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Dott. Duilio Tazzi Il revisionismo storico La nuova storia dell'uomo vista alla luce delle recenti scoperte. Edizione I' 13/05/2014

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Dott. Duilio Tazzi

Il revisionismo storico La nuova storia dell'uomo vista alla luce delle recenti scoperte.

Edizione I' 13/05/2014

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INDICE Paragrafo Titolo Pagina

1. Introduzione 6 2. Datazione dei Reperti Archeologici 9

2.1 Datare il legno: La Dendrocronologia. 10

2.2 Dentroglacologia 12

2.3 Datare i Materiali Organici: Il Radiocarbonio o C14 13

2.4 Datare i materiali inorganici 16 3. Incompatibilità e Dubbi 19 4. I reperti "Fuori Tempo" 24 5. Scheletri di Homo Sapiens 30

5.1 Scheletri di Umanoidi Sconosciuti 31 5.2 Impronte Fossili Umane 32 6. Reperti Inopportuni 35

6.1 Geoide di Coso 39 6.2 Pietre di Ica 39 6.3 Meccanismo di Antikitera 40 6.4 Mappe degli Antichi Re dei Mari 41 6.5 Carta di Piri Reis 42

7. Il Diluvio Universale: Tutti sapevano 51

8. Divagazioni Ingegneristiche 72 9. Elenco incongruenze. 92

10. Conclusione 96

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PREFAZIONE.

Ho iniziato tardi ad interessarmi di archeologia, anche se, ho

avuto sempre un occhio di riguardo per la storia dell'uomo.

Studiando alcuni precursori sismici, in grado di veicolare

informazioni predittive, sull'imminente evento ed incrociando i

miei risultati con quelli di altri scienziati nel mondo, mi è

capitato un articolo molto simpatico, che recitava cosi: "perché

gli antichi monumenti non crollano con il terremoto?".

La prima analisi cadde su alcune edificazioni Incas...... ma

strano, qualcuno asseriva, che in realtà, non le avevano

costruite gli Incas...... qui è iniziato il tutto.

Il mio non vuole essere un compendio di archeologia, visto tra

l'altro con un occhio prettamente ingegneristico, ma vuole

affrontare il problema in modo nuovo, ovvero con un approccio

scientifico-pratico, sovrapponendo varie tipologie di dati,

desumibili da varie discipline applicate all'archeologia. Il mio

lavoro è consistito nel fare un sunto di un materiale enorme

presente sia in rete, che tramite autori ed editori indipendenti,

che comunque hanno un respiro nazionale ed internazionale.

La prima parte, espone un elenco, una semplice esposizione di

una nutrita rappresentanza di oggetti "fuori tempo". La seconda

affronta una visione legata a racconti epici/mitologici/religiosi,

in nostro possesso, infine il tutto viene incrociato con i dati

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della astro-archeologia, infine per concludere, un elenco di

domande che fuoriescono dai nostri risultati. Insomma il mio

studio vuole essere un invito a tutti coloro che affrontano il

revisionismo archeologico a studiare e porsi domane, vere, non

preconcette, magari confrontandole con le teorie ed anche,

perché no, con i pregiudizi dell'archeologia ortodossa.

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1. INTRODUZIONE.

Dobbiamo fare una attenta riflessione, nel caso che l'esistenza

di civiltà pre-pleiostene venissero provate definitivamente,

tutte le religioni si sgretolerebbero in se stesse. Miliardi di

persone perderebbero il loro credo ed una gran parte delle loro

tradizioni. Sarebbe devastante. Persino le religioni buddiste e

induistiche perderebbero una parte della loro ideologia. Tutti i

docenti di storia e di religione resterebbero sulla strada senza

lavoro. Inoltre sono in gioco motivi economici e politici, dato

che tutta l'economia mondiale si basa in parte sulle grandi

religioni, in poche parole, se si ammettesse che la revisione

dell'archeologia ortodossa, è un dato di fatto, si potrebbe creare

una situazione di instabilità mondiale. A questo punto ci si

dovrebbe domandare se l'occultamento di prove ormai divenute

più numerosi dei reperti "classici" potrebbe condurre ad una

catastrofe sociale universale. A parer mio, se l'umanità

realizzasse di colpo, l'esistenza di civiltà millenarie, ciò

causerebbe una catastrofe sociale universale con tutte le sue

conseguenze asociali. Pertanto si dovrebbe preparare l'umanità

passo per passo all'esistenza di una nuova storia. Ogni

disciplina scientifica possiede una struttura tipicamente

conservatrice, e tende a respingere le idee che contraddicano

dei principi o delle leggi convenzionalmente accettati. Basta

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rivedere la storia stessa della scienza, che molto spesso è stata

scritta da personaggi che, a causa delle loro tesi rivoluzionarie,

sono stati violentemente attaccati dalla "comunità scientifica

ufficiale", che vedeva in pericolo il loro prestigio o il loro

schema di pensiero. Ma non dobbiamo meravigliarci, infatti la

storia più volte ci ha presentato queste scene, le idee che

apparivano eretiche nel passato sono diventate i concetti base

della scienza di oggi. L’archeologia, più di ogni altra, sembra

soffrire del cosiddetto filtro scientifico, messo in atto dal

pensiero ortodosso, che impedisce di fatto la divulgazione o

addirittura la discussione di scoperte che non si allineano con i

dogmi consuetamente accettati come veri. Proprio questa

materia fortemente empirica ha dimenticato il metodo

scientifico, il quale impone che, quando un ipotesi di lavoro

viene contraddetta anche da un solo esperimento, essa debba

essere abbandonata in favore di un’altra che soddisfi i dati a

disposizione. Ebbene, nell’ultimo secolo e mezzo gli

archeologi hanno collezionato in tutto il mondo una serie di

"anomalie", reperti "senza tempo" che si scontrano con la

ricostruzione ufficiale della nostra preistoria e storia antica.

Molte di queste sono contraddizioni culturali o anacronismi

tecnologici che sono sempre stati sotto gli occhi di tutti da

molto tempo, altre, sono scoperte scientifiche recenti, altre

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ancora sono veri e propri reperti occultati o dimenticati,

ritrovati grazie al lavoro di ricercatori nell’ultimo ventennio.

Possiamo citare a titolo di esempio che nel secolo scorso

sembrava inimmaginabile l’esistenza di una civiltà anteriore a

quella egizia, poi le città dei Sumeri vennero alla luce, guarda

caso, proprio nei luoghi indicati dall’Antico Testamento. Fino

agli anni ‘50 si credeva che i manufatti megalitici (europei e

britannici) fossero il prodotto di una società primitiva, prima

che l’archeoastronomia rivelasse le conoscenze astronomiche e

matematiche insite in quei monumenti. Oggi grazie ad un

approccio interdisciplinare all’archeologia siamo sulla strada

per una ulteriore rivoluzione scientifica che in futuro cambierà

anche la consapevolezza della nostra civiltà industriale,

convinta di rappresentare l’apice della evoluzione intellettuale

umana, in un cammino progressivo iniziato appena 100.000

anni fa. Sia chiaro che ognuna delle anomalie, presa

singolarmente, non costituisce una prova definitiva sufficiente

per riscrivere i libri di storia, ma se invece mettiamo assieme

tutti i pezzi del puzzle, otteniamo una visione d’insieme

sorprendentemente coerente che reclama una nuova e

suggestiva ipotesi: l’evoluzione dell’uomo non è stata

progressiva e lineare come si crede, e nella preistoria sono

esistite civiltà scientificamente e tecnologicamente avanzate.

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2. DATAZIONE DEI REPERTI ARCHEOLOGICI.

Per avere informazioni sul periodo in cui non ci sono

testimonianze scritte, è necessario saper “leggere” gli indizi

lasciati dall’uomo o dagli eventi naturali nei reperti o sul

territorio e ricostruire l’evento avvenuto migliaia di anni prima.

Vi sono vari metodi, da quello del confronto stilistico del

manufatto alle analisi chimiche e fisiche di vario genere.

Vediamo le più note e diffuse nel mondo archeologico.

Lasciando ad altra sede le analisi relative alla forma del

manufatto, ossia i confronti stilistici, occupiamoci invece dei

metodi di datazione sul materiale del manufatto stesso.

La prima distinzione va fatta in base alla categoria cui esso

appartiene, ossia inorganico oppure organico, dato che sui

secondi è possibile applicare la metodica del C 14, inattuabile

sui primi. Inoltre, una ulteriore distinzione viene fatta tra legno

e altri materiali di origine animale e vegetale, poiché sul primo,

oltre al C 14 è possibile applicare lo studio dendrocronologico.

Tutti i vegetali e i loro derivati (tessuti, carta, legni ecc.) sono

costituiti prevalentemente dal polimero cellulosa; nel tempo, la

cellulosa della pianta morta tende a mettersi in equilibrio con le

nuove condizioni ambientali alterandosi progressivamente.

Se il vegetale o il derivato rimane sulla superficie del suolo,

quindi in presenza dell’ossigeno, il carbonio viene lentamente

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ossidato e la cellulosa viene completamente vaporizzata e,

della pianta, non rimane niente. Al contrario, se il vegetale non

rimane in superficie, quindi non esposto all’aria, non si verifica

l’ossidazione del carbonio e si ha solo una lenta alterazione del

vegetale in un materiale sempre più scuro perché arricchito di

carbonio. Questa situazione si verifica quando la pianta o il suo

derivato finiscono sotto terra, nella sabbia del mare o congelato

in un ghiacciaio dove c’è sempre meno ossigeno.

Questa situazione, in contesti geologici, porta alla formazione

dei carboni fossili (torba, lignite, litantrace, antracite).

2.1 Datare il legno: la Dendrocronologia.

La dendrocronologia (dal greco dendron=albero e

logia=studio) non è una scienza nuova ma, sin dall’età antica,

si trovano riferimenti a questa

disciplina in Teofrasto,

Vitruvio, Plinio. Però, solo

grazie agli studi di Leonardo

Da Vinci, si può parlare di

ampliamenti anulari annuali.

La dendrocronologia come

scienza esatta nasce, invece, grazie all’impegno dello

americano Andrew Ellicott Douglass, a cui si devono le prime

Figura 1 - datazione del legno

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datazioni dendrocronologiche di alcuni insediamenti preistorici

in Messico.

Il metodo dendrocronologico, permette di ottenere cronologie

molto precise datando il legno di un albero vivente o un legno

archeologico mediante il radiocarbonio. Il metodo si fonda sul

principio che, alberi che appartengono alla stesso tipo, ubicati

nella stessa zona geografica formano, nello stesso arco di

tempo, sequenze anulari raffrontabili, in cui ogni singolo anello

è in relazione ad un anno di vita dell’albero. Gli anelli, dunque,

vengono misurati e le loro estensioni vengono interpretate in

grafici, che prendono il nome di “curve dendrocronologiche“.

Questo sistema di datazione è molto preciso: infatti, in

condizioni ottimali, cioè in presenza del midollo e dell’ultimo

anello, è stato possibile individuare anche il periodo dell’anno

in cui l’albero è stato abbattuto. L’esame dendrocronologico

può essere effettuato anche per lo studio di legni ancora posti

in opera. Si procede effettuando un foro dal diametro di 0,5

cm; nel caso in cui non è possibile prelevare campioni, le

analisi vengono fatte in loco, mediante l’utilizzo di strumenti

portatili, oppure attraverso la tecnica del frottage che consiste

nel rilevare gli anelli dell’albero attraverso lo sfregamento della

grafite su un foglio trasparente o bianco. Si può ricorrere anche

al rilievo fotografico.

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Il metodo dendrocronologico permette anche di ricostruire

episodi avvenuti nel passato e di cui si è persa ormai la

memoria. Per questo motivo la dendrocronologia non è utile

soltanto per la datazione relativa all’ambito archeologico,

architettonico e storico-artistico, ma viene ampiamente

utilizzata anche nelle ricerche climatiche, attraverso la

dendroclimatologia, quella scienza che studia l’importanza che

agenti atmosferici (pioggia, vento, grandine, siccità ecc.) hanno

sull’accrescimento della pianta. Inoltre, è utile

nell’osservazione di eventi quali incendi, terremoti, frane,

attività vulcaniche, alluvioni, patologie causate da insetti o

funghi.

2.2 Dendroglaciologia

Un ramo della dendrocronologia è la cosiddetta

dendroglaciologia che si interessa dello studio degli

spostamenti dei ghiacciai osservando gli accrescimenti delle

piante. Infatti, un ghiacciaio, durante il suo avanzamento, può

sotterrare oppure uccidere tutte le piante che incontra lungo il

suo cammino; altrimenti, se le tocca in maniera non distruttiva,

può modificarne lo sviluppo. Gli alberi, quindi, “registrano”

sulla loro corteccia, l’anno in cui si è verificato il contatto con i

ghiacciai. Con il metodo dendrocronologico è anche possibile

stimare l’andamento climatico degli alberi. Infatti, ogni anno

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gli alberi generano un nuovo anello e la crescita sarà più veloce

durante la primavera, l’estate e l’autunno mentre si arresterà

durante l’inverno. Avremo, dunque, un anello molto ampio se

l’estate o la primavera sono state umide, viceversa un anello

stretto, corrispondente ad un clima più secco. Mettendo a

confronto gli anelli di alberi cresciuti in tempi diversi, si può

ricostruire l’evoluzione del clima su archi di tempo più grandi

rispetto alla vita dell’albero.

2.3 Datare i materiali organici: il Radiocarbonio o C14.

Il carbonio ha un’importanza fondamentale in tutti i processi

che avvengono sulla terra. Tutti gli organismi che respirano, le

eruzioni vulcaniche ecc., liberano carbonio sottoforma di

anidride carbonica; questo gas viene poi assorbito in grande

quantità delle piante che lo trasformano in sostanze

indispensabili alla vita. Nel 1949 il chimico statunitense

Willard Frank Libby ha messo a punto questo metodo per la

Figura 2- Il ciclo del carbonio.

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datazione dei reperti organici (ossa, legno, stoffa, carta, pollini,

pergamene, tessuti biologici) risalenti a non oltre 40.000 anni e

per questa scoperta vinse il premio Nobel nel 1960.

Il carbonio è un elemento indispensabile per la vita ed è

presente in tutte le componenti organiche. Esso possiede

tre isotopi: due stabili (C12 e C13) e uno radioattivo (C14) e

differiscono tra loro per il numero di neutroni. Alla base del

metodo di Libby sta l’osservazione che il Carbonio-14 viene

assorbito dai vegetali assieme al carbonio C-12 e C-13

sottoforma di anidride carbonica e che quindi viene a far parte

dei composti che costituiscono gli organismi vegetali, i quali

servono da nutrimento per gli organismi animali. Essendo

nell’atmosfera costante la proporzione tra C-12, C-13 e

carbonio-14, (isotopo radioattivo del carbonio), ne risulta che,

anche negli organismi viventi, questo rapporto rimarrà

costante. Alla morte degli organismi, però, venendo a cessare

l’assorbimento di anidride carbonica dall’atmosfera, la quantità

di Carbonio-14, instabile, andrà sempre diminuendo rispetto a

quello del carbonio normale. Più precisamente, dopo 5.568

anni, la quantità di Carbonio-14 è ridotta alla metà di quella

che era presente nell’organismo al momento della morte

(questo periodo di tempo prende il nome di periodo di

dimezzamento ed è tipico degli atomi radioattivi).

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Data però la piccola quantità di Carbonio-14 rispetto al

carbonio normale, dopo circa 40.000 anni le radiazioni emesse

dagli atomi sono talmente deboli da non potersi definire con

precisione. Essendo il C14 un isotopo instabile, decade

secondo la reazione governata dalle interazioni deboli. La

tecnica per stabilire l’età di un qualsiasi reperto archeologico

consiste nel confrontare il contenuto del Carbonio-14 di un

reperto con quello presente in uno standard, l’acido ossalico,

preparato nel 1950 negli USA. La quantità di radiocarbonio

nello standard è quello di una pianta cresciuta in assenza di

effetti dovuti agli esperimenti nucleari e all’uso di combustibili

fossili. Con il passare degli anni ci si rese conto che il metodo

messo a punto da Libby dava risultati veri solo in prima

approssimazione, ottenendo così una “radiazione

radiocarbonica convenzionale”. Questa datazione

convenzionale viene poi confrontata con quelle ottenute da

campioni di età nota, al fine di stabilire una data “reale”. Negli

ultimi due secoli però la quantità di anidride carbonica è

aumentata, dovuta alla combustione di carbonio fossile. Il

carbonio fossile, rimasto per milioni di anni sotto terra, non è

in equilibrio con l’atmosfera e, pertanto, non contiene

Carbonio-14. Questo effetto tende a rendere più antichi i

reperti.

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Questo tipo di analisi è stato effettuato anche per scoprire vini

d’annata falsificati dal momento che il carbonio 14 è presente

anche nell’uva.

2.4 Datare i materiali inorganici: la Termoluminescenza

Sui materiali inorganici non possibile

applicare il sistema di datazione al C

14. Nel caso della ceramica e

terracotta è possibile fare ricorso al

metodo della termoluminecenza. Con

il termine Termoluminescenza si

indica un fenomeno fisico di

emissione luminosa, da parte dei cristalli di una sostanza. Il

fenomeno termoluminescente fu descritto per primo da Robert

Boyle nella seconda metà del XVII secolo. Si tratta di una

tecnica distruttiva che permette di datare i reperti di natura

inorganica, costituiti da argilla cotta (vasi, calchi per statue,

laterizi ecc.), vetri, ossidiane (vetri vulcanici) e malte.

Con questo tipo di datazione è possibile arrivare anche a datare

reperti di 500.000 anni fa e oltre. Ovvero, tutto ciò che contiene

dell’argilla, o della terra in genere, ed è stato cotto a

temperature di almeno 500 C°.

La tecnica viene utilizzata in archeologia per la datazione della

ceramica che è il materiale più abbondante rinvenuto

Figura 3 - Prove di termoluminescenza

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normalmente nei siti archeologici; molti dei componenti della

ceramica, come quarzo e feldspati sono termoluminescenti,

cioè trattengono le emissioni radioattive che si immagazzinano

nel tempo, dovute al consueto irraggiamento radioattivo

terrestre. Questi materiali, se vengono riscaldati ad una

temperatura che si aggira intorno ai 550°C., rilasciano energia,

attraverso una luce bluastra.

Dal momento che il terreno sprigiona costantemente piccole

quantità di radiazioni, quando l’argilla viene cotta in forno,

tutta la radioattività accumulata si estingue: uscito dal forno, il

manufatto si raffredda e ricomincia ad assorbire in maniera

costante piccole quantità di emissioni radioattive. L’analisi

consiste nel prelevare una quantità di campione sul quale

vengono svolte una serie di analisi, dalle quali si ricava la

radioattività assimilata dal campione dal momento della sua

ultima cottura fino ad oggi, ovvero la Paleodose o Dose

Archeologica.

Con la tecnica della TL gli archeologi misurano la quantità di

radiazioni accumulate e sono in grado di risalire alla data di

cottura del pezzo. La termoluminescenza permette di datare

anche oggetti non archeologici, ad esempio permette di

conoscere quando un meteorite è arrivato sulla Terra , di datare

i sedimenti di origine eolica o lacustri, la calcite delle

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stalagmiti e, in particolare, il materiale compreso tra strati di

stalagmiti formatesi nel terreno delle grotte abitate in tempi

diversi da animali e umani.

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3. INCOMPATIBILITÀ e DUBBI .

Cerchiamo di riassumere la storia dell’umanità, così come la

troviamo scritta sui libri di testo scolastici. Alcuni milioni di

anni fa un ramo della famiglia dei primati, l’Australopitecus,

intraprende il cammino dell’evoluzione verso una forma di

intelligenza e coscienza superiori. Le tappe di questo percorso

sono testimoniate dall’anatomia sempre più umana e dal

volume del cranio sempre maggiore degli scheletri degli

ominidi rinvenuti:

a) - 2¸1,5 milioni di anni fa: Homo Habilis, capacità cranica di

750 cm cubi circa.

b) - 1.500.000¸ 700.000 anni fa: Homo Erectus, capacità

cranica di 1200 cm cubi circa.

c) - 300.000 ¸ 30.000 anni fa: Homo Sapiens.

Homo Sapiens Neanderthalensis, capacità cranica di 1500 cm

cubi circa, rimpiazzato dall’Homo Sapiens Sapiens attuale

(nella forma originaria di uomo di Cro-Magnon), capacità

cranica di 1200 ¸ 1800 cm cubi circa. Durante i 2 milioni di

anni che formano l’età Paleolitica, gli ominidi sopravvivono di

caccia, pesca e raccolta, affinano il linguaggio, l’industria degli

utensili in pietra e in legno, imparano ad usare il fuoco. Poi,

improvvisamente, in un periodo compreso tra 9000 a.C. e il

4000 a.C. (convenzionalmente suddiviso in età Mesolitica e

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Neolitica ), l’uomo impara a modificare l’ambiente a suo

vantaggio, e il progresso culturale si impenna: si sviluppano

agricoltura e allevamento, dal VI millennio a.C. inizia la

lavorazione del rame e del bronzo, viene inventata la ruota,

infine con la nascita della scrittura si assiste all’alba della

storia: nel IV millennio a.C. fioriscono, contemporaneamente,

la civiltà egizia e quella sumera, seguite da quella della valle

dell’Indo e quella cinese, quindi, attorno al 1500 a.C. sempre

indipendentemente le une dalle altre, quelle centro e sud

americane. Secondo il parere di alcuni evoluzionisti,

Figura 4 - le Ere

l’esplosione culturale degli antenati dell’uomo è un evento

straordinario. La crescita intellettuale degli ominidi è

rapidissima: la velocità di accrescimento delle dimensioni del

cervello (che raddoppiano in circa 1 milione di anni) supera i

normali ritmi di selezione naturale, consoni alla teoria

darwiniana, specialmente perché non esiste un fattore

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ambientale che spinga un animale a sviluppare le facoltà di

ragionamento, di espressione artistica, e di astrazione.

La linea evolutiva umana è estremamente confusa e mancante

di alcuni anelli di congiunzione: il capostipite,

l’Australopitecus, non ha una struttura ossea adatta alla

stazione eretta, l’Homo Abilis (di piccola statura e

scimmiesco) e l’Homo Erectus (più alto ed umano) sono

praticamente contemporanei e non possono quindi stare sulla

stessa linea genealogica. L’anatomia dell’uomo moderno si

distacca decisamente dagli immediati progenitori.

Stupisce particolarmente il fatto che l’uomo di Neanderthal, un

ramo estinto della famiglia degli ominidi che risulta

contemporaneo a quello di Cro-Magnon e non antenato, avesse

una capacità cranica che rientra nella media odierna (sebbene

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l’intelligenza non sia proporzionale al volume del cervello).

Inoltre non si spiegano le distinzioni somatiche tra le varie

razze dell’Homo Sapiens che, originario dell’Africa, dovrebbe

essere migrato negli altri continenti negli ultimi 30.000 anni,

addirittura gli amerindi e gli aborigeni australiani non si

sarebbero stanziati prima di 15.000 anni fa.

La scoperta dell’agricoltura, una rivoluzione fondamentale

nello sviluppo umano, avvenne quasi contemporaneamente e

indipendentemente agli antipodi del pianeta.

I primi esperimenti agricoli testimoniati dalla botanica

risalgono al 9.500 a.C. circa, e si trovano nei pressi del Lago

Titicaca sulle Ande Boliviane, sugli altopiani tailandesi, e sugli

altopiani etiopici. Inoltre un precoce inizio interrotto sembra

essersi verificato tra il 13.000 e il 10.000 a.C. in Medio Oriente

. Le prime civiltà che sorgono sulla terra attorno al 4000 a.C.,

inaspettatamente, non presentano tracce di evoluzione. I

Sumeri compaiono improvvisamente con una società molto

complessa e specializzata, con conoscenze di astronomia

comparabili con quelle del XIX secolo. La religione e la

scienza egizia sono fin dall’inizio pienamente sviluppate,

addirittura l’architettura denota una regressione nei secoli.

Ancor prima del periodo d’oro delle civiltà orientali, dal 5000

a.C., una cultura sconosciuta esperta in geometria e astronomia,

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erige in tutta Europa un’infinità di megaliti. La civiltà Maya,

dei primi secoli d.C., manifesta uno sconcertante divario tra le

conoscenze scientifiche e le realizzazioni tecniche: elaborarono

il miglior calendario della storia (dopo il nostro) senza essere

capaci di utilizzare la ruota. Gli Incas, il cui impero prosperò

fino al 1500, erano capaci di costruire le mura delle loro

fortezze con blocchi monolitici che raggiungono il peso di 300

tonnellate. Il quadro che abbiamo davanti è poco coerente, il

buon senso suggerisce che ci siamo persi per strada dei pezzi,

che forse devono ancora affiorare da sottoterra.

Oppure quei pezzi sono già nei musei, ma non sono stati

correttamente interpretati.

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4. I REPERTI “FUORI TEMPO".

Chiamati generalmente O.O.P.A.R.T. (Out Of Place Artifacts,

cioè manufatti/reperti fuori posto) vengono indicate tutte quelle

tracce di presenza umana che sono stati rinvenuti in strati

geologici in cui non dovrebbero esistere, oppure quegli utensili

di livello tecnologico incompatibile con le conoscenze della

civiltà in questione, reperti che personalmente definisco “Fuori

Tempo”. Anche se ciò non è riportato sui libri di storia, questi

reperti sono molti e contraddicono palesemente la visione

tradizionale della preistoria, con grande dispiacere per i

pensatori ortodossi. L’abitudine a considerare questi

ritrovamenti delle anomalie (chiamando in causa, ad esempio

errori di datazione, fenomeni naturali, malafede dei ricercatori

coinvolti), solo perché non rispecchiano gli schemi di pensiero

accettati, ha permesso che questa mole di dati venisse

accantonata e dimenticata, formando un vero e proprio capitolo

di “Archeologia Proibita”. Con questo titolo, il ricercatore

Michael Cremo ha pubblicato nel 1995 un volume enorme (da

cui ho tratto del materiale per la presente pubblicazione) che

cataloga tutti i pezzi dimenticati delle origini dell’uomo.

Recuperando anche la letteratura scientifica della seconda metà

dell’800, Cremo ha scoperto una vera e propria soppressione di

prove che dimostrano che l’Homo Sapiens anatomicamente

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moderno esiste da decine di milioni di anni. Prove che per

documentazione e numero e superano i pezzi sparsi e

incongruenti che formano la linea evolutiva accettata. In

seguito alla pubblicazione de “L’origine delle specie” di

Charles Darwin, nel 1859, l’entusiasmo ha spinto i suoi fautori

a rintracciare in fretta il percorso evolutivo della nostra specie a

partire da un antenato ominide plausibile. Già nel secolo

scorso, gli evoluzionisti erano certi che il genere Homo si fosse

sviluppato solo recentemente, negli ultimi 2 milioni di anni, a

fronte di ciò, essi adattarono i reperti alle loro idee, anziché

costruire la teoria sui fatti. Ogni ritrovamento che metteva in

dubbio la cronologia dogmatica veniva sottoposto ad ogni

genere di critica, mentre la minoranza delle scoperte gradite era

accolta e propagandata con entusiasmo.

Ciò avvenne nel 1894 (il famoso uomo di Giava, battezzato

Homo Erectus) e all’inizio del secolo con gli ominidi cinesi. I

neo-darwinisti, dopo aver deciso quali reperti fossero da

considerare autentici, hanno disposto sulla stessa linea dei

frammenti fossili disordinati, spesso rinvenuti in condizioni

dubbie, spesso appartenuti a specie diverse (l’Homo Abilis è

una pura invenzione antropologica, non esiste come specie a

sé). Una generazione influente di studiosi ha alterato

clamorosamente la reale antichità dell’essere umano,

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ricorrendo persino al falso si cita qui il caso dell’Uomo di

Piltdown. I concetti ortodossi sono radicati a tal punto che

oggi la morfologia stessa dei fossili di ominide viene usata per

datare un sito archeologico: anatomia moderna significa

recente, anatomia scimmiesca significa antico. In questo modo

non vi è alcuna possibilità di esplorare ipotesi alternative.

Essere coscienti del fatto che la ricostruzione dell’antichità è

soggetta a pesanti pregiudizi, ci aiuta ad affrontare, nel seguito,

altri numerosi reperti dalle implicazioni ben più sconvolgenti,

molti dei quali erano noti anche prima del contributo di

M.Cremo, ma rimanevano oggetto di studio soltanto per gli

scrittori di paleoastronautica.

Figura 5 - Impronte umane impresse su una roccia del Triassico

Impronte fossili umane sono rimaste impresse su formazioni

rocciose antichissime, numerosi manufatti sono stati rinvenuti

in strati geologici "impossibili", anteriori all’era dei dinosauri,

oltre 300 milioni di anni fa.

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Ci sono scheletri di razze umane sconosciute, e strumenti

tecnologici dalla fattura moderna. Su tutto questo è calato il più

assoluto silenzio, a causa del cosiddetto filtro culturale, o forse

per insabbiamento intenzionale.

Vediamo una rassegna dei reperti più importanti.

Il primo importante sito a riemergere dal passato remoto è stato

Catal Hüjük, un vasto insediamento abitativo, datato al settimo

millennio avanti Cristo, che prova come città complesse e bene

organizzate siano sorte molto prima di quanto si pensi, già in

età neolitica. A duecento chilometri da Yerevan, capitale

dell’Armenia, è stata scoperta un’area di circa sette ettari,

letteralmente ricoperta da centinaia di megaliti con fori

artificiali per l’osservazione astronomica; il sito, Carahunge, è

Figura 6 - cartina del Ritrovamento

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datato al sesto millennio a.C. e presenta notevoli paralleli con i

templi astronomici recentemente scoperti nella valle del fiume

Fiora (Poggio Rota), Pitigliano in Toscana. Göbekli Tepe si

trova nell'attuale Turchia in prossimità del confine con la Siria.

Ma la scoperta più eclatante e misteriosa è avvenuta a Göbekli

Tepe, sul confine siriano, dove sono venuti alla luce cerchi

megalitici e complesse strutture architettoniche decorate con

rilievi scultorei di raffinata esecuzione.

Figura 7 - panoramica del Sito.

Il sito è stato datato al 9500 a.C. e si ritiene che abbia avuto

funzione di tempio e di “centro” sacro per un vasto e popolato

territorio. Quest’ultima scoperta ha messo in crisi non pochi

accademici ed “esperti”. Infatti, secondo l’odierna teoria

“scientifica”, insegnata in università, scuole e accademie, nel

29

9500 a.C. sarebbero soltanto esistiti gruppi nomadi di

raccoglitori e cacciatori, senza arti né tecniche, in altre parole

“uomini delle caverne”. Ora dopo Göbekli Tepe, bisogna

retrodatare di molti millenni la storia dell’evoluzione umana.

Il nocciolo della questione è il seguente: se nel 9500 a.C.

(epoca terminale dell’ultima glaciazione) gli essere umani già

possedevano un’evoluta forma di arte, avanzate tecniche

costruttive e un codice simbolico per l’elaborazione di dati e

idee, ciò implica che essi abbiano progressivamente sviluppato

tali capacità e talenti, in un’epoca precedente. E’ invece assai

improbabile che siano arrivati a tanto, in un breve arco di

tempo. E, allora, la storia va rivista, o riscritta: quei nostri

progenitori, durante o prima dell’ultima glaciazione, percorsero

un cammino evolutivo che anticipò di millenni quella che oggi

è chiamata la “rivoluzione” del neolitico.

30

5. SCHELETRI DI HOMO SAPIENS.

1. Scheletro completo di Homo Sapiens moderno a Olduval

George, in Tanzania, fossilizzato in strato di 1-2 milioni di

anni, rinvenuto dal Dott. Hans Reck nel 1913.

2. Omero e femore di uomo attuale, in Kenia, datati

rispettivamente 4 e 2 milioni di anni (1965, 1972,

documentazione ufficiale).

3. Femore anatomicamente moderno trovato sull’Isola di Giava

nel 1894. Venne erroneamente associato ad un teschio di

ominide primitivo a formare un fantomatico miscuglio che

prese il nome di Homo Erectus, caposaldo ormai incontestabile

della nostra linea evolutiva.

4. Ossa di Homo Sapiens rinvenute a Brescia dal geologo

Giuseppe Regazzoni in strato del Pliocene (3-4 milioni di anni)

(1860).

5. Cranio di ominide dalle caratteristiche controverse, scoperto

dall’antropologo Richard Leakey in Kenia (1972). Presentava

una capacità cranica inaspettatamente alta, con una forma

facciale primitiva, e la stima dell’età oscillava tra 2,6 e 1,8

milioni di anni. Nonostante la sua classificazione come Homo

Habilis, questo ominide non può appartenere alla linea

evolutiva originata dall’Australopitecus (Fonte: Origins, di

Leakey e Lewin).

31

6. Prove di trapanazione del cranio, praticata nell’era neolitica,

a scopo magico o terapeutico (praticata anche oggi da diverse

tribù africane che si trovano allo stadio neolitico). Il più antico

è un cranio di uomo cinquantenne ritrovato in Alsazia da una

missione archeologica nel 1997, datato al 5000 a.C. con il

metodo C14. Il soggetto riportava le tracce di diversi interventi

chirurgici, a cui sopravvisse, come dimostra la rigenerazione

dell’osso cranico.

7. Scheletro umano venuto alla luce casualmente, in una

miniera italiana (probabilmente decine di milioni di anni).

8. Scheletro completo di Homo Sapiens, scoperto in un bacino

carbonifero risalente ad almeno 300 milioni di anni, presso

Macoupin, in Illinois. (Fonte: The Geologist, 1862).

5.1 Scheletri Di Umanoidi Sconosciuti

1. Crani umanoidi anomali ritrovati in Perù dall’archeologo

Henry Shapiro alcuni con la calotta allungata a pera (forse

spiegabili con la deformazione rituale indotta dall’infanzia),

altri con una doppia calotta cranica inspiegabile (conservati al

Museo Archeologico Nazionale di Lima).

2. Mummia egiziana di bambino (1,30 m) nella tomba di

Tutankhamen, conservata inizialmente dallo scopritore Howard

Carter, sembra in realtà un adulto pienamente sviluppato

macrocefalo (1922, documentazione ufficiale).

32

3. Razza sconosciuta di umanoidi di bassa statura (1,30 m

circa), i DROPA, in grotte al confine Cina-Tibet, rinvenuti

insieme a misteriosi dischi di pietra , datazione 10.000 a.C.

(anni ‘40).

4. Essere umanoide mummificato di 35 cm, 350 g, trovato da

cercatori d’oro in una camera scavata nel granito, sul Pedro

Mountain, nel Wyoming, nel 1932. La struttura ossea (rivelata

da una radiografia eseguita da H.Shapiro), secondo antropologi

dell’università di Harvard, era quella di un essere adulto o

anziano .

5. Scheletro umano di 2,38 m, ritrovato in mare a 250 km a

nord di Santiago del Cile, insieme ad ossa di animali preistorici

e vasellame (1970) .

6. Ossa umane di grandezza straordinaria, con denti pesanti

430 grammi, a punta S.Elena in Perù.

5.2 Impronte Fossili Umane

1. Impronte di piede di diversi esemplari di Homo Sapiens su

ceneri vulcaniche fossili, a Laetoli in Tanzania, risalenti a 3,6

milioni di anni fa. Scoperte nel 1979 da Mary Leakey, furono

erroneamente attribuite all’Australopitecus .

2. Orma di scarpa, completa di tacco, impressa su roccia con

incrostazioni di trilobiti del periodo Cambriano (oltre 500

33

milioni di anni) ad Antelope Spring in Utah. Scoperta e

conservata da William J.Meister nel 1968.

3. Impronta parziale di sandalo, con distinguibili le linee di

cucitura del filo e il consumo del tallone, fossilizzata su una

roccia del Triassico (250-200 milioni di anni) nel Sisher

Canyon, in Nevada. Trovata dal geologo John T.Reid nel 1922,

conservata al Museo Americano di Storia Naturale di New

York.

4. Impronta umana osservata in una roccia del Giurassico (150

milioni di anni fa) accanto a quella di un dinosauro, nella

Repubblica del Turkmenistan. (Fonte: Notizie da Mosca,

1983).

5. Orme di piedi dall’aspetto umano, con 5 dita, arco e tallone,

lasciate su terreni sabbiosi del periodo Carbonifero (320

milioni di anni, oggi roccia arenaria) in Kentucky,

Pennsylvania e Missouri. Studiate dal professor

W.G.Burroughs di una facoltà di geologia del Kentucky, nel

1938.

6. Impronta di scarpa su arenaria nel deserto di Gobi, decine di

milioni di anni (Fonte: P.Kolosimo).

7. Altre impronte di scarpe su roccia, dalla datazione

controversa, rinvenute a Caprie (Val di Susa, Italia), in Bolivia

34

(museo di Cochabamba), sulle Ande peruviane, a Punauia

(Tahiti).

35

6. REPERTI “INOPPORTUNI”.

1. Conchiglia con volto umano scolpito proveniente da una

formazione di roccia rossa Pliocenica (oltre 2 milioni di anni),

trovata da Henry Stopes in Inghilterra (Fonte Geological

Society inglese, 1881). Lavorazioni artistiche simili non

dovrebbero comparire fino a 100.000 anni fa in Africa, fino a

30-40 mila anni fa in Europa.

2. Rudimentali utensili di pietra lavorati dall’uomo, eoliti, ed

utensili di pietra più avanzati, paleoliti e neoliti, ritrovati in

tutta Europa (Inghilterra, Francia, Belgio, Portogallo) risalenti

alle ere del Miocene (5-25 milioni di anni), dell’Oligocene (25-

38 milioni) e dell’Eocene (38-55 milioni). Documentati

accuratamente all’inizio del ’900 in convegni internazionali di

archeologia preistorica, vennero accantonati come prodotti di

pressioni geologiche, poiché non dovrebbero esistere fino a 2-4

milioni di anni fa.

3. Oggetti di vario livello tecnologico nelle Americhe, risalenti

al Pleistocene (fino a 2 milioni di anni), tra cui gli utensili di

pietra di oltre 200.000 anni, trovati da L.Leakey a Calico, in

California negli anni ’50. Non dovrebbero esistere tracce di

esseri umani nelle Americhe prima di 30-15 mila anni fa.

4. Punte di freccia e bolas vecchie di oltre 3 milioni di anni in

Argentina (1912). Strumenti di pietra sofisticati, caratteristici

36

solo dell’industria dell’Homo Sapiens, scoperti in una

formazione glaciale a Sheguiandah, sui Grandi Laghi, in

Canada, vecchi di almeno 70.000 anni (Fonte: Dott.Lee, Museo

Nazionale del Canada, anni ‘60). Altri strumenti ritrovati dal

geologo Virginia Steen-McIntyre, a Hueyatlaco, in Messico

datati 300.000 anni mediante i radioisotopi dell’uranio (Fonte:

Geological Survey USA, anni ‘70).

5. Utensili avanzati di pietra (tra cui mortaio e pestello)

rinvenuti da una miniera d’oro, in profondi cunicoli che

penetravano depositi del Terziario (33-55 milioni di anni),

sotto Table Mountain, Tuolumne County, in California.

6. Statuetta di terracotta in un pozzo a 100 m di profondità

presso Nampa, nell’Idaho, in una colata di lava solidificatasi

almeno 2 milioni di anni fa. Statuette di argilla ritrovate in uno

scavo nei pressi di Acambaro nel Messico, nel 1945,

raffiguranti rinoceronti, cammelli, cavalli (tutti animali

scomparsi dalle Americhe da più di 15000 anni), e perfino

dinosauri dell’era Mesozoica.

7. Blocco di agata trovato nei pressi di Artigas, in Uruguay,

risalente a 130 milioni di anni fa, che ha rilevato, nella sua

cavità interna, scritte in rilievo racchiuse in un disegno a forma

di cuore, estremamente realistico (Studiato da ricercatori

americani, Fonte: El Pais, 1997).

37

8. Vaso metallico fuoriuscito da una roccia precambriana, di

600 milioni di anni, a Dorchester, in Massachusetts.

9. Tubo metallico ritrovato presso Saint-Jean de Livet in uno

strato di gesso antico 65 milioni di anni. Palla di gesso scoperta

in uno strato di lignite dell’Eocene (45-55 milioni di anni), a

Laon. Entrambi in Francia.

10. Pietra scolpita in forme geometriche a diamanti con facce

umane, rinvenuta in una miniera di carbone a 40 m di

profondità, (Fonte: Daily News, 1987). Cubetto di ferro con

scanalatura incisa e spigoli arrotondati (come fosse lavorato a

macchina), presso Vöcklabruck, in Austria, trovato in strati di

carbone (Fonte: C.Berlitz). Catena d’oro lavorata incastonata in

un pezzo di carbone (Fonte: The Morrisonville Time e

Geological Survey, Illinois, 1891). In tutti i casi la datazione

geologica fornisce un’età di circa 300 milioni di anni e i

reperti sono irreperibili, perché mai accolti in musei, ma

lasciati nelle mani degli scopritori.

11. Muro di cemento, liscio e smussato, incontrato in miniera a

più di 3 km di profondità, a Heavener, in Oklahoma (Fonte:

testimonianza di un minatore, 1928). Blocco di marmo con

forme regolari in rilievo, trovato in una miniera vicino a

Philadelphia, Pennsylvania a circa 20 m di profondità (Fonte:

American Journal of Science, 1831). Pavimento di pietre a

38

mosaico dissotterrato durante uno scavo archeologico a Blue

Lick Springs, nel Kentucky, 1 metro al di sotto dei resti di un

mastodonte, un mammifero preistorico (Fonte: C.Berlitz).

12. Chiodo di ferro incluso nel quarzo, in California. Chiodo di

ferro in una roccia, da una miniera peruviana, al tempo della

conquista spagnola. Filettatura di una vite metallica ossidata

impressa sul feldspato proveniente dalla Abbey Mine di

Treasure City, nel Nevada (Fonti: P. Kolosimo e C.Berlitz).

13. Cranio di antico bisonte selvaggio e cranio umano di

40000 anni fa, che presentano un foro circolare netto, che, per

l’assenza di incrinature radiali, può essere stato provocato solo

da un proiettile rotondo. Il primo si trova nel Museo

Paleontologico di Mosca, il secondo, scoperto in una caverna

dello Zambia, è conservato al Museo di Storia Naturale di

Londra. (Fonte: P. Kolosimo).

14. Sfere metalliche di limonite (di durezza anomala), lavorate

con scanalature parallele lungo l’equatore, rinvenute in un

deposito di minerale Pre-Cambriano, stimato antico di 2,8

miliardi di anni. (Conservate al Museo di Kerksdorp, in Sud

Africa).

15. Modellino di aereo in oro, proveniente da una tomba in

Colombia, del I secolo d.C., completo dei particolari della

cabina, sede del motore, coda e alettoni flangiati.

39

Un professore di aerodinamica, ignaro della sua provenienza,

dichiarò che la struttura alare a delta denotava capacità di

portanza supersoniche.

16. Oggetto metallico non identificato (somigliante ad una

bobina di trasformatore), incluso in un sasso di 15 milioni di

anni, trovato da uno studente di geologia di Mosca (Fonte:

Istituto Scientifico Salyut). I seguenti sono reperti molto più

celebri, ampiamente citati in diverse pubblicazioni che trattano

i misteri dell’archeologia.

6.1 Geode Di Coso.

Gèode (roccia con cavità interna tappezzata di cristalli) trovato

nel 1961 presso i monti Coso in California in cui era incastrato

un oggetto costituito da una barretta metallica di 2mm di

diametro, circondata da un collare di ceramica con un

"cappuccio" esagonale ed una estremità di rame (simile ad una

candela d’automobile)

6.2 Pietre Di Ica.

Si tratta di migliaia di ciottoli, affiorati in una località del Perù

nel 1961, con figure incise, che descrivono, con un disegno

stilizzato ma estremamente dettagliato, diverse scene delle

attività scientifica di una popolazione sconosciuta.

Le incisioni si possono catalogare in vari gruppi tematici:

entomologia, geografia, astronomia, medicina tra le più

40

sconcertanti si osservano personaggi che scrutano il cielo con

un cannocchiale, che utilizzano lenti di ingrandimento,

interventi chirurgici come tagli cesarei o trapianti di organi (nel

dettaglio del disegno si distinguono fegato, reni, cuore,

emisferi cerebrali, i pazienti intubati), animali somiglianti a

creature preistoriche (come toxodonti o rettili giganti).

Le pietre furono prontamente bollate come falsi opera dei

contadini peruviani . In realtà lo strato di ossido depositato sui

sassi, anche sulla parte incisa, dimostra che i disegni sono

molto più antichi, secondo lo scopritore, il dottor Javier

Cabrera, risalenti ad almeno 65 milioni di anni fa. Infatti

l’analisi petrografica colloca le pietre (dal peso specifico

anomalo) nell’età mesozoica (230-65 milioni di anni).

6.3 Meccanismo Di Antikythera.

Il noto "meccanismo di Antikythera" (Grecia), rinvenuto nel

relitto di una nave affondata 2000 anni fa. Si tratta di una

scatola di metallo che, ad un esame approfondito, risultò recare

all’esterno alcuni misuratori e all’interno una mole complessa

di ingranaggi, fra cui erano riconoscibili venti ruote dentate.

Ovunque c’erano iscrizioni in lingua greca, in gran parte

purtroppo illeggibili. Il restauro, condotto negli anni Cinquanta

sotto la direzione di Derek de Solla Price dell’Università di

41

Yale, ha permesso di formulare le seguenti, straordinarie,

conclusioni.

È quasi certo che il meccanismo di Antikythera fosse un

calcolatore astronomico estremamente sofisticato che

meccanizzava i rapporti ciclici fra il sistema solare e le stelle

della volta celeste. Le poche iscrizioni visibili fanno

riferimento al Sole, a Venere e perfino al piano dell’eclittica. I

dati venivano visualizzati, tramite lancette, su diversi

quadranti. Uno di questi ultimi, quello anteriore (il solo ancora

leggibile) mostra - senza alcun dubbio - il moto del Sole

attraverso lo zodiaco. Ma la parte più interessante del congegno

è una piattaforma girevole differenziale, un meccanismo che

non si sarebbe più rivisto fino al XVI secolo della nostra era.

6.4 Mappe Degli Antichi Re Dei Mari.

Con questo nome sono diventate celebri alcune carte

geografiche di epoca medievale, descritte nell’omonimo libro

(1966) del professor Charles Hapgood (sostenitore di una

originale teoria geologica descritta nel cap. ). Queste carte

nautiche e mappamondi, a differenza di tutte quelle realizzate

prima del XVIII secolo, presentano delle caratteristiche di

precisione inspiegabili, riportando la longitudine corretta di

località distanti fra loro migliaia di kilometri, rilevando la

presenza di terre ancora sconosciute all’epoca della loro

42

compilazione. L’unica spiegazione plausibile è che si tratti di

copie di originali antichissimi prodotti da una civiltà avanzata

grazie all’utilizzo della trigonometria sferica.

6.5 Carta Di Piri Reis.

Disegnata da un ammiraglio turco nel 1513, a partire da mappe

sorgente più antiche, fu rinvenuta nell’antico Palazzo Imperiale

di Costantinopoli nel 1929. Oltre a rappresentare i continenti

africano e sud-americano nell’esatta longitudine relativa, e le

Isole Falkland (scoperte solo nel 1592), la carta delinea la

corretta topografia subglaciale della penisola antartica, cioè il

reale profilo della linea di costa sepolta sotto centinaia di metri

di ghiaccio (l’Antartide è stato scoperto nel 1818). Ciò venne

confermato dall’Aeronautica statunitense nel 1960, dal

confronto con il profilo rilevato sulla superficie (mediante il

metodo sismico a riflessione) dalla spedizione Antartica del

1949. Quindi, qualcuno ha intrapreso la mappatura

dell’Antartide libero dai ghiacci in un’epoca compresa tra il

15.000 e il 4000 a.C., ultimo periodo di disgelo a quella

latitudine, secondo i dati geofisici (oppure in ere geologiche

ancora precedenti). Infatti, il contorno della costa sud-

americana e l’idrografia continentale disegnata sono coerenti

con il paesaggio che doveva presentarsi più di 15.000 anni fa.

Inoltre viene riportata un’isola di grandi dimensioni, oggi

43

inesistente sulla posizione della dorsale medio atlantica,

mentre le Azzorre sono molto più estese di oggi, forse per il

livello del mare in epoca glaciale.

Lo studio dei portolani evidenzia che essa faceva parte di un

planisfero ottenuto attraverso una proiezione azimutale

equidistante, centrata nei pressi del Cairo.

Figura 8 - Dettaglio della mappa di Piri Reis (America del sud).

Veniamo ora ad altri reperti "Sfusi", Sudamerica, Altopiani

delle Ande, in una tomba molto antica, sono stati trovati

ornamenti di platino fuso. Il punto di fusione del platino è di

ben 1730 °C, una temperatura impossibile da raggiungere con

le attrezzature dell’epoca. In una tomba di 1.600 anni fa sono

stati trovati oggetti di alluminio, un metallo che si può ottenere

solo con l’elettrolisi, scoperta però solo nel 1833.

44

Sudamerica, in Colombia è stata rinvenuta una statuetta d’oro

raffigurante un aeroplano, in tutto simile ai nostri Jet da

combattimento. La statuetta ha almeno 2000 anni.

USA, in un giacimento di carbone in Pennsylvania, in uno

strato di almeno 1 milione di anni fa, è stata rinvenuta una

catena d’oro.

Nel 1952 in Irlanda furono rinvenuti, sparsi per la campagna,

una sessantina di cubi con iscrizioni in un carattere cinese

antichissimo.

Nel 1900 in Grecia, sul fondo marino, fu rinvenuto dai

palombari un blocco di bronzo antico e corroso. Una volta

ripulito, l’oggetto si rivelò essere un complicato meccanismo

con più di 20 quadranti rotanti, i quali indicavano il sorgere ed

il tramontare di una serie di stelle. Le iscrizioni sull’oggetto,

che ne spiegavano il funzionamento, erano in greco antico. Nel

Messico furono rinvenuti antichi specchi concavi. Oggi se ne

usano per riflettori e telescopi. Non è assolutamente chiaro

come li costruissero e a cosa servissero all’epoca.

Nel 1968 in Armenia, furono rinvenuti oggetti in miniatura del

3.000 a.C., in quella che fu un’antica industria metallurgica.

Furono anche ritrovati, al suo interno, pinzette d’acciaio e

maschere protettive.

45

A Londra, nel British Museum, ci sono delle tavolette

cuneiformi provenienti da Babilonia, l’odierno Iraq, che

descrivono la posizione esatta di un lontano pianeta,

impossibile da individuare senza l’ausilio di un telescopio.

In India, a Nuova Delhi, esiste una torre di ferro, che ha

almeno 1.500 anni, e non mostra ancora segni di ruggine. La

lega di cui è composta la torre rimane un mistero.

In Perù, a Cuzco, su una mummia, sono stati ritrovati degli

ornamenti con minuscole perline di quarzo. Ogni perlina ha un

minuscolo foro. Solo da qualche anno la nostra civiltà è riuscita

a produrre un trapano in grado di praticare fori microscopici sul

quarzo. Nelle mura dell’antica città di Tiahuanaco, in Perù, la

più antica città precolombiana, sono scolpiti una serie di volti

umani che raffigurano più razze: caucasica, negroide, asiatica,

semitica, ecc... come potevano migliaia di anni fa, gli scultori

del luogo, conoscere le varie razze umane?

Sempre in Sudamerica, numerose statuette raffigurano uomini

con tuta spaziale e casco, le statuette risalgono tutte alme no a

2.500 anni fa. Come è possibile?

In Perù, a 3810 mt sul livello del mare, c’è il più alto lago del

mondo, il lago Titicaca, lungo 180 km, largo 50 km e con una

superficie di 8300 kmq. Dalla riva del lago si vede solo acqua.

Nella lingua locale, l’AYMARA, Titicaca vuol dire “pietra del

46

giaguaro”. Il dio giaguaro era uno dei più adorati in Perù.

Perché un giaguaro? Gli astronauti, da 300 km di quota,

fotografando il lago Titicaca, hanno svelato il mistero: il lago

ha la forma di un giaguaro nell’atto di balzare su un coniglio in

fuga. Ma chi poteva aver visto il lago dallo spazio, più di 3000

anni fa?

In Sudamerica, sempre in Perù, un gran numero di scheletri

umani, risalenti a 4000 anni fa, mostrano resti di interventi

chirurgici sul cranio effettuati prima della morte. Altri

mostrano protesi dentarie in oro, trapianti ossei,

cauterizzazioni, amputazioni.

A Tiahuanaco esiste la Porta del Sole, un’imponente struttura

in pietra con una serie di raffigurazioni. Rappresenta un

gigantesco calendario in cui l’anno solare è di 298 giorni.

Secondo alcuni studiosi 11.500 anni fa la luna non era in orbita

intorno alla terra e l’anno solare era appunto di 298 giorni,

anziché gli odierni 365.

A Sacsahuaman, nelle Ande, antica città precolombiana, esiste

un enorme masso che ha inciso un serpente ritto sulla coda. Le

antiche leggende locali narrano che inserendo il pugno nella

testa del serpente, i guerrieri ottenevano forza fisica e poteri

magici per vincere il nemico. Oggi, inserendo una bussola in

quella fessura, si può vedere l’ago magnetico impazzire e

47

girare senza sosta. Come facevano gli antichi a conoscere

questa anomalia elettromagnetica?

Nel deserto di Nazca in Perù e nel Mare d’Aral in Russia, ci

sono centinaia di raffigurazioni gigantesche, eseguite con tratto

continuo e visibili solo dall’aereo. I geroglifici di Nazca

occupano un’area di 300 kmq, quelli russi un’area di 500 kmq.

Nel deserto Mojave, in California, lungo il corso del fiume

Colorado, c’è una fila di canali esattamente tagliati nel fondo di

laghi ora asciutti. Noto come Labirinto di Mojave.

Sulle pareti del Titus Canyon, nella Valle della Morte, ci sono

analoghe gigantesche incisioni di pecore, lucertole, figure

geometriche, un candelabro capovolto simile a quello di Nazca,

e linee ondulate. In Cile ci sono strani intrecci di canali. Anche

in Australia, fotografando dal satellite Europa I, di giorno, con

i raggi infrarossi, la pianura di Nullarbor, una distesa di sabbia

di 167.000 kmq, si sono notate sul terreno 5 righe parallele,

larghe circa 14 km, lunghe 400 km, distanti da 80 a 100 km

l’una dall’altra. Un complesso troppo regolare e troppo esteso

per essere naturale. In Valcamonica (Brescia), su 900 rocce

sono incisi ben 40.000 geroglifici, si tratta del parco d’arte

rupestre più grande d’Europa. Le incisioni risalgono almeno a

3.000 anni prima di Cristo e raffigurano scene di caccia e di

culto.

48

Ma c’è anche tutta una serie di incisioni molto strane, che

raffigurano uomini con caschi e antenne che reggono in mano

strani arnesi, nonché oggetti é volanti di forma geometrica. Sul

Monte Musiné (Torino) vi sono numerose incisioni risalenti a

20.000 anni fa che raffigurano dischi volanti. Il Monte,

attualmente, è interessato ripetutamente da avvistamenti di

UFO. A Civitella del Tronto (Teramo) nel ‘71 sono stati trovati

i resti di una donna alta 2,10 metri, morta nel Medioevo. Sulla

mano sinistra stringeva un oggetto di ferro e rame, con

l’estremità uncinata e avvolta da un a rete metallica. Ignota la

funzione dell’oggetto.

Nella Cina del sud e in Africa orientale, furono esumati negli

anni ‘60 i resti fossili di umanoidi, denominati gigantopiteco e

megantropo, di dimensioni veramente impressionanti: alti 5

metri e con un peso stimato, da vivi, di 500 Kg!

Il modellino di un "uccello" in legno che, per certe sue

caratteristiche - come il piano alare dritto, quello di coda

disposto verticalmente e la sua aerodinamicità - è molto più

simile ad un aliante; rinvenuto in una tomba nei pressi della

piramide di Saqqara, in Egitto, conservato per oltre 50 anni al

museo del Cairo, con il numero di catalogo 6347.

La fibbia da cintura con ornamenti traforati, rinvenuta in Cina

nei pressi del sepolcro del generale della dinastia Chin, Chou

49

Chu, vissuto dal 265 al 316 d.C.. Dall’analisi condotta

dall’Istituto di Fisica Applicata dell’Accademia delle Scienze

cinese e dal Politecnico di Dunbai, si è appurato che il metallo

della fibbia era una lega formata dal 5% di Manganese, dal

10% di Rame e dall’85% di Alluminio. Stando alla scienza

ufficiale, però, l’Alluminio sarebbe stato scoperto nel 1803 e si

è riusciti a produrlo in forma sufficientemente pura solo nel

1854. Attualmente, il processo di estrazione dell’Alluminio

dalla Bauxite è molto complesso e implica l’uso di un forno di

tipo "Reverbier", di una camera di rifrazione e di un generatore

di corrente, oltre all’elettrolisi e a temperature superiori ai

950°C. Una sorta di primitiva "radio a galena" rinvenuta su

uno scheletro umano posto in una bara di legno, risalente a

circa 2500 anni fa, scoperta in una caverna della remota zona di

Yianghe, nella provincia sud-orientale di Yiangxi in Cina. Tale

ritrovamento è stata opera di una équipe di archeologi guidata

dal Prof. Han della Nanking University. Il reperto è composto

da due auricolari collegate ad una scatola nera contenente delle

lamine d’argento (aventi forse funzioni di trasduttori di

frequenze) e un cristallo di colore violetto (avente forse

funzione di antenna e/o sorgente di energia). Indossando le

auricolari, si ode un suono che si ritiene essere un canto

funebre inneggiante alla morte e all’oltretomba.

50

Sono solo alcuni degli strani fenomeni del nostro passato che

collidono piuttosto aspramente con quanto la scienza e gli

storici hanno appurato fino ad ora. La più sconcertante delle

scoperte, recentemente balzata all’attenzione dei media

mondiali, è quella effettuata da un matematico russo. Si tratta

di un codice matematico che, inserito in un computer, consente

di ricavare dal testo originario della Torah (Bibbia in ebraico),

una serie di informazioni criptate. L’aspetto inquietante risiede

nel fatto che le informazioni nascoste si riferiscono al nostro

presente, passato e futuro, lontano migliaia di anni rispetto a

quando la Bibbia è stata scritta. Il codice, sul quale lavorò

anche Newton può essere decifrato solo con l’ausilio di un

computer. Cosa dire? E’ un altro dei misteri di cui il nostro

mondo è pieno, ma che, generalmente, nessuno ci fa presente.

51

7. IL DILUVIO UNIVERSALE: TUTTI

SAPEVANO.

Analisi mitologica, archeologica e scientifica di un mito.

Uno dei ‘misteri mitologici’ più controversi a livello

globale è il racconto di un diluvio che spazzò via la civiltà,

al quale però l’uomo sopravvisse per volere dello stesso Dio

che aveva mandato questa ‘punizione’. In alcuni racconti il

diluvio è un evento locale, in altri un evento a livello

planetario; in alcuni racconti si afferma addirittura che gli dei

stessi (o il dio stesso) aiutarono l’uomo a ricreare la civiltà

dopo il diluvio. Quasi tutti i racconti però sono basati su alcuni

concetti chiave: Il diluvio ha una funzione ‘punitiva’;

Un uomo e una donna benedetti da un dio o dagli dei riescono a

salvarsi;

· Questa coppia ‘benedetta’ si salva grazie ad una

imbarcazione costruita secondo indicazioni divine;

· Il diluvio segna la fine di una era o di un percorso

storico e al diluvio segue una nuova fase evolutiva.

Nei suoi libri Zecharia Sitchin affronta l’argomento del diluvio

più e più volte, alcune volte in modo marginale, in altre, come

del libro “L’Altra Genesi”, in modo molto approfondito.

La sua teoria in merito è che il diluvio fu un evento catastrofico

dovuto allo sciogliersi dei ghiacci del polo sud, facilitato dal

52

passaggio di Nibiru in prossimità della terra che con la sua

spinta gravitazionale diede il "colpo di grazia" al già

compromesso equilibrio climatico del pianeta. Tutto ciò

avvenne secondo Sitchin a cavallo del 10.000 a.C. cioè alla

fine della ultima era glaciale; il crescere del livello marino,

l’insorgere di bufere e uragani, lo scioglimento del ghiaccio che

riversò acqua dolce sul mare, causarono un mutamento

climatico che, oltre a questi fenomeni già citati, portò una

serie di piogge abbondanti e durature che sono rimaste nella

memoria storica collettiva di tutti i popoli della Terra.

Andiamo quindi ad analizzare alcuni dei miti arrivati sino a noi

riguardanti il diluvio.

7.1. Il diluvio nella Bibbia

Il racconto del diluvio universale presente nella Bibbia mostra

degli elementi estremamente controversi. Si ha

l’impressione, leggendolo, che il racconto sia incompleto o

quantomeno confusionario. Come se fosse un riassunto poco

coerente di una storia più complessa. Il particolare che più di

ogni altro ha colpito e lasciato perplessi gli esegeti e studiosi

(non necessariamente cristiani) è l’ improvvisa decisione di

Dio, dopo aver dichiarato la volontà di eliminare il genere

umano, di salvare 8 persone: Noè, la moglie e i suoi 3 figli con

le rispettive mogli.

53

Se l’ umanità era corrotta, e Noè era garanzia di rettitudine,

così non lo era però per la moglie, per i 3 figli e le 3 nuore di

Noè (come vedremo tra poco). Eppure Dio permette che

queste persone siano i nuovi ‘capostipiti’ di tutta l’ umanità.

Altresì non si capisce come, dopo il diluvio, alla seconda

generazione si sarebbe ripopolato il mondo. I matrimoni e le

generazioni sarebbero avvenuti tra consanguinei, una

eventualità che, se nel IV e III millennio a.C. era ben

testimoniata in ambito reale e sacerdotale, il culto di Dio

aborriva e condannava salvo in casi eccezionali.

Un altro particolare è la cronologia del diluvio… in alcuni

passi (Genesi 7:17) si dice che il diluvio imperversò per 40

giorni e 40 notti, in altri versi

“il diluvio spazzò la terra per 150 giorni”

(Genesi 7:24), come se il racconto biblico fosse un condensato

di almeno 2 versioni. Inoltre, se si dà ragione alla frase

riguardante i 150 giorni, c’è un altro punto da chiarire: in

Genesi 8:4 si afferma che

“Alla fine dei 150 giorni le acque si erano ritirate, e nel 17°

giorno del 7° mese l’Arca si posò sul monte Ararat”.

Ma 150 giorni sono 5 mesi, non 7 mesi. Nonostante questo Noè

rimane ancora nell’Arca, perché in Genesi 8:5 si afferma che

“le acque continuarono a ritirarsi fino al 10° mese, e il primo

54

giorno del 10° mese le cime delle montagne divennero visibili”.

Accenniamo ora a un particolare che ritroveremo anche in altri

miti del diluvio nelle varie culture, e che funge da ‘punto di

contatto tra le varie versioni’.

E’ quello degli uccelli mandati fuori dall’Arca per capire se le

acque si fossero ritirate. Noè nel racconto biblico manda

prima un corvo che torna indietro. Dopo sette giorni manda

una colomba che ritorna indietro. Così la stessa colomba dopo

altri sette giorni, e dopo la terza settimana torna con un

ramoscello di ulivo in bocca, il ché è per Noè segno che le

acque si stavano ritirando. Dopo altri sette giorni egli manda di

nuovo la colomba che non fa ritorno. Dopo che Noè ‘sbarca’

sull’Ararat e offre un sacrificio a base di carne a Dio, questo

stabilisce un patto con Noè, dichiarando che non distruggerà

più l’umanità, né le piogge diventeranno mai più un diluvio

che distrugga ogni forma di vita. Mise nel cielo un arcobaleno

dicendo che

“questo è il simbolo del mio patto con te”.

Noè successivamente pianta una vigna, produce del vino col

quale si ubriaca e giace nudo addormentato.

Suo figlio Cam entrando nella tenda del padre lo vede nudo e

chiama i suoi due fratelli i quali però, per non vedere le nudità

del padre (sarebbe stato un peccato gravissimo), entrano

55

camminando a ritroso e coprono il padre con un indumento.

Quando Noè si sveglia e scopre che Cam lo ha visto nudo lo

maledice (Genesi 9:25):

“Maledetto sia Cam!L’ ultimo degli schiavi

Sarà lui per i suoi fratelli."

Dunque, che Dio è che reputa Cam degno di rimanere in vita

se compie poi un atto così disonorevole e manca a una legge

divina? O che Dio è che salva Noè che maledice il suo stesso

figlio? Le discendenze dai tre figli di Noè ci vengono

specificate in Genesi 10. I figli di Sem: Elam, Asshur,

Arphaxad, Lud and Aram

I figli di Jafet: Gomer, Magog, Madai, Javan, Tubal, Meshech

and Tiras I figli di Cam: Cush, Mizraim, [c] Put and Canaan.

Sono tutte discendenze maschili, niente viene detto della parte

femminile quindi resta il mistero su come l’umanità si

ripopolò. Indubbiamente sono contemplate anche sorelle

non nominate dalle quali, tramite matrimoni misti

consanguinei, questi 16 nipoti maschi di Noè generarono.

7.2. Il diluvio in Mesopotamia

Quando alla fine del XIX secolo importanti scavi in

mesopotamia portarono alla luce la vastissima biblioteca di

Assurbanipal a Ninive, la comunità archeologica e la comunità

56

religiosa vennero scosse dalla scoperta di alcune tavole che

riportavano parole completamente diverse dall’assiro che

era in corso di studio. Esistevano intere tavolette che

fungevano da dizionario con un' altra lingua che veniva

attribuita alla grande civiltà di Akkad. Esistevano intere

tavolette ricopiate nella lingua originale accadica, che

contenevano riferimenti a una lingua precedente, la ‘lingua

degli dei di Sumer’. Una tavola dello stesso Assurbanipal

dichiarava:

“Il dio degli scribi mi ha concesso in dono la conoscenza della

sua arte.

Sono stato iniziato ai segreti della scrittura.

So anche leggere le complicate tavole nella lingua di Sumer.

Comprendo le enigmatiche parole scritte nella pietra sin dai

giorni prima del diluvio.”

Queste frasi enigmatiche suggerirono a studiosi come H.

Rawlinson e J. Oppert che esisteva una civiltà precedente

a quella accadica e che questa civiltà avesse una lingua

propria, tracce della quale si trovavano nelle tavolette

dissepolte Ninive. Sumer fu identificata nella piana centro

meridionale della Mesopotamia, la Shin’ar di cui si parla nella

Bibbia in Genesi:

11:2 “muovendosi verso est trovarono una piana a Shin’ar e vi

57

si stabilirono”.

Tra le migliaia e migliaia di tavolette se ne trovarono alcune

che, sin dalle prime letture, si rivelarono particolarmente

interessanti per capire qualcosa di queste antiche civiltà. Vi si

raccontava la storia di un re, Gilgamesh, che ritenendosi di

origine semidivina, ingaggiò un viaggio lunghissimo e

faticosissimo per raggiungere la terra degli dei, il Tilmun,

dove avrebbe chiesto al dio del sole Shamash di aiutarlo ad

accedere al cielo.

Nella seconda parte del viaggio, essendo fallito questo

obiettivo, Gilgamesh va alla ricerca di Ziusudra, un eroe che

era sopravvissuto al diluvio che aveva distrutto l’ umanità e al

quale il dio Enlil aveva concesso la vita eterna. Era il secondo

riferimento che si trovava a un ‘diluvio’. Come interpretare

questi riferimenti? Non solo: successivamente in altri scavi

vennero trovate altre versioni della stessa storia, anche se

più frammentarie, scritte in lingua sumerica, nelle quali i

nomi cambiavano leggermente. Al posto di Shamash

compariva Utu, e al posto di Ziusudra compariva Utnapistim.

Ciò permise di stabilire che effettivamente la storia di

Gilgamesh era un poema molto antico che ogni popolo si

tramandava di generazione in generazione ma rimanendo

sempre fedeli, a parte le traduzioni dei nomi, alla storia

58

originale. Tutti questi particolari aiutarono gli studiosi a capire

che molti racconti del libro della Genesi in realtà non

sono che echi di racconti assiri, babilonesi, e ancora prima

accadici e sumeri. Una volta trovata la chiave di lettura fu

facile identificare altri passaggi della Genesi nelle tavole

mesopotamiche. Ma quale era il racconto del diluvio secondo

i sumeri? Quando Gilgamesh riesce finalmente a trovarsi di

fronte Ziusudra, egli gli racconta: “vieni Gilgamesh, un

segreto io ti svelerò… un segreto degli dei”.

La vicenda del diluvio ha inizio a Shuruppak. In un non

precisato periodo (Ziusudra non dà nessun riferimento

temporale) vi si trovarono riuniti tutti ‘i vecchi dei’. Il fatto

che tutti questi ‘vecchi dei’ fossero riuniti in un unico posto

indica secondo Sitchin che l’ evento si verificò in un arco

temporale in cui Nibiru si trovava vicino alla terra.

Particolarmente indicativa in questo senso è la presenza anche

di Anu, dio supremo del pantheon sumero ma che risiedeva nei

cieli e solo raramente faceva la sua comparsa a Sumer.

In quei giorni il mondo pullulava, la gente si moltiplicava, il

mondo mugghiava come toro selvaggio e il grande dio venne

destato dal clamore. Enlil udì il clamore e disse:

“Lo strepitio dell’ umanità non è più tollerabile e il sonno non è più possibile”. Così gli dei

59

si accordarono per sterminare l’ umanità. Lo fece Enlil ma Ea,

per il suo giuramento, mi avvertì in sogno del tremendo piano.

Secondo la versione mesopotamica che è stata inserita nel

racconto di Gilgamesh quindi, il diluvio sembra un atto

volontariamente causato da un dio iracondo, Enlil. Questa del

racconto di Gilgamesh è una versione che riassume molto l’

inizio della storia, quella della decisione di Enlil. Nel poema

‘Atra Hasis e il diluvio invece’, ci si ferma di più su questa

fase iniziale raccontando che all’ inizio Enlil pretendeva che

fosse Ea a porre fine al genere umano, ma questi si rifiutò.

“questo non è mio potere, non è una azione per me... è una

azione per te, Enlil, e tuo figlio Ninurta. Se vuoi un diluvio dì a

Ninurta di aprire le porte del cielo”

Quando Ea per far si che Ziusudra si salvasse gli dà le

indicazioni per costruire una barca, usa queste parole:

“Che la sua altezza sia uguale alla sua larghezza, che il suo

ponte abbia un tetto come la volta che ricopre l’ abisso;

conduci quindi nella nave il seme di tutte le creature viventi”

Il termine utilizzato nel poema per descrivere la barca è

Ma.Gur.Gur che significa ‘che può rotolare e capovolgersi’.

Dalla descrizione più che una barca o nave sembra si tratti di

una specie di ‘sottomarino’ o ‘sommergibile’.

La frase ‘il seme di tutte le creature viventi’ ha destato non

60

poco imbarazzo tra i sumerologi perché è una di quelle

espressioni di chiara traduzione ma con un significato che, nel

contesto dell’ epoca, è assolutamente fuori luogo. Se è lecito

pensare a un vero e proprio seme per le piante e i frutti, come

si dovrebbe interpretare questa espressione nel caso di animali e

uomini? Più avanti nel testo Ziusudra ricorda che:

Poi sorsero gli dei dell’ abisso: Nergal divelse le dighe delle

Acque dell’ Absu, Ninurta abbattè gli argini e i sette giudici, gli

Anunnaki, innalzarono le loro torce, illuminando la terra con le

loro livide fiamme.

L’ espressione ‘acque dell Absu’ è un riferimento

geografico. Indica che le acque si riversaroo da Sud. L’ Absu

era la regione di dominio di Nergal e sua moglie Ereshkigal, e

precedentemente sotto dominio di Enki. Corrispondeva

grossomodo al sudafrica fino alla Tanzania. Una conferma di

questo riferimento si trova qualche riga più avanti nel testo:

"I venti soffiarono per sei giorni e sei notti, fiumana buffera e

piena sopraffecero il mondo. All’ alba del settimo giorno la

tempesta del sud diminuì, divenne calmo il mare."

Dal racconto si legge che:

"la nave sul monte Nisir si arenò, lì rimase incagliata la nave"

Il monte Nisir, che ricorre in alcune tavolette di re

Assurbanipal in cui egli scrive di aver trovato la nave di

61

Ziusudra, attualmente viene generalmente identificato con il

Pir Magrun, ed è localizzato al confine tra il Kurdistan irakeno

e la Turchia dell’ est, l’ antica Anatolia.

Approssimativamente nel tratto in cui è collocato l’Ararat

della bibbia (data la non definitiva identificazione di entrambe

le montagne ci si può permettere una certa tolleranza).

Ziusudra allora manda fuori dalla nave una colomba che torna

indietro non trovando dove poggiarsi. Libera poi una rondine,

ma anche lei torna indietro. E’ poi la volta del corvo che,

trovando le acque diminuite e la vegetazione libera, mangia,

effettua dei giri intorno alla nave, e poi vola via. Val la pena

notare come sia nel mito mesopotamico che in quello biblico

sono menzionati il corvo e la colomba.C’ è un punto del

racconto la cui traduzione viene resa in due modi differenti a

seconda dell’ interprete.

Il passaggio sumero è:

gish má.gur.gur a.gal.la tu.ul.bul.bul.a.ta

utu im.ma.ra.è an.ki.a u.gá.gá

Che viene tradotto in due modi diversi: “aprì una finestra

della grande nave (ma.gur.gur) e si prostrò davanti a Utu (il

dio del sole)” oppure, in una versione meno ‘devozionale’:

“aprì una finestra della nave (ma.gur.gur) e vedendo il

sole (utu) cadde in ginocchio e pianse”.

62

Nelle righe conclusive della storia, Ziusudra racconta che, una

volta che gli dei furono ridiscesi sulla terra e trovarono

Ziusudra vivo, Ishtar festeggiò e richiamò gli dei dicendo:

“Che tutti gli dei si riuniscano intorno al sacrificio. Tutti

fuorchè Enlil. Lui non si accosterà a questa offerta perché

senza riflettere ha portato il diluvio”.

7.3. Il diluvio nelle Ande e nel Sudamerica

Dalle popolazioni andine ci sono giunte poche

testimonianze sul diluvio. Non abbiamo racconti elaborati e

dettagliati come nel caso della bibbia, dell’ Atra Hasis o dell’

epopea di Gilgamesh. Due racconti in particolare però ci

raccontano dei particolari abbastanza curiosi.

Il mito del diluvio e dei tre figli d Pacha (il primo uomo

creato) ci dice che il diluvio fu causa della distruzione del

primo popolo in seguito a un ‘gioco alla guerra’ dei tre

fratelli. Questi volevano combattere, ma non avendo avversari

decisero di combattere il drago il quale, ferito dalle frecce dei

fratelli, si difese gettando acqua dalla bocca. Quest’acqua

ricoprì le Ande e l’ intera terra. Pacha il primo uomo, trovò

rifugio per sè, i suoi figli e loro mogli, sulla vetta del monte

Pichincha, che sovrastava la città di Quito.

Giunto al sicuro, costruì una capanna e vi raccolse moltissime

specie di animali e una bastevole quantità di cibo e attese che

63

la furia del diluvio si attenuasse. Dopo qualche tempo liberò

un grande uccello, l' Ullaguanga, che tuttavia non fece ritorno

perché trovò sufficiente possibilità di nutrimento nei

corpi degli animali morti, sparsi nella vallata.

Un altro uccello, però, liberato da Pacha, tornò portando nel

becco delle foglie verdi e da questo segno Pacha dedusse

che la vita vegetale aveva ripreso a svolgersi e che,

quindi, era ormai possibile lasciare la cima del Pichincha. In

questo racconto si possono notare subito alcuni tratti comuni

agli altri miti: l’ acqua che ricopre un monte altissimo (Il

Pichincha è un vulcano dell’ Equador alto 4780 metri – l’

Ararat è un vulcano alto 5170 metri) e tutte le terre circostanti,

gli uccelli che vengono mandati in avanscoperta (l’ uccello

Ullaguanga a volte è identificato con i ‘gallinazos’, gli

avvoltoi, altre volte con i corvi), un uomo saggio e la sua

famiglia che si salvano, la raccolta di animali per dare di nuovo

inizio alla vita dopo il ritirarsi delle acque. E’ interessante anche

notare la strana conclusione del racconto:

"Insieme alla sua famiglia, si stabilì in una capanna nel luogo

ove sorge la città di Quito, per vivervi sempre, ma accadde che

i suoi figli si trovarono improvvisamente a parlare lingue

diverse e a non essere più in grado, quindi, di intendersi.

A causa di questo misterioso evento, i tre fratelli e il loro padre

64

Pacha

lasciarono quel luogo e si separarono, volgendo ognuno in una

direzione

e dando origine a tutti i popoli che oggi abitano quelle terre."

In un solo mito ecco riuniti due eventi identificabili con

il diluvio universale e il confondersi delle lingue dell’ episodio

della torre di Babele.

Il secondo mito andino che ci parla di un diluvio è quello della

‘Ira degli dei’. Se nel primo mito troviamo in comune con

quello mesopotamico e biblico gli elementi già evidenziati, in

questo tali elementi sono assenti ma fa la comparsa un altro

elemento comune: un dio iracondo che decide di sterminare

gli uomini per ‘motivi personali’. Secondo questo racconto

gli uomini, creati dal dio Pachayachachic, a un certo punto

della loro storia dimenticarono il culto di questo dio, il

quale, furioso, scagliò sulla Terra le sue folgori sterminatrici.

Questo però non bastò e dunque, sempre più adirato, provocò

un grande diluvio che sommerse ogni terra e ogni villaggio,

provocando la morte di gran parte degli uomini: solo a quei

pochi che si erano mantenuti fedeli a lui, Pachayachachic

permise di salvarsi trovando rifugio sulle alte montagne o in

profonde grotte. E’ evidente un parallelo con il Dio biblico e

con l’ Enlil sumero, entrambi iracondi e vendicativi per puro

65

interesse personale. Inoltre il nome Pachayachachic viene

tradotto in vari modi: ‘Dio dell universo’, ‘dio invisibile’, ‘dio

che vive nel vento’, tutti epiteti che si prestano bene sia a

rappresentare Jahwe che, ancora meglio, Enlil.

In Centro America il mito sul diluvio più famoso è quello

contenuto nel codice Latino-Vaticano del popolo degli

Aztechi. Si dice infatti che la prima era della storia del

mondo fu distrutta da un diluvio d' acqua. Il primo sole,

Matlactili, durò 4008 anni. In questo tempo il popolo era

costituito da esseri giganti che mangiavano prevalentemente

mais. Solo una coppia si salvò dal diluvio (Nene e Tata)

poichè era protetta da un albero. Comunque altri miti locali

affermavano che sette coppie si rifugiarono in una caverna e

ne uscirono quando le acque si ritirarono. Quando la terra

venne ripopolata, questi superstiti vennero considerati delle

divinità. Secondo un altro popolo mesoamericano chiamato

Mechoacanesecs, il dio Tezcatilpoca volle distruggere tutta l'

umanità con un diluvio e salvò solo un uomo di nome Tezpi.

Quest' ultimo si imbarcò con la sua famiglia e ogni genere di

animali e sementi su un' arca. Quando il dio ordinò la fine del

diluvio, l' imbarcazione si arenò su una montagna. Tezpi, per

sondare l' abitabilità della terra, liberò un avvoltoio che non

tornò perché si nutriva delle carcasse degli animali.

66

Allora vennero liberati molti altri uccelli, dei quali tornò solo il

colibrì con un ramo nel becco. Il diluvio era finito.

Quest’ ultimo racconto contiene il particolare dell’ avvoltoio

che abbiamo già visto nella storia di Pacha. In altre zone dell’

America latina poi son stati tramandati molti racconti

riguardanti il diluvio, più o meno tutti simili. I Chibcha della

Colombia dicono che furono portati alla civiltà da un certo

personaggio barbuto detto Bochica. Quest' ultimo aveva una

moglie invidiosa e cattiva, Chia, la quale fece piombare sulla

terra un diluvio che distrusse gran parte dell' umanità.

Bochica cacciò sua moglie facendola divenire la luna.

Nonostante il disastro, questo essere superiore riorganizzò i

superstiti e alla fine ascese al cielo divenendo un dio. Gli Indios

Tupinamba del Brasile raccontano che l' eroe civilizzatore

Monan aveva creato l' umanità ma distrutto il mondo tramite un

diluvio. Anche i Canari dell' Ecuador parlano di due fratelli

scampati al diluvio.

7.4. Il diluvio in Oceania

A Tahiti viene ancora raccontata una leggenda secondo la

quale l’ isola fu anticamente sommersa dal mare, nell' isola

sopravvissero solamente un uomo e una donna e gli animali

che essi salvarono; il disastro iniziò con grandi piogge e una

tempesta furiosa che fini per travolgere l'intera isola. Per

67

salvarsi assieme agli animali i due esseri umani si rifugiarono

sul monte più alto PITO- HITI. Finalmente dopo 10 notti cessò

di piovere e il mare calò, così la vita, grazie alla coppia, tornò

a fiorire nell' isola. Dal testo si può leggere:

Venne un forte vento del sud, con piogge e piene,

e una forte tempesta esiziale e turbini. Grandi alberi furono

sradicati,

con massi di ogni genere e trasportati in aria. Soltanto una

coppia fu risparmiata, un uomo con sua moglie furono salvati.

[…]

Tutta la terra di Tahiti e Tai-arapu fu allagata dal mare

e dalle acque dolci. Il monte Orena rimase sommerso;

solo il monte Pito-hiti si mantenne sopra il livello delle acque.

Sopra Tahiti piccola (Mo'orea) pareva mare aperto:

Nessuna montagna emergeva dalle onde.

[…]

Allora dissero: "L' ira di Ta'aroa, l' unico fondamento del

mondo,

è placata! Il mare è calmo, si è abbassato e il tempo è asciutto,

ma noi rimaniamo tra cielo e terra.

Questi tre passaggi del racconto Tahitiano contengono

elementi che devono far pensare: innanzitutto nel primo

estratto si dice che la tempesta proveniva da sud, esattamente

68

come nel mito di Gilgamesh. Questo fatto è molto importante

a causa della posizione geografica dell’ arcipelago della

Polinesia Francese in cui si trovano le isole tahitiane. Situato

a 6000 km a est dell’ Australia, è uno dei punti più a sud di

tutto il globo. Una tempesta che provenga da Sud dell’

Oceania può venire solo da uno specifico luogo geografico: il

polo sud, esattamente come sostenuto da Sitchin.

Il secondo passaggio del brano fa riferimento al

riversarsi di “acque dolci”, un chiaro riferimento a ghiaccio

disciolto, un altro punto a favore della teoria del diluvio

come sciogliemnto dei ghiacci del polo sud. Nel terzo estratto

del brano troviamo, come nei miti visti in precedenza, la

figura di un dio iracondo: Ta’aroa. La mitologia tahitiana non

si può descrivere come esattamente politeista. Nei testi

rinvenutici e nelle leggende raccontate, solo Ta’aroa figura

come ‘grande dio eterno’ mentre le altre figure risultano come

degli dei creati ‘su commissione’ di Ta’aroa dagli ‘artisti della

creazione’. Questi avevano dei cesti ripieni di To’i, una sorta di

materiale non identificabile.

Da questo materiale crearono 4 personaggi: Tane, Ru, Hina,

Maui. Dopo che Tane creò il cielo con le stelle, Ta’aora creò

sette livelli nel mondo e nell’ ultimo, il più basso, creò l’ uomo.

Nella sua accezione di ‘dio creatore’ Ta’aroa ricorda molto la

69

figura di Enki nella sua connotazione di ‘Nudimmud’, ossia

‘abile creatore’, che Sitchin identifica in quel dio

successivamente adorato dagli egizi come Ptah, il

‘creatore delle cose’.

7.5. Il diluvio in altre culture

Sparse per il globo, quasi tutte le culture ci hanno lasciato miti

riguardanti il diluvio:

Nel mito polinesiano, il Nibbio e il Granchio litigarono e il

primo, in impeto di rabbia, colpisce il secondo sul cranio. Il

Granchio per vendicarsi inonda e annega tutti gli viventi. Gli

unici a salvarsi sono due giovani sposi e gli animali riparatisi

sulla loro imbarcazione. Un mito cinese racconta che un tempo

gli uomini si ribellarono agli dei. L' universo allora piombò nel

caos e le acque invasero la terra.

Nel Laos e nella Thailandia settentrionale, si dice che un

tempo un popolo chiamato Then viveva in un regno superiore,

mentre gli inferi erano guidati da tre grandi uomini saggi. I

Then decisero che le persone avrebbero dovuto donare loro

una parte del proprio cibo.

Il popolo si rifiutò e i Then fecero piombare un diluvio sulla

terra. I tre uomini tuttavia costruirono una zattere e misero in

salvo non solo se stessi ma anche alcune donne e bambini. In

questo modo salvarono l'umanità dall'estinzione.

70

E’ importante in questo caso rimarcare che i termini usati

nel mito, in lingua thailandese, per ‘inferi’ in effetti

vogliono dire ‘mondo inferiore’. Che sia o meno un

riferimento geografico come nel caso dell’ Absu sumero, la

traduzione ‘inferi’ sembra dovuta al contatto della civiltà

occidentale con quella locale. Nel Vietnam, secondo le

leggende locali, trovarono scampo dalle acque del diluvio solo

un fratello e una sorella. Essi si trovavano all' interno di una

‘cassa di legno’ nella quale c' erano una coppia di ogni specie

animale. Gli aborigeni d' Australia delle coste settentrionali

sostengono che un diluvio distrusse un mondo precedente.

Secondo altri miti di altre tribù australiane, tuttavia, il

serpente cosmico Yurlunggur sarebbe il reale responsabile del

diluvio. In Giappone, alcune tradizioni ritengono che la

creazione dell' Oceania sarebbe derivata dal ritirarsi delle

acque di un diluvio. Per di più nelle isole Samoa e nelle isole

Hawaii si ricorda un diluvio che distrusse il mondo e quasi

tutta l' umanità. Secondo i Samoani, sopravvissero al disastro

solo due uomini che approdarono nelle isole Samoa. Anche in

Nord America molti gruppi di pellirosse e popolazioni

indigene tramandano racconti su una catastrofe dovuta all’

acqua: gli Inuit dell' Alaska parlano di un diluvio e di un

terremoto che risparmiarono i pochi che fuggirono tramite

71

canoe o scapparono sui monti. Il popolo Luiseño e quello degli

Huroni raccontano che si abbatté un diluvio su tutta la terra e

solo coloro che si rifugiarono sulle vette delle montagne si

salvarono. Anche i Montagnais, gli Irochesi, i Chickasaw e i

Sioux fanno riferimento al mito del diluvio.

72

8. DIVAGAZIONI "INGEGNERISTICHE".

Rientro nei panni dei miei studi originali, essendo laureato in

Ingegneria Industriale, mi pongo un tema abbastanza tecnico,

ovvero: se la Grande Piramide è stata costruita in 20 anni, di

contro, un'opera "colossale" come L’Anphytheatrum Flavium,

cioè il famoso Colosseo, fu costruita in circa 8 anni (72 d.C –

80 d.C.), tenendo in debito conto della migliore tecnologia

ingegneristica Romana, superiore di 2500 anni, rispetto a

quella Egizia, questi ultimi non disponevano di : Ruote,

Carrucole, ferro ed altri leveraggi combinati, i tempi di

costruzione sono proporzionali? Due foto satellitari nelle giuste

proporzioni di scala, che mettono a confronto il Colosseo con

la Grande Piramide, da notare il perfetto allineamento della

piramide con i 4 punti cardinali.

Figura 9 - Le due opere a confronto, viste dal satellite.

73

Sotto, due disegni (sezioni mezzeria) per confrontare l’altezza.

Figura 10 - Il confronto delle due opere. Le misure.

Dalla figura 11 si evince che la grande piramide potrebbe quasi

inglobare al suo interno l’intero Colosseo.

Infatti con la sua altezza di circa 57m, il Colosseo è solo ad 1/3

dell'altezza della Piramide di Cheope, con il suo lato più lungo

di 188m è ben lontano dai 230m di Cheope. Sconvolgente è il

confronto sul peso: 7 milioni di tonnellate per la piramide,

contro 0,25 milioni di tonnellate del Colosseo (considerando un

peso specifico di 2,5 tonnellate a m3 per il travertino).

I Romani si guardarono bene dal sollevare in quota blocchi dal

peso alla tonnellata, si limitarono ad applicare il sistema "arco"

74

alla perfezione movimentando in quota blocchi sempre al di

sotto appunto della tonnellata.

Nella figura 12, possiamo vedere una gru di epoca romana,

sconosciuta agli Egizi e comunque inadeguata al sollevamento

in quota dei blocchi di granito da 70 tonnellate della cosiddetta

“camera del re”:

Figura 11 - Le Gru Romane del tempo.

La gru veniva trainata da buoi per mezzo dei due grossi

cilindri, i quali fungevano da ruote durante il trasporto e da

propulsore durante il sollevamento. I cilindri erano

sufficientemente grandi da poter ospitare un certo numero di

persone che, camminando all’interno di essi, imprimevano la

rotazione al perno principale: qui era fissata la fune di

75

sollevamento, sostituita all’occorrenza da quella necessaria al

movimento del braccio. Il confronto sul volume di roccia

impiegata è altrettanto impressionante: 0,1 milioni di m3 per il

Colosseo, contro i 2,3 milioni di m3 della Piramide: ovvero la

piramide ha un volume costruito di circa 23 volte superiore al

Colosseo. Anche per il fattore tempo, il confronto è

interessante, considerando che il faraone Cheope avrebbe

regnato dal 2620-2597 a.c., ovvero circa 23 anni per alcune

fonti, mentre dal 2589-2566 a.c. per altre fonti, comunque circa

23 anni in tutto e che la costruzione della piramide sia avvenuta

in circa 20 anni.

Riassumiamo:

1) H-colosseo = 57m; H-piramide = 150m.

2) L-colosseo = 188m; L-piramide = 230m.

3) P-colosseo = 0,25*106 ton; P-piramide = 7*106 ton;

(Ppiramide/Pcolosseo)=28.

4) V-colosseo = 0,1*106 m3; V-piramide = 2,3*106 m3;

(Vpiramide

/Vcolosseo)=23.

5) T-colosseo = 8 anni; T-piramide = 20 anni;

(Tpiramide/Tcolosseo)=2,5.

76

Quindi la Piramide rispetto al Colosseo ha un peso circa 28

volte maggiore, ed ha un volume circa 23 volte maggiore, ma è

stata costruita i soli 20 anni, quindi impiegando solo 2,5 volte il

tempo che i Romani impiegarono per costruire il Colosseo

2500 anni dopo, utilizzando tecnologie sconosciute agli Egizi

all’epoca della costruzione della piramide, quali la ruota, la

carrucola e le travi in ferro. La differenza è di circa un ordine

di grandezza tra Peso-Volume e Tempo, elemento questo che

deve indurre a riflettere poiché nell’analisi scientifica uno

scarto simile è indice di un errore nella teoria o

nell’esperimento: in questo caso essendo certo il metodo ed il

tempo impiegato dai Romani per costruire il Colosseo, è lecito

pensare ad una rivalutazione della teoria sulla costruzione della

grande piramide. Volendo forzare un confronto, se

consideriamo un fattore di proporzione medio tra i rapporti

Peso e Volume, abbiamo un valore di 25 volte: applicandolo al

fattore tempo, significa che se i Romani avessero voluto

realizzare un Colosseo a “grandezza piramide di Cheope”,

avrebbero dovuto impiegare circa 200 anni (25x8=200).

Viceversa, se i Romani avessero avuto le stessa bravura degli

Egizi, avrebbero dovuto realizzare il Colosseo in meno di 4

mesi (8x12/25=3,84).

77

Quale superiorità viene attribuita oggi alla civiltà Egizia del

2500 a.C. per credere che abbia realizzato un’opera immensa in

soli 20 anni, minimizzando lo sforzo ingegneristico della

civiltà Romana che oltre 2500 anni dopo avrebbe impiegato

200 anni per realizzare un’opera paragonabile? Questi semplici

confronti, senza alcuna pretesa di precisione scientifica da

laboratorio, riescono indubbiamente a dare indicazioni

importanti sugli ordini di grandezza in gioco: i dati su

peso,volume e tempo possono non essere precisi, ma il loro

ordine di grandezza è inconfutabile. Il confronto sugli ordini di

grandezza mostra che stiamo attribuendo agli Egizi una

capacità ingegneristica, tecnica e costruttiva di gran lunga

superiore a quella Romana, sebbene quest’ultima avesse la

padronanza di mezzi e tecnologie più avanzate.

Nel 2570 a.C. (data in cui si ritiene costruita la piramide) è

dimostrato che gli Egizi non conoscessero la ruota, né di

conseguenza la carrucola. Non conoscevano inoltre nemmeno

il ferro, ma solo il rame. Oggi, nel 2013, è tecnicamente

impossibile movimentare blocchi di granito da 70 tonnellate

senza l’ausilio di mezzi meccanici-idraulici speciali.

Ipotizziamo che la cava dalla quale furono estratti i blocchi di

roccia calcarea si trovasse su una collina posta a circa 1 km

dalla grande piramide (dott. Diego Baratono,2007):

78

estrarre, lavorare, ruotare, capovolgere, spostare sulle slitte,

trasportare verso la piramide, poi affrontare la rampa inclinata,

arrivare alla quota prevista, posizionare con precisione

millimetrica blocchi dal peso dai 1 tonnellata fino a 4

tonnellate, il tutto senza l’ausilio nemmeno della più

rudimentale carrucola, diventa un’operazione da sottoporre ad

un attento studio di fattibilità. Avessero almeno avuto la gru

romana, avremmo potuto farci un’idea di come avvenissero le

operazioni suddette, ma è dimostrato che al massimo gli Egizi

hanno usato leve in legno o rame.

Se poi passiamo ai blocchi da 40 fino a 70 tonnellate della

“camera del re” allora le suddette operazioni appaiono ai limiti

delle teorie fisiche. A titolo di esempio, si riporta un disegno

dove si evincono le proporzioni dei blocchi:

Figura 12 - (dal Libro “Nel Cantiere della Grande Piramide” M.V. Fiorini): il 10%

dei blocchi ha un peso superiore alla tonnellata (per intenderci il peso di una Fiat Panda nuova a benzina); mentre solo il 2% supera le 20 tonnellate con picchi di 70

tonnellate.

79

Il terzo blocco (in basso) rende l’idea della grandezza dei

blocchi che costituiscono la Camera del Re: notate il disegno

dell’uomo vicino al blocco per capire di cosa stiamo parlando.

Proviamo ad illustrare brevemente la difficoltà di

movimentazione di un blocco monolitico da 50 tonnellate

appena estratto:

1) Per ruotare o ribaltare il blocco, oggi si usano macchinari in

acciaio come questi:

Figura 13 - Trasporto

pietre di grosso calibro.

2) Per spostare i blocchi, si usano gru come queste:

Figura 14 - Gru moderne.

I macchinari suddetti (Eurosollevatori Pellegrini, modello

Derrek) hanno comunque una capacità massima di carico

80

limitata a 50 tonnellate: non sarebbero adatte per la

movimentazione e la lavorazione dei monoliti da 70 tonnellate

che sono presenti all’interno della “camera del re”. Quando si

fanno ipotesi sulla movimentazione di blocchi di questa

portata, si dovrebbero avere ben presenti queste valutazioni per

capire di che ordine di grandezza stiamo parlando.

Senza quindi i macchinari sopra descritti, come hanno fatto gli

Egizi a :

1) squadrare i blocchi di granito senza ruotarli o ribaltarli (o se

li hanno ruotati e ribaltati, con quali leve).

2) posizionarli sulle slitte per il trasporto verso le imbarcazioni

poste sul Nilo;

3) affrontare curve, salite e discese con la slitta carica di 70

tonnellate;

4) arrivati sul Nilo, spostare l blocchi dalla slitta

all’imbarcazione;

5) arrivati alla piana di Giza, spostare i blocchi

dall’imbarcazione alla slitta;

6) arrivati ai piedi della Piramide, sposare i blocchi sulle rampe

a spirale (interne o esterne che siano).

7) arrivati alla quota prevista, posizionare il blocco con

precisione millimetrica.

81

Questi quesiti impongono una riflessione seria, libera da

pregiudizi e tesi accademiche da preservare. Affrontiamo ora

proprio il problema del posizionamento in quota dei blocchi da

70 tonnellate: a titolo di esempio si riporta una foto di un’auto-

gru per il sollevamento di blocchi da 70 tonnellate e da 500

tonnellate, ma con sbraccio inferiore ai 3m.

Figura 15 - Gru mobili per carichi

"eccezzionali".

Siccome i blocchi da 70 tonnellate si trovano a circa 50m di

altezza ad una distanza di circa 115m dai lati della piramide,

oggi è tecnicamente impossibile posizionare tale blocco con

una gru mobile, bisogna utilizzare una gru fissa dedicata per il

cantiere. Si riporta il diagramma di carico di una auto-gru da

500 tonnellate. Il grafico mostra chiaramente che la portata

massima di 500 t è possibile solo per uno sbraccio minore di

3m; mentre alla distanza massima di 74 metri, la gru riesce a

sollevare solo 2,9 t per un’altezza di circa 20m. Per soddisfare

le esigenze cosi impegnative, serve poter sollevare 70

tonnellate fino a 50m di quota con uno sbraccio di 115m.

82

In questo caso dovremmo utilizzare una di gru da porto come

quella raffigurata, si tratta di una gru a torre, con traliccio

d'acciaio,collocata su piattaforma girevole a 360°, con braccio

inclinabile dotato di tre argani su carrello,con portata massima

di 250 tonnellate. Raggiunge un'altezza di 84 metri con il

braccio alzato, mentre con braccio abbassato è alta 56 m.

Le immagini sopra riportate servono solo a dare al lettore “il

polso” della situazione sui carichi in gioco; è ovvio che gli

Egizi non sollevassero i blocchi ma li trascinassero, ma

teniamo presente che quando parliamo della “Camera del Re”

ci riferiamo a blocchi da 70 tonnellate e che le macchine per la

83

movimentazione di tali blocchi sono imponenti e non sono

sostituibili da funi, buoi e braccia umane in numero indefinito.

Ci sono delle operazioni tecniche che non possono essere

realizzate senza le attrezzature giuste: è un problema fisico che

non può essere risolto aumentando il numero di operai e le ore

lavorative dedicate all’operazione.

Con questo stratagemma, l’archeologia usa una leva fragile per

sostenere la tesi sulla costruzione della grande piramide, anche

se di fronte a semplici considerazioni come quelle sopra

esposte, la ragione sarebbe pronta a spezzare tale leva.

Lo studio più accurato che oggi esiste sull’argomento è

rappresentato dal libro “Nel Cantiere della Grande Piramide”

scritto dall’arch. M.V. Fiorini, ho letto il suo interessante libro

Figura 16 - Gru Navale.

84

e devo ammettere che il suo studio e le sue ipotesi sono molto

convincenti.

Restano queste perplessità, che elenco:

a) Treggia:

La treggia in legno per i blocchi da 70 tonnellate. Bisogna

impostare una verifica di resistenza della treggia, magari

indicando quale spessore devono avere i binari e le traversine

per sostenere uno sforzo del genere. Da tenere presente che

oltre a sostenere il peso del blocco, la treggia deve resistere alle

sollecitazioni legate agli sforzi di traino degli operai più buoi.

b) Grasso animale:

In un’ottica di programmazione lavori e crono-programma

cantiere, bisogna capire quante tonnellate di grasso animale

sono necessarie nei 25 anni, per calcolare poi la quantità

kg/giorno e di conseguenza il numero di animali da uccidere

per sostenere lo sforzo produttivo di grasso. Potrebbe risultare

necessario un quantitativo inverosimile.

c) Catamarano:

Il trasporto sul Nilo dei blocchi da 70 tonnellate per circa 850

km. Considerando che il fiume Po’ nella sua intera lunghezza

(dalla fonte di Crissolo alla foce) è circa di 650 km, ci

redniamo conto di quale distanza stiamo parlando. Inoltre le

ipotesi che accreditano lo spostamento su fiume come possibile

85

all’epoca, includono tutte la necessità di sfruttare la piena del

Nilo: quindi si trattava di percorrere 850 km su un catamarano

in legno (tenuto insieme solo da funi di canapa e chiodi di

legno, perché non esistevano viti o chiodi di metallo) vincendo

le correnti di piena, i salti, i vortici, le curva, etc.

Credo sia obbligatoria una verifica ingegneristica del

“catamarano” da parte di un esperto di costruzioni navali

(meglio se esperto di costruzioni in legno e ancora meglio se

esperto di imbarcazioni antiche) sia per sostenere il carico, sia

per permettere la navigazione su un fiume in piena, aggravata

dai massi di rallentamento (le ancore di trascinamento ritrovate

nel letto del Nilo). Così come credo sia obbligatorio uno studio

sul percorso fluviale (almeno a grandi linee) da percorrere per

quasi 800 km. Una distanza enorme, al limite del possibile con

un carico da 70 tonnellate. Se infatti dall’analisi emergessero

perplessità strutturali e forti possibilità di affondamento e

perdita del carico, dovremmo poter trovare una serie di

monoliti e catamarani affondati nel letto del Nilo nelle

stratigrafie corrispondenti al 2500 a.c.

d) La Rampa a scendere:

bisogna progettare anche questa rampa e dare più informazioni

sulle dimensioni di base, sul volume totale e quindi sul tempo

impiegato per costruirla. Magari considerando anche la spinta

86

del vento e soprattutto la sollecitazione provocata dal passaggio

dei monoliti da 70 tonnellate.

e) Sicurezza: sia sulla rampa a scendere, sia sui modiglioni.

La rampa a scendere avrà un’altezza di oltre 40m alla fine della

sua costruzione ed una larghezza di soli 5-6m, senza opere di

sicurezza laterali: quanti operai saranno caduti per il solo

trasporto dei monoliti in granito? La sezione era sufficiente per

il passaggio dei buoi e degli operai in fase di tiro?

Analogamente per i modiglioni: lavorare a 130m da terra senza

alcuna imbracatura, tirando in quota massi da 800kg,

statisticamente dovrebbe causare un bel po’ di morti. Potrebbe

essere interessante consultare un esperto di sicurezza sul lavoro

per confrontare le statistiche di caduta dall’alto nel cantieri

edili e per analogia ricavare il numero di morti possibili sul

cantiere della Grande Piramide. Ultima riflessione

sull’argomento: per il “Colosseo” potremmo oggi provare a

ricostruire l’opera utilizzando le tecniche costruttive e le

tecnologie a disposizione degli ingegneri romani, magari

impiegandoci molti più anni, ma con ogni probabilità

riusciremmo nell’impresa; per quanto riguarda la grande

piramide, non potremmo fare a meno di utilizzare delle

strutture “megametalliche” come quelle sopra illustrate se

vogliamo raggiungere lo scopo. Ciò significa che noi oggi non

87

abbiamo la capacità tecnica e la necessaria abilità per costruire

la Piramide con le tecniche che attribuiamo agli Egizi e

soprattutto nei 20 anni stimati. E’ quindi logico, razionale e

scientificamente corretto continuare a ritenere che la civiltà

Egizia del 2500 a.C. con funi, legni, buoi e manodopera, fosse

tanto più abile della civiltà Romana del primo secolo e della

civiltà contemporanea del ventunesimo secolo?

Il trasloco del tempio di Abu Simbel nel 1965: il tempio di Abu

Simbel è stato smontato pezzo per pezzo e ricostruito 180 metri

più nell'entroterra dopo aver innalzato il terreno di 65 metri

rispetto al livello precedente. I lavori richiesero cinque anni,

oltre duemila uomini, tonnellate di materiali e uno sforzo

tecnologico senza precedenti nella storia dell'archeologia.

I blocchi numerati (oltre 1000 blocchi) per ridar loro l'esatta

posizione, furono riassemblati, e l'intero tempio fu ricostruito

mantenendo persino l'originario orientamento rispetto agli astri

e al nuovo corso del Nilo determinato dallo sbarramento di

Assuan. Ecco alcune immagini significative dell’operazione:

88

Figura 17 - Momenti dello spostamento di Abu Simbel.

Questa operazione fu di livello internazionale con la

partecipazione delle massime competenze del ventesimo

secolo: per spostare circa 1000 blocchi di roccia (peso massimo

del blocco spostato di 20 tonnellate) dove si lavorava 24h su

24h (quindi anche di notte) con grù, camion, seghe a filo,

trapani, putrelle d'acciaio, mezzi meccanici pesanti, sollevatori

idraulici, etc. in una lotta contro il tempo per evitare che lo

sbarramento della diga provocasse l’inondamento del sito

archeologico. E’ interessante notare che l’umanità dopo circa

4500 anni dalla costruzione della grande piramide, abbia unito

gli sforzi ed utilizzato il top della tecnologia per riuscire a

spostare 1000 blocchi in circa 5 anni. Inoltre c’è da aggiungere

che gli Egizi non potevano lavorare di notte, mentre nel 1965 si

è lavorato 24h su 24h grazie all’impiego di enormi lampade ad

arco, quindi se avessero lavorato solo di giorno, avrebbero

verosimilmente impiegato il doppio del tempo, ovvero circa 10

89

anni. Il confronto tra le due opere è scientificamente

improponibile per ovvi motivi, ma è importante per avere

indicazioni, ancora una volta, sull’ordine di grandezza.

Cerchiamo di dare maggiore valore a questo confronto su due

opere così diverse, affiancando le operazioni che hanno

caratterizzato per sommi capi le due imprese. Le principali

operazioni, seppur con le dovute cautele, possono però trovare

una corrispondenza nella difficoltà di esecuzione, tenendo

presente anche le differenti tecnologie a disposizione.

COSTRUZIONE GRANDE PIRAMIDE

SPOSTAMENTO TEMPI ABU-SIMBEL

Estrazione blocchi calcarei/granitici

Taglio in blocchi delle opere esistenti

Lavorazione dei blocchi nella forma desiderata: nella quasi totalità dei blocchi, forma cubica.

Saldatura, serraggio e bloccaggio dei blocchi per consentirne lo spostamento verso il camion

Trasporto dei blocchi verso la piramide con slitte e con zattere per i blocchi provenienti dalle cave di Assuan

Trasporto su gomma verso il nuovo sito

Movimentazione e posizionamento millimetrico in quota dei blocchi

Riassemblaggio millimetrico dei blocchi nella giusta sequenza

Allestimento delle varie camere e gallerie interne con i blocchi di granito da decine di tonnellate

Ricostruzione del tempio, parte esterna e parte interna, rispettando orientamenti ed inclinazioni

Finitura in lastre di calcare bianchissimo

Finitura con malte cementizie per nascondere le linee di contatto tra i vari blocchi

90

Restano però due dati impressionanti, che rendono il confronto

impari, perché sono stati posizionati:

1) 1000 blocchi in 10 anni per il tempio di Abu-Simbel;

2) 2.300.000 blocchi in 20 anni per la Grande Piramide. Il

rapporto tra le due operazioni è quindi sbalorditivo: gli Egizi

hanno posizionato 2.299.000 blocchi in più. Volendo forzare

una rapporto a parità di tempo, avremo che in 10 anni gli Egizi

avrebbero posizionato 1.150.000 blocchi: ovvero 1.149.000

blocchi in più. Significa che per ogni blocco tagliato,

trasportato e posizionato nel nuovo tempio da parte della civiltà

contemporanea, la civiltà Egizia riusciva a posizionarne 1500.

Il rapporto è 1500 a 1 a favore degli Egizi. E’ quindi logico,

razionale e scientificamente corretto continuare a ritenere che

la civiltà Egizia del 2500 a.C. sarebbe capace ancora oggi di

ridicolizzare gli sforzi tecnici ed ingegneristici dell’intera

umanità dopo 4500 anni?

Le due considerazione sopra riportate, non hanno alcuna

valenza di prova, ma sono indicazioni importanti verso una

riflessione possibile: la grande piramide potrebbe non essere

stata costruita dagli Egizi all’epoca del Faraone Cheope perché

non vi erano le condizioni tecniche e tecnologiche per costruire

un’opera colossale di quel tipo in soli 20 anni. O, se si vuole

continuare a sostenere la tesi che la Grande Piramide è stata

91

costruita dagli Egizi, allora bisogna almeno ammettere che non

è stata costruita in 20 anni e rivedere comunque la cronologia

storica dell’Impero Egizio. Per ultimo un' altra divagazione;

quattromila anni fa avremmo dovuto essere nell'età del bronzo,

beh, qualcuno di questi esperti che girano per il mondo, provi a

tagliare un blocco di granito con un utensile di bronzo vediamo

il risultato e poi parliamone. Anche la datazione delle piramidi

è sbagliata, perché se la sfinge è loro contemporanea, la

medesima ha sul dorso delle scanalature scavate dall'acqua di

piogge torrenziali, ma quattromila anni fa il deserto di Giza era

arido come oggi e allora, come lo spiegano?

92

9. ELENCO INCONGRUENZE.

Elenchiamo una serie di incongruenze che le Piramidi ci

riservano e malgrado le ultime ricerche rimangono senza

risposte, numerose domande e dubbi, ovvero:

9.1 - La Datazione.

Ufficialmente la data di edificazione delle piramidi è fissata tra

il 2700 e il 2200 a.C.. Nessun documento però tratta

direttamente la costruzione della grande piramide, tanto da

poterne stabilire con certezza la data di edificazione, in tutti i

casi in cui vi si riferisce viene citata come opera esistente, al

suo interno non sono stati rinvenuti geroglifici né altri tipi di

documentazione. La disposizione delle piramidi e

l'orientamento di alcuni particolari, sono palesemente riferiti a

costellazioni, tuttavia, la moderna Astronomia ci porta alla

conclusione che, non corrispondono esattamente all'attuale

posizione delle stelle e nemmeno di 5000 anni fa, bensì di

15.000 anni fa!

9.2 - La Mancanza Di Iscrizioni.

In tutte le costruzioni egizie abbondano i geroglifici, mentre

all'interno della grande piramide sono praticamente assenti.

Appare strano che un'opera, così imponente ed importante,

manchi dei consensi del ed al faraone che ne ha richiesta la

costruzione. Anche sul fatto che si tratti di una sepoltura,

93

sorgono dubbi in quanto all'interno non è mai stato trovato

nulla che possa essere messo in relazione con un corredo

funerario e lo stesso sarcofago non ha analogie con i sarcofaghi

rinvenuti in altre tombe egizie.

9.3 - La Lavorazione Del Materiale.

Alcuni massi che formano la Piramide di Cheope sono in

granito rosso e presentano la superficie lavorata finemente, con

una precisione di dimensione e forma che in alcuni casi sono

dell'ordine del decimo di millimetro su lunghezze di vari

metri. Allo stato attuale delle moderne tecnologie, eseguire

lavorazioni di questo genere su blocchi tanto grandi di un

materiale così duro, sarebbe un'impresa difficilissima, forse

impossibile, nonostante l'uso di utensili in acciaio diamantato

ad altissima resistenza. Al tempo degli antichi egizi, l'unico

metallo disponibile per la fabbricazione di attrezzi e strumenti

di lavoro era il bronzo, metallo che non è in grado di scalfire

minimamente il granito, l'unica alternativa era data dagli

utensili in pietra scheggiata.

9.4 - Il Trasporto Dei Materiali.

Le cave dove sono stati estratti i materiali usati nella

costruzione della piramide si trovano a centinaia di

chilometri. Si ipotizza un trasporto fluviale tramite chiatte, ma

le tecnologie costruttive degli antichi egizi (legno e giunco)

94

non consentivano la costruzione di imbarcazioni tanto grandi e

robuste in grado di sostenere un carico di centinaia di

tonnellate. Ammesso e non concesso, resta il mistero delle

infrastrutture portuali necessarie per caricare e scaricare i

megaliti, dove sono? Esperti del settore ritengono che allo

stato attuale sarebbe una impresa difficoltosa effettuare un

carico del genere sulle attuali navi da trasporto peraltro

normalmente adibite a grossi carichi, per poi non parlare del

trasportare un blocco di cento tonnellate a forza di braccia, su

slitte o rulli, ma sono impraticabili a causa della inconsistenza

del fondo, ci poniamo una ulteriore domanda per trasportare "a

braccio" significherebbe, impiegare non meno di 2000 uomini,

tutta questa gente dove stava??

9.4 - Il Cantiere.

Ho avuto modo di interpellare imprese di costruzioni

"Speciali", le quali si occupano di costruzione megalitiche dei

nostri giorni, dopo approfonditi studi, hanno dichiarato

l'impossibilità pratica ad operare nel deserto per edificare una

costruzione simile alla grande piramide. Pur disponendo di

ingentissime risorse e di tutti i mezzi della moderna tecnologia,

sarebbe necessario predisporre una solida piattaforma in

calcestruzzo su tutto il perimetro interessato ai lavori e allo

95

spostamento dei giganteschi blocchi di pietra, di mastodontici

mezzi di trasporto, nonché di gru gigantesche

9.5 - La Sfinge.

Comunemente considerata un "accessorio" della grande

piramide, la sfinge, con il suo aspetto misterioso, è anch'essa

carica di enigmi. Uno per tutti la datazione. Ufficialmente

risale all'epoca degli antichi egizi ma un particolare importante

ne smentisce la datazione. Tutta la base della sfinge risulta

erosa dall'acqua come se fosse stata immersa per secoli in una

corrente impetuosa, ebbene, fin dal tempo degli antichi egizi, è

storicamente provato che quel luogo è sempre stato desertico.

9.6 - La Precisione Dell'edificio.

E' sorprendente constatare con quale precisione sia stata eretta

una costruzione tanto imponente. Il problema principale è

costituito dalla difficoltà di dare la giusta inclinazione alle

facce della piramide in modo da giungere al vertice

mantenendo le dimensioni progettuali. Ancor più stupefacente

è stato constatare che le dimensioni dei vertici e della base

sono tra loro rapportati secondo il valore di pi-greco, della

sezione aurea e dell'anno siderale, con una precisione

sbalorditiva. Si tratta di nozioni acquisite soltanto secoli e

millenni dopo l'epoca presunta di edificazione.

96

CONCLUSIONE.

Prove archeologiche sparse in ogni angolo del globo, sembrano

confermare ormai, l'esistenza si una società umana altamente

avanzata vissuta prima della fine dell'ultima era glaciale, tanto

che alcuni ricercatori ne invocano il riconoscimento ufficiale

da parte della comunità scientifica. Il dottor Semir

Osmanagich, antropologo di Houston, scopritore delle piramide

bosniache di Visoko e fondatore del Bosnian Archaeology

Park, in una recente dichiarazione ha ribadito con incrollabile

certezza che “le prove scientifiche confermano in maniera

inconfutabile che nel passato della Terra è esistita una civiltà

altamente tecnologica che costringe a riscrivere i libri di

storia”.

Da un esame delle strutture individuate da Osmanagich, e su

altri siti altrettanto interessanti, il ricercatore stima che tale

civiltà avanzata sia esistita oltre 29 mila anni fa. “Riconoscere

che ci troviamo di fronte a delle prove fondamentali che

confermano l’esistenza di una civiltà tanto antica e tanto

progredita costringe la comunità scientifica a riconsiderare la

sua comprensione dello sviluppo della civiltà e della storia”,

spiega il dott. Semir Osmanagich. “I dati conclusivi sul sito

delle piramidi bosniache di Visoko forniti da diversi laboratori

97

indipendenti che hanno condotto la datazione al radiocarbonio

confermano che le strutture risalgono a oltre 29 mila anni fa”.

Di recente, storici e ricercatori statunitensi hanno riportato

scoperte altrettanto sorprendenti che costringono a chiedersi

chi e per quale scopo siano state costruite queste strutture e,

soprattutto, in che modo queste antiche e avanzate civiltà

hanno contribuito a plasmare il nostro presente. Si registra un

crescente interesse per questi argomenti anche da parte del

grande pubblico, tematiche che accendono l’innata curiosità

sulle nostre origini, tanto da spingere numerosi network

televisivi a dedicarsi. Concludo con questo; Il National

Geographic ha dedicato l’edizione speciale della sua rivista,

uscita nel mese di novembre 2013, dal titolo: 100 Grandi

Misteri Rivelati, alle civiltà antiche. All’interno si legge che “a

volte le culture si lasciano dietro misteri che confondono quelli

che vengono dopo di loro, tra costruzioni, pietre e manoscritti

codificati. Tutto fa pensare che le indicazioni degli antichi

avevano uno scopo profondo”.

98