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di Gesù di compiere la volontà del Padre. Ritroveremo, nel processo che seguirà, lo stesso atteggiamento dignitoso di Gesù, il quale lascia intendere ai suoi avversari che egli obbedisce loro solo per obbedire al Padre e per svolgere così il suo compito di Salvatore. CAPITOLO lii Il rinnegamento di Pietro

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di Gesù di compiere la volontà del Padre. Ritroveremo, nel processo che seguirà, lo stesso atteggiamento dignitoso di Gesù, il quale lascia intendere ai suoi avversari che egli obbedisce loro solo per obbedire al Padre e per svolgere così il suo compito di Salvatore.

CAPITOLO lii

Il rinnegamento di Pietro

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_________ -------1,._ ______ ---~

Mt 26, 57-58. 69-75

57 Ma essi,

catturato Gesù,

lo condussero

da Caifa, Grande Sacerdote,

dove gli scribi e gli anziani si riunirono. 58 Ora Pietro

lo seguiva da lontano

fino all'atrio dal Grande Sacerdote e, entrato all'interno,

~----- -----,..----.r----------------------

Mc 14, 53-54. 66-72

53 E

condussero Gesù

presso il Grande· Sacerdote,

e tutti i grandi sacerdoti, gli anziani e gli scribi si radunano. 54 E Pietro,

da lontano, lo segul

fin dentro, nell'atrio del Grande Sacerdote

Le 22, 54-62

54 Dopo averlo preso,

lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del Grande Sacerdote.

Ora, Pietro

seguiva da lontano.

Gv 18, 12-18. 25-27

12 La coorte e il tribuno e le guardie dei giudei presero Gesù e lo legarono

13 e lo condussero

anzitutto da Anna;

questi era infatti il suocero di Caifa, il quale era Gran Sacerdote per quell'anno. 14 Caifa era colui che aveva dato ai giudei quel consiglio: È meglio che un solo uomo muoia per il popolo.

15 Ora, Simon Pietro e un altro discepolo seguiva(no) Gesù. Quel discepolo era noto al Grande Sacerdote ed entrò con Gesù nell'atrio del Grande Sacerdote.

16 Pietro restava presso la porta, fuori. Uscì dunque l'altro discepolo, quello noto al Grande Sacerdote, e parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. 17 La serva, la portinaia, dis­se a Pietro: « Non sei anche tu dei discepoli di quell'uo-

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Mt

si sedette coi servi

per vedere come la cosa sa­rebbe andata a finire .

. . . . . . . . . . . . . . . . . .

69 Pietro stava seduto fuori, nell'atrio; e s'avvicinò a lui una serva

dicendo: « Anche tu eri con Gesù il Galileo ». 70 Ma egli negò dinanzi a tutti dicendo:

80

Mc

e se ne stava seduto coi servi e si riscaldava presso la fiamma.

66 Mentre Pietro era giù nell'atrio, viene una serva del Grande Sacerdote, 67 e vedendo Pietro

che si riscaldava, guardatolo disse: « Anche tu eri col Nazareno, con Gesù». 68 Ma egh negò

dicendo:

I.

! 11

I ~

Le

55 Poiché avevano acceso un fuoco

in mezzo all'atrio e vi si erano seduti

Pietro si sedette in mezzo ad essi.

56 Ora, una serva,

vedendolo seduto accanto alla fiamma

intorno,

e guardatolo di nuovo, disse: « Anche quello lì era con lui». 57 Ma egli negò

dicendo:

6. - Passione e Rernrrezione ...

Gv

mo?» Egli disse: «Non lo sono». 18 I servi e le guardie, accesi dei carboni perché faceva freddo,

stavano lì e si riscaldavano; anche Pietro era lì con loro e si riscaldava.

. .................. .

17 La serva, la portinaia,

disse a Pietro: « Non sei anche tu dei discepoli di quell'uo­mo?»

Egli disse:

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Mt

« Non so

che cosa tu dica».

71 Mentre si dirigeva verso il portico,

un'altra lo vide e disse a coloro (ch'eran) lì: « Costui era con Gesù il Nazoreo ». 72 E di nuovo egli negò facendo giuramento:

« Non conosco quell'uomo ». 73 Un po' dopo,

quelli che erano (lì)

avvicinandosi dissero a Pietro: « Veramente anche tu sei

82

« Non so né capisco

Mc

che cosa tu dica ».

E se ne andò fuori verso il vestibolo e un gallo cantò.

69 E la serva, vedutolo, cominciò di nuovo a dire a coloro ch'eran lì: « Costui è (uno) di quelli». 70 Ma di nuovo egli negava.

E un po' dopo, di nuovo, quelli che eran lì vicini

dicevano a Pietro: « Veramente tu sei

Le

« Donna, non lo conosco».

58 E poco dopo un altro, vedutolo, affermò:

« Anche tu sei uno di quelli».

Ma

Pietro dichiarò: « Uomo, io non (lo) sono».

59 E circa un'ora dopo

un altro

insisteva dicendo: « In verità, anch'egli era

Gv

« Non (lo) sono».

25 Frattanto Simon Pietro sta­va là a scaldarsi.

Gli dissero:

« Non sei anche tu dei suoi discepoli? »

Egli negò e disse:

« Non (lo) sono».

26 Un servo del Grande Sa­cerdote, parente di quello al quale Pietro aveva tagliato l'orecchio,

disse: « Ma non t'ho visto

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-----·-·------------------------------.. di quelli, infatti

Mt

la tua parlata lo rivela ».

di quelli, infatti sei galileo ».

Mc

74 Allora egli si mise a ma- 71 Ma egli si mise a maledire ledire e a giurare:

« Non conosco quell'uomo ».

E sùbito

un gallo cantò.

75 E Pietro si ricordò delle parole di Gesù che aveva detto: « Prima che un gallo canti,

tre volte mi avrai rinnegato».

E, uscito fuori, pianse amaramente.

e a giurare:

,i Non conosco l'uomo di cui parlate ». 72 E sùbito per la seco~da (volta),

un gallo cantò.

E Pietro si ricordò delle parole

che gli aveva detto Gesù: « Prima che un gallo canti due volte, tre volte mi avrai rinnegato».

E, fuggendo, piangeva.

con loro, e infatti è galileo». 60 Ma Pietro

disse: « Uomo,

non so

Le

di che cosa tu parli».

E in quell'istante,

mentre parlava ancora, cantò un gallo. 61 E, voltatosi, il Signore guardò Pietro e Pietro si ricordò della parola del Signore, il quale gli aveva detto: « Prima che un gallo canti oggi, mi avrai rinnegato tre volte ». 62 E, uscito, pianse amaramente.

Gv

nell'orto con lui? »

27 Di nuovo, Pietro negò.

E sùbito

un gallo cantò.

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Dopo avere riflettuto sull'agonia nel Getsemani e sul­l'arresto di Gesù, bisognerebbe situare qui, almeno se­condo i Vangeli di Marco e di Matteo, la comparizione davanti al Sinedrio. lo preferisco tuttavia seguire l'ordine di Luca, il quale non colloca la seduta del Sinedrio du­rante la notte, ma alle prime ore del mattino. C'è qui un problema che tratteremo in sèguito. lo credo, con Luca, che nella notte abbiano avuto luogo soltanto i rinnega­menti di Pietro e un rapido interrogatorio presso Anna, come riferisce Giovanni.

In questo capitolo noi vedremo Gesù condotto al pa­lazzo del Gran Sacerdote e il suo discepolo prescelto rin­negarlo. Le narrazioni degli evangelisti sono tanto diverse che non si può sperare d'ottenere un quadro perfetta­mente coerente di quanto è accaduto. Il miglior metodo per comprendere i Vangeli consiste nel rispettare il con­tenuto di ognuno, per trarre in sèguito, dal loro con­fronto, un'idea complessiva sul significato profondo del­l'episodio.

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Il racconto di Marco

Condussero Gesù presso il Gran Sacerdote, e tutti i grandi sacerdoti, gli anziani e gli scribi si radunano (Mc 14, 53). Gesù è stato or ora fatto prigioniero nel Getsemani. Viene condotto presso il Gran Sacerdote. Bi­sogna notare che Marco non dice il nome di costui, e ciò è importante perché questo nome non è evidente. Si può pensare, certo, a Caifa, il Grande Sacerdote in carica, ma potrebbe anche trattarsi di Anna, un ex Gran Sacerdote che aveva ancora molta influenza. Difatti è presso di lui, ci dirà Giovanni, che si conduce Gesù. Per il momento bisogna semplicemente ammettere che si è tradotto Gesù nel palazzo dei grandi sacerdoti. Costoro, come una fami­glia, avevano una residenza in Gerusalemme. Marco ag­giunge che tutto il Sinedrio vi si radunava; riconosciamo infatti, nei grandi sacerdoti, negli anziani e negli scribi, le tre categorie che componevano il Sinedrio. Marco dice che tutti si radunano; ciò significa che, secondo lui, la seduta del Sinedrio dovrà tenersi fra poco. È notte, e non dobbiamo edulcorare questo testo sostenendo che si tratti soltanto di un piccolo gruppo; secondo Marco, è invece lì presente tutta quanta l'assemblea dei giudei. Vedremo più in là quel che conviene .pensare di questa informa­zione.

E Pietro, da lontano, lo seguì fin dentro, nell'atrio del Grande Sacerdote (Mc 14, 54). Dopo esser fuggito come tutti gli altri, Pietro si è ravveduto e vuole andar dietro al suo Maestro. Egli è generoso, impulsivo, a momenti pauroso; ha tuttavia il coraggio di seguire meglio che può gli avvenimenti che stanno preparandosi. Cammina a de­bita distanza per evitar fastidi con le guardie.

Lo stile di Marco non è molto elegante: « Lo seguì fin dentro nell'atrio del Grande Sacerdote». La tradu­zione italiana attenua la rudezza dell'originale, e Matteo

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1, I'.

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stesso migliorerà la redazione. La parola greca aulè, in cui si riconosce il latino aula, può significare palazzo o atrio o cortile 1

• Può indicare la costruzione nel suo com­plesso, o la gente che vi abita, o il cortile centrale del palazzo. Noi traduciamo con « atrio ».

Pietro, dunque, entrato nel palazzo del Grande Sacer­dote, se ne stava seduto coi servi e si riscaldava presso la fiamma. Il traduttore ha caritatevolmente dato alle pa­role di Marco un po' d'eleganza. Parola per parola, Marco dice: « Si riscaldava alla luce». È una di quelle goffag­gini in cui cade spesso: ci si riscalda al fuoco, non alla luce. Ma è anche un'annotazione pittoresca e pertinente, poiché questa luce aiuterà la serva a riconoscere Pietro. Tuttavia la traduzione « si riscaldava alla fiamma » ha il vantaggio di rispettare il greco e di essere una bella espressione.

Marco riferisce poi ( 14, 5 5-6 5) la seduta del Sinedrio, che verrà studiata al capitolo quinto. Passiamo ora al ver­setto 66.

Mentre Pietro era giù nell'atrio, viene una serva del Grande Sacerdote (Mc 14, 66). « Giù nell'atrio »: questa volta la parola greca aulè significa senza dubbio « atrio »: Marco evidentemente distingue tra il piano superiore del palazzo e il piano inferiore, ove si trova il cortile, l'atrio. Egli immagina - lo suppongo, sebbene lui non lo dica -che il Sinedrio sia riunito in una sala del piano superiore, mentre in basso, nel cortile, i domestici aspettano attorno al fuoco.

... Viene una serva del Grande Sacerdote, e vedendo Pietro che si riscaldava, guardatolo, disse ... (Mc 14, 67). Essa lo guarda, e, come suggerisce Marco, trovandosi egli presso il fuoco, è la fiamma che le permette di ricono­scerlo. Il verbo greco esprime uno sguardo attento, scru-

1 Cosl, la «corte» di Luigi XIV non era un cortile con fontana e porti­cato, ma il palazzo o le persone che abitavano nel palazzo.

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tatore: la stessa parola, Marco la impiega quando Gesù guarda il giovane ricco ( IO, 2I ) : « Allora Gesù, fissando su di lui il suo sguardo, lo amò».

... Disse: « Anche tu eri col Nazareno, con Gesù» (Mc 14, 67). Nazareno, cioè di Nazareth. Esistono due parole greche che praticamente dicono la stessa cosa: Nazarènos e Nazoraios; per rispettare questa sfumatura, noi traduciamo nazareno e nazoreo, ma ambedue i termini voglion dire « di Nazareth». Marco adopra sempre Naza­reno, Matteo sempre Nazoreo. Luca talvolta usa l'uno talvolta l'altro termine. Si tratta semplicemente di una questione di vocabolario. Dunque, la serva ha capito che Pietro stava con Gesù. Come fa a saperlo? Marco non lo dice.

Ma egli negò: « Non so né capisco che cosa tu dica» (Mc 14, 66). Bisogna notare questi due verbi, che dànno l'impressione di un balbettamento. Pietro non sa cosa fare, e farfuglia: « Io ... io ... Io non so, io io io non capisco ciò che dici». Non si tratta ancora di un rinne­gamento formale: Pietro fa lo stupito. Egli scantona, cerca di trovare una via d'uscita senza negare: questo è perlomeno ciò che suggerisce il testo greco. Secondo certi esegeti, ivi è tradotto imperfettamente un originale ara­maico che può significare: « Io non conosco colui di cui tu parli », perché in aramaico una stessa particella può designare al tempo stesso il maschile ed il neutro: « colui » e « ciò ». Se bisognasse adottare questo signifi­cato di un originale aramaico, Pietro rinnegherebbe for­malmente: « Io non conosco Gesù». Ma preferisco atte­nermi al greco quale noi lo abbiamo, ed esso reca un neutro: « Non so quello che tu dici», con quei due verbi che accentuano il balbettamento.

E se ne andò fuori ... Pietro s'accorge che la situazione diventa pericolosa, e vuole andarsene: uscì fuori ma ... « verso il vestibolo ». È un fatto curioso: egli può par-

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tire, tuttavia si arresta lì e verrà interrogato per ben altre due volte. Bisogna rilevarla, questa incoerenza, che forse avrà una spiegazione: egli esce, ma resta nel ve­stibolo.

Dobbiamo qui aggiungere: e un gallo cantò. È vero: molti manoscritti non contengono queste parole, ma io credo che bisogna mantenerle perché Marco ci dirà, anzi ci ripeterà, che prima che il gallo avesse cantato due volte, Pietro aveva rinnegato Gesù tre volte. Il gallo canterà un'ultima volta dopo il terzo rinnegamento, biso­gna dunque che abbia cantato una prima volta. Se alcuni manoscritti hanno soppresso queste parole, è senza dub­bio perché né in Matteo né in Luca il gallo canta qui. Dunque, primo canto del gallo. È strano che Pietro non lo noti: quel « chicchirichl » dovrebbe attirare la sua at­tenzione e ricordargli la parola di Gesù, ma egli a quanto sembra non vi bada.

E la serva, vedutolo, cominciò di nuovo a dire a co­loro ch'eran lì: « Costui è uno di quelli» (Mc 14, 69). Si tratta della stessa serva che, notiamolo bene, aveva fissato lo sguardo su di lui. Dobbiamo forse pensare che lo abbia seguito nel vestibolo? No: essa parla alla gente che si trova vicino al fuoco. La scenografia non è dun­que chiara: piccola incoerenza per la quale bisognerà cer­care una soluzione. La stessa serva dice dunque agli astanti: « Costui è uno di quelli ».

Ma di nuovo egli negava. In Marco, il secondo rinne­gamento non viene espresso a parole. Ci si limita a enun­ciare il fatto: egli negava.

E un po' dopo, di nuovo, quelli che eran lì vicini di­cevano a Pietro: « Veramente tu sei di quelli, infatti sei galileo» (Mc 14, 70). «Un po' dopo»: quanto tempo? Non ne sappiamo nulla; l'espressione è molto vaga. « Quelli che eran lì »; non si tratta più della serva, ma

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delle varie persone, le quali dicono: « Tu sei uno di loro ».

Marco non dice come mai essi s'accorgono che Pietro è un galileo. La cosa non è chiara. Forse perché lo rico­noscono dal vestito? Matteo spiegherà che lo riconoscono dall'accento, ma non è impossibile che sia dal vestito. Un uomo di Hebron lo si riconosce oggi dal suo parti­colare turbante, le donne arabe si distingue di che vil­laggio sono in base ai loro ricami. È dunque possibile che abbiano riconosciuto Pietro dall'aspetto, dal suo mo­do di vestire.

Il terzo rinnegamento, dopo questo nuovo attacco, di­venta molto più forte: Ma egli si mise a maledire e a giu­rare: « Non conosco l'uomo di cui parlate» (Mc 14, 71 ). Il greco reca anathematizein, pronunciare l'anatema. È una parola biblica propria dei Settanta, che significa « ma­ledire qualcuno » e, più spesso, « maledire se stesso ». Nella Bibbia, non è raro che appaia questa parola: « Che mi accada questo e anche quest'altro, se non dico la ve­rità». Oggi ancora, in Oriente, si sentono persone pren­dere Dio a testimone invocando la maledizione su se stesse e sulla propria famiglia nel caso in cui avessero torto. Pietro arriva dunque a dire: « Che Dio mi male­dica se conosco quest'uomo! » L'espressione è violenta, il rinnegamento arriva al parossismo. All'inizio diceva: « Non comprendo ciò che mi dici». La seconda volta si è accontentato, almeno sembra, di negare; questa volta s'impegna a fondo in una netta presa di posizione: « Non conosco l'uomo di cui parlate»: non si può essere più espliciti.

E sùbito, per la seconda volta, un gallo cantò. Perché, l'abbiamo visto, il gallo aveva già cantato una volta pri­ma. E Pietro si ricordò delle parole che gli aveva detto Gesù: « Prima che un gallo canti due volte, tre volte mi avrai rinnegato» (Mc 14, 72). Quando andavano dal Ce-

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nacolo al Getsemani, Gesù aveva annunciato agli apo­stoli che sarebbe venuto il momento in cui il pastore sarebbe stato colpito e le pecore disperse. Pietro, allora, aveva esclamato: « Anche se tutti si scandalizzassero, io no! » Al che Gesù aveva risposto: « In verità ti dico che proprio tu, oggi, in questa notte, prima che il gallo abbia cantato due volte, mi avrai rinnegato tre volte» (Mc 14, 27-30). Pietro aveva dimenticato questa parola; e pare anche che il primo canto del gallo non gliel'abbia ricor­data. Ma stavolta, d'un colpo, dopo tre rinnegamenti, si rende conto del suo peccato.

E, fuggendo, piangeva. L'espressione greca è difficile a capirsi e si è molto incerti sul suo significato esatto. Il verbo vuol dire letteralmente « gettarsi su ». In base al contesto, può rivestire molte sfumature. Secondo Teofi­latto, uno scrittore dell'epoca bizantina, qui significa: « Essendosi coperto (la testa) ». Pietro si butterebbe un mantello, un velo, sulla testa ... per piangere? Non lo so, ma qui non si fa menzione di mantelli come nel passo di Marco ove i discepoli gettano i loro sull'asinello (Mc 11,

7 ). Altri propongono di sottintendere lo spirito: « get­tando il suo spirito », cioè riflettendo. Così, Pietro ri­flette per piangere? Sarebbe abbastanza accademico. Altri ancora traducono: « A vendo preso la parola », poiché il verbo in certi casi può avere questo significato. Una so­luzione migliore, a mio parere, consiste nel prendere il verbo nel senso di « precipitarsi » '. Si potrebbe dire che Pietro si precipita (sottinteso: fuori), oppure, in un lin­guaggio un po' volgare, che « se la dà a gambe». Questa interpretazione concorderebbe con quanto dicono Matteo e Luca: Pietro uscì. Ma la migliore soluzione, proposta ancora da Teofilatto e sostenuta dalle antiche traduzioni,

2 Cosf, in Mc 4, 37, le onde si precipitavano sulla barca. In r Mac 4, 2, ~org_ia, un generale grec?, si sl~ncia verso il campo dei giudei, vi fa 1rruz10ne con una mossa 1mprovv1sa.

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è quella che adotta il senso di « buttarsi a capofitto a fare qualcosa». Il verbo può infatti avere questo significato'. Bisognerebbe allora intendere che Pietro si mette con precipitazione a piangere, cioè che scoppia in singhiozzi.

Il racconto di Matteo

Ma essi, catturato Gesù, lo condussero da Caif a, Gran­de Sacerdote, dove gli scribi e gli anziani si riunirono (Mt 27, 57). Mentre non riferisce l'episodio del giovane sfuggito nudo all'arresto, Matteo rievoca l'azione fatta al Maestro: « catturato Gesù». Matteo nomina Caifa, a differenza di Marco che non precisava. Non è sicuro che questa informazione sia esatta, poiché troveremo il con­trario in Giovanni; dovremo pur scegliere. Dove gli scribi e gli anziani si riunirono: come Marco, ma senza dire « tutti », Matteo pensa certamente al Sinedrio. Se non nomina i grandi sacerdoti, è forse perché ritiene che de­vono essere già presenti nella casa del Grande Sacerdote. Checché ne sia, Matteo suppone, come Marco, che il Gran Sinedrio si riunisca nella notte.

Ora Pietro lo seguiva da lontano fino all'atrio del Grande Sacerdote e, essendo entrato all'interno, si sedet­te coi servi per vedere come la cosa sarebbe andata a fi­nire ( M t 2 6, 5 8 ) . Pietro « lo segui va », non « lo seguì » : piccolo cambiamento stilistico molto espressivo, poiché l'imperfetto indica meglio la durata del lungo cammino fino alla casa del Grande Sacerdote. E, essendo entrato all'interno: qui la frase è più chiara che in Marco; si vede meglio da un lato la marcia fino al palazzo, dall'altro

3 In un papiro egiziano (P. Tebt. 50, 12), si parla d'un contadino che vuole tappare il fosso che porta l'acqua nell'orto del vicino per avere l'acqua nel proprio terreno: al momento buono, « si butta a capofitto» a ostruire quel canale.

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I

1.

l

l'ingresso all'interno. Si sedette coi servi. Matteo, che non ha la vivezza di Marco, non fa allusione né alla fiamma né al fuoco: questi dettagli gli sembrano senz'importan­za, li lascia cadere; l'abbiamo già riscontrato altre volte nel suo Vangelo. È estremamente suggestivo l'atteggia­mento di Pietro che si riscalda le mani per darsi un con­tegno e che si lascia così illuminare in piena faccia al punto che la gente lo riconosce. Però Matteo, più cere­brale di Marco, non si ferma a questa scena e dice sol­tanto che Pietro era lì coi servi per vedere come la cosa sarebbe andata a finire. Ecco ciò che interessa a Matteo: Pietro si trattiene lì per vedere la conclusione degli av­venimenti.

È a questo punto che nei Vangeli di Marco e di Mat­teo vien collocata la seduta notturna del Sinedrio.

Pietro era seduto fuori, nell'atrio; e s'avvicinò a lui una serva dicendo: « Anche tu eri con Gesù il Galileo » (Mt 26, 69). Matteo non dice« era giù», in basso, come Marco; egli non s'interessa a questo gioco scenico tra il piano superiore e il cortile. Suppone semplicemente che il Sinedrio si sia riunito all'interno, evidentemente in una sala. Siccome non ha parlato del fuoco né del falò, elimina il delizioso dettaglio della serva che riconosce Pietro alla luce della fiamma. « Tu eri con Gesù il Galileo ». La fra­se di Matteo è simile a quella di Marco, ma egli dice galileo forse perché vuole suggerire come si riconosce Pietro: è la regione che caratterizza un uomo, più che la città. Per la gente della Giudea, la Galilea era un'altra provincia: se ne riconoscevano gli abitanti come in Italia quelli del sud riconoscono quelli del nord e reciproca­mente.

Ma egli negò dinanzi a tutti dicendo: « Non so che cosa tu dica» (Mt 27, 70). Matteo aggiunge che Pietro negò « dinanzi a tutti », ciò che aggrava la cosa, perché tutti quanti sentono la risposta di Pietro: « Io non so a

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che cosa tu ti riferisca ». Il testo è lo stesso di quello di Marco, ma con un solo verbo, cosicché perde quell'ef­fetto di balbettamento che ei;a così spontaneo e gustoso in Marco. Ma qui, come in Marco, Pietro cerca di cavar­sela: egli non rinnega formalmente.

Mentre si dirigeva verso il portico, un'altra lo vide e disse a coloro ch'eran lì: « Costui era con Gesù il Nazo­reo » (Mt 27, 7r). In Matteo non si parla del vestibolo ma del portico, e il gallo non canta. In Marco era la stessa serva, e non « un'altra ». La differenza va notata. Come abbiamo già detto, Matteo scrive Nazoreo quando Marco scrive Nazareno, ma la sostanza è la stessa. Mat­teo, che non aveva adoperato questo qualificativo nella prima domanda rivolta a Pietro - mentre invece Marco lo recava -, ora lo usa.

E di nuovo egli negò facendo giuramento: « Non co­nosco quell'uomo» (Mt 27, 72). Bisogna fare qui due osservazioni: Matteo riporta per esteso la risposta di Pie­tro, mentre Marco diceva che aveva negato senza uhe­riori precisazioni. Questo ci ricorda quanto Matteo ha già fatto nel racconto di Getsemani per la seconda pre­ghiera: mentre Marco diceva: « Gesù andò a pregare ri­petendo le stesse parole », Matteo era esplicito: « Padre, che la tua volontà sia fatta ... ». Egli mette per iscritto la frase, perché vuole essere più chiaro. Analogamente, qui prende le parole del versetto 74 « Non conosco quel­l'uomo» al terzo rinnegamento, volendo citare una frase concreta invece del semplice « Egli negava » di Marco, troppo vago. Bisogna anche notare che in Matteo il se­condo rinnegamento vien fatto con giuramento: egli svi­luppa il crescendo con più abilità di Marco. La prima volta Pietro dice: « Non so che cosa tu dica». Questa volta il rinnegamento è più formale, poiché vi è un giura­mento: « Non conosco quell'uomo». E la terza volta sarà ancora più energico.

Un po' dopo, quelli che erano lì avvicinandosi dissero a Pietro: « Veramente anche tu sei di quelli, infatti la tua parlata lo rivela » (Mt 2 7, 73 ). « Un po' dopo » è altret­tanto vago quanto il testo di Marco. « Quelli che erano lì »: si tratta dunque d'un gruppo di persone anonime. Secondo Matteo, come in Marco, Pietro è andato verso la porta; la gente che si trovava nel cortile, al centro, si sarebbe dunque avvicinata a lui? Forse ... « Infatti, la tua parlata lo rivela»: Matteo ci spiega come fanno a rico­noscerlo, la qual cosa non era chiara in Marco. È la pro­nuncia, è l'accento che indica la provenienza di un uomo! Chi è del nord riconosce immediatamente uno del sud per il suo diverso accento, e viceversa. La gente della Galilea non parlava come quella della Giudea.

Allora egli si mise a maledire e a giurare: « Non co­nosco quell'uomo». E sùbito un gallo cantò (Mt 27, 74). Ecco dunque il crescendo di Matteo, che ha calcolato il suo effetto meglio di Marco: questa volta Pietro giura con imprecazioni. « Un gallo cantò »: non per la seconda volta, poiché in Matteo vi è un solo canto del gallo.

E Pietro si ricordò delle parole di Gesù ... Questo ver­setto è simile a quello di Marco. E, uscito fuori, pianse amaramente (Mt 27, 75). « Uscito fuori»: questo, Mar­co non l'aveva precisato, a meno che il suo difficile verbo avesse tale significato. Matteo è molto più chiaro: Pietro esce finalmente fuori; aveva aspettato alla porta, prima di uscire, non si sa peraltro perché; infine esce e piange amaramente.

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7. - Passione e Resurrezione ...

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Il racconto di Luca

Dopo averlo preso, lo condussero via e lo fecero en­trare nella casa del Grande Sacerdote. Ora, Pietro seguiva da lontano (Le 22, 54). Riferendo l'episodio del Getse­mani, Luca non ha detto che eran venuti ad arrestare Gesù. In Marco e Matteo, è nel momento in cui si af­ferra Gesù, che Pietro estrae la spada e interviene. In Luca, no. Egli aveva scritto: « Vedendo ciò che stava per accadere, dissero: "Signore, dobbiamo colpire con la spa­da?"» È per impedire l'arresto che Pietro, oppure l'ano­nimo, sguaina la spada. Luca, non avendo ancora detto che si era arrestato Gesù, lo dice ora. Egli impiega un termine greco diverso da Marco e da Matteo, più ele­gante, più classico: « Dopo averlo preso ». L'espressione « impadronirsi di qualcuno», che appare in Marco e Mat­teo, si tradurrebbe meglio con « agguantare», parola più volgare. Luca non nomina il Grande Sacerdote, non ri­sulta se sia Caifa o Anna. D'altra parte « la casa» non è il palazzo ufficiale, si ha l'impressione che si tratti d'una residenza privata. Vedremo anche che, secondo Luca, la seduta del Sinedrio non ha luogo presso il Grande Sa­cerdote, ma in un tribunale speciale vicino al Tempio. Luca distingue bene tra la casa privata del Grande Sa­cerdote, ove si svolgono gli episodi notturni, ed il Sine­drio ove ci si recherà nel primo mattino (Le 22, 66). Fin d'ora, tra Luca e Marco - Matteo avvertiamo divergenze di tradizione fra le quali bisognerà scegliere nel migliore dei modi. Ora, Pietro seguiva da lontano. Luca, come Matteo, utilizza l'imperfetto, più espressivo del passato remoto di Marco.

Poiché avevano acceso un fuoco in mezzo all'atrio e vi si erano seduti intorno, Pietro si sedette in mezzo ad essi (Le 22, 55). Da buon scritto're, Luca sa raccontare, sa spiegare meglio: stavano seduti in cerchio attorno al

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fuoco, e Pietro viene ad aggiungersi al gruppo. Fuoco e luce sono meglio distinti che non in Marco: il fuoco al quale Pietro si riscalda, la fiamma che permette di rico­noscerlo: Ora, una serva, vedendolo seduto accanto alla fiamma e avendolo scrutato, disse: « Anche quello lì era con lui» (Le 22, 56). « Alla fiamma»: Luca impiega qui la stessa parola di Marco. « Avendolo scrutato»: questa parola è propria di Luca, che d'altronde l'impiega spesso. Essa significa guardare in modo fisso fino a poter distin­guere qualcuno. La dichiarazione della serva: « Anche quello lì era con lui » non è diretta, come in Marco e Matteo, che scrivono: « Anche tu». È anonima, parla a tutti e dice « con lui » senza precisare il nome di Gesù.

Ma egli negò dicendo: « Donna, non lo conosco » (Le 22, 57). Nei tre rinnegamenti, Luca ha completamen­te trascurato l'effetto del crescendo, anzi vi è in lui un decrescendo. Ecco, fin dall'inizio, un rinnegamento for­male: « Non lo conosco », mentre abbiamo letto in Mar­co ed in Matteo: « Non so quel che tu dici, non com­prendo». Sembra che Luca non abbia voluto creare que­st'effetto.

E poco dopo un altro, vedutolo, affermò: « Anche tu sei uno di quelli». Marco diceva: « la stessa serva»; Mat­teo: «un'altra»; e Luca qui dice: « un altro». I parti­colari divergono. Per il secondo « atto » degl'interroganti, Luca passa al periodo diretto: « Anche tu sei uno di quelli! » Ma Pietro dichiarò: « Uomo, io non lo sono» (Le 22, 58). In Luca, Pietro è laconico, la sua risposta è meno forte della prima volta.

E circa un'ora dopo un altro insisteva dicendo: « In verità, anch'egli era con loro, e infatti è galileo» (Le 22,

59). La precisazione del tempo, « circa un'ora dopo», può essere una buona informazione, ma può anch'esser dovuta al talento del narratore, che anima il suo racconto

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aggiungendo certi particolari'. In Luca, il terzo attacco viene da un uomo: « un altro», mentre in Marco ed in Matteo è sferrato da coloro che si trovavano lì presenti. Notiamo queste leggere discordanze. « Anch'egli era con loro »: Luca ritorna allo stile indiretto. Ma Pietro disse: « Uomo, non so di che cosa tu parli» (Le 22, 60). Il terzo rinnegamento di Luca è il più debole, simile al primo rinnegamento di Marco. Notiamo il decrescendo di Luca: prima: « lo non conosco Gesù»; poi: « Io non sono del gruppo»; infine: « Che cosa dici, non lo com­prendo ». La prospettiva psicologica è differente, forse meno felice che in Marco e soprattutto che in Matteo; ma Luca riscatterà questa goffaggine con una nota molto preziosa:

E in quell'istante, mentre parlava ancora, cantò un gallo. E, voltatosi, il Signore guardò Pietro (Le 22, 60-

61 ). Luca è il solo a riferire questo gesto del Signore, che è molto importante, dal punto di vista sia storico che teologico e spirituale. Ecco il dato storico: il Signore è lì, è nel cortile ove si svolgono gli avvenimenti, ciò che né Marco né Matteo avevano detto. Nemmeno Luca lo dice, però scrive che il Signore si volta: gli basta vol­tarsi, dunque egli deve trovarsi lì in qualche luogo, in un angolo del cortile; quando Pietro l'ha rinnegato tre volte, si gira e lo guarda. Cercando di combinare le tre narrazioni, gli studiosi spesso spiegano che Gesù scende dal primo piano esattamente in quello stesso istante e che, nel momento in cui passa, guarda Pietro. Ma ciò non è nel testo; bisogna, per arrivare a dir questo, mescolare Luca e Matteo. Non mescoliamo i racconti e leggiamo Luca per conto suo: qui non si parla ancora del Sinedrio, il quale si riunirà in seduta soltanto la mattina. Ne con-

4 Già nell'episodio del Getsemani, ove Matteo e Marco dicevano che Gesù s'era allontanato un poco, Luca precisava: « quanto il tiro d'un sasso».

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eludo, e credo sia questa la verità storica, che Gesù in quella notte è rimasto nel cortile; o, piuttosto, tenendo conto di Giovanni, penso che Gesù sia stato brevemente interrogato da Anna e da qualche altro capo, in forma privata. Dopo questo interrogatorio, molto rapido, egli è stato abbandonato in un angolo del cortile, ove hanno avuto luogo gli oltraggi. Dopo di che, si aspetta che venga giorno, ed è durante questo tempo che lo sciagurato Pietro lo rinnega. Gesù ha udito tutto e, quando il disce­polo lo rinnega per la terza volta, lo guarda. Quanto è commuovente questo sguardo! Fa scoppiare in lacrime Pietro, che rimane sconvolto da quell'occhiata piena di un dolce rimprovero: « lo te l'avevo ben detto, mio po­vero Pietro! ».

Quest'annotazione di Luca, scrittore dall'animo pro­fondo, ognuno deve viverla: quando abbiamo qualche rinnegamento da rimproverarci, piccolo o grande, dob­biamo sentire questo sguardo del Signore: « Avevi pro­messo di essere fedele, ed ecco ciò che fai». E dobbia­mo, come Pietro, convertirci.

E Pietro si ricordò della parola del Signore ... E, usci­to, pianse amaramente (Le 22, 61-62). Pietro è in lacri­me, c'è in lui la contrizione che ottiene il perdono. Prima di lasciare Luca bisogna notare un particolare: egli uti­lizza qui la stessa espressione di Matteo: « Uscito, pianse amaramente». Questo fatto pone un problema di critica letteraria che rientra nella questione sinottica. Noi con­statiamo continuamente che Luca e Matteo conoscono Marco; molto spesso le rassomiglianze che hanno tra di loro si spiegano con ques~a fonte comune. Ma i casi in cui Luca e Matteo si rassomigliano senza seguire Marco, pongono un problema: donde hanno preso le loro comuni espressioni? Non sembra che si siano conosciuti l'un l'al­tro, a giudicare dalle loro divergenze su testi della più grande importanza, come il « Padre nostro » o i Vangeli

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dell'Infanzia. Se si fossero conosciuti, avrebbero concor­dato meglio i loro racconti. Come dunque spiegare un caso come questo in cui una stessa frase è identica in Luca e in Matteo? Tra le varie soluzioni possibili, una di queste, che credo sia valida qui, consiste nel domandarsi se la tradizione dei manoscritti è buona oppure se qual­che antico copista non abbia modificato Luca per met­terlo d'accordo con Matteo. La frase di Luca che qui c'interessa non compare in tutti quanti i manoscritti, op­pure non vi è citata allo stesso modo. È possibilissimo che uno di quei monaci dell'antichità che copiavano i ma­noscritti conoscendo il Vangelo a memoria, abbia intro­dotto in Luca una formula di Matteo nel brano parallelo. Questo fenomeno, abbastanza frequente nei manoscritti, produce « armonizzazioni » che non sono opera degli autori originali ma dei copisti.

Il racconto di Giovanni

La coorte e il tribuno e le guardie dei giudei presero Gesù e lo legarono (Gv 18, 12). Ritroviamo qui i termini di cui si è parlato nel capitolo precedente. La parola greca può significare « coorte»; questo capo della milizia può essere davvero un « tribuno » ma non è certo, e non si può affermare con sicurezza che si tratti di soldati ro­mani. « Presero Gesù e lo legarono »: il secondo partico­lare - Gesù legato -, non lo menziona nessun altro evan­gelista; lo ritroveremo solo più tardi in Giovanni.

E lo condussero anzitutto da Anna; questi era infatti il suocero di Caifa, il quale era Gran Sacerdote per quel­l'anno (Gv 18, 13). Giovanni è formale: Gesù vien con­dotto presso Anna e non presso Caifa, come ha detto Matteo. Questo Anna o Ananos è ben noto nella storia: dopo avere occupato a lungo la carica di Grande Sacer-

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dote, ebbe cinque figli anch'essi Grandi Sacerdoti. Caifa, dice Giovanni, era suo genero. Si può a giusto titolo di­scutere l'informazione di Matteo secondo la quale Gesù viene condotto presso Caifa. Per ragioni che esporrò in sèguito, ritengo più verosimile, più storica l'informazione di Giovanni.

Il versetto seguente ci ricorda chi è Caifa: Caifa era colui che aveva dato agli ebrei quel consiglio: « È me­glio che un solo uomo muoia per il popolo» (Gv 18, 14). Giovanni fa allusione ad un episodio precedente ( Gv 11, 47-5 3 ), nel quale, ai sinedriti che si sono radunati per il timore che la fama di Gesù turbi i romani, Caifa propone di toglier di mezzo Gesù perché è meglio « che un solo uomo muoia per il popolo». Giovanni aggiunge che in tal modo Caifa, il Grande Sacerdote, profetizzava senza saperlo: « Gesù doveva morire per la nazione, e non per la nazione soltanto, ma anche per raccogliere in unità i figli di Dio, che erano stati dispersi». Notiamo che Caifa non è ancora entrato in scena; si parla di lui solo in quanto genero di Anna, ed è anzitutto presso Anna che Gesù, nottetempo, è stato condotto.

Ora, Simon Pietro e un altro discepolo seguivano Gesù. Quel discepolo era noto al Grande Sacerdote ed entrò con Gesù nell'atrio del Grande Sacerdote. Pietro restava presso la porta, fuori (Gv 18, 15-16). Giovanni scrive sempre « Simon Pietro ». Egli conserva i due no­mi, mentre gli altri dicono Pietro, oppure, all'inizio, Si­mone. Chi sarà quell' « altro discepolo » che s'incontra anche in altri passi di Giovanni (20, 2.3,4,8)? Molti stu­diosi lo identificano con lo stesso Giovanni evangelista, e ciò è possibile: Giovanni si sarebbe celato dietro a una specie di discreto anonimato. Ma viene identificato con Giovanni anche « il discepolo che Gesù amava » ( 1 3, 2 3; 19, 26; 20, 2; 21, 7.20): si tratterà del medesimo per­sonaggio? Ritroveremo più in là questo problema. Egli

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« entrò con Gesù nell'atrio del Grande Sacerdote ». Sa­rebbe meglio tradurre qui « palazzo » del Grande Sacer­dote. Questo discepolo che conosce la massima autorità religiosa può entrare liberamente nella sua casa; lo si lascia passare insieme a tutti gli altri. Quanto a Pietro, egli deve rimanere sulla soglia della porta, perché nes­suno sa chi sia. Uscì dunque l'altro discepolo, quello noto al Grande Sacerdote, e parlò alla portinaia e fece entrare Pietro (Gv 18, 16), Secondo un'antica versione siriaca, bisognerebbe leggere « il portinaio», sfumatura verosi­mile: è più normale che nel palazzo del Gran Sacerdote la porta sia custodita da un uomo. Questi lo lascia dun­que entrare, e sarà quindi la serva che parlerà in sèguito con Pietro.

I servi e le guardie, accesi dei carboni perché faceva freddo, stavano lì e si riscaldavano; anche Pietro era lì con loro e si riscaldava (Gv 18, 18). Il quadro è ancora più preciso e concreto che in Luca: la scena sembra pro­prio riferita da un testimone oculare.

La serva, la portinaia, disse a Pietro: « Non sei anche tu dei discepoli di quell'uomo? » Egli disse: « Non lo sono» (1 8, 17). Si parla qui d'una serva come in Marco ed in Matteo, ma essa è addetta al servizio della porta. Secondo Marco, Pietro sta al centro del cortile, vicino al fuoco, quando la serva lo apostrofa; è rimasto qui fin dal suo ingresso. Il rinnegamento in Giovanni resta molto vago: « Non sono dei loro, non appartengo a quel gruppo».

Giovanni pone a questo punto l'interrogatorio dinanzi ad Anna, che formerà l'oggetto del capitolo seguente. Anna interroga Gesù, che risponde con poche parole; il Maestro viene schiaffeggiato ed è allora, a parer mio, che hanno luogo gli oltraggi. Giovanni separa quindi il primo rinnegamento dagli altri due con l'interrogatorio alla pre­senza di Anna.

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Simon Pietro stava là a scaldarsi. Gli dissero: « Non sei anche tu dei suoi discepoli? » Egli negò e disse: « Non lo sono » ( Gv 18, 2 5 ). Come la prima volta, né più né meno, Pietro afferma di non appartenere al gruppo.

Un servo del Grande Sacerdote, parente di quello al quale Pietro aveva tagliato l'orecchio, disse: « Ma non t'ho visto nell'orto con lui? » Di nuovo, Pietro negò. E sùbito un gallo cantò (Gv 18, 26-27). Il servo è indicato in modo molto esatto. Giovanni conosce Malco di nome, conosce inoltre il personale alle dipendenze del Grande Sacerdote e sa che è un parente di Malco quello che in­terpella Pietro: « Non ti ho io forse già visto nel Getse­mani insieme a lui? » Secondo Marco, Matteo e Luca, Pietro era stato riconosciuto perché galileo; qui è tutto diverso: lo si riconosce per averlo visto nel Getsemani. Giovanni, poi, indica soltanto che Pietro negò nuova­mente, senza precisare le parole che disse. « E sùbito un gallo cantò ».

Prima delle redazioni evangeliche

Ecco dunque, di una medesima scena, quattro rac­conti che non concordano perfettamente. Si può tuttavia affermare con certezza che quest'episodio è storico, anzi­tutto perché vi sono stati dei testimoni, Pietro e l'altro discepolo, che hanno assistito agli avvenimenti e che hanno potuto raccontarli. D'altro canto, non si capisce come i cristiani avrebbero potuto immaginare una scena del genere, così umiliante e penosa per san Pietro. Alcuni critici, per esempio Goguel, pensano che tutto il brano sia stato inventato per mostrare il compimento della pre­dizione di Gesù: « Tu mi rinnegherai tre volte». Ma questo vuol dire invertire i fattori: la scena s'è veramente svolta e Gesù l'ha annunciata perché doveva avvenire. La

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« entrò con Gesù nell'atrio del Grande Sacerdote». Sa­rebbe meglio tradurre qui « palazzo » del Grande Sacer­dote. Questo discepolo che conosce la massima autorità religiosa può entrare liberamente nella sua casa; lo si lascia passare insieme a tutti gli altri. Quanto a Pietro, egli deve rimanere sulla soglia della porta, perché nes­suno sa chi sia. Uscì dunque l'altro discepolo, quello noto al Grande Sacerdote, e parlò alla portinaia e fece entrare Pietro (Gv 18, 16), Secondo un'antica versione siriaca, bisognerebbe leggere « il portinaio », sfumatura verosi­mile: è più normale che nel palazzo del Gran Sacerdote la porta sia custodita da un uomo. Questi lo lascia dun­que entrare, e sarà quindi la serva che parlerà in sèguito con Pietro. ·

I servi e le guardie, accesi dei carboni perché faceva freddo, stavano lì e si riscaldavano; anche Pietro era lì con loro e si riscaldava ( Gv 18, 18 ). Il quadro è ancora più preciso e concreto che in Luca: la scena sembra pro­prio riferita da un testimone oculare.

La serva, la portinaia, disse a Pietro: « Non sei anche tu dei discepoli di quell'uomo? » Egli disse: « Non lo sono » ( 18, 17 ). Si parla qui d'una serva come in Marco ed in Matteo, ma essa è addetta al servizio della porta. Secondo Marco, Pietro sta al centro del cortile, vicino al fuoco, quando la serva lo apostrofa; è rimasto qui fin dal suo ingresso. Il rinnegamento in Giovanni resta molto vago: « Non sono dei loro, non appartengo a quel gruppo».

Giovanni pone a questo punto l'interrogatorio dinanzi ad Anna, che formerà l'oggetto del capitolo seguente. Anna interroga Gesù, che risponde con poche parole; il Maestro viene schiaffeggiato ed è allora, a parer mio, che hanno luogo gli oltraggi. Giovanni separa quindi il primo rinnegamento dagli altri due con l'interrogatorio alla pre­senza di Anna.

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' Simon Pietro stava là a scaldarsi. Gli dissero: « Non sei anche tu dei suoi discepoli? » Egli negò e disse: « Non lo sono» (Gv 18, 25). Come la prima volta, né più né meno, Pietro afferma di non appartenere al gruppo.

Un servo del Grande Sacerdote, parente di quello al quale Pietro aveva tagliato l'orecchio, disse: « Ma non t'ho visto nell'orto con lui?» Di nuovo, Pietro negò. E sùbito un gallo cantò ( Gv 18, 26-2 7 ). Il servo è indicato in modo molto esatto. Giovanni conosce Malco di nome, conosce inoltre il personale alle dipendenze del Grande Sacerdote e sa che è un parente di Malco quello che in­terpella Pietro: « Non ti ho io forse già visto nel Getse­mani insieme a lui? » Secondo Marco, Matteo e Luca, Pietro era stato riconosciuto perché galileo; qui è tutto diverso: lo si riconosce per averlo visto nel Getsemani. Giovanni, poi, indica soltanto che Pietro negò nuova­mente, senza precisare le parole che disse. « E sùbito un gallo cantò ».

Prima delle redazioni evangeliche

Ecco dunque, di una medesima scena, quattro rac­conti che non concordano perfettamente. Si può tuttavia affermare con certezza che quest'episodio è storico, anzi­tutto perché vi sono stati dei testimoni, Pietro e l'altro discepolo, che hanno assistito agli avvenimenti e che hanno potuto raccontarli. D'altro canto, non si capisce come i cristiani avrebbero potuto immaginare una scena del genere, così umiliante e penosa per san Pietro. Alcuni critici, per esempio Goguel, pensano che tutto il brano sia stato inventato per mostrare il compimento della pre­dizione di Gesù: « Tu mi rinnegherai tre volte». Ma questo vuol dire invertire i fattori: la scena s'è veramente svolta e Gesù l'ha annunciata perché doveva avvenire. La

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maggior parte dei critici ammettono la storicità dell'epi­sodio. Essa è confermata dalla triplice interrogazione -una vera e propria riabilitazione - che Gesù resuscitato ri­volgerà a Pietro sulla riva del lago: « Mi ami tu? » ( Gv 2 r, r5-r8). Sarà, quella, la riparazione del rinnegamento. Essa fa pensare al versetto di Luca (22, 24) in cui Gesù aveva an­nunciato il rinnegamento ed il ravvedimento di Pietro.

Se non c'è motivo per dubitare della scena in se stessa, bisogna però ammettere che i singoli particolari non sono chiari e in parte ci sfuggono. Gl'interlocutori di Pietro sono diversi in ogni Vangelo. In Marco: una serva, la stessa serva, « quelli che erano lì»; in Matteo: una serva, un'altra serva, « quelli che erano lì»; in Luca: una serva, un altro, un altro; e in Giovanni: la serva addetta alla porta, « essi », poi uno dei servi del Gran Sacerdote pa­rente di Malco. Variano gli accusatori e variano anche le loro parole e le risposte di Pietro. Come coordinare que­ste discordanze? Alcuni esegeti, la cui concezione dell'ispi­razione e dell'inerranza è assai rigida, dicono che bisogna accettare tutti i particolari alla lettera: perciò li addi­zionano, e risultano così sette, otto rinnegamenti: Pietro ha rinnegato dinanzi ad una serva, dinanzi ad un'altra serva, dinanzi ad un gruppo, ecc.: moltiplicazione inve­rosimile quanto ridicola. Altri cercano di armonizzare i dettagli tra di loro, immaginando tutta una scenografia in cui c'è chi va e chi viene: s'arriva in tal modo a co­struire un piccolo romanzo. Meglio sarebbe riconoscere che gli scrittori sacri, come qualsiasi altro scrittore, hanno fatto uso d'una certa libertà narrativa. I t~stimoni, per­fino quelli oculari, riferiscono sempre uno stesso avveni­mento in modi diversi.

Possiamo fare quest'esperienza senza fatica nella vita corrente, ascoltando da varii testimoni una scena che essi hanno osservato. La sostanza del racconto rimane la stessa, ma ciascuno ha notato un dettaglio differente, op-

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' pure, non ricordando più il dettaglio, se lo immagina a modo suo. Gli autori sacri hanno fatto la stessa cosa, poiché lo Spirito Santo non ha modificato queste condi­zioni umane e naturali, che non interessano la teologia. Non bisogna quindi esigere una concordanza perfetta, ma accontentarsi di approssimazioni.

Si potrebbe forse andare ancora più in là. Credo inte­ressante esporre qui un'opinione nuova e intelligente. Senza volerla imporre, la segnalo come esempio di un discernimento critico che fa riflettere. Essa è stata pro­posta da Masson, un esegeta protestante, pastore e pro­fessore a Losanna 5

• Come abbiamo fatto noi, egli osserva un'incoerenza nel racconto di Marco: dopo il primo rin­negamento, Pietro esce fuori... ma non esce. L'espressione greca « se ne andò fuori », confrontata con altri passi di Marco, indica una vera e propria uscita: si veda, per esempio, l'episodio di Gesù che guarisce un cieco dopo averlo condotto fuori di Betsaida ( Mc 8, 2 3) '. Ma qui, quando Pietro « se n'è andato fuori », si trova ancora al­l'interno: la contraddizione è lampante. Marco dice che è andato « verso il vestibolo », ma queste parole potreb­bero essere state aggiunte proprio allo scopo di attenuare questa incoerenza. D'altra parte, l'abbiamo osservato, il gallo canta dopo il primo rinnegamento, come se la scena fosse finita, e Pietro non lo nota. Il secondo rinnegamento riprende il primo, in modo quasi identico: è la stessa serva che dice praticamente le stesse parole alle stesse persone.

Ecco ciò che propone Masson: può darsi che in Marco ci sia la combinazione di due racconti. Nell'uno, Pietro, interrogato da una serva, aveva risposto: « Io non lo co­nosco, non comprendo quello che tu dici». Poi era uscito

5 c. MASSON, « Le reniement de Pierre », nella Revue d'Histoire et de Philosophie Religieuse, XXXVII, 1957, pp. 24-35. 6 Vedere inoltre Mc II, 19; 12, 8.

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fuori, e il gallo aveva cantato. Il racconto termina qui: un solo radicale rinnegamento. Un altro racconto parallelo riferisce il rinnegamento di Pietro in due tempi invece di uno, forse perché occorrono due testimoni per confermare un fatto. Questo secondo racconto sarebbe stato aggiunto al primo e formerebbe nel testo attuale il secondo e il terzo rinnegamento; ogni racconto terminerebbe col canto del gallo. I due racconti sarebbero stati congiunti l'uno all'altro, in Marco, con due addizioni: « verso il vesti­bolo » (Mc 14, 68) e « di nuovo » (Mc 14, 62 ). In tal modo, sarebbero risultati tre rinnegamenti invece di uno o due. Questa soluzione spiega le incoerenze che abbiamo rilevato: un primo canto del gallo che non richiama l'at­tenzione di Pietro, e questo riaccendersi di accuse quando Pietro voleva uscire.

Per confermare questa ipotesi, si pensa di poter capire in che modo Matteo e Luca, soprattutto Matteo, cerchino di attenuare le incoerenze di Marco: essi sopprimono il primo canto del gallo, e non dicono che Pietro esce, ma che si dirige verso la porta. Giovanni stesso fornisce un indizio interessante in favore di quest'ipotesi: nelle sue pagine il primo rinnegamento è separato dagli altri due dall'interrogatorio alla presenza di Anna. Lo fa, forse, perché c'erano due narrazioni distinte fra di loro - un rinnegamento in una, due rinnegamenti nell'altra - che sono state in sèguito combinate insieme in un unico te­sto? Se ho voluto proporre questa ipotesi è perché la credo sostenibile ed anzi illuminante. In altre occasioni, potremo constatare che Marco ha conosciuto tradizioni diverse, che ha poi introdotto nel suo Vangelo 1

7 A proposito dell'agonia nel Getsemani, vale la pena di ricordare che una narrazione è incentrata su « l'Ora del Figlio dell'uomo» e un'altra sul « Vegliate e pregate per non cadere in tentazione ». Son due diversi modi di narrare la scena, che Marco unifica (Mc 14, 32-41). Forse si può spiegare nello stesso modo il fatto che in Marco ci son due sedute del Sinedrio: avrebbe avuto a sua disposizione due diverse tradizioni, e le avrebbe combinate insieme.

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La critica letteraria e storica deve considerare, nel periodo che ha preceduto le redazioni evangeliche, que­ste forme primitive di racconti che si sono amalgamate in sèguito. Ad uno ad uno, gli avvenimenti sono stati raccontati con brevi narrazioni più o meno divergenti, e i redattori le hanno, a poco a poco, organizzate in un rac­conto coerente. Non c'è alcuna difficoltà ad ammettere questo procedimento, poiché è la legge normale delle for­mazioni letterarie. Una tale evoluzione non nuoce per nulla alla verità sostanziale. Abbiamo d'altra parte una garanzia nella Chiesa, la quale conservava questi racconti nel suo seno, con l'assistenza dello Spirito Santo la cui ispirazione ha sorvegliato e diretto la formazione del testo che noi possediamo. Possiamo quindi rimanere sereni: il testo che risulta da questa genesi letteraria e che la Chiesa ha ricevuto come canonico, è un testo solido che dà, se non l'esatto dettaglio storico - a causa delle piccole divergenze segnalate -, l'atmosfera, la scena globale, pre­sentata in quattro modi diversi, e la stessa lezione fonda­mentale.

Questa lezione è spaventosa, ma salutare. Se i primi cristiani hanno voluto raccontare la caduta del capo degli apostoli, l'hanno fatto senza dubbio per mettere in guar­dia contro una eccessiva fiducia in sé. « Chi si gloria di stare in piedi faccia attenzione a non cadere » ( I Cor ro, 12; cfr. Rom II, 20-22; Gal 6, 1). Ma al tempo stesso essi raccontavano delle lacrime di Pietro che si preparava in tal modo a ricevere il perdono del Signore, insegnando così che ogni peccato, per grande che sia, può essere ripa­rato se su di esso si piange con amore.