Il prodotto interno di qualità vale metà del Pilcon maggior peso del Piq. Ma, come per il Pil, è...

4
dicembre 2012 [email protected] Mensile di informazione per il Sistema camerale a cura dell’Ufcio Stampa e Comunicazione La bacheca di Unioncamere In questo numero nomie del continente. “Oggi più che mai, visto il momento di grave crisi che stiamo attraversando, la missione dell’I- talia non può che essere legata alla qualità, che incrocia i territori e la coesione sociale ed è iscritta nel nostro patri- monio genetico”, ha sottolineato il presidente della Fonda- zione Symbola Ermete Realacci nel corso del suo interven- to. E in questo senso ha aggiunto il segretario generale di Unioncamere, Claudio Gagliardi, il progetto PIQ “ ci aiuta a far emergere l’Italia produttiva migliore, svelando il vol- to alla base dei tanti successi della nostra storia”. Ma come si fa a misurare un valore intangibile come la qualità? Per denire il PIQ si parte dalla stima della qualità prodotta da ciascun settore e da ciascuna attività del nostro sistema produttivo. Stima che viene realizzata valutando ogni set- tore in base a tre dimensioni: l’eco-efcienza, le capacità delle persone impiegate, l’innovazione. La sommatoria di queste qualità settoriali denisce il PIQ. Fin qui possiamo parlare di qualità del processo produttivo. Ma siccome la qualità del processo produttivo non garantisce la qualità del prodotto nale, per calcolare il PIQ bisogna prendere in considerazione anche la qualità dei prodotti immessi sul mercato. In questo ci si afda a due indicatori: il valore medio unitario dei prodotti esportati e il posizionamento competitivo di un prodotto. Si scopre così che agricoltura (55,3%) e industria in senso stretto (49,2%) sono i settori con maggior peso del Piq. Ma, come per il Pil, è il terziario che contribuisce di più alla formazione del misuratore di qualità (65,2%). Mentre a livello regionale la palma d’o- ro per qualità espressa va alla Lombardia che detiene il 28,7% del Piq nazionale, seguita a distanza nelle prime tre posizioni da Lazio e Veneto rispettivamente con 50 e 48,6 miliardi di euro. Ma proprio sul piano territoriale emerge un importante campanello d’allarme: il Sud si allontana sempre più dal resto dell’Italia contribuendo al prodotto interno di qualità nazionale meno di quanto faccia per il Pil . A conferma che un vero recupero del Mezzogiorno non può che passare attraverso la valorizzazione del ca- pitale umano esistente, l’innovazione, la sostenibilità e il pieno utilizzo delle ricchezze esistenti. Fare “network” piace sempre di più alle imprese p. 3 L’ateneo telematico camerale accresce l’offerta formativa p. 4 Le buone pratiche del Sistema camerale viaggiano sul web p. 4 Il commercio rende “smart” l’economia p. 2 Al via l’incubatore per rifare il look alle città p. 2 Cdc, nasce il primo Comitato regionale per l’impresa sociale p. 3 Il prodotto interno di qualità vale metà del Pil L’economia italiana di qualità vale quasi la metà del Pil. A distillare la componente più pregiata di quanto il Bel- paese produce in termini quantitativi, è il Piq. Il nuovo misuratore per leggere l’Italia e affrontare la crisi attra- verso una speciale lente di ingrandimento capace di met- tere in evidenza l’impegno dei tanti imprenditori italiani nel combinare economia ed etica, valore del prodotto e del processo, qualità della vita e del lavoro, legalità e rispetto dell’ambiente. Puntando sul quel mix originale di qualità, innovazione, ricerca, cultura, creatività e saperi territoriali propri della nostra capacità competitiva. Nel 2011 secon- do l’ultimo rapporto Piq di Fondazione Symbola e Union- camere, presentato nei giorni scorsi a Roma, il prodotto interno di qualità sora i 460miliardi di euro – vale a dire il 47,9% del prodotto interno lordo –, con una crescita no- minale che supera il 3% rispetto al 2010. Un segno eviden- te che nella crisi più nera il sistema Italia ha ripensato il proprio modello di sviluppo puntando su una progressiva qualicazione delle sue produzioni. E ha fatto bene. Basti pensare che le imprese che investono in qualità e innova- zione hanno una propensione alla crescita doppia rispetto a quelle che cercano di andare avanti semplicemente con- tenendo i costi. Ma non solo. Anche all’estero si affermano con maggiore successo. Dati alla mano pure in un periodo connotato da difcoltà di natura straordinaria, come quel- lo tra il 2007 e il 2011, le nostre imprese hanno media- mente accresciuto del 10,7% il valore delle esportazioni. Molto di più di quanto osservato nella media europea e più di quanto associabile alla Germania e alle altre grandi eco-

Transcript of Il prodotto interno di qualità vale metà del Pilcon maggior peso del Piq. Ma, come per il Pil, è...

Page 1: Il prodotto interno di qualità vale metà del Pilcon maggior peso del Piq. Ma, come per il Pil, è il terziario che contribuisce di più alla formazione del misuratore di qualità

dicembre [email protected]

Mensile di informazione per il Sistema cameralea cura dell’Uffi cio Stampa e Comunicazione

La bacheca di Unioncamere

In questo numero

nomie del continente. “Oggi più che mai, visto il momento di grave crisi che stiamo attraversando, la missione dell’I-talia non può che essere legata alla qualità, che incrocia i territori e la coesione sociale ed è iscritta nel nostro patri-monio genetico”, ha sottolineato il presidente della Fonda-zione Symbola Ermete Realacci nel corso del suo interven-to. E in questo senso ha aggiunto il segretario generale di Unioncamere, Claudio Gagliardi, il progetto PIQ “ ci aiuta a far emergere l’Italia produttiva migliore, svelando il vol-to alla base dei tanti successi della nostra storia”. Ma come si fa a misurare un valore intangibile come la qualità? Per defi nire il PIQ si parte dalla stima della qualità prodotta da ciascun settore e da ciascuna attività del nostro sistema produttivo. Stima che viene realizzata valutando ogni set-tore in base a tre dimensioni: l’eco-effi cienza, le capacità delle persone impiegate, l’innovazione. La sommatoria di queste qualità settoriali defi nisce il PIQ. Fin qui possiamo parlare di qualità del processo produttivo. Ma siccome la qualità del processo produttivo non garantisce la qualità del prodotto fi nale, per calcolare il PIQ bisogna prendere in considerazione anche la qualità dei prodotti immessi sul mercato. In questo ci si affi da a due indicatori: il valore medio unitario dei prodotti esportati e il posizionamento competitivo di un prodotto. Si scopre così che agricoltura (55,3%) e industria in senso stretto (49,2%) sono i settori con maggior peso del Piq. Ma, come per il Pil, è il terziario che contribuisce di più alla formazione del misuratore di qualità (65,2%). Mentre a livello regionale la palma d’o-ro per qualità espressa va alla Lombardia che detiene il 28,7% del Piq nazionale, seguita a distanza nelle prime tre posizioni da Lazio e Veneto rispettivamente con 50 e 48,6 miliardi di euro. Ma proprio sul piano territoriale emerge un importante campanello d’allarme: il Sud si allontana sempre più dal resto dell’Italia contribuendo al prodotto interno di qualità nazionale meno di quanto faccia per il Pil . A conferma che un vero recupero del Mezzogiorno non può che passare attraverso la valorizzazione del ca-pitale umano esistente, l’innovazione, la sostenibilità e il pieno utilizzo delle ricchezze esistenti.

Fare “network” piace sempre di più alle imprese p. 3

L’ateneo telematico camerale accresce l’offerta formativa p. 4

Le buone pratiche del Sistema camerale viaggiano sul web p. 4

Il commercio rende “smart” l’economia p. 2

Al via l’incubatore per rifare il look alle città p. 2

Cdc, nasce il primo Comitato regionale per l’impresa sociale p. 3

Il prodotto interno di qualità vale metà del Pil

L’economia italiana di qualità vale quasi la metà del Pil. A distillare la componente più pregiata di quanto il Bel-paese produce in termini quantitativi, è il Piq. Il nuovo misuratore per leggere l’Italia e affrontare la crisi attra-verso una speciale lente di ingrandimento capace di met-tere in evidenza l’impegno dei tanti imprenditori italiani nel combinare economia ed etica, valore del prodotto e del processo, qualità della vita e del lavoro, legalità e rispetto dell’ambiente. Puntando sul quel mix originale di qualità, innovazione, ricerca, cultura, creatività e saperi territoriali propri della nostra capacità competitiva. Nel 2011 secon-do l’ultimo rapporto Piq di Fondazione Symbola e Union-camere, presentato nei giorni scorsi a Roma, il prodotto interno di qualità sfi ora i 460miliardi di euro – vale a dire il 47,9% del prodotto interno lordo –, con una crescita no-minale che supera il 3% rispetto al 2010. Un segno eviden-te che nella crisi più nera il sistema Italia ha ripensato il proprio modello di sviluppo puntando su una progressiva qualifi cazione delle sue produzioni. E ha fatto bene. Basti pensare che le imprese che investono in qualità e innova-zione hanno una propensione alla crescita doppia rispetto a quelle che cercano di andare avanti semplicemente con-tenendo i costi. Ma non solo. Anche all’estero si affermano con maggiore successo. Dati alla mano pure in un periodo connotato da diffi coltà di natura straordinaria, come quel-lo tra il 2007 e il 2011, le nostre imprese hanno media-mente accresciuto del 10,7% il valore delle esportazioni. Molto di più di quanto osservato nella media europea e più di quanto associabile alla Germania e alle altre grandi eco-

Page 2: Il prodotto interno di qualità vale metà del Pilcon maggior peso del Piq. Ma, come per il Pil, è il terziario che contribuisce di più alla formazione del misuratore di qualità

La bacheca di Unioncamere

dicembre 2012 p. 2

È nato Urban Pro, l’incubatore di facilitazione delle tra-sformazioni urbane. Frutto della collaborazione a quattro tra Confcommercio– Imprese per l’Italia, Consiglio Nazio-nale degli Architetti, Pianifi catori, Paesaggisti e Conserva-tori, Associazione Nazionale Costruttori Edili e Unionca-mere riuniti attorno al “Patto per le città”, il nuovo incu-batore intende essere un utile strumento per accelerare la valorizzazione delle realtà urbane colpite da tempo da una profonda crisi. Assistere le rispettive Organizzazioni im-pegnate e coinvolte nelle rigenerazioni urbane delle città italiane; supportare il Governo Centrale – in particolare il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministe-ro dello Sviluppo Economico – nella defi nizione di regole, modelli e strumenti che aiutino i processi di trasformazio-ne e l’ottimizzazione delle risorse: sono questi i principali obiettivi di Urban Pro. Nella convinzione che le aree ur-bane rappresentino un elemento strategico per la crescita del Paese e per innovare le basi di competitività economi-ca e coesione sociale. Basti pensare che solo nelle maggio-ri 100 città italiane si concentra il 67% della popolazione, l’80% del PIL ed il 75% delle imprese attive. E per questo c’è bisogno dell’apporto di tutti – mondo imprenditoria-le, istituzionale e associativo – volto a favorire il recupero

È un’opportunità per rigenerare aree urbane e centri sto-rici. Ha una forte capacità di inclusione sociale. Rappre-senta una leva strategica per lo sviluppo economico. Par-liamo della “smart economy” del commercio e dei servizi, una realtà composta da quasi 2milioni di imprese che dà lavoro a oltre 4,5milioni di persone delle quali poco meno di 400mila rappresentati da immigrati e oltre 750mila da giovani under 30. Un fattore chiave per sostenere città più intelligenti, sostenibili e inclusive per lo sviluppo delle quali l’Europa ha deciso di destinare il 25% delle risorse disponi-bili nel prossimo Quadro comunitario di sostegno. A patto che lo Stato – in un clima di condivisione con le Regioni, gli altri enti locali e le rappresentanze dei titolari di interessi – sia in grado di fi ssare poche e chiare regole di riferimen-

to non discutibili, lasciando poi ai territori individuare le ulteriori poche e chiare regole per sviluppare l’economia. È quanto emerso nei giorni scorsi al X Convegno nazionale sul commercio promosso da Unioncamere-Indis, che ha fatto il punto sulla valenza di questo settore non solo sul piano eco-nomico ma anche su quello socioculturale. Un valore che la crisi dei consumi e il diffi cile ciclo economico sta mettendo a dura prova, provocando la chiusura di numerosi esercizi commerciali tradizionali e il conseguente impoverimento dell’offerta delle nostre aree urbane. Perché il commercio anima le nostre città. Basti pensare alla sola sicurezza ga-rantita dalle insegne che illuminano le vie come pure alla capacità di costituire un punto naturale di aggregazione del vivere civile. Per questo il presidente di Unioncamere, Fer-ruccio Dardanello, ha sottolineato la necessità di “regole che incoraggino la ristrutturazione del sistema del commercio e delle altre attività che vivono le città pensate per dare sup-porto allo sviluppo del franchising, alla multifunzionalità tra commercio, somministrazione, artigianato e servizi, al rafforzamento delle interconnessioni funzionali”. Ne è con-vinto il presidente della Camera di Commercio di Firenze e di Unioncamere Toscana, Vasco Galgani, secondo il quale “il commercio può crescere anche in questa fase congiun-turale complessa, non in termini di fatturato, ovviamente, ma in termini di valorizzazione della rete commerciale, di sviluppo di nuove sinergie con altri settori”.

Il commercio rende “smart” l’economia

di qualità della vita nelle aree urbane ma anche un nuovo senso dell’abitare, del lavorare, del riposare, del circola-re e del fare economia. Un traguardo reso oggi più vicino anche grazie ai 2 miliardi di euro resi disponibili per la realizzazione del Piano Nazionale per le Città 2012-2017. Risorse che serviranno non solo per facilitare la rigenera-zione urbana ma anche per alimentare l’housing sociale.

Al via l’incubatore per rifare il look alle città

Page 3: Il prodotto interno di qualità vale metà del Pilcon maggior peso del Piq. Ma, come per il Pil, è il terziario che contribuisce di più alla formazione del misuratore di qualità

La bacheca di Unioncamere

dicembre 2012 p. 3

di attività di formazione e aggiornamento a partire dagli imprenditori sociali, anche attraverso l’inserimento di tali attività nell’ambito di piani formativi regionali e naziona-li del Sistema camerale. Sono questi alcuni degli obiettivi che hanno portato nel 2011 Unioncamere a promuovere presso le Camere di commercio la costituzione di un Co-mitato per l’imprenditorialità sociale e per il microcredito. E oggi la maglia reticolare dei CISeM, questo l’acronimo dei comitati, può contare su oltre 30 preziosi “nodi” (al-cuni dei quali sono in divenire) in grado di far emergere il prezioso apporto delle imprese sociali. Nella convinzione che mediante lo sviluppo del Terzo settore si possa con-tribuire a creare circoli virtuosi tra sviluppo economico e benessere sociale. Stando agli ultimi dati a disposizione il Terzo settore in Italia è una realtà che può contare su oltre 13mila imprese sociali delle quali più del 92% opera nei servizi e, più in particolare, nella sanità e nell’assistenza sociale, dove si concentra la metà di queste aziende. Dà lavoro a quasi 400mila persone, ovvero al 3,3% del tota-le dei dipendenti dell’economia al netto dell’agricoltura e della pubblica amministrazione. Ma può dare un contri-buto alla crescita economica e al benessere sociale ancora maggiore anche grazie, auspichiamo, alle azioni messe in campo dal Sistema Camerale che rappresenta per le im-prese sociali l’interlocutore istituzionale privilegiato.

Cdc, nasce il primo Comitato regionale per l’impresa sociale

Al via in Calabria il primo Comitato regionale per l’imprenditorialità sociale ed il microcredito d’Ita-lia. È quanto ha deliberato nei giorni scorsi l’Unione regionale delle Camere di commercio calabresi quale naturale conseguenza del-la preziosa collaborazione avviata da anni, anche a livello locale, dal Sistema camerale con il Forum del terzo settore in materia di Economia Civile. Creazio-ne di meccanismi volti a stimolare la collaborazio-ne in rete e per le fi liere

allo scopo di diffondere la cultura della cooperazione tra differenti organismi e tra le imprese profi t e non profi t; iniziative mirate a favorire l’accesso al credito delle im-prese; istituzione di uno sportello informativo-orientativo per coloro che hanno necessità e/o interesse ad utilizza-re gli strumenti culturali e giuridici disponibili per l’im-prenditorialità sociale e per il microcredito; promozione

Supera la soglia dei 500 il numero dei contratti di rete che coinvolgono quasi 2.800 imprese appartenenti a 99 provin-ce e 20 regioni. Certo, si dirà, una goccia nell’oceano rispetto alle oltre 6milioni di aziende operanti nel Belpaese, ma i net-work di imprese sono una realtà in costante crescita. Basti pensare che appena sei mesi fa erano 1.769 i soggetti ade-renti e 333 contratti di rete costituiti. È quanto emerge dalla fotografi a scattata ai primi di novembre da Unioncamere secondo la quale a livello regionale per numero dei soggetti aderenti è la Lombardia a conquistare l’oro ( 646 soggetti e 168 contratti), mentre Toscana (443 soggetti e 68 contratti) e Emilia Romagna (312 soggetti e 90 contratti) si aggiudica-no rispettivamente la medaglia di argento e bronzo. I con-tratti di rete che insistono su una sola regione rappresentano la quota predominante (71%), quelli che coinvolgono due re-gioni costituiscono il 20%, mentre il restante 9% dei contrat-ti coinvolge imprese che operano su tre o più regioni. Ancora di limitata consistenza appaiono invece le macro-reti, infatti il 40% circa dei contratti è stato stipulato da 2 o 3 aziende. Sono soprattutto le imprese dell’industria in senso stretto a essere le più attive sotto questo fronte (1.138) seguite, sep-pure a distanza, da quelle dei servizi alle imprese (674). A quattro anni dalla loro introduzione nel nostro ordinamento giuridico, con la legge 33/2009 successivamente modifi ca-

ta dalla legge 133/2010, i contratti di rete hanno fatto passi da gigante. Eppure è evidente che c’è ancora molta strada da percorrere. Perché l’aggregazione tra imprese resta la via maestra per consentire soprattutto alle piccole e picco-lissime aziende di affrontare più forti il mare aperto della competizione globale. Per questo il Sistema camerale si è impegnato sin dal principio a promuovere, anche attraverso l’avvio di collaborazioni con mondo associativo e istituzio-nale, la diffusione di queste forme reticolari di cooperazione tra imprese. E continuerà a farlo per rilanciare, in un’ottica di squadra, la crescita del nostro sistema produttivo.

Fare “network” piace sempre di più alle imprese

Page 4: Il prodotto interno di qualità vale metà del Pilcon maggior peso del Piq. Ma, come per il Pil, è il terziario che contribuisce di più alla formazione del misuratore di qualità

La bacheca di Unioncamere

dicembre 2012 p. 4

È online “Buone pratiche del Sistema camerale”, la nuova sezione del sito istituzionale www.unioncamere.gov.it dedi-cata alla raccolta e alla diffusione delle migliori progettuali-tà realizzate dalla rete delle Camere di commercio. È questa una tappa fondamentale di un percorso più ampio intrapre-so nell’ultimo anno dall’Unione per stimolare il territorio a condividere quell’insieme di esperienze, soluzioni pratiche, riferimenti e modelli operativi realizzati con successo a li-vello locale e ritenuti meritevoli di essere conosciuti. Nella convinzione che questo possa non solo innescare un circui-to virtuoso di scambio di esperienze e know how ma anche lo sviluppo di comunità. Ad oggi sono circa 130 i progetti presenti nella banca dati online, proposti dai singoli enti del Sistema e riferiti a quasi ogni ambito dell’azione camera-le. Un “bacino di idee” da cui è possibile attingere per con-frontare le esperienze di altre realtà e trarre spunti utili ad

Universitas Mecarcatorum raddoppia l’offerta formativa del corso di laurea in Gestione d’impresa. Al termine del primo quinquennio di attività, l’Ateneo telematico delle Ca-mere di commercio entra di slancio nella fase di maturità con una proposta didattica rinforzata. Per l’anno accade-mico 2012/2013, appena inaugurato, la laurea triennale di primo livello si arricchisce di un nuovo percorso di studi dal titolo Export dei Territori e delle Organizzazioni cui a breve, in attesa del nulla osta del Ministero dell’Università e del-la Ricerca Scientifi ca, se ne aggiungerà un altro su un’im-portante tematica orientata all’internazionalizzazione, non ancora coperta dalle altre Università telematiche. Novità in corso pure per il post laurea. Due i nuovi master lancia-ti, uno dedicato allo start-up e allo sviluppo economico e l’altro, “e-Starter” , indirizzato alle tematiche di statistica, ricerche di mercato, analisi territoriali, ricerche qualitative. Per avvicinare sempre di più la formazione delle risorse umane alle esigenze del mondo imprenditoriale, l’Universi-tà camerale si presenta sul mercato con un’offerta rinnovata pronta a captare un numero sempre crescente di iscritti. Solo nell’anno accademico appena conclusosi Universitas Mer-catorum ha fatto il “pieno” di immatricolazioni, rispetto a

quanto le norme in vigo-re consentono, toccando quota 130. Oggi l’Ateneo può contare su 8 docen-ti in ruolo (10 nel 2013), 16 docenti a contratto, 1 presidio e-learning pres-so Ifoa, 2 tutor metodolo-gici e 23 tutor di materia, numerose convenzioni stipulate con Associazio-

ni di categoria e professionali; 50 enti camerali soci di Uni-versitas. Con risultati apprezzabili, visto che anche il bilancio 2012 chiude, con un lieve, ma signifi cativo margine positivo. Un traguardo raggiunto anche grazie alla realizzazione di ol-tre 40 progetti di ricerca, la vincita di un bando della Com-missione Europea sulla gestione di imprese in aree sottratte ad iniziative illegali, l’assegnazione di un progetto comuni-tario sulla mediazione che coinvolge varie nazioni ed il co-fi nanziamento da parte dell’Agenzia della Unione Europea per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura, di una cattedra di Diritto della concorrenza.

L’ateneo telematico camerale accresce l’offerta formativa

Le buone pratiche del Sistema camerale viaggiano sul web

innovare o sviluppare il proprio modello di intervento. È all’interno di questo prezioso patrimonio di informazioni, da far crescere nel tempo, che vengono selezionate median-te un iter strutturato, rigoroso e trasparente, le cosiddette “Buone pratiche” del Sistema camerale: esperienze la cui ampia diffusione si ritiene costituisca un valore aggiunto non solo per chi vive il sistema dall’interno ma anche per chi dall’esterno è interessato ad approfondire la conoscenza del mondo camerale. Nove sono le buone pratiche indivi-duate nel 2012 consultabili sul portale istituzionale e, a bre-ve, disponibili anche su un apposito catalogo. A partire dal 2013, inoltre, grazie alle funzionalità del sito sarà avviata una campagna sul territorio per favorirne una miglior frui-zione ed incoraggiare la candidatura di nuove e più recenti esperienze e progettualità, da condividere e valorizzare.

La bacheca di Unioncamere: Anno 3 N. 11

Mensile di informazione tecnica

In attesa di registrazione presso il Tribunale di Roma

Editore: Retecamere Scrl – Roma

Redazione: p.zza Sallustio, 21 – 00187 Roma

Tel. 0647041

Direttore responsabile: Willy Labor

Coordinamento redazionale: Loredana Capuozzo

Il numero è stato chiuso in redazione il 20 dicembre 2012

Stampa: Grafi cArt snc – Formia