettare nel corridoio e si mette a osservare le diverse velocità concui i colleghi lo attraversano. A ogni velocità corrisponde un settore: i più tranquilli, eanche i più informati, sono quelli di internet, mentre quelli più agitati invece sono quellidella news-room, la stanza dove si è sempre in onda e diverse squadre si alternano inbase ai turni, la stanza dalla luce perennemente accesa. Quelli che ci lavorano sonosempre di corsa e discutono in continuazione su un titolo, un aggettivo o una virgola.All’improvviso il direttore esce dal suo ufficio: ha il telefono che gli sta suonando, lasegretaria che lo sta chiamando e l’autista che lo sta aspettando, e pronuncia la frase cheripete ogni giorno quando lo si incontra: «Appena ho un attimo ti chiamo e facciamo ilpunto».

Vuole dire che va tutto bene ed è interessato al lavoro di Claudio. Sarebbe peggio se glifacesse i complimenti, vorrebbe dire che sta per chiedergli di usare uno degli inviati delleinchieste per una sostituzione nel turno di notte.

«Direttore, ho una storia nuova molto...» prova ad accennare Claudio.Ma il direttore ha già iniziato a parlare al telefonino e si allontana facendo cenno con le

mani che gli telefonerà più tardi. Un segno che fa sempre, una sorta di augurio di buonauspicio.

Alla fine Claudio prende l’ascensore e raggiunge il seminterrato, quasi contento di quelsuo ufficio sotterraneo, dove può dedicarsi tranquillamente alle ricerche che questainchiesta richiede. Qui può attaccare le foto e le schede in bacheca senza spaventarenessuno, avendo a che fare soltanto con quei quattro colleghi che nel corso della loroprofessione di giornalisti hanno imparato come lui a usare la telecamera da soli, a

montare i filmati e, soprattutto, a viaggiare da soli in tutti i continenti.Sono tutti frutto di un’oggettiva selezione, le cui specifiche, se si volesse illustrarle

come viene fatto negli annunci di ricerca del personale, potrebbero essere le seguenti:“Cercansi giornalisti sufficientemente umili da preferire il conoscere all’essere

conosciuti.Abbastanza curiosi da preferire viaggiare in paesi sconosciuti che fare carriera in

redazione, cocciuti quanto basta da seguire una storia come segugi piuttosto che venderela prima versione.

Abbastanza fieri da viaggiare allo stesso costo di un frate francescano in visita aiconventi.

Abbastanza colti da preferire ascoltare che chiacchierare.Abbastanza educati da trovarsi a proprio agio in ambienti di ogni tipo.Abbastanza disinvolti da poter andare all’inferno e parlare con Satana come fosse un

vicino di casa.Sufficientemente addestrati alla sofferenza da sapersi perdere prima di avere la

presunzione di poter trovare qualcosa.Abbastanza determinati da studiare molti libri per capire un singolo processo.Sufficientemente innocenti da essere privi di pregiudizi e abbastanza vissuti da capire

che le leggi spiegano poco.Ambiziosi quel tanto che è necessario per scegliere un progetto di conoscenza che vada

oltre i due minuti e trenta di un servizio di telegiornale”.

Inutile dire che, da una selezione di questo tipo, ne escono pochi. Claudio ne conoscequattro; li ha battezzati con i loro soprannomi di battaglia:

Ris, da Reparto Indagini Scientifiche, precisissimo cagadubbi, che spesso approfondiscein parallelo e per mesi due ipotesi contraddittorie, apparentemente inconciliabili. Quandoanalizza un documento inizia dalla verifica della fibra della carta impiegata, il cherappresenta un vero problema per i tempi di indagine ma un piacere per i risultati finali.

Diesel, lento a mettersi in moto, ma una volta partito, impossibile da fermare. È affettoda una feroce idiosincrasia per l’ambiente della redazione. Quando non viaggia, legge;quando non legge e non viaggia, fa jogging; nel poco tempo che gli rimane, parla, masolo lo stretto necessario. Assolutamente preciso nei tempi e nei risultati.

Fel, da Feluca, il più presentabile del gruppo. Decisamente un diplomatico, è in grado dicambiare travestimento a seconda dell’intervistato e di intrattenere i nonnidell’intervistato, i nipoti dell’intervistato e gli altri parenti fino alla terza generazione. Lasua familiarità con diversi idiomi ha fatto nascere il sospetto che non sia di lingua madreitaliana. La gradevolezza e la bella presenza che lo contraddistinguono rendono il suolavoro particolarmente efficace, ma lo espongono al rischio di essere oggetto di sequestroda parte dei cultori della conduzione video, dai quali fugge come il diavolo dall’acquasanta.

Cas, da Cassandra, esemplare in via di estinzione sia per l’età, sia per le suecaratteristiche da dietrologo-profeta: per esperienza e affinamento dell’intuito, garantisceun’anticipazione sulla notizia quasi pluriennale, tanto da rendere il suo contributo

praticamente inutilizzabile in redazione. Passa la maggior parte del tempo a leggere,parlare da solo o tenere conferenze a pubblici minuscoli, e talvolta si eccita enormementeper notizie irrilevanti e del tutto insignificanti per il resto degli umani. Sbotta in vaticiniiche vengono puntualmente registrati con cura dai suoi biografi personali e poi archiviati inattesa che passino gli anni necessari per poter essere presi in considerazione.

Sono questi i veri interlocutori di Claudio e non potrebbe essere diversamente. Gli unicia sapere nei dettagli su cosa stiano lavorando, pronti a sostituirsi o a lavorareparallelamente in ogni fase della produzione, scambiandosi le voci, le telecamere, le idee,i turni di montaggio e le musiche.

IL PROFESSORE SOTTO I FERRI

Qual è l’uomo che non potrebbe essere schiacciato da uncomplotto?... Eppure sono contento: se il mio cuore fosse grande,brucerebbe per questo. Capitano non lo sarò più; ma mangerò e

berrò, e dormirò bene come un capitano: semplicemente,la cosa che io sono mi farà vivere.

Chi sa di essere un fanfarone abbia paura di questo,perché prima o poi succederà che ogni fanfarone si riveli un

asino. Arrugginisci, spada! Raffreddati, rossore!E tu, Parolles, vivi più sicuro nella vergogna! Poiché sei stato

preso in giro, prospera nel ridicolo! C’è un posto e un mezzo perogni uomo che vive. Lo troverò.

Tutto bene quel che finisce bene, Shakespeare

Londra 1989. Chi ha detto che basta un’anestesia per dimenticare? L’anestesia ha uneffetto contrario: quello di far ricordare senza provare dolore, di far vivere come in unsogno, con un’estrema nitidezza ogni dettaglio.

«Professore mi dia il braccio sinistro, quando questo liquido entrerà in circolo leisarà già addormentato».Non credo di essere proprio addormentato, almeno non ancora... Sto solo ricordando. La mia prima fuga... avevo undici anni quando mio padre fupicchiato brutalmente dai soldati della Gestapo... poi il taxi, mio padre stavadavanti, accanto al posto del guidatore occupato da un compagno d’armi, un suoamico, che aveva deciso di mettersi alla guida di una vettura della sua società perfarci uscire dalla Cecoslovacchia non ancora completamente occupata dai nazisti.Il cielo quel giorno aveva un colore speciale, mi sembra di poterlo vedere anche inquesto momento, di essere ancora là. Quando si è in fuga e si guida una macchina si tiene il volante in un mododifferente, si guarda la strada in modo diverso e io, anche se ero ancora piccolo,me ne ero accorto. E insieme a questo, avevo avvertito un’altra cosa ben piùimportante: l’amicizia, la forza di quel sentimento sincero... quell’amico stavarischiando la sua vita per aiutarci. C’era qualcosa di forte in quel gesto, qualcosache non mi sono dimenticato in tutti questi anni.

E dopo la definitiva caduta della Cecoslovacchia, la seconda fuga, questa volta intreno. I vagoni fermi al confine con l’Olanda, e mio padre che mi intima: «Non timuovere dal sedile!» mentre i nazisti perquisiscono tutto il treno, vagone dopovagone, alla ricerca di chi cercava scampo nella fuga. Mi sembra di poter avvertireancora i rumori dei portelli che si aprono, il rauco inseguirsi degli ordini gridati intedesco. Poi il miracolo: erano a un passo dal nostro vagone, l’ultimo... i nazististavano rastrellando il penultimo, quando il treno cominciò a muoversi e furonocostretti a scendere. E poi, finalmente, l’arrivo alla stazione di Liverpool Street: 27 scellini e 26 pennyin tutto, per quattro persone. La fine della mia vita, la prima mia morte. Non sonoin grado di raccontare il dolore di quel momento: mia sorella adottata da unpastore metodista e io ospitato dal fratello scapolo della moglie del pastore. ... Non credo proprio di essere addormentato, sento le voci dei chirurghi che miaprono l’addome per armeggiare con il mio intestino... e io sto facendo lo stessocon la mia memoria... preferirei dormire, ma sono sopraffatto dai ricordi e devosognare, non posso oppormi...

D’un tratto, un’esplosione nella notte, e poi un incendio... uno dei miei primiesperimenti: sto caricando una cella, ma forse quel caricamento non avrei dovutofarlo. Eppure, tutti gli sviluppi successivi della ricerca partirono proprio da quellascoperta, da quell’esplosione che distrusse il tavolo del laboratorio sul quale sitrovava la cella e provocò un buco nel pavimento fino al piano sottostante; tuttele mie ricerche partirono dall’eccezionale calore provocato da quel centimetrocubo di metallo, per capire qual era il processo che lo sprigionava. Poi cinquelunghi anni di lavoro appartato... e poi improvvisamente scagliati sugli schermidelle televisioni di tutto il mondo... e poi insultati e disprezzati... e ora, se la miaoperazione andrà bene, di nuovo il tempo della fuga, del basso profilo,dell’isolamento... Ma dovevo, dovevo farlo prima di questa operazione, dovevo far sapere che c’eraun sistema per creare l’indipendenza energetica, un sistema a costi irrisori chepuò funzionare ovunque, con qualsiasi clima e in ciascun continente... e se ora miinsultano e mi screditano, sopravviverò ugualmente.Quante volte può morire un uomo? Quante volte può sopravvivere? Quante voltepotrò ancora trovare veleno nel mio intestino? Quanti pezzi di intestino mi rimarranno ancora? E cosa succederà ai miei amici chemi stanno seguendo in questa avventura, che hanno capito qual è la posta ingioco eppure non abbandonano questo gioco pericoloso? Potrebbero forse ricevereanche loro una polvere radioattiva inodore e insapore nei loro bicchieri, nel lorocibo... Per quanto a lungo ancora gli scienziati fingeranno di non sapere, perquanto ancora nelle aule e nei laboratori si eviterà di parlare di questa energia, siracconteranno bugie per nascondere i processi fisici che stanno sotto a questescoperte?

«Professore mi sente? L’intervento è andato bene, si riposi, deve soltanto riposarsi evedrà che tutto tornerà come prima».

Come prima sarà difficile. Perché l’intestino non ricresce da solo, perché se è veroche sono stato avvelenato non potrò d’ora in poi far finta di non saperlo; e se èvero che sono stato seguito, non potrò far finta di non saperlo e pretendere diessere sempre in mezzo ad amici; e se sono stato accusato di falsificare il risultatodegli esperimenti, non potrò aspirare a una nuova candidatura al Nobel per lachimica. Posso solo essere felice di essere ancora vivo, e lo sono, ma non ditemi chetornerà tutto come prima, perché è falso.

CONFERENZA STAMPA DEL 23 MARZO 1989A SALT LAKE CITY

Claudio in redazione sta fissando sulla bacheca le foto di Fleischmann e Pons.«Posso rubarvi qualche minuto?» domanda a un certo punto.«Solo se poi ce lo scali dall’orario...» ribatte Diesel.«Sto parlando seriamente. L’argomento che stiamo affrontando è interessantissimo, ma

molto complicato, ha aspetti scientifici e storici che ci sono del tutto sconosciuti. Tutti isuccessi e i premi che abbiamo ottenuto in questi anni li abbiamo conquistati grazie allavoro collettivo. Nessuno di noi ci sarebbe mai riuscito da solo. Affrontiamo anche questainchiesta tutti insieme, dividiamoci il lavoro come abbiamo sempre fatto. Ho giàpreparato una scheda sulla fusione fredda. È già nella vostra email: si tratta di unargomento un po’ spinoso ed è meglio se cerchiamo di capirci qualcosa tutti quanti, inmodo da poterci lavorare insieme. Ve la leggo velocemente: “Tra il 1984 e il 1989, ilprofessore inglese Martin Fleischmann e il suo collega americano Stanley Pons hannolavorato in gran segreto alla possibilità di produrre una reazione nucleare a bassatemperatura15 creando un contenitore ben isolato termicamente e riempiendolo con lacosiddetta ‘acqua pesante’.16 In questo recipiente hanno poi immerso due elettrodi, uno dipalladio e l’altro di platino. Facendo passare la corrente sono riusciti a produrre, invicinanza del palladio, un calore che, in termini energetici, risulta maggiore dell’energiafornita dalla batteria. Complessivamente hanno prodotto una potenza di 4 watt contro unwatt fornito dalla batteria, con un rendimento quindi del 400%. Inoltre, nel corso diquesta attività hanno ricavato elio, piccole tracce di trizio, di neutroni e di altre forme dienergia come raggi gamma e raggi X”».

«Scusa Claudio, in che università lavoravano?» interviene Ris.«Hai ragione non l’ho scritto, l’Università dello Utah. Stanley Pons, che era stato allievo

di Fleischmann, ci insegnava, mentre Fleischmann era venuto a trovarlo per unacollaborazione. Dunque... “I due scienziati, dopo aver speso in quei cinque anni tutto iltempo libero e circa 100 mila dollari dei propri risparmi, decisero di richiedere alDipartimento dell’Energia degli Stati Uniti un finanziamento per continuare le ricerche. Equi iniziarono i loro problemi. Tra i funzionari del dipartimento preposti alla concessionedel finanziamento c’era anche il professore Steve E. Jones della Brigham Young Universitydi Provo, Utah, il quale aveva cercato di ottenere la fusione fredda mediante unprocedimento differente.17 Jones aveva già pubblicato un articolo intitolato ‘La fusionefredda’ sulla rivista Scientific American del luglio 1987”».

«Scusa se ti interrompo, dunque il termine “fusione fredda”, per quanto screditato sia

oggi, è stato coniato per la prima volta da Steve E. Jones?» domanda Fel.«Credo di sì, anche se il procedimento descritto da Jones è molto diverso da quello di

Fleischmann e Pons e nessuno ha mai depositato un brevetto sul termine “fusionefredda”. In ogni caso riuscirono a raggiungere una sorta di accordo: “I tre professori siincontrarono e studiarono nei dettagli i risultati degli esperimenti: Fleischmann e Ponserano spinti dall’Università dello Utah a brevettare il possibile sfruttamento commercialedi questa scoperta, mentre Jones sembrava più interessato ai dati sulla produzione dineutroni e molto meno alla realizzazione di un brevetto.

Il 6 marzo 1989 decisero di comune accordo di far pubblicare su Nature due articoli sulmedesimo numero della rivista, dandosi appuntamento per il 24 marzo all’ufficio dellaFederal Express dell’aereoporto di Salt Lake City per l’invio del materiale incontemporanea”».

«Che un controllore di un finanziamento si inserisca nella pubblicazione della ricerca dicui sta verificando la validità... non ti pare un’operazione professionalmente pococorretta?» incalza Cas.

«I problemi devono ancora arrivare. Fino a questo momento le versioni dei treprofessori coincidono, ma ora iniziano a divergere: “Secondo Jones era implicito che finoal 24 marzo, nessuno dei tre avrebbe dovuto proferire parola su quanto scoperto;secondo Fleischmann e Pons, invece, non era stato preso alcun accordo di riservatezza e,sotto la pressione del rettore dell’Università dello Utah, che non voleva farsi sfuggire ilbrevetto di una scoperta che sembrava molto promettente dal punto di vistacommerciale, furono costretti a compiere due operazioni giudicate scorrette dal professorJones: la prima, quella di inviare l’11 marzo 1989 alla rivista Journal of ElectroanalyticalChemistry un breve annuncio sulla fusione fredda; la seconda, quella di convocareun’improvvisata conferenza stampa per il 23 marzo, nel corso della quale, di fronte a tuttigli organi di stampa del mondo, venne annunciata la possibilità di fondere due nuclei dideuterio a temperatura ambiente”».

«Io ribadisco che un controllore di un finanziamento non può inserirsi nel progetto chesta analizzando» sentenzia Cas.

«“Fleischmann e Pons, in base all’accordo, il 24 marzo si recarono all’ufficio dellaFederal Express per l’invio degli articoli, ma ovviamente non trovarono Jones il quale,furioso per la conferenza stampa dei due, aveva già provveduto a inviare il suo articoloalla redazione di Nature via fax”».

«Nonostante lo scompiglio scatenato da quell’anticipazione, mi sembra che il veroproblema risiedesse nel fatto che i dati non erano ancora completi» si inserisce Fel. «O misbaglio?».

«In effetti, è stata una conferenza stampa convocata frettolosamente, su un tema poidelicatissimo sotto diversi punti di vista – accademici, commerciali, strategici – e fu, fin dasubito, al centro di una battaglia senza esclusioni di colpi.

Questa decisione di affrettare i tempi ha avuto due effetti principali. Il primo è quello difar conoscere il lavoro di Fleischmann e Pons e quindi impedire che qualcun altro potesseprendersi il merito di avere inventato la fusione fredda prima di loro. Non pensate chenon ce ne fossero di soggetti interessati, ad esempio la famosa Università di Boston: il

Massachusetts Institute of Technology annunciò, quasi un mese più tardi, di aver richiestoun brevetto sullo stesso argomento basato sul lavoro teorico del ricercatore Peter L.Hagelstein,18 che si era affrettato a inviare articoli per il numero successivo della rivista,quello tra il 5 e il 12 aprile. Questa decisione di affrettare i tempi, però, ebbe l’effetto dicreare attorno alla fusione fredda un clima di totale delegittimazione».

«Al di là dei litigi, comunque, le modalità dell’esperimento erano state dichiarate inmodo abbastanza chiaro?» domanda Ris.

«Il lavoro di Fleischmann e Pons, anche a causa del suo carattere preliminare, si esposea un certo numero di critiche che, nella maggior parte dei casi, derivavano dafraintendimenti. In ogni caso, il fenomeno centrale della fusione fredda era statoindividuato con sufficiente chiarezza, come pure la natura nuova del processo nuclearesottostante.19

I due scienziati erano stati in grado di dare soltanto misure attendibili dell’energiaconsumata e di quella prodotta, mentre non avevano gli strumenti adatti a rilevare leparticelle nucleari prodotte nel processo. Per questo motivo avevano chiesto in prestito allocale Dipartimento di Fisica dell’università alcuni strumenti per individuare i prodotti direazione che di solito appaiono nei processi di fusione calda.20 La riproducibilitàdell’esperimento, comunque, era evidentemente connessa al raggiungimento della sogliacritica di concentrazione».

«Gli altri laboratori che tentarono l’esperimento senza successo, fornirono i dati sulcaricamento dell’idrogeno?» lo interrompe Diesel.

«Bisogna rilevare che nessuno dei gruppi sperimentali che nel 1989-90 riportarono lamancata riproduzione dell’esperimento ha mai comunicato il livello di caricamento che erastato raggiunto, per cui resta aperta la possibilità che la mancata riproduzione sia dovutaal non raggiungimento della soglia. Quando il gruppo dell’ENEA, dopo una lunga serie diesperimenti, ha fornito questi dati,21 il problema è stato risolto e la condizione diriproducibilità è stata chiarita».

«Ma ho sentito dire che c’è stata una vera e propria campagna di delegittimazione diFleischmann e Pons...» dice Fel.

«Vero. Specie quella portata avanti negli Stati Uniti dal Dipartimento dell’Energia edalle università e riviste a lui vicine, che ha contribuito molto a delegittimare la scopertadella fusione fredda. Ma ci sono stati anche casi espliciti di manipolazione dei dati, peresempio quello denunciato da Eugene Mallove.22 Poi vi racconterò cosa gli è accaduto».

«E no, adesso ce lo racconti!» insiste Fel.«No, è una storia complicata e deve essere affrontata insieme agli altri elementi, ne

parleremo più avanti. Ora facciamo un salto indietro nel tempo e rivediamo cosa èavvenuto immediatamente dopo l’annuncio sulla fusione fredda. Il 12 aprile 1989 StanleyPons tenne una presentazione di grande successo al Congresso annuale della SocietàAmericana di Chimica e poco dopo l’Università dello Utah chiese al Congresso degli StatiUniti un finanziamento di 25 milioni di dollari per portare avanti nuove ricerche. AWashington i nostri due scienziati si incontrano anche con alti esponentidell’amministrazione americana.

Ma assieme alla fama arrivarono anche le polemiche. Poche settimane dopo si riunì

anche il Congresso annuale della Società Americana di Fisica e qui le cose andaronodiversamente: forse perché animati da una sorta di spirito corporativo e irritati da unascoperta sensazionale a opera di due chimici, i fisici presenti si scatenarono in un fuocoincrociato di critiche. I laboratori nazionali di Brookhaven e dell’Università di Yalepresentarono i dati fallimentari della riproducibilità dell’esperimento della fusione fredda:non solo non era stata prodotta energia in eccesso, ma nemmeno neutroni. A questecritiche si unirono anche quelle dei ricercatori dei laboratori di Harwell, vicino a Oxford,nel Regno Unito. In novembre fu poi il turno di uno speciale gruppo di scienziati delDipartimento dell’Energia (DOE) statunitense, il quale, dopo aver studiato il fenomeno,emise una sentenza negativa. Sul finire dell’anno l’espressione utilizzata per definire lafusione fredda fu quella di fenomeno di pseudoscienza”.

Negli anni Novanta, paradossalmente, furono gli scienziati europei e asiatici asostenere con risultati positivi le ricerche sulla fusione fredda. Cominciarono a emergereanche le prime critiche circa il tanto rapido e interessato affossamento di questastraordinaria scoperta. Tra le voci più autorevoli ci fu quella del premio Nobel JulianSchwinger, il quale ammise che molte redazioni di riviste scientifiche avevano subìto fortipressioni indirizzate a mettere in cattiva luce la fusione fredda».

«Potremmo cercare di intervistarlo» butta lì Diesel.«Troppo tardi. È morto nel 1994. Ora concludo. Paradossalmente furono i militari i primi

a riconsiderare favorevolmente la fusione fredda: nel febbraio 2002, un rapporto dellaMarina degli Stati Uniti fece il punto sulla fusione fredda realizzata dalla U.S. Navy tra il1989 e il 2002, rilevando come negli esperimenti si fossero prodotti un eccesso di caloreed elio 4, come conseguenza dei processi nucleari avvenuti all’interno della cella.23 Neldicembre 2004, fu lo stesso Dipartimento dell’Energia a promuovere un’analisi sullafusione fredda.24 Il Ministero dell’Energia incaricò un gruppo di scienziati perché rivedessele evidenze scientifiche delle reazioni nucleari a bassa energia.25 Tutto il materiale vennepoi valutato secondo un complesso protocollo. In sintesi, ecco le conclusioni: “Comeanalisi finale, i recensori sono stati inconcludenti sull’esistenza di fusione fredda e quindiraccomandano di individuare nuovi metodi di ricerca per risolvere le incertezze neirisultati prima riscontrati”».

«Insomma la Marina militare americana sembrava più aperta del Dipartimentodell’Energia. Chissà perché?» commenta ironico Cas.

«Già, chissà perché?».

LA MALEDIZIONE DI TUTANKHAMON

Dopo diverse telefonate andate a vuoto, Claudio riesce a riprendere i contatti con ilprofessor Kurt Grass. Questa volta deve riuscire a intervistarlo davanti alla videocamera.L’appuntamento viene fissato nel suo ufficio, presso l’università.

«Non sapevo che i fisici teorici avessero degli uffici così minuscoli. È quasi impossibilefarci entrare la telecamera, il cavalletto e l’intervistato contemporaneamente» ironizzaClaudio.

«Quando hai un ufficio non sei contento, quando hai il mare sullo sfondo non seicontento. Insomma, non sai mai quello che vuoi...» ribatte il professore.

Claudio nota con piacere che il professore è passato al “tu”, ma decide da parte sua dirimanere sul lei per non commettere errori nell’intervista che sta per fare.

«Mi basterebbe una lavagna sullo sfondo».«Beh, quella la usano soprattutto i fisici teorici. Andiamo a cercarne una».Mentre il rumore dei loro passi risuona nei corridoi dell’università, Claudio riprende il

discorso interrotto settimane prima.«Ma perché c’è sempre questa atmosfera da “teoria del complotto” quando si parla di

fusione fredda? Sembra sempre che ci sia qualcuno nascosto nell’ombra pronto a mettertii bastoni tra le ruote, a spiarti o minacciarti...».

«Io la chiamo la maledizione di Tutankhamon».«Cioè?».«Tutankhamon regnò in Egitto per una decina di anni circa, dal 1333 a.C. fino al 1323.

Non fu un sovrano particolarmente illuminato o attivo, regnò per poco tempo ed eratroppo giovane quando morì per passare alla storia. Forse te lo ricordi perché è statorappresentato con la sua sposa nelle statue di Luxor. Anche quelle statue sonointeressanti, perché dopo la morte di Tutankhamon, il suo successore, Ramesse II,sostituì i cartigli dei due sposi con quelli suoi e della sua Nefertari. In pratica, perrisparmiare, invece di costruire due nuove statue, cambiò i nomi sulle iscrizioni dellestatue esistenti: come vedi, le questioni legate al copyright erano già presenti anche unmigliaio di anni prima di Cristo. So che penserai che quello che ti sto raccontando nonc’entra nulla con la fusione fredda, ma abbi un po’ di pazienza e vedrai che ilcollegamento esiste. Tutankhamon se ne andò all’eta di 19-20 anni, probabilmente acausa di una caduta da un cocchio che gli provocò un’infezione tetanica e lo portò allamorte per setticemia. La sua tomba, una delle tante presenti nella Valle dei Re, fuscoperta nel 1922 da Howard Carter. E l’archeologo, che per dieci anni aveva battutoquella zona, fu fortunato perché era quasi intatta e piena di ogni genere di ricchezze,

troni, armi, gioielli. Carter ne fu sollevato, perché la sua attività di ricerca era statasostenuta in quegli anni dalle finanze di un lord inglese, il conte di Carnarvon, che fino aquel momento era andato in perdita. In realtà, quello che fece diventare famosa la tombadi Tutankhamon non fu tanto il suo tesoro, quanto la sua maledizione. Pochi mesi dopo lascoperta, il conte di Carnarvon radendosi la barba, riaprì una piccola ferita dovuta a unapuntura di insetto. Dopo pochissimo tempo l’infezione si diffuse in tutto il corpo, finché ilsuo fisico già debilitato venne stroncato da una banale polmonite. Bastò questa morte peravvalorare la leggenda della maledizione di Tutankhamon. In realtà, delle ventiseipersone presenti all’apertura della tomba solo sei morirono nei dieci anni successivi,mentre Carter se ne andò a sessantacinque anni, ben diciassette anni dopo. Fu davverouna maledizione? Non lo sapremo mai, ma può stare sicuro che quando si nominaTutankhamon, è soprattutto per fare riferimento alla maledizione della sua tomba. Ed èquesto il punto: la verità è che tutto ebbe origine dalla decisione di lord Carnarvon diconcedere a un solo giornale americano l’esclusiva sulla scoperta della tomba diTutankhamon. Questo gesto provocò un forte risentimento negli altri giornali, i qualicominciarono a seminare dubbi sulla veridicità di questa scoperta. E alla fine, di frontealla morte inaspettata di Carnarvon, tutti cominciarono a parlare della maledizione dellatomba come una sorta di vendetta, ma la verità è che non fu una vendetta diTutankhamon, ma dei giornali lasciati senza informazioni.

Io penso che ci sia una sorta di analogia con quanto è successo per la fusione fredda. Ilfatto di averla annunciata così rapidamente, senza considerare la reazione che avrebbeprovocato in tutti coloro che erano impegnati nelle ricerche sulla fusione calda, o il timoredegli apparati militari che stavano studiando processi simili su altri materiali, o ancora labramosia di decine di ricercatori e di istituti universitari che portavano avanti ricerche suquell’argomento, tutto questo ha fatto sì che si coalizzasse un fronte così largo e unito perla delegittimazione, che alla fine, nonostante la fusione fredda esista davvero, verràricordata come una sorta di argomento maledetto di cui non si può neanche parlare».

«In questo caso i morti per la maledizione però non ci sono stati?».«Non è del tutto vero, ci sono stati strani episodi che potrebbero alimentare in modo

analogo questa teoria del complotto. Primo episodio: il professore Martin Fleischmann,che aveva già informato il Dipartimento dell’Energia dei suoi studi sulle reazioni nucleari atemperatura ambiente, scopre di avere una parte di intestino aggredita da centinaia dipiccoli tumori, che potrebbero essere compatibili con un avvelenamento da polvereradioattiva molto localizzato. Io non so cosa possa aver pensato alla notizia del male, masubito dopo decide di rendere pubblica la sua scoperta, cominciando a ricevere stranetelefonate, che potrebbero essere lette come messaggi intimidatori. Quindi, si fa operarein Inghilterra e l’intervento chirurgico all’intestino ha successo.

Qualcosa di simile accade anche a uno scienziato italiano, il fisico teorico che haformulato l’ipotesi più probabile per spiegare la fusione fredda. Invitato con sua enormesorpresa a cena da un eminente scienziato, di cui era nota la vicinanza ad alcuni apparatimilitari di un paese in cui tali apparati sono particolarmente potenti, nel corso di questacena, si diceva, l’ospite aveva lungamente intrattenuto il collega italianocomplimentandosi per i suoi studi. Circa un anno dopo anche nell’intestino del professore

italiano furono trovati centinaia di piccoli tumori. Scoperti troppo tardi, lo fecero morirenel 2000.

C’è poi la strana morte di Eugene Mallove, eminente ricercatore laureatosi al MIT diBoston26 dal quale si dimise per protesta, dopo aver scoperto che su una pubblicazioneerano stati volutamente alterati27 i dati sulla fusione fredda.

Venne ucciso a bastonate il 14 maggio 2004 a Norwich, in Connecticut, mentre stavariparando la casa dei genitori. La polizia locale catalogò la sua morte come un tentativo dirapina andato male, anche se nulla era stato rubato. Le accuse contro i due sospettatisono state derubricate nel 2008. Nel febbraio del 2009 lo stato del Connecticut hapromesso un premio di 50 mila dollari a chi fornirà informazioni utili all’arresto oall’imputazione dell’assassino di Eugene Mallove.

Andando ulteriormente a fondo nella paranoia, possiamo anche ricordare che l’altocommissario della CEA (francese), il professor René Pellat, quindici giorni dopo averparlato con il gruppo di scienziati italiani che aveva lavorato all’ENEA di Frascati, è mortoin mare per un malore.28 L’unica cosa che contrasta con questa ipotesi di complotto è lapredizione fattami da una zingara quando avevo vent’anni, che mi preannunciava una vitaeccezionalmente lunga».

«Credo che se qualcuno volesse, potrebbe tranquillamente elaborare una teoria delcomplotto con tutto quello che mi sta raccontando. Ma a me interessano i fatti, non lesupposizioni».

«Lo so che tu disprezzi le supposizioni e ti attieni solo ai fatti. Però oggi sei qui achiedermi chi potrebbe avere interesse a non rendere pubblica la ricerca sulla fusionefredda».

«È vero, e vorrei proprio sapere la sua opinione».«E io allora ti risponderò come un oracolo. Tu ci penserai su e poi ne riparleremo. Cosa

credi che potrebbe succedere se invece di caricare di deuterio un metallo come il palladiovenisse scelto l’uranio, il metallo più pesante di quelli presenti nella tavola deglielementi?

Bene, ora possiamo passare all’intervista, nel corso della quale, ovviamente, nonparlerò di queste cose».

LA DEGENZA DEL PROFESSORE

Da quando è uscito dalla sala operatoria, la parola “vita” ha acquistato per il professoreun altro significato. Innanzitutto, travalica la sua persona: la vita non è più solo la sua,ma si estende a tutti gli organismi che lo circondano, le piante certo, gli animali, maanche il cielo, apparentemente così immenso e invece così sottile. La campagna inglesenella stagione d’autunno, poi, lo aiuta a inquadrare l’esistenza da un altro punto di vista:quello delle stagioni, del tempo che non è infinito, del freddo che diventa ogni giorno piùintenso, degli oggetti dimenticati nei cassetti, come un attestato di merito...

La società degli elettrochimici degli Stati Uniti che mi premia con una medaglia dipalladio... chissà perché proprio di palladio... davvero un premio ironico... se nonmi fosse stato consegnato nel 1985 forse la mia storia starebbe diversa... fuproprio il palladio della medaglia che io usai per i miei primi esperimenti...

Ma nel cassetto il professore trova anche una medaglia conferitagli dalla Royal Society deichimici per i suoi studi sull’elettrochimica e la termodinamica...

Non sembra essermi servito a molto essere membro della Royal Society... non miha messo al riparo da rischi o da pedinamenti...

Ogni tanto si ritrova a pensare a tutto quello che gli è successo, ora che, immerso nelsilenzio della sua casa, ha un po’ di tempo per mettere insieme i fatti e analizzarli. Ma c’èancora qualcosa che non riesce a capire: un commento di Edward Teller del giornosuccessivo all’annuncio della fusione fredda che recita: «Sembra estremamentepromettente... inizialmente la mia opinione era che non sarebbe mai potuto avvenire.Sono molto felice perché vedo una buona possibilità che io mi sia completamentesbagliato».29

Come devo considerare queste frasi? Costituiscono formalmente una valutazionepositiva... solo che le valutazioni di Teller, specie se positive, su un fattoscientifico nuovo, sono sempre accompagnate da due postille: la prima che lui ègià a conoscenza del fatto, e la seconda che non pensa possa funzionare. E unavolta dichiarato questo, può poi fingere di essere felice del proprio errore. Questotipo di ragionamento è parte integrante della sua psicologia.Eppure, in queste frasi non riesco a leggere un interesse nei miei confronti tale dagiustificare un pedinamento oppure un interessamento da parte dei militari per la

mia attività.

Poi c’era stata la riunione di Washington, avvenuta tra il 15 e il 18 ottobre e patrocinatadalla National Science Foundation e dall’Electric Power Research Institute, alla qualehanno preso parte cinquanta scienziati. In quell’occasione, Teller, davanti alle prove certedella produzione di calore, di neutroni e di trizio, ha azzardato l’ipotesi che il fenomenopotesse essere provocato da una particella neutra sconosciuta, da lui battezzata“meshoganon”, dal termine yiddish meshuga che significa pazzo. Inoltre, ha suggerito ditestare l’uranio 235 nella sua capacità di “sostenere” fusioni fredde e provare a sostituireil nucleo di deuterio con uno di berillio. Alla fine, ha proposto di riconoscere che si trattadi un lavoro di gran classe, che ha prodotto risultati sorprendenti e che si deve sostenerelo sforzo di scoprire se tali risultati sono dovuti a sofisticate difficoltà o a un vero e propriofenomeno sconosciuto.

Queste frasi, invece, non mi sembrano per nulla “innocenti”. A onor del vero, iltentativo di mettere tutto a tacere, invocando la nascita di una nuova particellaneutra, mi ricorda un altro episodio molto particolare: il famoso, e molto discusso,errore di Enrico Fermi, il quale, dopo aver sperimentato la fissione nei suoiesperimenti italiani, aveva dichiarato di “non essersene accorto” e di averlascambiata per la nascita di due nuove particelle, l’ausonio e lesperio. Secondoalcuni fisici italiani miei amici in questo caso si può parlare di un errore voluto:Fermi non voleva che Mussolini potesse mettere le mani sull’enorme potenzialeenergetico della bomba a fissione. E se non avesse nascosto la sua scopertagrazie a quel poco credibile errore, il corso della storia sarebbe stato differente.Ma qualcuno, alla fine, se ne era accorto: Ettore Majorana sembra abbiaaffrontato l’argomento nel corso di una rumorosa litigata con Fermi, scambiandopiù volte con il futuro premio Nobel l’epiteto di “cretino”. Il fatto fu così plateale,che lo stesso bidello del laboratorio in via Panisperna, per molti anni lo aveva piùvolte raccontato agli studenti.E forse la stessa morte di Majorana ha a che fare con questo errore, che errorepoteva non essere stato. Mi stupisce anche che la giuria del Nobel avesse presoper buona la scoperta di Fermi, permettendogli così di lasciare per sempre l’Italiacon il pretesto di andare a ritirare il premio attribuitogli per una scoperta errata...insomma, una storia bizzarra! E ora il fatto che Teller, lo stesso scienziato che mi ha fatto pedinare, affermi cheil mio lavoro è interessante ma riguarda probabilmente la scoperta di una nuovaparticella neutra, e che poi suggerisca la sperimentazione con l’uranio... insomma,tutto questo mi sembra soltanto una conferma del fatto che qualcuno stacercando di nascondere, un po’ maldestramente, una scoperta la cui dimensione èevidentemente sottovalutata.

A LEZIONE DI FISICA NUCLEARE

L’appuntamento era stato fissato in un ristorante di Frascati.«A che ora inizia la lezione?» domanda Ris. «Dobbiamo spaccare il minuto?».«Faccio in tempo a ordinare una pasta e fagioli?» replica Diesel.«Ci sarà un intervallo alla fine dell’ora?» ribatte Fel.«Smettetela di provocare» li interrompe Claudio. «Si tratterà di fare delle domande

sulle radiazioni e un veloce corso su come usare il contatore Geiger. Abbiamo al massimoquattro ore».

Mettere insieme quattro inviati che generalmente se ne stanno ai quattro lati oppostidella carta geografica, è un evento difficile da gestire. Se poi il pretesto è quello diseguire la lezione della dottoressa Garbati sulle radiazioni, la situazione rischia di appariretra il regressivo e il cameratesco. Ma appena iniziano le domande la discussione si fasubito interessante.

«Dottoressa Garbati può spiegarci come distinguere le radiazioni?» comincia Claudio.«Sono sostanzialmente di tre tipi, le radiazioni alfa, quelle beta e le gamma» risponde

la dottoressa. «Le prime sono una forma di radiazione corpuscolare altamente ionizzante(cioè capace di strappare elettroni agli atomi) e con un basso potere di penetrazione.Sono tipicamente emesse dai nuclei radioattivi degli elementi pesanti, per esempio dagliisotopi dell’uranio, del torio, del radio. I raggi alfa, a causa della loro carica elettrica,interagiscono fortemente con la materia e quindi possono viaggiare solo per pochicentimetri nell’aria. Le particelle alfa (anche se molto ionizzanti) non possono superarestrati di materia superiori a un foglio di carta. Possono essere assorbite dagli strati piùesterni della pelle umana e così generalmente non sono pericolose per la vita a meno chela sorgente che le emette non venga inalata o ingerita. In questo caso i danni sarebberoinvece maggiori di quelli causati da qualunque altro tipo di radiazione ionizzante, e se ildosaggio fosse abbastanza elevato comparirebbero tutti i sintomi tipicidell’avvelenamento da radiazione.

Le radiazioni beta sono una forma di radiazione ionizzante emessa da alcuni tipi dinuclei radioattivi come il cobalto-60. Questo tipo di radiazione assume la forma dielettroni o positroni ad alta energia, espulsi da un nucleo atomico. L’interazione delleparticelle beta con la materia ha generalmente un raggio d’azione dieci volte superiore, eun potere ionizzante pari a un decimo rispetto all’interazione delle particelle alfa.Vengono bloccate completamente da pochi millimetri di alluminio.

I raggi gamma sono una forma di radiazione elettromagnetica prodotta dallaradioattività o da altri processi nucleari o subatomici. Sono più penetranti sia della

radiazione alfa, sia di quella beta, ma sono meno ionizzanti. Si distinguono dai raggi X perla loro origine: i gamma sono prodotti da transizioni nucleari o comunque subatomiche,mentre i raggi X sono prodotti da transizioni energetiche dovute a elettroni in rapidomovimento. Uno schermo per raggi gamma richiede una massa notevole. Per ridurre del50% l’intensità di un raggio gamma occorrono 1 cm di piombo, 6 cm di cemento o 9 cm dimateriale pressato. Nonostante i raggi gamma siano meno ionizzanti degli alfa e beta,occorrono schermi più spessi per la protezione degli esseri umani. I raggi gammaproducono effetti simili a quelli dei raggi X come ustioni, forme di cancro e mutazionigenetiche. Comunque non dimenticate che esiste anche una radioattività naturale che èpossibile rilevare ovunque sulla Terra. Il fondo di radioattività naturale è dovuto sia aisotopi radioattivi di elementi naturali presenti nella crosta terrestre, sia a radiazionecosmica. La media mondiale della dose equivalente di radioattività naturale assorbita daun essere umano è di 2,4 millisievert (mSv) per anno. Questo valore è il riferimento perstimare il rischio di inquinamento. Tuttavia, il livello del fondo naturale di radioattivitàvaria significativamente da luogo a luogo. In Italia, ad esempio, la dose equivalentemedia valutata per la popolazione è di 3,4 mSv per anno. Ci sono aree geografiche dove ilfondo naturale è significativamente più alto della media mondiale come Ramsar in Iran,dove sono stati registrati picchi di 260 mSv per anno.

Nella fase iniziale, l’avvelenamento da radiazioni non è in genere letale nei minuti o oreseguenti l’irradiazione. Questa fase dura da qualche ora a qualche giorno e si manifestacon sintomi quali diarrea, nausea, vomito, anoressia, eritema. Segue un periodo in cui ilsoggetto appare in buone condizioni. Infine, sopraggiunge la fase acuta che presenta unasintomatologia complessa, caratterizzata generalmente da disturbi cutanei,ematopoietici, gastrointestinali, respiratori e cerebro vascolari».

«Dottoressa,» domanda Ris, interrompendo la dissertazione della dottoressa; «laCommissione sull’uranio impoverito ha fatto esplodere volutamente dei proiettili alcosiddetto uranio impoverito e ha rintracciato nel luogo dell’esplosione materiali differentida quelli presenti precedentemente all’esplosione, come lo stronzio, l’oro, prodotti daelementi fissili, e altri materiali compatibili con la fissione dei materiali all’origine. Questocome è possibile?».30

«Ci possono essere due spiegazioni. La prima è che questi materiali fossero giàpresenti nel cosiddetto uranio impoverito e che dunque il proiettile fosse costruito conmateriale di scarto dei reattori nucleari. La seconda, che quei materiali siano il risultato diuna microfissione avvenuta al momento dell’esplosione».

«Queste due spiegazioni si escludono a vicenda?» ribatte Ris.«No, anzi l’aumento della presenza di materiali radioattivi favorirebbe la possibilità di

provocare, in particolari condizioni come un fortissimo aumento della pressione,microfissioni e liberazione di alta energia in diverse forme, anche nella forma ditrasmissione di calore».

«Nel caso fosse vera la sua prima ipotesi non si dovrebbe chiamare uranio impoveritoma uranio sporco o uranio riprocessato» commenta Diesel, inserendosi nella discussione.

«Lei ha ragione, l’uranio impoverito, non dovrebbe essere mai entrato in un reattorenucleare».

«Ci può spiegare bene la differenza tra uranio impoverito, uranio arricchito e uranionaturale?» chiede Fel.

«L’uranio è uno dei 92 elementi chimici presenti in natura. Gli atomi di ogni elemento,uranio compreso, hanno sempre lo stesso numero di protoni, ma possono avere undiverso numero di neutroni. Questi atomi vengono chiamati isotopi. In natura ognisostanza si presenta come una “miscela” di più isotopi. Per l’uranio questa miscela ècomposta per il 99,3% da uranio 238 e per lo 0,7% da uranio 235.

Partendo dall’uranio naturale, estraibile da giacimenti minerari, è possibile creare inlaboratorio due metalli derivati: l’uranio arricchito (più radioattivo e contenente più nucleidi uranio 235), e l’uranio impoverito (contenente meno nuclei di uranio 235). Entrambivengono creati trasformando l’uranio in gas e facendolo passare in centrifughe cheseparano l’uranio 238 dall’uranio 235. In questo modo la percentuale di uranio 235, che èquello più instabile e radioattivo, può essere aumentata oltre lo 0,7%: in questo caso siotterrà uranio arricchito, mentre se è al di sotto dello 0,7% si avrà uranio impoverito o“depleted”.

Per il suo elevato peso specifico, l’uranio impoverito trova impiego nell’industria civileper la costruzione di schermature per sorgenti altamente radioattive e come materiale dizavorra per aerei, elicotteri e barche a vela.

Viene comunemente affermato, anche se mancano evidenti prove a favore, che l’uranioimpoverito possa avere un’applicazione militare a causa della sua elevata densità,entrando nella produzione di proiettili capaci di un particolare impatto con il bersaglio. Siuserebbe l’uranio impoverito in quanto residuato, non altrimenti utilizzabile e quindi pococostoso, della produzione dell’uranio arricchito, che invece è impiegato nei reattorinucleari oltre che per produrre bombe nucleari».

«Dunque se dopo l’esplosione dei proiettili vengono trovati materiali fissili, l’uranioimpiegato non dovrebbe essere quello impoverito, giusto?» si inserisce Claudio.

«Esatto» risponde la dottoressa.«Sarebbe giusto chiamarlo sporco?» chiede Ris.«Formalmente è sporco e probabilmente più radioattivo della soglia dello 0,7% perché

contiene altri materiali fissili».«Ma perché lo continuano a chiamare impoverito?» ribatte Diesel.«Lo chieda ai militari, non a me. Io non so con esattezza che tipo di uranio venga

impiegato negli ordigni bellici. E anche a me risulta che dal test condotto dallaCommissione parlamentare fossero emersi degli elementi prodotti da una fissione, matenga presente anche la seconda ipotesi, cioè che la microfissione sia avvenuta durantel’impatto».

«Dal punto di vista fisico, l’esplosione di tonnellate di proiettili costruiti con i residui delcarburante nucleare dei reattori potrebbe essere definita una bomba nucleare sporca?»domanda Ris.

«Se è costituita da materiale anche bassamente radioattivo, nei fatti lo è.Ora vorrei passare alla spiegazione su come utilizzare un contatore Geiger e

sottolineare l’importanza della valutazione della radioattività di fondo per poter valutarela radioattività di una particolare zona. Voi vi occupate di armi ed è sufficiente che

aumenti la radioattività di fondo per rendere difficile percepire un aumento dellaradioattività specifica, così come è difficile misurare la radioattività delle polveri sevengono usate nello stesso tempo polveri oltre o sotto lo 0,7% di uranio 235. Nondimenticate che esiste anche un margine di errore degli strumenti, che per alcuni è anchedel 15%, e dunque è difficile avere certezze sulla presenza dell’uranio 235 se siimpiegano accorgimenti per nasconderne l’uso».

La lezione dura molto più del previsto e le domande, le risposte e le deduzioni apronoaffascinanti scenari. D’altra parte, pensare che la guerra sia uno scontro leale senzainganni e sotterfugi sarebbe un’ingenuità.

J. B. CONANT AMMINISTRATOREDELLA GUERRA, RETTORE DI HARVARDE IL MEMORANDUM GROVES

Creano macchine quelli lì e una macchina è veramenteutilizzabile solo quando è diventata indipendente

dal pensiero scientifico che ha portatoalla sua invenzione. E così al giorno d’oggi qualsiasi

imbecille può far brillare una lampadina elettricao far esplodere una bomba atomica.

I Fisici, Friedrich Dürrenmatt

Entrando in redazione, Claudio butta il suo zaino sul tavolo proprio mentre Ris stacominciando a leggere agli altri la sua ricerca.

«Si tratta di un memorandum inviato il 30 ottobre 1943 da James Bryant Conant,Presidente del Consiglio Nazionale della Ricerca per la Difesa degli Stati Uniti, e da duepremi Nobel, Arthur H. Compton e Harold C. Urey, al Brigadiere Generale L. R. Groves,all’epoca Direttore del progetto Manhattan».

«Sei sulla notizia. 30 ottobre 1943... per arrivare al 2006 ne hai di tempo» sentenziaClaudio.

«Non fare lo scemo, questo documento è importantissimo... l’ho trovato facendo unaricerca su internet sull’uranio impoverito» ribatte Ris.

«Vai avanti» lo incita Claudio.«Si tratta di un rapporto “sull’uso dei materiali radioattivi come arma militare”, secondo

il quale il materiale radioattivo verrebbe prima frantumato in particelle microscopiche aformare polvere, poi inserito nei proiettili per le armi di terra o le bombe aeree. Laquantità necessaria per provocare la morte di una persona che lo inala sarebbeestremamente ridotta. È stato valutato che basterebbe un milionesimo di grammoaccumulato nel corpo di una persona per raggiungere esiti mortali e non esisterebbealcun tipo di cura. Due fattori sembrano aumentare l’efficacia distruttiva della polvereradioattiva o dei fumi: il fatto che non venga rilevata a livello sensoriale e la sua naturamicroscopica, che la rende capace di attraversare anche i filtri delle maschere antigas inquantità sufficientemente dannose. In più, il materiale radioattivo è così finementepolverizzato da comportarsi in maniera simile a un gas ed è quindi soggetto a tutti ifattori, come il vento, che ne determinano la rapida dispersione al di fuori della zona di

applicazione. Le raccomandazioni redatte dal sottocomitato prescrivono l’immediatosvolgimento di studi approfonditi sull’argomento in caso di utilizzo di armi radioattive daparte del nemico, allo scopo di approntare arsenali simili a uso delle autorità militari degliStati Uniti. Gli usi militari previsti per tali materiali riguardano il loro utilizzo comeinquinanti del terreno: in caso di controllo territoriale da parte del nemico, occorrerebbedisperderli nell’area via terra o aria. L’esposizione giornaliera (100 roentgen sull’interasuperficie del corpo) provocherebbe una temporanea disabilità, mentre l’esposizione perun’intera settimana porterebbe alla morte. È probabile che gli effetti non siano immediati,ma ritardati per giorni o per settimane, a seconda del periodo di esposizione. Se questadovesse essere di cinque-dieci volte superiore a quella, porterebbe alla disabilità dellepersone coinvolte in un paio di giorni, mentre se dovesse protrarsi per un periodocompreso tra i tre e i cinque giorni i danni sarebbero più rilevanti, con esito mortale. Lezone contaminate rimarrebbero tali fino al lento deperimento naturale del materialeradioattivo, che potrebbe richiedere settimane e perfino mesi. In presenza di superficidure e piane, una prima decontaminazione potrebbe essere realizzata con acqua, ma perterreni di tipo medio nessun metodo di decontaminazione è conosciuto. Non sembrapossibile produrre alcun tipo di indumento in grado di proteggere il personale impiegatonelle operazioni e non esistono metodi di cura per contrastare efficacemente questo tipodi problema. Questi materiali si prestano anche a una contaminazione del corpo peringestione. Possono essere “trattati” i bacini idrici, i pozzi oppure gli stessi alimenti,provocando effetti simili a quelli provocati dall’inalazione delle polveri o dei fumi. Unaproduzione di quattro giorni potrebbe fornire materiale radioattivo per contaminare unmilione di galloni d’acqua, ed è probabile che un quarto di gallone bevuto ogni giornoprovocherebbe la disabilità o la morte nell’arco di un mese. Anche se sono disponibilisoltanto informazioni frammentarie, è probabile che i sintomi iniziali si manifestino conun’irritazione bronchiale dopo alcune ore o alcuni giorni dall’esposizione, a seconda delladose. L’immediata disabilità interverrebbe con dosi vicine a 400 o più roentgen al giorno.Il danno permanente si manifesterebbe dopo mesi, e sarebbe causato dalla continua,anche se lenta, irradiazione delle particelle ingerite. Sembrerebbe che i gas chimicipossano colpire meglio e più rapidamente le superfici della pelle e i polmoni. Le emissionidi radiazioni beta avrebbero invece effetti più permanenti, che si manifesterebbero anchemesi dopo l’esposizione. I prodotti di fissione che emettono radiazioni beta potrebberoessere introdotti nel tratto gastrointestinale da acque contaminate, alimenti o attraversol’aria, irradiandosi dal naso alla gola e poi nei bronchi, fino a essere inghiottiti. Gli effettisarebbero quelli di un’irritazione localizzata a carico di stomaco, intestino cieco e retto,dove le sostanze rimangono più a lungo che in nessun altro organo.

Probabile è anche la comparsa di ulcere e perforazioni dell’intestino, fino alla morte,anche senza la comparsa dei tipici effetti da contaminazione radioattiva. I prodotti difissione, emettitori di raggi gamma, dopo essere stati assorbiti dai polmoni o dal trattogastrointestinale, confluirebbero nel sangue distribuendosi in tutto il corpo.

Il rapporto termina con i soliti avvertimenti: “Questo documento contiene informazioniche interessano la difesa nazionale degli Stati Uniti nei termini della Legge sullospionaggio, U.S.C. 50:31 e 32. La trasmissione o la rivelazione delle informazioni in esso

contenute in qualsiasi modo a una persona non autorizzata è proibito dalla legge”».«Quando è stato desecretato?» chiede Claudio.«Solo nel 1974».«Mi sembra una richiesta di autorizzazione molto dettagliata. Descrive in modo quasi

profetico i sintomi poi comparsi nella cosiddetta “sindrome del Golfo” del 1991, quandoper la prima volta furono usati i proiettili al cosiddetto uranio impoverito. Quindi nei livellipiù alti dell’amministrazione militare i pericoli della contaminazione per respirazione oingestione di micro o nano particelle radioattive, erano già conosciuti nei dettagli, dalmomento che viene specificato che si tratta di emettitori di radiazioni alfa, le stesse chevengono prodotte dal cosiddetto uranio impoverito».

«Viene anche specificato che possono essere usate per avvelenare cibo e acqua...».«Il delitto perfetto, non c’è relazione causale e temporale tra l’avvelenamento e la

manifestazione dei sintomi, che avviene molto più tardi e in modo stocastico».«E chi era il gentiluomo che ha teorizzato la polvere radioattiva come arma?».«Questo è l’aspetto più impressionante: il memorandum Groves è stato scritto da

James Bryant Conant che è stato Presidente dell’Università di Harvard, amministratore erappresentante del governo degli Stati Uniti, Presidente del Comitato per la RicercaNazionale della Difesa e Ambasciatore in Germania».

«Alla faccia dell’indipendenza del mondo accademico. Hai preparato una scheda su dilui? Se sì, mi piacerebbe vedere che faccia ha».

«Dunque, i suoi rapporti con Harvard sono iniziati quando si iscrisse alla Facoltà diChimica, per poi continuare, dopo il dottorato, con l’insegnamento di Chimica organica eFisica. Durante le prime fasi della Prima guerra mondiale, Conant non nascose le suesimpatie per i tedeschi, almeno fino a quando non comparve il “gas mostarda”, impiegatosui campi di battaglia dalla Germania contro la fanteria francese, in aperta violazionedella Convenzione dell’Aia.31 Fu allora che Conant offrì i propri servizi come chimico alMinistero della Guerra e venne incaricato della supervisione di un laboratorio segreto perla produzione di proiettili al gas lewisite. La sua carriera universitaria trasse giovamentoda questi servizi resi alla nazione e nel 1933 gli venne offerta la posizione di presidentedell’Università di Harvard, che mantenne fino al 1953. In quegli anni trasformò l’universitàimponendo un esame di ammissione per i liceali basato su un test che misurava leattitudini, poi adottato in tutte le scuole americane, e imprimendo una svolta netta alladidattica con il progressivo abbandono degli insegnamenti classici e il rafforzamento deglistudi scientifici».

«Se lui si fosse dedicato agli studi classici forse sarebbe stato meglio» chiosa Claudio.«La sua vita non è stata comunque priva di tensioni e incidenti, come quando, nel

1940, un incontro della squadra di Harvard con i cadetti della Marina di Annapolis venneinterrotto dall’allenatore di questi ultimi, perché nella squadra avversaria giocava unostudente di colore. Il fatto provocò molto scalpore e Conant, invece di protestare controquell’azione razzista, si scusò con l’ammiraglio di Annapolis per aver portato uno studentenero nella squadra. Altri incidenti piuttosto imbarazzanti furono provocati da una serie diincontri con esponenti del nazismo. Quello più famoso fu provocato dall’invito apresenziare all’apertura dei corsi estivi di Harvard fatto a Ernst Hanfstaengl, brillante ex

studente di madre americana e padre di antica nobiltà tedesca che a soli venticinque anniera già diventato il segretario per la stampa del Führer. La sua partecipazione allacerimonia, dove fece il saluto nazista e una donazione di un fondo per promuovere studigermanici a Harvard, provocò contestazioni da parte del pubblico e articoli di protestasugli organi di stampa. In quegli anni, a causa di questo clima, diminuirono le iscrizionidegli studenti di origine ebraica».

«Ma aveva simpatie naziste o no?» domanda Claudio.«Per un certo periodo Conant pensò che il conflitto che attraversava l’Europa fosse

quello che opponeva il comunismo all’anticomunismo e che la scelta da fare dovesseessere quella di sostenere il fronte anticomunista. In tal senso era dunque a favore delfascismo e del nazismo, anche se poi la motivazione adottata dal presidente F. D.Roosevelt per giustificare l’intervento fece leva sull’opposizione tra paesi liberi edemocratici da un lato e paesi dittatoriali dall’altro. Quale che fosse la sua personalevisione della Germania, occorre precisare che Conant, una volta che il suo paese prese ladecisione di intervenire in guerra, la sostenne con forza diventando uno strenuointerventista. Durante la Seconda guerra mondiale poi, la sua partecipazione al “CenturyGroup” (un gruppo informale di interventisti molto potenti) e poi la fondazione delComitato di Ricerca per la Difesa Nazionale (NRSC), gli crearono una fortissima rete disostegno politico e di protezione. Come presidente del NRSC svolse un ruolo di primopiano nell’avvio del “progetto Manhattan” per la produzione della prima bomba nucleare,e ne svolse altri altrettanto importanti in tutti i successivi progetti militari, tanto daguadagnarsi l’appellativo di “War Administrator”. Dopo la Seconda guerra mondiale fuconsigliere della Fondazione Nazionale della Scienza e della Commissione per l’EnergiaAtomica, ricoprendo i ruoli di Alto Commissario e ambasciatore degli Stati Uniti inGermania dal 1953 al 1957. Insomma, decisamente un personaggio di grande levatura,ma anche molto controverso».

«Hai fatto davvero un’ottima ricerca, che però mi ha depresso da morire. Sembra chepiù una persona sia intelligente, più siano perversi gli strumenti di morte che può metterea punto: la contaminazione del terreno e dell’aria colpisce indiscriminatamente sia lapopolazione civile sia i due eserciti, continuando a colpire le generazioni future. Chesenso ha occupare o liberare un paese se il prezzo è quello di creare menomati pergenerazioni? A me sembrano tutti matti».

IL MANIFESTO RUSSELL-EINSTEIN

Se i raggi di mille soli si accendesseronello stesso momento nel cielo, questo sarebbe come

lo splendore del potente... ed ora sono diventato la morte, la distruttrice dei mondi.

Bhagavad Gita

«Anche se la ricerca che ho per le mani» esordisce Claudio rivolgendosi ai suoi colleghidella redazione «ha più a che fare con la storia che con l’attualità, vorrei perdere dueminuti per farvela vedere, perché, a differenza di quella sul rapporto Groves, questa mi haridato un poco di fiducia. Sentite qua: “In considerazione del fatto che in ogni futuraguerra mondiale verrebbero certamente impiegate armi nucleari e che tali armi mettonoin pericolo la continuazione stessa dell’esistenza dell’umanità, noi rivolgiamo un pressanteappello ai governi di tutto il mondo affinché si rendano conto e riconoscanopubblicamente che i loro obiettivi non possono essere perseguiti mediante una guerramondiale e li invitiamo, di conseguenza, a cercare mezzi pacifici per la soluzione di tuttele questioni controverse fra loro”».32

«Ohhh era ora, chi è quell’anima buona?» ribatte Fel.«Quelle anime buone, la lettera è conosciuta come manifesto “Russell-Einstein”, ma è

stata firmata da tredici premi Nobel, gli altri sono Max Born, Percy W. Bridgman, LeopoldInfeld, Frédéric Joliot-Curie, Hermann J. Muller, Linus Pauling, Cecil F. Powell, JosephRotblat, Hideki Yukawa.

Ve ne leggo un altro pezzo: “Noi rivolgiamo un appello come esseri umani a esseriumani: ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto. Se sarete capaci di farlo vi èaperta la via di un nuovo Paradiso, altrimenti è davanti a voi il rischio della morteuniversale”».

«Molto coraggiosi» commenta Fel.«Era il 1955 quando questo manifesto venne pubblicato. Si tratta di un testo

straordinario, privo di ogni appiglio ideologico o di qualsiasi presunzione culturale, undocumento nato dalla consapevolezza dell’irreversibilità della strada intrapresa, quelladella supremazia nucleare.

Le annate 1955 e 1956 furono tra le peggiori della guerra fredda. In quel tempo,entrambe le super potenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, eseguirono numerosiesperimenti volti a studiare l’effetto delle armi nucleari sui campi di guerra. A tale scopo

decine di migliaia di soldati vennero dislocati nelle vicinanze delle esplosioni delle bombe,provocando tra di essi, nel corso degli anni, numerosi morti. Nel frattempo, vennerovarate le prime flotte di sottomarini a propulsione nucleare e dotati di armi nucleari. Nelluglio del 1956 l’Egitto, dopo aver annunciato la nazionalizzazione del Canale di Suez,venne attaccato da Gran Bretagna, Francia e Israele, le quali pensavano in tal modo diriuscire a costringerlo a restituire il canale ai vecchi proprietari. Il presidente Nasserrispose affondando tutte le quaranta navi che si trovavano nel canale, bloccandolo cosìfino al 1957. La Russia reagì all’attacco invadendo l’Ungheria, sconfiggendo i movimentiantisovietici e occupandola militarmente. Il Cremlino minacciò poi di intervenire a fiancodell’Egitto, lanciando attacchi con “tutti i tipi di moderne armi di distruzione”, cioè lebombe H, su Londra e Parigi. Gli Stati Uniti per parte loro minacciarono di vendere leriserve americane della sterlina e così costrinsero Inghilterra e Francia al cessate il fuoco.L’ONU creò in quell’occasione la prima missione di “peace keeping” da inviare nella zonadel Canale di Suez per “mantenere i confini in pace mentre si cercava un accordopolitico”. Insomma, il manifesto Russell-Einstein e la crisi politica di quegli annicambiarono il modo di fare la guerra e la politica internazionale. La paura del nuclearedivenne una variabile da tenere in considerazione, dal momento che le armi nucleariavevano raggiunto una potenza eccessiva e chi avesse manifestato l’intenzione di usarleavrebbe perso la guerra, anche se militarmente pensava di poterla vincere. Si rese cioènecessario diminuire di molto la loro potenza. Ma per fare questo occorreva trovare unasoluzione scientifica per abbassare la dimensione della massa critica che, nei primimodelli, poteva avere una carica di alcune decine di chilogrammi di uranio arricchito(venti-ventidue chilogrammi). Anche agli scienziati toccava ricominciare a pensare inpiccolo. Insomma, era a un tempo un problema politico e scientifico e credo che sia statorisolto, anche se nessuno se ne è ancora accorto».

«Beh, se dovesse mettersi male con le inchieste, ci conviene specializzarci suidocumentari storici. Oramai siamo preparatissimi».

UNA VACANZA AD ANTIBES

Antibes, settembre 1993. Il sole è appena tramontato e la luce del cielo appare riflessadal mare in lontananza. In un piccolo tempio in mezzo al parco, il professore, GiulianoPreparata e Kurt Grass stanno cenando insieme ad altri commensali, parlandoanimatamente.

«Vi ho mai raccontato la misteriosa storia del gatto grigio?» domanda il professore.«No. Dài, racconta» lo incalza Giuliano.«La storia è questa: un bel giorno, un cuoco italiano portò in dono a una contessa un

gatto grigio che lei allevò insieme alla sua gatta bianca, in un regale isolamento. Il cuoco,prima di andarsene, le garantì, certificato alla mano, che il gatto era stato sterilizzato. Manon molto tempo dopo, la contessa si recò dal cuoco su tutte le furie e lo aggredìdicendo: “Lei mi ha mentito: la gatta bianca è rimasta incinta e nella mia casa non c’èmai stato nessun altro gatto, eccetto quello grigio”. “È impossibile” rispose il cuoco “nesono certo. Ma, a ogni buon conto, mi lasci seguire il gatto grigio e le dimostrerò che horagione”.

Il cuoco seguì il gatto grigio per diversi giorni, finché a un certo punto lo vide saliresopra un bidone della spazzatura e miagolare fino all’arrivo di un nutrito numero di gatti.Il gatto grigio cominciò allora ad “arringarli” con i suoi miagolii. Vista la scena, il cuocosoddisfatto ritornò dalla contessa e le disse: “Ho risolto il mistero, la spiegazione èsemplice: quando il tuo apparato non funziona più, puoi sempre fare il consulente”».

Nella luce delle candele che illuminano la tavola, i commensali ridono di gusto, mentreGrass e Preparata sembrano lanciarsi una rapida occhiata senza ridere. È uno sguardo chenon ha bisogno di essere decifrato.

Al termine della cena, i due si fermano a sorseggiare un ultimo bicchiere prima dirientrare nella villa.

«Anche tu hai capito il messaggio?» domanda Grass.«Sì. Ci ha annunciato, con la solita ironia, la sua decisione: “Dal momento che non

posso più fare ricerca, vorrà dire che farò il consulente”» risponde Preparata.«Dunque ha deciso di smettere di lavorare per la società che lo sta finanziando?».«Guardati intorno e capirai il perché. Ieri mi spiegava che può mettere sul conto della

società l’affitto di questa meravigliosa villa con il parco, le spese di pranzo e cena percinquanta persone per un intero mese, ma non può spendere un centesimo per illaboratorio senza presentare una richiesta ufficiale accompagnata da studi approfonditi,preventivi e piani di lavoro».

«Queste sei settimane sono state davvero molto intense. Da fisico teorico, trovo moltointeressante fare ipotesi su una serie di concetti ancora da perfezionare, allo scopo dicomprendere il fenomeno della cosiddetta “fusione fredda”, su quegli “stati di coerenzadella materia” tanto per intenderci. Ma questa villa è una voliera dorata, dove puoi starecome un nababbo svolazzando qua e là, alla condizione di non fare nulla. E c’è sempreuna grata che ti impedisce di prendere davvero il volo».

«Credo che tu abbia ragione, io comunque non posseggo tutte le informazioninecessarie a comprendere questa scelta. Credo che abbia a che fare con qualche segretoche noi non conosciamo. Ho sentito molto parlare negli ambienti americani dellapossibilità di sostituire il palladio con l’uranio, cosa che ha evidenti implicazioni militari. Etale possibilità potrebbe allarmare gli sponsor, i quali perciò vorrebbero poter controllareda vicino la ricerca. Mi viene da pensare che si sia arrivati a un punto decisivo: o fai lascelta di lavorare per qualche laboratorio militare, o tenti di concentrarti, come tentiamodi fare noi, sulle potenzialità industriali di questa scoperta. Quest’area di ricerca è semprepiù complessa e c’è soprattutto un particolare che non riesco a capire: l’attitudine dicoloro che si offrono di finanziare queste ricerche presenta aspetti misteriosi e lascia laporta aperta a sorprese».

PERCY WILLIAM BRIDGMANE LA SUA SCOPERTA DIMENTICATA

La sensazione di capire è privata come è privata la sensazionedel dolore. L’atto del capire è al centro di tutte le attivitàscientifiche; senza di questo, qualsiasi apparente attività

scientifica è così sterile come uno studente delle scuole superioriche sostituisca i numeri in una formula. Per questo motivo

la scienza, quando io spingo l’analisiil più possibile indietro, deve essere privata.

Percy William Bridgman

«Oggi tocca a me relazionare ed esigo un poco di silenzio» esordisce Diesel.«Vai, dài, inizia» lo incalza Claudio.«Sono partito da una presentazione in PowerPoint sulle armi utilizzate nei conflitti più

recenti, nella quale veniva citato l’effetto Bridgman; cercando di capire di cosa si stesseparlando, e nonostante un buco di più di cinquant’anni, sono riuscito a trovare un articolopubblicato dalla Physical Review del novembre 1935 a firma dello stesso Percy WilliamBridgman, premio Nobel per la fisica, noto anche per aver scritto La logica della FisicaModerna, pubblicato in Italia da Bollati Boringhieri ed Einaudi, e uno dei massimi espertimondiali di fisica delle alte pressioni».

«Strano che un premio Nobel sia circondato da un vuoto di pubblicazioni di questogenere...» commenta Fel.

«La spiegazione c’è e la sentirai tra un attimo. Quell’articolo annunciava che esiste unasoglia critica di pressione oltre la quale la materia solida si polverizza e vengono emesseradiazioni ionizzanti e particelle veloci. In quell’articolo si descriveva quello che succedevaa un campione di metallo sottoposto a 50 mila atmosfere e simultaneamente soggetto auno sforzo di taglio. Ebbene, esiste sempre un valore critico che varia da sostanza asostanza, ma che una volta superato determina l’esplosione del campione, non medianteuna vaporizzazione ma bensì una produzione di particelle dell’ordine del micron, oltre atutta una fenomenologia paranucleare. La materia si polverizza e si organizza in questimicrodomini di materia. L’argomento può essere ritrovato in forma più completa nel libroThe Physics of High Pressure pubblicato nel 1947».

«Potrebbe essere questo il fenomeno che fa sì che il cosiddetto uranio impoverito,quando colpisce la corazza di un carro armato, esploda in una nuvola di microparticelle

liberando una energia in grado di rompere i legami nucleari dell’uranio 235?» domandaFel.

«Ci avevo pensato anch’io. Pur non conoscendo quante atmosfere siano necessarie peril superamento della soglia critica dell’uranio impoverito, e prendendo per buono l’ordinedelle 50 mila atmosfere che viene riportato da più parti, possiamo ipotizzare che lapolverizzazione di un proiettile di uranio sia determinata dall’effetto Bridgman, dalmomento che le pressioni prodotte dagli attuali ordigni a carica cava, grazie allaparticolare sagoma a specchio concavo collocata alla base della punta del proiettile, sononell’ordine dei milioni di atmosfere».

«Ma Bridgman come ha spiegato questo fenomeno?» lo interroga Fel.«Bridgman non avanzò nessuna spiegazione dalla sua scoperta. A cose normali si

sarebbe creata molta attenzione, con dibattiti e ipotesi contrastanti, e invece nonavvenne nulla di tutto ciò. Dopo l’articolo del 1935 e il libro nel 1947, che certamente nonpoterono passare inosservati, niente, non si trova alcun cenno sull’argomento, né criticoné elogiativo, silenzio totale.

Bridgman ricevette il premio Nobel nel 1946 per i suoi studi sulle alte pressioni.Nonostante fosse schivo di natura, nella sua attività incontrò gli scienziati migliori di quelsecolo, come Albert Einstein, che gli suggerì di utilizzare la fisica dei quanti per tentare dispiegare gli incredibili risultati delle sue ricerche.

Lo scienziato fu legato da una stretta amicizia con Conant, rettore dell’Università diHarvard, nella quale lui stesso insegnava. Inoltre, sappiamo che incontrò J. RobertOppenheimer e che tra i suoi studenti di un corso estivo vi fu anche Henry Kissinger.

Percy William Bridgman si sparò un colpo di pistola in testa nella sua casa di montagnanell’agosto del 1961, all’età di 79 anni, ormai all’ultimo stadio di un tumore alle ossadiffuso in tutto il corpo, lasciando quelle note che sono rimaste come manifestoall’eutanasia: “È indecente che la società faccia fare a un uomo da solo quello che sto perfare, probabilmente questo è l’ultimo giorno che potrei essere in grado di farlo da solo”.

Dopo alcuni anni si verrà a sapere che nei laboratori militari si stanno portando avantiricerche proprio sulla scoperta di Bridgman, catalogata sotto l’acronimo SBER, ossia“Structure Breaking Energy Release”, e sembra che questo avvenga sia nei laboratorimilitari russi sia in quelli americani. Dunque l’effetto Bridgman sarebbe alla base dellaproduzione di una nuova tipologia di armi».

«Per chi intende l’arte militare come pura distruzione, nulla di strano» ribatte Fel. «Sidisintegra la materia, è normale che ci sia questo interesse.

Il silenzio della ricerca scientifica, accademica e privata, su queste scoperte invece puòfar nascere molte domande sulla loro reale autonomia. Può significare che i militari sonoin grado di indicare alla ricerca scientifica quali argomenti debbano essere censurati e laricerca civile sembra essere pronta a conformarsi senza nessuna obiezione».

«A me Bridgman sta simpatico» conclude Ris. «Intanto ha firmato il manifesto Russell-Einstein contro l’uso della bomba H. E poi il modo nel quale ha deciso di morire me lorende degno di stima, uno scienziato diverso dagli altri».

URANIO ARRICCHITO A KHIAM

La redazione inchieste funziona in modo leggermente diverso dalle altre redazioni. Inqueste, gli occhi devono essere puntati sul continuo flusso delle agenzie e non si deveperdere una notizia. La redazione inchieste deve invece cercare quelle notizie che, perimportanza o per complessità, hanno bisogno di essere approfondite. Ci sono alcuneoperazioni, come il monitoraggio dei principali giornali stranieri online di tutto il mondo,che si fanno di routine ogni giorno. Ed è proprio da uno di questi giornali cheimprovvisamente può nascere l’idea per un’inchiesta.

“Trovata un’alta concentrazione di materiali radioattivi non identificati in un cratere diKhiam nel Sud del Libano, al confine con Israele”. La notizia viene diffusa il 21 agosto2006 da un giornale inglese pubblicato in Libano e distribuito anche via internet, il DailyStar.

Il cratere è stato creato dal bombardamento effettuato da Israele il 25 luglio, iltredicesimo dei trentacinque giorni del conflitto tra Israele e hezbollah.

Dal momento della prima idea a quello della partenza generalmente non passanomolte ore. Si tratta di automatismi già sperimentati: i passaporti sono sempre pronti, ivisti anche, le vaccinazioni necessarie sono già state fatte, l’agenzia di viaggio èesattamente nello stesso seminterrato e le impiegate ormai conoscono i giornalisti dellaredazione inchieste per nome.

Claudio a Beirut ha appuntamento in un vecchio caffè di Hamra con Mohamed Duhar, unfotografo che vive a Khiam e che ha documentato con immagini e filmati ilbombardamento. Mohamed è un uomo sulla quarantina, alto, robusto, appassionato alsuo lavoro e alla sua terra, gentile e generoso come spesso lo sono gli uomini del Libanodel Sud.

«Dopo il cessate il fuoco sono entrato a Khiam per riprendere le devastazioni provocatedalla guerra. La prima cosa che mi ha colpito sono stati gli odori, molto forti... ho dovutomettermi dei fazzoletti sul viso perché non si poteva respirare. Mentre facevo le ripresesentivo le persone che si raccomandavano di non toccare le cose che erano state distruttedai bombardamenti e di stare lontani dai fumi per evitare danni» riporta Duhar.

«C’è qualcosa che l’ha colpita particolarmente di quei bombardamenti?» domandaClaudio.

«Sì, qualcosa c’è. Me ne sono accorto riguardando i filmati del bombardamento diKhiam.

Tenga presente che Khiam è stata prima in mano agli israeliani, che vi hanno costruito

un centro di detenzione e di tortura, dopo è diventata una roccaforte degli hezbollah, iquali hanno trasformato le carceri speciali in un museo della resistenza. Quindi israelianie hezbollah conoscevano bene la zona, la conformazione del terreno e la presenza dirifugi sotterranei. Mentre riguardavo le immagini dell’esplosione, mi sono accorto di unclick nell’audio che arrivava simultaneamente all’esplosione, provocato probabilmente dauna turbolenza magnetica. Il sonoro del boato arrivava qualche secondo più tardi e,prestando attenzione, si poteva anche osservare che l’esplosione era preceduta da unasorta di aura che si irradiava tutto intorno prima delle fiamme e del fumo. Ledeflagrazioni poi erano a quattro stadi, come se i missili fossero esplosi quattro volte,appunto. Forse era stata progettata così per penetrare e distruggere i rifugi sotterranei».

«C’è qualcuno che ha misurato la presenza di radiazioni?».«Sì, il professore Kubka che insegna Fisica all’università e proviene proprio da Khiam.

Ho i suoi numeri di telefono, se vuole».

Università di Beirut. Il professore Ibrahim Kubka va incontro a Claudio con premura, ha ilviso di una persona intelligente e serena, parla sottovoce e aspetta sempre che il suointerlocutore abbia finito di parlare prima di iniziare. Insomma, una persona educata edisponibile.

«Il comune di Khiam mi ha chiamato per dirmi che c’erano radiazioni» inizia ilprofessore. «Mi ha chiesto aiuto per capire cosa stava succedendo. Allora sono andato aKhiam, che è il mio paese di origine, e ho iniziato a valutare gli effetti delle radiazionisulle persone. Sono stato venti giorni nelle zone di guerra e l’impatto dei missili intorno ame era davvero orribile... per le famiglie, per i bambini. Tutte le strade e i ponti eranostati distrutti dai missili, i crateri erano enormi, non sono in grado di dire quale sia stato iltipo di arma utilizzato».

«Può portarmi a Khiam a vedere le zone di cui mi sta parlando?».«Posso farlo senza difficoltà, ci ritorno ogni fine settimana, venerdì possiamo andarci

insieme».Le montagne del Libano del Sud portano le tracce dei castelli dei crociati, che

sembrano ancora inespugnabili dall’alto delle rocce a strapiombo dove sono stati costruiti;e inespugnabili appaiono anche le diverse postazioni militari costruite da israeliani ehezbollah sui due diversi lati del confine. Eppure, così come è venuta meno la funzione diquei castelli, prima o poi cesserà anche la funzione di quegli avamposti militari,anacronistici e ridicoli in una fetta di terra che dai tempi della Bibbia è sempre stata alcentro di commerci e scambi tra diverse culture.

Risalendo lungo la valle del fiume Litani si rimane impressionati di quanto questo fiumesia di portata ridotta e di come pure riesca a trasformare le rocce aride e brulle dei monticircostanti in un tappeto verde e ombreggiato. Sarebbe un paesaggio dolce se non fosseper le carcasse di macchine e mezzi corazzati che ancora accompagnano il percorso o lecontinue interruzioni dovute a un ponte distrutto o un pezzo di strada crollato. Il paese diKhiam si trova in cima a un monte. A prima vista sembra distrutto, ma rovine e case incostruzione si alternano in modo sorprendente. Il professor Ibrahim Kubka sembramuoversi a suo agio tra quelle rovine e, a un certo punto, si blocca davanti a una villa in

costruzione vicina a un’altra distrutta.«Questo grande cratere è stato provocato da una bomba israeliana» esordisce Kubka.

«Emetteva radiazioni che hanno raggiunto 800 nanosievert per ora, mentre la mediatollerata è tra i 30 e i 60».

«Da dove provenivano queste radiazioni?» domanda Claudio.«Sicuramente dall’uranio. Ho raccolto dei campioni da questo cratere e da altri venti,

non soltanto a Khiam ma in tutta l’area del Libano del Sud. Solo a Khiam ho raccoltocampioni da cinque crateri».

«E quanto era profondo il cratere?».«Dieci metri».«Pensa che ci sia ancora qualcosa sotto?».«Credo di sì, credo che ancora si nasconda qualcosa là sotto. Il livello più alto di

radiazione era nel cratere di Khiam, ma in altri crateri ho rilevato livelli di radiazioniintorno ai 300-400 nanosievert. Uno di questi crateri si trova nella valle di Bekaa, miavevano detto che anche lì c’era un alto livello di radiazioni».

«E quelle rovine là... cosa sono?».«Quella era la postazione dell’UNIFIL. Guardi quanto è spesso il cemento, più di un

metro. Avevano trasmesso all’esercito israeliano le loro coordinate per evitare di esserecolpiti, ma proprio il 25 luglio, poco prima del bombardamento che ha creato il cratereradioattivo, una bomba teleguidata ha ucciso i quattro ufficiali dell’ONU che stavanoall’interno».

«Pensa ci sia un collegamento tra l’uccisione degli osservatori dell’ONU e questo cratereradioattivo?».

«Il collegamento mi sembra evidente: prima hanno ucciso gli osservatori dell’ONU conuna bomba teleguidata e poi è esplosa la bomba che ha creato questo cratere. Quandoscoppia una guerra tutto può essere collegato oppure senza alcun collegamento».

«Ha avuto qualche problema nel realizzare queste verifiche?».«Un po’ di pressione c’è sempre stata, nel senso che non dovevo dichiarare nulla

riguardo alle radiazioni in Libano, ma Dio mi ha creato libero e non sarei in grado disottostare a nessun tipo di imposizione autoritaria. Loro possono fare ciò che vogliono».

«Ci sono state altre persone che hanno fatto misurazioni nel cratere?».«Sì, ho accompagnato un ricercatore britannico a fare ulteriori rilevazioni sulla

radioattività. Posso darle i suoi contatti, se vuole».Per fortuna, il viaggio a Londra può essere evitato. William Greenstep è connesso su

Skype giorno e notte e con una telefonata Claudio può anche intervistarlo in video inmodo quasi decente.

«Mi può parlare delle analisi che ha realizzato a Khiam?».«Quando ci siamo recati a Khiam con il dottor Kubka abbiamo visitato almeno cinque o

sei crateri diversi, ma in particolare quello in cui abbiamo rilevato le maggiori radiazioni.Mentre lui misurava le radiazioni nel cratere, io ho ispezionato l’area intorno. Salendo sultetto della casa vicina, ho trovato pezzi di terra e roccia provenienti dal cratere».

«Ha potuto analizzare quei reperti?».«Ho portato dei campioni in Inghilterra e ne ho parlato con il dottor Crisby che è

consigliere tecnico del comitato di supervisione sull’uranio impoverito dipendente dalMinistero della Difesa del governo britannico. Alan si è accorto che due di essi facevanoregistrare una radioattività più elevata del normale e ha fatto analizzare i campioni nellaboratorio nucleare di Harwell, uno dei più autorevoli centri di ricerca del mondo inquesto campo. Il 17 ottobre Harwell mi ha comunicato i risultati delle analisi: pensavoche vi avrei trovato tracce di uranio impoverito, invece è stato uno shock scoprire lapresenza di uranio arricchito. Ci ho messo un po’ a capire perché lo avessero utilizzato.L’uranio arricchito non può esistere nell’ambiente naturale, se non in un reattorenucleare. Quello trovato nel cratere creato dal missile in Libano è veramentesorprendente. Il rapporto sulle radiazioni a Khiam è molto importante perché è un tipo diinformazione che temevamo di trovare prima o poi».

«A quale conclusione siete giunti dopo questi risultati?».«Si trattava di due ipotesi: o di una bomba a penetrazione, di quelle usate per colpire

obiettivi protetti come i bunker sotterranei, oppure di una bomba guidata o di un missilecon una testata all’uranio... in entrambi i casi conteneva uranio arricchito e nonimpoverito».

Dopo questa sconvolgente scoperta, la regola prevede che vengano ascoltate le parti incausa e, come era facilmente prevedibile, arriva una raffica di smentite. L’esercitoisraeliano ha negato l’impiego di armi contenenti uranio in Libano: «Non facciamo uso diarmi non autorizzate dalle leggi o convenzioni internazionali», anche se queste armi nonpossono essere proibite proprio perché nuove. Il presidente del Consiglio nazionale dellaricerca scientifica libanese, ha dichiarato che «non è stata riscontrata alcuna presenza diradiazioni dopo i bombardamenti israeliani». Comunque, il 1° novembre il governolibanese ha disposto alcuni prelievi di terreno e acqua dai crateri più grandi, per verificarel’eventuale presenza di sostanze radioattive. Anche l’Agenzia delle Nazioni Unite per laprotezione dell’ambiente ha fatto prelievi in trentadue siti del Libano meridionale,trovando solo una concentrazione di uranio naturale dieci volte superiore alla norma.Anche se in questa zona non esiste nessuna miniera di uranio naturale. Il 2 novembre, laScuola scienze oceanografiche – un altro laboratorio britannico – ha confermato ilrisultato di Harwell: nel cratere di Khiam era presente uranio leggermente arricchito.William Greenstep è convinto che una nuova classe di armi sia stata utilizzata a Khiam,così come in Afghanistan e Iraq.

«La mia ricerca mostra che la Lockheed Martin ha ottenuto un brevetto per questetestate ad alta densità nel 1997» continua Greenstep. «Nel paragrafo 4 del brevetto c’èscritto che il penetratore è fatto di tungsteno e nel paragrafo 5 si parla di penetratoreall’uranio impoverito».

«È possibile che si tratti di un nuovo tipo di arma nucleare tattica?».«Se si tratta di un’arma nucleare tattica sicuramente non opera con un processo di

fissione nucleare. Possiamo affermarlo perché abbiamo misurato lo spettrogramma delmateriale e non contiene tracce di emissioni gamma, provocate dalla fissione dell’uranio.Quindi questo possiamo escluderlo. Io non sono un esperto di armi, ma una bomba io mela immagino così: all’interno si trova una barra di metallo con delle fasce di rinforzo,riempite con quello che viene definito come un metallo particolarmente reattivo. Non è

ben chiaro cosa sia, ma la mia ipotesi è che si tratti di polvere di uranio... dellenanoparticelle. Nella parte posteriore si trova una sorta di meccanismo che innesca lacombustione. Quando la bomba esplode, le particelle fuoriescono e bruciano creandoun’area dove la temperatura è molto alta, dalla quale si propaga un flash ad altissimavelocità».

«Il campione che avete analizzato è in linea con questo tipo di arma?».«Certo».«C’è pericolo anche per la popolazione civile israeliana?».«Certo che c’è. Circa un anno fa, io e il mio collega abbiamo trovato un’alta

concentrazione di uranio nell’impianto d’aereazione di un’installazione nucleare a 40miglia da Londra. Il punto è che tutto l’uranio usato in guerra non contamina solo i campidi battaglia, ma si distribuisce in tutto il pianeta, per cui tutti siamo a rischiocontaminazione. E se gli israeliani usano uranio in Libano, lo si troverà ovunque arrivi ilvento del Libano».

JEY CHE NON DORME MAI

«Che ore saranno?» domanda Claudio.«È la quarta volta che me lo chiedi» risponde Diesel. «Saranno le quattro e mezzo,

perché?».«Devo chiamare Jey e non so se si è già svegliato».«Abita negli Stati Uniti?».«No, a Ravenna o Ferrara».«Non sai neanche dove abita... ma almeno lo conosci?».«Sì, ma l’ho incontrato una volta sola. È un nostro collaboratore, un ragazzo

giovanissimo e molto sveglio. Dopo la prima volta, l’ho rivisto solo in rete. Non mi ha maivoluto rivelare in quale città vive... so solo che è in qualche regione settentrionale: diceche non me lo vuole dire perché non vuole essere disturbato. È l’unico del nostro gruppoin grado di stare nove ore di seguito a fare ricerche su internet. Inoltre, conosce le linguee ha una memoria eccezionale. Tutti i colleghi che lavorano in redazione sonosovraccarichi di lavoro, e quando mi servono ricerche su un argomento complesso, so cheposso contare su di lui. Sto aspettando i risultati della sua ricerca sulle pallottoleall’uranio sporco. Ogni tanto, specie su argomenti molto complicati, lo usiamo anche perverifiche in parallelo delle nostre ricerche. In questo mestiere è facilissimo sbagliare,troppa fretta, troppe variabili, ed è molto utile avere qualcuno che compie ricerche sullostesso argomento».

Il computer di Claudio comincia improvvisamente a squillare e, all’avvio di Skype,compare la faccia di Jey, un incrocio tra Jimmy Hendrix e Antonio Gramsci. In sottofondosi sente una musica tenuta ad altissimo volume.

«Togli la musica» lo invita Claudio.«Mi serve per tenermi sveglio» ribatte Jey. «Ho fatto tutto e ho trovato roba molto

interessante. Senti qui: il 23 gennaio 2001 un’équipe di ricercatori del laboratorio diSpietz, facente capo allo Swiss Federal Institute of Technology, pubblica un rapportocommissionato dall’ONU ed effettuato su campioni di munizioni all’uranio impoveritoprovenienti dal Kosovo. In questi campioni vengono trovate tracce di uranio 236, uranio232 e di plutonio. I primi due sono isotopi dell’uranio che non esistono in natura e questodimostra che l’uranio in questione non è impoverito ma proveniente dalle scorie deireattori nucleari oppure da un processo di fissione nucleare avvenuto in loco. Il rapporto èfirmato dai dottori Max Weller e Christoph Wirtz. La notizia viene anticipata dal New YorkTimes del 17 gennaio 2001 con un articolo di Marline Simons, nel quale vengono riportatealcune interessanti interviste, come quella di Monique Sené, fisica nucleare francese, che

afferma: “LU236 viene creato in un reattore nucleare e deriva quasi sicuramente dallescorie di questo combustibile; non esistono altre sorgenti dell’U236 conosciute”. Un altrofisico americano, Steve Fetter, afferma che la presenza dell’U236 nelle munizioniall’uranio impoverito era conosciuta ma non rappresentava un vero pericolo, perché leradiazioni alfa non penetrano nelle ossa o nel midollo dove si sviluppa la leucemia. Parerediverso esprime Jean-François Lacronique, direttore dell’Agenzia nazionale di protezionedalle radiazioni in Francia, che si dichiara preoccupato per il ritrovamento dell’U236 dalmomento che esso è dieci volte più radioattivo dell’uranio impoverito e agisce piùvelocemente. Dopo l’esplosione, l’U236 si polverizza e può essere inalato, rimanendoradioattivo per duecento giorni. Racconta anche che l’U236 è stato trovato nelle urine enei tessuti dei militari americani che hanno partecipato alla prima guerra del Golfo.Pericolo ancora maggiore è rappresentato dalle particelle di plutonio, americio e nettunioche sono state trovate sempre nei campioni analizzati.

Più o meno nello stesso periodo viene pubblicato in Francia il libro L’uranio impoverito:la guerra invisibile,33 nel quale vengono citati alcuni documenti del Dipartimentodell’Energia statunitense che mostrano come fosse risaputo che l’uranio proveniente dallostabilimento di Paducah poteva contenere tracce di nettunio e plutonio. Questostabilimento è uno dei maggiori centri di produzione e stoccaggio del cosiddetto uranioimpoverito. Gli autori analizzano sindromi simili a quella del Golfo che sono apparse tra ilavoratori del centro. In questo riciclaggio delle scorie nucleari sarebbero coinvolte altredue centrali nucleari statunitensi: quelle di Portsmouth e di Oak Ridge. Il libro vienerecensito da molti giornali stranieri come l’Independent, secondo il quale il Pentagono eraal corrente da almeno sei anni della presenza di tracce di plutonio e U236 nei prodotti delcosiddetto uranio impoverito. Il giornale riporta anche l’ammissione da parte delportavoce del Pentagono Kenneth Bakon. Sarebbe stato strano che negasse, dalmomento che nel 1992 la centrale di Paducah nel Kentucky era stata accusata di “frode,inquinamento, abuso e cattiva gestione” dall’ufficio del General Accounting, la strutturaufficiale di controllo del governo degli Stati Uniti. Il rapporto affermava che la centralericiclava scorie del reattore senza la necessaria salvaguardia mettendo in pericolo lasalute dei lavoratori».

«C’è qualche altra cosa da approfondire?».«Sì, c’è uno scritto del professor S. T. Cohen. Personaggio importante che ha

partecipato al progetto Manhattan sulla bomba nucleare. È stato l’inventore dellacosiddetta “bomba al neutrone”, ordigno che è in grado di uccidere con le radiazioni lepersone lasciando intatte le strutture. Secondo quanto da lui stesso dichiarato, avrebbeconvinto il presidente Reagan a costruirne settecento. Per questa apparente riduzionedegli effetti distruttivi è stato anche decorato con una medaglia da papa Paolo VI. Halavorato al think tank statunitense: RAND Corporation, ed è stato lui a ingaggiare HermanKahn, lo stratega della guerra fredda, oltre ad aver teorizzato le armi tattiche a radiazioniaumentate. In un suo scritto dal titolo Armi a radiazioni aumentate: facciamo chiarezza(Enhanced Radiation Warheads: Setting the Record Straight), pubblicato in StrategicReview, descrive il funzionamento dei proiettili al cosiddetto uranio impoverito: “Leodierne e più efficaci armi anticarro convenzionali sono progettate per penetrare la

corazza del carro armato e produrre radiazioni che uccideranno o metteranno fuori giocol’equipaggio del carro armato. La maggior parte delle armi nucleari a disposizione dellaNATO (e forse anche dell’Unione Sovietica) raggiungono il loro maggior effetto anticarromediante l’uso delle radiazioni nucleari contro gli equipaggi dei carri armati... Durante loscorso anno, si è sviluppato un importante dibattito internazionale sullo sviluppo e ildislocamento delle armi a radiazioni aumentate (ER). C’è stato un certo malintesoriguardo agli effetti di questi dispositivi. Dall’avvento delle armi nucleari, è stata postauna particolare evidenza sulla progettazione di dispositivi di grande potenza piuttosto chedispositivi ‘puliti’ di bassa potenza, armi nucleari tattiche di precisione in grado di ridurre ildanno non intenzionale. Le armi a radiazioni aumentate (ER) presentano il vantaggio,auspicabile per la NATO, di permettere di attaccare obiettivi militari senza causare undanno strutturale diffuso. La protesta contro le armi a radiazioni aumentate (ER) tende aessere basata su presupposti e/o su emozioni errate. L’aggiunta all’arsenale della NATOdi armi più precise, comprese le armi a radiazioni aumentate (ER), sarà un primo passoverso una posizione nucleare tattica più credibile per l’alleanza...”.

Il professor Cohen è stato anche l’inventore del più insidioso tranello volto asmascherare eventuali aspiranti acquirenti di ordigni nucleari. Esso consistevanell’annuncio dell’esistenza del cosiddetto “mercurio rosso”, un elemento inesistente che,sovvertendo i concetti noti della fisica teorica, sarebbe servito a innescare l’esplosione diun’arma nucleare senza bisogno di massa critica. Cohen sosteneva che era stato prodottodai russi e che i terroristi se ne sarebbero presto appropriati. Apparentemente avrebbedovuto rappresentare un’esca per catturare terroristi ignoranti in cerca di armi didistruzione di massa, ma probabilmente, dopo aver sperimentato con successol’ignoranza e la confusione dell’opinione pubblica in materia nucleare, avrebberappresentato una perfetta scusa per aumentare la paura e legittimare l’intervento controi cosiddetti “stati canaglia”. Cohen infatti era un sostenitore della teoria che Saddampossedesse armi di distruzione di massa e secondo le sue informazioni avrebbe dovutopossedere cinquanta ordigni al mercurio rosso».

«Jey, sei stato come al solito prezioso, ti ringrazio».«Torno alla mia musica, allora. Fatti vivo quando avete bisogno».

UNA CENETTA DA MANUALE

Dopo la messa in onda di un’inchiesta che ha per oggetto un argomento particolarmentecomplesso, la redazione diventa il crocevia di centinaia di informazioni che i soggetti piùdisparati hanno interesse a farle pervenire: molte telefonate entusiastiche sul gruppo discienziati dell’ENEA, alcune polemiche sulla fusione fredda, altre provenienti da molteredazioni mediorientali in allarme per la radioattività del cratere di Khiam. La delicatadecisione di scegliere quali telefonate passare e quali invece annotare su un brogliacciospetta alle assistenti di redazione, due ragazze molto sveglie provenientidall’underground tecnologico più radicale. Al loro confronto i cinque giornalisti sonoscolaretti di prima elementare: non c’è operazione tecnologica, sofisticata ricerca,montaggio mozzafiato, notizia sepolta tra milioni di altre, che non siano in grado diindividuare. Sono loro che governano il traffico. E una di esse viene contattata su Skypeda William Greenstep. La telefonata è trasferita subito sul computer di Claudio.

«Buongiorno Claudio. Ho delle novità per voi» esordisce Greenstep. «Quando sonostato a Beirut, a settembre, ho chiesto di poter visitare la zona sud della città. Una guidami ha portato a visitare quello che si può definire il “centro accoglienza” degli hezbollah.Era nell’area chiamata Haret Hreyk, quella che ha subìto i bombardamenti più pesanti... lìho notato tre ambulanze danneggiate. Allora ho chiesto se potevo prelevare il filtrodell’aria di una delle ambulanze e l’ho fatto analizzare. Mi hanno portato adesso i risultati:contiene uranio arricchito. Apparteneva a un’auto che è stata impiegata in guerra solo perquattordici giorni. Tutto l’uranio arricchito che contiene è stato raccolto in due solesettimane. Vi consiglio di occuparvi di questa storia».

«Pensavo di tornare in Libano per seguire gli sviluppi della bomba di Khiam e potreicercare di riprendere l’autoambulanza» risponde Claudio.

«Le dò tutti i contatti necessari. La mia ipotesi è che a Beirut sud sia stato usato lostesso tipo di bomba sganciato su Khiam. Inoltre, secondo me per mascherare laradioattività dell’uranio arricchito, la prassi è quella di sganciare almeno due bombediverse: una contenente uranio arricchito e l’altra con uranio non impoverito. L’utilizzodell’uranio non impoverito – vale a dire naturale – è importante perché rende difficilissimal’individuazione da parte dei laboratori dell’uranio arricchito. Infatti, quando brucia e siincenerisce, quello non impoverito diventa indistinguibile dalla cosiddetta radiazione difondo dell’uranio naturale. Proprio questa caratteristica ha permesso per cinque anni aigoverni e agli apparati militari americani e britannici – e alla stessa UNEP (AgenziaAmbientale Nazioni Unite) – di dire che il problema delle armi all’uranio era inesistente,tutto veniva ridotto a un’alta radioattività di fondo...».

La partenza di Claudio è fissata per il giorno dopo, ma c’è tempo per un altro piccoloevento che sconvolge l’atmosfera della redazione: una telefonata da quella Norma checon lui aveva assistito alla riunione fiorentina sulle nuove armi. Le assistenti che ricevonole telefonate e che hanno qualche dote di preveggenza in più dei colleghi giornalisti,hanno già intuito che quella è una strada che non porta da nessuna parte – coniandoun’espressione nel loro codice: Hans Christian Andersen, che sta per Piccola fiammiferaia,in altre parole “Allumeuse” –, ma non possono fare a meno di passare la telefonata aClaudio, il quale invece, dal tono della voce, tradisce subito una certa euforia: «Carissima,non ci crederai ma stavo proprio pensando a te... che piacere sentirti... domani devopartire per Beirut, ma potremmo cenare insieme stasera... se ti va... facciamo alleventuno. Sì, passo io a prenderti».

Non fa in tempo ad abbassare la cornetta del telefono che gli tocca affrontarel’improvviso silenzio di tutta la redazione e gli occhi dei presenti puntati addosso. Si rendesubito conto di aver commesso un errore... di quelli gravissimi. C’è un codice dicomportamento implicito nella redazione, che impone innanzitutto di non fare i gradassiquando si sta per partire. Addirittura si cerca di non dire mai esattamente dove si va, inparticolare alle persone esterne alla redazione, e questo non solo per motivi di sicurezza,ma soprattutto di rispetto per quei colleghi che vorrebbero avere l’opportunità di esseremessi alla prova. Fare la scena del grande inviato alla Hemingway e diffondere la vocedei propri viaggi non è nel DNA della redazione inchieste, la quale anzi ha come motivo diorgoglio quello di ritornare quando gli inviati delle altre redazioni arrivano sul campo e diarrivare quando loro ritornano. La televisione è piena di giornalisti che adorano fare ipresenzialisti alle grandi tragedie del mondo e riescono perfettamente a dire ilmediocomun-denominatore-della somma-di-tutte-le banalità-delmondo: la loro faccia inprimo piano e sullo sfondo la folla o i morti o i carri armati. Chi lavora alle inchieste nonmette il proprio volto in primo piano, cerca i motivi, il perché, questo vuole raccontare.

Solo che chiedere scusa adesso peggiorerebbe solo la situazione. Ormai il danno è fattoe il silenzio comincia a farsi pesante. Per Claudio la serata è già partita male.

La maggior parte degli esseri umani è dominata da una sorta di frenesia esperienziale,grazie alla quale qualsiasi proposta le venga offerta nel momento peggiore ha comunquebuone probabilità di ricevere un sostegno entusiastico. Questo è ciò che pensa Claudiomentre, appena tornato dal lavoro, deve dividere i quaranta minuti che lo separanodall’appuntamento con Norma tra la scelta degli indumenti per il viaggio e lapreparazione ai possibili scenari offerti dal dopo serata: casa mia o casa tua? In ogni casoio alle nove e mezzo ho l’aereo per Beirut che mi parte. Claudio è sempre pronto per ognievenienza, ma stavolta le evenienze sono un po’ troppe: il vestito, la camicia per la cena,la sistemazione dell’appartamento per un’eventuale prosecuzione della serata. In realtà, ipensieri cominciano a sovrapporsi in modo caotico nella sua mente. Ha le mani piene dioggetti e deve sbrigarsi: mette involontariamente il profumo di Bulgari nel bagaglio perBeirut e la scatola dell’enterogermina, fedele infermiera nei momenti difficili, nella tascadella giacca per la cena; la camicia con i gemelli tra i vestiti nello zaino per il viaggio equella che “si stira da sola”, grigia come il colore di tutte le strade del mondo, tra le cose

da indossare per la serata. E alla fine si presenta all’appuntamento con un vestito neroappena stirato, forse solo un poco deformato dalle fialette di enterogermina nelle tasche,con una camicia grigio-asfalto praticamente indistruttibile, il tutto indossato sottoun’eroica giacca a vento di Gorotex rosso fuoco e su due indistruttibili scarponcini neri daelettricista. Norma invece è vestita per uccidere: dodici centimetri di tacco, autoreggenti,mini di pelle nera così come la giacca, a coprire una maglietta scollata di seta rosa.Capelli biondi e vaporosi incorniciano il suo volto. Claudio la saluta dall’altro lato dellastrada, ma lei non si accorge di lui o forse non lo riconosce e inizia a parlare con un altroragazzo diretto allo stesso ristorante, poi lei lo prende sottobraccio ed entra con lui.Claudio li raggiunge e non capisce se il terzo ospite è inaspettato o voluto. Allora, perdimostrare la sua superiorità, inizia un’intensa discussione con lo sconosciuto sui pregi e idifetti del telefonino con cui sta armeggiando.

«Un ottimo telefonino, anche se ha una definizione dello schermo ridotta... laluminosità è mediocre e l’integrazione dei diversi programmi non permette il copia eincolla».

«Ma lei non si deve preoccupare. Il telefono è il mio e non il suo...».«Sono valutazioni tecniche oggettive. Il peso mi sembra eccessivo rispetto al modello

precedente e la durata della batteria non è sufficientemente...».Senza lasciargli il tempo di finire la frase, il terzo incomodo decide di abbandonare la

presa: «Beh ora vi lascio da soli, ci sentiamo presto Norma».«Ti chiamo domani pomeriggio, magari ceniamo insieme domani sera».«Chi è quel tipo?».«È il mio caporedattore».«Ci ceni spesso?».«Quando capita».«C’è qualcosa tra di voi?».«Questi, se permetti, sono fatti miei. Ma parliamo del tuo lavoro: che cosa bolle in

pentola?».«Credo di avere una bella storia tra le mani, ma è un po’ lunga e complicata e ha uno

sviluppo di venti anni».«E quanto tempo hai per raccontarla?».«Poco più di venti minuti».«Ma è bellissimo! Dammi il nocciolo».«Il nocciolo sta nella falsificazione di alcuni termini, nell’occultamento di una scoperta e

in una strategia bellica criminale».«Spiegamelo».«La falsificazione dei termini è il fatto che chiamiamo proiettili all’uranio impoverito

proiettili fatti con prodotti radioattivi di scarto provenienti da reattori nucleari».«La scoperta nascosta?».«Lo stesso procedimento della fusione fredda, se applicato all’uranio, permette di

realizzare l’innesco di un processo nucleare senza bisogno della massa critica».«La strategia bellica criminale?».«È l’uso dell’uranio sporco per inquinare e decimare le popolazioni nemiche per

generazioni».«Pensi che possa scriverci un articolo con il tuo aiuto?».«Penso proprio di no, dobbiamo cercare conferme e raccogliere dati».«È per questo che vai a Beirut?».«Sì, anche per questo».«Scusami ho visto Guido, un mio collega. Aspettami un attimo, lo saluto e torno da te».Norma si allontana e dopo alcuni minuti arriva il cameriere. Claudio, stanco di

aspettare, ordina una bottiglia di Gewurztraminer e un’insalata di pesce per due. Normarimane assente per un quarto d’ora e torna al tavolo mentre il cameriere serve i dueantipasti.

«Ma chi l’ha ordinata? Io la detesto, l’insalata di pesce. La mia può anche riportarlaindietro, grazie. Cosa mi dicevi sull’uranio?».

«Se carichi l’uranio di deuterio...».«Di che?».«Hai presente il deuterio?».«No, ma non riesci a semplificare il discorso? Io non ti capisco, vedi Claudio, sei un

bravo giornalista ma sei complicato. Io con te mi annoio... non capisco di cosa parli...».«Vai su Wikipedia e cerca di capire cos’è il deuterio...».«Ma tu stai esagerando, vacci tu su Wikipedia... ma che cosa credi... io vengo a cena

con te, rifiuto altri due inviti e tu mi parli del deuterio, neanche una domanda sul miolavoro, su come mi va e se ti chiedo un aiuto per scrivere un pezzo sui tuoi deliri, non melo vuoi dare...».

«Norma non fare così, stasera sei troppo bella e mi imbarazzi...» fa Claudioprendendole la mano.

«E adesso non fare il pesce lesso... o il deuterio o il pesce lesso... non hai mezzemisure... e poi sei come gli altri, vorresti solo scopare. L’unica differenza è che tu ci provicon la scusa del deuterio, mentre gli altri con qualche scusa più credibile».

«Se vuoi cambiamo argomento. Ti parlo dei malintesi sulla particella di Dio».«Adesso non essere volgare. Ora basta! Preferisco andare al tavolo dei miei colleghi. La

nostra cena finisce qui. Buona notte».«Ma guarda che la particella di Dio esiste veramente. È chiamata anche bosone di

Higgs».«Ho già capito a quale particella ti riferisci... sei volgare» e dicendo questo si alza e se

ne va.

URANIO ARRICCHITO A BEIRUT

Claudio esce dal ristorante sorridendo. Quando le cose non vanno per il verso giusto, nonriesce a trattenersi dal sorridere pensando alla paradossalità della situazione. Non avevaescluso la possibilità di una breve “fusione calda” con Norma, ma era riuscito a parlarlesolo dei meccanismi della fusione fredda, tutto sommato questo sviluppo della serata nonera riuscito a prevederlo e domani lo avrebbe atteso l’incontro con il rappresentante deglihezbollah.

Mentre l’aereo di Claudio atterra a Beirut, in redazione le due assistenti hanno giàricostruito come sono andate le cose, senza bisogno di farsele raccontare da nessuno:«Lui le avrà parlato del deuterio e lei stremata avrà preferito non provocare un’esplosionenucleare che non è nei piani di un’“allumeuse” professionista e se ne sarà andata con unodei suoi colleghi».

Beirut ha un fascino simile a quello di New York: attraversando una strada si puòpassare da un quartiere ricco a uno povero, da una religione all’altra, da regole e costumidi un tipo a regole e costumi opposti. Entrare nell’area sciita di Beirut controllata daglihezbollah non è un’operazione semplice da realizzare, specie dopo le rovine e i doloriprovocati dalla guerra.

Durante l’incontro con l’addetto stampa degli hezbollah, Claudio prova a chiedere ilpermesso di filmare l’autoambulanza citata da Greenstep nella sua telefonata, ma dellavettura non sembra esserci traccia. Per tutta risposta il rappresentantedell’organizzazione inizia a sua volta a fargli diverse domande sulla sua attività e sulleragioni della sua visita, lasciandosi sfuggire un’evidente inquietudine allorché senteparlare del pericolo di radioattività. E il motivo è piuttosto semplice da capire: la notiziapotrebbe facilmente provocare panico ed esodi tra la popolazione. Allo stesso tempo,l’omissione di queste informazioni potrebbe significare danni ancora peggiori. Ladiscussione va avanti fino quasi al tramonto, e quando Claudio si rende conto che la lucedel giorno oramai è insufficiente per la ripresa e pretende, con una certa determinazione,di ottenere una risposta qualunque essa sia, dopo un lungo silenzio, con un sorrisoinaspettato il rappresentante degli hezbollah gli risponde: «Sei una brava persona, tiporteremo all’autoambulanza».

La luce è pessima e Claudio cerca di fare miracoli con le ridotte possibilità dicompensazione della luminosità della sua piccola telecamera. Sul luogo ha modo diincontrare e intervistare anche il conducente dell’autoambulanza. Questa la suadescrizione degli avvenimenti: «Le ambulanze normalmente vengono usate da gruppi dipiù persone. A guidare questa siamo stati in tre. È stata usata prevalentemente a Beirut

nell’area bombardata, esattamente nella zona Haredge. A volte prestavamo soccorsoanche durante i bombardamenti, sotto il fumo e la polvere, per salvare le vittime nellazona sud di Beirut. Credo che questa ambulanza si sia spostata in cinquanta o settantaposti diversi dall’inizio dell’aggressione del 12 luglio. I bombardamenti eranopraticamente giornalieri e normalmente l’ambulanza arrivava dove poteva perché lestrade erano distrutte. Andavamo nelle zone colpite e prelevavamo spesso anche solobrandelli delle vittime. L’ambulanza è andata una volta sola al sud del Libano: a Tiro, pertrasportare dei medicinali. Dopo qualche giorno, al ritorno, è stata colpita durante unbombardamento».

Come sempre accade, intorno a lui si forma un capannello di persone. Tra di esse c’èanche il fotografo del quotidiano libanese As-Safir che si offre per una breve intervista:«Circa diciassette giorni dopo l’inizio dell’aggressione mi trovavo nella periferia sud diBeirut, a Haredge, quando è esplosa questa bomba a soli due isolati di distanza... Laforma del fumo dopo l’esplosione faceva venire in mente quello di Hiroshima. Ti mancal’ossigeno per qualche secondo. E questa sensazione non ti va più via. Non so se siadovuta all’esplosione o a qualcos’altro. Ma ogni tanto ancora mi manca il respiro e mivengono le convulsioni».

La sera stessa, da uno degli internet point del quartiere Hamra, Claudio chiamaGreenstep via Skype.

«È facile calcolare quanto uranio era presente nell’aria» asserisce Greenstep. «Abbiamoconsiderato che l’ambulanza aveva una cilindrata di duemila cavalli e che ha operato perotto ore al giorno per oltre due settimane. La concentrazione di uranio che abbiamotrovato nel filtro è davvero notevole. La stessa concentrazione dovrebbe esserci anche neipolmoni delle persone che si trovavano in quelle aree».

«Ha avuto qualche notizia sulle analisi dei campioni fatta dalle Nazioni Unite a Khiam?»domanda Claudio.

«Abbiamo due “campioni gemelli”. Uno lo abbiamo portato a Harwell, il laboratorio chelavora con il Ministero della Difesa britannico. L’altro è stato analizzato dall’UNEP (UnitedNations Environment Programme). E se l’UNEP dovesse pervenire a dei risultati diversi dalnostro sarebbe un grosso problema».

«Nel campione di acqua avete trovato uranio arricchito?».«Nel nostro è stato trovato uranio arricchito. E anche l’UNEP dovrebbe trovarne

traccia».«Da una fonte confidenziale ci risulta che gli scienziati svizzeri di Spietz ancora una

volta non confermano le analisi di Harwell. Là dove i britannici hanno trovano uranioarricchito, i consulenti scientifici dell’UNEP trovano uranio naturale».

«Non ho mai apprezzato il lavoro dell’UNEP. Cercano sempre di minimizzare le provedella presenza di uranio: lo hanno già fatto nei Balcani. Sono stato in Kosovo con la tvgiapponese e ho misurato la presenza di uranio sul campo mentre l’UNEP asseriva chenon ve ne era traccia. Ora tutti riconoscono che l’uranio in realtà c’era. Tutto sarebbe piùsemplice se non ci fosse l’uranio arricchito... anche a me risulta davvero singolare chequalcuno possa usare uranio arricchito se non allo scopo di realizzare una nuova armaspeciale. Per quale altro motivo dovrebbe essere utilizzato? È come se qualcuno volesse

uccidere un nemico sparandogli dei diamanti... ma non è che si elimina un problemamodificando i dati, il problema della presenza dell’uranio arricchito c’è. E l’ipotesi piùverosimile è quella dell’impiego di due bombe differenti. Perché di fronte ai dati scientificic’è poco da fare. L’evidenza scientifica non la si può negare! E se un pezzo di terra,prelevato da una zona di guerra, viene messo in una macchina progettata per misurarequantità infinitesimali di materia... e una macchina è solo una macchina... è precisa, nondice bugie... quindi premi un pulsante e la risposta è che quel campione contiene uranioarricchito... così come il filtro dell’aria e l’acqua... Per quanto mi riguarda la storia finiscequi: c’è uranio arricchito nel Libano del Sud».

Passeggiando per Hamra di ritorno verso l’albergo, Claudio rimane impressionatodall’aspetto di Beirut che, nonostante i continui bombardamenti e i mille e più morti, letante culture e religioni diverse, continua a vivere e a trasmettere una sensazione diattività incessante, di rumore vitale. Scopre di non aver alcun timore ad attraversare ilquartiere di Hamra nella notte: in giro c’è sempre qualche taxi che avverte della suapresenza con un discreto beep del clacson, o qualcuno che incrociandolo, lo salutaottemperando alla più nobile delle regole civili, quella dell’accoglienza.

Prima di partire Claudio incontra ancora il professore Kubka, il quale gli accenna conuna certa preoccupazione alla paura che si è diffusa nella popolazione dell’areameridionale del Libano dopo le notizie della radioattività a Khiam. Gli parla anche dellareticenza degli hezbollah a considerare i rischi connessi a questo tipo di inquinamento. MaKubka viene da Khiam, e anche lui insiste nel prendere in esame ipotesi menodrammatiche, risultati sbagliati dei laboratori, margini di errore nelle misurazioni. Poi allafine, in uno slancio di serenità e insopprimibile onestà, gli confida di aver fatto analizzarele urine di alcuni abitanti della zona e di aver trovato confermata, almeno in un caso, lapresenza di uranio arricchito nelle urine di un abitante. Invita Claudio a passare unpomeriggio con lui a Khiam prima di partire e Claudio accetta volentieri. Là incontra ilsindaco del paese che gli espone il suo punto di vista.

«La popolazione è spaventata. Chi abita vicino al cratere ha paura ad avvicinarsi. Mamolti hanno addirittura paura di entrare in città. Due settimane fa è morta una ragazza diquattordici anni e molti hanno parlato del mistero della sua morte... ma per ora nonpossiamo né confermare né smentire per non aumentare il clima di terrore. Israele haosato provocare una catastrofe ambientale che sta suscitando molta preoccupazione trala popolazione. Ma le nostre falde acquifere sono collegate a quelle israeliane e se gliesperti dovessero confermare una contaminazione delle falde, prima o poi arriverà anchea loro. Chiediamo alle organizzazioni scientifiche di rispondere a questa semplicedomanda: cosa dobbiamo fare? La gente ci chiede questo continuamente e dobbiamoessere in grado di dare una risposta definitiva».

CI SONO COSE CHE NON POSSONO ESSERECHIESTE ALLA PRIMADOMANDA

Ci sono questioni che non possono essere toccate dalla prima domanda di un’intervista. Equesto per almeno due motivi: innanzitutto perché non otterrebbero alcuna risposta, epoi perché l’eventuale risposta non sarebbe capita da chi ha posto la domanda. Spessobasta solo aspettare e il tempo porta lentamente a quella domanda, oppure a volte larisposta si offre spontaneamente. I viaggi, gli spostamenti, gli appuntamenti, i ritardi, letelefonate, sono solo espedienti per far coincidere gli incontri con quella finestratemporale nella quale due persone si parlano. Come nella fisica esistono due diversemeccaniche – una newtoniana e una dei quanti – le stesse esistono anche nella vita degliumani. Una, quella che regola l’accensione dei semafori nelle strade, le risposte alletelefonate, le entrate negli ascensori, le richieste al banco dei bar e gli acquisti ai chioschidelle edicole, e un’altra, più profonda, che è basata su due variabili indipendenti chepossono dare risultati non prevedibili, una sorta di “meccanica dei quanti” dellecomunicazioni umane che si fonda su un principio di indeterminazione. Se si cogliel’impulso non si comprende la posizione e viceversa. In quella meccanica, che è quellache governa le relazioni profonde tra gli umani, sono la rassegnazione, la fatica, lospostamento che rendono possibile quel casuale attimo di liberazione energetica nelcorso del quale si realizza la comunicazione tra due persone.

Con questi pensieri in testa, Claudio risale le scale della metropolitana, cammina lungoi marciapiedi e poi i corridoi per ritrovarsi alla fine in un piccolo ufficio davanti a unapersona alla quale fare ancora una domanda.

«Professore, in Libano abbiamo raccolto alcune testimonianze che per noi sonoincomprensibili» comincia Claudio. «Le persone intervistate ci hanno parlato di bombe cheprovocavano la sensazione di asfissia. E poi sono stati trovati crateri con tracce di uranioarricchito ma senza nessun residuo di irraggiamento da raggi gamma. Come possiamointerpretare questi dati, ci può aiutare a capire?».

«Si ricorda che le avevo posto una domanda, l’ultima volta che ci siamo incontrati?» lointerroga a sua volta Grass. «Cosa succederebbe se invece di caricare il palladio dideuterio caricassimo l’uranio? Non è una domanda posta a caso: leggendo la trascrizionedella relazione del professor Fleischmann tenuta alla decima conferenza internazionalesulla fusione fredda, ho trovato in una nota alcune affermazioni importanti. Trattandodelle cosiddette esplosioni fredde osservate da Bridgman negli anni Trenta, scriveva che“l’intensa compressione e la torsione del reticolo può portare alla sua frammentazione inpiccole particelle, nelle quali la liberazione di alta energia del sistema iniziale viene

convertita in energia cinetica. Noi credevamo, e ancora crediamo, che questo fosse unprocesso spiegabile solo dalla meccanica quantistica”. Poi, poco più avanti aggiunge “... einoltre noi sapevamo che l’assorbimento dell’isotopo dell’idrogeno (deuterio) può portarea simili frammentazioni”».

«Potrebbe spiegarmi la cosa più semplicemente? Perché quello che mi ha detto nonsignifica molto per me...».

«Come avrà notato, Fleischmann fa riferimento alla meccanica quantistica, ossia queltipo di meccanica necessaria a spiegare i fenomeni nucleari. Ed è proprio quella scansionetemporale – “Noi credevamo, e ancora crediamo...” – che ci permette di capire il suomessaggio. In parole semplici sta dicendo: “Quando mi sono avventurato nello studio diquesti fenomeni, sapevo perfettamente che mi stavo interessando a un processo nuclearecon tutto quello che ne consegue. E se lho fatto rendendo pubbliche le mie informazioni,è perché in questo modo pensavo di limitare i rischi legati a questi argomenti, come lafusione fredda, sui quali viene imposto il segreto militare”. Ma dice anche altro, dice:“Sapevamo che l’assorbimento del deuterio può portare a simili frammentazioni”. Ossiache l’uranio caricato con deuterio può innescare un processo nucleare. Mi ha capito bene?Sto saltando qualche passaggio ma... mi segua: la frammentazione del metallo e laliberazione di energia, scoperte da Bridgman con i suoi esperimenti di compressione etorsione dei metalli, ora possono essere ottenute tramite il caricamento dell’uranio con ildeuterio fin quasi alla soglia critica. Un qualsiasi stimolo elettrico o meccanico (adesempio, la compressione derivante da un’esplosione) permette di oltrepassare la sogliae innescare il processo della fusione fredda. L’energia così prodotta assume per un tempobrevissimo la forma di un campo elettromagnetico con una frequenza che rientranell’ordine dei raggi gamma, capace perciò di indurre la fissione dei nuclei componenti ilreticolo cristallino del metallo. Ora, se il metallo impiegato è il palladio, la fissione nonlibera energia e quindi non è rilevante dal punto di vista militare. E sono i fatti adimostrarlo: infatti, i catodi di palladio adoperati negli esperimenti di Frascati, poiesaminati dall’Università di Pechino,34 hanno rilevato che il 10% dei loro nuclei eradiventato nichel, il cui numero atomico, come è noto, è all’incirca la metà del numeroatomico del nucleo di palladio. Questo vuol dire che durante il processo di fusione freddasi è avuta una fissione del palladio. Ma cosa sarebbe avvenuto se al posto del palladio vifosse stato l’uranio? Un pezzo di uranio, caricato di deuterio appena al di sotto dellasoglia critica e sparato contro un bersaglio, può dare luogo a un processo di fusionefredda dal quale ha origine un campo elettromagnetico con la frequenza dei raggigamma. A sua volta, quest’ultimo produce la fissione dei nuclei di uranio, i quali, adifferenza dei nuclei di palladio, fanno un bel “botto nucleare”, senza bisogno di unamassa critica, a differenza della fissione indotta da neutroni. Posso allora fare esploderenuclearmente anche milligrammi di uranio.

In breve, elimino il problema della massa critica; così, ora si possono creare “bombenucleari grandi come una pallottola” utilizzando il caricamento di deuterio come innesco.Anzi si può addirittura calibrare la loro potenza in modo tale da distruggere un palazzo oun rifugio sotterraneo. Da dove crede che venga l’uranio radioattivo di Khiam? E perché èstato distrutto il punto di osservazione delle Nazioni Unite prima di usare quella bomba?

Ha una vaga idea di quante tonnellate di tritolo sarebbe stato necessario far esplodereper avere una potenza simile?

Una bomba nucleare convenzionale, come quelle esplose a Hiroshima o Nagasaki,aveva una potenza esplosiva corrispondente a circa 20 mila tonnellate di tritolo, cioè 20chilotoni. Secondo i pareri degli esperti, la massa critica dovrebbe aggirarsi intorno ai 7-8chilogrammi di U235, il quale rappresenta il 7 per mille dell’uranio naturale. Nella bombanucleare convenzionale la carica doveva essere composta quasi esclusivamente da U235,per cui l’uranio usato doveva essere altamente arricchito (oltre il 90%). In un’esplosioneconvenzionale la potenza esplosiva era ottenuta attraverso la fissione di una piccolapercentuale dei nuclei, perché l’esplosione polverizzava la parte che non aveva ancorasubìto la fissione e la disperdeva interrompendo il fenomeno. Conoscendo l’energialiberata dalla fissione di un singolo nucleo, la potenza generata da una bomba nucleareconvenzionale corrispondeva a una percentuale di nuclei fissionati pari all’1%.

Nel caso della fissione di nuovo tipo di cui stiamo parlando, non è necessario usareuranio altamente arricchito, perché i nuclei di U235 non si spezzano per collisione ma perscuotimento.

In conclusione, se una bomba convenzionale liberava 20 chilotoni usando 7-8chilogrammi di U235 – corrispondenti a 1000 chilogrammi di uranio naturale –, la nuovafissione, che è indipendente dalla massa critica, richiede a parità di efficienza soltanto100 grammi di uranio naturale per produrre la potenza esplosiva di due tonnellate ditritolo. E naturalmente, il rendimento “migliora” utilizzando uranio un po’ arricchito. Sipossono anche produrre armi nucleari per la fanteria, considerando che un solo grammodi uranio naturale fornisce una potenza esplosiva pari a quella di 20 chilogrammi ditritolo. È come dire che un colpo di pistola produce lo stesso effetto di una cannonata.

Sa perché il tema delle armi nucleari non viene più affrontato in pubblico? Perchédovrebbero confessare di averle già impiegate a dispetto del trattato di nonproliferazione, perché dovrebbero ammettere che il loro mercato è in piena espansione.L’odierno interesse per la costruzione di nuove generazioni di centrali nucleari può essereanche legato alla convenienza di avere a disposizione uranio arricchito, il qualepermetterebbe di aumentare l’efficienza dei proiettili appena descritti. Il mercato delle“pallottole nucleari” comincerà a tirare. Ma vedrà che troveranno loro un nuovo nome... lechiameranno “sostenibili”, “ecologiche”, che sono “impoverite”... tutti i termini che voigiornalisti usate così volentieri. Non bisogna mai credere agli aggettivi impiegati nellaterminologia dei militari, come “chirurgico”, “mirato” o “pacifico”...».

«La seguo e quello che mi sta spiegando è molto interessante... ma se io volessiripeterlo in un servizio televisivo non saprei da dove cominciare. Appena provo a ripeterele cose che mi sta raccontando, mi blocco alla prima obiezione. Ad esempio, sull’uranioarricchito trovato a Khiam che tipo di ipotesi possiamo fare?».

«Dunque, nell’ipotesi che la misurazione sia giusta e quindi ci sia dell’uranio arricchito,ci sono due possibilità: o il proiettile era formato da uranio già arricchito in precedenza,oppure l’uranio lo è diventato a causa dell’esplosione, ossia ci troveremmo davanti a unfenomeno di tipo nucleare, finora mai utilizzato. Nel primo caso, invece, bisogna supporreche i fabbricanti del proiettile abbiano usato uranio arricchito. Questa procedura,

indubbiamente molto costosa, potrebbe essere giustificata dal miglioramento della resanucleare del proiettile. In entrambi i casi, comunque, la presenza di uranio arricchitodenuncerebbe l’accadimento di un fenomeno nucleare in loco. Si potrebbe obiettare chel’uranio arricchito apparterrebbe a scorie nucleari prodotte dalle centrali: ma questaobiezione fornirebbe una giustificazione alla presenza rilevata di radioattività, dalmomento che l’uranio di scarto delle centrali nucleari è più radioattivo di quello naturale.Però la sua presenza sarebbe molto pericolosa per chi lo maneggia, ossia gli operai, imagazzinieri e i militari sul campo».

«Nell’ipotesi in cui questo sia realmente accaduto, che tipo di fenomeno nuclearepossiamo ipotizzare?».

«È difficile da dire. Chiaramente non è un fenomeno analogo a quello che accade nellebombe tipo Hiroshima, perché lì occorre una massa critica, costituita per lo più da U235.Ritengo perciò che l’ipotesi meno improbabile sia proprio l’ipotesi più fantascientifica».

«Chris Busby, il ricercatore inglese, ci ha detto che poiché non abbiamo trovato raggigamma e cesio 137 non può esserci stata una reazione nucleare».

«E lui che ne sa? Non è stata una reazione nucleare del tipo di Hiroshima. Non èiniziata da neutroni, ma mica esistono solo i neutroni. In via di ipotesi, se il campoelettromagnetico prodotto avesse avuto la frequenza dei raggi gamma, avrebbe potutoscindere i nuclei in modi diversi da quelli conosciuti».

«Quindi potrebbe essere un fenomeno di tipo diverso. Potremmo ipotizzare un tipo diordigno con uno stadio chimico e uno nucleare...».

«Si possono ipotizzare molte cose. Nell’affrontare fenomeni di questo tipo, occorreavere una mentalità piuttosto aperta, non conformista e non credere che il presente sia lapura ripetizione del passato. Potremmo anche trovarci di fronte all’utilizzazione militare difenomeni naturali scoperti solo di recente. Perciò vorrei suggerire a chi si occupa diindagare sui detriti lasciati da armi misteriose di non dare per scontato che ognifenomeno nucleare debba essere necessariamente del tipo di Hiroshima».

«Questo in realtà è un ordigno che ucciderebbe con l’enorme quantità di energiascaricata in un attimo piuttosto che con le radiazioni nucleari...».

«Faccio una pura ipotesi che potrebbe non avere alcun riferimento con la realtà di ciòche è accaduto. Se il nucleo, anziché essere stato colpito dal neutrone e quindi spaccatoin modo casuale, fosse entrato in vibrazione a causa del campo elettromagnetico, allorala struttura a “shell”, cioè a sottonuclei, sarebbe stata separata per vibrazione e iframmenti della fissione non sarebbero stati radioattivi. Ciò significa che, dopol’esplosione, la radioattività presente sarebbe stata inferiore a quella presente in caso diutilizzo di ordinarie bombe a fissione.

D’altra parte, dalle dichiarazioni dei responsabili politici e militari sappiamo che legrandi potenze sono dotate di miniarmi nucleari, “mininukes” come le ha chiamate ilpresidente Bush. Ma se queste miniarmi nucleari esistono, significa che il problema dellamassa critica, problema ineliminabile quando si ha a che fare con la fissione nucleareindotta da neutroni, in qualche modo è stato sormontato».

«È possibile che l’impatto dei proiettili di uranio provochi la polverizzazione del metallo,e quindi anche microfissioni? E come è possibile che venga raggiunta una temperatura

così alta – che a quanto mi risulta può raggiungere i 4000 °C – al momentodell’impatto?».

«Tutte le storie ufficiali sulle munizioni all’uranio impoverito sembrano coprire losviluppo di un tipo di arma molto più nefasto, messo a punto a partire dagli anni Ottantae in grande segretezza... il miglior segreto militare degli ultimi venti anni. Èl’occultamento di una nuova generazione di armi che utilizza l’uranio in varie forme».

«È quello che penso anch’io... ma pensarlo non basta, bisogna dimostrarlo. Forseparlare con Fleischmann potrebbe essermi utile. Potrei incontrarlo?».

«È una persona molto disponibile, le do il numero e penso che non avrà nessunproblema a riceverla. Ma prima che lei sparisca, voglio farle un indovinello creato daLacan: il direttore di una prigione chiama tre carcerati e dice loro: “Attaccherò sullaschiena di ciascuno di voi un disco preso da questo gruppo di cinque dischi, di cui tre sonobianchi e due sono neri. Voi potrete solo vedere il disco sulla schiena delle persone cheavete di fronte, ma non potrete parlare e quindi non saprete il colore del disco che avetesulla schiena. Chi di voi capirà il colore del disco sulla sua schiena verrà alla porta diquesta stanza e mi dirà la sua soluzione. Se sarà vera, sarà libero”. E detto questo,attacca sulla schiena di ciascun carcerato un disco bianco. Come si risolve questoindovinello?».

«Ci penserò, ora devo occuparmi di fissare l’incontro con Fleischmann».

IL VIAGGIO DAL PROFESSOR MARTINFLEISCHMANN

C’è sempre, nel peregrinare del giornalista, un viaggio che viene fatto con una particolaredevozione, con una preparazione differente. Si potrebbe considerare una sorta di ricercadel saggio da parte del novizio, luogo topico di mille racconti, un percorso quasi interioredi conoscenza, più che la caccia a una notizia. Per Claudio è il viaggio per raggiungere ilprofessor Martin Fleischmann nel suo rifugio inglese. Ma Claudio non aveva fatto i conticon i problemi dei trasporti nelle aree extraurbane della Gran Bretagna: d’un tratto, unviolento scuotimento dell’autobus su cui sta viaggiando fa spostare il suo sguardo, primaperso nell’incanto della verde campagna inglese, sulla testa un po’ troppo reclinatadell’autista, il quale, reduce probabilmente da una notte di bevute, ogni tanto siaddormenta al volante lasciando che la vettura prosegua lungo una linea non proprioretta verso un punto non precisato dell’orizzonte.

Quasi fosse guidato da una mano divina, l’autista ogni tanto apre gli occhi e cambiaimprovvisamente la direzione del volante, provocando accese proteste tra i passeggeri.Per Claudio, quello è il momento di improvvisare ogni possibile trucco per tenere sveglial’attenzione di un guidatore stanco. Inizia con una leggera e insistente tosse, poi conrichieste sugli orari, le fermate e la storia del posto, quindi è costretto ad andar sulpersonale e a passare da una devota intervista preparata con cura per un famoso masfortunato candidato al premio Nobel, a una rumorosa insistente intervista a unosconosciuto autista di bus sulle sue attività della notte precedente. L’intervista sembrariscuotere un trionfale successo tra i passeggeri dell’autobus, ma soprattutto raggiungel’obiettivo di scacciare dalla mente offuscata del guidatore i rischiosi fumi dell’alcol. Poi,finalmente, arriva il momento di scendere e Claudio se ne va tra i saluti calorosi deglisconosciuti passeggeri.

Il professore si presenta in ritardo all’appuntamento e, dopo i convenevoli, lo conducein macchina al suo delizioso cottage, dove li attendono la moglie e un magnifico cane, unsetter irlandese chiamato vezzosamente “topo”. Una volta individuata la zona migliore,Claudio comincia rapidamente a preparare gli strumenti e dà inizio all’intervista.

«Cominciamo dall’inizio: quando avete iniziato a lavorare sul caricamento di metallipesanti con l’idrogeno e i suoi isotopi?».

«Mi sono sempre interessato a questo argomento, fin dal 1947, quando ero ancora unostudente. Ma le ricerche fatte nello Utah sono iniziate nel 1983 o nel 1984».

«Prima che le fosse richiesto dalla Marina Reale di effettuare un esperimento mirato alcaricamento dell’uranio con l’idrogeno?».

«No, si sbaglia. Nessuno mi ha mai richiesto di realizzare esperimenti di questogenere».

«Ha mai provato a caricare l’uranio?».«No, ma è chiaro che sarebbe un argomento interessante».«Perché?».«Perché con l’uranio è possibile ottenere una concentrazione molto più alta di idrogeno.

E poi si può caricare o scaricare variando la temperatura».«In che modo l’uranio è differente dal palladio? Cioè, cosa accadrebbe se si caricasse

l’uranio?».«Si ottiene una maggiore concentrazione di deuterio rispetto al palladio... ma penso

che sia difficile rispondere a questa domanda...» risponde sorridendo.«Voglio dire, il palladio non è un elemento fissile, l’uranio invece sì: come reagirebbe

l’uranio a questo caricamento?».«Usare l’uranio sarebbe di per sé interessante, anche senza indurre alcun

cambiamento».«Quali applicazioni potrebbe avere?».«Uhm... sto ancora pensando a una fonte di energia... la difficoltà è che i reticoli

ospitanti non sono molto stabili, si frantumano in polveri, e in tal modo si produrrebberopolveri di uranio caricate di deuterio come nel caso di una fonte di energia costituita daaltri metalli caricata con gas. Sarebbe un sistema a fase gassosa».

«Dunque una fonte di energia, non un’arma militare».«No... cioè... non lo si può sapere senza averlo sperimentato. Penso solo che sarebbe

una fonte di energia».«Mettiamola così, in base alla sua esperienza e alle sue conoscenze della fisica teorica,

pensa che il caricamento dell’uranio potrebbe rappresentare una tecnica adatta aprodurre armi?».

«Non è chiaro, bisogna realizzare degli esperimenti in tal senso».«E lei non li ha mai realizzati, giusto?».«No, non lo abbiamo mai fatto. Penso che per fare questo genere di esperimento

occorra informare le autorità su quello che si sta facendo...».«Per quanto ne sa, c’è qualcuno nel mondo che può raggiungere questo risultato, quello

di caricare l’uranio con il deuterio?».«Sì. La sequenza di ragionamenti che condurrebbe a questo tipo di esperimento è

perfettamente logica».«Chi e dove? Lei lo sa?».«Chiunque e in qualsiasi posto».«Che genere di caratteristiche dovrebbe avere un’arma costruita con uranio caricato di

deuterio?».«Non penso che in se stesso questo sia un modo molto “naturale” di costruire un’arma,

dal momento che non si può sapere come governare questo processo fisico».«È possibile pensare a una microbomba nucleare?».«Si può pensare a qualsiasi cosa. È certamente possibile pensare a un sistema che

dovrebbe liberare una grande quantità di energia in un volume molto piccolo».

«Sarebbe molto più piccola e molto più facile da usare di una bomba nuclearetradizionale? È possibile da un punto di vista teorico?»

«È possibile. L’inferno lo sa se è possibile! Ma si possono incontrare difficoltà nellarealizzazione di tale progetto».

«Quali difficoltà?».«Uhm... sì, forse è troppo difficile da fare».«Ha mai visto le immagini dei carri armati colpiti dalle pallottole del cosiddetto uranio

impoverito?».Fleischmann risponde annuendo.«Quegli effetti sono compatibili con l’uso del cosiddetto uranio impoverito?».«Le armi all’uranio impoverito... questo è l’altro lato della storia. Se si osserva che cosa

accade ai carri armati e alla gente al loro interno si può arrivare ad alcune conclusionimolto scomode...».

«Che cosa vuol dire?».«La liberazione di energia è troppo grande».«Ci dovrebbe essere una fonte di energia diversa?».«C’è ovviamente una potente fonte di energia in un’arma al cosiddetto uranio

impoverito... – e, tuttavia, non è chiaro perché lo usino; in effetti, le forze armatebritanniche ora stanno usando il titanio... – Quella vecchia storia che l’uranio veniva usatoperché aveva un nucleo molto pesante era davvero poco convincente. Così non si trattadel cosiddetto uranio impoverito, è qualche cosa di differente... penso che un’arma alcosiddetto uranio impoverito non stia necessariamente funzionando nel sensoconvenzionale».

«Potrebbe utilizzare un’altra tecnica, tipo quella della fusione fredda?».«Lo sa l’inferno...» risponde il professore allargando le braccia e sorridendo. «Spero di

no, ma sarebbe possibile».«Per quale motivo lei ritiene che le spiegazioni finora fornite sul modo in cui funziona il

cosiddetto uranio impoverito non siano credibili?».«Sembra impossibile spiegare l’altissima temperatura che viene raggiunta dentro lo

spazio definito dei tanks, nei termini dell’esplosione dei materiali esistenti. Questa è unalinea. E sono ora disponibili informazioni sufficienti che indicano che ci sono straniprodotti, prodotti minori delle esplosioni, la cui presenza non è spiegabile in queitermini... quindi, penso che sarebbe sensato pensare a un processo di tipo nucleare».

«In che senso potrebbe essere spiegato questo processo nucleare? Si può parlare difusione? Si può parlare di fissione?».

«Penso che i materiali osservati nell’operazione dell’uranio impoverito possano esserespiegati in termini di fissione, fissione del cosiddetto uranio impoverito».

«Per quale motivo?».«L’osservazione dei materiali è coerente con l’operazione del doppio vulcano 35 che

illustra i prodotti di una reazione di fusione».«Lei ha fatto ricerche sulla fusione fredda, che è un nuovo processo nucleare. Nota una

vicinanza tra la fusione fredda e gli effetti del cosiddetto uranio impoverito?».«Quando abbiamo studiato il fenomeno della fusione fredda, abbiamo naturalmente

analizzato i possibili sviluppi di tutti i processi correlati, la qual cosa ci ha portato al lavorodi Bridgman, negli anni Trenta e Quaranta. Anche se alcuni di quei lavori erano stati maleinterpretati, il materiale esistente faceva pensare che l’ambito delle armi al cosiddettouranio impoverito e quello della fusione fredda sarebbero potuti rientrare in un’areacomune. O, per dirla più semplicemente, se si fosse riusciti a comprendere uno dei duefenomeni, anche lo sviluppo dell’altro ne avrebbe tratto giovamento».

«Si riferisce all’individuazione di una legge generale per tutti gli effetti nucleari?».«La vera affinità tra i due fenomeni è il trasferimento di calore nei sistemi. Se ci sono

processi nucleari allora si assiste al trasferimento di calore nel reticolo. Nella fusionefredda questo trasferimento si realizza, così come nelle armi al cosiddetto uranioimpoverito».

«La sua spiegazione è che si tratta di un effetto a grande raggio di azione».«Per spiegare l’incredibile trasporto di calore nei sistemi bisogna far riferimento a

qualche interazione a grande raggio di azione».«Intende interazione a grande raggio di azione in un lasso di tempo?».«Nello spazio e nel tempo. Rispetto ai processi normali è istantaneo. Ma naturalmente

non è istantaneo in termini di processi fisici in spazi definiti. È possibile spiegare iltrasferimento di calore nella fusione fredda... esso è interamente spiegabile. Ma se quelprocesso sia o meno impiegato nelle armi all’uranio impoverito, non saprei dirlo. Masarebbe interessante riuscire a capirlo».

«Se la sua ipotesi fosse vera ci troveremmo di fronte a un nuovo processo nucleare. Leconseguenze sui militari e sulle persone nell’area potrebbero essere provocate più daiprocessi nucleari che dai materiali, il cosiddetto uranio impoverito. È possibile?».

«Sì. Ci è sembrato che le operazioni con armi all’uranio impoverito sollevino moltedomande. E queste domande impongono delle ricerche prima del loro utilizzo».

«Pensa che il processo nucleare, responsabile del calore e della produzione di materialeprima inesistente, possa essere la causa degli effetti negativi che il cosiddetto uranioimpoverito ha sulle persone che lo usano?».

«Questo è ciò che sembra. Penso che le informazioni frammentarie indichino che si hala produzione di “strani” elementi, che potrebbero derivare da un fenomeno di fissione».

«Pensa che i militari che producono e utilizzano questo tipo di armi siano consapevolidella loro natura e degli effetti che provocano?».

«Loro le usano come arma. Perché dovrebbero cercare di capire qualcosa di più diquanto non sia richiesto da questo impiego?».

«Ma i danni prodotti da queste armi sono enormi anche per chi le maneggia!».«Beh, è così che va. Se si usano armi il cui modus operandi non è ben compreso, è

probabile che si vada incontro a fenomeni che non si sarà in grado di spiegare. Di certocredo che sarebbe utile comprendere quali processi si verificano nelle munizioni alcosiddetto uranio impoverito, e penso che molte di queste informazioni potrebbero esseredisponibili se i danni fisici causati venissero opportunamente catalogati. Potremmo faregrandi passi avanti».

«Ritiene possibile impiegare le potenzialità dei processi nucleari in modo diverso, in unmodo socialmente accettabile?».

«Certo, lo spero. Questo era il fine che ci eravamo dati. E non c’è motivo di ritenere chesi sia giunti al termine del percorso nella costruzione di questi dispositivi. Penso chedovremmo trovare un modo per sviluppare i processi di fusione, superando i sistemiesistenti che bombardano gli obiettivi con particelle ad alta energia... dovremmoutilizzare qualche tipo di dispositivo a fusione fredda».

«Hanno detto che c’è una specie di maledizione di Tutankhamon, chiunque tocchi uncerto argomento, come la fusione fredda, prima o poi si trova in grossi guai».

«Questa è un’interpretazione possibile» risponde il professore sorridendo. «Si potrebbedire che le informazioni a nostra disposizione supportano questa conclusione. Ma che siavero o meno, non è questo il punto. Non c’è modo di accertarlo senza prima trovare iresponsabili di una strategia del genere».

«Alcune persone intervistate hanno descritto lo stato dei corpi rimasti a terra dopo labattaglia all’aeroporto di Baghdad: le casse nelle quali venivano deposte le salme eranomolto piccole, perché i corpi sembravano essersi ristretti... non superavano il metro. Inbase agli studi che ha fatto, lei è in grado di spiegarmi questo effetto? Uno degli effettidel caricamento dell’uranio con l’idrogeno, è che oltre un certo limite si verificano laliberazione di energia e l’espansione degli isotopi dell’idrogeno che si combinano conl’ossigeno... quindi assorbono ed eliminano l’ossigeno e nello stesso tempo rilascianoenergia e calore. Quindi, l’effetto da lei descritto potrebbe essere compatibile con ilrestringimento dei corpi trovati sul campo di battaglia?».

«Sì».«È possibile che gli effetti negativi provocati dalle polveri sulle persone siano prodotti

dall’esplosione più che dal fatto che questi materiali derivino dal cosiddetto uranioimpoverito?».

«Questo è un punto di vista che bisogna prendere in seria considerazione. Penso che inogni stadio di un simile fenomeno sarebbe molto imprudente escludere qualunque filonedi ricerca, semplicemente perché non soddisfa qualche strategia dettata dalle conoscenzeesistenti. Se le armi al cosiddetto uranio impoverito generano qualche interazionenucleare, allora occorre innanzitutto comprendere tali interazioni».

«Lei è al corrente di qualche progetto in corso?».«No. Non ho alcuna informazione in merito. Ma non mi sorprenderebbe che si stia

procedendo in quella direzione».

Durante il pranzo, che ha luogo in un piccolo ristorante nei pressi del cottage, l’intervistaviene sospesa. Ma Claudio non può fare a meno di ripensare a quanto detto dalprofessore. Anche se Fleischmann si è ben guardato da formulare accuse precise, non haescluso che, dal caricamento dell’uranio con deuterio, si possa arrivare all’ipotesi chepossa rappresentare un innesco perfetto per un’arma. Il professore non ha neancheconfermato la voce secondo la quale lui stesso avrebbe effettuato una prova dicaricamento dell’uranio, esperimento che avrebbe provocato una fortissima esplosione ela “fusione” del pavimento del laboratorio. Dunque, si tratta solo di voci. Voci nonconfermate per l’appunto.

Per quanto riguarda l’uranio impoverito è stato ancora più chiaro: che qualcosa non stia

“funzionando nel senso convenzionale” è palese, ma da qui all’effettivo utilizzo di qualchetecnica della fusione fredda...

Tuttavia, l’educazione prevede che a pranzo non si parli di lavoro; e infatti, Claudio eFleischmann si ritrovano a chiacchierare amabilmente delle conoscenze comuni e delleconferenze tenute dal professore all’Istituto italiano di studi filosofici di Napoli.

LE CONFERME DELLA MISTERIOSA TELEFONATA

Una volta tornati nel cottage l’intervista riprende, ma lentamente, tra lunghi silenzi.«Torniamo indietro agli anni Ottanta, quando lei ha lasciato il Regno Unito per andare a

lavorare negli Stati Uniti. Mi parli di quegli anni... per cinque anni avete lavorato nel piùcompleto segreto. Non è così? Nessuno era informato di cosa stavate facendo?».

«Almeno non ufficialmente. Ma non si può sapere se la gente coinvolta nel progetto neparlasse in giro... io ero convinto che... per quello che ne so... noi stessimo lavorando insegreto».

«Nel 1988 avete ricevuto una chiamata da Washington. Giusto?».«Sì. A partire dal 1988 abbiamo iniziato ad avere un certo numero di contatti con il

Dipartimento dell’Energia a Washington».«Li avete cercati voi?».«Sì».«Che cosa è successo poi?».«Delle persone sono venute a trovarci... e abbiamo parlato del nostro lavoro e delle

sue implicazioni».«Qual è stata la reazione ufficiale di Washington?».«Non lo so, credo che ci ritenessero tutti matti» risponde il professore ridendo forte.«Non hanno capito di cosa parlavate...».«Esatto».«Suppongo che ci sia un particolare giorno della sua vita del quale si ricorderà ogni

attimo: il 23 marzo 1989...»«Gran brutto giorno. È difficile ricordare esattamente quello che successe... comunque,

era chiaro che l’Università dello Utah volesse essere protetta da un brevetto sul nostrolavoro. Io pensavo che fosse prematuro e che non fosse possibile ottenere nessunbrevetto, cosa che infatti avvenne».

«La conferenza stampa fu una scelta della direzione dell’università?».«Sì, per ottenere il brevetto... e noi non ci opponemmo».«Era successo qualcosa nelle settimane o nei giorni precedenti che vi ha convinto ad

affrettare i tempi?».«Sì».«Mi racconti».«Un collega dell’università, Brigham Young, aveva deciso di fare quel fatidico

annuncio... cosa che ci ha di fatto obbligato a comunicare alla nostra università l’oggettodella nostra ricerca. E l’università, a sua volta, ha deciso che dovevamo ottenere la

protezione di un brevetto».«Pochi giorni dopo la conferenza del 23 marzo, mentre si stava recando a Londra, lei si

è dovuto fermare a San Francisco. Cosa le è successo di strano?».«Era l’estate del 1989 e non ero riuscito a trovare un volo diretto per Londra. La mia

unica possibilità era passare per San Francisco, ma vi arrivai troppo tardi per prendere lacoincidenza per Londra. Così, forzatamente, dovetti passare la notte lì... e ricevetti unatelefonata da Edward Teller in hotel».

«Come faceva a sapere che si trovava a San Francisco?».«Non ne ho la minima idea, ma non dovrebbe essere difficile scoprirlo».«Aveva lasciato detto a qualcuno che avrebbe pernottato là?».«Probabilmente se ha il potere di chiedere a una compagnia aerea dove si trovi un

passeggero, non è così impossibile da scoprire».«Come ha fatto Edward Teller a sapere in quale hotel si trovava?».«Questa è una bella domanda... l’unica cosa che posso dirle è che sapeva dove mi

trovavo».«C’era qualcuno che la seguiva?».«È presumibile».«Si è mai accorto di essere pedinato?».«No, ma non sospettandolo non ci ho mai fatto caso».«Chi era Edward Teller?».«È stato il padre della bomba all’idrogeno».«Che ricordo ha di lui?».«Un uomo impressionante e un grande fisico».«Lo ha incontrato a Washington?».«Sì, successivamente lo incontrai a Washington».«Per favore mi parli di quell’incontro».«Si trattava di un incontro organizzato per discutere del lavoro che avevamo fatto. Per

quel che posso ricordare eravamo alla National Science Foundation...».«Qual era il suo atteggiamento?».«Era l’atteggiamento di uno scienziato interessato. Voleva stabilire cosa avevamo fatto

e io credo che riuscimmo a spiegarglielo».«Qual era la sua funzione a quei tempi?».«Credo che fosse consulente presso il laboratorio nazionale di Livermore, fondato dal

Dipartimento dell’Energia».«Era anche un membro del Jason Group...».«Ne faceva parte? Non mi sorprenderebbe» lasciandosi sfuggire un sorriso.«Che cos’era il Jason Group?».«Un gruppo informale e piuttosto curioso di scienziati che lavoravano come consulenti

per la politica scientifica del governo. Consulenza che poteva essere presa o non esserepresa in considerazione».

«Questo gruppo aveva tendenze politiche particolari?».«No, non credo, a quei tempi era un think tank diretto da Dick Garwin, il responsabile

della ricerca presso i laboratori della Bell».

«È a conoscenza di qualche legame tra Edward Teller e i militari?».«Dal momento che aveva prodotto la bomba all’idrogeno... poteva avere legami più

forti di questo? Comunque, ha continuato a lavorare con loro anche più tardi».«Svolgeva solo un ruolo di consulente o manteneva dei rapporti più strutturati?».«Non si può neanche immaginare quanto possano essere stretti i legami con certe

organizzazioni... specie se sono interessate alle applicazioni militari dell’energianucleare».

«Ha mai avuto la sensazione che la fusione fredda fosse qualcosa che gli scienziativicini ai militari avevano già scoperto?».

«Me lo sono domandato spesso... se ci fosse qualcosa di più che bolliva in pentola...».«Teller sembrava sorpreso da quello che avevate scoperto?».«Io ho avuto l’impressione che se ne stesse tranquillo... assorbiva le informazioni che

gli venivano presentate, ma non faceva altrettanto».«Che cosa le disse quando la chiamò nella camera dell’hotel a San Francisco?».«Mi fece una serie di domande su come migliorare l’esperimento... mi sembra chiaro

che stessero cercando di ripeterlo. Ma se lo avessero già fatto, questo davvero non sonoin grado di dirlo».

«Ha avuto la sensazione che qualcun’altro fosse già a conoscenza di quanto avevatescoperto?».

«Potrebbe essere... non mi sorprenderebbe più nulla».«Teller ha seguito successivamente gli sviluppi dei vostri studi?».«Presumo di sì».«Ma non direttamente da voi, giusto?».«Io non ho più avuto contatti con lui».«Avete mai pensato che la vostra vita potesse essere in pericolo per via delle cose che

avevate scoperto?».«No, e comunque i provvedimenti che ho preso sono stati tutti dettati dalla

consapevolezza che era decisamente “consigliabile”, come si suol dire, alzare la guardia...per essere più sicuro era meglio stare sotto i riflettori dell’opinione pubblica».

«Lei e il professor Preparata avete sofferto della stessa malattia. La considera unacoincidenza?».

«È difficile da dire, troppo difficile... è certamente possibile, ma... non so...».«È vero che secondo la legge sull’energia nucleare stava rischiando di essere arrestato

per la sua attività sulla fusione fredda?».«Non saprei... ma ammetto la mia ignoranza» dice sorridendo.«Ma se non ha lasciato gli Stati Uniti per questo motivo, allora perché lo ha fatto?».«Perché ero deluso dalla linea che è stata adottata dall’università. La cosa migliore da

fare era quella di andarsene».«Ma perché siete andato in Francia invece di ritornare nel Regno Unito?».«Perché i nostri sponsor hanno costruito un laboratorio in Francia. E questa è stata

un’altra mossa insensata. Però è quello che è accaduto».«Quindi, tra il 1990 e il 1995, lei e Stanley Pons avete lavorato nella Francia del sud per

il signor Toyota.36 Che genere di ricerca portavate avanti?».

«Fusione fredda».«Quale accordo avevate con lui?».«Stavamo sviluppando il lavoro».«Era interessato alla produzione di un certo tipo di motore che prevedeva la fusione

fredda?».«Esatto».«Aveva senso, da un punto di vista commerciale, che un’azienda di automobili pagasse

le vostre ricerche?».«Sì, aveva senso».«Qualcuno pensa che intorno a lei e a Stanley Pons qualcuno abbia costruito una

gabbia dorata».«Forse... il nostro lavoro è andato in una determinata direzione. Se la vogliamo

chiamare una gabbia dorata, va benissimo... ma il lavoro che ci era stato richiesto di fareera quello che poi hanno svolto Preparata e i suoi colleghi a Frascati».

«Cioè vi hanno permesso di seguire gli studi che volevate? Non vi hanno imposto diseguire una direzione particolare?».

«Eravamo liberi di effettuare le ricerche che preferivamo».«Lei e Stanley Pons stavate procedendo nella stessa direzione? Ossia, non solo

sperimentare la fusione fredda come fonte di energia, ma anche studiare le basi teorichedi questo nuovo campo. È corretto?».

«Abbiamo raggiunto una comprensione di ciò che era importante. Ma per proseguirecon successo in quella direzione erano necessarie grandi risorse, che non abbiamoavuto».

«Dopo molti anni di lavoro comune, avete poi seguito percorsi differenti. Che cosa èaccaduto?».

«Vorrei tanto saperlo...» sospira prendendosi una lunga pausa. «Era diventatoimpossibile proseguire nel lavoro, almeno non in quella direzione. La ricerca era statacompletata e non era possibile procedere ulteriormente».

«Avevate visioni differenti sul vostro futuro?».«Io avevo la mia idea su quello che era necessario fare e senza dubbio lui aveva il suo

punto di vista su questi argomenti».«Avete deciso di terminare la vostra collaborazione per un motivo particolare?».«Era tutto piuttosto artificioso... mi riferisco alle nostre discussioni. La questione si era

fatta pretestuosa».«In che senso pretestuosa?».«Tutte le divergenze che abbiamo avuto potevano essere risolte ma...».«Vuole dire che lui aveva già deciso di intraprendere un percorso differente?».«Penso di sì. Penso che questa sia l’interpretazione logica degli eventi».«Gli ha confidato qualcosa circa il percorso che avrebbe voluto seguire?».«No».«Si è fatto qualche idea al riguardo?».«Non lo so. Io volevo capire l’effetto che i campi elettromagnetici hanno sul rilascio di

energia... era la direzione principale che si poteva intraprendere per studiare il

caricamento dell’uranio con il deuterio e studiare l’effetto che potrebbe avere sul rilasciodell’energia. Insomma, un ambito di ricerca molto simile a quello di Preparata e del suogruppo a Frascati».

«Eugene Mallove ha raccontato che la prima recensione del MIT sulla fusione era pienadi pregiudizi nei vostri confronti. Perché il MIT e altre istituzioni scientifiche tradizionalivolevano “uccidere” la fusione fredda sul nascere?».

«Perché erano molto interessati alla fusione calda. Forse questo non è l’unico, masicuramente è un motivo sufficiente per spiegare il loro comportamento».

«Il MIT e gli altri temevano che la fusione fredda potesse deviare i grandi finanziamentipubblici dai loro progetti?».

«Penso che il 1989 fosse un anno particolarmente difficile... il lavoro sulla fusione caldaaveva raggiunto un punto in cui si rendeva necessario lo sviluppo di un nuovo Tokamak 37

o comunque di un dispositivo di nuova concezione. In più, era il cinquantesimoanniversario della scoperta della fissione nucleare... insomma...».

«È stato l’anno che ha segnato la fine della guerra fredda...».«Anche. Penso che il comitato del congresso, responsabile della ricerca scientifica,

fosse contrario all’idea di dare corso a nuovi progetti su vasta scala».«Che cosa pensa del lavoro di Eugene Mallove?».«Decisamente ottimo... lei parla della rivista? Assolutamente necessaria».«Sa che Eugene Mallove è stato assassinato nel 2004?».«No, non lo sapevo. Mi sembra un fatto molto strano...».«Questa storia è costellata di fatti molto strani...».«C’è sempre la tentazione di provare a interpretare i fenomeni sulla base di una

possibile teoria della cospirazione... ma si dovrebbe farlo soltanto in extrema ratio,quando tutte le altre spiegazioni vengono a mancare. Solo allora uno dovrebbe prenderein esame la possibilità che si tratti di un complotto».

«Torniamo a noi. Saranno mai disponibili sul mercato dispositivi basati sulla fusionefredda?».

«Lo saranno, il quando dipende soltanto da quanti soldi si è pronti a spendere. Ho giàin mente un programma di lavoro che condurrebbe molto rapidamente a un dispositivo dalanciare sul mercato».

«Pensa che ci potrebbero essere molte aziende concorrenti o soltanto un’aziendamonopolista?».

«Direi molte aziende... e molti brevetti. Dio solo sa quanti brevetti sono già statiregistrati! Ma la vera questione è sapere quanti di essi rimarranno sul mercato. Tuttodipenderà dall’abilità degli avvocati».

«La fusione fredda promette una fonte illimitata di energia pulita e a buon mercato...virtualmente è impossibile da controllare in termini di potere monopolistico. È questoquello che impaurisce l’establishment?».

«Anche se detta in maniera un po’ semplicistica... ma la questione è certamentequesta. La bizzarria che sorprende di tutta questa storia è che non ci sia stato nessunsostegno al nostro lavoro... sostegno governativo, dal momento che c’era la possibilità dicreare una fonte di energia pulita».

«Non sogna mai di poter riscaldare casa sua con un dispositivo a fusione fredda?».«Sì, naturalmente. Questa potrebbe essere la prima applicazione. Ma ci potrebbe

essere un impiego anche nel settore automobilistico. Lo sa che più del 50% dell’energiamondiale è usato a una temperatura sotto i 70 °C? La fusione fredda potrebbe fare frontea queste richieste».

«Come pensa che sarà ricordato?».«Mah, non so... probabilmente come il “selvaggio della scienza”. Cosa che non sono

affatto, sia ben chiaro. Sono uno scienziato molto convenzionale. Ma penso che verròricordato come un selvaggio».

L’intervista è terminata e Fleischmann appare molto stanco. Claudio recupera la suaapparecchiatura e si fa chiamare un taxi. Una volta fuori, non può non notare una scrittasu una delle pietre del portale, che riassume efficacemente l’intervista appena registrata:è di Saint Austell, e recita “La tua vita può passare, ma fa che il tuo lavoro sia ben fatto”.

Anche questa seconda parte dell’intervista lo lascia piuttosto soddisfatto e Claudio simette a risentirla in cuffia all’aereoporto di Heathrow mentre aspetta il volo per Roma. Ilpunto che gli sembra cruciale di tutta la faccenda è la conferma della telefonata di Teller,una telefonata che non può non far nascere il sospetto che la fusione fredda abbia svoltoun ruolo ben determinato nella storia delle armi nucleari. Qualcuno di molto vicino aTeller o agli apparati militari stava probabilmente già lavorando in gran segreto alcaricamento dell’uranio con il deuterio. Insomma, anche se molto abbottonato ilprofessore ha aperto molte ipotesi e molti scenari. Claudio ha un unico rimpianto:catturato dall’intervista ha dimenticato il suo impermeabile all’aereoporto di Heathrow; seParigi val bene una messa, questa intervista varrà almeno un impermeabile!

IL VETERANO DEL 1991 E LA TERZABOMBA NUCLEARE

Estate 2008. L’aereo atterra all’aereoporto di Charlotte, nella Carolina del Nord. Claudio èaccompagnato da Alex, un amico e collega italiano che vive negli Stati Uniti.

«Quanto l’abbiamo aspettata questa intervista, eh Alex?».«Praticamente due anni. Mi ricordo che tu avevi trovato il sito canadese dove Hank

aveva fatto le prime ammissioni e poi, dopo alcuni mesi, io ero riuscito a contattarlo e achiedergli un incontro».

«Dopodiché, mi ero precipitato a New York solo per sapere che tutte le interviste cheavevamo preparato erano state cancellate. Hank aveva cancellato l’appuntamento perpaura».

«Non puoi lamentarti, in un pomeriggio abbiamo rimesso in piedi un’altra inchiesta suun altro argomento».

«Certo, ma perdendo quasi un anno di vita in quel pomeriggio... in questo mestiere puòsempre saltarti un progetto, ma devi sempre tornare da un viaggio con del materiale. Saiquale è stato il mio asso in quell’occasione? Jey. Mi sa che te ne ho già parlato: quelcollaboratore con il quale lavoriamo solo in rete. L’ho chiamato e gli ho detto “EmergenzaJey! Sono saltati tutti gli appuntamenti e dobbiamo cambiare soggetto”. Avevamo giàfatto ricerche su un argomento molto particolare e in quel pomeriggio, collegati viaSkype, siamo riusciti in poche ore a fissare tre appuntamenti in giro per gli Stati Uniti, unoin Maine, uno in Florida e altri due a New York, trovando dell’ottimo materiale perchiudere il pezzo. Senza di lui non ce l’avrei mai fatta. Almeno questa voltal’appuntamento è sicuro?».

«Ora lo sapremo».Alla fine del tapis roulant un uomo vestito di nero si rivolge a Claudio: «Claudio is it

you?».«Yes, finally Hank».Dopo i convenevoli reciproci, Claudio e Alex salgono nella macchina di Hank e, dopo

una mezz’ora di viaggio, raggiungono la sua casa, una villetta immersa nel verde doveabita con la moglie e la figlia. Prima di cominciare l’intervista, Claudio chiede di poteresaminare la documentazione che confermi la sua partecipazione a Desert Storm nel1991. Vuole accertare in quale battaglione ha combattuto e con quali funzioni. Oltre alladocumentazione, Hank gli mostra una lastra ai raggi X dove si vede l’immagine delbatterio che gli è stato iniettato nel sangue per “renderlo immune” dall’antrace; era unospaventoso batterio filiforme, geneticamente modificato, formato da due cellule. Erano

stati gli Stati Uniti a vendere l’antrace modificato geneticamente a Saddam e quindiconoscevano perfettamente l’arma che avrebbero potuto impiegare contro i soldatiamericani. Per questo motivo avevano cercato di stimolare le risposte immunitarie deisoldati iniettando il batterio. Con Hank, però, la procedura non aveva funzionato, e ilbatterio gli aveva rovinato irrimediabilmente la salute. Una volta tornato, ilcomportamento dell’esercito lo aveva indotto a raccogliere il maggior numero diinformazioni su quanto successo durante Desert Storm e a renderle pubbliche. E da luiClaudio ottiene la conferma delle ipotesi formulate da Kurt Grass e da Fleischmann.

Il fallimento del primo viaggio, due anni prima, non aveva fatto demordere Claudio:passati alcuni mesi, aveva insistito per riorganizzare l’intervista. E questa volta si eranoscambiati domande e risposte prima dell’intervista vera e propria. Ora Hank avevaaccettato di apparire in video e per l’occasione Claudio aveva rotto la consuetudine diutilizzare una sola camera, richiedendo anche l’aiuto di Alex.

«Può presentarsi?» inizia Claudio.«Il mio nome è Hank, sono un veterano dell’esercito americano con dieci anni di

carriera militare alle spalle».«Quando è stato in Iraq?».«Sono stato mandato in Arabia Saudita in appoggio alle truppe di intervento. Ho

iniziato la mia attività il 25 settembre 1990 e ho lasciato l’Arabia Saudita il 16 febbraio1991».

«C’è qualcosa che non è mai stato rivelato?».«I militari americani, insieme ai loro alleati, hanno sganciato una bomba nucleare di

circa cinque chilotoni di potenza – la cosiddetta bomba nucleare a potenza variabile –,nell’area di Bassora in Iraq».

«Che tipo di arma era?».«L’arma è essenzialmente una bomba a penetrazione ad alta efficienza. Quando viene

sganciata penetra all’interno dell’obiettivo. In questo caso è penetrata all’interno delterreno ed è esplosa là dentro. Viene anche utilizzata per rendere inaccessibili certe aree.Significa in pratica che l’intera zona viene irradiata da radiazioni. È anche un messaggiomolto efficace se volete dire a qualcuno di stare lontano da quel posto. Viene chiamata“Bunker Buster”.

Una bomba nucleare di cinque chilotoni è una bomba relativamente piccola, più piccoladi quella di Hiroshima, che era di 16 chilotoni, o di quella di Nagasaki, che era di 22chilotoni. Gli effetti della radioattività, però, sono ugualmente terribili».

«Non ha paura di parlare di queste cose?»«C’è un momento in cui bisogna dire basta, e quando superi quella linea non hai molta

compagnia accanto a te. O lo fai o non lo fai; quando ero nei militari ho alzato la manodestra e ho giurato dicendo “questo è quello che io difenderò”. Ma c’è un limite a tutto».

Ma chi è Hank? Questo è quello che Claudio è riuscito a sapere di lui primadell’intervista: nato nel 1965, è entrato nell’esercito a ventidue anni, diventandoingegnere meccanico nella decima divisione montana di Fort Drum. Ha partecipato aDesert Storm in Arabia Saudita tra il settembre 1990 e il febbraio 1991. Rientrato perproblemi familiari, ha cominciato ad accusare strani disturbi. Come altri veterani inizia

una lunga battaglia perché la sua malattia venga riconosciuta. Nel 1997 riceve unrimprovero ufficiale per alcuni contrasti e viene degradato da ingegnere di quarto livello aingegnere di terzo livello. L’abbassamento di livello non gli permette di svolgere lamansione che gli è stata affidata e perciò viene congedato, ma con onore. La sua attivitànell’organizzazione dei veterani dell’esercito americano lo ha portato alla ribalta dellagrande stampa – è stato per esempio citato in un articolo del 2003 sul New York Times –e a essere ascoltato dal Comitato di consulenza della Presidenza degli Stati Uniti sullemalattie dei veterani della guerra del Golfo.

Di ritorno da Desert Storm, ha fondato l’organizzazione di veterani Gulf WatchIntelligent Networking System. Hank ha parlato per la prima volta dell’uso di una piccolabomba nucleare sotto uno pseudonimo in un sito canadese. Questa è invece la sua primaintervista televisiva rilasciata sull’argomento.

«Secondo lei, perché è stata usata?».«In base alle informazioni che sono riuscito a ottenere e verificare, la spiegazione

migliore è che sia stata usata per inviare un messaggio a Saddam, un messaggio del tipo:“Siamo determinati a finire questa guerra e a vincere il conflitto”».

«Il punto centrale è che comunque fosse andata, si sarebbe trattato di un risultatopositivo per gli Stati Uniti. Potevano anche lanciare questa bomba in qualche zona piùdeserta e in tal modo poteva essere riconosciuta per quello che era oppure non esserericonosciuta, dal momento che esplodeva in parte sottoterra... poteva apparire unaversione minore del caratteristico fungo atomico. Ma se fosse esplosa troppo distante,non si sarebbe capito quello che stava succedendo. Gli effetti dovevano essereimmediatamente percepiti e a lunga scadenza».

«Nel corso di Desert Storm, per la prima volta sono stati usati proiettili al cosiddettouranio impoverito; mi può far sapere il perché?».

«I cosiddetti “uranio impoverito” e “non impoverito”, mostrano entrambi una sorta difirma radioattiva. Questo permetteva di confonderli uno con l’altro. Inoltre, con ilcosiddetto “uranio impoverito”, gli effetti immediati che vengono provocati sugli individui,sui palazzi, sui veicoli, imitano in qualche modo gli effetti che vengono provocati daun’esplosione nucleare più grande come l’essicazione dei corpi, l’immediata distruzionedelle strade, la perdita di sangue dagli occhi e dal naso. Anche i proiettili al cosiddetto“uranio impoverito” rilasciano piccole quantità di radiazioni, ma se questi proiettilivengono usati ripetutamente, come ad esempio nelle mitragliatrici dell’aereo A-10, unproiettile dopo l’altro, possono provocare un forte impatto di radiazioni, sia nelle polveriche rilasciano, sia in quelle liberate dalle esplosioni dei proiettili».

«Quindi serviva a coprire...?».«Poteva coprire praticamente tutto quello che avveniva».«Ci sono testimoni?».«Sì. Ho potuto parlare con alcune persone che si trovavano sul posto in quel periodo e

so di altri che hanno sentito altre persone... lo so che sembra strano, ma questo è il modoin cui funziona l’Intelligence Community: si prende una informazione da un individuo, la siverifica con quella di un altro e alla fine si raccoglie la storia completa. Non esiste ungoverno al mondo che ammetterà mai di avere fatto niente di questo genere».

«Come è venuto a saperlo?».«L’organizzazione che ho creato ha provato per molti anni a raccogliere queste

informazioni per farle diventare pubbliche e impedire che possa succedere ancora. Perchéle posso garantire che se sono riusciti a passarla liscia nel 1991 e nel 2002, continuerannoa passarla liscia finché gli verrà permesso di farlo e questo deve finire.

Queste bombe venivano usate contemporaneamente con altre testate: le FI, lecosiddette bombe ad aereosol esplosivo, conosciute anche come MOAB, che producono glistessi effetti di una bomba nucleare, fungo compreso, ma senza inquinamentoradioattivo. Mentre il problema con una testata nucleare è che quando esplode non si hasolo la detonazione ma anche la fuoriuscita di inquinamento radioattivo».

«Pensa che l’abbiano usata altre volte?».«In Afghanistan, nel 2002».«Può essere più preciso sulle date?».«Sì, tra il 1° e il 3 marzo».

LE VERIFICHE AL RACCONTODEL VETERANO E LA DOTTRINADELL’AMBIGUITÀ CALCOLATA

Gli ci sono voluti due anni per realizzare quell’intervista, ma Claudio è solo a metà delpercorso. Ora deve trovare una conferma a quello che il veterano gli ha raccontato. Leinformazioni, anche se non dirette, sono abbastanza dettagliate. Una domanda, inparticolare, continua a tormentare Claudio: quali possono essere i riscontri possibili?Claudio, tornato dal viaggio, ne parla in continuazione con i suoi colleghi della redazione.

«Potrei cercare qualcun altro che ne sappia qualcosa e che voglia parlare, magari unodei testimoni citati da Hank. Sarebbe la cosa più ovvia da fare... ma Hank me lo haescluso e da solo potrei metterci altri due anni» dice Claudio.

«Prova a telefonare a qualcuna delle nostre fonti» propone Diesel.«Ma non lo posso fare, sarebbe imbarazzante... non posso telefonare a qualcuna delle

nostre fonti e chiedergli “Senti ho appena incontrato un veterano della prima guerra delGolfo che mi ha appena detto che hanno usato in Iraq una bomba nucleare di 5 chilotoni,che suggerimenti hai da darmi per verificare questa informazione?” Mi prenderebbero perpazzo. Forse ho trovato: i dati sismici... potrei cercare se, nel periodo della prima guerradel Golfo, risulta essere avvenuto nella zona tra Bassora e il confine con l’Iran un eventosismico di potenza pari a 5 chilotoni... i chilotoni sono trasformabili in magnitudo dellascala Richter, perché durante la guerra fredda la maggior attività dei centri sismici eraquella di controllare i test nucleari in Unione Sovietica. Dunque, prima devo trovare unatavola che compari i chilotoni alla scala Richter e poi un evento sismico con magnitudo di5 chilotoni in quell’area. Dunque, Desert Storm è durata 43 giorni e se non erro è finita il28 febbraio 1991».

La tavola di comparazione tra chilotoni e magnitudo scala Richter è reperibile suinternet. È necessaria solo un po’ d’attenzione perché è una scala logaritmica. In pratica,la magnitudo 4 nella scala Richter è equivalente a 1 chilotone, mentre una magnitudo 5equivale a 35 chilotoni; dunque una magnitudo di 4.1-4.2 corrispondeapprossimativamente a 5 chilotoni.

Più complicata è la ricerca dell’archivio sismologico; Claudio ne trova uno europeo,l’International Seismological Centre, che però ha un unico difetto: aperto formalmente atutti, non ti fornisce alcun dato se non lavori per un centro sismologico. Alla disperataricerca di qualche vulcanologo o sismologo, Claudio lascia il suo ufficio al seminterrato persalire ai piani delle redazioni del telegiornale e le attraversa freneticamente tuttechiedendo: «Scusate il disturbo, c’è qualcuno di voi che ha un amico sismologo?».

«Io ho un amico psicanalista... può servirti lo stesso?» risponde il primo.«Sei arrivato in ritardo: lo tsunami c’è già stato» gli fa eco un’altra.«Hai fatto arrabbiare il direttore con qualcuna delle tue inchieste?» commenta ironico

l’ultimo.Alla fine, nel settore cultura e spettacolo, la sua domanda riceve finalmente una

risposta: «Sì, una mia ex compagna di liceo lavora al centro sismico di Udine».«Numero di ufficio, cellulare e livello di affidabilità?» fa lui.«Era una delle migliori della classe, dille che te l’ho dato io il suo numero».Claudio improvvisa una penosa conversazione telefonica con la sismologa, nella quale

si inventa che un amico di sua figlia deve fare una tesina per un esame complementare eavrebbe bisogno della lista degli eventi sismici registrati nel corso di Desert Storm, unascusa alla quale è impossibile credere. Al termine della telefonata riceve l’assicurazioneche nel giro di un giorno o due riceverà la trascrizione di tutti gli episodi sismici avvenutiin quel lasso di tempo, in un raggio di cinquecento chilometri da Bassora.

Ma pochi minuti dopo che Claudio ha abbassato la cornetta, squilla il telefono dellaredattrice che gli aveva fornito il numero: è la sua amica e dice di tranquillizzare Claudio.Ha capito perfettamente cosa sta cercando e non ne parlerà con nessuno se non con lui.

Il giorno dopo trova nella posta elettronica l’email che aspettava: i dati sono chiari ecomprensibili e soprattutto sono registrati da nove centri sismici differenti. Uno dei dueeventi è stato proprio di magnitudo 4.2 ed è stato registrato nella zona descritta da Hank,tra la città di Bassora e il confine con l’Iran.

Catalogato con il numero 342793, è avvenuto il 27 febbraio 1991, proprio l’ultimogiorno del conflitto, esattamente alle 13:39. Il fenomeno è stato registrato da due centrisismici in Iran, quattro in Nepal, uno in Canada, uno in Svezia e uno in Norvegia. La suaprofondità viene collocata nel primo livello superficiale che va da 0 a 33 km.

I dati lasciano Claudio senza fiato. Il secondo dato sismico, registrato durante il periododi Desert Storm, è di magnitudo 5.1 e corrisponderebbe a più di 35 chilotoni, una bombanucleare di proporzioni troppo grandi per passare inosservata. La data dell’evento sismicoè il 14 febbraio, la località parecchi chilometri a nordovest di Bassora e Claudio decide dinon prenderla in considerazione.

Il primo evento citato, nella zona di Bassora, ha invece tutte le caratteristiche peressere il prescelto, soprattutto la data: l’ultimo giorno del conflitto, il 27 febbraio 1991. Leuniche due bombe nucleari impiegate in un conflitto sono state usate il 6 agosto 1945 aHiroshima e il 9 agosto a Nagasaki, mentre la resa incondizionata del Giappone arrivò il14 agosto 1945. Proprio negli ultimi giorni del 1991, in particolare il 27 febbraio, tutte leforze impiegate in Iraq erano già rientrate in Arabia Saudita e nelle vicinanze di Bassoranon si trovava nessuna unità dell’esercito degli Stati Uniti.

Incoraggiato da questi dati, Claudio cerca di scoprire se ci sia stato un elementoscatenante che giustifichi un simile atto di guerra nucleare. Quale potrebbe essere statol’evento che ha convinto l’amministrazione americana a usare una mini-atomica propriol’ultimo giorno di guerra? Claudio ricerca i dati temporali disponibili sulla prima guerra delGolfo e, mettendo insieme le informazioni, comincia a prendere forma un sospetto: duegiorni prima dell’ipotetica decisione di sganciare una bomba atomica, il 25 febbraio, un

missile Scud lanciato dagli iracheni riuscì a colpire la base americana di Dhahran in ArabiaSaudita, uccidendo ventotto militari americani e ferendone altri novantanove; un episodiomolto strano, perché fu il primo Scud a fare tanti morti. Lo stesso Wall Street Journalmise in luce, in un breve articolo, la scarsa coerenza della versione ufficiale diquell’incidente. L’episodio provocò una dura reazione americana: nella notte tra il 26 e il27 febbraio venne distrutta un’intera colonna di macchine e carri armati in fuga verso ilconfine del Kuwait, lungo quella che da allora ha preso il nome di Death Highway.

«Potrebbe non essere stata l’unica azione di ritorsione...» dice Claudio, riflettendo avoce alta. «Si tratta di un’ipotesi azzardata... ma la politica dell’amministrazioneamericana nel 1991 è stata volutamente ambigua. Rileggiamo la cronologia degli eventidi quel conflitto: il 2 agosto 1990 Saddam Hussein invade il Kuwait; il 16 gennaio 1991 ilpresidente Bush annuncia al mondo che è iniziata Desert Storm, la più grande operazionebellica dopo il 1948. Ventotto paesi intervengono a fianco degli Stati Uniti. Ma, a quelpunto, la questione era capire quale reazione avrebbe potuto avere il mondo islamico...questo era il timore che più spaventava l’amministrazione americana. In più, gli stessiStati Uniti non avevano una posizione certa circa l’utilizzo della bomba nucleare. L’allorasegretario di Stato, James Baker, dichiarò a tale proposito: “Noi vogliamo creare le basiche ci mettano nella posizione di avere un motivo ragionevole che giustifichi l’uso dellaforza (nucleare), il che è molto differente dal dire che il presidente abbia preso ladecisione di muoversi in quella direzione; noi vorremmo che fosse un segnale moltochiaro e indiscutibile il fatto che, quando il presidente dice che non vuole escludere lapossibilità, ciò significa che riteniamo tale opzione credibile”. Se Saddam avesse utilizzatoarmi chimiche o batteriologiche, il Pentagono avrebbe potuto rispondere anche con l’armanucleare. Ma sull’utilizzo del nucleare si mantenne una voluta ambiguit, tanto che lostesso Baker coniò l’espressione “dottrina dell’ambiguità calcolata”. Dunque, in unasituazione delicata come poteva essere un conflitto nell’area mediorientale, con il rischiodi provocare un’insurrezione generalizzata in tutti i paesi della zona, l’amministrazioneamericana, che non poteva più contare sulla giustificazione della guerra fredda perricorrere al nucleare, ma che non poteva nemmeno rinunciare all’effetto deterrente dellaminaccia, potrebbe avere deciso di giocare sporco: usare una piccola bomba tattica perpoi sostenere di non averla impiegata, giustificando gli effetti delle radiazioni con ilcosiddetto uranio impoverito. È esattamente quello che mi ha raccontato il veterano, ilquale mi ha anche confermato che le esplosioni delle pallottole all’uranio impoveritoavevano comunque un effetto radioattivo».

Sembra tornare tutto quanto, ma ancora non basta. Prima di mandare in ondal’intervista, Claudio informa il Dipartimento della difesa americano che un veterano delsuo esercito ha rivelato l’utilizzo di una mini-bomba nucleare nel corso di Desert Storm. Eil Dipartimento gli risponde domandando la data del presunto utilizzo. Davvero una stranarisposta, come se il personaggio A avesse chiesto al personaggio B se fosse mai stato aletto con sua moglie, e B gli avesse risposto con la domanda “in quale giorno?”.Sicuramente una risposta, quella del Dipartimento della difesa, compatibile con ladottrina dell’“ambiguità calcolata”, ma di sicuro poco rassicurante. Poco dopo, Claudioriceve il comunicato del Pentagono: “Durante la guerra del Golfo del 1991 sono state

impiegate solo armi convenzionali. Gli Stati Uniti sono in possesso di un certo numero dimunizioni con una capacità esplosiva di oltre 5.000 pound (circa 2 tonnellate), ma non ciè possibile confermare l’incidente da voi riferito. Se una bomba di tale potenza fosse statasganciata in quel luogo, è ragionevole supporre che la detonazione sarebbe stataregistrata dalle attrezzature di rilevamento sismografico. Di nuovo ribadiamo che sonostate utilizzate solo munizioni convenzionali durante la guerra del Golfo del 1991”.

In una lettera successiva, il Dipartimento della difesa informa che potrebbe esserestata utilizzata la bomba BLU-82 che ha una capacità esplosiva di circa 7 tonnellate,confermando di nuovo l’impiego delle sole armi convenzionali. Alla luce di taledichiarazione e delle informazioni relative agli eventi sismici che ha a disposizione,Claudio compie la sua analisi dei dati: una bomba BLU-82 – detta anche “madre di tuttele bombe” o “taglia margherite” –, o altre dello stesso tipo (MOAB), prima satura l’ariacon una nuvola formata da ossigeno, idrogeno e altri elementi, e poi esplode con unamagnitudo compresa tra i 2.5 e i 3 gradi della scala Richter e non 4.2 come appare neidati sismici.38 Questa è la bomba che, secondo il racconto del veterano, veniva usata incontemporanea alla bunker buster nucleare per nasconderne l’uso.

Per essere ancora più certo, Claudio invia un’email al centro sismico svedese che haregistrato l’evento e chiede di poter ottenere il grafico delle onde registrate, grazie alquale è possibile comprendere se si sia trattato di un terremoto o di un’esplosione. Ilcentro sismico, negandogli il materiale, nella sua email aggiunge che “... senzaun’affidabile stima della profondità e basandosi solo sulla forma d’onda osservata dallestazioni svedesi non si può escludere che si tratti di un’esplosione”.

Claudio raccoglie anche in un’intervista la testimonianza dell’allora ministrodell’Ambiente italiano Gianni Mattioli, il quale si era prodigato nell’assistenza dellepersone colpite dai tumori a Bassora, ricevendo uno stop deciso da parte dell’alleanzaatlantica: “... venni a sapere che c’era una precisa obiezione, un vero e proprio divieto daparte del Patto Atlantico”.

È difficile trovare medici che conoscano bene le dimensioni dei danni provocati dalleradiazioni nella zona intorno a Bassora e che siano disposti a parlarne. Claudio dapprimaprova a contattare una dottoressa irachena, che ora vive in Siria, la quale però, dopoun’iniziale disponibilità, rifiuta di aiutarlo perché teme per la vita dei suoi cari ancora inIraq. Poi, dopo molte difficoltà, riesce a contattare il responsabile del reparto oncologicodell’ospedale di Bassora e concorda un appuntamento a Istanbul, dove il medico deverecarsi per un convegno. L’intervista ha luogo nella sua camera d’albergo.

«La storia delle radiazioni è cominciata durante la prima guerra del Golfo nel 1991»esordisce Jawad al Ali, «quando circa trecento tonnellate di proiettili e bombe alcosiddetto uranio impoverito sono state sganciate su Bassora. Questo ha portatoall’innalzamento della quantità di radiazioni rispetto al livello naturale, che peraltro aBassora era molto basso. Quello del 1991 è stato l’attacco più aggressivo. Hanno distruttocompletamente le infrastrutture del paese... non era più possibile viaggiare da Bassora aBaghdad. La cosa si è ripetuta nel 2003 e questa volta le centinaia di tonnellate di uranioimpoverito sono state scaricate in aree abitate da gente comune. Ciò ha provocato unaumento dei tumori e delle malformazioni congenite. La questione qui è semplice: si è

trattato di un chiaro tentativo di sterminare la popolazione irachena tramitel’avvelenamento del suolo e delle risorse idriche del paese, un avvelenamento che dureràanche per le generazioni future».

«È difficile fare ricerca sulla radioattività a Bassora?».«Non vogliono che nessuno parli di radiazioni ad eccezione dei portavoce ufficiali, e noi

non lo siamo. Certo possiamo realizzare le nostre ricerche sulla diffusione del cancro, manon possiamo fare studi sui fattori di rischio... non danno fondi per nessuna di questericerche, puoi fare ricerche epidemiologiche o cliniche, ma non ricerche su radiazioni orelative a questo settore».

Ma nonostante tali divieti, nel corso degli anni Ali ha raccolto numerosi dati, che, messiin relazione tra di loro, permettono di far emergere una prima verità.

«Questo grafico mostra il significativo aumento della mortalità per tumori a Bassora:dai trentaquattro casi del 1989, siamo passati a più di seicento nel 2001. Ho raccolto ungran numero di fotografie dei casi più strani, come l’istiocitoma fibroso maligno... si trattadi tumori molto rari e strettamente collegati all’inquinamento radioattivo.

E i bambini sono quelli più colpiti... i tumori sembrano avere cambiato i gruppi di età incui si manifestano. Alcuni tipi di tumore, che prima si manifestavano in pazienti anziani,ora compaiono in pazienti di soli sei anni... è una cosa rarissima! Per esempio, è rarissimoche si manifesti un tumore dell’apparato linfatico nei bambini al di sotto dei dieci anni.

Le altre foto riguardano alcune famiglie che hanno presentato più di un caso di tumorenello stesso nucleo. Ho studiato circa trentuno casi di questo genere, con più di unparente affetto da tumore... e le famiglie sono aumentate fino a settantuno. E, anche inquesti casi, stiamo parlando di eventi molto rari».

Gli effetti disastrosi della guerra a Bassora sono evidenti. Claudio parla con il dottor Alidell’ipotesi che sia stata utilizzata anche una mini-bomba oltre alle tonnellate di uraniosporco. Ma su questo il dottore si mostra scettico, perché pensa che una cosa del generenon possa essere passata inosservata. E tuttavia, mostra a Claudio le foto di alcunibambini deceduti nel suo ospedale, come se fossero carte di un macabro gioco quasiimpossibile da risolvere:

«Questa è Isra: aveva quindici anni, soffriva di leucemia acuta ed è morta; lei è Wala:aveva cinque anni e un tumore alle ovaie, molto raro a quell’età, dal momento che è unapatologia delle donne di mezza età; questo bambino, che aveva solo cinque anni, avevaun linfoma non-Hodgkin molto raro al di sotto dei dieci anni, ed è morto il primo giorno diammissione all’ospedale; lei è Sheda, aveva dodici anni e un tumore alle ossa che si èdiffuso... amputarle un braccio non è servito a nulla ed è morta anche lei; questobambino aveva una testa molto grossa, piena di liquido, foto simili sono state scattate aHiroshima dopo l’esplosione della bomba atomica...».

Il dottore prosegue con il suo triste elenco di questi piccoli angeli come se stesserecitando un rosario. Bambini uccisi da una malattia che non conoscevano, provocata perragioni a loro oscure. L’unica cosa che oggi sappiamo è che fu il rettore di una grandeuniversità americana il primo a ipotizzare l’utilizzo militare di queste polveri radioattive einvisibili, in grado di annientare le popolazioni nemiche.

ARMI MISTERIOSE A GAZA

Claudio è riuscito a raccogliere l’allarme dato da alcuni medici degli ospedali di Gaza inrete: riferiscono di ferite inspiegabili, che hanno portato all’amputazione di uno degli artiinferiori in almeno ottanta casi. I medici hanno più volte chiesto aiuto alla comunitàinternazionale per comprendere le cause di quelle strane ferite, che presentano piccoliframmenti, spesso invisibili ai raggi X, e incomprensibili recisioni degli arti inferiori,provocate da quella che appare essere una fortissima onda di calore. Ma nessuno harisposto al loro appello.

Tramite Skype, Claudio riesce a entrare in contatto con alcuni medici palestinesi e araccogliere informazioni sugli effetti di questi ordigni. Nel corso delle conversazioni riescea individuare il caso emblematico di un infermiere che è stato ferito in una piccola stradalontana da zone abitualmente oggetto di scontri. Decide allora di partire per Gaza perraccogliere maggiori informazioni.

Il passaggio dal valico di Erez per entrare a Gaza è una sorta di rito di umiliazione alquale un giornalista deve sottomettersi per passare dall’altra parte. Lunghissime attese,volutamente inutili, create apposta per scoraggiare i media stranieri, un’analisi minuziosadei motivi del viaggio, delle credenziali, tutto nel più stretto rispetto della leggenaturalmente, ma con tempi insopportabilmente lenti. Poi quel corridoio coperto, lungoqualche centinaio di metri nella terra di nessuno, che porta il viaggiatore nella più grandeprigione del mondo. Questa volta Claudio è atteso e la situazione è meno complicata;l’unica attenzione richiesta è quella di calcolare bene gli spostamenti, i luoghi dafrequentare e gli accompagnatori in modo da minimizzare i rischi. Il lavoro comincia conun’intervista a un cameraman della televisione locale.

«Stavo facendo delle riprese nell’ospedale Martiri di Al Aqsa... era l’alba e hannoportato i primi tre feriti: tra di loro c’era anche l’autista dell’autoambulanza, che si chiamaAbdul. Ho notato che tutti i feriti presentavano delle amputazioni alle gambe... anchequelli che sono arrivati dopo avevano amputazioni simili e mi sono chiesto quali armistessero utilizzando gli israeliani. Ho notato che le ferite non superavano il metro e diecicentimetri di altezza da terra».

È poi la volta di un medico dell’ospedale Al Shifa: «Nell’ultima incursione degliisraeliani, noi dottori abbiamo notato che tutti i feriti mostravano strane ferite e graviustioni... in molti casi, le schegge dei proiettili non si vedevano dall’esterno. Gli artiamputati erano sempre quelli inferiori... a volte uno solo, a volte entrambi... epresentavano già una parziale chiusura dei vasi sanguigni più piccoli, mentre quelli piùgrossi continuavano a sanguinare. La zona interessata dall’amputazione era nera,

bruciata... i tessuti erano già in necrosi, induriti, e la ferita sembrava vecchia anche serisaliva solo a pochi minuti prima... le ferite erano infette in modo terribile, l’arto era statotagliato completamente, come se fosse stata usata una sega per tagliare l’osso e tutti itessuti. Siamo riusciti a individuare alcuni frammenti non metallici nel tessuto. Dalleanalisi abbiamo capito che erano radio-invisibili, il che significa che i raggi X liattraversano ma non li rilevano».

Emblematico il caso dell’autista di un’ambulanza: «Stavo tornando dal mio collega persoccorrere altri feriti, quando improvvisamente è caduto un razzo lanciato da un aereotelecomandato... eravamo all’aperto e non abbiamo visto né soldati alle finestre né carriarmati nelle vicinanze... ho sentito l’esplosione dell’ordigno molto vicina, sono caduto equando ho cercato di rialzarmi ho visto un operatore tv che mi stava riprendendo. Poi mihanno portato via insieme ad altri ragazzi... e io guardavo la mia gamba che eraamputata quasi all’altezza del ginocchio. Non ho sentito alcun rumore, solo un sibilo, unfischio... nei frammenti ci sono dei materiali elettronici simili a quelli delle radio o delletelevisioni, per questo penso che siano delle armi elettroniche e vengano lanciate dagliaerei... non si vedono fino a quando non colpiscono l’obiettivo».

Più tardi Claudio si reca sul luogo del racconto e nota che i danni all’ambientecircostante sono decisamente inferiori rispetto a quelli subìti dalle persone. Ma qualearma è stata utilizzata a Gaza? Due sembrano essere le sue caratteristiche principali:quella dei frammenti invisibili ai raggi X e il forte calore in grado di recidere anche leossa. Ma per trovare una spiegazione a questo mistero, Claudio ha bisogno dell’aiuto deisuoi colleghi, perciò decide di mobilitare tutte le forze a sua disposizione: le dueassistenti, gli inviati che si trovano in redazione e anche Jey, chiuso nel suo rifugio. Tutticontribuiscono alle ricerche, nel tentativo di rintracciare un’arma i cui effetti sianocompatibili con quelli riscontrati a Gaza. Tutti i siti che si occupano di tecnologia militarevengono sistematicamente analizzati e alla fine qualcosa si trova: sul sito della rivistaDefence Tech, appare la descrizione di una nuova arma in grado di minimizzare i danniambientali ed essere teleguidata senza bisogno di propulsione sull’obiettivo. Si tratta diuna bomba di piccolo diametro, un involucro di fibre di carbonio che quando esplode sifrantuma in piccoli frammenti. Viene utilizzata in associazione con una polvere ditungsteno direzionata sull’obiettivo che, caricandosi di energia, è in grado di distruggerein modo preciso e con un’angolatura particolare tutto ciò che incontra nel raggio diquattro metri. La bomba si chiama DIME (Dense Inert Metal Explosive). Oltre alla suadescrizione, l’articolo mette in guardia dai possibili effetti cancerogeni del tungsteno.

Claudio decide di tornare dal medico dell’ospedale Al Shifa per verificare se quellaindividuata può essere l’arma effettivamente utilizzata.

«Sì, potrebbe essere compatibile con quella usata da Israele. Diffonde una specie dipolvere che brucia tutta la superficie del corpo... abbiamo trovato piccole ferite nonvisibili, polvere all’esterno e all’interno dei tessuti, e ancora una frammentazione delfegato e della milza senza che ci sia stata nessuna rottura dei tessuti».

Poi, approfittando del passaggio obbligato in Israele e stanco delle risposte formali delMinistero della Difesa – “Israele non usa armi che sono proibite dalle leggi internazionali”

– decide di rivolgersi al maggior esperto di armi del paese. L’ex generale che intervista glifornisce ulteriori elementi: «Questo nuovo tipo di guerra si svolge in aree dove icombattenti sono mischiati ai civili... bisogna colpire con precisione senza causare troppidanni. La bomba che ha citato funziona in questo modo, ma non sempre si puòdistinguere tra terroristi e popolazione civile. Se però la testata è piccola può colpire solouna persona, come quando nei telefilm un poliziotto colpisce in mezzo agli occhi ilterrorista che si ripara dietro un ostaggio. Se possiamo fare questo da centinaia dichilometri di distanza siamo in grado di fare la differenza».

Claudio riesce a farsi consegnare un frammento dell’ordigno e, una volta in Italia, loporta ad analizzare a una docente di chimica, sempre prodiga di suggerimenti e diinterrogativi, che segue sempre con passione le trasmissioni delle “inchieste”. I risultatidelle analisi rivelano che l’elemento principale è il carbonio, ma sono presenti anchecomposti di elementi metallici come il tungsteno, e anche silice.

Per la tecnologia impiegata, le armi DIME rientrano nella nuova classe di armi “a bassaletalità”, in grado cioè di “minimizzare” i danni collaterali e circoscrivere gli effetti letali inuno spazio ristretto. Gli ordigni possono avere dimensioni e funzioni diverse, ma quellodescritto in Defence Tech utilizza polvere di tungsteno, un metallo pesante usato in moltiesperimenti di caricamento dell’idrogeno per la produzione della cosiddetta fusionefredda. L’ipotesi che il caricamento energetico del tungsteno non sia altro che ilcaricamento del tungsteno con l’idrogeno, sembra essere un’ipotesi del tutto plausibile,ipotesi rafforzata dal fatto che le ferite si cauterizzano da sole poco dopo l’esplosione eche il materiale organico sembra non reagire ai trattamenti tradizionali. Tali effettipotrebbero essere compatibili con la fuoriuscita di atomi di idrogeno che tendono alegarsi all’ossigeno, aspirandolo letteralmente dalla materia organica che incontrano.

Per vederci più chiaro, Claudio cerca il conforto telefonico di Kurt Grass, il quale, comeal solito, non nega il proprio aiuto: «Supponiamo che questa polvere di tungstenocontenga un’elevatissima percentuale di idrogeno e che, al momento dell’impatto, lapressione o un’esplosione interna faccia raggiungere la soglia dell’effetto Bridgman, con laconseguente produzione di nanoparticelle. In questo modo, l’idrogeno verrebbe rilasciatoal momento dell’impatto in forma atomica anziché molecolare. In tale stadio, l’idrogenosarebbe eccezionalmente attivo dal punto di vista chimico e avrebbe quindi unastraordinaria affinità con l’ossigeno contenuto nei materiali biologici dei bersagli umani,“rubandone” l’ossigeno e determinandone il collasso per via chimica. Un eventuale gettodi idrogeno atomico, combinandosi con l’ossigeno, darebbe luogo ad acqua, che quindipasserebbe inosservata. E quindi ecco l’esempio di un’azione dinamica di distruzioneprodotta da una fortissima reazione, perché l’ossigeno e l’idrogeno sono tra i più fortireagenti chimici. Se poi si considera che la polvere di tungsteno può essere ospitata inmicrotubi di carbonio che hanno la caratteristica di essere quattrocento volte più robustidell’acciaio e molto più leggeri, la capacità di indirizzare in modo preciso la forzaesplosiva può produrre effetti del tutto simili a quelli che hai incontrato. Per fronteggiarequesti tipi di danno all’organismo e combattere la necrosi dei tessuti, occorrerebberiossigenarlo, dandogli soluzioni acquose fortemente alcalinizzanti, come quelle dibicarbonato di sodio o potassio oppure, nei casi peggiori, di cloruro di cesio. Mi riferisco

agli studi del mio amico Vladimir Voeikov, professore di Chimica bioorganica all’Universitàdi Mosca».39

TORNA A ESSERE UN TEMA CALDO LA FUSIONE FREDDA

Si sa che i momenti di crisi sono quelli che obbligano il mondo al rinnovamento. Per ipaesi ricchi, questa possibilità di innovazione viene individuata nelle tecnologie pulite chediventano il settore di ripresa dell’economia mondiale. E tra le tecnologie pulite non puònon trovare posto la cosiddetta “fusione fredda”.

A riparlare della fusione fredda è Sixty minutes, il programma di inchieste della CBS, latelevisione che ha rappresentato nel passato lo “standard aureo” dell’informazioneamericana. Le sue campagne contro il mccartismo, condotte da Edward Murrow, sonodiventate un baluardo nella storia del giornalismo. Oggi la CBS non gode più di ottimasalute, ma i bravi giornalisti non le mancano ed è proprio verso la metà del 2009 chel’emittente televisiva manda in onda una puntata del suo programma di inchieste daltitolo “La fusione fredda è di nuovo un tema caldo”.

La redazione di Claudio lo scarica da internet e organizza una proiezione collettiva,trasformando l’ufficio in un piccolo cineforum. Ecco un breve stralcio della trasmissione:«Prometteva di essere poco costosa, illimitata e pulita. La fusione fredda avrebbe fattofinire la nostra dipendenza dal Medio Oriente e avrebbe fermato quei gas serra accusatidel riscaldamento globale. Avrebbe cambiato tutto. Ma poi, altrettanto rapidamente,come è stata annunciata, è stata affossata. Così brutalmente, che il termine fusionefredda è diventato il simbolo della parascienza. La cosa divertente che è avvenuta è che,in questo suo cammino verso l’oblio, la fusione fredda oggi è diventata per molti scienziatidi nuovo un tema caldo».

Il programma si sviluppa in modo classico: vengono messi a confronto un sostenitoredella validità della fusione fredda e un suo detrattore. Quest’ultimo viene poi condotto inIsraele a osservare i risultati raggiunti e cambia idea. Quindi viene interpellato l’inventoredella fusione fredda, Martin Fleischmann. Il sostenitore è l’elettrochimico MichaelMcKubre, il quale racconta dei suoi cinquanta esperimenti realizzati alla SRI International,noto laboratorio californiano che collabora spesso con il governo degli Stati Uniti ed èconvinto dei possibili sviluppi positivi di questa invenzione. Ancora dalla trasmissioneSixty minutes: «... il potenziale è quello di una fonte di energia che farebbe funzionare latua automobile per tre, quattro anni, per esempio. E tu potresti portarla a fare uncontrollo ogni quattro anni e a farla anche ricaricare...».

Nel corso del programma c’è tempo anche per una dimostrazione dell’esperimentoscientifico con l’intento di mostrarne la relativa semplicità. Gli “ingredienti” principalisono: il palladio, il deuterio, quest’ultimo «un elemento essenzialmente illimitato. Laquantità di energia che si trova in un gallone di acqua è dieci volte superiore a quella

presente in un gallone di benzina, e questo grazie al deuterio contenuto in essa. Ilprocedimento prevede l’immersione del palladio nell’acqua contenente deuterio...»; ilterzo ingrediente è la corrente elettrica.

La spiegazione del processo fisico risulta semplice da capire nelle sue linee generali: «Alivello atomico, il palladio assomiglia a un reticolo e l’elettricità conduce il deuterio alpalladio... esso si trova sulla superficie e viene spinto all’interno del reticolo. McKubrecrede che ci sia una reazione nucleare – probabilmente un processo di fusione simile aquello che accade nel sole –, ma in realtà il processo avviene all’interno del metallo, auna velocità più lenta e senza radiazioni pericolose. Gli scienziati oggi preferisconoparlare di effetto nucleare piuttosto che di fusione fredda. Almeno venti laboratori chelavorano indipendentemente hanno pubblicato relazioni sulla presenza di un eccesso dicalore, un calore fino a venticinque volte maggiore dell’elettricità che entra».

Secondo il ricercatore McKubre «se prima c’era l’1% di possibilità che Fleischmann ePons avessero ragione, ora io credo che le possibilità siano il 99%».

Sixty minutes ricorda poi che le carriere dei due scienziati furono distrutte con la stessarapidità di un flash nucleare – i loro nomi, come candidati al premio Nobel, sono statidimenticati quasi del tutto. «E la maggior parte del mondo scientifico oggi è felice dilasciare le cose come stanno».

Richard Garwin ricorda poi la sua partecipazione allo “sfortunato” successo di uno degliesperimenti di fusione calda meglio riusciti al mondo: quello della bomba all’idrogeno. Loscienziato – fiero oppositore della fusione fredda fin dal 1989 – pensa che le quantità dielettricità e di calore vengano misurate scorrettamente. Inoltre, rivela che nel miglioredei casi la riproducibilità degli esperimenti non superi la soglia del 70%.

McKubre controbatte che probabilmente questo ha «qualcosa a che fare con il modocon cui il palladio viene preparato. Io lavoro con un laboratorio del governo italiano,chiamato ENEA, nel quale viene prodotto il miglior palladio disponibile».

È poi la volta del detrattore, lo scienziato indipendente Rob Duncan, vice segretariodella ricerca per l’Università del Missouri ed esperto in misurazione dell’energia, il quale sireca in Israele, al seguito dei giornalisti del programma, per verificare i successi ottenutidal laboratorio della società Energetics Technologies. Dopo due giorni passati aesaminare gli esperimenti di fusione fredda e verificare l’esattezza delle misurazioni,Duncan alla fine ammette: «Caspita, hanno fatto qualcosa di veramente interessante qui.Ho controllato i dati da solo e ho cercato un’altra spiegazione che fosse diversadall’effetto nucleare. Ho trovato che il lavoro è stato fatto con molta attenzione e che ilcalore eccedente, come ora lo vedo, è abbastanza reale... Non avrei mai pensato diarrivare a queste conclusioni».

Infine, c’è ancora spazio per un ultimo scienziato, «... un uomo che ha lasciatol’America nel disonore ed è andato in pensione con sua moglie nella campagna inglese:Martin Fleischmann, il primo uomo ad annunciare la fusione fredda al mondo. Hacombattuto per anni contro il diabete, il Parkinson e forse contro un poco di amarezza».

«Ho due rimpianti» esordisce Fleischmann. «Aver chiamato con un nome inventato daun competitore, “fusione”, quel processo nucleare; e aver partecipato a quella conferenzastampa che l’Università dello Utah voleva assolutamente che facessimo».

«Ora che sapete che i vostri esperimenti sono stati replicati e migliorati nei laboratori ditutto il mondo, vi domandate se potrete vedere un giorno le case e le automobilialimentate da queste batterie?» gli domanda l’intervistatore.

«Non ci vorrà molto tempo per realizzare questo... le potenzialità ci sono tutte... èeccitante!» risponde sorridendo.

Al termine della proiezione, i colleghi guardano esterrefatti Claudio.«Non penserai mica che sia una bella inchiesta?» gli chiede Diesel.«Credo sia importante che l’opinione pubblica americana riscopra la fusione fredda, anzi

direi che è davvero un evento coraggioso che la CBS ne parli positivamente» ribatteClaudio.

«Ma rivela solo quello che tutti sanno, che funziona e che ancora non è perfettamentecontrollabile» interviene Ris.

«Non dice nulla sui motivi per cui è stata cancellata dalla storia della scienzaamericana... incontrano Fleischmann e non gli chiedono nulla su quali possono esserestati i veri motivi dei problemi incontrati? Non gli chiedono perché è andato a lavorare inFrancia con i giapponesi, quali colloqui abbia avuto con il Dipartimento dell’Energia equali siano state le loro posizioni...» rilancia Fel.

«Capisco quello che vuoi dire: raccontano i fatti ma non spiegano il perché. Tu losapresti spiegare il perché?» dice Claudio.

«Beh, se non altro ci proverei, tutta l’analisi della modificazione della strategia atomicae della miniaturizzazione del nucleare può aiutare a capire il bisogno dell’eliminazionedella massa critica» ribatte Fel.

«Anche tu sei convinto che il segreto nascosto per vent’anni sia che, se l’uranio vienecaricato di deuterio oltre una soglia critica, provoca una sorta di esplosione che innescaun processo di fusione-fissione?» gli domanda Claudio.

«Sulla descrizione del processo non possiamo essere precisi, nessuno può esserlo...»interviene Cas. «Penso di aver capito che il processo ha comunque un effetto radioattivo,per esempio i raggi gamma, ma molto limitato sia nella massa nucleare coinvolta, sia neiprocessi innescati».

«Non ci vuole molta fantasia a capirlo, se ricercate le informazioni sugli ordigni diquarta generazione» asserisce Ris. «Vi rinfresco la memoria: la prima generazione è labomba nucleare modello Hiroshima a fissione, la seconda è la bomba all’idrogeno afusione, la terza è la bomba al neutrone, e la quarta è la bomba miniaturizzata. Dallericerche è emerso che in alcuni ordigni viene ipotizzata una schermatura di uranio attornoal nucleo esplosivo a seconda del livello di inquinamento radioattivo che è necessarioprodurre, perché esso non è più un effetto secondario imposto dalla massa criticadell’uranio, ma un effetto primario cercato ad arte. In altre parole, queste piccole nuovebombe potrebbero avere un effetto radioattivo e inquinante relativamente contenuto,forse troppo contenuto... tant’è che vengono appesantite con strati esterni di uranio cheaumenterebbero sia l’effetto inquinante sia quello esplosivo».

«Ragazzi, per essere dei ripetenti che hanno appena terminato un corso diaggiornamento siete diventati molto disinvolti e articolati, comunque fatemi vederequeste ricerche» conclude Claudio. Poi, dando un’occhiata agli appunti del collega: «Ci

manca qualche passaggio che possiamo verificare con Kurt Grass e poi potremmo anchescrivere la storia di questo segreto durato vent’anni... ma a chi lo racconti un segretodurato vent’anni? I segreti hanno un tempo di vita, come le bugie e i pettegolezzi. Chi nelmondo dell’informazione attuale è interessato a conoscere un segreto così vecchio eanche complicato da spiegare?».

«Oppure si potrebbe raccontare tutto come fosse un romanzo, facendo delle ipotesi allequali si potrà credere o no... parafrasando James Baker, potremmo creare un romanzo“dall’ambiguità calcolata”...» propone Fel.

D’un tratto, sulla porta compare il professor Grass, invitato alla proiezione del filmatodella CBS ma decisamente in ritardo: «Scusate il ritardo, ma non sono venuto per ilfilmato sulla fusione fredda che posso anche saltare, ma perché le cose di cui dovevoparlarvi non potevano essere discusse per telefono».

«Ha scoperto qualcosa di interessante, professore?» gli domanda Claudio.«No, non ho scoperto niente... certo che voialtri avete una strana idea della verità,

come qualcosa di preesistente, una sorta di tesoro sepolto dai pirati in un’isola sperduta.La verità non preesiste, bisogna solo ricomporla partendo dai frammenti in cui si èspezzettata nella realtà delle cose».

«È proprio questo il punto: noi giornalisti possiamo scoprire delle verità, ma noninventiamo nulla».

«Ha presente quell’indovinello di Lacan40 che le avevo fatto? Quello dei cinque dischi..tre bianchi e due neri, dei quali tre venivano attaccati alle spalle di tre prigionieri e chiavrebbe indovinato, vedendo i dischi degli altri, quale colore aveva il suo disco dietro laschiena, sarebbe andato alla porta a dirlo al direttore della prigione e sarebbe statolibero... te lo ricordi?».

«Certo».«Se si prova a risolverlo in modo astratto, questo indovinello non ha soluzioni. Infatti,

se il direttore della prigione mette tre dischi bianchi sulla schiena dei tre prigionieri,ciascuno di loro vedrà sempre due dischi bianchi sulle spalle degli altri due prigionieri enon potrà sapere se il suo disco sia nero o bianco.

Ma se si riesce a uscire dall’approccio della fisica ottocentesca, nel quale il tempo nonviene considerato come variabile e si pensa di vivere in un secolo adeguato alla fisica deiquanti dove anche il tempo è una variabile, allora ci si rende conto che esiste unasoluzione».

«Cioè?».«È il movimento verso la porta – anche solo la sua possibilità o la sua mancanza – a

fornire la variabile temporale utile alla risoluzione del problema. L’altro errore che sicommette è quello di dare per scontato che tutti siano stupidi, che nessuno pensi o sia ingrado di fare ipotesi. E invece i tre prigionieri pensano. Il prigioniero A, vedendo duedischi bianchi sulle spalle degli altri due, fa questo ragionamento: se io avessi un disconero cosa succederebbe? Succederebbe che B vedrebbe un disco bianco e uno nero e nonpotrebbe prendere una decisione. Ma B non è stupido e penserebbe, come ha fatto A: “Seil disco alle mie spalle fosse nero cosa succederebbe?”. A quel punto se B pensasse diavere un disco nero e A avesse un disco nero, C si avvierebbe verso la porta asserendo

con certezza che il suo disco è bianco. Ma C non si muove e dunque il disco sulle spalle diA è bianco. Quindi, benché in effetti non succeda nulla, è la scansione temporale, insiemeal pensiero ipotetico, a fornire la possibilità di risolvere il problema.

Vedi Claudio, anche se studiamo moltissimo, tutti i libri del mondo, noi non sappiamo enon sapremo mai niente, però possiamo fare delle ipotesi, anzi possiamo fare solo delleipotesi e regolarci di conseguenza. Possiamo raccontarle più o meno bene, ma sonosempre solo ipotesi... ma se altre persone, per altri motivi fanno le stesse ipotesi, allorasi comincia ad avere un minimo di certezze e anche se non succede nulla, le cosecambiano, cambiano proprio perché, grazie al fatto che non succede nulla, si capisce chenessuno ha alcuna certezza e che l’unica certezza è quella pallida ipotesi, tra tanti dubbi,che abbiamo creato noi.

Dunque, anche io sono d’accordo che le cose devono esser raccontate per quelle chesono, cioè ipotesi. Di cosa credete sia fatta la fisica teorica se non di fragili fili diragionamento – attenzione, non stringhe, che sono un’altra storia (anche quella moltoipotetica) – e se è necessario fare ipotesi lo accetto. E allora ricominciamo a fare ipotesi,scriviamo il nostro “romanzo”, il cui titolo potrebbe essere Il segreto delle tre pallottole.Si presta perfettamente alla tripla interpretazione:

1) interpretazione ufficiale o meglio il primo inganno: le pallottole sono al cosiddettouranio impoverito, pallottole che forse sono state messe in un museo ma che nonvengono usate spesso sul campo di battaglia;

2) la seconda interpretazione, il secondo inganno: le pallottole fatte con scorie deireattori nucleari41 e spacciate come pallottole all’uranio impoverito, in realtà hanno lafunzione di inquinare un’area e danneggiare le forme di vita presenti. Il materialeimpiegato è più radioattivo del cosiddetto uranio impoverito e nella miscela potrebberoessere presenti anche altri elementi che rientrano nella terza interpretazione. Unatemperatura di 4000 °C non viene prodotta solo dall’effetto piroforico dell’uranio. MartinFleischmann nella sua intervista è stato molto chiaro su questo punto;

3) la terza interpretazione: la bomba nucleare, grande come una pallottola, quellaresponsabile del cratere di Khiam, realizzata con uranio caricato di deuterio che hainnescato prima la fusione e poi la fissione.

Non sto inventando niente... avete le prove del fatto che è stato fatto il gioco delle trecarte con tre pallottole diverse. Stiamo ragionando su tre pallottole diverse, quelleufficiali all’uranio impoverito che esistono praticamente solo sui libri, quelle all’uraniosporco, con tracce di materiali prodotti da una fissione – che potrebbe essere avvenutaall’interno di un reattore nucleare o al momento della loro esplosione e che in ogni casoservono ad aumentare la radioattività per avvelenare l’area dove vengono usate e percoprire il terzo tipo di pallottola –, e quelle all’uranio caricato di deuterio che fa dainnesco a una bomba nucleare grande come una pallottola. Tutto torna: quello cheraccontava Fleischmann nella sua intervista in merito allo sviluppo dei suoi esperimenticon la sostituzione dell’uranio al palladio per studiare le sue potenzialità di fusione efissione; torna anche quello che ha raccontato il veterano di Desert Storm, ossia l’utilizzoper la prima volta nel 1991 del cosiddetto uranio impoverito che permetteva dinascondere meglio il terzo tipo di pallottola, quella all’uranio caricato di deuterio,

l’innesco della bomba nucleare grande come una pallottola. Nel caso particolare dellabomba del 1991, forse è stata più grande di una pallottola, perché 5 chilotoni avrebberorichiesto 250 chilogrammi di uranio naturale, quantità riducibile con l’impiego dell’uranioarricchito.

Immaginatevi un truffatore che fa il gioco delle tre carte, lasciando cadere le cartevelocemente e chiedendoti diverse volte dove si trova il re... e tu pensi di averlo capito,perché lui ti mostra sempre il re dove tu pensi che sia. Poi scambia velocemente il re conla regina, e ti chiede di scommettere e tu scommetti convinto di poter indovinare... einvece perdi, e il gioco riprende e tu non sai più dov’è il re e dove la regina, e ti chiede dipuntare di nuovo... e tu pensi di aver seguito la regina e alzi la carta e invece è l’asso.

È quello che succede quando lasciano cadere un ordigno che tu pensi sia sempreall’uranio impoverito... poi fai le analisi e scopri che è uranio sporco con prodotti dafissione. Ma qualcuno sostiene che le analisi non sono attendibili e che sul campione sonorimaste tracce di precedenti eventi... e così i conti vengono fatti tornare e tutti sonoportati a pensare che in Libano ci siano grandi depositi di uranio naturale. Poi sgancianola bomba vera, quella nucleare che crea una radioattività evidente e per essere tranquillieliminano anche gli osservatori delle Nazioni Unite. Bene, questo gioco delle tre pallottoleavviene ormai in diversi paesi. E anche quando fanno raschiare il terreno che reputanotroppo radioattivo – asserendo che sia inquinato dal cosiddetto uranio impoverito – eriportano in patria le sabbie radioattive... ma quali sabbie radioattive? Non doveva esseretutto uranio impoverito?42 Ed ecco che, con un’ambiguità calcolata alla perfezione, vieneinfranto il vero divieto, quello che l’umanità ha deciso di non fare infrangere a nessuno,quello del ritorno agli ordigni nucleari.

E la commedia va avanti, l’indignazione per i test coreani, le sanzioni contro l’Iran...tutto normale, perché nessuno sembra accorgersi di niente.

Tre ordigni o pallottole quasi identiche, una all’uranio impoverito, una all’uranioleggermente arricchito che produce materiale di fissione, e una all’uranio caricato dideuterio per innesco di una piccola esplosione nucleare. Sembrano identiche: la prima èper il museo, la seconda è per i campi di battaglia, e la terza... beh, la terza, quellaall’uranio caricato dal deuterio, è una vera e propria bomba nucleare grande come unapallottola, ed è stata usata a Khiam contro i rifugi sotterranei. Partendo dai dati rilevati inKosovo, in Iraq e in Libano questa è l’interpretazione più solida di tutte quelle fatte fino aora.

Comunque non fermatevi a questo schema... stiamo parlando di una nuova classe diarmi che sfrutta il caricamento dell’idrogeno o del deuterio nei metalli pesanti. Quindi,quando vedete a Gaza le gambe recise e leggete che si tratta di una bomba conmateriale denso inerte ed esplosivo, ricordatevi la regola degli aggettivi negli acronimimilitari: significano il contrario. E allora, non polvere di tungsteno inerte, ma caricata dideuterio o idrogeno, e non di generica energia... anche in questo caso, la nostra ipotesi èpiù efficace delle altre nello spiegare gli effetti... ma siamo solo all’inizio e ne vedremoancora di queste cose... e non saranno cose belle da vedere».

«D’accordo lavoriamoci, ma niente certezze ideologiche! Quando sento la frase “Lorohanno fatto questo... loro hanno fatto quest’altro” mi innervosisco... loro chi? Dobbiamo

individuare “chi, come, quando e perché”, quindi al lavoro. Se tutto quello che ci ha dettoè vero, e non ho motivo di dubitarne, dovremmo essere in grado di trovare le sigle dellearmi utilizzate, i brevetti delle fabbriche che le hanno prodotte e i danni provocati aglioperai e alla popolazione delle aree di DejaVu Sans; produzione, come per esempio quelligià denunciati allo stabilimento di Concord, Massachussets, e alla Starmet Corporation.43

«Come al solito, sei sempre un passo indietro, Claudio» si inserisce Diesel. «Stavocontrollando la posta e ho trovato l’email della dottoressa Garbati. Incuriosita dalle nostreipotesi si è messa a cercare informazioni sui brevetti delle armi di nuova generazione esenti cosa ha trovato: “Carissimi, in rete ho trovato un documento che riporta i brevettirelativi alla fabbricazione di armamenti di nuova generazione. Da un’attenta lettura – nonsenza un crescente senso di inquietudine – è emerso il seguente elenco di materialiutilizzati: titanio, zirconio, afnio – che hanno esattamente la stessa struttura elettronicaesterna – e poi torio e uranio. Questi materiali sono da tempo allo studio come assorbitoridi idrogeno e sono anche piuttosto costosi.

L’idea di utilizzare materiali micro o nanostrutturati deriva dall’elevato rapportosuperficie-volume che questi presentano, che è estremamente utile per tutti i processichimici che si svolgono in superficie. Ma la cosa più sconcertante che ho trovato è unbrevetto del 2005. Il testo depositato recita: ‘Notizie di sfondo sull’invenzione: i materialicompositi e reattivi sono particolarmente efficaci nella loro funzione quando vengonousati per la costruzione di proiettili per distruggere obiettivi protetti. Questi obiettiviprotetti possono essere obiettivi difesi da una struttura a costruzione o obiettivi difesi dauna struttura a corazza. Al momento del colpo contro l’obiettivo protetto, l’energialiberata nell’attimo dell’impatto serve come catalizzatore che innesca una reazionechimica dei materiali compositi e reattivi. Questa reazione libera un grande ammontare dienergia’.

Il nocciolo dell’arma è una reazione che viene definita impropriamente ‘chimica’ escatenata al momento dell’impatto. E ancora: ‘Come è risaputo in questo settorescientifico, i materiali compositi e reattivi comprendono generalmente particelle o formepolverizzate di uno o più metalli reattivi. I metalli reattivi possono includere l’alluminio, ilberillio, l’afnio, il litio, il magnesio, il torio, il titanio, l’uranio, lo zirconio, così come lecombinazioni, le leghe e gli idruri di questi’.

Attenzione! Qui compare la parola idruri, composti di metallo-idrogeno. Questo terminenon viene più citato nel seguito, ma si usa la perifrasi ‘materiali compositi reattivi’.

Scopo di questo brevetto è quello di fornire un metodo per aumentare le prestazioni delproiettile reattivo aumentandone il rilascio energetico sul bersaglio. Questo viene fattoaggiungendo un sistema ‘di contenimento’ del materiale reattivo, attraverso nastri dimateriale inerte che ne aumentano la compressione. Questo è uno dei punti chiave delbrevetto.

Altro punto chiave è la presenza di una struttura allungata fatta di materiale ad altadensità: ‘Ciascuno dei contenitori sopra descritti funzionerà essenzialmente allo stessomodo al momento dell’impatto con l’obiettivo. Cioè al momento dell’impatto, la densitàtotale supplementare fornita dalla struttura prolungata, aumenta la penetrazione nellasuperficie dell’obiettivo. Allora, nel momento in cui la struttura prolungata comincia a

inserirsi, inarcarsi e/o rompersi, questo rientro del materiale causerà la rottura e lapolverizzazione del materiale al suo interno. Questa torsione e questa pressione servonocome sorgente e innesco di una fortissima reazione’.

L’impatto attiva il materiale reattivo mettendolo a contatto con l’aria o liberandol’idrogeno intrappolato. La struttura allungata centrale è investita dall’energia sviluppatae riceve un’elevata onda di compressione, realizzando un ulteriore guadagno energetico.Notate che vengono usati i termini break up and shear deformation... non vi viene dapensare che si tratti proprio dell’effetto Bridgman di cui ci ha parlato il professor Grass eche è stato per tanto tempo escluso dai dibattiti accademici e dalle riviste specializzate?

Leggendo il testo del brevetto mi è venuto in mente che avevo già visto tutto, ma inun’altra forma. Si tratta di un brevetto del giapponese Arata Yoshiaki (pub. Date: 2005-07-06) in cui viene descritto un metodo di produzione di energia (nucleare) medianteconfinamento in forma nanostrutturata di idrogeno e isotopi (deuterio) in una matriceinerte (zirconio). L’innesco viene fornito, anche qui, da onde di compressione.

Arata è un vecchissimo (avrà quasi novant’anni) fisico giapponese, molto noto eapprezzato nel suo paese. È attivo nel settore della fusione fredda dopo decenni di studionel campo della fusione termonucleare.

Vi dico francamente che questi argomenti mi mettono estremamente a disagio, nonriesco a concepire come lo straordinario privilegio di aver avuto accesso a tanti segretidella materia e delle leggi cui tutto obbedisce, possa essere utilizzato per... uccidere. Lotrovo infinitamente più ripugnante della guerra fatta con le pietre e i coltelli da quelli chenon hanno avuto la dote di appartenere alla nostra superiore civiltà occidentale.

D’ora in avanti vorrei tenermi fuori da tutto quanto ha a che fare con questo tema,anche a costo di rinunciare a quello per cui ho lavorato finora.

La realtà è complessa e sfuggevole, ma la responsabilità è sempre individuale, noncredete?

Cordiali salutiLivia Garbati”.

«È una lettera davvero molto bella» commenta Claudio. «E se vogliamo dare una manoalla dottoressa Garbati, credo che sia arrivato il momento di fare uscire tutta questastoria. Dunque, mettiamoci a lavorare... di indicazioni ne abbiamo già a sufficienza. Nonsiamo mica qui a pettinare le bambole!».

MATERIALI

Lettera sul Caso OppenheimerDa: K. D. NicholsA: J. R. OppenheimerData: 23 dicembre 1953

Il capitolo 10 della Legge sull’energia atomica del 1946 affida alla Commissionedell’energia atomica la responsabilità della garanzia che gli individui che sono impiegatidalla Commissione non mettano in pericolo la nostra difesa e la nostra sicurezza. Inoltrel’Ordine esecutivo 10450 del 27 aprile 1953, richiede la sospensione dell’attività diqualsiasi individuo per il quale esistano informazioni che indichino che la sua attività noncoincida con gli interessi della sicurezza nazionale.

Come risultato di una ulteriore indagine sul vostro carattere, le associazioni (che avetefrequentato, NdA), la vostra lealtà e dal riesame del vostro curriculum sulla vostrasicurezza personale, alla luce dei requisiti della Legge sull’energia atomica e dei requisitidell’Ordine esecutivo 10450, si sono poste serie domande se la vostra attività presso laCommissione dell’energia atomica metta in pericolo la difesa e la sicurezza comune e sela continuazione della vostra attività sia compatibile in modo chiaro con gli interessi dellasicurezza nazionale. Questa lettera è per avvertirvi dei passi che potete intraprendere peraiutarci nella risoluzione di questo problema.

La sostanza delle informazioni che sollevano problemi sulla vostra compatibilità con ilvostro lavoro alla Commissione dell’energia atomica è la seguente: è stato segnalato chenel 1940 siete stato iscritto tra i sostenitori degli “amici del popolo cinese”,un’organizzazione che è stata definita nel 1944 dal Comitato della camera sulle attivitàantiamericane come una organizzazione di copertura dei comunisti. Inoltre è statosegnalato che nel 1940 il vostro nome appariva su una carta intestata del Comitatoamericano per le libertà democratiche e intellettuali come membro del Comitatoesecutivo nazionale. Il Comitato americano per la democrazia e la libertà intellettuale èstato definito nel 1942 dal Comitato della camera per le attività antiamericane comeparte del fronte comunista che difese gli insegnanti comunisti e nel 1943 è stata definitocome sovversivo e antiamericano da un sottocomitato speciale del Comitato della camerasulle appropriazioni. Inoltre è stato segnalato che nel 1938 eravate un membro delConsiglio occidentale dell’Unione dei consumatori. L’Unione dei consumatori è stata citatanel 1944 dal Comitato della camera sulle attività antiamericane come parte del fronte

comunista guidato dal comunista Arthur Kallet. È stato inoltre segnalato che avetedichiarato nel 1943 che non eravate un comunista, ma probabilmente siete appartenuto aqualche organizzazione del fronte comunista sulla costa occidentale e avete firmato moltepetizioni alle quali i comunisti erano interessati.

È stato segnalato che nel 1943 e precedentemente siete stato molto vicino al dottorJean Tatlock, un membro del Partito comunista a San Francisco, e che il dottor Tatlockera in parte responsabile della vostra associazione con i gruppi del fronte comunista. Èstato segnalato che vostra moglie, Katherine Puening Oppenheimer, è stataprecedentemente sposata con Joseph Dallet, un membro del Partito comunista, che èstato ucciso in Spagna nel 1937 combattendo per l’esercito repubblicano spagnolo. Inoltreè stato segnalato che durante il periodo della sua vicinanza con Joseph Dallet, vostramoglie si iscrisse al Partito comunista. Il Partito comunista è stato indicato dalprocuratore generale come una organizzazione sovversiva che cerca di alterare la formadi governo degli Stati Uniti attraverso mezzi inconstituzionali, nel pronunciamentodell’Ordine esecutivo 9835 e dell’Ordine esecutivo 10450...

È stato segnalato che vi siete associato con i seguenti membri e funzionari del Partitocomunista: Isaac Folkoff, Steve Nelson, Rudy Lambert, Kenneth May, Jack Manley eThomas Addis. È stato segnalato che eravate abbonato al Giornale dei popoli del Mondoun giornale comunista della costa occidentale, nel 1941 e nel 1942... È stato segnalatoche prima del 1° marzo 1943, probabilmente tre mesi prima, Peter Ivanov, segretario delConsolato sovietico di San Francisco, aveva avvicinato George Charles Eltenton allo scopodi ottenere informazioni sul lavoro che è stato fatto al laboratorio delle radiazioni peraiutare gli scienziati sovietici; lo stesso George Charles Eltenton successivamente hainvitato Haakon Chevalier a contattarvi su questo argomento; tale Haakon Chevaliersubito dopo vi ha contattato direttamente o attraverso il vostro fratello, Frank FriedmanOppenheimer, su questo argomento; e lo stesso Haakon Chevalier alla fine informòGeorge Charles Eltenton che non c’era nessuna possibilità di ottenere alcunainformazione. È stato inoltre segnalato che voi non avete riportato questo episodio alleautorità competenti fino a parecchi mesi dopo il fatto; e che quando inizialmente avetediscusso su questo argomento con le autorità competenti, il 26 agosto 1943, non vi sieteidentificato come la persona che era stata avvicinata e vi siete rifiutato di identificareHaakon Chevalier come l’individuo che lo aveva fatto a nome di George Charles Eltenton;e non lo avete fatto fino a parecchi mesi successivi, quando un superiore vi ha ordinato diagire in quel modo, identificando così Haakon Chevalier. Inoltre, è stato segnalato che alvostro ritorno a Berkeley dopo la vostra separazione dal progetto di Los Alamos, sietestato visitato dagli Chevalier in parecchie occasioni; e che vostra moglie era in contattocon Haakon e Barbara Chevalier nel 1946 e nel 1947. È stato segnalato inoltre che nel1945 avete espresso l’opinione che «c’è una ragionevole possibilità che (la bombaall’idrogeno) possa essere fatta, ma che la possibilità della bomba all’idrogeno nonappariva certa dal punto di vista teorico quanto appariva certa la bomba a fissione,sempre dal punto di vista teorico, quando il laboratorio di Los Alamos iniziò la suaattività, e che nell’autunno del 1949 il Comitato consultivo generale espresse l’opinioneche un attacco concordato e creativo al problema aveva più di una possibilità di riuscita

nei prossimi cinque anni». Inoltre è stato segnalato che nell’autunno del 1949 esuccessivamente, vi siete fortemente opposto allo sviluppo della bomba all’idrogeno; 1)su basi morali, 2) sostenendo che non era fattibile, 3) sostenendo che non c’eraabbastanza stumentazione e personale scientifico per continuarne la ricerca, 4) che nonera politicamente desiderabile. Inoltre, è stato segnalato che anche dopo che era statostabilito come decisione di politica nazionale di procedere allo sviluppo di una bombaall’idrogeno, avete continuato a opporvi e avete rifiutato di cooperare completamente alprogetto. Inoltre, è stato segnalato che avete abbandonato il vostro ruolo di consiglieredella Commissione e che avete proceduto a una distribuzione separata e privata aimaggiori esponenti del personale di Los Alamos dei rapporti di minoranza e dimaggioranza del Comitato consultivo generale per lo sviluppo della bomba all’idrogeno,con l’intento di convincere quegli alti esponenti del personale a essere contrari allosviluppo della bomba all’idrogeno. Inoltre, è stato segnalato che avete cercato dipersuadere altri rinomati scienziati a non lavorare al progetto della bomba all’idrogeno eche l’opposizione alla bomba all’idrogeno, della quale voi siete stato il progettista piùesperto, il più autorevole e il più importante, ha decisamente rallentato il suo sviluppo.

In considerazione del vostro accesso a informazioni segrete estremamente importanti e inconsiderazione di questi fatti che, fino a quando non verranno smentiti, mettono indiscussione la vostra sincerità, il vostro comportamento e perfino la vostra lealtà, laCommissione non ha altra scelta, nei suoi obblighi di proteggere la difesa e la sicurezzacomuni, che sospendere il vostro nulla osta alla sicurezza fino a risoluzione dellaquestione. Di conseguenza, la vostra attivit alla Commissione dell’energia atomica e ilvostro accesso ai dati secretati sono sospesi con decorrenza immediata in attesa di unavalutazione finale su questa materia.

Per contribuire alla risoluzione di questo caso, avete il privilegio di comparire davanti alBoard della sicurezza del personale della Commissione dell’energia. Per avvalervi deiprivilegi concessivi dalle procedure d’udienza della Commissione dell’energia atomica,dovete, entro i prossimi 30 giorni dalla ricezione di questa lettera, presentarmi una vostrarisposta scritta alle informazioni che ho riportato e richiedere la possibilità di compariredavanti al Board per la sicurezza del personale. Una volta che voi abbiate espresso ilvostro desiderio di comparire davanti al Board, vi sarà comunicata la composizione delBoard e potrete contattarne i membri per perorare la vostra causa. Questa possibilitàdovrà essere richiesta entro 72 ore dalla ricezione della lista dei membri del Board. Seuna vostra risposta scritta non verrà ricevuta nei prossimi 30 giorni, si supporrà che nondesideriate presentare alcuna spiegazione per un esame più approfondito. In questo casoo nel caso mi scriviate del vostro desiderio di non comparire davanti al Board dellasicurezza del personale, verrà presa una decisione sul vostro caso da me sulla base delleinformazioni attuali.

Molti distinti salutiK. D. Nichols, direttore generale

Lettera a proposito del Caso Oppenheimer Da:Arthur Holly ComptonA: Gordon Gray, Presidente del UNC Data: 21 aprile 1954

Park Hotel Istanbul, Turchia

Caro presidente Gray,

ero in Pakistan quando sono uscite le notizie sulla sospensione di J. Robert Oppenheimerdal Comitato consultivo della Commissione dell’energia atomica e non è stato che ieri cheho ricevuto informazioni sufficientemente complete sul caso tali da permettermi di fare undichiarazione pubblica che so avrebbe avuto una certa rilevanza. Grazie alla mia amiciziacon Oppenheimer, credo che alcuni fatti a mia conoscenza diretta possano essere utili alvostro Comitato nel giudizio sulla sua lealtà. Racconto i fatti in questa lettera con lastessa responsabilità sulla loro veridicità come se mi trovassi in una testimonianza giuratadavanti alla corte di un tribunale.

1. Sono stato io il responsabile della nomina di Oppenheimer al compito di organizzarequalunque cosa fosse necessaria alla progettazione della bomba atomica. Questoavveniva verso la fine dell’aprile 1942. (Le date che riporto sono tutte approssimative.Non ho con me i miei appunti su questi argomenti e tutte le mie dichiarazioni si basanosulla mia memoria.) È stato un mese o due dopo che la responsabilità dello sviluppo delprogetto della bomba atomica è stata assegnata al Genio Militare dell’Esercito degli StatiUniti e nel settembre 1942 ho suggerito al generale Groves che Oppenheimer continuassein quella funzione e che la sua responsabilità fosse estesa alla costruzione della bomba.Questa mia opinione era condivisa da altre persone, in particolare dal dottor JamesConant e fu accettata (dal generale Groves, NdA). Ai tempi di Oppenheimer laresponsabilità dello sviluppo atomico era, com’è noto, in mani civili. Dal dottor Conant,che lavorava per l’OSRD (Office of Scientific Research and Development) era arrivato ilcompleto sostegno alla mia proposta con l’impegno di tenerlo informato, tuttavia, su tuttii provvedimenti che venivano presi. Per quanto riguarda la mia responsabilità del“Progetto metallurgico” (nome in codice per il gruppo di scienziati che studiava l’innescodi un processo a catena), era stata creata una divisione del personale che aveva studiatola storia di ogni impiegato per quanto riguarda la sua lealtà. Questa ricerca (e le altremisure di sicurezza) sono proseguite con l’aiuto delle investigazioni dell’FBI. Ma in ognicaso, abbiamo mantenuto nelle nostre mani la responsabilità delle decisioni su ogni caso.

Era stato deciso che il ruolo al quale era stato nominato Oppenheimer fosse non soloun ruolo di importanza essenziale per il successo complessivo del progetto totale, maanche un ruolo per il quale fosse richiesto un altissimo livello di discrezione. Era mio

giudizio che Oppenheimer fosse qualificato per una tale responsabilità meglio di qualsiasialtra persona. Avevamo fatto una ricerca accurata per più di un mese con molti colloquicon i maggiori scienziati. Che Oppenheimer avesse avuto contatti con i comunisti mi eraben noto. Questi contatti, come li ho conosciuti, erano essenzialmente quelli descrittinella sua lettera pubblicata sul New York Times il 13 aprile. Mi ero fatto la convinzioneche, come persona interessata a trovare una soluzione ai problemi del mondo, avessestudiato il comunismo in prima persona per vedere che cosa avrebbe potuto offrire. Ilfatto molto più importante era che fosse già stato disilluso dal comunismo e da quello cheaveva trovato. In una conversazione con lui su un altro argomento, nella primavera del1940, se non sbaglio, mi aveva spiegato i motivi per rifiutare di associarsi aun’organizzazione professionale che aveva avuto alcuni legami con i comunisti.Successivamente, nel 1941, credo, mi aveva detto dei suoi sforzi per persuadere suofratello Frank a dissociarsi dai gruppi comunisti. Se ben ricordo, fu durante le prime nostreconversazioni sul programma atomico, prima che gli proponessi l’accettazione dellaresponsabilità della progettazione della bomba, che Oppenheimer mi disse che stavarompendo completamente ogni rapporto con tutte le organizzazioni che potessero essereritenute sospette di comunismo, affinché potesse essere della massima utilità ai progettiper la guerra. La mia opinione era che una persona che aveva conosciuto il comunismo eche ne aveva conosciuto i difetti, fosse più affidabile di uno che era privo di questicontatti. Ciò era ancora più importante perché risultava evidente che il suo ruolo loavrebbe condotto necessariamente a frequentare molti uomini di origini straniere, fraquelli più competenti nella fisica teorica. Senza l’aiuto di tali personalità la sua operazionenon avrebbe potuto essere compiuta. Un uomo con l’esperienza di Oppenheimer, sia con ipaesi stranieri sia con il comunismo, era nella posizione più favorevole per riconoscerequelli che avrebbero potuto essere leali ad altri Paesi e non agli Stati Uniti e al mondolibero. Il motivo principale per la selezione di Oppenheimer per questo compito era statala sua vigorosa attività nel coinvolgere i fisici teorici al disegno della bomba:Oppenheimer aveva mostrato il maggior entusiasmo nell’iniziativa, era uno dei pochi fisiciamericani per nascita che aveva competenza professionale e aveva dimostrato una certafermezza di carattere. Anche se rimaneva da dimostrare la sua competenzaamministrativa, mi sembrava comunque una competenza promettente. Guardandoindietro a questa scelta, non credo che fosse possibile trovare da nessuna parte un uomomigliore per realizzare questo lavoro unico per gli interessi nazionali.

2. Dopo la fine della guerra, ho discusso con Oppenheimer varie volte se procedere allosviluppo della bomba all’idrogeno. Fu Oppenheimer ad aver attirato la mia attenzione suquesto argomento nell’agosto 1942. Questa ipotesi è stata mantenuta nell’ambito dellamassima segretezza; ma prima che la guerra fosse finita, lo stesso suggerimento erastato fatto spontaneamente da così tante fonti che era evidente che ci sarebbe statopresentato da qualsiasi gruppo che lavorasse seriamente sulle esplosioni nucleari. Inparticolare, era evidente che il principio base della bomba a fusione nucleare sarebbestato conosciuto anche dalla Russia. Subito dopo la guerra la nostra maggiorpreoccupazione era quella di raggiungere un accordo affidabile con l’Unione Sovietica pereliminare le armi nucleari, ma nello stesso tempo avrebbe consentito lo sviluppo

dell’energia nucleare. Durante quel periodo non ci fu offerta un’occasione immediata perla costruzione della bomba a fusione nucleare. La situazione è cambiata quando l’UnioneSovietica ha mostrato una tale riluttanza che nessun accordo sulle armi nucleari sembròpossibile. Allora ci rendemmo conto che l’Unione Sovietica stava lavorando alacremente alproprio sviluppo atomico. Presumibilmente la bomba all’idrogeno alla fine avrebbe fattoparte del loro programma. Ricordo una conversazione con Oppenheimer nel 1947 o nel1948 in cui sostenevo l’inizio di un programma di ricerca e sviluppo attivo verso laproduzione di una bomba all’idrogeno. La mia opinione era che questo sviluppo, se fossestato fisicamente possibile, sicuramente sarebbe avvenuto dopo molti anni ed eraimportante che la disponibilità di questa “super arma” arrivasse per prima nelle nostremani. Ho trovato Oppenheimer riluttante. La sua riluttanza principale era, io credo, dicarattere puramente morale. Nessuna nazione avrebbe dovuto ottenere un potere cheavrebbe potuto essere così distruttivo in termini di vite umane. Anche se un’altra nazioneavesse potuto farlo, la nostra moralità avrebbe dovuto essere superiore.

Noi avremmo dovuto accettare lo svantaggio militare e alzarci in piedi a difesa di unprincipio morale.

Aveva anche altri motivi per essere contrario: il timore di sviluppare antagonismo conaltre nazioni, la possibilità concreta che lo sforzo per generare un’esplosione con lafusione nucleare potesse concretamente fallire, il reale valore militare di una bomba diquel genere. Sperava che non si presentasse nessun bisogno urgente di dover prepararequella bomba. In quella e in altre conversazioni, Oppenheimer si poneva esattamente ledomande che era giusto porsi. Il suo modo di pensare mi sembrava indirizzato soltanto aconsideare cosa sarebbe stato meglio per gli Stati Uniti. Dava per scontato, come peraltro facevo io, che che gli interessi degli Stati Uniti corrispondessero agli interessidell’umanità. Non c’era ombra di sospetto che le sue argomentazioni fossero guidate daun segreto interesse verso l’Unione Sovietica. Sono sicuro che non c’era alcun pensiero diquesto genere nella sua mente. Con l’esplosione in Unione Sovietica della prima bombaatomica nel 1949, la situazione si era modificata drammaticamente. Non ricordo nessunadiscussione di prima mano con Oppenheimer su questo argomento dopo quella data.

3. Conoscendo Robert Oppenheimer dai giorni da lui trascorsi a Göttingen nel 1927,avendo lavorato con lui in modo molto stretto durante gli anni della guerra e restando incontatto con lui occasionalmente da allora, è mia opinione che egli sia totalmente lealeagli interessi degli Stati Uniti e che qualsiasi attività nell’interesse di un Paese straniero ascapito degli Stati Uniti sarebbe completamente ripugnante per lui. È mia opinone cheegli sia totalmente contrario al comunismo e che lo sia stato fin dal 1941.

Con sinceritàVostro Arthur H. Compton

Lettera di risposta di Oppenheimer alla letterasul caso Oppenheimer Da: J. R. Oppenheimera: K. D. Nichols Data: 4 marzo 1954

Nella primavera del 1936 ero stato presentato da amici a Jean Tatlock, la figlia di unprofessore d’inglese conosciuto all’università; in autunno ho cominciato a corteggiarla e cisiamo avvicinati a vicenda. Siamo stati almeno due volte abbastanza vicini a sposarci e apensare a noi stessi come impegnati l’uno con l’altra. Fra il 1939 e il 1944, anno della suamorte, l’ho veduta molto raramente. Mi aveva parlato della sua appartenenza al Partitocomunista; era una relazione che funzionava e non funzionava, non sembrava mai ingrado di offrirle quello che lei stava cercando. Non credo che i suoi interessi fosserorealmente politici. Amava questo paese, la sua gente e la sua vita. Aveva, come poi èrisultato, molti amici che viaggiavano e alcuni che erano comunisti, con un certo numerodei quali anche io poi entrai in contatto. Non vorrei dare l’impressione che era solo acausa di Jean Tatlock che avevo amici di sinistra, o che mi sono sentito solidale con causeche fino ad allora mi sarebbero sembrate molto distanti, come la causa repubblicana inSpagna o quella delle organizzazioni dei lavoratori migranti. Ho accennato ad alcune dellealtre cause alle quali ho contribuito. Mi piaceva questo nuovo senso di solidarietà, allorapensavo che facesse parte della mia vita, dei miei tempi e del mio Paese. Nel 1937 miopadre morì; poco dopo, quando venni in possesso dell’eredità, feci un atto legale peraffidarla all’Università di California per le borse degli studenti appena diplomati della EastBay. Era il periodo che i comunisti poi chiamarono del “Fronte unito”, quando si unironocon molti gruppi non comunisti a sostegno di obiettivi umanitari. Molti di questi obiettiviincontravano il mio interesse. Ho contribuito al fondo per uno dei maggiori scioperi della“Bridges’ Union”; mi sono abbonato al Giornale dei popoli del Mondo. Ho contribuito aivari comitati e organizzazioni creati per aiutare la causa repubblicana in Spagna. Sonostato invitato a contribuire alla fondazione del sindacato degli insegnanti che includevaprofessori di facoltà, assistenti e maestri di scuola della East Coast. Sono stato sceltocome segretario verbalizzante. Il mio collegamento con il sindacato degli insegnanti ècontinuato fino al 1941, quando abbiamo sciolto il nostro gruppo. I miei punti di vista,inoltre, si stavano evolvendo. Anche se il libro di Sidney e Beatrice Webb sulla Russia, cheavevo letto nel 1936, e le conferenze che avevo sentito a quel tempo mi avevanopredisposto ad apprezzare il progresso economico e il livello generale di benessere inRussia, e poco a conoscere la tirannia politica, i miei punti di vista su questo stavanocambiando. Avevo letto delle purghe staliniane e dei processi farsa, comunque mai neidettagli completi, e non potevo non trovare in questi un punto di vista che non fosse unacondanna per l’Unione Sovietica. Nel 1938 ho incontrato tre fisici che realmente avevanovissuto in Russia negli anni Trenta. Tutti erano scienziati eminenti, Placzek, Weisskopf eSchein; con i primi due ero molto amico. I loro racconti mi sembravano così solidi, cosìpoco fanatici, così veri che mi impressionarono molto. Mi presentavano l’Unione Sovietica,

anche se vista dalla loro esperienza limitata, come la terra delle purghe e del terrore,governata da un’amministrazione ridicolmente difettosa e abitata da gente sofferente.Devo dire chiaramente che questo mio cambiamento di opinione sulla Russia, chesarebbe poi stato rinforzato dal patto nazi-sovietico e dal comportamento dell’UnioneSovietica in Polonia e in Finlandia, non ha significato un taglio dei rapporti con coloro cheavevano punti di vista differenti. A quel tempo non avevo completamente capito quelloche con il tempo ho poi avuto modo di comprendere: quanto il Partito comunista inquesto paese fosse completamente sotto il controllo dell’Unione Sovietica. Durante edopo la battaglia di Francia e durante la battaglia d’Inghilterra, l’autunno successivo, misono trovato sempre più in disaccordo con la politica del disimpegno e della neutralità chela stampa comunista sosteneva.

A causa di queste associazioni che ho descritto e dei contributi accennati prima,potrebbe sembrare che a quei tempi io fossi stato abbastanza vicino al Partito comunistae forse qualcuno potrebbe pensare che ne abbia fatto parte. Come ho detto, alcuni deiloro obiettivi mi sembravano auspicabili. Ma non sono mai stato un membro del Partitocomunista. Non ho accettato mai il dogma o la teoria comunista; infatti li ho sempreconsiderati insensati per me. Non ho avuto idee politiche chiaramente formulate. Hosempre odiato la tirannia, la repressione e ogni forma di controllo dittatoriale delpensiero. Nella maggior parte dei casi in quei giorni non sapevo chi facesse parte e chinon facesse parte del Partito comunista. Nessuno mi ha chiesto mai di fare parte delPartito comunista... A proposito del 1943, quando qualcuno dice che io avrei dichiaratoche ho conosciuto parecchi individui a Los Alamos che erano stati membri del Partitocomunista, “ho conosciuto soltanto un membro del Partito comunista: mia moglie, dellacui dissociazione dal partito, della cui integrità e della cui lealtà verso gli Stati Uniti nonho alcun dubbio. Successivamente, nel 1944 o nel 1945, mio fratello Frank, che aveva unlavoro regolare a Berkeley e a Oak Ridge ed è venuto a Los Alamos da Oak Ridge con unpermesso ufficiale. Non ho saputo di nessun tentativo di ottenere informazioni segrete aLos Alamos. Prima del mio trasferimento là, il mio amico Haakon Chevalier con suamoglie sono venuti a trovarci a Eagle Hill, probabilmente all’inizio del 1943. Durantequella visita, lui è entrato in cucina e mi ha detto che George Eltenton aveva parlato conlui della possibilità di trasmissione di informazioni tecniche agli scienziati sovietici. Horeagito in modo duro dicendo che questo mi sembrava terribilmente sbagliato. Ladiscussione terminò subito. Niente nella nostra amicizia di vecchia data mi avrebbeportato a credere che Chevalier realmente stesse raccogliendo informazioni; ed ero sicuroche non aveva idea del lavoro di cui mi occupavo. Per molto tempo mi è stato chiaro cheavrei dovuto segnalare l’avvenimento immediatamente. Gli eventi che mi hanno portato asegnalare questo episodio – che dubito sarebbe mai stato conosciuto senza il miorapporto – erano slegati da questo. Durante l’estate del 1943, il colonnello Landsdale, ilfunzionario dell’intelligence del distretto di Manhattan, è venuto a Los Alamos e mi hadetto che era preoccupato per la situazione della sicurezza a Berkeley a causa delle attivitdella Federazione degli architetti, degli ingegneri, dei chimici e dei tecnici. Questo mi hafatto venire in mente che Eltenton era un membro e probabilmente un promotore delFAECT. Poco tempo dopo mi sono trovato a Berkeley e ho detto al funzionario di sicurezza

che Eltenton avrebbe avuto interesse a compiere attività di spionaggio.44 Quando lui miha chiesto il perché, ho detto che Eltenton aveva tentato, attraverso mediatori, diavvicinarsi al personale del progetto, ma non accennai né a me stesso né a Chevalier.Successivamente, quando il generale Groves mi ha invitato a fornire i particolari, gli horiferito della mia conversazione con Chevalier. Ancora penso a Chevalier come amico...Dalla fine della guerra, quando sono ritornato nella West Coast, fino alla primavera del1947, quando sono andato a Princeton come direttore dell’Istituto per gli studi avanzati,ho potuto passare pochissimo tempo in California a insegnare. Nell’ottobre 1945, surichiesta del ministro della Guerra Patterson, avevo testimoniato davanti al Comitatodella camera per gli affari militari a sostegno della legge May-Johnson, con la quale erod’accordo affinché mettesse in atto al più presto, anche con mezzi provvisori, l’auspicatopassaggio dalla gestione del tempo di guerra del progetto Manhattan all’amministrazionedel dopoguerra della Atomic-Energy Enterprise. Nel dicembre 1945 e successivamentesono stato invitato, su richiesta del senatore McMahon, a una sessione del suo comitatospeciale per l’energia atomica, che stava studiando la legislazione su questo argomento.Nell’ambito della presidenza del dottor Richard Tolman, ho fatto parte del Comitato delgenerale Groves per mettere a punto una politica di segretezza sull’energia atomica. Perdue mesi, all’inizio del 1946, ho lavorato costantemente come membro del gruppo deiconsulenti del Comitato per l’energia atomica presso il segretario di stato, che, con ilComitato del segretario di stato, ha preparato il cosiddetto rapporto Acheson-Lilienthal.Dopo la pubblicazione del rapporto, l’ho sostenuto pubblicamente.

Successivamente, quando il signor Baruch è stato chiamato a rappresentare gli StatiUniti nel Comitato dell’energia atomica delle Nazioni Unite, sono diventato uno deiconsulenti scientifici del signor Baruch e del suo personale per trovare appoggi al pianodegli Stati Uniti. Ho continuato come consulente presso il generale Osborne quando haassunto la direzione del progetto. Alla fine del 1946 sono stato nominato dal presidentemembro del Comitato consultivo generale alla Commissione dell’energia atomica. Allaprima riunione sono stato scelto come presidente e sono stato rieletto fino alla scadenzadel mio termine nel 1952. Questo è stato il mio incarico principale durante questi anni perquanto riguarda il programma dell’energia atomica ed è stata la mia preoccupazioneprincipale oltre al lavoro accademico... I membri iniziali del comitato consultivo generaleerano Conant, allora presidente di Harvard, Du Bridge, presidente dell’Istituto ditecnologia della California, Fermi dell’Università di Chicago, Rabi della ColumbiaUniversity, Rowe, vice presidente della United Fruit Co., Seaborg dell’Università diCalifornia, Cyril Smith dell’Università di Chicago e Worthington della Du Pont Co. Nel 1948Buckley, presidente dei laboratori della Bell Telephone, sostituì Worthington; nell’estatedel 1950, Fermi, Rowe e Seaborg furono sostituiti da Libby della University of Chicago, daMurphree, presidente della Standard Oil Development Co., da Whitman del MassachusettsInstitute of Technology. Smith successivamente si è dimesso ed è stato sostituito da vonNeumann dell’Istituto per gli studi avanzati. Durante questi anni, a partire dall’inizio del1947 fino a metà del 1952, il Comitato si è incontrato circa trenta volte e ha trasmessoforse altrettanti rapporti alla Commissione. La formulazione della politica per l’energiaatomica e l’amministrazione delle tante imprese (collegate, NdA), queste erano le

responsabilità conferite alla Commissione. Il Comitato consultivo generale ha avuto ilruolo, fissato per statuto, di consigliare la Commissione. Nelle nostre capacità abbiamofornito alla Commissione la nostra opinione sulle domande che la Commissione stessa ciha posto e portato alla sua attenzione su nostra iniziativa, le questioni tecniche su attivitàimportanti e incoraggiato e sostenuto il lavoro dei maggiori impianti della Commissione.

Il progetto di superbomba all’idrogeno ha avuto una lunga gestazione che è cominciata,devo dire, con i nostri studi nel 1942 prima che fosse creato Los Alamos e ha continuato aessere oggetto di studio e di ricerca a Los Alamos durante la guerra. Dopo la guerra, lostesso Los Alamos era in difficoltà in attesa di una necessaria legislazione per lacreazione di una Atomic Energy Enterprise. Con la legge McMahon si creava unaCommissione per l’energia atomica e un Comitato generale di consulenza; in quest’ultimoabbiamo avuto occasione, durante le nostre riunioni iniziali nel 1947 così come nel 1948,di affrontare l’argomento della superbomba all’idrogeno. In quel periodo il Comitatoconsultivo generale ha sottolineato la condizione ancora estremamente poco chiara delproblema dal punto di vista tecnico e ha sollecitato l’incoraggiamento di sforzi da parte diLos Alamos, che fino ad allora erano stati orientati verso una modesta esplorazione deisistemi sulla superbomba all’idrogeno e termonucleare. Nessuna polemica seria si èpresentata sulla superbomba fino all’esplosione sovietica di una bomba atomicanell’autunno del 1949.

Poco tempo dopo l’evento, nell’ottobre 1949, la Commissione dell’energia atomica haconvocato una sessione speciale del Comitato consultivo generale e ha chiesto a noi didare pareri e consigli su due domande. La prima: se in considerazione del successosovietico il programma della Commissione fosse adeguato, se non lo fosse, in che sensodovesse essere modificato o migliorato; la seconda: se un programma di emergenza sulprogetto di superbomba (la bomba all’idrogeno) avrebbe dovuto fare parte di qualsiasinuovo programma. Il Comitato ha considerato entrambe le domande, consultando i varifunzionari dei rami civili e militari dei reparti esecutivi che sarebbero stati interessati, eha raggiunto conclusioni che sono state comunicate in un rapporto alla Commissionedell’energia atomica nell’ottobre 1949. Questo rapporto, in risposta alla prima domandache ci era stata posta, suggeriva numerose misure che la Commissione avrebbe dovutoapprontare per aumentare in molti modi il nostro potenziale generale degli armamenti.Quanto alla superbomba in sé, il Comitato consultivo generale dichiarava l’opposizioneunanime a iniziare da parte degli Stati Uniti un programma di emergenza del genere diquello a proposito del quale eravamo stati consultati. Il rapporto di quella riunione e lenote del segretario riflettono i motivi che ci hanno portati a questa conclusione. Leappendici, in particolare, erano dedicate principalmente alla politica e a considerazionipolitiche – il rapporto propriamente detto era essenzialmente tecnico nelle differenzeindicate e nei punti di vista dei membri del comitato. C’erano due appendici, una firmatada Rabi e da Fermi, l’altra da Conant, Du-Bridge, Smith, Rowe, Buckley e me stesso. (Ilnono membro del comitato, Seaborg, in quel periodo era all’estero.) Sarebbe statosorprendente se otto uomini, considerando un problema di difficoltà estrema, avesseroprecisamente gli stessi motivi per la conclusione alla quale erano arrivati. Ma penso che

sia corretto affermare come l’opposizione unanime che abbiamo espresso al programmadi emergenza fosse basata su una convinzione, alla quale hanno contribuitoconsiderazioni tecniche come pure l’altra considerazione che, a causa della nostrasituazione generale in quel momento, un tal programma avrebbe potuto indebolirepiuttosto che rafforzare la posizione degli Stati Uniti.

Dopo che il rapporto fu presentato alla Commissione, ho pensato che toccasse a me,come presidente del Comitato, spiegare la nostra posizione in parecchie occasioni, unavolta a una seduta del Comitato congressuale unito dell’energia atomica. Tutto questo,tuttavia, è avvenuto prima della decisione del presidente di andare avanti con ilprogramma termonucleare.

Questa è la storia completa della mia “opposizione alla bomba all’idrogeno”. Può essereletta nelle annotazioni alla trascrizione della mia testimonianza davanti al Comitatocongressuale unito. È una storia che si è conclusa una volta per tutte quando, nel gennaio1950, il presidente ha annunciato la sua decisione di procedere nel programma. Non hoinvitato mai nessuno a non lavorare al progetto della bomba all’idrogeno. Non ho maidistribuito o fatto distribuire i rapporti del GAC tranne che alla stessa Commissione. Comesempre, era responsabilità della Commissione quella di decidere ulteriori distribuzioni. Inbreve, nell’ottobre 1949, a me e agli altri membri del Comitato consultivo generale sonostate fatte le domande dalla Commissione, alle quali abbiamo avuto il dovere dirispondere e alle quali abbiamo risposto nel modo migliore, alla luce delle prove alloradisponibili... In questa lettera ho scritto soltanto di quelle parti limitate della mia vita cheora sembrano rilevanti alla discussione davanti alla Commissione dell’energia atomica.Per conservare il più possibile la prospettiva della storia, ho affrontato brevemente moltiargomenti. Ho dovuto trattare brevemente o per nulla i casi in cui le miei azioni o i mieipunti di vista erano contrari agli interessi dei sovietici o dei comunisti e delle azioni chetestimoniano la mia devozione alla libertà o che hanno contribuito alla forza, all’influenzao al potere degli Stati Uniti. Nella preparazione di questa lettera ho esaminato duedecenni della mia vita. Ho ricordato i casi in cui mi sono comportato in modo poco saggio.Quello che ho sperato non è di evitare ogni errore, ma di poter imparare da questi. Quelloche ho imparato, penso che mi abbia preparato meglio a servire il mio paese.

Molti distinti saluti,J. Robert Oppenheimer

LETTERA AI GOVERNANTI DEL MONDO DI RUSSELL-EINSTEIN

In considerazione del fatto che in ogni futura guerra mondiale verrebbero certamenteimpiegate armi nucleari e che tali armi mettono in pericolo la continuazione stessadell’esistenza dell’umanità, noi rivolgiamo un pressante appello ai governi di tutto ilmondo affinché si rendano conto e riconoscano pubblicamente che i loro obiettivi nonpossono essere perseguiti mediante una guerra mondiale e li invitiamo, di conseguenza,a cercare mezzi pacifici per la soluzione di tutte le questioni controverse fra loro. Nellatragica situazione cui l’umanità si trova di fronte noi riteniamo che gli scienziati debbanoriunirsi in conferenza per accertare i pericoli determinati dallo sviluppo delle armi didistruzione di massa e per discutere con una risoluzione nello spirito del progettoannesso. Parliamo in questa occasione non come membri di questa o quella Nazione,Continente o Fede, ma come esseri umani, membri della razza umana, la continuazionedell’esistenza della quale è ora in pericolo. Il mondo è pieno di conflitti e al di sopra ditutti i conflitti minori, c’è la lotta titanica tra il comunismo e l’anticomunismo. Quasiognuno che abbia una coscienza politica ha preso fermamente posizione in una o più ditali questioni, ma noi vi chiediamo, se potete, di mettere in disparte tali sentimenti e diconsiderarvi solo come membri di una specie biologica che ha avuto una storiaimportante e della quale nessuno di noi può desiderare la scomparsa. Cercheremo di nondire nemmeno una parola che possa fare appello a un gruppo piuttosto che a un altro.Tutti ugualmente sono in pericolo e se questo pericolo è compreso vi è la speranza chepossa essere collettivamente scongiurato. Dobbiamo imparare a pensare in una nuovamaniera: dobbiamo imparare a chiederci non quali passi possono essere compiuti perdare la vittoria militare al gruppo che preferiamo, perché non vi sono più tali passi; ladomanda che dobbiamo rivolgerci è: “Quali passi possono essere compiuti per impedireuna competizione militare in cui l’esito sarebbe disastroso per tutte le parti?”. L’opinionepubblica e anche molte persone in posizione autorevole non si sono rese conto di qualisarebbero le conseguenze di una guerra con armi nucleari. L’opinione pubblica ancorapensa in termini di distruzione di città. Si sa che le nuove bombe sono più potenti dellevecchie e che mentre una bomba atomica ha potuto distruggere Hiroshima, una bombaall’idrogeno potrebbe distruggere le città più grandi come Londra, New York e Mosca. Èfuori di dubbio che in una guerra con bombe all’idrogeno le grandi città sarebberodistrutte; ma questo è solo uno dei minori disastri cui si andrebbe incontro. Anche setutta la popolazione di Londra, New York e Mosca venisse sterminata, il mondo potrebbenel giro di alcuni secoli riprendersi dal colpo; ma noi ora sappiamo, specialmente dopol’esperimento di Bikini, che le bombe nucleari possono gradatamente diffondere ladistruzione su un’area molto più ampia di quanto non si supponesse. È stato dichiarato dafonte molto autorevole che ora è possibile costruire una bomba 2.500 volte più potente diquella che distrusse Hiroshima. Una bomba all’idrogeno che esploda vicino al suolo osott’acqua invia particelle radioattive negli strati superiori dell’aria. Queste particelle siabbassano gradatamente e raggiungono la superficie della Terra sotto forma di una

polvere o pioggia mortale. Nessuno sa quale grandezza di diffusione possano raggiungerequeste letali particelle radioattive, ma le maggiori autorità sono unanimi nel ritenere cheuna guerra con bombe all’idrogeno potrebbe molto probabilmente porre fine alla razzaumana. Si teme che qualora venissero impiegate molte bombe all’idrogeno, vi sarebbeuna morte universale, immediata solo per una minoranza mentre per la maggioranzasarebbe riservata una lenta tortura di malattie e disintegrazione. Molti ammonimenti sonostati formulati da personalità eminenti della scienza e da autorità della strategia militare.Nessuno di essi dirà che i peggiori risultati sono certi: ciò che essi dicono è che questirisultati sono possibili e che nessuno può essere sicuro che essi non si verificheranno. Nonabbiamo ancora constatato che le vedute degli esperti in materia dipendano in qualsiasimodo dalle loro opinioni politiche e dai loro pregiudizi. Esse dipendono solo, per quantohanno rivelato le nostre ricerche, dall’estensione delle conoscenze particolari del singolo.Abbiamo riscontrato che coloro che più sanno sono i più pessimisti. Questo dunque è ilproblema che vi presentiamo, netto, terribile e inevitabile: dobbiamo porre fine alla razzaumana oppure l’umanità dovrà rinunciare alla guerra? È arduo affrontare questaalternativa poiché è così difficile abolire la guerra. L’abolizione della guerra chiederàspiacevoli limitazioni della sovranità nazionale, ma ciò che forse più che ogni altroelemento ostacola la comprensione della situazione è il fatto che il termine “umanità”appare vago e astratto, gli uomini stentano a rendersi conto che il pericolo è per loro, peri loro figli e i loro nipoti e non solo per una generica e vaga umanità. È difficile far sì chegli uomini si rendano conto che sono loro individualmente e i loro cari in pericoloimminente di una fine tragica. E così sperano che forse si possa consentire che le guerrecontinuino purché siano vietate le armi moderne. Questa speranza è illusoria. Per quantopossano essere raggiunti accordi in tempo di pace per non usare le bombe all’idrogeno,questi accordi non saranno più considerati vincolanti in tempo di guerra ed entrambe leparti si dedicheranno a fabbricare bombe all’idrogeno non appena scoppiata una guerra,perché se una delle parti fabbricasse le bombe e l’altra no, la parte che le ha fabbricaterisulterebbe inevitabilmente vittoriosa. Anche se un accordo per la rinuncia alle arminucleari nel quadro di una riduzione generale degli armamenti non costituirebbe unasoluzione definitiva, esso servirebbe ad alcuni importanti scopi. In primo luogo ogniaccordo fra Est e Ovest è vantaggioso in quanto tende a diminuire la tensioneinternazionale. In secondo luogo l’abolizione delle armi termonucleari, se ognuna delleparti fosse convinta della buona fede dell’altra, diminuirebbe il timore di un attaccoimprovviso del tipo di Pearl Harbour che attualmente tiene entrambe le parti in uno statodi apprensione nervosa. Saluteremo perciò con soddisfazione un tale accordo, anche sesolo come un primo passo. La maggior parte di noi non è di sentimenti neutrali, ma comeesseri umani dobbiamo ricordare che perché le questioni fra Est e Ovest siano decise inmodo da dare qualche soddisfazione a qualcuno, comunista o anticomunista, asiatico,europeo o americano, bianco o nero, tali questioni non devono essere decise con laguerra. Desideriamo che ciò sia ben compreso sia in oriente sia in occidente. Sevogliamo, possiamo avere davanti a noi un continuo progresso in benessere, conoscenzee saggezza. Vogliamo invece scegliere la morte perché non siamo capaci di dimenticare lenostre controversie? Noi rivolgiamo un appello come esseri umani a esseri umani:

ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto. Se sarete capaci di farlo vi è aperta lavia di un nuovo Paradiso, altrimenti è davanti a voi il rischio della morte universale.

Firmatari del manifestoMax BornPercy W. BridgmanAlbert EinsteinLeopold InfeldFrédéric Joliot-CurieHerman J. MullerLinus PaulingCecil F. PowellJoseph RotblatBertrand RussellHideki Yukawa

MEMORANDUM GROVES

Estratto da un memorandum inviato il 30 Ottobre 1943 da James Bryant Conant,presidente del Consiglio nazionale della ricerca per la difesa e da altri due membri delConsiglio, i premi Nobel Arthur. H. Compton e Harold. C. Urey. La missiva partivadall’ufficio del Genio del ministero della guerra degli Stati Uniti, distretto di Manhattan,Oak Ridge Tennessee. Il memorandum era indirizzato al Brigadiere generale L.R. Groves,all’epoca direttore del progetto Manhattan.

Ecco i punti salienti del testo. 1. È accluso [sic] un riassunto del rapporto scritto dai dottori James B. Conant,

presidente, A. H. Compton e H. C. Urey, componenti un sottocomitato, il Comitatoesecutivo S-1 “sull’uso dei materiali radioattivi come arma militare”. Viene raccomandatoche una decisione sia ottenuta da un’Autorità competente che autorizzi il lavorosupplementare pertinente all’uso dei materiali radioattivi affinché questo Paese possaessere pronto per l’uso di tali materiali o essere pronto a difendersi contro l’uso di talimateriali. Viene raccomandato il seguente programma:

a. formazione immediata di un gruppo di studio e ricerca all’Università di Chicago sottola supervisione del Genio militare dell’area. Assegnazione a questo gruppo di individuicompetenti che stiano già lavorando a munizioni che diffondano polvere o liquidi e a testsul campo di sostanze per la guerra chimica, che provengano dal Consiglio di ricerca delladifesa nazionale;

b. assegnazione di un ufficiale competente nell’attività di guerra chimica al Geniomilitare dell’area di Chicago, che entri in familiarità con esso e che lavori al problemagrazie agli studi dell’Università di Chicago. Questo ufficiale dovrebbe avere esperienzanell’uso pratico di armi da guerra al gas;

c. la responsabilità dell’organizzazione di cui sopra sarebbe:(1) sviluppare gli strumenti per il rilevamento e la misura di radiazioni, ampliare le

attuali attrezzature della Victoreen Company e preparare un’ordinazione di prova per glistrumenti di questa azienda;

(2) effettuare studi teorici pertinenti ai metodi, ai mezzi e alle attrezzature per ladiffusione di materiale radioattivo come arma di guerra;

(3) condurre test sul campo in località isolate, come gli impianti di Clinton o di Sanford,usando materiale tracciante non radioattivo;

(4) preparare un manuale d’istruzioni per l’uso di queste armi radioattive o per la difesada queste armi radioattive. Questo manuale sarebbe simile a quello ora usato dal serviziodi guerra chimica per la guerra con i gas.

2. Come strumento di guerra con il gas, il materiale dovrebbe essere frantumato inparticelle di dimensioni microscopiche per formare la polvere e il fumo e dovrebbe esserediffuso da un proiettile sparato da terra, o dai veicoli di terra, o da bombe aeree. In

questa forma sarebbe inalato dalle persone. L’ammontare necessario per provocare lamorte a una persona che lo inala è estremamente piccolo. È stato valutato che unmilionesimo di grammo che venga accumulato nel corpo di una persona sarebbe mortale.Non ci sono metodi di cura conosciuti per questi casi.

Due fattori sembrano aumentare l’efficacia come arma in forma di polvere radioattiva odi fumo. Questi sono:

(1) non può essere rilevata dai cinque sensi;(2) può essere distribuita in forma di fumo o di polvere così sottile che attraverserà

anche un filtro standard di una maschera antigas in quantità abbastanza grandi da essereestremamente dannose.

Un fattore negativo nella sua efficacia come arma è quello che in forma di polvere o difumo il materiale è così finemente polverizzato che si comporta con le stessecaratteristiche di un gas sparso velocemente ed è quindi soggetto a tutti i fattori (quali ilvento) che lavorano in senso contrario al mantenimento di alte concentrazioni per più dialcuni minuti sopra una zona stabilita.

a. Uso possibile da parte del nemico.È ritenuto che la guerra radioattiva possa essere usata dai tedeschi per i seguenti

scopi:(1) rendere le zone evacuate inabitabili;(2) contaminare piccole aree critiche come aeroporti, scali, ferrovie;(3) come gas tossico radioattivo per colpire le truppe;(4) contro le grandi città, per scatenare il panico e colpire le popolazioni civili.Per l’uso in città, viene stimato che le concentrazioni dovrebbero essere estremamente

alte per annullare l’effetto di protezione dei palazzi.I dottori Compton e Urey, due membri del comitato, hanno temuto che il materiale

radioattivo potesse essere utilizzato dai tedeschi contro le Nazioni Unite nell’autunno del1943. Il dottor Conant apparentemente non sembrava essere d’accordo con questaipotesi.

b. Uso possibile da parte degli Stati Uniti.Fa parte delle raccomandazioni di questo sottocomitato che, se le autorità militari

ritenessero che gli Stati Uniti debbano essere pronti a usare armi radioattive nel caso ilnemico le abbia usate per primo, gli studi su questo argomento dovrebbero iniziareimmediatamente.

3. Gli usi militari possibili dei materiali radioattivi sono i seguenti:(1) come agente inquinante del terreno. Per essere usati in questo modo, i materiali

radioattivi verrebbero dispersi sul terreno dalla terra o dall’aria, se il nemico controllasseil territorio. Per rendere impraticabile il terreno all’una o all’altra parte, se non al prezzo diesporre il personale a radiazioni nocive.

Le stime indicano che questi materiali potrebbero essere prodotti dai tedeschi in taliquantità che ogni quattro giorni 2 miglia quadrate di terreno potrebbero esserecontaminate da un’intensità media di radiazioni di 100 roentgen al giorno a una quota ditre piedi (90 cm, NdA) sopra il livello del suolo. L’esposizione giornaliera (100 roentgen

per l’intero corpo) provocherebbe disabilità temporanea, un minor periodo di esposizioneprovocherebbe una disabilità minore, l’esposizione per un’intera settimana provocherebbela morte. Gli effetti su una persona probabilmente non sarebbero immediati, masarebbero ritardati per giorni o forse per settimane secondo l’ammontare dell’esposizione.L’esposizione a cinque-dieci volte la concentrazione descritta renderebbe disabili in unpaio di giorni e, per una durata di esposizione dai tre ai cinque giorni, i danni sarebbromortali.

Le zone contaminate in questo modo da materiale radioattivo rimarrebbero pericolosefino a quando non avvenisse il lento naturale deperimento del materiale, che potrebberichiedere settimane e perfino mesi. Su superfici dure e piane, una certadecontaminazione potrebbe essere compiuta lavandola con acqua, ma per terreni di tipomedio nessun metodo di decontaminazione è conosciuto. Non sembra possibile produrrenessun efficace vestiario per la protezione del personale;

(2) come strumento di guerra con gas. Il materiale sarebbe frantumato in particelle diformato microscopico e verrebbe distribuito da proiettili lanciati da veicoli di terra, daaeroplani, o dalle bombe aeree in forma di polvere o di fumo o disciolto in liquido. Inquesta forma, verrebbe respirato dalle persone. La quantità necessaria a causare lamorte di una persona che inala il materiale è estremamente piccola. Un importoinfinitesimale che si accumula nel corpo di una persona sarebbe mortale in alcuni giorni osettimane a seconda della quantità assorbita e del livello della radioattività. Non ci sonometodi di cura conosciuti che siano efficaci per questo tipo di problemi.

Le zone contaminate in questo modo da polvere e fumi radioattivi rimarrebberopericolose finchè fosse mantenuta un’alta concentrazione del materiale. In queste forme,i materiali hanno le stesse caratteristiche di un gas che si dissipi rapidamente ed èimprobabile che le concentrazioni intense possano restare per più di alcuni minuti soprauna zona data. Tuttavia, possono essere diffuse come polveri fini del terreno dai venti,dal movimento dei veicoli o delle truppe ecc e rimarrebbero come un rischio potenzialeper un lungo periodo.

Questi materiali possono anche essere usati in modo da entrare nel corpo non perinalazione, ma tramite ingestione. Possono essere contaminati i bacini idrici o i pozzi o glialimenti, provocando un effetto simile a quello che deriva dall’inalazione delle polveri odel fumo. Una produzione di quattro giorni potrebbe fornire materiale radioattivo percontaminare un milione di galloni d’acqua, in misura che un quarto di gallone, bevuto ognigiorno, probabilmente provocherebbe la disabilità o la morte nel tempo circa di un mese.

4. Dalle fonti interne.VIE RESPIRATORIE Il dottor Wollan ha valutato che un’accumulazione di un millesimo di

curie di materiale ad alta energia, emettitore di raggi beta, produrrebbe un’esposizione dicirca 100 roentgen al giorno ai polmoni. Purtroppo, non ci sono dati sperimentali suldeposito dei prodotti di fissione né sull’azione dei raggi beta sulle superfici bronchiali ealveolari.

Le particelle più grandi di 1µ [micron] di dimensione è probabile che vengato trattenutenel naso, nella trachea o nei bronchi e poi è probabile che vengano portate con il muco

sulle pareti alla media di mezzo o un centimetro al minuto. Per quelle minori di 1µ[micron] è più probabile che siano depositate negli alveoli in cui rimarrannoindefinitamente o che vengano assorbite nel sistema linfatico o nel sangue. La probabilitàdel deposito delle particelle di polvere in qualsiasi zona nelle vie respiratorie dipende dalritmo respiratorio, dalle dimensioni delle particelle, dalla loro natura fisica e chimica edalla loro concentrazione nell’atmosfera. Quindi la probabilità di un prodotto di fissione dicausare danno ai polmoni dipende dall’insieme di tutti questi fattori.

Mentre sono disponibili soltanto informazioni frammentarie, è ritenuto che il disturbo simanifesti come irritazione bronchiale che si mostra dopo alcune ore o alcuni giorni,secondo la dose. Immediatamente non produce disabilità tranne che per dosi nelle areeprossime a 400 o più roentgen al giorno. L’effetto più serio sarebbe un danno permanenteche si manifesta dopo mesi, causato dalla continua irradiazione delle particelle ingeriteanche se l’irradiazione è lenta. Sembra che i gas chimici possano colpire meglio e piùrapidamente per quanto riguarda le superfici della pelle e i polmoni. I raggi che emettonoradiazioni beta, invece, avrebbero effetti più permanenti che si manifestano mesi dopol’esposizione.

TRATTO GASTROINTESTINALE I prodotti di fissione che emettono radiazioni beta potrebberoessere introdotti nel tratto gastrointestinale da acque contaminate, da alimenti, odall’aria. Dall’aria entrerebbero nel muco del naso, poi nella gola e nei bronchi ecc, everrebbero inghiottiti. Gli effetti sarebbero quelli di una irritazione localizzata, come neibronchi, e sarebbe necessaria un’esposizione alla stessa quantità come nei bronchi. Lostomaco, l’intestino cieco e il retto, dove le sostanze rimangono più a lungo che innessuna altra parte, sarebbero le aeree più probabili a essere influenzate. È prevedibileche potrebbero essere prodotte ulcere e perforazioni dell’intestino, in seguito anche lamorte, anche senza che vengano mostrati i tipici effetti generali delle radiazioni.

CIRCOLAZIONE SANGUIGNA E TESSUTI I prodotti di fissione emettitori di raggi gamma possonoessere assorbiti dai polmoni o dal tratto gastrointestinale e confluire nel sangue in mododa distribuirsi in tutto il corpo.

Questo documento contiene informazioni che interessano la difesa nazionale degli StatiUniti nei termini della Legge sullo spionaggio, U.S.C. 50:31 e 32. La trasmissione o larivelazione delle informazioni in esso contenute in qualsiasi modo a una persona nonautorizzata è proibito dalla legge.

COMMISSIONE DI INCHIESTA PARLAMENTARESULL’URANIO IMPOVERITO.RISULTATI DELL’ESPERIMENTO REALIZZATO A NASSIRYA SUI MATERIALI TROVATI SUL LUOGO DELL’ESPLOSIONEDEI COSIDDETTI ORDIGNI ALL’URANIO IMPOVERITO

1. PremessaAllo scopo di integrare i dati scientifici ed empirici a disposizione e di valutare la fattibilitàdi future rilevazioni in merito alle conseguenze ambientali dell’impiego di proiettili dotatidi uranio impoverito, la Commissione ha affidato a due qualificati centri di ricerca larealizzazione di altrettanti studi di carattere tecnico-scientifico, dei quali si dà brevementeconto qui di seguito (un documento di sintesi del primo e il Rapporto conclusivo delsecondo sono pubblicati, rispettivamente, quali allegati 2 e 3 alla presente Relazione).

2. Indagine volta a identificare l’inquinamento e la formazione di particolato ultrafinedopo un’esplosione in un “fornello” (rilevazione, nella specie, effettuata in Iraq).Nell’ambito dello studio in parola sono stati effettuati dei prelievi di particolato“neocreato” nelle adiacenze di un cosiddetto “fornello”, in Iraq, località An Nassirya(Tallil), ove sono state fatte detonare 200 kg di bombe ad alto potenziale. I prelievi sonostati effettuati a tre diverse distanze dal luogo della detonazione, rispettivamente a 100,200 e 300 metri.

Il campione prelevato a 100 metri di distanza ha evidenziato una rilevante presenza dipolveri con diametro da 150 a 0,1 micron, caratterizzate dalla composizione chimicamolto varia e inusuale. Oltre a composti a base di stronzio, carbonio, zolfo, ferro, silicio,piombo, silicio-zirconio, sono state rinvenute particelle a base di oro e di argento emercurio anche in scala nanometrica e aggregata.

L’analisi del campione prelevato a 200 metri di distanza dal luogo di detonazione(“fornello”) ha evidenziato la presenza di composti chimici simili a quelli testé richiamati,rilevati nel campione a 100 metri, a base di ferro, di piombo, di silicio e zirconio. Vieneidentificato inoltre particolato in media più piccolo, che va da 80 fino a 0,1 micron con leseguenti chimiche: a base di rame, di cadmio e di nichel, e vengono anche evidenziatesferule micro e nanometriche.

L’analisi del campione prelevato a 300 metri di distanza dal luogo di detonazione haevidenziato infine la presenza di particelle più piccole (le dimensioni vanno da 50 microna 1 micron) e più rade.

Non si sono trovate però particelle nanometriche; sono presenti detriti.[...]

Si può concludere che durante un’esplosione di bombe ad alto potenziale, come quelleall’uranio impoverito o al tungsteno, oppure di un accumulo di bombe, si innesca unatemperatura più o meno alta e si possono creare polveri – con una composizione chimica“NUOVA” dipendente dal materiale esistente nel punto di esplosione – che hanno anchedimensione nanometrica.

[...]

La presenza di elevate concentrazioni di nanoparticelle nelle aree adiacenti ai “fornelli”oggetto delle misurazioni testé descritte andrà ovviamente sottoposta a ulteriori verificheda parte delle pertinenti istanze tecnico-scientifiche.

Sin d’ora appare però doveroso sottolineare l’opportunità di un impegno dei Comandimilitari affinché il personale impegnato nelle attività testé indicate sia sempre munito diidonei dispositivi di protezione (tuta, maschera, guanti e occhiali).

NOTE

1 Il National Research Defence Council era l’organismo che aveva il compito di “indirizzare” la ricerca scientifica per conto delPentagono.2 Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba, film girato nel 1964 da StanleyKubrick e tratto dal romanzo Red Alert di Peter George. L’attore principale è Peter Sellers che interpreta tre personaggi.3 Durante la fusione calda di due nuclei di deuterio si ottengono i seguenti prodotti di risulta: a) nel 50% dei casi: neutrone+ elio 3; b) nell’altro 50% si ottiene: protone + trizio; c) vi è un terzo caso rarissimo, circa una volta su un milione, in cui siottiene elio 4 + un raggio gamma. Invece, la fusione fredda di due nuclei di deuterio produce, nella quasi totalità dei casi,elio 4 + calore.4 Il Commissario della Cea, René Pellat, che ha incontrato il gruppo dell’ENEA, muore due settimane più tardi mentre nuotaal largo della costa della Bretagna.5 A questo proposito, è opportuno leggere le tre lettere sul caso Oppenheimer pubblicate in coda al romanzo.6 G. Herken, Brotherhood of the bomb: the tangled lives and loyalties of Robert Oppenheimer, Ernest Lawrence, andEdward Teller (Henry Holt, New York 2002: Fermi p. 25, Ulam p. 137).7 Stix, Gary (October 1999). Infamy and honor at the Atomic Café: Edward Teller has no regrets about his contentiouscareer, Scientific American: 42–43.8 Dalla trascrizione dell’Oppenheimer case, USA Atomic Energy Commission.9 The Work of Many People, pubblicato in Science Magazine nel febbraio 1955.10 Stix, Gary (October 1999). Infamy and honor at the Atomic Café: Edward Teller has no regrets about his contentiouscareer. Scientific American: 42–43.11 Progetto “Chariot”.12 Per estensione, si potrebbe analizzare come i materiali ceramici possono ospitare l’idrogeno.13 Viene definito ione una molecola o un atomo che venga caricato elettricamente perché ha perso o guadagnato uno o piùelettroni rispetto all’atomo neutro. La ionizzazione viene eseguita solitamente attraverso l’applicazione di alta energia agliatomi, in forma di potenziale elettrico o radiazione.14 Immaginate l’atomo come formato da tre tipi di sfere. Le rosse, con carica negativa, sono gli elettroni che girano intornoal nucleo, formato da altri due tipi di sfere, quelle nere, con carica positiva (protoni), e le sfere grigie, prive di carica(neutroni). Un isotopo è un atomo di uno stesso elemento chimico, con lo stesso numero di sfere nere e rosse, protoni edelettroni (numero atomico), ma con un diverso numero di sfere grigie (neutroni), quindi con un diverso numero di massa.Alcuni isotopi sono radioattivi, cioè sono instabili anche se spesso hanno un tempo di decadimento estremamente lungo.15 LENR, Low Energy Nuclear Reaction.16 La cui molecola è costituita da un atomo di ossigeno e da due atomi di deuterio, un isotopo dell’idrogeno il cui nucleo èformato da un protone e un neutrone. Viene chiamata “acqua pesante” proprio per questi due neutroni in più.17 Il processo veniva aiutato da particolari particelle simili agli elettroni, i muoni.18 Scienziato che aveva in precedenza lavorato a lungo al progetto “guerre stellari” voluto da Ronald Reagan.19 Il processo scoperto era in sintesi il seguente: attraverso un processo elettrolitico, una quantità di deuterio, eccedente dimolto le quantità usualmente prese in considerazione dagli elettrochimici, veniva immessa all’interno del palladio. Dopo untempo di caricamento di almeno quattro settimane, comparivano quantità anomale di energia compatibili con un processonucleare e incompatibili con un processo chimico. Infatti, l’energia prodotta era dell’ordine di centinaia di elettronvolt peratomo di palladio, mentre gli usuali processi chimici raggiungono al più qualche decina di elettronvolt.20 I processi di fusione nucleare calda implicano che alla fine si verifichino le seguenti possibilità: 1) presenza di un nucleo di

trizio (formato da un protone e 2 neutroni) e di un protone; 2) presenza di un nucleo di elio 3 (formato da 2 protoni e unneutrone) e di un neutrone; 3) presenza di un fotone gamma, con la probabilità di una su un milione. Le misure riportateda Fleischmann e Pons rivelavano invece la presenza di neutroni o di trizio o di fotoni gamma in quantità infinitesime rispettoa un processo analogo a quello della fusione calda. Gli stessi autori nell’articolo pubblicato sul Journal of ElectroanalyticalChemistry affermano quindi che il processo da essi scoperto implicava una modalità profondamente diversa dalla fusionecalda per cui il prodotto finale della reazione, a parte l’energia, non poteva essere altro che elio 4 (2 protoni e 2 neutroni)che però non erano in grado di misurare per la mancanza degli strumenti necessari. Pertanto essi affermavano che lemisure di prodotti finali di reazione da essi riportate indicavano proprio che quei prodotti presenti solo in tracce non eranoaffatto il prodotto principale della reazione. Invece, le critiche sollevate vertevano sulla discutibilità della presenza di queiprodotti di reazione, supponendo che Fleischmann e Pons li avessero considerati come prova del carattere nucleare delprocesso.21 Trovando la soglia del caricamento attorno a un numero di nuclei di deuterio uguale al numero di nuclei di palladio.22 Eugene Mallove, caporedattore scientifico dell’ufficio stampa del MIT, nel 1991 si rese conto che la relazione del CentroRicerche sui Plasmi del MIT nel 1989, nella quale venivano illustrati i dati sulla fusione fredda, mostrava alcuni grafici con assispostati appositamente in modo da alterare i risultati. E non si trattava di una pubblicazione ininfluente, tanto che svolse unimportante ruolo nella denigrazione della fusione fredda. Mallove era convinto che ci fosse un forte interesse nel denigrare lafusione fredda perché questa avrebbe deviato molti dei finanziamenti che i grandi centri di ricerca universitari stavanoottenendo per gli studi sulla fusione calda.23 Nel 1992, gli esperimenti vennero effettuati con leghe di palladio-boro, tutti con esito positivo.24 Su richiesta di alcuni accademici e ricercatori che mostrarono, durante la conferenza internazionale sulla fusione fredda,tenutasi a Boston nell’agosto 2003, i risultati positivi ottenuti.25 Venne stesa una relazione finale dal titolo “New Physical Effects in Metal Deuterides”.26 Laureato al MIT in ingegneria aeronautica e a Harvard in scienze ambientali, ha lavorato per i laboratori di ricerca dellaHughes, per l’Analytich Science Corporation e per lo stesso MIT.27 Autore del libro Fire from Ice: Searching for the Truth Behind the Cold Fusion Furor, è stato molto attivo, sia comegiornalista scientifico, ad esempio scriveva regolarmente per Infinite energy, sia come esperto (veniva intervistatoregolarmente nel programma americano Coast to Coast). Fece anche il consulente per la sceneggiatura del film The Saint,la cui sceneggiatura raccontava anche di certe formule sulla fusione fredda.28 Il professore René Pellat, direttore del Centro Nazionale di Studi Spaziali Francese e alto Commissario all’Energia AtomicaFrancese, morto a causa di disturbi cardiaci mentre nuotava il 4 agosto 2003 a Royan.29 Desert News, 25 marzo 1989.30 Quando la Commissione parlamentare che indagava sull’uranio impoverito decise di far esplodere a Nassirya in Iraq, inun cosiddetto “fornello”, 200 kg di bombe ad alto potenziale all’uranio impoverito e al tungsteno, per studiare gli elementichimici presenti dopo l’esplosione, trovò, come viene raccontato nella relazione finale, polveri con una composizione chimica“nuova” rispetto al materiale presente nel fornello, ma aggiunsero nella relazione “dipendente dal materiale esistente nelpunto di esplosione”. Era una parafrasi non particolarmente riuscita per affermare che si trattava di elementi di fissione delmateriale che vi si trovava in precedenza. Vi trovarono anche lo stronzio, elemento derivante dalla fissione dell’uranio.31 Convenzione dell’Aia sulla Proibizione delle armi a gas del 29 luglio 1899, non firmata dagli Stati Uniti.32 Vedi il testo del manifesto Russell-Einstein ai governanti del mondo, riportato alla fine del libro nella sezione “Materiali”.33 Uranium appauvri, la guerre invisible, Edition Robert Laffont Paris, (Depleted Uranium: The Invisible War), scritto da tregiornalisti: il francese Martin Meissonnier, lo svizzero Frederic Loore e l’americano Roger Trilling.34 X. Z. Li, Y. J. Yan, J. Tian, M. Y. Mei, Y. Deng, W. Z. Yu, G. Y. Tang, D. X. Cao, A. De Ninno: NuclearTransmutations in Pd Deuteride , pubblicato alle pagine 123-128 nel volume degli Atti della VIII Conferenza Annuale sullaFusione Fredda, edito nel 2001 dalla Società Italiana di Fisica.35Presumibilmente con questa espressione gergale il professor Fleischmann intende un fenomeno consistente nellasequenza di due processi di cui il primo è l’innesco del secondo; ad esempio fissione, fusione.36 L’azienda di ricerca in Europa si chiamava Technova, poi rinominata IMRA-EUROPE.37 Camera toroidale magnetica, reattore di un processo di fusione calda.38 Vedi http://en.wikipedia.org/wiki/Richter_magnitude_scale.39 Si legga in particolare l’articolo di Voeikov pubblicato nel numero di settembre-dicembre 2009 sulla rivista La MedicinaBiologica.

40 L’indovinello, abbastanza conosciuto, è stato analizzato anche da Jacques Lacan nel saggio Il tempo logico e l’asserzionedi certezza anticipata (in Jacques Lacan, Scritti) che però non è così disinvolto nella spiegazione come Kurt Grass.41 Relazione sulle risultanze delle indagini svolte dalla Commissione, relatore senatore Paolo Franco, approvata nella sedutadel 1º marzo 2006.42 «Si può concludere che durante un’esplosione di bombe ad alto potenziale, come quelle all’uranio impoverito o altungsteno, oppure di un accumulo di bombe, si innesca una temperatura più o meno alta e si possono creare polveri – conuna composizione chimica “nuova” dipendente dal materiale esistente nel punto di esplosione – che hanno anchedimensione nanometrica».43 T ime online, Laura Fitzpatrick. In maggio, una spedizione insolita ha fatto rotta dal Kuwait a Idaho: 6.700 tonnellate disabbia radioattiva. Il carico, contaminato dalle tracce di uranio impoverito, dai veicoli militari e dalle munizioni che hannopreso fuoco durante la prima guerra del Golfo, è stato estratto da una base dell’esercito degli Stati Uniti ed è stato portatoa una discarica di rifiuti pericolosi, 70 miglia a sudest di Boise. E questa non è la prima spedizione: un anno prima, la societàAmerican Ecology Corp. ha trasportato i materiali pericolosi dalle basi militari degli Stati Uniti oltremare in alcune discarichenell’Idaho, nel Nevada e nel Texas. “Come potete immaginare” ha spiegato ad Associated Press un portavoce dell’azienda,apparentemente senza ironia, “i paesi che ospitano quelle basi non vogliono le discariche nella loro terra”.44 La forma utilizzata è bear watching (osservare gli orsi): espressione convenzionale per “spiare”.