Il rendiconto finanziario -...

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1 Il rendiconto finanziario. 1. Flussi di cassa (di liquidità) e flussi di C.C.N. (di capitale circolante netto) Partiamo da quanto già scritto in precedenti appunti che, per comodità, riporto ora qui in corsivo. Per sapere se in un certo periodo un’azienda è in utile o in perdita, e per sapere di quanto e perché lo è, occorre trovare il valore di ciò che l’azienda ha prodotto e il valore di ciò che ha consumato in quel periodo per produrre. Il risultato di questa ricerca viene riassunto ed evidenziato nel conto economico. Se leggi con attenzione noterai l’inesistenza di qualsiasi vocabolo che abbia a che fare con le parole “incassi” e “pagamenti”; questo semplicemente perché il reddito (e quindi anche i ricavi e i costi che, come sai, sono i componenti del reddito) ha nulla a che fare con gli incassi e con i pagamenti: in un certo periodo (ad esempio il primo semestre 2017) un’azienda potrebbe avere ottenuto un utile di 100 milioni senza aver incassato un euro e avendo effettuato pagamenti per 300 milioni. I flussi monetari – detti anche “flussi di cassa” – in entrata e in uscita poco hanno a che fare con i flussi reali (che sono i ricavi e i costi) dei beni (fisici o servizi) che escono (l’output) e che entrano (gli input) nell’azienda. Mentre, come già detto, i flussi reali di valore sono riassunti e descritti dal conto economico”, più avanti (dai punto 74. vedremo che i flussi monetari sono riassunti e descritti nel “rendiconto finanziario”, altro documento riassuntivo dell’attività aziendale che fa parte del bilancio aziendale, insieme al conto economico e allo stato patrimoniale (e alla nota integrativa e la relazione sulla gestione, due documenti pallosissimi)”. In quelle righe vi informavo dell’esistenza del documento di bilancio la cui definizione completa è, in realtà, Rendiconto finanziario delle variazioni di liquidità”, documento che intendo trattare nei prossimi punti di questo capitolo (e a cui il libro dedica le quattro pagine). Purtroppo per voi, però, dovete anche conoscere l’esistenza di un altro tipo di “rendiconto finanziario”, quello noto con il termine completo di Rendiconto finanziario delle variazioni di capitale circolante netto(a cui il libro dedica le venti pagine). Dal fatto che al secondo tipo di rendiconto finanziario (quello del CCN) il libro dedichi il quintuplo di pagine (20 contro 4) rispetto a quelle destinate al primo tipo (il rendiconto della liquidità) si può intuire quale dei due rendiconti finanziari gli insegnanti in genere preferiscono. Se, diversamente dalla maggioranza dei miei colleghi, io privilegio il rendiconto della liquidità rispetto a quello del CCN non lo faccio, però, solo perché è probabilmente più semplice da comprendere: lo faccio anche per tre altri motivi: 1. perché con la recente riforma del bilancio la legge (l’art. 2425 ter, che potrete leggere nel prossimo punto) impone ora che il bilancio contenga (oltre che la situazione patrimoniale, il conto economico e la nota integrativa) il rendiconto finanziario delle variazioni della liquidità (e non parla, invece del C.C.N.); 2. per la maggiore utilità operativa dell’analisi dei flussi di cassa rispetto all’analisi dei flussi di capitale circolante netto (non credo sia un caso che non abbia mai visto, nella mia pur limitata esperienza professionale, un’azienda che dedicasse tempo all’analisi dei propri flussi di capitale circolante netto e invece tutte erano attente ai flussi di cassa); 3. Perché il tempo è il bene più scarso in assoluto. Dal rendiconto finanziario delle variazioni di liquidità si ottengono informazioni sulle entrate e sulle uscite monetarie dell’azienda in un certo periodo e si ha un quadro delle sue attività di finanziamento e di investimento. 2. L’analisi dei flussi di cassa A scuola, negli esercizi e nelle verifiche, ti sei abituato a utilizzare un unico conto “clienti”, un unico conto “fornitori” e un unico conto “Banca c/c”; non devi, però, scordarti che conti così “sintetici” (nel senso che ognuno di questi tre conti è la sintesi di tutti i movimenti riguardanti, rispettivamente, centinaia o migliaia di clienti, di fornitori o di decine di rapporti bancari) sono utili solo come voci del bilancio: nella quotidianità concreta della vita aziendale, invece, servono quasi a nulla, perché per prendere le decisioni operative (devo o no ritirare (= pagare) la Ri.Ba in scadenza del fornitore “Sig. Lesto Procuro”? Vendo ancora a credito al cliente “Tardo Pago S.N.C.” o sono già troppo esposto verso di lui? Ci sono o no fondi disponibili sufficienti sul c/c 9203/I della banca UNICREDIT per ordinare quel bonifico di 4.500 €?) e per controllare ciò che accade occorrono dati analitici, dettagliati, riferiti a ogni singolo cliente, ai singoli fornitori e a quel ben determinato rapporto (contratto) bancario.

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Il rendiconto finanziario.

1. Flussi di cassa (di liquidità) e flussi di C.C.N. (di capitale circolante netto)

Partiamo da quanto già scritto in precedenti appunti che, per comodità, riporto ora qui in corsivo. “Per sapere se in un certo periodo un’azienda è in utile o in perdita, e per sapere di quanto e perché lo è, occorre trovare il valore di ciò che l’azienda ha prodotto e il valore di ciò che ha consumato in quel periodo per produrre. Il risultato di questa ricerca viene riassunto ed evidenziato nel conto economico.

Se leggi con attenzione noterai l’inesistenza di qualsiasi vocabolo che abbia a che fare con le parole “incassi” e “pagamenti”; questo semplicemente perché il reddito (e quindi anche i ricavi e i costi che, come sai, sono i componenti del reddito) ha nulla a che fare con gli incassi e con i pagamenti: in un certo periodo (ad esempio il primo semestre 2017) un’azienda potrebbe avere ottenuto un utile di 100 milioni senza aver incassato un euro e avendo effettuato pagamenti per 300 milioni. I flussi monetari – detti anche “flussi di cassa” – in entrata e in uscita poco hanno a che fare con i flussi reali (che sono i ricavi e i costi) dei beni (fisici o servizi) che escono (l’output) e che entrano (gli input) nell’azienda. Mentre, come già detto, i flussi reali di valore sono riassunti e descritti dal “conto economico”, più avanti (dai punto 74. vedremo che i flussi monetari sono riassunti e descritti nel “rendiconto finanziario”, altro documento riassuntivo dell’attività aziendale che fa parte del bilancio aziendale, insieme al conto economico e allo stato patrimoniale (e alla nota integrativa e la relazione sulla gestione, due documenti pallosissimi)”.

In quelle righe vi informavo dell’esistenza del documento di bilancio la cui definizione completa è, in realtà, “Rendiconto finanziario delle variazioni di liquidità”, documento che intendo trattare nei prossimi punti di questo capitolo (e a cui il libro dedica le quattro pagine). Purtroppo per voi, però, dovete anche conoscere l’esistenza di un altro tipo di “rendiconto finanziario”, quello noto con il termine completo di “Rendiconto finanziario delle variazioni di capitale circolante netto” (a cui il libro dedica le venti pagine).

Dal fatto che al secondo tipo di rendiconto finanziario (quello del CCN) il libro dedichi il quintuplo di pagine (20 contro 4) rispetto a quelle destinate al primo tipo (il rendiconto della liquidità) si può intuire quale dei due rendiconti finanziari gli insegnanti in genere preferiscono. Se, diversamente dalla maggioranza dei miei colleghi, io privilegio il rendiconto della liquidità rispetto a quello del CCN non lo faccio, però, solo perché è probabilmente più semplice da comprendere: lo faccio anche per tre altri motivi: 1. perché con la recente riforma del bilancio la legge (l’art. 2425 ter, che potrete leggere nel prossimo punto) impone ora che il bilancio contenga (oltre che la situazione patrimoniale, il conto

economico e la nota integrativa) il rendiconto finanziario delle variazioni della liquidità (e non parla, invece del C.C.N.); 2. per la maggiore utilità operativa dell’analisi dei flussi di cassa rispetto all’analisi dei flussi di capitale circolante netto (non credo sia un caso che non abbia mai visto, nella mia pur limitata esperienza professionale, un’azienda che dedicasse tempo all’analisi

dei propri flussi di capitale circolante netto e invece tutte erano attente ai flussi di cassa); 3. Perché il tempo è il bene più scarso in assoluto.

Dal rendiconto finanziario delle variazioni di liquidità si ottengono informazioni sulle entrate e sulle uscite monetarie dell’azienda in un certo periodo e si ha un quadro delle sue attività di finanziamento e di investimento.

2. L’analisi dei flussi di cassa

A scuola, negli esercizi e nelle verifiche, ti sei abituato a utilizzare un unico conto “clienti”, un unico conto “fornitori” e un unico conto “Banca c/c”; non devi, però, scordarti che conti così “sintetici” (nel senso che ognuno di

questi tre conti è la sintesi di tutti i movimenti riguardanti, rispettivamente, centinaia o migliaia di clienti, di fornitori o di decine di rapporti bancari) sono utili solo come voci del bilancio: nella quotidianità concreta della vita aziendale, invece, servono quasi a nulla, perché per prendere le decisioni operative (devo o no ritirare (= pagare) la Ri.Ba in scadenza del fornitore “Sig. Lesto Procuro”? Vendo ancora a credito al

cliente “Tardo Pago S.N.C.” o sono già troppo esposto verso di lui? Ci sono o no fondi disponibili sufficienti sul c/c 9203/I della banca UNICREDIT per ordinare quel

bonifico di 4.500 €?) e per controllare ciò che accade occorrono dati analitici, dettagliati, riferiti a ogni singolo cliente, ai singoli fornitori e a quel ben determinato rapporto (contratto) bancario.

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Nella realtà delle aziende anche di non grandi dimensioni è quindi normale che in contabilità vi siano centinaia di conti “crediti v/cliente xy” e “debiti v/fornitore yx”, ognuno acceso ai singoli clienti e fornitori, ma ve ne sono anche decine accesi alle “banche”, ognuno acceso a un singolo rapporto creditizio: non vi è, cioè, un solo conto per ogni banca di cui l’azienda è cliente, ma per ogni singola banca l’azienda accende un conto per ogni servizio finanziario sfruttato (e quindi ci sarà il conto “Unicredit c/c n. 92503/C”, il conto “Unicredit c/c sbf”, il conto

“Unicredit c/c anticipo fatture”, il conto “Unicredit Mutuo 2008-2028”, il conto “Unicrediti Mutuo 1/12/2017-1/6/2018” ecc.). Per ottimizzare la gestione della “tesoreria aziendale”, cioè per non pagare inutilmente degli interessi passivi [magari perché alcuni conti bancari presentano dei saldi attivi (sui quali non matura alcun interesse essendo ormai da anni i tassi sui depositi monetari

praticamente allo 0%) o perché si stanno sfruttando intensamente le linee di fido che presentano tassi “passivi” elevati mentre magari si lasciano in parte

inutilizzate le linee di fido che presentano tassi passivi più convenienti] diviene così necessario munirsi di una adeguata tecnologia informatica che canalizzi le operazioni di incasso e pagamento nel modo migliore, che cioè renda

efficiente il cosiddetto “cash management”, indirizzando i flussi monetari nelle direzioni più opportune (nel senso

di far partire i pagamenti e far giungere gli incassi, rispettivamente, dai e sui conti correnti e gli altri rapporti bancari più adatti). Credo sia intuibile che l’analisi (e a maggior ragione la programmazione in sede di budget) dettagliata dei flussi monetari sia possibile solo dall’interno dell’azienda, e pertanto sia preclusa ai soggetti esterni che hanno a disposizione solo i dati di bilancio. Dall’anno scorso, come appena detto, le aziende che sono obbligate al bilancio “ordinario” devono però rendere pubblico, oltre allo stato patrimoniale e al conto economico, anche il “rendiconto finanziario”, un documento che offre alcune informazioni sintetiche sui flussi monetari verificatisi nell’azienda durante il periodo del bilancio (quindi, normalmente, nell’anno). L’art. 2425 ter del c.c. parla di questo documento così: “Dal rendiconto finanziario risultano, per l'esercizio a cui è

riferito il bilancio e per quello precedente, l'ammontare e la composizione delle disponibilità liquide, all'inizio e alla fine dell'esercizio, ed i flussi finanziari dell'esercizio derivanti dall'attività operativa, da quella di investimento, da quella di

finanziamento, ivi comprese, con autonoma indicazione, le operazioni con i soci”. Suddividendo i flussi di liquidità nei tre gruppi indicati nell’articolo del codice civile (flussi derivanti dall’attività

operativa, flussi originati dalla gestione degli investimenti e flussi provenienti dalla gestione dei finanziamenti) il legislatore ha reso obbligatoria quella che già era la prassi aziendale adottata più di frequente. L’analisi dei flussi, infatti e come vedremo nel punto successivo, da sempre viene generalmente fatta ripartendo l’attività complessiva aziendale in (almeno) quelle tre macro-aree, di ognuna delle quali si individua il contributo che offre nel creare o nell’assorbire mezzi monetari.

3. Tre esempi per cercare di meglio inquadrare l’argomento

Cominciamo con tre esempi super-semplificati (ognuno si esaurisce con la registrazione di quattro fatti in croce, tutti con pagamenti e incassi

immediati e in contanti, e un paio di scritture di assestamento) che hanno anche lo scopo di mantenere in vita le vostre capacità contabili acquisite fin qui. A fine novembre, i tre cugini Bramante, Cagliostro e Dissipo ricevono in dono dallo zio Generoso:

Bramante: una banconota da 10 € e 10 capolavori di pittori rinascimentali (valore complessivo stimato in

10.000.010,00 €);

Cagliostro: una banconota da 10 € e un imbuto magico che trasforma l’acqua in benzina (valore totale stimato in

10.000.010,00 €);

Dissipo: una banconota da 10 € e 1.000 ettari di foresta nera nel Baden-Württemberg (valore totale stimato in

10.000.010,00 €).

Le tre situazioni patrimoniali, alla mezzanotte del 30/11/2017, sono quindi così rappresentabili:

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Situazione patrimoniale BRAMANTE al 30/11/2017 Quadri 10.000.000,00 10.000.010,00 Capitale Netto

Liquidità 10,00 0,00 Capitale di terzi

Totale attivo 10.000.010,00 10.000.010,00 Totale fonti

Situazione patrimoniale CAGLIOSTRO al 30/11/2017 Imbuto 10.000.000,00 10.000.010,00 Capitale Netto

Liquidità 10,00 0,00 Capitale di terzi

Totale attivo 10.000.010,00 10.000.010,00 Totale fonti

Ognuno dei tre cugini mette immediatamente a frutto (investe) il capitale ricevuto e così, all’inizio di dicembre:

Bramante, dopo aver ottenuto il primo dicembre un mutuo di 90.000,00 € a 10 anni con rate trimestrali di rimborso e pagamento degli interessi (tasso 5%), lo stesso giorno stipula un contratto in base al quale, per un canone annuo di 120.000,00 € da pagarsi anticipatamente ogni trimestre, potrà usufruire di un locale specificamente attrezzato per mostre. Il canone è comprensivo di tutti i servizi necessari per l’esposizione permanente dei dipinti: pubblicità, climatizzazione, biglietteria, custodia, assicurazione rischi ecc. . Nel mese di dicembre Bramante vende biglietti per un totale di 52.495,00 €, tutti ricevuti in contanti. Galvanizzato dal successo, Bramante acquista subito una piccola tavola (un dipinto a olio su tavola di legno) attribuita alla bottega del Pinturicchio per 112.500,00 € che paga in contanti.

Cagliostro, dopo aver ottenuto il primo dicembre un mutuo di 30.000,00 € alle medesime condizioni di Bramante, acquista per 29.200,00 € in contanti un’autocisterna usata e un tubo di gomma; inserisce poi un’estremità del tubo nel rubinetto di casa e l’altra nell’imbuto magico che, riposto sul boccaporto della cisterna, riempie l’autobotte di benzina al ritmo di 100 litri all’ora. In questo modo, nel mese di dicembre, riesce a vendere e consegnare benzina per 40.000,00 € (5.000 già incassati, il resto a 60 giorni) e, alla mezzanotte del 31/12/2017, nell’autocisterna c’è una quantità di benzina del valore di 4.000,00 €. Gli unici costi di dicembre, a parte gli interessi, sono 700,00 € (pagati in contanti per l’acqua e il trasporto

della benzina) e 500,00 € per l’ammortamento dell’autobotte e del tubo (l’imbuto, essendo magico, è eterno).

Dissipo decide di mettere a frutto la sua eredità buttandosi nel business degli stuzzicadenti di lusso: lancerà sul

mercato lo stuzzicadenti “¡onebyone!” (un tronco per un solo stuzzicadenti) che ritiene di poter piazzare al prezzo di 10.000,00 € l’uno. Non avendo trovato banche disposte a sostenerlo nella sua attività, per finanziare la sua impresa Dissipo vende metà della sua foresta a un prezzo, subito incassato, di 3.500.000,00 € (pensava di ottenere 5 milioni, ma la

fretta di vendere e di incassare l’hanno indotto ad accettare un prezzo inferiore). Nel mese di dicembre ha sostenuto costi di marketing per il lancio del prodotto pari a 491.000,00 (di cui 480.000 pagati in dicembre e solo 11.000 da pagare in gennaio 2018) e costi per servizi di lavorazione pari 20.000,00 (pure già pagati in contanti) che gli hanno permesso la produzione di 3 stuzzicadenti: i primi due è riuscito a venderli ma solo al prezzo di 10,00 € l’uno, il terzo l’ha proposto in vendita a un ristorante di Abu Dhabi per 1.000,00 €, ma la trattativa è ancora in corso.

A te ora il compito di redigere i tre stati patrimoniali al 31/12/2017 e i tre conti economici relativi al mese di dicembre delle singole attività. In considerazione dello scarso numero di eventi di cui tenere conto, puoi svolgere i tre esercizi sia partendo dalle scritture d’esercizio per poi, dopo averle corrette con quelle d’assestamento, riportare i saldi dei conti P nella situazione patrimoniale e quelli dei conti R nel conto economico, oppure direttamente attraverso la lettura attenta del testo. L’importante è che, una volta controllate le soluzioni che propongo nelle pagina successiva, tu ne comprenda ogni singolo importo (ad esempio: perché le rimanenze di stuzzicadenti di Dissipo valgono

10 € e non 100 o 1.000? Perché i costi di marketing per il lancio del prodotto non sono stati capitalizzati, posto che l’attività produttiva è

iniziata da meno di un mese? Perché i ratei passivi di Cagliostro sono pari a 125 €? Perché i risconti attivi di Bramante sono

20.000 €?). Nella prossima pagina trovi le tre soluzioni; più avanti, a pagina 8, i tre rendiconti finanziari.

Situazione patrimoniale DISSIPO al 30/11/2017 Terreni 10.000.000,00 10.000.010,00 Capitale Netto

Liquidità 10,00 0,00 Capitale di terzi Totale attivo 10.000.010,00 10.000.010,00 Totale fonti

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1 B r a m a n t e

D Liquidità P A D Quadri P A D Mutuo P A D Servizi vari R A D Vendita tkt R A (s.i.) 10,00 | (s.i.) 10.000.000,00 | | 90.000,00 (1) (2) 30.000,00 | | 52.495,00 (3)

(1) 90.000,00 | 30.000,00 (2) (4) 112.500,00 | | 90.000,00 (s.f.) | 20.000,00 (ass.1) | 52.495,00 (s.f.)

(3) 52.495,00 |112.500,00 (4) (s.f.)10.112.500,00 | (s.f.) 10.000,00 | (s.f.) 5,00 | D Risconti attivi P A D Ratei passivi P A D Interessi passivi R A D Capitale Netto P A (ass.1) 20.000,00 | | 375,00 (ass.2) (ass.2) 375,00 | | 10.000.010,00 (s.i.)

(s.f.) 20.000,00 | | 375,00 (s.f.) (s.f.) 375,00 | | 42.120,00 (utile di dicembre)

Situazione patrimoniale BRAMANTE al 31/12/2017 B R A M A N T E

Conto economico BRAMANTE mese dicembre 2017 Quadri 10.112.500,00 10.000.010,00 C.N.1/12/2017 Servizi vari 10.000,00 52.495,00 Vendite biglietti

Liquidità 5,00 42.120,00 Utile d’eserc. Interessi passivi 375,00

Risconti attivi 20.000,00 90.000,00 Mutuo Utile d’esercizio 42.120,00

375,00 Ratei passivi Totale attivo 10.132.505,00 10.132.505,00 Totale fonti Totale a pareggio 52.500,00 52.500,00 Tot. valore produzione

2 C a g l i o s t r o

D Liquidità P A D Imbuto magico P A D Mutuo P A D Servizi vari R A D Vendita benzina R A (s.i.) 10,00 | (s.i.) 10.000.000,00 | | 30.000,00 (1) (4) 700,00 | | 40.000,00 (3)

(1) 30.000,00 | 29.200,00 (2) | | 30.000,00 (s.f.) (s.f.) 700,00 | | 40.000,00 (s.f.)

(3) 5.000,00 | 700,00 (4) (s.f.)10.000.000,00 | (s.f.) 5.110,00 | D Altre immobilizzazioni P A D Ratei passivi P A D Crediti v/clienti P A D Interessi passivi R A D Capitale Netto P A (2) 29.200,00 | 500,00 (ass.1) | 125,00 (ass.2) (3) 35.000,00 | (ass.2) 125,00 | | 10.000.010,00 (s.i.)

(s.f.) 28.700,00 | | 125,00 (s.f.) (s.f.) 35.000,00 | (s.f.) 125,00 | | 42.675,00 (utile dicembre)

D Rimanenze pr. Finiti P A D Variazione rim. pr.finiti R A D Ammortam. altre immobil. R A (ass.3) 4.000,00 | | 4.000,00 (ass.3) (ass.1) 500,00 |

(s.f.) 4.000,00 | | 40.000,00 (s.f.) (s.f.) 500,00 |

Situazione patrimoniale CAGLIOSTRO al 31/12/2017 C A G L I O S T R O

Conto economico CAGLIOSTRO mese dicembre 2017 Imbuto 10.000.000,00 10.000.010,00 C.N.1/12/2017 Servizi (acqua+traspor.) 700,00 40.000,00 Vendita benzina

Altre immobilizz. 28.700,00 42.675,00 Utile d’eserc. Interessi passivi 125,00 4.000,00 Variaz.riman.prodotti

Riman. prodotti 4.000,00 30.000,00 Mutuo Ammortamenti 500,00

Crediti v/clienti 35.000,00 125,00 Ratei passivi Utile d’esercizio 42.675,00

Liquidità 5.110,00

Totale attivo 10.072.810,00 10.082.810,00 Totale fonti Totale a pareggio 44.000,00 44.000,00 Tot. valore produzione

3 D i s s i p o

D Liquidità P A D Terreni P A D Debiti v/Fornitori P A D Servizi di Marketing R A D Vendite prodotti R A (s.i.) 10,00 | (s.i.) 10.000.000,00 | | 11.000,00 (2) (2) 491.000,00 | | 20,00 (4)

(1) 3.500.000,00 | 480.000,00 (2) | 5.000.000,00 (1) | 11.000,00 (s.f.) (s.f.) 491.000,00 | | 20,00 (s.f.)

(4) 20,00 | 20.000,00 (3) (s.f.)5.000.000,00 | (s.f.) 3.030.000,00 |

D Minusvalenze R A D Rimanenze pr. Finiti P A D Variazione rim. pr.finiti R A D Servizi di lavorazione R A D Capitale Netto P A (1) 1.500.000,00 | (ass.3) 10,00 | | 10,00 (ass.3) (3) 20.000,00 | | 10.000.010,00 (s.i.)

(s.f.) 1.500.000,00 | (s.f.) 10,00 | | 10,00 (s.f.) (s.f.) 20.000,00 | (perdita dic.)2.010.970,00 |

Situazione patrimoniale DISSIPO al 31/12/2017

D I S S I P O

Conto economico DISSIPO mese dicembre 2017 Terreni 5.000.000,00 10.000.010,00 C.N.1/12/2017 Servizi di lavoraz. 20.000,00 20,00 Vendite prodotti

Riman. Prodotti 10,00 – 2.010.970,00 Perdita d’eser. Servizi mktg 491.000,00 10,00 Variaz. riman. prodotti

Liquidità 3.000.030,00 11.000,00 Debiti v/fornit. Minusvalenze 1.500.000,00

Perdita d’es. – 2.010.970,00 Totale attivo 8.000.040,00 8.000.040,00 Totale fonti Totale a pareggio 30,00 30,00 Tot.valore produzione

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Gli ignoranti irriducibili che ancora si ostinano a collegare la ricchezza col capitale monetario (e il reddito con i flussi monetari) possono constatare che l’attività economica da cui è scaturito il massimo incremento di liquidità (oltre tre milioni di €) e contemporaneamente il minimo accumulo di debiti (solo 11.000 €) è quella fallimentare del disastroso Dissipo (faccio notare che se anche Dissipo non avesse subito la minusvalenza dalla vendita del

terreno, la sua attività sarebbe ugualmente risultata in grave perdita (– 510.970 €), avendo prodotto valore per 30 € con la distruzione

di 511.000 € di valore in fattori produttivi); al contrario l’attività di Bramante, nonostante risulti l’unica che ha assorbito liquidità (anziché crearne) e contemporaneamente prodotto il massimo indebitamento, è quella più redditizia (e

quindi efficiente). Chi, invece, ha cominciato a capire qualcosa di economia e di economia aziendale certamente

non si meraviglia e compatisce gli ignoranti irriducibili che, bestie, in ciò vedono una contraddizione.

4. Dall’ottica economica a quella finanziaria.

Sostenere, come sempre faccio io in classe, che ai fini della formulazione di un giudizio complessivo sull’azienda sia più utile conoscere i suoi flussi economici piuttosto che quelli di cassa (o anche i flussi di capitale circolante

netto) non significa, ovviamente, sostenere che questi contino nulla: al contrario, il loro importo e il loro controllo rivestono una importanza cruciale (=fondamentale) per una efficace gestione dell’attività aziendale, e infatti li si analizza attentamente (almeno i flussi di liquidità) sia a posteriori sia preventivamente in sede di budget. Affiancando all’analisi patrimoniale e all’analisi reddituale anche l’analisi finanziaria, si riesce indubbiamente a elaborare un giudizio più completo e più fondato dell’azienda; infatti, e come dovreste aver già interiorizzato: lo Stato Patrimoniale offre l’immagine dell’azienda in un certo istante, pertanto ne dà una descrizione “statica”. Se di un’azienda confrontiamo varie situazioni patrimoniali, cioè varie fotografie scattate in momenti successivi, possiamo ricavarne un’idea di quanto variano (a scatti più o meno frequenti in funzione della periodicità

delle situazioni osservate) i vari elementi patrimoniali, ma ancora nulla sappiamo di come l’azienda agisce. .

E’ il Conto Economico che, invece, descrive l’azione svolta in un periodo dall’azienda: esso infatti ci dice cosa, in un certo periodo, è stato prodotto e cosa utilizzato per produrre, e in questo senso ci dà un’immagine “dinamica” dell’azienda.

Mettendo però insieme i due prospetti, non siamo ancora in grado di capire perché, in che modo, l’azione descritta dal conto economico ha fatto variare i valori patrimoniali: sappiamo di quanto sono variati, ma non sappiamo il come. L’unica variazione patrimoniale spiegata dal conto economico è quella del capitale netto, in

quanto il maggiore (o minore) valore della produzione ottenuta nel periodo rispetto ai costi sopportati (cioè l’utile ottenuto o

la perdita subita) spiega il suo aumento (o la sua diminuzione); beninteso: in mancanza di apporti e prelievi. Ecco che, per almeno parzialmente colmare questa lacuna, si utilizzano i “rendiconti finanziari”: il “Rendiconto finanziario del capitale (o patrimonio) circolante netto (“PCN”) ” (che “dinamizza” il patrimonio non

immobilizzato, cioè il capitale circolante) e il “Rendiconto finanziario della liquidità” (che concentra le sue capacità informative

soltanto sull’elemento liquidità (liquidità “immediata”, come la chiama il libro).

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5. La suddivisione della gestione (reddituale, investimenti e finanziamenti)

Come già detto, una volta passati all’ottica finanziaria risulta utile (sia che si analizzino i flussi di liquidità oppure quelli di

circolante netto) suddividere l’attività aziendale complessiva in (almeno) tre settori: 1) la gestione reddituale (da

alcuni definita anche “operativa”), 2) la gestione degli investimenti e 3) la gestione dei finanziamenti; e lo si fa in modo da individuare come ognuno di questi settori contribuisce a generare o a assorbire capitale circolante (se

si sta facendo l’analisi dei flussi di PCN) oppure mezzi monetari (se si sta facendo l’analisi dei flussi di cassa).

Che si tratti dell’analisi dei flussi di PCN o di quella dei flussi di liquidità, in ogni caso si esce dall’ottica “economica” (quella che vede i ricavi e i costi nel modo corretto, cioè osservandone la loro competenza, la loro imputabilità al periodo di tempo

osservato; insomma: l’ottica che bada ai flussi di beni reali) per entrare nell’ottica “finanziaria” (quella della maestra che, sbagliando, dà

importanza solo alla differenza fra ricavo di vendita e costo d’acquisto, o – ancor peggio – quella degli ignoranti totali di economia che badano

soprattutto agli incassi e ai pagamenti), ed allora l’attenzione si sposta dal flusso di reddito ottenuto nel periodo (o, ed è la

stessa cosa, dalla variazione del capitale netto) ad altri flussi: il flusso dell’attivo circolante o il flusso della liquidità (o, ed è

la stessa cosa, alle variazioni di altri elementi patrimoniali come, appunto, la variazione del PCN o la variazione dello stock di liquidità).

6. Costi e ricavi monetari e costi e ricavi non monetari

Il passaggio dal reddito d’esercizio (flusso economico complessivo, che tiene conto dell’intera gestione) al flusso di risorse finanziarie impone, oltre alla suddivisione della gestione in macro-aree, anche una netta distinzione tra componenti di reddito monetari e componenti di reddito non monetari.

I componenti di reddito monetari sono rappresentati da costi e ricavi misurati da variazioni di liquidità o da variazioni nei debiti o crediti a breve scadenza. Ad esempio i costi per acquisto di materie e servizi, i costi per godimento di beni di terzi, gli interessi passivi, gli oneri sociali, le imposte e così via. Sono ricavi monetari la vendita di prodotti, gli interessi attivi e i proventi (i componenti positivi di reddito) vari che originano variazioni finanziarie.

I componenti di reddito non monetari sono quei costi e quei ricavi che non provocano variazioni

finanziarie nelle disponibilità liquide o nei crediti e nei debiti a breve. Sono quindi costi non monetari, ad esempio, gli ammortamenti, le quote di TFR maturate nell’esercizio (per la parte non destinata ai fondi

pensione), gli accantonamenti ai fondi rischi e oneri, le minusvalenze da cessione di immobilizzazioni.

Esempi di ricavi non monetari sono l’autoproduzione (incrementi di immobilizzazioni per lavori interni, come il solito muro di cinta del

cortile fatto costruire ai nostri operai con mattoni e cemento comprati da noi) e le plusvalenze da vendita di immobilizzazioni; ma attenzione: le plusvalenze sono in genere inserite tra i ricavi non monetari non perché non generino liquidità, ma perché l’operazione (la vendita dell’immobilizzazione che genera la plusvalenza) non rientra nella gestione

ordinaria bensì in quella degli investimenti.

L’esistenza di costi e di ricavi non monetari fa sì che il reddito d’esercizio scaturente dal conto economico non coincida con l’importo del flusso di risorse finanziarie generate dalla gestione reddituale. In altre parole, l’utile d’esercizio non è detto che si materializzi in un incremento nella disponibilità monetaria (vedi il caso

“Bramante”) o delle attività prontamente liquidabili (o in una diminuzione dei debiti a breve), così come alla perdita d’esercizio non necessariamente si accompagna una diminuzione della liquidità o dei crediti a breve (o un

aumento dei debiti a breve) di pari importo (come ben si è visto nel caso “Dissipo”) . Per calcolare il flusso di risorse finanziarie (sia che si tratti di PCN che di liquidità) generato dalla gestione reddituale occorre considerare solo i costi e i ricavi monetari, e questo può essere fatto, in alternativa, con due procedimenti diversi: a) il metodo diretto e b) il metodo indiretto.

a) Flusso finanziario generato dalla gestione reddituale = ricavi monetari – costi monetari.

Al medesimo risultato si perviene, però, anche depurando il risultato economico d’esercizio dai costi e dai ricavi non monetari secondo questo procedimento, e questo (il b) ) è il metodo più diffuso e che useremo.

b) Flusso finanz. generato dalla gest. Reddit. = Redd. d’es. + costi non monetari – ricavi non monetari.

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Le più frequenti operazioni (rientranti in una qualsiasi delle tre gestioni - reddituale, investimento e finanziamento - in cui, ai fini

dell’analisi, si suddivide l’intera attività aziendale) che variano la disponibilità monetaria, cioè le operazioni che o generano o assorbono liquidità sono:

Principali operazioni che incrementano la disponibilità monetaria, cioè che generano risorse:

a) riscossione di fatture (relative alla vendita sia di beni e servizi, sia di immobilizzazioni)

b) accensione di debiti di finanziamento (qualunque sia la durata)

c) riscossione di prestiti concessi in precedenza d) apporti di soci (in moneta) e) ottenimento di contributi a fondo perduto

Principali operazioni che riducono la disponibilità monetaria, cioè che assorbono risorse:

f) pagamento di fatture (relative all’acquisto di beni e servizi o a immobilizzazioni)

g) pagamento di altri costi (stipendi, contributi, imposte ecc.)

h) rimborsi di debiti di finanziamento e pagamento di T.F.R. i) concessione di prestiti a terzi j) prelievi da parte dei soci (in moneta) e distribuzione di utili

Se dall’attività aziendale complessiva scorporiamo (e tale operazione, per quanto attenta e curata, risulterà comunque in un

qualche modo artificiosa e arbitraria) l’attività “d’investimento” (intesa come l’acquisizione e la cessione degli impieghi la cui utilità

copre più di un esercizio) e l’attività di “finanziamento” (intesa come il solo reperimento e rimborso delle fonti) e definiamo attività “reddituale” ciò che resta, da quanto scritto sopra (nei due riquadri alle lettere punti da a) a j)) si ottiene che la

disponibilità monetaria netta alla fine di un periodo è ricavabile, partendo da quella presente all’inizio del periodo e utilizzando il metodo indiretto, seguendo questo schema:

A Disponibilità monetaria netta iniziale (saldi attivi c/c bancari – saldi passivi c/c bancari + saldo cassa)

B Flusso monetario generato dall’attività reddituale (operativa) del periodo + utile netto (o – perdita) del periodo + ammortamenti + minusvalenze – plusvalenze + aumento (– diminuzione) di fondi (F. TFR, F. Rischi, F. Imposte ecc.; NON dei F. Ammortamento, perché se ne è

già tenuto conto prima con gli ammortamenti, le plusvalenze e le minusvalenze)

– aumento (+ diminuzione) di rimanenze, crediti v/clienti, ratei e risconti attivi + aumento (– diminuzione) debiti v/fornitori, ratei e risconti passivi

C Flusso monetario da attività d’investimento in immobilizzazioni – investimenti in immobilizzazioni (materiali, immateriali, finanziarie) + disinvestimenti (il prezzo di cessione o di rimborso)

D Flusso monetario da attività di finanziamento + accensione di nuovi finanziamenti – rimborsi di finanziamenti + apporti (monetari) da soci – prelievi (monetari) di soci – distribuzione di utili

[ B + C + D ] = Flusso monetario netto del periodo ( Net cash inflow, se positivo; Net cash outflow, se negativo )

A + Flusso = Disponibilità monetaria netta finale

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7. Applicazione agli esempi. Applicando questo schema ai tre casi didattici di Bramante, Cagliostro e Dissipo si ottengono i tre rendiconti delle variazioni di liquidità che trovare nella prossima pagina.

Rendiconti finanziari delle variazioni di liquidità (relativi al mese di dicembre delle tre aziende) Flussi monetari Bramante nel mese di dicembre Flussi monetari Cagliostro nel mese di dicembre Flussi monetari Dissipo nel mese di dicembre Disponibilità monetaria netta iniziale A + 10,00 € Disponibilità monetaria netta iniziale A + 10,00 € Disponibilità monetaria netta iniziale A 10,00

Flusso generato (+) o assorbito (–) Dalla gestione reddituale

B +22.495,00

Flusso generato (+) o assorbito (–) Dalla gestione reddituale

B + 4.300,00

Flusso generato (+) o assorbito (–) Dalla gestione reddituale

B – 499.980,00

+ Reddito netto + 42.120,00 + Reddito netto + 41.675,00 + Reddito netto – 2.010.970,00

+ Ammortamenti + Ammortamenti + 500,00 + Ammortamenti

+ minusvalenze (– plusvalenze) + minusvalenze (– plusvalenze) + minusvalenze (– plusvalenze) + 1.500.000,00

+ aumenti (– diminuz.) fondi a m/l T. + aumenti (– diminuz.) fondi a m/l Term. + aumenti (– diminuz.) fondi a m/l T.

– aumenti (+ diminuz.) rim.e cred.b.T. – 20.000,00 – aumenti (+ diminuz.) rim.e cred. a b. T. – 38.000,00 – aumenti (+ diminuz.) rim.e cred. b.T. – 10,00

+ aumenti (– diminuz.) deb.breve T. + 375,00 + aumenti (– diminuz.) debiti a breve T. + 125,00 + aumenti (– diminuz.) deb. a breve T. + 11.000,00

Flusso generato (+) o assorbito (–) dall’attività di investimento

C – 112.500

Flusso generato (+) o assorbito (–) dall’attività di investimento

C – 29.200,00

Flusso generato (+) o assorbito (–) dall’attività di investimento

C + 3.500.000,00

– investimenti in immobilizzazioni – 112.500,00 – investimenti in immobilizzazioni – 29.200,00 – investimenti in immobilizzazioni

+ disinvestimenti + disinvestimenti + disinvestimenti + 3.500.000,00

Flusso generato (+) o assorbito (–) dall’attività di finanziamento

D + 90.000,00

Flusso generato (+) o assorbito (–) dall’attività di finanziamento

D + 30.000,00

Flusso generato (+) o assorbito (–) dall’attività di finanziamento

D

+ accensione di nuovi finanziamenti + 90.000,00 + accensione di nuovi finanziamenti + 30.000,00 + accensione di nuovi finanziamenti

– rimborsi di finanziamenti – rimborsi di finanziamenti – rimborsi di finanziamenti

+ apporti monetari da soci + apporti monetari da soci + apporti monetari da soci

– prelievi monetari di soci – prelievi monetari di soci – prelievi monetari di soci

– distribuzione di utili – distribuzione di utili – distribuzione di utili

B + C + D = Flusso monetario netto – 5,00 B + C + D = Flusso monetario netto + 5.100,00 B + C + D = Flusso monetario netto + 3.000.020,00

A + F = disponibilità monetaria finale + 5,00 € A + F = disponibilità monetaria finale + 5.110,00 € A + F = disponibilità monetaria finale + 3.000.030,00

Al di là delle informazioni offerte dalle analisi dei flussi, due sono le cose che contano

massimamente:

1) che l’azienda controlli la sua capacità di pagare i debiti in scadenza nel breve

termine e lo faccia giorno dopo giorno, attraverso una continua attività di previsione

dei suoi flussi di cassa del prossimo futuro, in modo da assicurarsi la solvibilità nel

breve periodo;

2) che l’azienda controlli periodicamente che l’attivo immobilizzato sia totalmente

finanziato da fonti stabili, cioè da capitale netto e debiti a medio/lungo termine, in

modo da massimizzare la probabilità di risultare solvibile anche nel lungo periodo.

Chiudo l’argomento con un’ultima esercitazione, solo un po’ più completa e quindi complessa delle precedenti tre dei cugini; nelle mie intenzioni questa esercitazione ha sia lo scopo di chiarire i concetti esposti fino a qui, sia quello di rinfrescare ancora una volta antiche nozioni di anni precedenti; non l’ho quindi inserita solo per addestrarti nella lettura, perciò, come al solito, prima prova a farla, poi leggine lo svolgimento e, infine, sforzati di comprendere il motivo dei valori che appaiono nella mia soluzione.

Qualche anno fa, ascoltata la prima lezione di economia

aziendale e in séguito al suggerimento dell’insegnante, Gastone iniziò a coltivare zucche. Acquistò un terreno di un ettaro e, dopo qualche anno di alterne soddisfazioni, l’1/1/2017, la situazione patrimoniale era così sintetizzabile: Ai primi di gennaio 2017, scavando un pozzo irriguo nel suo terreno, Gastone ha trovato il petrolio. Tutti i geologi interpellati sono certi che: a) il quantitativo estraibile è fisso e pari ad almeno 1.000 barili al giorno, b) il giacimento, a quel ritmo, sarà sfruttabile a tempo indeterminato e comunque almeno per un secolo.

Situazione patrimoniale al 1° gennaio 2017 “Gastone” (dati in €)

Terreno 100.000 111.000 Capitale Proprio

Attrezzature 10.000

Cassa 1.000

Totale attivo 111.000 111.000 Totale fonti

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Confortato da questi dati Gastone: 1) il 15 gennaio 2017 accende presso la banca CREDEM un mutuo triennale, ad ammortamento italiano, di importo pari a 60.000 k€ ( k€ = 1.000 € ) al tasso fisso del 2,00% e rate trimestrali posticipate, le prime due in preammortamento; il mutuo risulterà essere l’unica fonte di oneri finanziari espliciti per l’intero 2017.

2) Acquista impianti e attrezzature petrolifere per 70.000 k€ di cui al 31/12/2017 restano ancora da pagare 11.529 k€.

3) Vende, in quanto non più utilizzabili, le attrezzature agricole a 3.000,00 € tutti incassati entro il 31/12/2017.

4) Assume Fulvo Adair come unico dipendente con mansioni sia tecniche che amministrative. Lo stipendio lordo per il 2017 è 54.000,00 €, i contributi (INPS e INAIL) ditta sono al 40% e il dipendente opta per il TFR. Stipendi e contributi sono tutti stati pagati nell’anno e il dipendente ha goduto tutte le ferie e i permessi e quindi non ci sono ratei sul lavoro.

5) Stipula un contratto con l’ENI (suo unico cliente) in base al quale si impegna per un anno, a partire dal 1/3/2017, a vendere (e

l’ENI si impegna a comprare) 1.000 barili al giorno di petrolio del giacimento al prezzo (franco pozzo) di 75,00 € l’uno; il pagamento è previsto per trimestre solare e posticipato al 15 del mese successivo al trimestre, ma a causa di accordi intervenuti successivamente l’ENI il 31/12/2017 ha debiti verso Gastone (Gastone ha crediti sul cliente ENI) per 8.740 k€.

6) Sostiene 3.820 k€ di costi di estrazione e 900 k€ per servizi vari tutti pagati entro il 31.12.2017 ad eccezione di 600,00 € che Gastone deve ancora pagare a suo cugino, in nero, al quale si è rivolto per sistemare il viottolo d’accesso al pozzo.

7) Sui saldi attivi di c/c maturano e vengono accreditati 18 k€ di interessi.

8) Preleva 25.000,00 € in contanti [per farne (doveroso) omaggio al suo vecchio insegnante di economia, dispensatore di saggi consigli].

9) In sede di bilancio Gastone stima 9.000 k€ di ammortamenti, 400 k€ di accantonamenti per rischi e 600 k€ per oneri.

10) Le imposte (tutte) relative al periodo 2017 sono pari a 3.666 k€ e saranno tutte pagate nei primi mesi del 2018.

Ti invito, a questo punto, a provare a svolgere l’esercitazione e cioè: 1) registrare (con le “scritture d’esercizio”) i fatti accaduti; 2) sistemare (con le opportune scritture di assestamento) i valori dei saldi dei conti P e R in modo che possano essere trasferirti, rispettivamente, nello stato patrimoniale e nel conto economico nel bilancio; 3) predisporre il Conto economico dell’anno 2017 e la Situazione patrimoniale al 31/12/2017; 4) presentare il Rendiconto finanziario della liquidità in cui il contributo dato alla variazione dei fondi liquidi dalla gestione reddituale sia determinato attraverso il metodo indiretto.

Consigli per massimizzare l’utilità dell’esercitazione.

Ti suggerisco di impegnarti sui punti 1), 2) e 3) subito, senza aver prima letto le righe successive a questa.

Leggi quindi il resto di questa pagina (“Considerazioni su alcune operazioni”) soltanto dopo aver fatto il Conto Economico e lo Stato Patrimoniale: dalla lettura dei punti da a) a d) verifica di aver considerato correttamente i fatti accaduti e, in caso contrario, vai a correggere gli eventuali errori e a modificare il Conto Economico e lo Stato Patrim.

Solo a questo punto vai alla pagina 65 e confronta le tue registrazioni e il tuo bilancio con quanto ho fatto io.

Infine, puoi partire col 4) tentando di costruire il rendiconto finanziario delle variazioni della liquidità.

Considerazioni su alcune operazioni (da leggere dopo aver provato a svolgere i punti 1), 2) e 3) : a) Il mutuo prevede 12 rate trimestrali (3 anni x 4 trimestri l’uno) interessi ma solo 10 rate capitale (le prime due rate trimestrali sono in

pre-ammortamento), quindi di 6.000.000 l’una: dopo le prime due rate in pre-ammortamento, la prima rata di rimborso è stata quella del 15/10/2017, quindi gli interessi maturati negli 11,5 mesi del 2017 (per semplicità calcoliamo gli interessi a

mesi e non a giorni), al tasso fisso del 2%, sono complessivamente di 1.125.000 € (60.000.000 x 0,02 x 350/365 + 54.000.000 x 0,02 x

2,5/12) . Le rate del mutuo pagate durante il 2017 sono quindi state: la prima e la seconda (del 15 aprile e del 15 luglio 2017) di 300.000 € tutti interessi e zero capitale; la terza (del 15 ottobre 2017) di 6.300.000 € (300.000 di interessi e 6.000.000 di prima rata capitale). Gli interessi maturati nei 2,5 mesi finali (dal 16 ottobre a fine anno, pari a 54.000.000 x 0,02 x 2,5/12 = 225.000 €) non sono stati, al 31 dicembre 2017, ancora pagati.

b) L’operazione, rientrante nella gestione degli investimenti, genera una minusvalenza di 7.000 € (3.000 - 10.000) .

c) Il costo del lavoro è quindi: 54.000 € per stipendi lordi; 21.600 per contributi a carico del datore di lavoro (54.000 x 40%); 4.000 € per TFR (54.000 / 13,5). I 4.000 € di accantonamento TFR sono, però, costi non monetari.

d) I ricavi di vendita del 2017 sono stati pari a 75.000 € al giorno (1.000 barili x 75 € l’uno) dal 1° marzo al 31 dicembre (306 giorni) e quindi complessivamente 22.950.000 €. Di questi, i 6.900.000 € dell’ultimo trimestre (92gg x 1.000 x 75) devono essere ancora incassati.

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1) e 2) (registrazioni di contabilità generale) D Liquidità P A D Mutuo Credem 2017-2020 P A D impianti e attrezzature P A (s.i.) 1.000 | | 60.000.000 (11) (s.i.) 10.000 | (11) 60.000.000 | 58.471.000 (2) (X) 6.000.000 | (2) 70.000.000 | 10.000 (3)

(3) 3.000 | 54.000 (41) 54.000.000 (s.f.) | 9.000.000 (91)

(5) 16.050.000 | 21.600 (42) (s.f.) 61.000.000

| 3.820.000 (61) D Debiti v/fornitori P A

| 899.400 (62) | 11.529.000 (2) D Crediti v/clinti P A

(7) 18.000 | 300.000 (12) 11.529.000 (s.f.) (5) 6.900.000 |

| 300.000 (13) (s.f.) 6.900.000 | 300.000 (14) D Terreno P A

| 6.000.000 (14) (s.i.) 100.000 | D Capitale netto P A | 25.000 (8) (s.f.) 100.000 | 111.0000 (s.i.)

(s.f.) 5.881.000 (8) 25.000 |

D Debiti diversi P A D Fondo T.F.R. P A D Fondo rischi e spese P A D Ratei passivi P A | 600 (62) | 4.000 (43) | 400.000 (92) | 225.000 (11.)

| 3.666.000 (10) | | 600.000 (93) | 3.666.600 (s.f.) 4.000 (s.f.) 1.000.000 (s.f.) 225.000 (s.f.)

D Stipendi dipendenti R A D Oneri sociali (contributi) R A D Accantonamento T.F.R.R A D Minusvalenze R A (41) 54.000 | (42) 21.600 | (43) 4.000 | (3) 7.000 | (s.f.) 54.000 (s.f.) 21.600 (s.f.) 4.000 (s.f.) 7.000

D Servizi vari R A D Imposte R A D Interessi passivi R A D Ricavi vendita petrolio R A

(61) 3.820.000 | (10) 3.666.000 | (12) 300.000 | | 22.950.000 (5)

(62) 900.000 | (s.f.) 3.666.000 (13) 300.000 | 22.950.000 (s.f.)

(s.f.) 4.720.000 (14) 300.000 |

D Accantonamenti R A (11) 225.000 |

D Ammortamenti R A (92) 400.000 | (s.f.) 1.125.000 D Interessi attivi R A

(91) 9.000.000 | (93) 600.000 | | 18.000 (7) (s.f.) 9.000.000 (s.f.) 1.000.000 18.000 (s.f.)

3) (Conto Economico e Situazione Patrimoniale)

CONTO ECONOMICO ANNO 2017 . SITUAZIONE PATRIMONIALE AL 31/12/2017 .

Servizi vari 4.720.000 | 22.950.000 Ricavi vendita Terreno 100.000 | 86.000 Capitale netto

Stipendi dipend. 54.000 | 18.000 Interessi attivi Impianti e attrezzat. 61.000.000 | 3.370.000 Utile 2017 Oneri sociali 21.600 | Crediti v/Clienti 6.900.000 | 54.000.000 Mutuo Credem

Acc.to T.F.R. 4.000 | Liquidità 5.881.000 | 4.000 Fondo T.F.R.

Ammortamenti 9.000.000 | | 1.000.000 F.do rischi-sp. Accantonamenti 1.000.000 | | 11.529.000 Deb.v/Fornit.

Interessi passivi 1.125.000 | | 3.666.600 Debiti diversi Minusvalenze 7.000 | | 225.000 Ratei passivi

Imposte 3.666.000 | | Utile 2017 3.370.000 | | ----------------------------------------------------------------- ----------------------------------------------------------- ------------------------------------------------------------------- --------------------------------------------------------------------

Totale a pareggio 22.968.000 22.968.000 Totale val.produz. Totale attivo 73.881.000 73.881.000 Totale fonti

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4) (Rendiconto finanziario delle variazioni di liquidità dell’anno 2017)

A Disponibilità monetaria netta iniziale + 1.000,00 €

B Flusso monetario (generato) dalla gestione reddituale del periodo + 21.902.000 €

+ utile netto (o – perdita) del periodo + 3.370.400

+ ammortamenti + 9.000.000

+ minusvalenze + 7.000

– plusvalenze - - -

– incrementi di immobilizzazioni per lavori interni - - -

+ aumento (– diminuzione) di fondi accantonamento + 1.004.000 [ aumento di 1.000.000 e di 4.000 ]

– aumento (+ diminuzione) di rimanenze, crediti v/clienti, ratei e risconti attivi – 6.900.000 [ (nessuna variaz.) (aumento di 6.900.000) (nessuna variazione) ]

+ aumento (– diminuzione) di debiti v/fornitori, di altri debiti e di ratei e risconti passivi + 15.420.600 [ (aumento 11.529.000) (aumento di 3.666.600) (aumento di 225.000) ]

C Flusso monetario (assorbito) dall’attività d’investimento in immobilizzaz. – 69.997.000 €

– investimenti in immobilizzazioni (materiali-immateriali-finanziarie, al prezzo di acquisto) – 70.000.000

+ disinvestimenti (il prezzo di cessione o di rimborso) + 3.000

D Flusso monetario (generato) dall’attività di finanziamento + 53.975.000 €

+ accensione di nuovi finanziamenti + 60.000.000

– rimborsi di finanziamenti – 6.000.000

+ apporti (monetari) da soci - - -

– prelievi (monetari) di soci – 25.000

– distribuzione di utili - - -

[ B + C + D ] = Flusso monetario netto del periodo [21.902 k – 69.997 k + 53.975 k] + 5.880.000 €

A + Flusso [ 1.000 + 5.880.000 ] = Disponibilità monetaria netta finale 5.881.000,00 €

Il ragionamento alla base di questo rendiconto finanziario delle variazioni di liquidità può essere così esposto:

poiché da una liquidità iniziale di 1.000 € l’azienda è giunta a una finale di 5.881.000 €, vi è stato un afflusso di 5.880.000. Questa variazione è il frutto dell’ottenimento di fondi liquidi attraverso l’attività di finanziamento (per + 53.975.000 €), afflusso che però è stato più che compensato dall’assorbimento provocato dall’attività di investimento (per - 69.997.000). La combinazione di queste due gestioni ha quindi prosciugato 16.022.000 € di liquidità (53.975.000 - 69.997.000).

Se, nonostante la differenza negativa per oltre 16 milioni fra i due opposti contributi, la liquidità è comunque aumentata di quasi 6 milioni (5.880.000), allora significa che il resto della gestione aziendale (la gestione “reddituale” o

“operativa”) ha generato liquidità, e che lo ha fatto per quasi 22 milioni [e precisamente per 21.902.000 € (16.022.000 + 5.880.000)].

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La comprensione del modo in cui la gestione dei finanziamenti e quella degli investimenti modifica la liquidità è facilmente comprensibile (se mi faccio prestare dei soldi miglioro la mia liquidità, se li restituisco la peggioro; se acquisto un nuovo

trattore mi ritrovo con meno liquidità, se vendo il mio vecchio trattore Ruggerini del 1938 ho, invece, qualche soldo in più; e in ognuno di questi

quattro casi non ho ottenuto né ho sostenuto alcun componente reddituale, cioè nessun ricavo e nessun costo); per comprendere l’analisi finanziaria della gestione reddituale effettuata con il metodo indiretto occorre un po’ di attenzione in più. Quando si adotta il metodo “indiretto”, si parte dal flusso “reale” di ricchezza che ha coinvolto lo stock di capitale netto (modificandolo durante il periodo), e da questo dato (che, per chi non l’avesse inteso, è il reddito del periodo,

leggibile nel conto economico) si arriva a spiegare il flusso finanziario dello stock di liquidità o dello stock di capitale circolante netto [e questa spiegazione viene fatta evidenziando: 1) i costi non monetari; 2) i ricavi non monetari; 3) gli

incrementi e 4) le diminuzioni degli elementi patrimoniali diversi dalle immobilizzazioni e dai finanziamenti già analizzati] provocato dall’insieme delle operazioni “reddituali”, cioè dalle operazioni diverse da quelle di finanziamento e di investimento.

1) I costi non monetari (ammortamenti, accantonamenti, minusvalenze) si sommano al reddito d’esercizio perché hanno contribuito a ridurlo senza aver, però, diminuito la liquidità aziendale (e nemmeno il Capitale Circolante Netto), pertanto se dal reddito (dalla differenza fra il capitale netto finale e quello iniziale) vogliamo arrivare al flusso di liquidità (alla differenza fra liquidità

esistente alla fine del periodo e quella che c’era all’inizio) o al flusso di capitale circolante netto (alla differenza fra C.C.N. esistente alla fine del

periodo e quello che c’era all’inizio) dobbiamo “rimettere dentro” questi importi.

2) I ricavi non monetari (plusvalenze, costruzioni interne) si sottraggono dal reddito d’esercizio per la ragione specularmente opposta alla precedente, cioè perché questi componenti positivi reddituali, essendo dentro al dato del reddito d’esercizio ma non avendo contribuito a generare flussi finanziari, devono essere estratti dal valore (reale) del reddito affinché coincida col valore (finanziario) del cash flow o della variazione del C.C.N. .

3’) Nel caso (come quello dell’esercizio “Gastone”) di un rendiconto delle variazioni della liquidità occorre aggiungere al reddito d’esercizio anche gli incrementi dei debiti non finanziari (quindi sommare eventuali aumenti di debiti commerciali, fiscali,

previdenziali, ratei e risconti passivi ecc.) perché gli incrementi di questi debiti misurano altri costi (per materie prime e servizi, per

imposte, per contributi previdenziali ecc.) che, come nel caso 1), hanno ridotto il reddito del conto economico ma non hanno provocato esborsi monetari (se il debito è aumentato è proprio perché quell’input non è stato ancora pagato). [Per concretizzare con

un esempio ultra-semplificato: se la settimana scorsa Pierino ha comprato ricotta per 1.000 € che pagherà solo la prossima settimana e l’ha immediatamente rivenduta tutta a 1.600 € incassati subito, il suo reddito della settimana scorsa è 600 € e la variazione della sua

liquidità, pari a1.600 €, è il frutto del suo reddito (600 €) + l’incremento dei suoi debiti verso fornitori (1.000 €).] Mentre, però, i costi non monetari visti al punto 1) non provocano né una diminuzione di liquidità né una diminuzione di C.C.N., gli acquisti e gli altri costi trattati in questo punto, andando ad aumentare i debiti non finanziari, il capitale circolante netto lo riducono. Ecco quindi che di tali operazioni si tiene conto per spiegare la variazione della liquidità ma non se ne tiene conto nel rendiconto delle variazioni del C.C.N. (hanno ridotto sia il

reddito sia il C.C.N. e pertanto non occorre alcuna correzione del reddito per giungere alla variazione finanziaria del C.C.N.).

3’’) Nel rendiconto delle variazioni di liquidità occorre sottrarre al valore del reddito gli incrementi delle varie voci attive costituenti il capitale circolante [diverse, ovviamente, dalla cassa e gli altri elementi monetari, e cioè gli incrementi

di crediti verso clienti, altri crediti a breve, ratei e risconti attivi, scorte di magazzino (di qualsiasi tipo, prodotti finiti, di materie prime, componenti e merci)] perché tali aumenti patrimoniali misurano ricavi (nel caso di aumento dei crediti commerciali conseguenti alle vendite a pagamento differito)

o minori costi (nel caso dei risconti attivi e delle scorte di materie prime ecc.) che sono già stati considerati nel reddito del periodo ma che non hanno ancora incrementato la liquidità. [Per concretizzare con un esempio ultra-semplificato: la settimana

scorsa Pierino ha comprato, pagandola immediatamente, ricotta per 1.000 € e ne ha rivenduta la metà con pagamento a 30 giorni per 800 € mentre l’altra metà la venderà la prossima settimana. Il suo reddito della settimana scorsa è 300 € [800 di ricavi di vendita meno 500 di “costo del venduto” (i 1.000 € di acquisto meno i 500 di aumento di scorte di merci) e la variazione della sua liquidità, pari a - 1.000 €, è il frutto

del suo reddito (+300 €) meno l’incremento dei suoi crediti verso clienti (- 800 €) e meno l’incremento delle rimanenze (- 500 €).] Mentre, però, i ricavi non monetari visti al punto 2) non provocano né un aumento di liquidità né un aumento di C.C.N., le vendite a credito e gli altri componenti positivi di reddito trattati in questo punto, andando ad aumentare le attività a breve (diverse dalla liquidità) il capitale circolante netto lo aumentano. Ecco perché di tali

operazioni si tiene conto per spiegare la variazione della liquidità ma non se ne tiene conto nel rendiconto delle variazioni del C.C.N. (hanno aumentato sia il reddito sia il C.C.N., pertanto non serve alcuna correzione del reddito per giungere alla variazione del C.C.N.).

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4’) Nel rendiconto finanziario delle variazioni di liquidità le diminuzioni dei debiti non finanziari (debiti verso

fornitori, debiti fiscali, previdenziali ecc.) vanno sottratte dal reddito d’esercizio perché si tratta di flussi in uscita di liquidità (se i miei debiti diminuiscono significa che li ho pagati) che, non riducendo il reddito, (il costo lo si era già considerato nel momento in cui il debito

sorse, e il pagare il debito non duplica certo il costo) non hanno, giustamente, influito nel dato finale del conto economico. [Per

concretizzare con un esempio ultra-semplificato: la settimana scorsa Pierino ha comprato 100 € di ricotta pagando però 500 € perché ha saldato un debito di 400 € per acquisti del mese precedente; la ricotta acquistata nella settimana l’ha immediatamente venduta per 160 €, ricevuti in contanti. Il reddito di Pierino della settimana scorsa è 60 € (160 di ricavi meno 100 di costi) e la variazione della sua

liquidità, pari a - 340 €, è il frutto del suo reddito (+60 €) meno la diminuzione dei suoi debiti verso fornitori (- 400 €)].

4’’) Nel rendiconto finanziario delle variazioni di liquidità le diminuzioni dei valori attivi non immobilizzati (crediti verso clienti, crediti fiscali, ecc.) vanno aggiunte al reddito d’esercizio perché si tratta di flussi in entrata di liquidità (se i miei crediti diminuiscono significa che li ho incassati) che, non aumentando il reddito, (il ricavo lo si era già considerato nel momento in cui il

credito sorse, e l’incassare il credito non duplica certo il ricavo) non hanno, giustamente, influito sul dato finale del conto economico. [Per concretizzare con un esempio ultra-semplificato: la settimana scorsa Pierino ha comprato 100 € di ricotta

pagandola in contanti e l’ha rivenduta per 160 €; oltre ai 160 € Pierino ha, nella settimana, anche incassato 1.000 € di crediti per vendite del mese precedente. Il reddito della settimana scorsa è 60 € (160 di ricavi meno 100 di costi) e la variazione della sua liquidità, pari

a + 1.060 €, è il frutto del suo reddito (+60 €) più la diminuzione dei suoi crediti verso clienti (1.000 €)]. Per quanto riguarda le rimanenze (di qualsiasi natura: di prodotti finiti, componenti, materie prime ecc.), una loro diminuzione deve essere trattata in modo analogo a quello appena visto per i crediti in quanto essa ha ridotto il reddito (se si tratta

di prodotti finiti, la riduzione delle scorte ha ridotto il valore della produzione; se si tratta di materie prime, la riduzione delle loro scorte ha aumentato i costi) ma non ha intaccato la liquidità; pertanto occorre sommare questa diminuzione per passare dai flussi reali a quelli monetari. Analogamente a quanto già visto nei casi 3’) e 3’’) per gli incrementi, quando si elabora (sempre con il metodo indiretto) il rendiconto della variazioni di C.C.N. (e non della liquidità) non si deve tenere conto nemmeno delle diminuzioni di crediti commerciali, scorte e le altre poste rientranti nel capitale circolante: ciò perché, facendo parte la liquidità stessa del capitale circolante, il suo aumento - conseguente a quelle diminuzioni - le controbilancia.