Il San Pedro

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7/30/2019 Il San Pedro http://slidepdf.com/reader/full/il-san-pedro 1/51 Il San Pedro Scritto da Giorgio Samorini http://samorini.it/ L’uso tradizionale del cactus del San Pedro The traditional use of the San Pedro cactus  Parte superiore di Echinopsis (Trichocereus) pachanoi (“San Pedro”) Con il nome di San Pedro vengono denominate alcune specie allucinogene di cactus colonnari di grosse dimensioni del genere Echinopsis (Trichocereus ) che crescono lungo la cordigliera andina (in particolare Echinopsis pachanoi ed E. peruvianus; si veda Il complesso etnobotanico del San Pedro). L’uso tradizionale del San Pedro si estende attualmente dall’area andina del Peru settentrionale sino a raggiungere, verso sud, la regione di Cuzco. Nei tempi passati era diffuso anche nelle Ande dell’Ecuador meridionale e la documentazione archeologica ha evidenziato un suo utilizzo presso numerose popolazioni pre-incaiche peruviane (si veda Archeologia del San Pedro). Cima di un cactus Echinopsis (Trichocereus) peruvianus a sei coste I cactus di San Pedro variano nel numero di coste longitudinali di cui sono costituiti. I curandero  preferiscono utilizzare quelli con sette coste. Quelli con quattro coste, alquanto rari, sono molto apprezzati per il loro particolare potenziale curativo, essendo in relazione con i quattro punti cardinali e i quattro venti. Nella regione andina del Peru settentrionale v’è la credenza che maggior numero di coste sia indice di una maggior potenza del cactus ed è diffusa una leggenda che nei tempi delle origini il numero di coste fu ridotto dalla divinità (si veda La riduzione del potere del San Pedro). Oggigiorno i curandero ritengono che chi trova un San Pedro con quattro coste sia destinato a diventare uno sciamano (Polia Meconi, 1996, I: 291).

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Il San PedroScritto da Giorgio Samorini http://samorini.it/

L’uso tradizionale del cactus del San Pedro

The traditional use of the San Pedro cactus 

Parte superiore di Echinopsis (Trichocereus) pachanoi (“San Pedro”)

Con il nome di San Pedro vengono denominate alcune specie allucinogene di cactus colonnari digrosse dimensioni del genere Echinopsis (Trichocereus) che crescono lungo la cordigliera andina(in particolare Echinopsis pachanoi ed E. peruvianus; si veda Il complesso etnobotanico del SanPedro).

L’uso tradizionale del San Pedro si estende attualmente dall’area andina del Peru settentrionale sinoa raggiungere, verso sud, la regione di Cuzco. Nei tempi passati era diffuso anche nelle Andedell’Ecuador meridionale e la documentazione archeologica ha evidenziato un suo utilizzo pressonumerose popolazioni pre-incaiche peruviane (si veda Archeologia del San Pedro).

Cima di un cactus Echinopsis (Trichocereus) peruvianus a sei coste

I cactus di San Pedro variano nel numero di coste longitudinali di cui sono costituiti. I curandero preferiscono utilizzare quelli con sette coste. Quelli con quattro coste, alquanto rari, sono moltoapprezzati per il loro particolare potenziale curativo, essendo in relazione con i quattro punticardinali e i quattro venti. Nella regione andina del Peru settentrionale v’è la credenza che maggior numero di coste sia indice di una maggior potenza del cactus ed è diffusa una leggenda che nei

tempi delle origini il numero di coste fu ridotto dalla divinità (si veda La riduzione del potere delSan Pedro). Oggigiorno i curandero ritengono che chi trova un San Pedro con quattro coste siadestinato a diventare uno sciamano (Polia Meconi, 1996, I: 291).

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I curanderos delle Ande nord-peruviane, nella maggior parte mestizo, si chiamano anche maestrose, nella regione di Huancabamba, artesanos, e svolgono diversi riti magici e di cura, di cui il piùnoto è la mesada, nel corso della quale viene assunto da tutti i presenti il San Pedro (si veda Lamesada col San Pedro ). In base al loro sistema di credenze religiose, nel cactus del San Pedroesisterebbe una entità mitica, chiamata “virtud ”, “ poder ” o “espíritu”, che induce le visioniconseguenti alla sua ingestione e guida lo sciamano nella loro corretta interpretazione. Durante

l’esperienza con il cactus la sombra del curandero – che non equivale al concetto cristiano di anima, bensì trattasi maggiormente della “controparte spirituale” di un individuo – si stacca dal corpo e puòeffettuare viaggi extracorporei per cercare oggetti o persone perdute o nascoste, per recuperare la

 sombra dei suoi pazienti, o anche per captare avvenimenti futuri, poiché l’uscita dal corporappresenta contemporaneamente un’uscita dal tempo (Polia Meconi, 1996, I: 305).

A parte i primissimi riferimenti letterari sull’uso del San Pedro che si incontrano presso i primicronisti occidentali (si veda Il San Pedro nei documenti storici), i primi studi moderni datano aglianni 1940-50 e sono distorti dal taglio psichiatrico con cui sono stati sviluppati; è sufficienteosservare il modo con cui i curandero vengono interpretati come “depravati sessuali” o “soggetticon anormalità mentali” e come questi “soffrono di alterazioni del loro potere mentale”, per 

comprenderne l’approccio forzatamente patologico al fenomeno del curanderismo. Inoltre, in questistudi è presente una notevole confusione dal punto di vista etnobotanico, riportando nomivernacolari e specie botaniche in maniera errata.1 Per studi maggiormente obiettivi si dovràattendere la seconda metà del XX secolo, con i lavori di Mario Polia Meconi, Bonnie Glass-Coffin,Douglas Sharon, Donald Joralemon, ecc.2 Fra questi studi, di notevole valore sono quelli intrapresida alcuni italiani, in particolare – per gli aspetti antropologici – Mario Polia Meconi, e – per gliaspetti etnobotanici ed etnofarmacologici – l’equipe guidata da Vincenzo De Feo, dell’UniversitàFederico II di Napoli.

Questo studio è sviluppato nelle seguente sezioni:

Il San Pedro nei documenti storici

Il Complesso etnobotanico del San PedroLa mesada col San Pedro

Donne e San Pedro

Archeologia del San Pedro

Chiocciole e San Pedro

Racconti divinatori sul San Pedro

Il San Pedro e San Cipriano

La leggendaria riduzione del potere del San Pedro

Bibliografia generale sull’uso tradizionale del San Pedro

 

 Note

1 – Nello specifico Cruz Sánchez, 1951 e Gutiérrez-Noriega, 1950; si vedano anche Cruz Sánchez,1948 e Guttiérrez-Noriega & Cruz Sánchez, 1947; in questi lavori il Trichocereus ( Echinopsis)

 pachanoi viene erroneamente identificato come Opuntia cylindrica.

2 – Si veda Bibliografia sull’uso tradizionale del San Pedro.

 

CRUZ-SÁNCHEZ GUILLERMO, 1948, Farmacología de la Opuntia cylindrica, Revista de

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 Farmacología y Medicina Experimental , vol. 1, pp. 143-168.

CRUZ-SÁNCHEZ GUILLERMO, 1951, Estudio folklorico de algunas plantas medicamentosa ytóxicas de la región Norte del Perú,  Revista de Medicina Experimental , vol. 8, pp. 159-166.

GUTTIÉRREZ-NORIEGA CARLOS, 1950, Area de mescalinismo en el Perú, América Indígena,vol. 10(3), pp. 215-220.

GUTTIÉRREZ-NORIEGA CARLOS & GUILLERMO CRUZ-SÁNCHEZ, 1947, Alteracionesmentales producidas por la Opuntia cylindrica, Revista de Neuro-Psiquitría, vol. 10, pp. 422-482.

POLIA MECONI MARIO, 1996, “ Despierta, remedio, cuenta…”: adivinos y médicos del Ande, 2voll., Fondo Editorial de la Pontificia Universidad Católica del Perú, Lima.

Il San Pedro nei documenti storici

The San Pedro in the historical documents 

Il cactus allucinogeno del San Pedro (identificabile nelle due specie Echinopsis [Trichocereus] pachanoi ed E. peruvianus) è usato tradizionalmente nell’area andina, in particolare in Perù, sin daitempi antichi (si veda L’uso tradizionale del cactus del San Pedro). Si ha notizia che, durante il

 periodo coloniale, veniva chiamato con i termini achuma, gigantón, aguacolla.

Il termine achuma sembra apparire per la prima volta nel vocabolario castigliano-aymara stilato dalgesuita italiano Ludovico Bertonio e pubblicato nel 1612. La lingua aymara viene parlata da

 popolazioni tribali che vivono ai confini fra Bolivia, Cile e Argentina. Nel settore aymara-castigliano del vocabolario (seconda parte, p. 7) troviamo: “Achuma = grande cactus e una bevandache fa perdere il giudizio per un poco di tempo”. Nel settore castigliano-ayamara, la voce “cardos

grandes” (“cactus grandi”) è tradotto con “Achuma” (prima parte, p.5). Il termine achuma indicavaquindi sia una pianta che un elaborato umano inebriante della pianta.

Prosegendo in senso cronologico, nel 1617 si trova un riferimento all’achuma in un documentogesuita, nello specifico una “Lettera Peruviana” degli Archivi Romani della Compagnia di Gesù,relativa alla provincia di Cajatambo. Nel testo si trova un’interessante associazione del cactus con ilfulmine, che tuttavia sembra essere un caso isolato sia nella documentazione storica che in quellaetnografica moderna:

“Essi adorano l’achuma come un dio, persuasi che Santiago (come chiamavano il fulmine) vi fossenascosto dentro. Essi vi danzavano difronte, gli offrivano delle monete e altri doni, e poi sicomunicavano bevendo questa medesima achuma che faceva perdere loro i sensi. In tal modo

avevano delle estasi e delle visioni, il demone appariva loro sotto forma di fulmine. Se sapevanocome prenderlo, il demonio, nella sua pretesa, mostrava loro dei giardini, dei fiori e delle cosegioiose, altrimenti dei defunti sdraiati, degli impiccati, e delle cose tristi … A un indiano fra gli altri,che il demonio aveva ingannato, era apparsa la figura dell’apostolo Santiago a cavallo portante leinsegne del suo ordine”1

 Nel 1629 è presente un riferimento all’achuma in un editto inquisitoriale di Lima, con uninteressante riferimento esplicito del suo uso per scopi divinatori da parte di certe donne; un datoche dimostra la continuità dell’impiego curanderile femminile del San Pedro (si veda Donne e SanPedro):

“Molte persone, specialmente donne facili e date a superstizioni, con la più grave offesa al nostro

Signore, non dubitano di dare, o una certa maniera di adorazione al Demonio, con lo scopo diconoscere sulle cose che desiderano … altre volte vanno nel campo di giorno e fuori orario nellanotte, e prendono certe bevande di erbe e radici, chiamate l’achuma e il chamico [Datura], e la coca

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con le quali si ingannano e intorpidiscono i sensi, e [con] le illusioni e rappresentazioni fantasticheche lì hanno, giudicano e dicono pubblicamente dopo per rivelazione, o notizia certa di ciò che deveaccadere”.2

Feldman Gracia (2006: 23) ha individuato un riferimento al San Pedro, sotto il termine chuma, neltesto del monaco carmelitano spagnolo Antonio Vázquez de Espinosa, Compendio y descripción delas Indias Occidentales, datato ai primi decenni del XVII secolo e proveniente da Chuquisaca, in

 provincia di Charcas:

“La chuma, che sono alcuni cactus spinosi arrostiti in fette e posti sulla parte dolorante della goza3 allieva il dolore e lo toglie; del succo di questa erba usano gli indios superstiziosamente bevendola, con il che perdono il senso e dicono che vedono ciò che vogliono”.

 Nel 1631, il padre gesuita italiano Joan Anello Oliva descrisse l’uso dell’achuma da parte dei capiindigeni per divinizzare sulle intenzioni degli altri capi:

“Concluderò con una idolatria infernale che ancora oggi dura ed è molto introdotta e usata fra loro efra i principali cacique e curaca [capi] di questa nazione ed è che per conoscere la buona o cattivavolontà che hanno gli uni nei confronti degli altri bevono una bevanda che chiamano Achuma, che è

un’acqua che fanno dalla linfa di alcuni cactus grossi4 e lisci che coltivano nelle valli calde, la bevono con grandi cerimonie e canti, e poiché è molto forte, dopo coloro che lo hanno bevuto perdono il giudizio e restano privi dei sensi, e vedono visioni che il Demonio gli rappresenta e in base a queste giudicano i loro sospetti e le intenzioni degli altri”.5

 Nel 1635-36, si ritrova nuovamente un accenno all’achuma fra i documenti romani dei Gesuitirelativi alla regione di Cuzco:

“Si sono ridotti all’obbedienza alcuni idolatri facendo loro abiurare le loro idolatrie. In particolare siè predicato contro una bevanda chiamata Achuma che li priva del giudizio e la prendevano per vedere il Demonio e altre visioni e superstizioni che in quella si erano mescolate”.6

 Nel 1653, il padre gesuita spagnolo Bernabé Cobo descrisse l’uso dell’achuma – in particolare per le sue proprietà medicinali -,e dal tipo di effetti riportati parrebbe trattarsi della pozione col SanPedro al quale viene aggiunta la misha ( Brugmansia sp.). A questa pianta il gesuita dedica uncapitoletto titolato “Della achuma”:

“La achuma è una certa specie di cardón del tipo del secondo genere; è alto uno stadio e a volte di più; è grosso come un piede, quadrato e di colore dell’aloe; produce dei pitahayas [frutti] piccoli edolci. E’ questa una pianta con la quale il demonio ingannava gli indios del Peru nel loro

 paganesimo, che utilizzavano per le loro bugie e superstizioni. Bevuto il suo succo, fa perdere lacoscienza in modo tale che restano come morti; e si è perfino visto alcuni morire per il granraffreddamento del cervello. Trasportati da questa bevanda, gli indios sognavano mille assurdità ecredevano fossero vere. E’ di temperamento freddo nel terzo grado e umido nel secondo.

Utilizzavano il suo succo per proteggersi contro le intemperie calde, contro le bruciature dei reni, e bevuto in piccole quantità era consigliato contro le febbri lunghe, l’ittero e le bruciature delle urine”(Cobo, V,VII).

Mulvany (1994) ha evidenziato riferimenti all’achuma in altri due scritti del XVII e XVIII secolo,che hanno pressoché ricopiato quanto detto in merito da Cobo. Nel primo di questi, scritto da uncerto “David F. e Manuel F. Sapahaqui”, viene aggiunta la notizia che nella lingua ayamaral’achuma è chiamata con due differenti nomi, cusa cusa nel caso che sia dotato di spine, e asañoquando è privo di spine;7 una differenziazione che probabilmente riguarda una differenza di specie,la prima potendo trattarsi dell’ Echinopsis peruvianus e la seconda essendo il San Pedro vero e

 proprio, l’ Echinopsis pachanoi, entrambi dotati di proprietà psicoattive (si veda Il Complesso

etnobotanico del San Pedro).Glass-Coffin (1998: 19) ha incontrato un documento negli Archivi Arcivescovili della Diocesi diTrujillo e datato al 1768, in cui è fatta menzione al “gigantes” (San Pedro). Si tratta di un atto

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d’accusa di idolatria nei confronti di un indio di nome Marcos Marcelo, nato nei dintorni diChiclayo, e dove l’atto idolatrico risiedeva proprio nella preparazione e assunzione della bevandaallucinogena. Il testimone chiamato a depositare rilasciò la seguente affermazione:

“Egli disse che quando una persona malata, ritenendo di essere stata vittima di una stregoneria,sollecitava il Dichiarante [il curandero Marcos Marcelo] con lo scopo di farsi curare da questo, egli

 per prima cosa cucinava un’erba che aveva sempre con se; che si chiama Gigantes; che solitamentesi trova sui pendii montani, e che egli beveva il succo di quest’erba, ben cotta, con il qualeraggiungeva la piena consapevolezza e vedeva palesemente con i suoi occhi il malefizio della

 persona malata, e se aveva una rana, un serpente o altro animale negli intestini, e che con questasicura conoscenza dava alla persona malata la notizia circa la sua condizione e anche se la suamalattia era dovuta a stregoneria; ed egli riconosceva anche lo stregone che aveva fatto il daño, eche venendo così assicurato il malato sullo stato della sua malattia, implorava il Dichiarante dicurarlo; e quindi, per procedere nella cura, ciò che faceva era dare alla persona malata la medesimaerba da bere; dopo averla bevuta la persona malata diventava ubriaca, e cadeva esausto e che se la

 persona malata poteva essere curata si sentiva bene, altrimenti moriva”.8

 Nel 1782, fu registrato un caso legale nei confronti di un curandero di Cajamarca, di nome

Francisco Lulimachi, accusato di curare mediante una bevanda a base di gicantón, cioè di SanPedro. Il curandero riuscì a fuggire dalle autorità ecclesiastiche, ma i testimoni del processodescrissero le sessioni di cura del curandero, che appaiono simili a quelle attuali (si veda La mesada con il San Pedro):

“Alle otto della sera comandò di chiudere le porte il detto Francisco Lulimachi, mettendo un tavolo(mesa) e ponendovi sopra molte pietre, sacchettini di farina, una zucchetta che suonava, una pietrain forma di toro, un bambino e una croce che costruì sul posto in legno, e molti quispis (cristalli),conchiglie, perle e tante altre cose … e che poste attorno al tavolo e alla vista di tutti questimedicamenti in essa collocati comandò a un’india empollerada,9 che se ne era andata anch’ella conlui, di cuocere nella medesima stanza chiusa in una pentola pulita, alcuni pezzi di gicantones [San

Pedro], e non sa se vi siano state aggiunte altre erbe, poiché non vide la india che badava alla pentola, e che cucinando questo brodo, tirò fuori l’indio Francisco Lulimachi in alcune tazzine, ediede da bere a tutte le persone …. essendo egli medesimo colui che bevve per primo”.10

In un altro passo di questo importante documento viene riportata la deposizione al processo del padre del curandero, che spiega con una certa dovizia di particolari le funzioni svolte dai varioggetti della mesa. Per quanto riguarda le piante, riporta:

“Che le erbe che si chiamano ornamo, cicantón e ispingo servono per le purghe; cucinate e bevutefanno migliorare il malato; che dopo queste purghe si pulivano con le farine; che coloro che la

 bevevano per sapere delle cose perdute, vedono il ladro, o colui che ha fatto loro del male; iltabacco da imbevere nelle conchiglie, e prendere attraverso le narici sino a raggiungere l’effetto

dell’ubriachezza, e dentro di questa vedere nel medesimo modo il frutto che ciascuno di coloro chelo prendono desidera o appare” (ibid., 196).

E’ qui presente un riferimento storico alla pratica della shingada, che è parte ancora oggigiornoimportante della cerimonia della mesada, cioè l’assorbimento attraverso le narici e mediante unaconchiglia marina di un liquido alcolico in cui è stato fatto macerare del tabacco. L’ispingo è una

 pianta citata numerose volte nelle cronache coloniali e di difficile determinazione (Wassén, 1979).L’ornamo (hornamo) è probabilmente una specie di Senecio, usato come emetico e comerafforzante degli effetti del San Pedro (si veda Il Complesso etnobotanico del San Pedro).

 Note

1 – Archivum Romanum Societatis Iesu, Litterae Peruanae, 1617, provinciae Cajatambo, rip. inSalazar-Soler, 1989, pp. 824-5; ma Polia Meconi (1996, I: 284) afferma che questo riferimento

 bibliografico dato dalla Salazar-Soler è errato e che non è stato in grado di individuare il passo dalei citato fra i documenti dei Gesuiti da egli medesimo consultati.

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2 – Medina, 1887, II: 37, rip. in Glass-Coffin, 1996: 22.

3 – Goza: termine di traduzione incerta. Come suggerito da Manuel Torres (com. pers.), potrebberiferirsi alle parti genitali femminili.

4 – Nella versione data da Sharon (1980: 65) l’aggettivo gruessos (“grossi”) viene erroneamentesostituito con l’aggettivo delgados (“esili”).

5 – Archivum Romanum Societatis Iesu, Peruana, Litterae Annuae, T.IV, 1630-1651. vol. Peru 15.1635-36, Lettere annue della Provincia del Peru, Collegio di Cuzco, p. 58r. Alla pagina 76r v’èriportata la firma di un certo Antonio Vasquez. Rip. in Polia Meconi, 1996, I: 284.

6 – Oliva, I, IV, 1, rip. in Sharon, 1980: 65 e Polia Meconi, 1996, I: 284.

7 – Si tratterebbe del manoscritto di David F. e Manuel F. Sapahaqui intitolato “De la naturaleza,calidades y grados de árboles frutos plantas flores animales y otras cosas esquicitas del nuevo orbedel Peru y pa:mas claridad pr. Orn. De A:B:B:”, citato originalmente da Martín Cárdenas, 1969,

 Manual de plantas económicas de Bolivia, Ichtus, Bolivia, che non mi è stato possibile consultare.

8 – Tale documento si trova in: “Autos seguidos contra un indio nombrado Marcos Marcelo por el

delito de su escandaloso ejercicio de supersticiones y hechicherías (Pueblo Nueco), ArchivosArzobispales de la Diocese de Trujillo Lejado DD, Extirpación de Idolatrías, 1768, così referenziatoda Glass-Coffin (1998: 227).

9 – Che indossa un tipo di tunica chiamata pollera.

10 – Riportato in Dammert Bellido, 1974: 194; cit. in Polia Meconi, 1996, I: 354-5.

 

Si vedano anche:

L’uso tradizionale del cactus del San Pedro

Il Complesso etnobotanico del San PedroLa mesada con il San Pedro

Donne e San Pedro

Archeologia del San Pedro

Chiocciole e San Pedro

Racconti divinatori sul San Pedro

Il San Pedro e San Cipriano

La leggendaria riduzione del potere del San Pedro

Bibliografia generale sull’uso tradizionale del San Pedro

 

BERTONIO LUDOVICO, 1612, Vocabulario de la lengua aymara, Compañia de Jesus de IndiPueblo, Chucuito.

COBO BERNABÉ, 1964 (1653), Historia del Nuevo Mundo, Atlas Ediciones, Madrid, 2 voll.

DAMMERT BELLIDO JOSÉ, 1974, Procesos por supersticiones en la provincia de Cajamarca enla segunda mitad del siglo XVIII, Allpanchis Phuturinga, vol. 9, pp. 179-199.

FELDMAN GRACIA LEONARDO, 2006, El cactus San Pedro: su función y significado enChavín de Huántar y la tradición religiosa de los Andes centrales, Tesis Universidad NacionalMayor de San Marcos, Facultad de Ciencias Sociales, Lima.

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GLASS-COFFIN BONNIE, 1996, El chamanismo, el San Pedro y la mesa: notas preliminaressobre el género, el estado modificado de conciencia y la curandería en el norte del Perú, in: Actasdel II Congreso Internacional para el Estudio de los Estados Modificados de la Consciencia,Lleida, España, Octubre 1994, pp.21-25.

GLASS-COFFINE BONNIE, 1998, The Gift of Live. Female Spirituality and Healing in Northern Peru, University of New Mexico Press, Albuquerque.

MEDINA J. TORIBIO, 1887, Historia del Tribunal del Santo Oficio de la Inquisición de Lima(1569-1820), Gutenberg, Santiago.

MULVANY N. ELEONORA, 1984, Motivos fitomorfos de alucinógenos en Chavín, Chungara(Arica), vol. 12, pp. 57-80.

OLIVA ANELLO JUAN, 1895 (1631), Historia del reino y provincia del Perú, Librería del SanPedro, Lima.

POLIA MECONI MARIO, 1996, “ Despierta, remedio, cuenta…”: adivinos y médicos del Ande, 2voll., Fondo Editorial de la Pontificia Universidad Católica del Perú, Lima.

SALAZAR-SOLER CARMEN, 1989, Ivresse et visions des Indiens des Andes. Les Jésuites et lesenivrements des Indiens du Vice-Royaume du Pérou (XVIe-VIIe siècles), Mélanges de l’École Française de Rome. Italie et Méditerranée, vol. 101(2), pp. 817-838.

SHARON DOUGLAS, 1980, El Chamán de los Cuatro Vientos, Siglo Veintiuno Editores, MéxicoD.F.

WASSÉN S. HENRY, 1979, Was Espingo ( Ispincu) of Psychotropic and Intoxicating Importancefor the Shamans in Peru?, in: D.L. Browman & R.A. Schwarz (Eds.), Spirits, Shamans, and Stars,Mouton Publ., The Hague.

Il Complesso etnobotanico del San Pedro

The San Pedro ethnobotanical Complex 

Per quanto riguarda gli aspetti etnobotanici del curanderismo nord-peruviano imperniato attornoall’uso del cactus allucinogeno del San Pedro (si veda L’uso tradizionale del cactus del San Pedro),si è in presenza di ciò che può essere definito il “Complesso etnobotanico del San Pedro”, in cuisono coinvolte numerose piante, sia come additivi della bevanda psicoattiva, che come agentimagici o come piante medicamentose. Diversi di questi vegetali possiedono anch’esse proprietà

 psicoattive, come varie solanacee dei generi Datura e Brugmansia.

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Le due specie di San Pedro: (sx) Echinopsis (Trichocereus) pachanoi; (dx) Echinopsis(Trichocereus) peruvianus

Le specie di cactus

Dal punto di vista botanico, il termine San Pedro sta ad indicare due differenti specie di Echinopsis(Trichocereus; Cactaceae): L’ E. pachanoi Britt. & Rose, che è il San Pedro vero e proprio, chiamato

anche “San Pedro legittimo”, e l’ E. peruvianus Britt. & Rose, chiamato “San Pedro cimarrón” o“San Pedro de burro” (cimarrón significa “selvatico”). A differenza del pachanoi, il peruvianus èsempre provvisto di gruppetti di spine ben evidenti,1 e ha una tonalità verde-giallastro, mentre il

 pachanoi possiede una tipica tonalità verde-azzurrina ed è quasi totalmente privo di spine.Entrambe le specie possono raggiungere l’altezza di svariati metri (sino a 6-7 m) e formano folticespugli colonnari.

Fette di San Pedro preparate per farne il decotto

Il San Pedro oggigiorno non viene mai ingerito allo stato crudo, sebbene questa pratica fosse stata probabilmente diffusa nei tempi antichi, come dimostrerebbero certe immagini dei repertiarcheologici. Del San Pedro i curandero ne fanno un decotto, tagliandolo in fette trasversali, cheacquisiscono in tal modo una forma tipicamente stellata, dove il numero di punte della stella

corrisponde al numero di coste di cui è dotato il cactus. In certi casi vengono aggiunti altriingredienti, quali gocce di profumo, petali di fiori bianchi, acqua delle lagune sacre, o pianteemetiche (si veda oltre). Il decotto viene fatto bollire generalmente dalle 2 alle 6 ore. Se necessario,viene aggiunta altra acqua durante la cottura. Dopodiché il decotto viene filtrato.

Queste due specie di cactus fanno parte di un genere, Echinopsis, che in precedenza e per moltidecenni i botanici avevano chiamato Trichocereus, e ancor oggi e per lungo tempo quest’ultimonome è destinato ad essere il più diffuso. Un ulteriore tema soggetto a possibile confusione riguardala relazione tassonomica fra le specie pachanoi e peruvianus, che sono state viste anche comevarietà di una medesima specie che si è differenziata in base ai fattori “selvatico” e “coltivato”, unoschema che del resto sembra seguire quello dei curandero.

 Nell’area del curanderismo andino nord-peruviano vi sono curandero che utilizzano indistintamentele due specie, mentre altri – generalmente i più anziani e rispecchianti il dualismo di cui è intrisa lacosmovisione andina – usano solo il San Pedro “legittimo”, in quanto ritengono che il cimarrón siausato dai maleros, cioè gli stregoni che fanno magia nera (Polia Meconi, 1996, I: 280-1).

L’ E. pachanoi è ampiamente coltivato sin dai tempi preincaici e il suo areale di diffusione attuale vadall’Ecuador sino al Cile settentrionale, includendo tutto il Peru e alcune aree della Bolivia edell’Argentina nord-occidentale. L’areale di E. peruvianus è più ristretto, relegato all’altitudine di2000 m. delle Ande peruviane.

Si hanno sporadiche notizie di alcuni altri cactus coinvolti nel “Complesso del San Pedro” eimpiegati per i medesimi scopi psicoattivi. In Bolivia, nel dipartimento di La Paz, viene chiamato

San Pedro anche un’altra specie del genere, Echinopsis bridgesii. In Ecuador è stato osservatol’utilizzo di un differente cactus in sostituzione del San Pedro, chiamato cabeza de perico eidentificato come Melocactus bellavistensis, di piccole dimensioni e con maggior numero di coste

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rispetto a quelle del San Pedro (Kvist & Moraes, 2006). Davis (1983: 378) ha riportato per laregione peruviana di Huancabamba la conoscenza di un cactus che “è potente come il San Pedro eviene preparato e ingerito nel medesimo modo”. Chiamato popolarmente pishicol , si tratta della raraspecie Armatocereus laetus (HBK) Bacheberg, di forma colonnare ramificata e con 6-8 coste,raggiungente l’altezza massima di 3-4 m. Pare essere una specie endemica nota in sole quattrolocalità del Peru settentrionale.

Wachuma, Argentina, Echinopsis (Trichocereus) terscheckii (da Wayrawanpureji, 2012, p. 52)

 Nella zona nord-orientale dell’Argentina cresce Echinopsis (Trichocereus) terscheckii, anch’essaallucinogena, produttrice degli alcaloidi mescalinici. Viene popolarmente chiamato con il terminequechua wachuma, oppure con il nome di San Pedro, quest’ultimo essendo un’evidenteimportazione dai San Pedro peruviani. Si avrebbero notizie di un suo uso durante il periodocoloniale e fin verso il 1750. Il suo possibile impiego tradizionale fra gli odierni sciamani nord-argentini non è ancora stato studiato (Wayrawanpureji, 2012).

Aspetti etimologici

Il San Pedro viene chiamato con diversi nomi, i più comuni dei quali sono San Pedro e huachuma, guachuma o achuma. E’ chiamato anche aguacolla, gigantón, San Pedrillo, hierba santa, cardo santo, huando o huanto hermoso, remedio, sanki. Secondo quanto affermato dai curandero peruviani, la pianta del San Pedro viene così chiamata poiché, come San Pietro, è llavero del cielo,cioè possiede le chiavi del cielo.

Il termine achuma sembra essere stato il nome più antico con cui veniva chiamato il cactus e la suaetimologia è alquanto discussa. In Ecuador si è conservata un’espressione associata a questo nome,con il verbo achumarse (“ubriacarsi”) e l’aggettivo achumado (“ubriaco”), che vengono oggigiornoimpiegati per definire uno stato di ubriachezza, sia alcolico che conseguito con altre sostanze.Verificato che il termine achuma era già presente nel 1612 nel vocabolario ayamara-castigliano diLudovico Bertonio,2 è stato ipotizzato che tale termine sia un derivato della parola ayamara chuyma,che significava “memoria, potenza dell’anima” (Mulvany, 1994: 195); tuttavia, verificata la suadiffusione nei documenti storici che trattano le popolazioni di lingua quechua, è anche possibile cheil termine achuma sia di derivazione quechua e che, seguendo Cabieses Molina (1990), sia derivato

dal termine quechua per cactus, kachum. Sharon (2001: 29) ha anche evidenziato un’altra possibileetimologia, che farebbe derivare achuma dalla lingua yunga, che era parlata sino agli inizi del XXsecolo lungo la costa peruviana settentrionale. In questo idioma i termini chuma, chumay e chumaisignificano “ebbro”. Per Feldman Gracia (2006: 143-4) il termine achuma è di origine aru o aymarae sarebbe composto dai due termini achu e uma. Il primo indica “frutto” e il secondo significa“acqua”, per cui la traduzione letterario sarebbe “frutto di acqua”.

Il termine huanto proviene molto probabilmente dalla parola quechua wantuq, che significa “ciò chefa alzare”, associando quindi il cactus con il concetto di volo sciamanico. Ma wantuq oggigiorno,fra le popolazioni di lingua quechua, sta ad indicare un’altra pianta allucinogena, il floripondio( Brugmansia spp.) (Polia Meconi, 1996, I: 280).

 Nella lingua aymara la varietà senza spine (il San Pedro vero e proprio, Echinopsis pachanoi) portava l’antico nome di asaño e i nomi moderni di aichaaicha e yawarqollo. Altri nomi quechua boliviani sono phojro e olala.

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Per quanto riguarda il nome aguacolla, riportato nei testi antichi anche come agua collay,hahuacolla, avacollay e jahuackollay, la sua sinonimia con la achuma sembra essere recente

 poiché, come evidenziato da Feldman Gracia (2006: 24-5), nel XVII secolo indicava un cactusdifferente, utilizzato come collante per le pitture murarie.3 Vivanco (2000) ha suggerito che iltermine aguacolla sia originato da una mescolanza di due termini, l’uno castigliano (agua, “acqua”)e l’altro quichua (colla, “regina”), quindi con il significato di “acqua della regina”. Per Glass-Coffin

(2010: 68) il termine colla potrebbe significare “occulto”, per cui aguacolla intenderebbe il sacroliquido che da accesso al mondo sotterraneo. Ma si tratta di interpretazioni un poco deboli. Delresto, se si accetta l’influenza del linguaggio spagnolo nella formazione di questo termine (conagua = acqua), si da per scontato che non si tratti di un termine originale autoctono, e non si capisceil perché non si sia allora pensato a un termine totalmente di origine castigliana, dove agua sta per iltermine castigliano che significa “acqua”, e colla derivi dal termine castigliano cola, cioè “colla”, inriferimento all’utilizzo del cactus (che originalmente non sembra rappresentasse il San Pedro) comecollante per i lavori murari.4

Il problema della cimora 

Per comprendere la complessità in cui si sono ritrovate diverse generazioni di studiosi nei tentativi

di chiarimento del Complesso etnobotanico del San Pedro, è sufficiente soffermarsi sul problemadell’identificazione della cimora, considerata da Schultes (1967: 39) come “una delle maggiorisfide nell’etnobotanica delle piante allucinogene”.

Il primo studioso moderno a riferire della cimora sembra essere stato Cruz Sánchez (1948),definendola come una bevanda allucinogena che ha come ingrediente principale il San Pedro e incui vi vengono aggiunte altre piante, fra cui Isotoma longiflora (Campanulaceae), Pedilanthustitimaloides (Euphorbiaceae) e Datura  stramonium (Solanaceae). Ma i lavori di Cruz Sánchez nonsono attendibili dal punto di vista botanico,5 avendo, ad esempio, confuso il San Pedro per laOpuntia cylindrica. Friedberg (1959) riportò l’uso di una pianta magica nella regione diHuancabamba chiamata timora e appartenente al genere Iresine della famiglia delle Amaranthaceae,

e in un suo secondo scritto (1960) riportò che questa era la vera cimora, contraddicendo quantoaffermato da Cruz Sánchez e identificando implicitamente i termini timora e cimora. Gli studi sulcampo di Davis (1983) hanno apportato ulteriore incertezza su cosa sia da intendere per cimora,avendo raccolto l’opinione di un erbalista della regione di Huancabamba che cimora è un termineconcettuale che si riferisce ad algo malo, ‘qualcosa di cattivo’. Gli furono quindi indicate diversevarietà di Brugmansia chiamate cimora oso, cimora galga, cimora toro curandero, cimora aguila,cimora león, cimora rastrera, e chiamate tutte anche con il termine misha. Per quanto riguarda iltermine timora, invece, a Davis furono indicate altre piante, fra cui Euphorbia cotinifolia L. e

 Iresine celosia L. Senza essere quindi riuscito a chiarire l’enigma, bensì avendolo ulteriormentecomplicato con i risultati delle sue ricerche, a Davis non rimase altro che concludere conun’affermazione scoraggiante, e cioè che “In definitiva, il termine cimora sembra essere un termine

generico che può essere applicato a un certo numero di piante”.In tempi più recenti De Feo (2003) ha identificato diverse piante con il nome di cimora:

cimora –  Alternanthera sp. (Amaranthaceae)

cimora oso – Coleus sp. (Labiatae)

cimorilla e timorilla – Coleus blumei Benth. (Labiatae)

cimora señorita –  Iresine herbstii Hook. (Amaranthaceae)

cimora león –  Acalypha sp. (Euphorbiaceae)

cimora macanche – Sanchezia sp. (Acanthaceae)

cimora lanza –  Iresine sp. (Amaranthaceae)

Il fatto che Coleus blumei, oggi chiamato Solenostemon scutellaroides (L.) Codd., sia chiamato con

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entrambi i nomi cimorilla e timorilla, fa pensare a un’equivalenza fra i nomi cimora e timora, comeaveva supposto in precedenza Friedberg (1959, 1960). Alcune di queste piante possiedono proprietà

 psicoattive, sebbene non ancora estesamente studiate. L’estratto acquoso di Iresine herbstii possiede proprietà neurosedative (De Feo et al., 1996) e questa pianta viene impiegata come additivodell’ayahuasca (Bianchi & Samorini, 1993). Per quanto riguarda la specie di Sanchezia, oggigiornoi giovani peruviani usano specie di questo genere come inebriante (De Feo, 2003) e nella regione

 peruviana di Yarina Cocha le foglie di una specie di Sanchezia vengono fumate o bevute in infuso per i loro effetti allucinogeni (Schultes & Raffauf, 1990: 47). Coleus blumei non è nuova come pianta sospettata di possedere proprietà psicoattive. Wasson (1962) aveva riportato che questaspecie, insieme alla congenere Coleus pumilus Blanco, era considerata da alcuni Mazatechi dellemontagne del Messico come psicoattiva, similmente alla Salvia divinorum. Ma altri Mazatechi nonavevano confermato questa asserzione, ritenendo i Coleus piante semplicemente medicinali. Negliambienti “psiconautici” occidentali vi sono rapporti discordanti in merito alla sua psicoattività (cfr.Voogelbreinder: 135), e il suo eventuale potenziale psicoattivo resta un’incognita della

 psicofarmacologia. De Feo (2003) ha riportato che fra i curandero nord-peruviani è considerataaltamente tossica e che per questo non viene mai assunta oralmente.

Tutto ciò non evidenzia tuttavia un’associazione semantica diretta fra il termine cimora e le proprietà psicoattive. Anche De Feo, come Davis, giunge alla conclusione che il termine cimorasembra essere un termine generico, riferentesi a “qualcosa di cattivo” e non a qualcosa di

 psicoattivo. Per cui, il problema dell’identificazione della cimora è originato dagli errori riportatinei lavori di Cruz Sánchez, in particolare nell’associare tale termine con il San Pedro. La cimoranon è una bevanda a base di San Pedro con l’aggiunta di altre piante, un’interpretazione che è stataseguita da numerosi studiosi senza essere stata mai confermata dalle osservazioni sul campo. AnchePolia Meconi (1996, I: 401), uno dei maggiori esperti del curanderismo nord-peruviano, non associail termine cimora ad alcuna proprietà psicoattiva.

Tabacco

Il tabacco ricopre un ruolo molto importante nel curanderismo nord-peruviano e viene usato nelcorso delle mesadas. Dal punto di vista etnobotanico, De Feo (2003) ha determinato nella ricercasul campo, accoppiata agli studi di laboratorio, che vengono usate tre specie di tabacco, ciascunacon ruoli specifici: il tabaco moro, cioè Nicotiana rustica L., viene usato per curare; il tabacoblanco, cioè Nicotiana tabacum L., è impiegato nella shingada; e il tabaco cimarrón, cioè

 Nicotiana paniculata L., è usato per i suoi effetti considerati più forti delle altre due specie.6

 Nel curandersimo nord-peruviano il tabacco non viene fumato, bensì è assunto nel corso delle shingada, cioè macerato in un liquido alcolico e poi inalato attraverso le due narici; oppure ilcurandero se lo inserisce in bocca nel corso della suzione terapeutica (chupada) (si veda La mesada col San Pedro); viene altrimenti strofinato sul corpo dei pazienti per scopi magico-terapeutici outilizzato come profumo per purificare oggetti archeologici o funebri.

Le foglie fresche vengono arrotolate e avvolte in foglie di banano e lasciate così seccare. Una voltasecche, si toglie l’involucro di foglie di banano e si taglia i rotoli di tabacco in tranci sottili.

 Nella mesa il tabaco moro (selvatico) viene collocato nel lato sinistro, mentre il tabaco dulce(coltivato) si trova nella sua parte destra.

 Brugmansia e Datura

Diverse specie di Brugmansia e di Datura - Solanacee appartenenti al gruppo dei vegetalidelirogeni o tropanici – sono impiegate nel curanderismo nord-peruviano nella divinazioneterapeutica, nei riti iniziatici e durante le sessioni di mesada con il San Pedro. Le Brugmansia sonogeneralmente chiamate con il termine misha e le dature con i termini chamico e huarhuar . Altrocomune termine è floripondio. In certi casi vengono aggiunte al decotto di San Pedro durante la sua

 preparazione.

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Il termine misha sta a indicare diverse cose, in particolare le specie di Brugmansia e a volte anchequelle di Datura. V’è chi ha voluto vedere la parola misha derivare dal nome mits-kay o mets-kayche gli Inga della valle colombiana del Sibundoy danno a una specie di Brugmansia (Friedberg,1963), ma è più probabile che provenga dal quechua, con il significato odierno di “cosa variegata”,essendo un termine usato per indicare anche il mais bicolore. E’ significativo il fatto che i curanderovengono chiamati enmishados e il termine misha è a volte usato come sinonimo di pianta

allucinogena (De Feo, 2004: S222). Un altro nome quechua delle Brugmansia è wantuq. Nellaregione di Ayabaca i loro grandi fiori sono chiamati con i termini huambo e huambar , che originano probabilmente dal termine quechua wambar (o wampar ), significante “di forma triangolare”, unacaratteristica evidente di questi fiori (Polia Meconi, 1996, I: 335).

(sx) Fiori di Brugmansia arborea (“misha oso”); (dx) Fiore di Brugmansia aurea (“misha galga”)

Di seguito la lista delle misha, con la relativa identificazione botanico-tassonomica data da De Feo(1994). Tutte le Brugmansia impiegate nelle Ande appaiono essere cultigeni e i loro nomi popolaririconducono per lo più a nomi di animali (oso = orso, colambo = serpente, león = leone, galga =levriero):

misha león o misha oso –  Brugmansia aroborea (L.) Lagerheim

misha galga o misha oso –  Brugmansia arborea (L.) Lagerheim ibrido

misha galga –  Brugmansia aurea Lagerheim

misha curandera –  Brugmansia candida (Pers.) Saggord ibrido

misha rastrera –  Brugmansia insignis (Barb Rodr.) Lockwood ibrido

misha toro o misha toro curandera –  Brugmansia sanguinea (R. et P.) D. Don

misha colambo –  Brugmansia suaveolens (Willd.) Bercht. Et Presl

misha del Inca o del Inga –  Brugmansia versicolor Lagerheim

misha ocultaroda –  Brugmansia sp.

 Non tutte le misha vengono assunte oralmente, in quanto ritenute troppo forti negli effettiallucinogeni e vi sono curandero che non le utilizzano affatto, ritenendole troppo pericolose. Latintura di foglie della misha rastrera è bevuta dai curandero per cercare (rastrear , “seguire leorme”) oggetti perduti. La misha del Inca è una delle poche specie che viene assunta oralmente (DeFeo, 2003). Misha ocultadora è così chiamata poiché nasconde la verità ai bugiardi (De Feo, 2004).

 Nell’assunzione orale le misha vengono preparate in macerazione con il vino, con l’alcol di canna ol’acqua. Di frequente le foglie di misha vengono legate sulla fronte quando si è sotto effetto di San

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Pedro, con lo scopo di “vedere”.

Altre piante

Il Senecio elatus HBK, (Asteraceae) chiamato hornamo amarillo, è ritenuto dai curandero produrreallucinazioni e viene aggiunto al decotto di San Pedro. Diverse specie messicane di Seneciosembrano possedere proprietà psicoattive e alcune di queste sono popolarmente chiamate peyote e

 palo loco (“legno matto”), un dato che ne attesterebbe la credenza come piante psicoattive (Schultes& Hofmann, 1983: 302). Il genere Senecio produce alcaloidi pirrolizidinici che agiscono sul sistemanervoso centrale e sono stati ritrovati anche in S. elatus (Aquino et al, 1996).

Anche le parti aeree di Valeriana adscendens Trel. (Valerianaceae) vengono aggiunte al decotto delSan Pedro, con lo scopo di rinforzarne gli effetti allucinogeni (De Feo, 2003). L’estratto acquoso diquesta pianta ha mostrato in laboratorio una marcata attività depressiva del sistema nervoso centrale(Capasso & De Feo, 2002).

Kvist & Moraes (2006) hanno elencato nella seguente tabella i vari ingredienti vegetali attivi chesono aggiunti nel decotto di San Pedro:

Lista delle piante aggiunte al decotto del San Pedro nel Peru settentrionale (da Kvist & Moraes,2006, tab. 3, p. 299)

Specie di Huperzia chiamata popolarmente “huaminga”, impiegata come emeticoUn altro insieme importante di vegetali riguarda le piante emetiche, che hanno lo scopo di purificarel’individuo facendogli espellere i suoi “mali” attraverso il vomito. Fra di esse vi sono delle specie di

 Huperzia, della famiglia delle Licopodiaceae, chiamate huamingas, e il medesimo Senecio elatussopra riportato. Alcuni curandero sono soliti aggiungere uno di questi emetici direttamente neldecotto di San Pedro, con lo scopo di indurre l’espulsione dei “mali” dell’individuo.

L’arranque 

Con lo scopo di smorzare gli effetti degli agenti psicoattivi e come loro antidoto, i curanderoutilizzano un agente specifico, chiamato arranque o corte (da cortar , “tagliare”). Si tratta di un

 preparato a base di profumi, piante magiche e fiori bianchi. La sua farmacologia non è ancora statastudiata e non è quindi possibile pronunciarsi sul suo concreto potenziale di disattivazione deglieffetti psicoattivi, in particolare quelli dovuti alle piante allucinogene (San Pedro e solanacee

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delirogene). De Feo (2003) ha riportato la seguente formula di arranque: miscela di acqua conchicchi di mais, zucchero, gocce di limón agrio [Citrus aurantifolia (Christm.) Swingle] e petali dirosa bianca. Un’altra formula “arricchita” è: chicchi di mais polverizzati, zucchero bianco, succo dilimone, miele selvatico, petali di fiori selvatici (rose e garofani), gocce di acqua di colonia e acquadi sorgente (De Feo, 1994: S227).

L’arranque viene bevuto al termine della sessione della mesada e viene anche sparso sul petto e sul palmo delle mani mediante un rametto fatto con le foglie di mais bianco (Polia Meconi, 1988: 164).

 Note

1 – Le spine del E. peruvianus non sono raggruppate “in numero di tre, una più lunga e le altre due più corte”, come riferito da Polia Meconi (1996, I: 280), bensì in gruppi di 6-8 spine, di lunghezzavariabile.

2 – Si veda Il San Pedro nei documenti storici.

3 – Feldman Gracia (2006: 24) giunge alla conclusione che l’aguacolla intendesse indicare nelXVII secolo l’ Echinopsis peruvianus, ma i testi antichi che egli medesimo espone non fanno alcunaccenno a proprietà psicotrope dell’aguacolla.

4 – Si tratta di una mia ipotesi che qui presento.

5 – E nemmeno dal punto di vista antropologico, per via delle forzature dovute alla sua visione patologicizzante in senso psichiatrico del fenomeno del curanderismo.

6 – Polia Meconi (1996, I: 330) identifica il tabaco moro, “chiamato anche tabaco del inga otabaco  saire” con Nicotiana thyrsiflora Goodsp; ma è probabile che uno o entrambi i nomivernacolari di tabaco del inga e tabaco saire non identifichino la medesima specie del tabaco moro,che è verosimilmente identificabile con Nicotiana paniculata.

Si vedano anche:

L’uso tradizionale del cactus del San PedroIl San Pedro nei documenti storici

La mesada con il San Pedro

Donne e San Pedro

Archeologia del San Pedro

Chiocciole e San Pedro

Racconti divinatori sul San Pedro

Il San Pedro e San Cipriano

La leggendaria riduzione del potere del San Pedro

Bibliografia generale sull’uso tradizionale del San Pedro

 

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La mesada col San Pedro

The mesada with the San Pedro 

Il rito della mesa o mesada è ampiamente diffuso fra le popolazioni dell’America latina e varianotevolmente a seconda dell’area geografica e culturale (si veda L’uso tradizionale del cactus delSan Pedro). Viene usato per differenti scopi, come la cura, la divinazione, la localizzazione dioggetti perduti, la magia amorosa, la consacrazione di una nuova casa, il controllo del clima, lafertilità degli uomini o del bestiame, ecc. Più in generale, si ricorre alla mesada ogniqualvolta non siè in grado di dare soluzione a problemi di salute e a conflitti di natura psicologica (si veda ad es.Sharon, 2003). Nell’area andina del Perù settentrionale viene utilizzato il cactus allucinogeno delSan Pedro come agente catalizzatore delle energie confluenti nel “lavoro” della mesa.

 Nell’attigua area dell’Ecuador meridionale viene praticata un rito della mesada molto simile a

quello nord-peruviano, sebbene ricerche moderne non abbiano individuato l’impiego tradizionaledel San Pedro (Bussmann & Sharon, 2009; Cavender & Albán, 2009). Altri ricercatori hannoosservato un uso apparentemente residuale fra un esiguo numero di curandero della valle DiVilcabamba, nel sud dell’Ecuador, congiuntamente alla diffusione in questi ultimi anni di un“turismo psichedelico”, volto a soddisfare le esigenze degli occidentali, piuttosto che conservarel’impiego tradizionale (Kvist & Moraes, 2006). Questa carenza di dati etnografici per l’Ecuador èstata spiegata con il fatto che in questo paese l’oppressione inquisitoriale dei secoli passati è stata

 più forte che nel Peru settentrionale.

Preparazione della mesa (da Schultes & Hofmann, 2000, p. 168)Il termine mesa parrebbe provenire dal termine spagnolo che significa “tavolo” o ancor meglio“altare”, ma forse ancor più probabilmente deriva dal termine latino ecclesiastico mensa, che

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significa “tavolo dove si serve il cibo” (Polia Meconi, 1996, II: 426). E’ stata ipotizzata ancheun’altra interessante etimologia, che la farebbe provenire dalla parola spagnola misa, cioè “messa”.Ciò sarebbe dovuto al fatto che i sacerdoti del periodo coloniale, durante le loro peregrinazioni frale popolazioni rurali andine, si portavano con se un altare portatile (misa), di pietra e di formarettangolare, sul quale collocavano gli oggetti liturgici, e ciò avrebbe influenzato direttamente lamesa dei curandero, sia nel nome che nella forma (Tschopik, 1951: 252, n. 4). Un’ulteriore analogia

sarebbe la tripartizione spaziale sia degli altari portatili dei sacerdoti, sia della mesa dei curandero;ma per Polia Meconi (1996, II: 427) la tripartizione di quest’ultima apparterrebbe al mondoautoctono andino e sarebbe di antichissima data, sino a raggiungere il Periodo Formativo delleculture sudamericane.

 Nelle Ande nord-peruviane la mesada viene sempre eseguita di notte, in quanto le visioni del SanPedro sono considerate incompatibili con la luce diurna, e le notti preferite sono quelle di martedì evenerdì, sebbene all’occorrenza la si possa sviluppare in qualunque notte della settimana. In unasola eccezione, è stata osservata una curandera donna di Cajamarca, di nome Yolanda, praticare lamesada di giorno (Glass-Coffin, 1998: 95).

 Nel curandersimo nord-peruviano è presente un certo grado di sincretismo con il Cristianesimo, il

quale tuttavia fra i curandero uomini appare essere di tipo superficiale, coinvolgente più laterminologia che i concetti o le visioni. Polia Meconi (1988: 64) ha evidenziato come “lasovrapposizione dell’apporto cristiano, pur avendo influito sulla denominazione della pianta, non ègiunto in profondità: da quanto ho potuto investigare personalmente e dalla letteratura esistentesull’argomento, non risulta che il santo [San Pietro] sia stato visto con frequenza sotto l’effettodell’allucinogeno, in relazione diretta con quest’ultimo né che formi parte importante delle figureche intervengono nella visione”. Come in numerosi altri casi diffusi nelle aree tradizionali soggetteal colonialismo occidentale, siamo forse in presenza di un “sincretismo di comodo oopportunistico”, originato nei secoli passati per limitare l’oppressione e la censura inquisitorialecristiana.

Il rito della mesada è profondamente immerso nel sistema di interpretazione dualista del mondoandino e ne è l’espressione più esplicita e al contempo più colta e coerente. Questo dualismo pervade tutti i concetti, le spazialità e le operazioni di cui è costituito il “lavoro” della mesada, e sisviluppa attorno a coppie concettuali in opposizione fra loro, di cui le principali sono: male/bene,fuori/dentro, sinistra/destra, passato/futuro, qualità “fresche” e qualità “calde” degli oggetti e delle

 piante, oscurità/luce, invisibile/visibile.

La funzione della mesada è brillantemente riassunta dalle seguenti parole di Polia Meconi:

“Il centro e il cuore della mesada è l’esperienza visionaria del curandero e non le cerimonie che visi eseguono, così come il cuore della mesa è la testa, o corona del San Pedro. Le cerimonieterapeutiche sono conseguenza della visione e formano parte della terapia che il San Pedro ‘detta’ in

sogno al maestro. Il contenuto della visione può influenzare, in parte o totalmente, la struttura dellecerimonie. Coloro che partecipano alla mesada non vanno in cerca solamente di una terapia cheaiuti loro a risolvere i propri problemi clinici, bensì cercano l’origine dei loro malanni e la naturadel male che li angoscia. La conoscenza dell’eziologia per il paziente andino è importante come laterapia positiva poiché le risposte ch’egli riceve dal ‘maestro dei maestri” – il San Pedro – attraverso il ‘sogno’ dei suoi curanderi è di per sé coadiuvante la terapia” (Polia Meconi, 1996, II:649).

Esiste un mutuo rapporto di influenze fra il curandero e il San Pedro. Non è solo il curandero adessere influenzato dal potere del San Pedro e delle altre piante psicoattive, bensì queste sonocontinuamente influenzate e “rafforzate” dal potere del curandero. Ciò è ben spiegato con le paroledi Eduardo Calderón, curandero della valle di Trujillo:

“Anche il curandero, nell’invocare il potere delle piante per la loro efficacia curativa, influisce suqueste. Egli impone la sua forza spirituale personale sulle piante, attivando questo potere magico

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che contengono come risultato di esser state radicate nella terra e di compartire la sua forzamagnetica. E dato che l’uomo è un elemento della terra, con il potere della sua intelligenza emettequesta potenzialità sulle piante. Le piante ricevono questa influenza e la ridirigono verso l’uomo,verso l’individuo, nel momento in cui questi le invoca. In altre parole, tutto lo spirito delle piante sirinforza attraverso le influenze – intellettuali, spirituali e umane – dell’uomo. Egli è colui che formala potenzialità magica delle piante” (Sharon, 1980: 58).

Le lagune sacre

Le piante magiche utilizzate nel curanderismo nord-peruviano – sia quelle psicoattive che quellemedicinali – vengono raccolte attorno a determinate lagune considerate sacre, di cui sonodisseminati i versanti andini di alta quota (3000-4000 m). Le lagune più famose sono quelle di LasHuaringas, nei dintorni di Huancabamba, ai confini fra il Perù e l’Ecuador.1 Durante i tempi pre-incaici o in quelli incaici, sembra essersi creato un vero e proprio “culto della laguna”. Sono luoghidi pellegrinaggio da parte dei curandero e degli iniziandi al curanderismo, così come di ammalati incerca di guarigione. I curandero della costa e quelli di altre regioni andine confluiscono in questiluoghi con lo specifico scopo di pulirsi (limpiarse) dalle influenze negative che assorbono eaccumulano nel corso del loro lavoro di cura dei pazienti, e per poter ricevere nuove forze curative

che permetteranno di continuare la loro attività. Nel corso delle mesada nei loro rispettivi luoghi dicura, pur lontani dalle lagune sacre, frequentemente i curandero “vedono” le lagune nella visioneofferta dal San Pedro e vi possono inviare la sombra dei loro pazienti per trattamenti specifici,chiedendo l’aiuto degli spiriti ausiliari (Giese, 1991: 567-8). Si ritiene che le lagune siano le

 padrone (dueñas) delle piante che vi crescono.

Accanto ad ognuna di queste lagune vive un curandero considerato il guardiano della regione, alquale si rivolgono i curandero in arrivo dalle altre regioni per farsi trattare con il rito del bagno econ una mesada notturna. D’altro canto, i curandero delle lagune occasionalmente si recano nelleregioni costiere per farsi trattare con una mesada dai colleghi del luogo. Anche sciamani delle tribùamazzoniche aguaruna e jívaro si recano alle lagune sacre, così come i curandero delle lagune si

recano presso questi sciamani che utilizzano l’ayahuasca, evidenziando ciò un notevole scambioculturale (Giese, 1991: 568).

Le lagune non hanno il medesimo valore (virtud ) e ognuna viene utilizzata a seconda dei casi edelle necessità, alcune per motivi curativi, altre nella magia amorosa, e così via. Le lagune“curative” si differenziano fra loro a seconda dei tipi di piante che vi crescono attorno. I riti allelagune possono essere effettuati in qualunque momento dell’anno e un giorno propizio èconsiderato il día del campesino (“giorno del contadino”), cioè il 24 giugno, che nel calendarioliturgico cattolico corrisponde al giorno di San Giovanni Battista.

Il pellegrinaggio alle Huaringas è preceduto da un rito notturno propiziatorio e un altro rito notturnoviene effettuato al ritorno. Giunti alla laguna, un rito di saluto e di invocazione precede l’atto

culminante, consistente in un bagno rituale nelle gelide acque della laguna, al quale chiunque,curandero o ammalato, deve sottoporsi. Nel rito finale tutti i partecipanti eseguono alcuni balli inonore della laguna e del monte che la sovrasta. Al ritorno nella casa del curandero della laguna cheha guidato la cerimonia, viene eseguita una ulteriore mesada.

Gli oggetti della mesa

I numerosi oggetti presenti nella mesa non sono per nulla casuali né collocati in maniera casuale,come potrebbe apparire a una prima osservazione superficiale. Sussiste un minuzioso ordine dicollocazione, un preciso significato simbolico e associativo, così come uno specifico rapporto

 personale intrattenuto dal curandero con ciascuno di questi oggetti, che aumentano di numero nelcorso degli anni. Diversi di questi li ha ereditati dal suo maestro, altri gli vengono regalati da

colleghi in speciali occasioni, altri ancora li ha trovati personalmente nei siti archeologici, sullesponde di un fiume o in cima a una montagna. La mesa curandera è un “autentico compendiosimbolico dell’universo”2 in cui è concentrato tutto il sistema di credenze e di cosmologie delle

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 popolazioni andine.

Una mesa nord-peruviana (da Polia Meconi, 1996, I: 353)

Un importante concetto frequentemente utilizzato dai curandero è quello della cuenta associata aivari oggetti della mesa: essa indica la relazione che un oggetto ha nei confronti del mondo reale e

del mondo magico. Sinonimi di cuenta sono, nel vocabolario dei curandero nord-peruviani, itermini poder (potere), virtud (virtù), encanto (incantesimo). Il curandero Eduardo Calderón offre laseguente spiegazione di questo concetto:

“La cuenta di un artefatto, di un oggetto che abbiamo sulla mesa, è relazionata con il luogo dalquale fu preso. In realtà, la cuenta è tutto ciò che riguarda la storia, i punti geografici e, più di tutto,il potere che contiene. Se uno “cuenta” un artefatto per un certo scopo magico, il suo spirito deveimpregnare poco a poco l’artefatto, il materiale dell’artefatto, lo strumento. Per esempio, abbiamoun bastone, una chonta (fatta di un tipo di legno tropicale), che è un legno speciale che si vaimpregnando – per mezzo dello spirito di uno, della sua potenza – con la forma spirituale delcurandero, il mago, di modo che questo artefatto viene ad avere tutte le caratteristiche inerenti lospirito di chi lo prepara. Quindi, in una sola volta, la cuenta si converte in tutta la memoriaessenziale di colui che ha formato questa preghiera, questa storia, questa referenza” (Sharon, 1980:76).

E’ esplicativo del concetto di “ poder ” di un oggetto della mesa quanto riportato da Polia Meconi inriferimento alle conchiglie marine impiegate per effettuare l’operazione della shingada, cioèl’inalazione di un liquido alcolico dove è stato fatto macerare del tabacco (si veda poco oltre). Amano a mano che un oggetto viene usato nel corso dei riti curanderili, acquisisce sempre più poder e la sua efficacia è di conseguenza sempre più grande. Il curandero Santos Calle di Hualcuy lospiega con le seguenti parole:

“Io sono solito shingar undici volte per ogni narice: undici più undici fa ventidue, poiché [le shingada] devono essere in numero pari, in coppia. Il torito [conchiglia utilizzata per  shingar ] che tiho regalato [a Mario Polia] è a più di settemila coppie. Con questo toro tu, dottore, se fai la

 shingada una volta per ogni narice, è come se effettuasi la shingada settemila volte, così che se unovuole farti del danno deve fare la shingada per settemila volte per ogni narice” (Polia Meconi, 1996,II: 558).

Gli oggetti della mesa sono chiamati artes, con genere maschile (a differenza delle artes femminili,che designano le sole conchiglie della mesa) e, seguendo la classificazione data da Polia Meconi(1988: 28-9), svolgono quattro tipi di funzioni nel mondo magico ed energetico attivato nellasessione della mesa: protezione, difesa e attacco, purificazione o “estrazione del contagio”,

 propiziazione. Questi oggetti sono scelti dal curandero in base a un insieme di caratteristichefisiche, affettive e “psichiche”, quale ad esempio il “potere evocatore che l’oggetto esercita sulla

 psiche del curandero” (Polia Meconi, 1996, I: 350). Numerosi oggetti della mesa sono pietre di varie dimensioni e forme, intagliate o naturali. Ciò è

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un’influenza diretta dell’antico culto delle pietre incaico e pre-incaico. Alcune di queste, chiamateincaychus, sono piccole pietre intagliate in forma di alpaca, lama o pecore, usate dai pastori andinicome oggetti magici portatori di fertilità del gregge. Nel corso delle mesada dedicate al bestiame – effettuate per lo più nel periodo del carnevale – gli incaychus vengono estratti dall’involucro in cuisono conservati insieme a foglie di coca, e sono collocate sulla mesa dopo esser stati cosparsi digarofani e chicha (bevanda fermentata alcolica a base di mais) (Sharon, 1980: 84). Frequentemente,

fra le pietre della mesa si incontrano magnetiti (calamite), impiegate principalmente, per via dellaloro caratteristica attrattiva, nelle operazioni di magia amorosa ( guayanche), così come nella curadel susto, che prevede il ricongiungimento della sombra (“anima” in senso lato) al corpo del

 paziente. Le piedras del relámpago (pietre del fulmine), costituite da pezzi di silice ignifera,vengono sfregate fra loro per produrre scintille nel corso di operazioni magiche di descontagio e dilimpia. Pezzi di quarzo (chiamati diamantes) si trovano nella parte centrale della mesa e sonoassociati alla “chiarezza” e “trasparenza” delle visioni indotte dal San Pedro. Ancora, trovano postosulla mesa degli enteroliti – corrispettivi delle pietre bezoar delle capre euroasiatiche – che sonoconcrezioni sferoidali che si trovano nello stomaco degli animali ruminanti, in particolare dei lama.Vengono impiegate per propiziare magicamente la fortuna e favorire la riproduzione dei greggi.

Altri oggetti fondamentali di una mesa sono le vara, cioè bastoni di legno, alti mediamente 70 cm,con l’estremità inferiore appuntita per poter essere infisse nel terreno. Alcune – in particolare levaras de chonta, dove chonta è il nome di un particolare tipo di legno – possono essere intagliatecon rappresentazioni dello spirito tutelare dell’albero dal quale sono state ricavate o conrappresentazioni di lucertole, croci, serpenti, o anche di San Cipriano. La vara mayor o chontamayor (“bastone principale”) è quella preferita dal curandero e ricopre un ruolo importante nellatrasmissione del potere nell’apprendistato. Le vara vengono infisse in fila nel terreno nel latosuperiore della mesa e fungono da antenne per la trasmissione-ricezione delle energie magnetichecoinvolte nel corso del lavoro eseguito durante la sessione, così come formano una protezione dellamesa contro le energie maligne. Quando il paziente si pone di fronte alla mesa per l’iniziodell’attività magico-curativa, il curandero osserva attentamente le vara per individuare quale di

queste si mette a “vibrare”, e sarà questa ad essere utilizzata dal paziente nel corso della cura.Sulla mesa si trovano anche spade e pugnali, armi utilizzate nel corso dei “combattimenti magici”del curandero contro le forze del male. Queste armi possiedono una sombra (“ombra”) cheaccompagna il curandero nei suoi viaggi fuori dal corpo indotti dalla bevanda del San Pedro. Ognispada, pugnale e vara possiede un nome specifico, attribuito dal curandero e frequentementeriferentisi a nomi di santi e personaggi cristiani, quali Spada di San Paolo, Spada di San Michele,Baionetta di Satana, Vara dell’Aquila, Vara della Vergine de la Mercedes, ecc. (Polia Meconi, 1988:31). Di frequente le spade – che devono essere “vergini”, cioè non aver mai toccato sangue né esser state usate per altri scopi all’infuori dell’uso come strumento della mesa – hanno nel manicoraffigurazioni di uccelli, un dato che suggerisce una certa relazione col volo sciamanico (PoliaMeconi, 1996, I: 362).

Le numerose conchiglie presenti sulla mesa sono chiamate artes e sono considerate di generefemminile. Vi sono le conchiglie marine del genere Strombus, chiamate toro, impiegate nelleoperazioni di “difesa”, come contenitori del succo di tabacco e alcol; altre, chiamate amansadora,sono conchiglie bivalve usate per contenere i liquidi; altre ancora, chiamate suerte, anch’esse delle

 bivalve, sono utilizzate per la divinazione: vengono gettate al suolo dal curandero e osservate nella posizione in cui cadono, con lo scopo di confermare o meno l’identificazione delle piante curativeda utilizzare e visualizzate nel corso delle visioni indotte dal San Pedro; vi sono quindi le perla deamor e le perla madriguera, usate per l’inalazione di liquidi, a base in particolare di tabacco e alcol,

 profumi compresi. Tale operazione viene chiamata shingada o singada.

Diversi profumi sono usati nelle offerte e, nel corso della sessione della mesada, vengono aspersiintroducendoli nella bocca e soffiandoli fuori con forza (un’operazione chiamata fogueo) indirezione delle montagne e di altri luoghi sacri, così come sopra gli strumenti presenti sulla mesa.La funzione generale dei profumi è quella di attrarre gli spiriti positivi e di allontanare quelli

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malevoli. Sono sparsi anche sulle persone alla fine della sessione, un’operazione che prende il nomedi florecimiento.

Anche vino bianco e altri alcolici vengono sparsi sulla mesa e sostituiscono l’originale bevandaalcolica tradizionale, la chicha. Il curandero utilizza le varie fonti di alcol anche per la difesa daisuoi nemici (i malero), soffiandole fuori dalla bocca contro i loro occhi (nel corso delle sue visioni),con lo scopo di oscurare loro la vista e di ubriacarli per renderli inoffensivi.

Altri oggetti indispensabili della mesa sono dei reperti archeologici – piccole armi, figurine di pietrao di rame, punte da caccia microlitiche -, così come sonagli di differente forma e materiale,impiegati per ritmare i canti durante le sessioni della mesada.

La struttura spaziale della mesa 

La mesa fisica, di forma rettangolare e nella maggior parte dei casi costituita da una stoffa, è sempreorientata in direzione delle lagune sacre di Las Huaringas, o di altro luogo considerato sacro.Collocata il più delle volte direttamente sul terreno, la sua organizzazione spaziale è alquantocomplessa, con una suddivisione a più livelli. In un primo livello è divisa in tre zone, chiamatecampi (campos, mesas o bancos). Il campo di sinistra è chiamato Campo Ganadero, Campo

Curandero o Campo Moro, cioè campo dell’astuto commerciante, Satana, e contiene oggettiassociati alla forza del male e della magia nera e strumenti per la lotta contro queste forze, fra cuiframmenti di ceramica antica, pietre provenienti da siti archeologici, alcol, vara de chonta,specifiche per le operazioni di limpia (“pulizia”). Attraverso gli oggetti di questo campo si svolgonole azioni di difesa e di attacco delle forze “contrarie”.

Il campo di destra è chiamato Campo Giustiziero o Mesa Suertera, e contiene oggetti associati allamagia bianca e al bene, fra cui immagini di santi, cristalli, conchiglie, profumi, acqua benedetta,infuso di San Pedro. La sua principale funzione è di propiziare la buona fortuna e la salute.

Il Campo Medio, centrale, chiamato da alcuni curandero Campo Guayanchero o Mesa Paradora, ègovernato da San Cipriano e contiene oggetti dal potere mediatore, che bilanciano le forze del bene

e del male, quali specchi, statue di san Cipriano, immagini solari, erbe magiche. San Cipriano èconsiderato il santo protettore dei curandero andini, essendo considerato un praticante di magia nerache in seguito si convertì al Cristianesimo (si veda San Cipriano e il San Pedro). La funzione delcampo intermedio è quella di “vedere” l’origine dei malanni o gli oggetti perduti e divinizzare sul

 passato e sul futuro.3

Joralemon (1984) propone una sistematica della mesa un poco differente dal punto di vistaconcettuale. Piuttosto che vedere i due lati di sinistra e di destra come un’opposizione fra male e

 bene e fra morte e vita, preferisce adottare le valenze di “prendere la vita (stregoneria)” e “dare lavita (cura)” (“life-taking” e “life-giving”), con un concetto duale più complementare che diopposizione.

In ciascuna delle tre zone della mesa sono presenti dei contenitori con delle erbe, dalle proprietà psicoattive, magiche o curative. Il curandero José Paz Chapoñan, studiato da Joralemon (1984: 4),ha dato la seguente interpretazione di questo materiale vegetale: le erbe del Banco Ganadero sonovelenose, quelle del Banco Giustiziero sono curative, e quelle del Banco Guayanchero (centrale)sono erbe della fortuna. Le erbe di ciascun gruppo possiedono differenti forme allucinatorie sottol’effetto del San Pedro: quelle velenose appaiono come forme animali, quelle curative come piantemedicinali, e quelle della fortuna come fiori. La pozione del San Pedro viene sempre collocata nelBanco Giustiziero. Polia Meconi (1996, II: 448) offre un’interpretazione differente, basata sullaopposizione concettuale di selvatico e coltivato, naturale e manifatturiero (“industriale”): nel BancoGanadero sono collocate piante raccolte in natura, fra cui le piante purgative, il tabacco moro(selvatico), le piante odorose selvatiche; nel Banco Giustiziero si trovano fiori coltivati (rose,garofani), limoni, tabacco coltivato, profumi industriali. Il decotto di San Pedro, in quanto prodottoelaborato dall’uomo, si trova sempre nel Banco Giustiziero, mentre una “testa” del cactus (la suacima) è sempre presente nel Banco intermedio.

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La mesa tripartita (da Sharon, 1980, fig. 6-2, p. 90)

In un secondo livello la mesa è quadripartita in base ai “quattro venti e ai quattro cammini”,corrispondenti simbolicamente ai quattro punti cardinali. I “quattro cammini” sono le quattrodiagonali che partono dall’oggetto posto al centro della mesa, da alcuni ritenuto essere un

crocefisso, da altri una testa di cactus di San Pedro. La zona est della mesa è considerata positiva esicura, poiché è da questa direzione che sorge il sole, mentre la zona ovest è considerata negativa e pericolosa. In base a questa quadri-partizione della spazialità della mesa si vengono a creare quattrosuperfici triangolari, che contengono ciascuna oggetti affini fra di loro in base a specifiche qualità:morte (polo ovest), rinascita (polo est), potere (polo nord) e azione (polo sud) (Sharon, 1980: 90).

Per quanto riguarda l’oggetto centrale della mesa, individuato da Sharon con il crocefisso, è piùcredibilmente individuato da Polia Meconi (1996, II: 439 e 649) con la testa del cactus di SanPedro, sempre presente congiuntamente al crocefisso nel centro della mesa, ed è inteso come unaxis mundi o un albero cosmico. La quadripartizione della mesa non dipende tanto e quindi dallaquadripartizione del crocefisso, bensì da quella presente nel San Pedro ideale (e in certi casi reale),cioè quello dotato di quattro coste.

La mesa quadripartita (da Sharon, 1980, fig. 6-3, p. 90)

Lo sviluppo temporale e le operazioni della mesada 

Le descrizioni dei diversi ricercatori che hanno studiato la mesada appaiono un poco differenti fraloro, per via di una certa variabilità nell’ordine cronologico, nel tipo di operazioni eseguite e nellaterminologia adottata dai vari curandero. Seguendo la descrizione di Sharon (1980), la seduta dellamesada si suddivide in due momenti cronologici: la parte cerimoniale e la cura propriamente detta.La parte cerimoniale dura dalle nove-dieci di sera sino alla mezzanotte, ed è costituita

 principalmente di preghiere, canti (tarjos) e shingadas (levantadas). Segue la bevuta del San Pedro,

che da inizio alla seconda parte del rituale notturno. I canti rituali (tarjos) sono canti intercalati dafischi accompagnati da un sonaglio suonato dal curandero.

Polia Meconi (1988) considera la mesada costituita di: invocazione d’apertura, florecimiento della

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mesa, offerta agli encantos, shingada di tabacco selvatico, bevuta del San Pedro, spegnimento delleluci e attesa silenziosa del sopraggiungere degli effetti del San Pedro, diagnosi (rastreo) e responso,

 pratiche di cura (limpias, chupadas, ecc.), florecimiento dei partecipanti e degli oggetti della mesa, shingada di tabacco coltivato, assunzione dell’arranque per smorzare gli effetti del San Pedro.

Di seguito diamo la descrizione dei principali riti della mesada. Per una descrizione e spiegazionedettagliata di tutte le operazioni rituali si rimanda all’ottimo lavoro cumulativo di Mario PoliaMeconi, “ Despierta, remedio, cuenta…”: adivinos y médicos del Ande (2 volumi, 1996).

Curandero peruviano mentre effettua la “shingada”, cioè assorbendo un liquido alcolico attraversola narice (da Polia Meconi, 1991, p. 54)

Il rito del florecimiento viene eseguito nei confronti della mesa all’inizio della sessione, mentrenella parte finale viene eseguita sulle persone partecipanti. Si tratta di un rito propiziatorio conrecita di formule augurali e presentazione di offerte e altri atti rituali rivolti agli oggetti o alle

 persone. Le offerte vengono eseguite introducendo nella bocca zucchero bianco, farina di mais bianco, miele, succo di canna da zucchero, succo di limone, profumi e altri ingredienti di natura

“fresca”, spruzzandoli quindi verso i soggetti dell’offerta, cioè determinate parti del corpo di unindividuo o gli oggetti della mesa. Questa operazione è chiamata fogueo.

La shingada ( singada, shinguiada) , chiamata anche levantada o alzada, consiste nell’inalazione diun liquido e deve essere effettuata ogni volta da entrambe le narici, prima quella di sinistra e poiquella di destra. Il termine shingada proviene dal quechua senga, “narice” e sengay, “inalareattraverso la narice”. E’ un’operazione magica che viene effettuata numerose volte durante lasessione della mesada, e anche in altri contesti, come durante i bagni rituali alle lagune di LasHuaringas o nei riti di purificazione. E’ considerata un’operazione di fortificazione dello spirito e didifesa dalle entità malevoli e, nei contesti di chiusura della mesada, ha funzioni propiziatorie difortuna e salute. L’elemento basilare del liquido della shingada è il tabacco. Le sue foglie vengono

 poste a macerare nell’alcol di canna per alcune ore e al macerato così ottenuto si possonoaggiungere altri ingredienti, quali profumi, il decotto di San Pedro, le misha ( Brugmansia). E’fondamentale inalare il liquido mediante le conchiglie, altrimenti l’operazione è considerata nulla.Un tempo i curandero dicevano “vamos a conchear ” (“andiamo a conchigliare”) quando siapprestavano ad effettuare l’operazione della shingada, ponendo quindi in evidenza l’importanzadel mezzo della conchiglia (concha) (Polia Meconi, 1988: 99). L’operazione della shingada èdifficile, debilitante, e produce frequentemente nausea e vomito fra i presenti, ma quasi mai alcurandero e ai suoi assistenti, che evidentemente vi si sono abituati. Il vomito è considerato positivodai curandero, poiché ritengono che in tal modo vengano espulsi i “mali” dell’individuo. Comeriportato da Menacho (1988: 20), è un atto che richiede “coraggio e volontà e contiene, allo stessotempo, forza e debilitazione. E’ la fermezza e la decisione dell’atto a convertirlo da esperienza

terribile e scoraggiante in un trionfo fisico e psichico”. Polia Meconi (1996, II: 559-60) offre laseguente descrizione della shingada:

“I pazienti, uno alla volta, stanno in piedi fra quattro alzadores (assistenti del curandero) disposti

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uno alle sue spalle, uno di fronte, uno a sinistra e uno a destra, formando idealmente una croce.Ciascuno tiene in mano una conchiglia che il curandero riempie di tabacco moro macerato in alcolcon alcune gocce di acqua di colonia. Il maestro [curandero] si dispone vicino al gruppo deglialzadores con la sua chungana [sonaglio], mentre uno dei suoi aiutanti resta vicino alla mesa per custodirla. Ciascun alzador appoggia la sua conchiglia in una parte del corpo del paziente nelseguente modo: quello di sinistra nell’orecchio sinistro, quello di destra nell’orecchio destro, quello

che sta alle sue spalle nella nuca, e quello che sta di fronte nel petto e sulla fronte. Il maestro recitale formule a voce alta accompagnandosi con il suo sonaglio. Ciascuno dei quattro alzadores iniziaad assorbire il tabacco iniziando dalla narice destra e mantenendo la conchiglia a contatto con ilcorpo del paziente. Dopodiché “singano” con la narice sinistra. Le “coppie” [di shingadas] siripetono per tre volte, poi il maestro pone sulla testa del paziente una conchiglia marina. Il paziente

 piega la testa e lascia cadere la conchiglia sul davanti. Se questa cade con la bocca verso l’alto,significa che le shingada sono state sufficienti e il paziente resta “de-contagiato”; se cade con la

 bocca verso il basso, significa che si deve ripetere un altro ciclo di “coppie” [di shingada] sino aquando la conchiglia cade in posizione fausta. Non può essere partecipe un alzador che abbia unarelazione di parentela con il paziente.”

 Non sono stati finora eseguiti specifici studi farmacologici sugli effetti psico-fisici della shingada,ma è assai probabile – come del resto riportato da diversi curandero – che l’inalazione di tabaccorinforzi gli effetti psicoattivi del San Pedro, così come è probabile che anche l’inalazione di alcol,che rende difficile sino a dolorosa la pratica della shingada, agisca in maniera sinergica con glieffetti congiunti del San Pedro e del tabacco.

A mezzanotte viene bevuto da tutti i presenti l’infuso di San Pedro, e ciò da inizio alla seconda partedella mesada, la “cura”. Il San Pedro viene generalmente assunto a più riprese, da una a cinque, il

 più delle volte in tre somministrazioni, le cui quantità sono decise dal curandero per ogni individuo presente alla sessione. I partecipanti si dispongono in semicircolo di fronte alla mesa e ladistribuzione rispetta il senso orario; la pozione viene bevuta da tutti con il medesimo recipiente.Esiste una regola ferrea presso tutti i curandero, e cioè, colui che prepara la bevanda a base di San

Pedro – curandero o assistente che sia – deve essere colui che la distribuisce.Dopo l’assunzione vengono spente le luci e può passare un certo periodo di comune silenzio, inattesa della salita degli effetti della bevanda psicoattiva.

Attraverso le visioni indotte dal San Pedro, il curandero “vede” l’origine dei malanni dei pazienti presenti alla sessione di cura, e la comunica a ciascun paziente, preso un poco in disparte.

La limpia (o limpiada) è uno degli atti rituali più “spettacolari” della mesada, dove vengonoutilizzate lunghe spade o bastoni, agitati contro l’aria e contro il suolo nel corso dell’espulsione deimali dei pazienti. Lo scopo specifico della limpia è quello di trasferire il male – inteso come agente

 patogeno – dal corpo del malato a uno degli oggetti della mesa. L’operazione si sviluppa in due fasi:

lo sfregamento dell’oggetto “assorbente” il male sul corpo dell’individuo, e l’espulsione del maledall’oggetto che lo ha assorbito. Gli oggetti (artes) più comunemente usati sono bastoni di legno,spade di ferro, o magnetiti, e per ogni operazione di limpia possono essere impiegati, uno a uno, piùdi un oggetto. Le operazioni di sfregamento (restrego) dell’oggetto sul corpo seguono un precisoordine spaziale e cronologico, partendo dal centro del corpo e terminando alle sue estremità, in unadirezione di “flusso” che va dall’interno all’esterno e dall’alto verso il basso. Ogni sfregamento,dopo esser passato per le varie parti del corpo, termina con il contatto con il terreno dell’oggetto cheha assorbito il male. Alla fine di ogni sfregamento, il paziente deve saltare coi piedi sopra l’oggettosenza toccarlo, seguendo un preciso ordine spaziale (davanti, indietro, a destra e a sinistra).Dopodiché il curandero (o un suo assistente) si allontana e agita fortemente l’oggetto in aria ocolpendo il terreno, con lo scopo di espellervi il male che ha assorbito durante l’operazione di

sfregamento.“Dopo aver eseguito tutte le operazioni di sfregamento, il paziente viene sollevato dal suolo. Conquesto scopo l’operatore mette sul suo petto un bastone afferrandolo con entrambe le mani e,

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spingendo il paziente contro il suo petto, piegando il corpo lo alza mentre il paziente sgambetta conforza. La prima volta il paziente appoggia le spalle contro il petto dell’operatore. La seconda volta è

 petto contro petto e l’operatore tiene il bastone appoggiato contro le spalle del paziente” (PoliaMeconi, 1996, II: 568).

La limpiada si conclude con l’operazione definitiva di espulsione (despacho o botada) del maledall’ambiente, coinvolgendo il medesimo paziente, il quale, con un bastone o con una spadaassegnatagli dal curandero, deve colpire il suolo o tagliare l’aria “gettando via” i mali verso unazona in cui non vi siano altre persone.

Un’altra operazione terapeutica frequente durante la mesada è la chupada, durante la quale ilcurandero effettua una suzione del male dalla parte del corpo dolorante del paziente mediante un

 bastone oppure direttamente con la bocca. Nel corso della suzione il curandero tiene nella sua boccadel tabacco, con l’eventuale aggiunta di profumi, miele, petali di rosa, acqua delle lagune sacre,limone, o zucchero. Il tabacco tenuto in bocca è l’oggetto su cui viene trasferito il male, e vienesputato via subito dopo l’operazione di suzione. La chupada è considerata un’operazione alquanto

 pericolosa, poiché, se non eseguita correttamente, può danneggiare colui che la esegue. Si tratta diun’operazione “magica” ampiamente diffusa nello sciamanesimo andino e amazzonico.

Operazione di suzione (“chupada”) del male da un paziente mediante un bastone (da Polia Meconi,1996, II, fig. 13)

Al termine della mesada tutti i presenti assumono un poco di arranque, con lo scopo di “rompere”(arrancar ) gli effetti del San Pedro. Si tratta di un antidoto agli effetti degli agenti visionari la cuiefficacia farmacologica non è ancora stata studiata (si veda Il Complesso etnobotanico del SanPedro). Gli oggetti della mesa vengono quindi scrupolosamente riavvolti e rinchiusi in un luogo

 privo di luce prima che sopraggiungano le prime luci dell’alba.

 Note

1 – Al gruppo delle lagune de las Huaringas (o Huarinjas) appartengono le Arriebatadas(“inquiete”), chiamate in tal modo per via del continuo vento che muove le loro acque; lePalanganas (“orgogliose”), che sono un gruppo di sette laghi, considerati efficaci nella cura deidisturbi depressivi; seguono le lagune de los Relámpagos, de los Patos, del Oro, de la Plata, del ReInca – dove la leggenda dice che si sia immerso l’Inca –, de la Princesa. Una delle più grandi è lalaguna Shimbe (o Chimbe), chiamata anche Siviricuche o Sibiricuche (“lago di turchese”) e quelladi maggiori dimensioni è la Laguna Negra o Huaringa, ai piedi del Cerro Negro. Attorno a questomonte vi sono altri piccoli laghi, chiamati Laguna de la Serpiente o Ciénaga de la Muerte, Lagunade las Estrellas, Laguna del Toro, Laguna del Gallo. Fuori dal gruppo delle lagune de las Huaringas,sempre nella provincia di Huancabamba, sono rinomate La Quebrada del Inca, dove v’è una famosa

 pietra granitica scavata dall’acqua, chiamato Baño del Inca, considerata sacra (huaca) e nella cui

concavità piena di acqua vengono immerse le offerte dei pellegrini. Anche nell’attigua provincia diAyabaca vi sono lagune sacre visitate dai curandero, la più importante delle quali è la LagunaPrieta. Nella laguna di Ambulco v’è una cascata nella quale la leggenda vuole si fosse bagnato un

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tempo l’Inca (Polia Meconi, 1988: 85-7).

2 – Così lo ha definito Polia Meconi, 1996, II: 425.

3 – Polia Meconi (1996, II: 424) offre la seguente terminologia dei tre campi in cui è suddivisa lamesa: la parte sinistra è chiamata con i termini mesa mora, mesa negra, mesa ganadera, mesa

 gentileña, mesa curandera; la parte intermedia mesa paradora, mesa levantadora, mesa mora,

mesa rastrera; la parte destra mesa suertera, mesa criandera, mesa florecedora.Si vedano anche:

L’uso tradizionale del cactus del San Pedro

Il San Pedro nei documenti storici

Il Complesso etnobotanico del San Pedro

Donne e San Pedro

Archeologia del San Pedro

Chiocciole e San Pedro

Racconti divinatori sul San Pedro

Il San Pedro e San Cipriano

La leggendaria riduzione del potere del San Pedro

Bibliografia generale sull’uso tradizionale del San Pedro

 

BUSSMAN W. RAINER & DOUGLAS SHARON, 1999, Shadows of the colonial past – Diverging

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CAVENDER P. ANTHONY & MANUEL ALBÁN, 2009, The use of magical plants by curanderosin the Ecuador highlands, Journal of Ethnobiology and Ethnomedicine, vol. 5:3, 9 pp.

GIESE C. CLAUDIUS, 1991, El rol y significado de las Lagunas Huaringas cerca de Huancabambay el curanderismo en el norte del Perú, Bulletin de l’Institut Français d’Études Andines, vol. 20(2),

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GLASS-COFFINE BONNIE, 1998, The Gift of Live. Female Spirituality and Healing in Northern Peru, University of New Mexico Press, Albuquerque.

JORALEMON DONALD, 1984, Symbolic Space and Ritual Time in a Peruvina Healing Ceremony, San Diego Museum of Man, Ethnic Technology Notes n. 19, San Diego.

KVIST P. LESTER & MÓNIC R. MORAES, 2006, Plantas psicoactivas, in: M. Moraes et al. (cur.), Botánica Económica de los Andes Centrales, Universidad Mayor de San Andrés, La Paz, pp. 294-312.

MENACHO S.J. ALFREDO, 1988, Ritos mágicos y estados alterados en el contexto delcuranderismo de la Costa Norte del Perú,  Bulletin de l’Institut Français d’Études Andines.Document de Travail, vol. 1, pp. 17-26.

POLIA MECONI MARIO, 1988, Las lagunas de los encantos. Medicina tradicional andina del  Perú septentrional , Cepeser Ediciones, Piura.

POLIA MECONI MARIO, 1993, L’uso del cactus Trichocereus pachanoi nella medicinatradizionale andina del Peru settentrionale, Altrove, vol. 1, pp. 77-92.

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POLIA MECONI MARIO, 1996, “ Despierta, remedio, cuenta…”: adivinos y médicos del Ande, 2voll., Fondo Editorial de la Pontificia Universidad Católica del Perú, Lima.

SHARON DOUGLAS, 1980, El Chamán de los Cuatro Vientos, Siglo Veintiuno Editores, MéxicoD.F.

SHARON DOUGLAS (Ed.), 2003, Mesa and Cosmologies in Mesoamerica, San Diego Museum

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Donne e San Pedro

Women and the San Pedro 

Gli antropologi che, a partire dagli anni 1950, hanno effettuato ricerche sul campo volte allo studiodel curanderismo nord-peruviano e dell’utilizzo tradizionale del cactus allucinogeno del San Pedro(si veda L’uso tradizionale del cactus del San Pedro), non hanno mai contemplato la possibilità che

 potessero esistere donne curandero, partendo dal presupposto che il curandersimo riguardasseunicamente persone di genere maschile. I motivi di questa convinzione, rivelatasi errata, hanno per causa diversi fattori, fra cui la gelosia dei curandero nei confronti della loro professione “maschile”,il fatto che i ricercatori che li studiavano erano tutti uomini, e il fatto che le curandero donne hannola tendenza a non rivelarsi a degli “stranieri” (studiosi) maschi, così come la loro attività è meno

 pubblica di quella dei loro colleghi maschi.Dalle indagini antropologiche in merito all’esistenza di donne che curano nel Peru settentrionale,risultava solamente un’associazione folclorica di certe figure femminili con il concetto tuttooccidentale di bruja, cioè “strega”, intesa come procacciatrice di mali attraverso i suoi“incantesimi” e il loro “patto con il demonio”.

Eppure, nella ricca iconografia dei reperti archeologici pre-incaici in cui è rappresentato il SanPedro, è frequente l’immagine di donne in azioni divinatorie o nell’atto di curare dei malati; un datoche avrebbe dovuto far sorgere quanto meno il sospetto di una sopravvivenza attuale di questa

 pratica femminile. Inoltre, curiosamente, gli studiosi maschi che si sono occupati di cercareriferimenti al San Pedro nei documenti storici, non si sono accorti di alcuni importanti documentiche coinvolgono l’universo femminile. Uno di questi, datato al 1629, menziona l’utilizzodell’achuma (San Pedro) da parte di certe donne (si veda Il San Pedro nei documenti storici). Unaltro documento, datato al 1771, inerente un atto giudiziario ecclesiastico nei confronti di uncurandero di nome Juan Catacaos, questi affermò di aver ereditato la sua “attività stregonica” (= lasua professione curanderile) da una donna. E’ significativo il fatto che questi documenti siano statiindividuati da una studiosa donna.1 Tutto ciò evidenzia quanto il genere nei ricercatori possainfluenzare i risultati della ricerca.

Si è dovuto attendere lo studio sul campo di una antropologa, Bonnie Glass-Coffin, per correggerequesta grossa “svista” nello studio del curanderismo nord-peruviano. Questa studiosa, che iniziò lasua fruttuosa ricerca nel 1988, rivelò l’esistenza di donne curandero nei dipartimenti peruviani di

Piura, Cajamarca e Lambayeque, cioè nelle medesime aree geografiche dove è diffuso ilcuranderismo maschile. Le curandero donne incontrate da questa antropologa hanno un’etàcompresa fra i 24 e i 60 anni e praticano la loro attività mediante ritualità, strumenti e terminologie

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simili a quelli dei colleghi maschi, inclusa la pratica della mesada notturna e l’assunzione del SanPedro (si veda La mesada con il San Pedro).

Queste curandero considerano il San Pedro il “maestro della mesa”, senza il quale non sarebbe possibile il loro lavoro, fornendo la “vista” che permette di diagnosticare i mali e curare i pazienti.Per Isabella, curandera di 40 anni d’età e che pratica nell’area di Chiclayo, questa “vista” simanifesta in molteplici modi: “alcune volte lo spirito del San Pedro si presenta come una voce chele parla all’orecchio. Altre volte si presenta come uno schermo, mostrando scene visive come in una

 pellicola del cinema. Altre volte la possiede e la sua voce parla attraverso di essa” (Glass-Coffin,1996: 22).

Congiuntamente alle similitudini che si possono riscontrare nelle ideologie e nelle pratiche deicurandero maschi e femmine nel Peru settentrionale, vi sono importanti differenze, che possonoessere riassunte come segue: le curandero femmine sono maggiormente influenzate dalla spiritualitàe simbologia cristiana; il tipico dualismo andino, di tipo oppositorio (cioè “escludente l’opposto”)fra i curandero maschi, fra le donne curandero è vissuto in maniera integrativa e in ultima analisimaggiormente esistenzialista; nel curanderismo femminile la malattia è concepita per lo più comecausa dei propri errori, piuttosto che come frutto di stregonerie altrui. Significativo è il seguente

 passo, che riassume le conseguenze “pratiche” di questa differenza di visione rispetto ai curanderomaschi:

“In altre parole, queste donne non curano ‘per conto dei loro pazienti’, bensì insistono che i pazienti partecipino attivamente nelle loro proprie cure e si assumano la responsabilità delle cause della lorosofferenza. Invece di trattare i loro clienti come vittime passive, dipendenti dal potere dellosciamano per trasformare la loro sofferenza, queste donne enfatizzano l’azione del sofferente, siaagevolando che dominando la propria malattia. Esse enfatizzano sul fatto che la cura nonsopraggiunge mediante la vittoria da parte del curatore di un nemico invisibile, bensì che la cura èottenuta solamente attraverso l’accettazione delle circostanze della vita e mediante una specie di‘mettersi giusti’ con le forze dell’universo. Il compito del curatore è solo quello di guidare il

 paziente verso una comprensione consapevole di questo sforzo” (Glass-Coffin, 1998: 185-6).

Una curandera donna di fronte alla sua mesa (da Glass-Coffin, 1998, fig. 14)

Come sopra riportato, il rapporto delle donne con il San Pedro è testimoniato anche dalladocumentazione archeologica, in particolare nella ceramica Moche e Lambayeque. Frequente èl’immagine di donne nell’atto di aiutare nel parto ( parteras), di divinizzare, di curare dei malati.Queste donne sono generalmente raffigurate con una specie di cappuccio o turbante, oppure con unlungo velo che ricopre i capelli o, in alcuni casi, hanno i capelli scoperti. Di frequente accanto alladonna è raffigurato un bambino e/o una piccola scatola, che conterrebbe delle pietre magiche ad usodivinatorio. Quelle che tengono in mano il San Pedro – spesso raffigurato come un insieme di

 protuberanze che fuoriescono dalla palma della mano – vengono chiamate dagli studiosiachumeras, cioè mangiatrici di achuma (San Pedro; si veda Archeologia del San Pedro).

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Terracotta moche con raffigurazione di una donna con accanto un bambino e nella mano destra unSan Pedro (foto D. Sharon, Museo Larco Herrera, Lima, rip. in Glass-Coffin et al., 2004, fig. 5, p.85)

Alcuni studiosi, in seguito a un’attenta analisi dell’iconografia della donna sciamana nella culturamoche, avrebbero individuato una distinzione funzionale delle figure femminili raffigurate in questireperti, e in diversi casi ricoprirebbero un qualche ruolo associato alla morte. Nella fattispecie, ledonne con un velo largo “interverrebbero nel momento di passaggio, in particolare nella nascita enella morte, e sono probabilmente quelle che squartano i prigionieri sacrificati” (Makowski, 1994:82), come è possibile osservare in un’immagine tratta da una ceramica moche, dove alcune figurefemminili sono direttamente coinvolte nell’atto di squartamento di una vittima del sacrificio. Danotare il piccolo “tempio” sulla destra con dentro un’altra donna con accanto un paio di contenitori,di cui uno contenente probabili pozioni psicoattive, e l’altro, più grande, forse contenente il sanguesacrificale.

Sacerdotesse che intervengono nel rito di squartamento di un uomo sacrificato (da Jordán, 2012, fig.3, p. 20)

La figura femminile raffigurata con i capelli scoperti potrebbe aver avuto funzioni di psicopompo oessere comunque associata a riti di sacrificio e di morte, preparando in un qualche modo gli

individui che stavano per essere sacrificati. Parrebbe essere il caso della figurina moche (della faseIII) ritrovata in una sepoltura di Huaca della Luna accanto alle rimanenze di un corpo squartato diun probabile prigioniero sacrificato.

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Figurina moche rappresentante una figura femminile che tiene fra le mani un oggetto discoidale eun pezzo di cactus di San Pedro, ritrovata in una sepoltura di Huaca della Luna (da Glass-Coffin,2004, fig. 2, p. 83)

Significativa è l’analogia riscontrata fra l’oggetto discoidale tenuto in mano dalla donna dellaceramica moche e un simile oggetto utilizzato oggigiorno da una donna curandero di nome Ysabel,che opera nella cittadina di Chiclayo, e che sarebbe stato ritrovato internamente a una tomba antica.Queste pietre venivano e vengono tutt’ora impiegate per fare offerte e “tributi” ( pagos) alla natura eagli astri, versandovi del mais bianco polverizzato (Glass-Coffin et al, 2004: 91).2

Le donne con il cappuccio o turbante, specie le anziane con rughe sul viso, potrebbero essere inassociazione funzionale con il sacrificio dei bambini rivolto agli antenati (Bourget, 2001: 102-5).

 Note

1 – Glass-Coffin, 1998: 44.

2 – L’oggetto rotondeggiante è stato tuttavia interpretato anche come coperchio del calice in cuiandava versato il sangue del sacrificato (Scher, 2011: 383).

 

Si vedano anche:

L’uso tradizionale del cactus del San Pedro

Il San Pedro nei documenti storici

Il Complesso etnobotanico del San Pedro

La mesada col San Pedro

Archeologia del San Pedro

Chiocciole e San Pedro

Racconti divinatori sul San Pedro

Il San Pedro e San Cipriano

La leggendaria riduzione del potere del San Pedro

Bibliografia generale sull’uso tradizionale del San Pedro

 

BOURGET STEVE, 2001, Children and Ancestors: Ritual Practices at the Moche Site of Huaca de

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GLASS-COFFIN BONNIE, 1996, El chamanismo, el San Pedro y la mesa: notas preliminaressobre el género, el estado modificado de conciencia y la curandería en el norte del Perú, in: Actasdel II Congreso Internacional para el Estudio de los Estados Modificados de la Consciencia,Lleida, España, Octubre 1994, pp.21-25.

GLASS-COFFINE BONNIE, 1998, The Gift of Live. Female Spirituality and Healing in Northern Peru, University of New Mexico Press, Albuquerque.

GLASS-COFFIN BONNIE, DOUGLAS SHARON & SANTIAGO UCEDA, 2004, Curanderas a lasombra de la Huaca de la Luna,  Bulletin de l’Institut Français d’Études Andines, vol. 33, pp. 81-95.

JORDÁN R. FRANCO, 2012, Oficiantes y curanderos moche; una visión desde la arqueología,  Pueblo Continente, vol. 23(1), pp. 18-26.

MAKOWSKI KRZYSZTOF, 1994, La figura del ‘oficiante’ en la iconografía mochica: ¿shamán osacerdote?, in: L. Millones & M. Lemlij (cur.), En el nombre del Señor: Shamanes, demonios ycuranderos del norte del Perú, Australis S.A., Lima, pp. 52-101.

SCHER E.M. SARAHH, 2011, Clothing Power: Hierarchies of Gender Difference and Ambiguityin Moche Ceramic Representations of Human Dress, Thesis, Faculty of the Graduate School of Emory University.

Archeologia del San Pedro

Archaeology of the San Pedro

Il San Pedro (nelle due specie Echinopsis [Trichocereus] pachanoi ed E. peruvianus) è un cactuscolonnare alto alcuni metri, dalle potenti proprietà allucinogene ed è da tempo utilizzato dalle popolazioni che vivono sulle Ande (si veda L’uso tradizionale del cactus del San Pedro). Ladocumentazione archeologica ha dimostrato che il rapporto di questo cactus con l’uomo è antico dialmeno 10000 anni.

Frammento di Echinopsis (Trichocereus) peruvianus ritrovato nella Grotta del Guitarrero (Ancash,Peru) e datato al 8200-6800 a.C. (da Lynch, 1980)

Per quanto riguarda i resti materiali di San Pedro, il più antico ritrovamento è datato a un periodomolto arcaico della cultura sudamericana. E’ stato localizzato nel dipartimento peruviano di Ancash,durante gli scavi della Cueva del Guitarrero, a 2580 m sul livello del mare, ai lati della Cordigliera

 Nera. Questa grotta fu abitata in maniera continuativa sin dal 8600 a.C. Negli strati più profondidella grotta è stata rivelata la presenza elevata di polline di Echinopsis peruvianus, con una mediadel 5% e, fra il 7400 e il 6800 a.C., con un picco del 15%. Questo dato è accompagnato dalritrovamento di resti fossilizzati di Echinopsis (“macrofossilis”), un fatto che corrobora l’ipotesi diuna raccolta e introduzione intenzionale del cactus all’interno della grotta. E’ stato ritrovato anche

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un frammento di cactus identificato con E. peruvianus, con tanto di spine e datato fra il 6800 e il6200 a.C., e un ulteriore frammento del medesimo cactus è datato a dopo il 5600 a.C. (Lynch,1980). L’archeologo Thomas Lynch, che effettuò i ritrovamenti, non ne comprese l’importanzaetnobotanica, e si è dovuto attendere lo studio di Feldman Gracia (2006) per una valutazione piùcompleta di questa scoperta.

Un altro ritrovamento proviene dal sito peruviano di Las Aldas (provincia di Casma, Dipartimentodi Ancash). Si tratta di cortecce di cactus avvolti a mo’ di sigaro, ritrovati in una zona di scarto dellacultura Chavín, datato all’800 a.C. (Fung Pineda, 1969: 43, 120, 195).1

Ancora, durante lo scavo di un tempio a Garagay, vicino a Lima, del periodo 1200-900 a.C., sonostati portati alla luce materiali argillosi di costruzione impastati con spine di San Pedro, del tipo

 Echinopsis peruvianus. Queste medesime spine apparirebbero come scettri ai lati di un idoloantropomorfo di stile chavinoide ritrovato nel medesimo tempio cerimoniale.2 E’ il caso di notareche l’utilizzo di cactus come amalgama o colla per il materiale da costruzione era noto fra gliantichi peruviani. Nel 1551 Juan de Betanzos,3 nel riportare la storia dei re Inca, descrisse i lavori diampliamento della città di Cuzco da parte di Inca Yupanqui, il quale ordinò che le pareti dei murivenissero unte con il succo di aguacolla quizca, identificato come Cereus peruvianus. Anche

Bernabé Cobo (1653, V, IV) riportò che alcuni cardones venivano usati per produrre una colla cheserviva per l’imbiancamento delle pareti.

Bassorilievo di Chavín de Huantar (Anchas, Peru), altezza 80 cm (sx: da Sharon, 1980, fig. 4-6; dx:da Salvini, 1994, p. 105)

Per quanto riguarda la documentazione iconografica, il reperto più noto, anche se probabilmentenon il più antico, riguarda un bassorilievo del “Tempio del Lanzón” dell’antica città di Chavín deHuantar, sede della omonima Cultura di Chavín, che prosperò nelle Ande peruviane fra il 1400-1300 a.C. e il 300-400 d.C. Lungo le pareti di una piazza circolare del suddetto tempio, furono

ritrovati 22 bassorilievi, che appartengono alla fase dell’ultimo ampliamento del Tempio delLanzón, quando fu inclusa la piazza circolare, datata questa al 750 a.C. Nel bassorilievo denominato“stele VI-NW 12” o anche “stele del portatore di San Pedro”, di 70 x 80 cm di grandezza, èrappresentato un essere antropomorfo con attributi aquilini, felini e serpentini, che tiene in mano uncactus di San Pedro formato da quattro coste. Presso i curandero che usano attualmente il San Pedrov’è la credenza che il cactus con quattro coste, molto raro in natura, sia il più potente e visionario.Mulvany de Peñaloza (1984: 70) ha suggerito la presenza del medesimo grafema che indica il SanPedro in un paio di teste dalle caratteristiche feline scolpite sull’obelisco Tello, appartenenteanch’esso all’orizzonte Chavín e ubicato nel medesimo sito archeologico del bassorilievo

 precedente. Feldman Gracia (2006: 33) riporta che il San Pedro è raffigurato in altri rilievi litici diChavín de Huantar, incluso il frammento di una seconda stele identica al “portatore di San Pedro”.

 Nel “Tempio del Lanzón” i due “portatori di San Pedro” facevano parte di una serie di personaggi – di cui se ne sono conservati 5 – incisi su ambo i lati della piazza circolare e che “camminavano”verso la scala che conduce all’interno della piramide centrale. Questi personaggi, in coppia e

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disposti simmetricamente rispetto alla scala, sono stati interpretati come sacerdoti del culto che sisvolgeva nel tempio (ibid .: 62).

Il San Pedro è raffigurato pure in una tela intessuta e datata al Formativo Tardo. Questo tessuto, dicotone e lungo 68 cm, è stato chiamato “Tela dello Sciamanesimo”; fu ritrovato nella valle costieradi Ica, nel sito di Carhua, nel Perù meridionale, appartenente quindi alla cultura Paracas, ma è dievidente fattezza Chavín. Diverse raffigurazioni del cactus sono in associazione con dei felini e ilcolibrì, due animali sciamanici della cultura andina. Vi sono raffigurati almeno 5 cactus di SanPedro, di cui 4 sono dipinti con un fiore. Seguendo un tipico stile chavín, le radici sono raffiguratecome due serpenti troncati. Nella tela sono stati identificati anche baccelli di Anadenanthera e unaterza pianta psicoattiva di difficile identificazione4 (Cordy-Collins, 1982).

Raffigurazioni di San Pedro sono presenti anche nei manufatti della cultura Paracas, sviluppatasi frail 700 a.C. e il 200 d.C. In particolare, è presente in alcuni tessuti, fra cui nel manto cerimoniale diuna mummia scavata nel sito di Cerro Colorado. Nel medesimo contesto funerario sono pure stateritrovate rimanenze inequivocabili di San Pedro, fra cui pettini costruiti con spine del cactus,contenitori pieni di spine e spine usate come ornamento e come offerte, incluso un paio di spine chechiudevano le labbra di una testa trofeo umana (Tello & Xesspe, 1979, rip. in Feldman Gracia,

2006: 36).

La “Tela dello Sciamanesimo” di stile Chavín (sx: da Cordy-Collins, 1982, fig. 1, p. 144; dx: particolare, da Feldman Gracia, 2006, fig. 6, p. 122).

Bottiglia con ansa a staffa della cultura Cupisnique, datato fra il 900 e il 200 a.C. Altezza 26,5 cm.Vi sono raffigurati due San Pedro a 4 coste, un felino e un serpente (da Aimi, 2001, fig. 161, p.191).

Diverse raffigurazioni di San Pedro sono state individuate nel vasellame della cultura Cupisnique,

che si sviluppò lungo la costa settentrionale del Perù fra il 1500 e il 1000 a.C., e che inizialmenteera stata confusa con la cultura Chavín. Nelle terracotte il cactus è in associazione con dei felini, il

 più delle volte maculati, che molto probabilmente sono da interpretare come giaguari; in altri casi è

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in associazione con dei serpenti, forse dei boa costrittori; in tre casi sono raffigurati figure umanimaschili che portano fra le mani dei San Pedro. V’è chi ha interpretato altrimenti queste figurecome suonatori di flauto (cfr. ad esempio Coe et al., 1987: 178), ma a un’attenta osservazionel’oggetto tenuto fra le mani appare essere un cactus a quattro coste; il copricapo di pelle di giaguaroè indice di un contesto sciamanico. La maggior parte del vasellame Cupisnique con raffigurazioni diSan Pedro proviene da scavi clandestini della valle di Jequetepeque, per cui la sua cronologia

rimane incerta, sebbene sembri appartenere alla fase del Formativo Medio, datata fra il 900 e il 400a.C.

Figure umane con copricapo di pelle di giaguaro che tengono fra le mani un cactus di San Pedro.Cultura Cupisnique. (sx) altezza 20 cm, da Coe et al., 1987, p. 178; (dx) da Sharon, 2001, fig. 25, p.43

Proseguendo in un senso cronologico, sono stati individuate raffigurazioni di San Pedro nell’arte plastica della cultura Salinar, anch’essa sviluppatasi nella costa settentrionale del Peru. La datadell’inizio di questa cultura appare incerta, fra il 500 e il 200 a.C., e si conclude fra il 100 e il 300d.C. Nel vasellame Salinar il San Pedro viene raffigurato isolato, cioè non in associazione conanimali o antropomorfi.

Terracotta della cultura Salinar (400-100 a.C.), altezza 16 cm. Sulla camera della bottiglia èraffigurato un San Pedro (da Aimi, 2003, fig. 13, p. 78)

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 Negli artefatti della cultura Moche – datata fra il 100 e il 700 d.C. – è frequente la rappresentazionedel San Pedro in raffigurazioni di donne incappucciate che sono state interpretate come erbaliste ocuranderas, e vengono chiamate dagli archeologi achumeras, cioè mangiatrici di achuma (SanPedro). Queste donne, tengono solitamente in mano degli oggetti che appaiono il più delle voltecome delle protuberanze e solo in rari casi sono disegnati con dovizia di particolari, nel qual casoappare come una punta di cactus di San Pedro. In altri casi l’oggetto in questione appare avere la

tipica forma stellata di una fetta trasversale di San Pedro. Queste donne sono ritratte sedute, con unalunga tunica, e appaiono tipicamente con gli occhi chiusi o con gli occhi coperti dal cappuccio, inallusione allo stato di trance indotto dal San Pedro. La achumera appare essere in un contesto dicura, con l’infermo sdraiato difronte ad essa o al suo lato; di frequente, oltre alle fette di San Pedro,tiene in mano o ha accanto una scatola contenente delle probabile pietre curative. In più casi lacurandera ha caratteristiche di un gufo e le sono accanto alcuni animali – uccelli e iguana – che

 possono essere rappresentazioni dei suoi spiriti ausiliari. La caratteristica del gufo sarebbeun’indicazione della trasformazione sciamanica indotta dal San Pedro (Sharon, 2001: 21).

Anche nella cultura Lambayeque, che segue quella Moche ed è datata fra 800 e 1350 d.C., persistelo schema iconografico della donna sciamana che tiene in mano o mangia pezzi di San Pedro. In un

caso il pezzo di San Pedro è dettagliato, al punto che lo si può riconoscere come una sommità di uncactus a quattro coste (si veda anche Donne e San Pedro).

Curandera (“achumera”) che mangia il San Pedro. Terracotta del Museo Archeologico Rafael LarcoHerrera, Lima. Cultura Lambayeque, 800-1350 d.C. Altezza 21 cm. (da Aimi, 2003, figg. 160a,b,

 pp. 190-91)

Fra i Moche è stato identificato un culto religioso in cui è coinvolta una chiocciolache vive sul SanPedro e la cui carne diventa psicoattiva per l’uomo. Si veda Chiocciole e San Pedro.

V’è chi ha voluto vedere raffigurazioni stilizzate del San Pedro anche nell’arte della cultura boliviana di Tiwanaku, come nel cosiddetto “monolito di Bennett”, datato fra il 375 e il 725 d.C.,già segnalato per la presenza sulla sua superficie riccamente intagliata di elementi riconducibili alcomplesso inalatorio (si veda Reperti inalatori della cultura Tiwanaku). I copricapi di alcuni esserizoo-antropomorfi contengono elementi fitomorfi che erano stati in precedenza identificati comerappresentazioni di fiori di kantuta (Cantua buxifolia Lam., famiglia delle Polemoniaceae), un fioresacro agli Inca e frequente nell’arte e negli adorni incaici. Ma Mulvany (1994) ha fatto notare che lakantuta produce fiori multipli, e per di più penduli, mentre i fiori dei copricapi nel monolito diBennett appaiono isolati e associati a un fusto colonnare che ricorda quello di un cactus. Del resto,la kantuka è un vegetale del simbolismo incaico e non di Tiwanaku, mentre la presenza del SanPedro sarebbe compatibile con quella degli altri agenti allucinogeni rappresentati nell’arte

tiwanakoide.

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Elementi fitomorfi rappresentati sul monolito di Bennett, Tiwanaku, Bolivia (da Mulvany, 1994, fig.

1, p. 193)Raffigurazioni del San Pedro si trovano pure in cinque stupendi vasi policromi della cultura Nazca,datati fra il I e il V secolo d.C., e ritrovati negli scavi del Rio Grande di Nazca. Rappresentano unadivinità che tiene fra le mani delle teste trofeo e dalle cui spalle fuoriescono evidenti cactuscolonnari. Per Tello (1959: 35-6) si tratta di raffigurazioni del dio Wira Kocha, mentre per Sharon(1980: 63) si tratta di urne con la forma di mummia. Un altro eccezionale pezzo Nazca è statoevidenziato da Polia Meconi (1996: I, 290 e fig. 5): si tratta di una brocca in forma di uccelloappoggiato su un San Pedro posto orizzontalmente e con le spine dipinte in forma di stella.

Cultura Nazca, Perù. Altezza circa 40 cm. (sx da Coe et al., 1987, p. 183; dx da Johnson, 1992, p.122)

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Ceramica Nazca con raffigurazione di un uccello appoggiato su un cactus di San Pedro. CollezioneEnrico Poli, Lima (da Polia Meconi, 1991, p. 45)

Anche presso le culture tarde peruviane sono state riscontrate raffigurazioni del San Pedro, comenelle culture Chimú (1000-1200 d.C.), Wari (700-1200 d.C.) e Inca (1300-1500 d.C.) (FeldmanGracia, 2006: 38).

Alcuni interessanti reperti archeologici provengono dalla provincia di Ayabaca, nel cuore dell’areaandina del moderno curanderismo, dove è diffusa la pratica della mesada con l’utilizzo del SanPedro. Ai piedi del Cerro del Huilco, vicino alla località di El Toldo, nella regione di Samanga, nel1986, nel corso di un’aratura di un campo, è stato ritrovato un monolito colonnare dotato di spigoli

longitudinali, lungo circa 130 cm. Di difficile datazione, originalmente era posizionatoverticalmente, infisso al suolo, e rappresentava una huanca, cioè una pietra sacra per le offertevotive. Queste venivano lasciate alla sua sommità dove fu scavata una concavità larga 5 cm e

 profonda 2,5 cm. Da un lato della parte superiore, arrotondata artificialmente, è incisa una faccia diforma ovale e nella sommità, attorno alla concavità, sono incise delle scanalature, che parrebberovoler rappresentare i solchi che danno origine alle coste del cactus colonnare (Polia Meconi, 1986-87: 132; 1995: 183-4).

(a sinistra) Monolito di El Toldo, presso Samanga, provincia di Ayabaca, Perù settentrionale. Nella parte superiore è inciso un viso antropomorfo. E’ stato interpretato come una rappresentazione delcactus allucinogeno San Pedro (Polia Meconi, 1986-87, fig. 7, p. 136; (a destra, sopra) vista

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dall’alto; (a destra, in basso) particolare del viso inciso nella parte superiore (Polia Meconi, 1995, p.183-4).

 Nella medesima area di Samanga, fra le incisioni rupestri presenti lungo i pendii della collina delTumo, vicino al fiume Espíndola, sono presenti alcune immagini geometriche oblunghe reticolate,che Polia Meconi ((1989: 104) ha interpretato come raffigurazioni del San Pedro; raffigurazioni chericordano da vicino quelle della terza pianta raffigurata nella “tela dello sciamanesimo” più sopradescritta. Anche questo reperto archeologico è di difficile datazione.

Particolare delle incisioni rupestri della “piedra altar” del sito megalitico di Sicches Ucollina delTumo), regione peruviana di Samanga, con probabili raffigurazioni di San Pedro (da Polia Meconi,1989, p. 104)

 Note

1 – Per questo ritrovamento Polia Meconi (1996, I: 289) riporta una data compresa fra il 2000 e il1500 a.C., attribuendolo alla fase pre-ceramica formativa di Las Aldas. Ma sia Fung Pineda (1969)che Sharon & Donnan (1977: 381) affermano che il ritrovamento appartiene a una fase tarda diquesto sito archeologico, ovvero al più tardo orizzonte della cultura Chavín.

2 – Ravines & Isbell, 1975: 262; Ravines, 1984: 31, rip. in Feldman Gracia, 2006: 30.

3 – Nel suo testo Suma y narración de los Incas, 1551, cap. XVI.

4 – Potrebbe rappresentare anche questo un San Pedro in fiore.

Si vedano anche:Chiocciole e San Pedro

L’uso tradizionale del cactus del San Pedro

Il San Pedro nei documenti storici

Il Complesso etnobotanico del San Pedro

La mesada con il San Pedro

Donne e San Pedro

Racconti divinatori sul San Pedro

Il San Pedro e San Cipriano

La leggendaria riduzione del potere del San Pedro

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Bibliografia generale sull’uso tradizionale del San Pedro

 

AIMI ANTONIO (cur.), 2003, Perù. Tremila anni di capolavori. Catalogo della mostra di PalazzoStrozzi, Firenze, Mondadori Electa, Milano.

COBO BERNABÉ, 1964 (1653), Historia del Nuevo Mundo, Atlas Ediciones, Madrid, 2 voll.

COE MICHAEL, DEAN SNOW & ELIZABETH BENSON, 1987, Atlante dell’antica America,Istituto Geografico de Agostani, Novara.

CORDY-COLLINS ALANA, 1982, Psychoactive Painted Peruvian Plants: The Shamanism Textile, Journal of Ethnobiology, vol. 2, pp. 144-153.

FELDMAN GRACIA LEONARDO, 2006, El cactus San Pedro: su función y significado enChavín de Huántar y la tradición religiosa de los Andes centrales, Tesis Universidad NacionalMayor de San Marcos, Facultad de Ciencias Sociales, Lima.

FUNG PINEDA ROSA, 1969, Las Aldas: su ubicación dentro del proceso histórioco del Perúantiguo, Dédalo, vol. 5 (9-10), pp. 5-207.

JOHNSON HARMER, 1992, Arte primitiva Americana, Fabbri Editore, Sonzogno.

LYNCH THOMAS, 1980, Guitarrero Cave. Early Man in the Andes, Academic Press, New York.

MULVANY N. ELEONORA, 1984, Motivos fitomorfos de alucinógenos en Chavín, Chungara(Arica), vol. 12, pp. 57-80.

POLIA MECONI MARIO, 1986-87, Los petroglifos de Samanga, Ayabaca, Piura, Revista del  Museo Nacional de Lima, vol. 48, pp. 119-137.

POLIA MECONI MARIO, 1989, La valle dei giganti, Archeo, N. 50, pp. 94-105.

POLIA MECONI MARIO, 1991, Archeologia dell’estasi, Archeo, N. 76, pp. 44-55.

POLIA MECONI MARIO, 1993, L’uso del cactus mescalinico Trichocereus pachanoi nellamedicina tradizionale andina,  Altrove, vol. 1, pp. 77-92.

POLIA MECONI MARIO, 1995, Los Guayacundos Ayahuacas: una arqueología desconocida,Fondo Editorial de la Pontificia Universidad Católica del Peru, Lima.

POLIA MECONI MARIO, 1996, “ Despierta, remedio, cuenta…”: adivinos y médicos del Ande, 2voll., Fondo Editorial de la Pontificia Universidad Católica del Perú, Lima.

RAVINES ROGGER, 1984, Sobre la formación de Chavín: imágines y símbolos,  Boletín de Lima,

vol. 35(6), pp. 27-45.RAVINES ROGGER & WILLIAM H. ISBELL, 1976, Garagay, sitio ceremonial temprano en elvalle de Lima, Revista del Museo Nacional de Lima, vol. 41, pp. 253-275.

SALVINI SVEVO, 1994, Nella mitica Chavín, Archeo, Anno IX, N. 1(107), pp. 102-107.

SHARON DOUGLAS, 1980, El Chamán de los Cuatro Vientos, Siglo Veintiuno Editores, MéxicoD.F.

SHARON DOUGLAS, 2001, La documentazione etnoarcheologica dell’uso del San Pedro(Trichocereus pachanoi) nel Perù / Ethnoarchaeological Evidence for San Pedro (Trichocereus

 pachanoi) Use in Peru, Eleusis, n.s., vol. 5, pp. 13-59.

SHARON G. DOUGLAS & CHRISTOPHER B. DONNAN, 1977, The Magic Cactus.Ethnoarchaeological Continuity in Peru, Archaeology, vol. 30, pp. 374-381.

TELLO C. JULIO, 1959, Paracas. Primera parte, Institute of Andean Research of New York,

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Lima.

TELLO C. JULIO & TORIBIO M. XESSPE, 1979, Paracas. Segunda Parte. Cavernas y Necrópolis, UNMSM, Lima.

Chiocciole e San PedroSnails and the San Pedro 

In Peru si conoscono casi di esperienze allucinogene indotte dal consumo, come prodotto culinario,di chiocciole del genere Scutalus. Questi molluschi di terra – chiamati anche “chiocciole di collina”,caracoles de loma – prediligono come dimora e fonte di cibo il cactus allucinogeno del San Pedro( Echinopsis pachanoi ed E. peruvianus), e vi si ammassano a migliaia. Cibandosi del San Pedro laloro carne diventa psicoattiva per l’accumulo di mescalina, che è il principio attivo psicoattivo

 presente in questi cactus. Ci troviamo quindi di fronte a un caso di fonte secondaria di droga psicoattiva.

In alcune regioni del Peru i campesinos sono soliti raccogliere questi piccoli molluschi e, previospurgo che elimina l’alcaloide dalla carne, li consumano, facendone un brodo, oppure friggendoli inolio. Lo spurgo avviene solitamente mettendo per alcuni giorni i molluschi vivi in mezzo a chicchidi mais bagnati. Nei casi in cui non si proceda a spurgo del mollusco o di abbondanti“scorpacciate”, possono presentarsi gli effetti allucinogeni tipici della mescalina.

Scena di raccolta di chiocciole in vasellame della cultura Moche. V’è raffigurato anche il cactus delSan Pedro (sx: da Lavallée, 1970, fig. 51a; dx: da Golte, 1985, fig. 1, p. 365)

Questo dato ha permesso di chiarire un enigma dell’iconografia dell’arte Moche (popolazione pre-incaica della costa del Perù datata al 100 a.C. – 700 d.C.), che riguarda la presenza di chiocciole in

scene di carattere religioso e in cui è rappresentato anche il San Pedro. Nei vasi moche vi sonoraffigurate scene di raccolta di chiocciole e chiocciole in associazione con dei cactus colonnarispinosi, che molto probabilmente rappresentano l’ Echinopsis peruvianus. Già Golte (1985) avevaevidenziato il fatto che queste scene non intendevano esprimere meri comportamenti quotidiani di

 procacciamento di cibo, bensì si inserivano in un contesto cultuale in cui le chiocciole svolgevanoun qualche ruolo simbolico-religioso.

Raffigurazioni di chiocciole e cactus in un vaso moche (da Bourget, 1990, fig. 4b, p. 51)

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Bourget (1990) ha proposto un’interpretazione alquanto sorprendente: i Moche avevano scoperto le proprietà allucinogene delle chiocciole del San Pedro, facendo rientrare questi molluschi nelle loro pratiche rituali e simbologie religiose, fino al punto di divinizzarli. Questa divinità è rappresentatain diverse pitture vascolari, ma la sua importanza rituale sembra originare da periodi precedenti.Viene raffigurata come una volpe con antenne di chiocciola e portante sulla schiena una conchigliamarina del genere Strombus. A volte la volpe ha attributi serpentini e porta una lingua bifida. Le

conchiglie marine della specie Strombus galeatus erano usate dai Moche e da altre popolazioni pre-incaiche come trombette – chiamate pututo – previo l’aver praticato un incavo nella loro partesuperiore.

Divinità-strombus raffigurata in vasi moche (da Bourget, 1990, fig. 10 e 11, p. 53)

In un vaso moche appare una scena alquanto esplicita di adorazione o di supplica da parte di unsoldato di fronte al dio-Strombus. Questi presenta o offre al dio le sue armi, costituite da una mazza,due frecce e uno scudo. Sulla schiena della divinità, poco sopra la raffigurazione della conchiglia diStrombus, appare un piccolo disegno che parrebbe riproporre, rivolto in basso, lo schemaiconografico del cactus colonnare – probabile San Pedro – che cresce sui monti.

Scena di adorazione del dio-Strombus in un vaso della cultura Moche. Notare il piccolo cactusrivolto in basso dipinto sopra la schiena del dio (da Bourget, 1990, fig. 13, p. 54)

Carlos Elera (1994) ha trovato rimanenze di chiocciole del genere Scutalus sia fra residui domesticiche in contesti funebri presso la cultura Cupisnique, e ha raccolto importanti informazionietnografiche circa l’uso tradizionale di questa chiocciola, che persiste oggigiorno fra i contadini diJequetepeque, Virú e delle circostanti valli costiere del Perù settentrionale (regioni di Trujillo eChiclayo). Queste chiocciole, raccolte dal San Pedro, vengono consumate come alimento, previospurgo, e anche con fini specificatamente rituali, nel qual caso vengono consumati senza spurgo.Con ciò Elera ha evidenziato una significativa corrispondenza etnografica dei dati archeologici (rip.in Feldman Gracia, 2006: 31).

 

Si vedano anche:

Archeologia del San PedroL’uso tradizionale del cactus del San Pedro

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Il San Pedro nei documenti storici

Il Complesso etnobotanico del San Pedro

La mesada con il San Pedro

Donne e San Pedro

Racconti divinatori sul San PedroIl San Pedro e San Cipriano

La leggendaria riduzione del potere del San Pedro

Bibliografia generale sull’uso tradizionale del San Pedro

 

BOURGET STEVE, 1990, Caracoles sagrados en la iconografia Moche, Gaceta Arqueológica Andina, vol. 19(2), pp. 45-58.

ELERA CARLOS, 1994, El complejo cultural Cupisnique: antecedentes y desarrollo de la ideologíareligiosa, in: L. Millones & Y. Onuki (Eds.), El Mundo Ceremonial Andino, Editorial Horizonte,Lima, pp. 225-252.

FELDMAN GRACIA LEONARDO, 2006, El cactus San Pedro: su función y significado enChavín de Huántar y la tradición religiosa de los Andes centrales, Tesis Universidad NacionalMayor de San Marcos, Facultad de Ciencias Sociales, Lima.

GOLTE JÜRGEN, 1985, Los recolectores de caracoles en la cultura Moche (Perú), Indiana, vol. 10, pp. 355-369.

LAVALLÉE DANIÈLE, 1970, Les représentations animales dans la céramique mochica, Mémoirs

de l’Institut d’Ethnologie, Musée de l’Homme, Paris.

Racconti divinatori sul San Pedro

Divinatory tales on the San Pedro 

I curanderos delle regioni di Huancabamba e Ayabaca del Perù settentrionale (dipartimento diPiura), si tramandano alcuni racconti sul cactus del San Pedro ( Echinopsis [Trichocereus] pachanoi

ed E. peruvianus), che hanno in comune il tema del ritrovamento di oggetti o di persone perdutemediante le proprietà divinatorie delle visioni procurate da questa pianta allucinogena. Si tratta diracconti frammentari, tratti da episodi del Nuovo Testamento o dalla vita (immaginaria) di un santocristiano – San Cipriano – al quale i curandero attribuiscono la conoscenza delle arti magiche edivinatorie. Il nome “San Pedro” viene giustificato dal fatto che questo cactus, come San Pietro, èllavero del cielo, cioè “ha le chiavi del cielo”. Questi racconti non trattano dell’origine della pianta,

 bensì sono traslazioni sincretiche di antichi miti d’origine della scoperta umana dei suoi effettivisionari. Originalmente questa scoperta veniva ascritta alla “casualità” o esplicitamente indottadalla volontà divina.

Il seguente racconto è stato narrato dal curandero Alfonso García di Huancabamba e ha come tema

il ritrovamento delle chiavi del Paradiso da parte di San Pietro, che gli erano state scherzosamentenascoste da Dio:

Il San Pedro, quest’erba, noi lo chiamiamo in distinte forme; huachumo, come San Pietro perché il

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San Pedro fu benedetto. Per dire, al tempo che nostro Signore Gesù Cristo andava con i suoiapostoli, San Pietro, fu lui, per dire, il guardiano, il protettore delle porte del cielo. Allora Gesù feceuno scherzo a San Pietro: gli rubò le chiavi, le trasferì in un altro luogo; già, gli rubò le chiavi.Allora San Pietro andò in cerca delle sue chiavi e non le trovò. Non sapeva dov’erano. Cosaaccadde? Allora gli disse poi Gesù: “Perché non mangi il tuo omonimo, il tuo bastone? Perché nonlo mangi? Mangia il tuo omonimo”. Allora lui lo afferrò: “Quindi sei il mio omonimo, tu ora ti

chiami Pietro, ti chiami San Pedro” e mangiò.1 Preparò la sua mesa e giunse a vedere dove Gesù gliaveva nascosto le chiavi e le trovò. Questa era una prova, una rivelazione. Allora Gesù venne, lo benedisse con la mano destra, così disse: “Con questo San Pedro si curerà, si otterranno moltecose.” E con la mano sinistra lo benedisse e disse: ”Alcuni diranno la verità e altri mentiranno.”Già, così è, quella effettiva è la destra, per questo ci sono dei veritieri e dei menzogneri (PoliaMeconi, 1990: 96; 1996, I: 175).

Alla domanda di come avesse conosciuto questa storia, il curandero rispose: “Queste storie siscoprono per mezzo della nostra virtud , per mezzo del nostro San Pedro” (ibid .). In questo racconto,la differenziazione della benedizione di Gesù con la mano sinistra e con quella destra, che “crea”l’esistenza di individui veritieri e menzogneri, è espressione del tipico dualismo di cui è impregnato

il sistema di credenze e di simbolismi del curanderismo andino.Il seguente racconto, esposto dal curandero Máximo Merino di Socchabamba (Ayabaca), prendespunto dall’episodio del Nuovo Testamento che narra di quando Gesù, dodicenne, si recò nel tempioall’insaputa dei genitori (Luca, 2, 41-50):

Il San Pedro è la pianta del tempo di Dio.2 Quando Dio era lontano dalla sua casa e dal suovillaggio, in un altro villaggio, sua Madre lo cercava ma non era in grado di trovarlo. La Verginemangiò tre o sette germogli della pianta che oggi chiamiamo San Pedro. Ebbe un sogno e siappoggiò con le spalle a un alloro3 e, all’ombra, prese sonno e si addormentò. In sogno riuscì avedere dove stava suo Figlio. Lo trovò e Gesù benedisse la pianta lasciandola ai maestri curandero(Polia Meconi, 1993: 81; 1996: I, 174-5).

In un racconto di Pedro Ramírez, di Huancabamba, sono i discepoli di Gesù che, non trovandolo,ricorrono alle proprietà visionarie del San Pedro:

Gesù sparì nel deserto per quarantun giorni e altrettante notti senza dire alcunché ai discepoli.Questi si preoccuparono ma non sapevano dove cercarlo; così San Pietro, seduto accanto al lungosentiero, raccolse una pianta succosa e la mangiò per rinfrescarsi. Ebbe una visione e riuscì a vedereil Maestro nel suo ritiro e così lo incontrarono. Da quel giorno la pianta ebbe il nome dell’apostoloed ebbe inizio il suo uso divinatorio (Polia Meconi, 1996, I: 175).

 Note

1 – In una prima versione, pubblicata nel 1990 (Polia Meconi, p. 96), viene riportato “Cucinò il San

Pedro e lo mangiò”.2 – Qui inteso nella figura di Gesù Cristo.

3 – Nella versione pubblicata nel 1993 (Polia Meconi, p. 81) viene specificato che l’alloro è benedetto: “si appoggiò con le spalle a un albero, come dire a un alloro, l’alloro benedetto”.

Per gli aspetti mitologici del San Pedro si vedano anche:

Il San Pedro e San Cipriano

La leggendaria riduzione del potere del San Pedro

 

Si vedano anche:L’uso tradizionale del cactus del San Pedro

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Il San Pedro nei documenti storici

Il Complesso etnobotanico del San Pedro

La mesada con il San Pedro

Donne e San Pedro

Archeologia del San PedroChiocciole e San Pedro

Bibliografia generale sull’uso tradizionale del San Pedro

 

Riferimenti bibliografici

POLIA MECONI MARIO, 1990, Apuntes de campo: cinco mitos Huancabambinos,  Perú Indígena,vol. 12, pp. 95-109.

POLIA MECONI MARIO, 1993, L’uso del cactus Trichocereus pachanoi nella medicinatradizionale andina del Peru settentrionale, Altrove, vol. 1, pp. 77-92.

POLIA MECONI MARIO, 1996, “ Despierta, remedio, cuenta…”: adivinos y médicos del Ande, 2voll., Fondo Editorial de la Pontificia Universidad Católica del Perú, Lima.

Il San Pedro e San Cipriano

The San Pedro and Saint Cipriano Secondo le affermazioni del curandero peruviano Adriano Melendres, di San Juan de Cachaco, fuSan Cipriano a scoprire il potere del San Pedro (cactus allucinogeno delle due specie Echinopsis[Trichocereus pachanoi] ed E. peruvianus) e lo usò per vedere le cause dei mali dei suoi pazienti.“Gesù impartì allora al cactus la sua benedizione e, da quel momento e per sempre, il San Pedro

 permette di vedere e curare” (Polia Meconi, 1993: 81).

Un racconto del curandero Segundo Culquicondor, di Tierras Coloradas (Ayabaca), è una variantedi un racconto dove Dio, nella forma di Gesù Cristo, nasconde scherzosamente le chiavi delParadiso a San Pietro (si veda Racconti divinatori sul San Pedro). Nel racconto originario è GesùCristo a indicare a San Pietro di mangiare il cactus psicoattivo, le cui proprietà visionarie-divinatorie gli faranno ritrovare le chiavi nascoste. Nella variante di Conquildor, invece, è SanCipriano a ritrovare le chiavi. “Egli lo sa [dove sono le chiavi] perché conosce e usa la huachuma,la pianta della visione”. Huachuma è un altro nome tradizionale dato al cactus del San Pedro. Ilracconto di Conquildor prosegue con il tentativo di Cipriano-mago di praticare il guayanche – lamagia amorosa – per far si che un uomo seduca una suora:

Sconfitto, Cipriano rinuncia ad essere stregone. Vagabonda per tutto il Peru gettando di qua e di lagli oggetti della sua mesa di stregoneria.1 Coloro che li raccolgono per curare e fare del benesaranno curandero, gli altri, che approfitteranno degli oggetti per fare del male (daño) saranno deglistregoni maleros. Il libro di Cipriano arriva in Europa dove, per mezzo degli insegnamenti e deisegreti ivi contenuti, i Bianchi scoprono la medicina che ancora oggi utilizzano (Polia Meconi,

1996, I: 176). Nel racconto di Conquildor v’è un accenno alle origini mitiche – in senso sincretico – delladifferenziazione fra praticanti curanderos e maleros, nel senso di praticanti della magia bianca o

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 benevola e magia nera o malevola; una differenziazione dualistica tipica del sistema di credenze e dioperato nelle odierne pratiche magiche andine.

Un altro racconto in cui è coinvolto San Cipriano è stato riferito da una curandera di 32 anni chevive nei dintorni di Huancabamba e registrato dall’antropologa Bonnie Glass-Coffin. In questoracconto Cipriano – presentato come un discepolo di Gesù – è lo scopritore delle proprietàdivinatorie della pianta del San Pedro:

E’ scritto nella Sacra Scrittura che Nostro Signore Gesù Cristo volle scoprire quale dei suoidiscepoli lo amava maggiormente. San Cipriano lo amava assai. Si dice che alle otto di sera SanCipriano tagliò questa pianta [il San Pedro] e la cucinò. La pianta gli diede la possibilità di vedere egli disse: “Vai, Lo troverai nel Giardino dell’Eden. Vai molto presto, alle otto della mattina.” Egliandò alle otto della mattina e lo trovò, e Gesù gli disse: “Come è possibile che tu sia qui, nonsapevo che avresti potuto trovarmi.” Egli rispose: “Ho preso una pianta e l’ho cucinata e questo miha fatto sognare, mi ha fatto vedere.” Ed egli disse: “Mostramela.” “Si”, rispose San Cipriano,camminò e gliela mostrò. “Ah! – disse Gesù – Questa pianta è virtù. Questa pianta possiede trenomi. Il suo primo nome è San Pedro. I tre nomi sono: San Pedro, Huachuma e Virtù.”2

Un ulteriore racconto su San Cipriano, del curandero Ramón Carrillo di Pasapampa(Huancabamba), segue lo schema classico cristiano della vita di questo santo:

Un mago, Cipriano, si innamora di una vergine cristiana, ma non riesce a conquistarla con le suearti poiché la donzella porta nel suo petto una croce ed è protetta da un potere più forte del poteredella magia. Sconfitto, Cipriano inizia a cercare per il mondo chi era quel maestro, Cristo, che loaveva vinto. Camminò molto e, nel cammino, incontrò la pianta della huachuma [San Pedro] e lamangiò e riuscì a vedere dove si incontrava Cristo. Gesù gli chiese come era riuscito a incontrarlo eCipriano glielo disse e gli mostrò la pianta. Gesù la benedisse e la lasciò ai curandero (PoliaMeconi, 1996, I: 176).

 Note

1 – La mesa è l’altare del curanderismo e della stregoneria nord-peruviana. Si veda La mesada colSan Pedro.

2 – Questo racconto mi è stato comunicato personalmente da Bonnie Glass-Coffin, che quiringrazio, a seguito del nostro incontro al II° Congresso Internazionale “ Plantas, Chamanismo y

 Estados de Consciencia”, tenutosi il 3-7 ottobre del 1994 a Lèrida, Spagna.

Per gli aspetti mitologici del San Pedro si vedano anche:

Racconti divinatori sul San Pedro

La leggendaria riduzione del potere del San Pedro

Si vedano anche:

L’uso tradizionale del cactus del San Pedro

Il San Pedro nei documenti storici

Il Complesso etnobotanico del San Pedro

La mesada con il San Pedro

Donne e San Pedro

Archeologia del San Pedro

Chiocciole e San Pedro

Bibliografia generale sull’uso tradizionale del San PedroRiferimenti bibliografici

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POLIA MECONI MARIO, 1993, L’uso del cactus Trichocereus pachanoi nella medicinatradizionale andina del Peru settentrionale, Altrove, vol. 1, pp. 77-92.

POLIA MECONI MARIO, 1996, “ Despierta, remedio, cuenta…”: adivinos y médicos del Ande, 2voll., Fondo Editorial de la Pontificia Universidad Católica del Perú, Lima.

La leggendaria riduzione del potere del San

Pedro

The legendary reduction of the San Pedro’s power  

Fra i diversi racconti sul cactus allucinogeno del San Pedro (delle due specie Echinopsis[Trichocereus] pachanoi ed E. peruvianus), è diffuso il tema della sua eccessiva potenza visionaria

ai tempi delle origini (in illud tempore), e la conseguente opera di riduzione della sua potenza da parte di un’entità divina o, nella sua forma attuale sincretica, di un santo. Questo cactus varia nelnumero di coste longitudinali (chiamate vientos) di cui è costituito. I curandero preferisconoutilizzare quelli con sette coste e quelli con quattro coste, alquanto rari, sono molto apprezzati per illoro potenziale curativo particolare, essendo in relazione con i quattro punti cardinali e i quattroventi della cosmografia andina. Nella regione andina del Peru settentrionale è diffusa la credenzache un maggior numero di coste sia indice di una maggior potenza del cactus.

Secondo il curandero Adriano Melendres, di San Juan de Totora, Gesù dovette ridurre a metà ilnumero delle coste del cactus perché il potere della pianta era talmente forte a quei tempi che gliuomini d’oggi non sarebbero più in grado di resistervi (Polia Meconi, 1993: 81). In un’altravariante, raccontata dal curandero Adriano Melendres di San Juan de Cachaco, è San Cipriano aridurre il numero di coste:

“Prima di San Cipriano esistevano cactus del San Pedro di 14 coste, ma erano così potenti che SanCipriano ne ridusse il numero alla metà. E’ per questo che oggi si incontra San Pedro di sette coste eve ne sono anche di otto o nove, ma non di quattordici” (Polia Meconi, 1988: 51).

Secondo un’altra interessante versione, data dal curandero Segundo Colquicondor di TierrasColoradas (Ayabaca), Dio ridusse la potenza del San Pedro non per proteggere gli uomini, bensì per evitare ch’essi diventassero troppo saggi:

“Dio, per evitare che gli uomini siano saggi e veggenti come Cipriano e scoprano i suoi segreti,‘taglia la testa’ al cactus. In questo modo fa diminuire il suo potere affinché gli uomini possano

usare la pianta e riuscire a vedere, ma solo fino a un certo punto” (Polia Meconi, 1996, I: 176). 

Per gli aspetti mitologici del San Pedro si vedano anche:

Racconti divinatori sul San Pedro

Il San Pedro e San Cipriano

Si vedano anche:

L’uso tradizionale del cactus del San Pedro

Il San Pedro nei documenti storici

Il Complesso etnobotanico del San Pedro

La mesada con il San Pedro

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Donne e San Pedro

Archeologia del San Pedro

Chiocciole e San Pedro

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