IL POP FOOD DI DAVIDE OLDANI L’uomo 2015 secondo Nicola … · 2018. 5. 31. · CAMPANIA/NAPOLI,...

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ISLANDA: AVVENTURARSI NELLA TERRA DEI VULCANI ANA BOTIN: LA BANCHIERA DI FERRO DEL SANTANDER L’uomo 2015 secondo Nicola Santini: Lo stile? Non basta più neodandy AREN A MEDIASTAR MILANO MODA UOMO I TREND DELL’AUTUNNO LE NOVITA’ PER IL 2016 Arena Mediastar supplemento del settimanale on line Commodity World Weekly Magazine - Anno I n.8/2014 registr. al Tribunale di Pavia n. 673 dell’11/5/2007 WEB MAGAZINE LUGLIO/AGOST2015 LE ULTIME 4 TAPPE DEL TOUR IN 10 CITTA’ ITALIANE www.arenamediastar.com IL POP FOOD DI DAVIDE OLDANI

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ISLANDA: AVVENTURARSI NELLA TERRA DEI VULCANI ANA BOTIN: LA BANCHIERA DI FERRO DEL SANTANDER

L’uomo 2015 secondo Nicola Santini:

Lo stile? Non basta più

neodandy

ARENAMEDIASTAR

MILANO MODA UOMOI TREND DELL’AUTUNNOLE NOVITA’ PER IL 2016

Arena Mediastar supplemento del settimanale on line Commodity World Weekly Magazine - Anno I n.8/2014 registr. al Tribunale di Pavia n. 673 dell’11/5/2007

WEB MAGAZINE LUGLIO/AGOST2015

LE ULTIME 4 TAPPE DEL TOUR IN 10

CITTA’ ITALIANE

www.arenamediastar.com

IL POP FOOD DI DAVIDE OLDANI

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IN COPERTINA: Nicola Santini, guru dello stile e del bon ton, dialoga con noi sull’essere dandy nel Terzo Millennio

ARENA MEDIASTAR, supplemento di Commodity World Weekly Magazine, è il mensile in cui le materie prime diventano prodotto finito: cibi sopraffini, gioielli, oggetti per la casa, automobili, inimitabili pezzi d’arte. In questo numero estivo luglio/agosto un focus particolare sul ritorno del dandy, l’uomo raffinato. Perchè lo stile conta, dice il guru del bon ton Nicola Santini. Ma non è tutto. Ecco dunque a chi ispirarsi e quali sono i valori da indossare e da di-fendere nel Terzo Millennio. I nostri Grand Tour ci portano al Castello di Sarmato, nel piacentino. In Islanda, al Festival del Cinema di Locarno. Ma anche all’Expo, dove è protagonista lo chef Davide Oldani. Prima di partire, magari con la nuova Giulietta Alfa Romeo, un’occhiata ai trend della prossima stagione e alle novità di Milano Moda Uomo 2016. Infine un profilo al femminile, quello della più potente (e temuta) banchiera europea, Ana Botin del Santander.

Stories

Alessandro ChiaraNiccolò CarcanoTimur De AngeliAmir Hussein BarouhGiorgia PertosaKristi PrendiFiammetta Trallo

Graphic Design

Alessandro ChiaraMatteo Zerbi

Rubriche

Anna BassiGiuseppe BruniAlessandro BuffoneFilippo BortolanDaniele ContiFrancesco CurciAntonia GospodinovaGaleazzo Melzi d’Eril

PhotographersGrazia MantelliValentina Anzil-lotti

Grazie a Michelan-gelo Cecilia per le immagini di Nicola Santini e Giovanni D’Antonio

Contributors di questo numero:

Editoriale

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.2 1/2015

Katia Ferri Melzi d’ErilDirettore re-

sponsabile di Commodity

World Weekly Magazine ritratta da

Luigi Ontani, 1983

ARENA MEDIA STAR anno I n.8, luglio/agosto 2015- web magazine, supplemento mensile di Commodity World Weekly Magazine registrato presso il Tribunale di Pavia n. 673 dell’ 11/5/2007 Edito da Katia Ferri Melzi d’Eril in collaborazione con l’associazione culturale non profit Arena Media Star Sede legale: Via S. Giovannino 5, 27100 Pavia tel. 0039 349 8610239 www.arenamediastar.com; [email protected] pagine pubblicitarie (mostre o campagne sociali) sono scelte ogni mese dalla redazione e inserite a fronte di nessun compenso

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Cover Story| 10Nuovi dandy: lo stile conta ma non è tutto

Grand Tour| 24, 36Castello di Sarmato,Avventura Islanda

Food & co| 32Il Pop Food di OldaniSnaidero all’ExpoRamadan | 44Il mese di preghiera dei musulmani

Leonardo| 52Le tappe del nostro tour in 10 cittàProtagonisti | 64Ana Botin, la Presi-denta di Santander

Cinema | 18Tutti al Festival di LocarnoTop Nightlife| 22Eventi, personaggi, star dal mondo

Antiquariato| 35Accademia Mediceacorsi di pittura anticaEcogreen| 45Albidona, l’ecotorrenel Golfo di Taranto

Auto| 54Giulietta Alfa Romeoè tornata la tigreSalute| 62Happy hour, rischi sconosciuti dell’alcol

ESCLUSIVO: visita al Castello di Sarmato, il manieropiacentino ancora abitato dai conti Zanardi Landi di Veano

Luglio/Agosto 2015 Rubriche:

Sommario

Sotto: I vincitori dei prestigiosi premi Alberto Sordi, tra cui Carlo Conti, Enrico Brignao, Riccardo Cocciante, Rosario Fiorello, Gabriella Pession. A destra “Passeggia con Leonardo” alla Rocca di Imola

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Leonardo a Palazzo Reale Giotto, Italia da Assisi a Milano

FRIULI VENEZIA GIULIA/GORIZIA, L’ARTE DI FRANCESCO. CAPOLAVORI D’ARTE E TERRE D’ASIA DAL XIII AL XV SEC.via Mameli 2fino al 11 ottobre 2015

LOMBARDIA/BRESCIA, BRIXIA ROMA E LE GENTI DEL PO. UN INCONTRO DI CULTURE. III - I SEC. A.C.Museo di Santa Giulia, Via Musei 81/bfino al 17 gennaio 2016

LOMBARDIA/MILANOGIOTTO, L’ITALIA. DA ASSISI A MILANOPiazza del Duomo 12fino al 10 gennaio 2016

LOMBARDIA/MILANO, TRIENNALEARTS E FOODS. RITUALI DAL 1851Viale alemagna 6 fino al 01 novembre 2015

LOMBARDIA/PAVIALE CARTE DEI CIBI: TERRITORIO, PRODOTTI PRANZI IN UNA CITTÀ AGRICOLA E UNIVERSITARIAStrada Nuova 65fino al 30 settembre 2015

LOMBARDIA/MONZA, ITALIA: FASCINO E MITO. DAL CINQUECENTO AL CONTEMPORANEOViale Brianza 1, prenotazione obbligatoria al 199 15 11 40fino al 06 settembre 2015

LOMBARDIA/PAVIA, CAPOLAVORI DELLA JOHANNESBURG ART GALLERY. DA DEGAS A PICASSOScuderie del Castello Visconteo, informazioni 0382 33676fino al 30 agosto 2015

LOMBARDIA/MILANO, IL PRIMATO DEL DISEGNOPinacoteca di Brera, Via Brera 28fino al 19 luglio 2015

LOMBARDIA/MILANO, LEONARDO DA VINCI: 1452-1519Piazza del Duomo 12fino al 19 luglio 2015

Eventi Nord

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Vedute di Francia in VillaPROGETTO CITTA’ IDEALE

EMILIA ROMAGNA/RAVENNA, IL GENIO DELLE ACQUE. DALLA DOMUS IN RIVA AL MARE A TAMOVia Rondinelli 2, informazioni 0544213371fino al 31 dicembre 2015

EMILIA ROMAGNA/TRAVERSETOLO, VEDUTE DI FRANCIA NELLA VILLA DEI CAPOLAVORI. RENOIR MONET CÉZANNE MATISSE DE STAËLVia Fondazione Magnani Rocca 4fino al 13 settembre 2015

EMILIA ROMAGNA/MOENA/BIBLIOTECA UNIVERSITARIA, LARGO S. AGOSTINO 337ALLEGREZZE BAROCCHE. MACCHINE PIROTECNICHE E APPARATI SCENICI NELLA MODENA ESTENSE”.fino al 18 luglio 2015

LOMBARDIA/MILANO/FABBRICA DEL VAPORE/SALA DELLE COLONNEPROGETTO CITTA’ IDEALE fino al 30 Settembre 2015

FRIULI VENEZIA GIULIA/ GORIZIAINVITO A CASA DEL PRINCIPE, ARCHEOLOGIA A TITO, TORRE DI SATRIANOfino al 31 dicembre 2015

PIEMONTE/TORINO/URBAN CENTREArchitecture & Taste Expo Tourfino all’11 luglio 2015

PIEMONTE/TORINO/PIAZZA CASTELLO 191CANOVA: LA BELLEZZA E LA VIRTU’fino al 9 agosto 2015

Eventi Nord

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Ville dannunziane a PescaraMURAT RE DI NAPOLI

Eventi Centro

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ABRUZZO/SULMONA, PRIMA GUERRA MONDIALE: “RICORDI E TESTIMONIANZE DI UN TERRITORIO”Via Badia 28Fino al 30 luglio 2015

ABRUZZO/PESCARA, PERCORSO LIBERTY VILLE DANNUNZIANE A PESCARAVia Palizzi 2fino al 10 luglio 2015

ABRUZZO/TERAMO/ARCHIVIO DI STATO, Via Cesare Battisti 55“DALLA COLTIVAZIONE ALL’ALIMENTAZIONE” SECC.XVIII-XXfino al 31 ottobre 2015

CAMPANIA/MONTESARCHIO, A CASA DI EUROPA. STORIE DEL CRATERE DI ASSTEASVia Castello 1 fino al 15 settembre 2015

CAMPANIA/NAPOLI, POMPEI E L’EUROPA. 1748-1943Piazza Museo 19 fino al 02 novembre 2015

CAMPANIA/SALERNO, L’ITALIA IN GUERRAPiazza abate Conforti 7 fino al 01 maggio 2016

CAMPANIA/NAPOLI, A PASSO DI CARICA. MURAT, RE DI NAPOLIPalazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1, fino al 15 ottobre 2015

LAZIO/ROMA, LO STATO DELL’ARTE: L’ARTE DELLO STATO – LE ACQUISIZIONI DEL MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO. COL-MARE LE LACUNE –RICUCIRE LA STORIALungotevere Castello 50 fino al 29 novembre 2015

LAZIO/ROMA, TALISMANI DELL’EDITORIA. I TALLONE E GLI SCRITTORI DEL ’900Biblioteca Nazionale Centrale, Viale Castro Pretorio 105 fino al 30 settembre 2015

LAZIO/ROMA, BAROCCO A ROMA. LA MERAVIGLIA DELLE ARTIVia del Corso 320fino al 26 luglio 2015

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ARTE ORIENTALE A NAPOLIPOMPEI E L’EUROPA

Eventi Sud

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CAMPANIA/NAPOLI, VILLA FLORIDIANA,MUSEO DUCA DI MARTINA - tel. 091/6175595 Dipinti avori, smalti, porcellane europee, giapponesi Imari e cinesi Ming, oggetti di arte orientalefino al 31/12/2015

CAMPANIA/SALERNO, L’ITALIA IN GUERRAPiazza abate Conforti 7fino al 01 maggio 2016

BASILICATA/MATERA, TRINCEE 1914-2014Archivio di Stato, Via T. Stigliani 25, prenotazioni: 0835/332832fino al 31 dicembre 2015

BASILICATA/MURO LUCANO, ‘ITALIANI A STELLE E STRISCE’Via Seminario 6, prenotazioni: 0976/71778fino al 31 dicembre 2015

CAMPANIA/NAPOLI, POMPEI E L’EUROPA. 1748-1943Piazza Museo 19fino al 02 novembre 2015

CAMPANIA/NAPOLI, A PASSO DI CARICA. MURAT, RE DI NAPOLIPalazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1, informazioni 081400547fino al 15 ottobre 2015

PUGLIA/GALLIPOLI, MICHELANGELO PISTOLETTOCastello di Gallipoli, Piazza Imbrianifino al 27 settembre 2015

SARDEGNA/CAGLIARI, LA GRANDE GUERRA: VICENDE, UOMINI, SOCIETÀVia Gallura 2, prenotazioni: 070669450fino al 31 dicembre 2015

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Mostre Top

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MITICO DONATELLO

LO STUDIOLO DEL DUCA

MARCHE/URBINO/GALLERIA NAZIONALE Lo Studiolo del DucaAlla Galleria Nazionale delle Marche di Urbino, presso il Palazzo Ducale, dal 12 marzo al 4 luglio 2015 si può visitare l’antico Studiolo del Duca come appariva prima dello smem-bramento di tutte le opere pittoriche che erano d’”ispirazione” nei momenti di studio del Duca Federico da Montefeltro. BEN 14 dei 28 ritratti di uomini illustri provenienti dal Louvre sono stati ricollocati nello studiolo, per un’atmosfera davvero suggestiva.

Orari: Lunedì: 8.30 - 14.00 (chiusura biglietteria ore 12.30)Da martedì a domenica: 8.30 - 19.15 (chiusura biglietteria ore 18.00)Biglietti: Intero: Euro 5,00 e Ridotto: Euro 2,50

PIEMONTE(ASTI/PALAZZO MAZZETTIAlle origini del gusto. Il cibo a Pompei e nell’Italia antica

L’Archeologia incontra la tecnologia nella mostra ad Asti sul tema del cibo. La mostra a Palazzo Maz-zetti di Asti, e sarà aperta fino al 5 Luglio, ricostruisce l’alimentazione delle popolazioni italiche at-traverso lo studio di manuali e testi antichi, corredati di immagini, miniature e ricette che hanno delineato le caratteristiche gastronomiche delle nostre tavole.Orari: Da martedì a domenica dalle 9.30 alle 19.30. Lunedì chiuso ad eccezione di lunedì 6 aprile.Biglietto:Comprensivi del servizio prenotazione e della visita a Palazzo Mazzetti € 10,00 intero, € 8,00 ridotto.

TOSCANA/FIRENZE/PALAZZO STROZZIPotere e pathos. Bronzi del mondo ellenisticoFino al 21 giugno a Palazzo Strozzi a Firenze sono in mostra i capolavori scultorei di epoca ellenistica provenienti dai musei archeologici italiani e internazionali. Le opere saranno contestualizzate, per far emergere non solo la bellezza estetica di divinità, atleti, eroi e personaggi storici rinvenuti da scavi e da ricerche nel Mar Mediterraneo, ma anche le tecniche di realizzazione e i materiali. Potrete rivivere i valori dell’epoca antica in cui la civiltà greca si diffuse fino a diventare modello da seguire.Orari: tutti i giorni (compresi i festivi) con orario 10.00-20.00 e tutti i giovedì fino alle 23.00.La bigliet-teria chiuderà un’ora prima dell’orario di chiusuraBiglietto: 10,00 euro; Riduzioni: 8,50 euro

VENETO /PADOVA/ MUSIEI CIVICI AGLI EREMITANIDonatello e la sua lezione. Sculture e oreficerie a Padova tra Quattro e CinquecentoPresso i Musei Civici agli Eremitani e Palazzo Zuckermann di Padova, la mostra su uno dei protago-nisti dell’arte veneta: Donatello. Dal 28 marzo al 26 luglio un percorso alla scoperta dei più importanti capolavori dell’artista quattrocentesco e dei seguaci che hanno sviluppato il linguaggio rinascimentale del maestro.

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iI NUOVI DANDY Bellissimi, colti, grandi lavoratori. Amanti dello stile più che del vestire. Tecnologici,ma con valori familiari e civili ottocenteschi..

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“Guardandomi intorno vedo troppo style e troppo poco stile. Lo stile è qualcosa di

individuale, non dipende dall’abito né dal prezzo che si è disposti a pagarlo: è quando

quello che sei, quello che fai e quello che mostri di te sono

una cosa sola”

by Katia Ferri Melzi d’Eril

Cover Story

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realizzato nello stesso tessuto, sempre fatto su misura da Elisabetta Lombar-di, a Viareggio. Vivo spostandomi fra tre Milano, Trieste e Camaiore. Dunque oltre ad avere tre guardarobi clonati, ho anche clonato gli armadi. Tutti hanno solo due piccole ante. Non una di più. Le scarpe sono derby allacciate nere o sneakers in velluto, ormai strapassate di moda. In casa giro scalzo. Non mi piace pormi il problema né di come abbinare le cose, né di dove trovarle. E detesto fare le valigie.

S ono tornati i dandy. Ma diver-si da quelli degli Anni Ottanta e dell’inizio Millennio. Mentre Mila-no si riprende dalla settimana del-la Moda Maschile 2016, riflettiamo su uomini, stili e valori con Nicola Santini, giornalista e opinionista televisivo delle reti Rai e Mediaset sui temi che riguardano costume, società e bon ton.Tra le sue pubbli-cazioni, Business+Etiquette, Domani mi sposo, L’ora della Merenda. E andiamo a scoprire alcuni gli uo-mini più cool della Penisola.Come sono cambiati i valori e gli stili di vita al maschile nell’ultimo decennio?

Se devo rispondere per me stesso, non sono cambiati per niente. Sono fedele ai valori che avevo dieci anni fa e dieci anni prima. Se riesco, vedo di lasciarli invariati anche per i prossimi dieci anni. Il mondo, cer-to, è un altro affare. Lì, le cose circo-

lano a una tale velocità, che ormai non si registra di decennio in de-cennio, ma di governo in governo, di collezione in collezione, di tweet in tweet. Dieci mesi, per vedere un cambiamento, con la coerenza che c’è, sono più che sufficienti.

Una riflessione sulle differenze fra le diverse generazioni di uominiI cinquantenni che si fanno i selfie e passano le giornate in attesa che la spunta di whatsapp diventi blu, i ventenni che anziché ambire a un 30 e lode, ambiscono a 30k su Insta-gram. Inutile commentare quello che ci sta in mezzo. Per fare un di-scorso stimolante, bisogna puntare su interlocutori dai sessanta in su. Ma non è una garanzia.

Quali sono gli stilemi che oggi contraddistinguono un uomo raf-finato ?Non esistono stilemi universali, individuo nella capacità di vivere

con naturalezza nei propri panni, di qualsiasi panni si tratti, la cifra mas-sima dello stile.

Vale oggi la definizione di dandy?Il dandy sta al look come i fichi stanno al prosciutto. Quindi quelli che amano definirsi dandy, sono anch’essi dei fichi ai quali è suffi-ciente qualche giro di velluto e un panciotto per un’appropriazione indebita che niente ha a che vedere con Oscar Wilde o Gabriele d’An-nunzio, che rischiano di scambiare per uno stilista emergente.

Pregi e difetti del dandy nel Terzo Millennio.Pregi: se c’è se ne sta nel suo mon-do, senza contaminarsi con questi soggettini bespoke vestiti che non vivono, la massimo si taggano. Difetti: si circonda solo di vecchie nostalgiche ex belle donne. Io sono dell’idea che visto che il mondo c’è, vale la pena goderselo.

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COSA CE’ NELL’ARMADIO DI NICOLA SANTINI

“Meno di qnanto si possa pensare. Ci sono due modelli di giacca: un mo-nopetto a cinque bottoni, ripreso da Hedi Slimane per Dior Homme nel 2007 e la sua versione doppiopetto.

In nero, blu, grigio scuro. Tre copie di ognuna per ogni tipo di

tessuto, a seconda della stagione. I pantaloni sono asciutti sulla

gamba, stesso tessuto con elastico in vita, così se prendo un kg non me ne accorgo e non ne faccio un dramma.

La camicia è sempre blu scura, che alterno a un modello di t-shirt .

o sneakers in velluto, ormai strapas-sa

Cover Story

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estra

GIOVANNI D’ANTONIODoppiopetti elegantissimi e cravatte impeccabili per il giovane impren-ditore partenopeo, che vanta un curriculum invidiabile. Laureato all’Università Bocconi, D’Antonio ha lavorato come analista finanzia-rio a Madrid, e poi in Italia nel set-tore del private equity. Poi ha creato la sua impresa, scegliendo una nic-chia di eccellenza: distribuisce nel-le farmacie italiane i prodotti della linea Miamo, cosmeceutici di alta qualità: cosmetici con benefici simili a quelli dei farmaci. Due lauree, due Master, una famiglia votata alla bel-lezza. Giovanni D’Antonio con la sorella Camilla, farmacista, è mem-bro della società americana Anti Age. Con la madre Elena, farmaci-sta, il padre Camillo, noto chirurgo, ha dato il via nel 2011 a MEDSPA, che produce e distribuisce i prodot-ti cosmeceutici Miamo. La sua vita si svolge tra Napoli, Milano, Roma, Miami e New York. Scandita da uno stile inconfondibile che non tradisce le sue origini di aristocratico napo-letano e un pragmatismo di stampo anglosassone quando si tratta di af-fari, D’Antonio è un moderno dan-dy, ma soprattutto uno per il quale la bellezza è un mestiere. Quali sono gli elementi imprescin-dibili del suo stile vestimentario? Non posso che amare lo stile intra-montabile della sartoria napoletana. Ci sono dettagli, precisione, estro e storia in ogni singolo capo che mi conquistano di volta in volta. Quali sono invece suoi valori im-prescindibili, familiari o civili?

Ho la fortuna di essere nato in una famiglia molto unita. Il matrimonio dei miei genitori è per me un esem-pio e una guida: vederli insieme, felici e innamorati dopo tanti anni, mi fa capire che la scelta della per-sona al tuo fianco non può essere fatta con leggerezza. La famiglia per me è quindi quella in cui tutto è condiviso, dove tutto è oggetto di confronto, dialogo. In qualsiasi parte del mondo ci troviamo. Nel mio quotidiano, il rispetto per gli altri, la curiosità nei confronti del-le idee anche se non sono le mie, la consapevolezza che non si ha nulla se non si può condividere con chi ci sta intorno. Qual è la dote più importante oggi per un imprenditore? Non so se sia una dote o meno, ma aver chiaro che se non si ama quello che si fa e si fa quello che si ama, difficilmente si andrà da qualche parte. Il nome Miamo, che ho scel-to per il primo brand, è stato volu-to per questo. Mettere impegno in un’attività guidati solo dall’amore per il denaro, dalla sostenibilità di un affare, mette troppe persone alla periferia degli obiettivi reali. Al centro del mio lavoro c’è una forte passione.E come sta andando?I prodotti Miamo sono stati apprez-zati fin dall’esordio. Nel secondo semestre del 2012 la crescita è stata del 122,14% per assestarsi nel bien-nio 2013-2014 al 31,36%, mostrando già nel primo semestre 2015 un in-cremento. La nostra previsione è di salire oltre il 46% entro fine anno.

Giovanni d’Antonio: due lauree, due master e un’idea per diventare imprenditore: produrre cosmeceutica

“Vesto con orgoglio la sartoria napoletanache mi conquista con l’estro e la sua storia”

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A destra: lo linea dei cosmo-

ceutici Miamo, prodotta da

Medspa srl gui-data da Giovan-

ni D’Antonio. Sotto, il giovane

imprenditore napoletanor-

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le, plastica. Le ostentano Marisela Federici Rivas e la Duchessa di Somerset, sono coloratissime, leggere, con pietre e materiali di rici-clo. “Ho una serie di fan” confessa l’architetto che non ha mai fatto il professionista. Per il suo guardaroba personale ama i colori e dosa gli eccessi. “Il mio sarto napoletano esaudisce i miei desideri, prima di tutto il confort..Il mio stile è piuttosto formale. In occasioni speciali, per esempio se mi trovo in un dammuso o in campagna, in una situa-zione totalmente familiare oso un prezioso caftano. Ma pochi mi hanno visto in questi panni. Nessun mi ha mai visto in infradito o sandali in città, li considero assolutamente inaccettabili. Anche al mare a 5 metri dall’acqua, mi piacciono di più le espadrillas. E considero da bandire da ogni guardaroba maschile, nonostante il trend in crescita, i pantalo-ni corti e ancora peggio i pinocchietti. Passati i sette anni di età, sono inappropriati.” Carlo Spallino Centonze vive secondo uno stile che osa definire ottocentesco. “Credo molto nell’amicizia, nei valori fami-liari. Infatti sono un bravo zio, ho due nipotine che seguo con grande passione, di 1 e 5 anni., sono bellissime e vanitose.” Lui invece non si vanta, neanche su espressa richiesta, della eleganza nè della sua abilità in cucina. Si definisce piuttosto uno studioso di storia della cucina. Ma basta parlare di lui a Roma e si viene a sapere subito che i suoi inviti sono ambitissimi, soprattutto quando esegue il suo piatto forte, il Timballo di Maccheroni del Gattopardo. Oppure il famoso Pasticcio di pernice e di fagiano...

CARLO SPALLINO CENTONZEArtista, designer, amante del bello e dell’alta cu-cina. Siciliano di nascita, Carlo Spallino Centonze vive nella capitale con la sua compagna, la giorna-lista Maria Giovanna Maglie, dunque si è lasciato adottare da Roma. Le sue grandi installazioni e i suoi dipinti sono coloratissimi come lui. Da qual-che tempo, iniziando con un cadeau per un’amica, disegna spille. Il jet set romano adora le sue scul-ture indossabili in legno, cartone, carta di giorna-

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Cover Story

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A destra: l’eclettico artista e deisigner Carlo Spalllino Centonze. Sotto, alcuni gioielli creati

dal barone siciliano, ormai trasferitosi (per amo-re?) definitivamente a Roma.

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Cover Story

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IL PRINCIPE DANDY: la ‘divisa’ di Danilo Giovanni Maria Bucciarelli è il doppiopet-to. Di Tasmanian, lino d’irlanda coloniale, misto lana-seta. Con cravatta sette pieghe di fattura sartoriale: “Guai a sbagliarla”.

DANILO GIOVANNI MARIA BUCCIARELLI E’ più facile incontrarlo, in un po-meriggio afoso di luglio, a un con-vegno storico in Campidoglio che al bordo di una splendida piscina.Prima di parlare di sè, della sua professione forense, della stirpe di Principi e Duchi di Bressanone che provenivano da Ceccano, racconta della sua amata Castel Gandolfo e questo lo fa apparire più bello e più simpatico di quanto già non sia. Se parliamo di dandy si diverte molto. “Sono grandi comunicatori, inviano dei messaggi positivi con la loro eleganza. Qualcuno invia anche messaggi in codice per chi ama le raffinatezze. Per esempio, quanti si accorgono se una cravatta è stampata o dipinta a mano? “ Par-lando di abiti, si capisce subito che le griffe non gli interessano. A lui interessano le materie prime: quelle che si usano per produrre accessori, profumi e abiti sartoriali. Tratta con una competenza inusuale per un 22enne di Tasmanian, lini d’Irlanda e misti lana/seta. “ I tessuti naturali di alta qualità offrono un comfort e un benessere diversi, naturalmen-te sono prodotti più impegnativi.” Quelli che hanno passato il suo va-glio severo sono animati da righine colorate che appena si vedono sui suoi doppiopetti. “Non oso troppo con i colori. Mi piace farmi ricorda-re, non mi piace farmi notare” dice, ma è praticamente impossibile. Se vi capita di incontrarlo, attenzione,

prima ancora di salutarvi ha già dato un rating alla vostra cravatta. “E’ l’unico elemento che trasforma l’abbigliamento maschile, è una car-ta che va giocata bene.” Lui indossa solo cravatte sette pieghe, per esem-pio di Damiano Presta. “Perchè non si snodano, non si scuciono. E poi sono tessute o stampate qui, sono i-ta-lia-ne “scandisce. Nemico giu-rato del relativismo e del materiali-smo, è portatore di messaggi molto importante: i valori che gli hanno trasmesso i suoi nonni.“Primo, il legame con la propria storia, quella del proprio Paese e del territorio in cui si vive. Noi italiani siamo molto considerati nel mondo, per la cultura che vantiamo. Secondo, bisogna farsi garante di alcuni valori imperituri, come la fede: nella propria religione, per esempio. E bisogna sentirsi mem-bro di una comunità locale, non un elemento della massa. Bisogna esserci, non si deve vivere in eremi-taggio separati dagli altri, si perde la capacità di essere parte di una so-cietà”. Il discorso torna al punto di partenza: l’amata Castel Gandolfo. Con le sue magnifiche ville papali (Barberini, Cibo e Torlonia). Con il maestoso Palazzo Pontificio che da poco si può visitare: “Lo sapevi? Dentro c’è anche una villa romana. Qui a trenta chilometri da Roma c’è La Grande Bellezza Segreta. Bi-sogna venire a vederla”, insiste. E’ talmente bravo a descriverla, che in un attimo vi strappa una promessa.

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CESARE LANATICesare Lanati è un costruttore lombardo molto conosciuto e non solo per i suoi progetti della sua Bell Holding, impresa che si occupa di realizzare immobili nel settore industriale direzionale e commer-ciale. E’ noto per il piglio sicuro, l’abito di alta sartoria, la puntualità. Inoltre, nel settore immobiliare oggi è uno dei poch a credere davvero nel suo Paese, l’I-talia, di cui è e sarà sempre orgoglioso. Con Arena Media Star parla volentieri di stile più che di moda.“Costruire, nel-le varie sfumature del termine significa molto di più che mettere un mattone so-pra l’altro”.

Quanto conta lo stile nel suo lavo-ro?Molto. Il cliente finale vuole sempre

il meglio, l’aspettativa si alza sempre di più: curare l’immagine di un prodotto che si sta trattando nel dettaglio è sicu-ramente importante.Lo stile italiano si distingue anche per la capacità di dare una formula piacevole per l’occhio a tutto ciò che ha una funzio-ne, un’utilità.

Cosa contraddistingue i suoi pro-getti dal punto di vista stilistico?Lavoriamo su oggetti eterogenei: dal centro commerciale ai centri direzionali, risulta spesso difficile un trait d’union fatto solo di stile, sicuramente c’è un certo modo di fare di curare che ci con-traddistingue nel modo di lavorare e che mantiene la coerenza e la connotazione che l’oggetto ha.

Quando decide di avviare un proget-to che domande che si pone?Mi chiedo quale si la finalità che im-magino possa essere rappresentata da quello che vedo rispetto a quello che trovo. Inoltre una componente di istinto e cuore gioca sempre il suo ruolo nelle mie scelte.

In che percentuale l’istinto o la creatività incidono nelle sue scel-te rispetto alla razionalità?La partenza di qualunque progetto ha sicuramente una componente emozio-nale e di istinto. Nel mondo del business non si può prescindere da quella componente razionale e numerica che possa dare concretezza al progetto . Tutto è bellissimo, stupendo per chi ha fantasia e stimolo dal lavoro ma se manca la sostenibilità di un progetto

stesso, è normale che alla fine prevalga la componente razionale.

MATTEO CORVINOScenografo di grandi eventi internazio-nali fra i più celebrati al mondo (anche su Vogue e New York Times), il raffina-tissimo Matteo Corvino vive tra Venezia, New York e Far East quando non lavora a qualcuna delle sue meraviglie. Uomo di fiducia di Pinault, di casa nella Pa-rigi che conta, è capace di organizzare tre giorni di cerimonie per 600 ospiti a Firenze, facendo chiudere una piazza al traffico e posare 80 metri di tavolo per il buffet mentre un drone non perde mai di vista gli sposi. Che poi si recano a Pa-lazzo Pitti, dove li aspettano un cavallo alato, balli al Teatro la Pergola il gior-no seguente, poi la cerimonia dell’hennè a Palazzo Corsini, dove troneggia un enorme elefante di cartapesta. Infine il pranzo di nozze a Villa Le Corti con fuo-chi d’artificio finali. Per festeggiare gli sposi, Kevin Sharma di Kuala Lumpur e Aradhana Lohia, figlia del magnate in-do-thailandese Aloke Lohia, hanno spe-so 12 milioni di euro. Matteo Corvino è in grado di soddisfare il capriccio dell’ul-tim’ora, ma di solito riceve richieste pre-cise dai suoi committenti stranieri: dalle coreografie alle iniziali sulla torta alla sequenza delle portate, al volere Elton John per cantare al brindisi, al servire solo Dom Perignon reserve jeroboam (da 3 litri ) e mathusalem (6 litri).

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Quelli che lo stile raffinato lo declinano nel business, ogni giorno

Cover Story

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Il costruttore Cesare Lanati negli uffici della Bell Holding di Assago (Mi)

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Il dandy eroicoTommaso de Mottoni y Palacios dopo il Grande Fratellocorre per centinaia di chilometri l’anno: è sempre in viag-gio per corse, gare. E per il puro piacere della scoperta...

selezionare vedendo cosa indossano i cosid-detti influencer anzi-chè vedere di cosa ha bisogno realmente, ne sono piene sia le pale-stre che le montagne che sono il luogo dove più posso dire di avere esperienza. Stramazzano al suolo e non capiscono il per-chè. Corrono su scarpe che a un certo punto li lasciano a piedi ma sono felici di averle uguali al bloggerino di turno. Se invece vogliamo spogliare degli orpel-li dei fashion editor il concetto di dandy riportandolo a una visione eroica e sana-mente romantica del-lo stile di vita, questo saper conservare sè stesso anche nelle si-tuazioni in cui si fatica, si dorme in una stam-berga, si mangia in una tenda, ecco che le ma-nie si fanno pregi.Essere sè stessi oggi è talmente difficile che chi riesce ad esserlo senza render conto alla massa, nella sua sem-plicità, senza la ricerca ossessiva di una este-riorità esasperata, è a dir poco un soggetto eccentrico.

Dal Grande Fratello alle Gran-di Distanze. Che cosa ti ha cambia-to tanto in questi anni?Lo dici come se le due cose fosse-ro agli antipodi. In realtà il piace-re dell’avventura e della scoperta non è in contrasto con una vita più mondana e composta. Pensate solo al nostro mappamondo: molti dei confini e dei continenti sono stati disegnati grazie al senso della sco-perta e dell’avventura di esplora-tori che erano anche aristocratici. Non a caso la National Geografic Society ha queste radici. Per me la corsa in ambienti ostili e su lunghe distanze, anche oltre i 300 km, non è tanto un modo di vivere. Correre è un mezzo per la scoperta di luoghi nuovi e un modo per vivere quelli che già conosco. Il mio ingresso al Grande Fratello -un’esperienza che

ho voluto provare per la sua natura più originale, ossia stare chiusi in un ambiente isolati dal mondo - ha avuto la stessa leva.

Quali sono i valori che hai risco-perto e quelli che non avevi mai messo da parte?Ho sempre tenuto ben chiari i miei valori, che non sono soggetti a oscil-lazioni legate al contesto. Forse per questo sono uscito velocemente, con il massimo numero di nomi-nation tra i componenti della Casa, ma, se andiamo a vedere, con una percentuale piuttosto bassa di tele-voti dal pubblico di casa. Tra i valori riscoperti, c’e forse la curiosità dei vent’anni, il bisogno di costruire prima un percorso tra i libri e contemporaneamente e suc-cessivamente nel mondo del lavoro, quello di guardarsi intorno alla ri-

cerca del bello. Ho lasciato appena diciottenne Trieste alla volta prima di Milano, poi di New York, poi di altre città ancora. Da anni sono tornato qui. Il più bel regalo che la quotidianità possa farmi è una pas-seggiata o una corsa in Carso, una gita sulle Dolomiti, un bagno nel mio mare. Detto questo, sono con-tinuamente in viaggio, per corse, gare, e anche per il semplice piacere della scoperta. Ma non è un bisogno bulimico di mettere tacche, o tag, in giro per il mondo. A 2 km in salita da casa so già dove trovare il mio paradiso.

Quali sono le manie del “dandy sportivo” in fatto di abbigliamen-to?Su questo si potrebbe scrivere un libro. Di gente che sceglie i look da fighetto metropolitano, abituato a 16

Tommaso de Mottoni: laurea in economia, consulente aziendale, opionionista in tv, giornalista, esperto di formazione

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EMILIO PETRINI MANSI DELLA FONTANAZZAIl marchese viareggino rappresenta alla perfezione la nuova generazione di uomini che si sta rapidamente diffondendo nelle metropoli, i nuovi dandy per cui lo stile non è tutto ma di sicuro conta. Ecco una veritie-ra descrizione di Emilio Petrini Mansi della Fontanazza, raccolta presso suoi amici. Coordinatore e docente del Corso di Perfezionamento in Diritto Nobilia-re e Scienze Araldiche attivato presso l’Ateneo Pontificio Regina Aposto-lorum in Roma, Consulente Tecnico d’Ufficio in Araldica presso il Tri-bunale di Lucca. è sorridente, alto, magro, patinato, curato; con i capelli sempre a posto, l’abito sempre stirato, la pochette intonata.Si notano le mani curate, le sopracciglie perfette, la pelle morbidissima come se fosse appena uscito da una prestigiosa beauty farm toscana.. Segue la moda con moderazione, tiene più alle scarpe e alla cintura ben abbinate, alla cravatta giusta al momento giusto, ai gemelli non vistosi ma ricercati che alle griffes..In ogni luogo si distingue perchè è sempre calmo (anche quando tutti gli altri sono nervosi). Non dice parole sconvenienti e non alza mai la voce, non diffonde le sue telefonate urbi ed orbi e depenna dal suo carnet gli urlatori, quelli che parlano male degli altri e quelli che roteano le mani in modo inproprio in salotto o a tavola.Tra i suoi punti di forza, la pazienza durante lo shopping con le signore: niente brontolii èe sbuffate sonore, ma un sorriso di giubilo di fronte al pezzo vintage di grande attualità o di un fashion designer emergente. Altre frecce al suo arco: offre il dinner all’amata, accompagna sempre a casa, raccoglie qualunque cosa cada a una signora e la aiuta sempre a mettere e a togliere il visone.Ritratto degli amici a parte, ecco dalla viva voce di Emiio Petrini Mansi i suoi punti di forza, i suoi valori, che valgono anche per coloro che non sono dandy o non sono aristocratici: “I miei valori imprescindibili sono l’onore, la carità verso i bisognosi esercitata senza ‘sbandierare’, nel tota-le riserbo, come si faceva una volta”.E anche la cavalleria, intesa come difesa della cristianità, delle vedo-ve, degli orfani. E’ importante vivere degnamente, poi bisogna mettere a frutto per la comunità.” Il nome Mansi fa parte della storia della Lucchesia e dell’Italia. Ma Emilio non coglie l’occasione della nostra intervista per parlare delle storiche dimore o dei vari rami di famiglia, ma per spiegare meglio cosa intende lui per cavalleria, un concetto oggi piuttosto inusuale. “Il mio antenato Ascanio Mansi fu ministro dei Principi di Lucca e Piom-bino, Elisa Bonaparte e Felice Baciocchi. Esercitava la sua funzione pub-blica gratuitamente. Quando dopo la Restaurazione subentrarono i Borbone Parma lo confer-marono, anzi divenne Presidente del Consiglio. Alla fine di ogni esercizio annuale il mio antenato usciva dal Palazzo Du-cale a salutare il popolo, facendo il giro della piazza. Se aveva ben gover-nato lo applaudivano, altrimenti a quel tempo erano pronti gli ortaggi...

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I dandy aristocratici non sbagliano mai un titolo: hanno Albi e Annuari alla mano

Cover Story

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Qui a fianco: il marchese

Emilio Petrini Mansi della Fontanazza.

Sotto l’Annua-rio della Nobiltà

italiana, curato da Andrea Bo-rella d’Alberti

L’Annuario della Nobiltà Italiana è il più antico re-pertorio genealogico periodico italiano, fondato nel 1878, che pubblica ed aggiorna gratuitamente i dati anagrafici, ed araldici, delle Famiglie facenti parte dell’antica aristocrazia italiana e dei loro discen-denti. Questa celeberrima opera che rappresenta uno dei massimi repertori nobiliari italiani esistenti nel mondo ed è dedicato alla ricerca, all’aggiornamento ed alla conservazione gratuita delle genealogie dei discendenti ed ascendenti delle famiglie nobili ita-liane e degli stemmi della famiglie nobili e notabili italiane. la nuova edizione dell’Annuario della Nobil-tà Italiana (2011-2014). L’ultima edizione edita nel dicembre 2014, curata da Andrea Borella d’Alberti è costituita da un volume di 2506 pagine in bianco e nero con 120 tavole a colori, in cofanetto di tela con titoli in color oro, formato pagine 21 x 29,5 cm.Per meglio conservare l’opera il volume è racchiuso in un cofanetto di tela rossa con scritte in color oro..

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Cinema &Tv

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.8 7-8/2015

Tutti a Locarno Edward Norton premiato alla 68°edizione del bel Festival dei Film

Chen Kaige, Edward Yang, Aleksander Soku-rov, Atom Egoyan, Jim Jarmusch, Spike Lee, Gregg Araki, Catherine Breillat, Abbas Kiarosta-mi, Gus Van Sant, Pedro Costa, Fatih Akin, Claire Denis, Kim Ki-Duk e molti altri.Il Festival è riuscito a rimanere fedele alla sua vocazione. Con un pas-sato illustre alle spalle e uno sguardo che punta deciso al futuro, il Festi-val del film Locarno è, ora più che mai, sinoni-mo di scoperta e innova-zione. Attento a tutti gli svilup-pi del cinema contempo-raneo e sempre alla ricer-ca delle produzioni più innovative del momento, il Festival è rinomato per la sua programmazione, aperta e impegnativa al contempo, che vanta nu-merose prime mondiali e internazionali. Dai campioni di incassi degli studios alle pelli-cole totalmente indipen-denti, dai film di genere al cinema sperimentale fino ai migliori docu-mentari e cortometraggi, la selezione di Locarno segna il passo presen-tando ogni anno i più grandi autori di oggi e di domani.

Dal 5 al 15 agosto 2015 si terrà la 68° edizione del Festival del film di Locarno, un concorso che ha saputo conquistarsi un posto unico nel panora-ma delle grandi manifestazioni cinema-tografiche. Ogni anno la cittadina svizzero-italiana situata nel cuore dell’Europa, diventa per undici giorni la capitale mondiale del cinema d’autore. Migliaia di aman-ti e professionisti della settima arte si danno appuntamento qui per assistere a una programmazione di qualità, ric-ca, eclettica, sorprendente, dove talenti emergenti gareggiano fianco a fianco con nomi di prestigio. La celebre Piazza Grande ogni sera ac-coglie nel suo magico scenario una pla-tea di 8.000 spettatori. Geograficamente situato al crocevia di tre grandi culture europee (italiana, tedesca e francese), con il suo vasto pubblico multicultura-

le, il Festival del film Locarno rappre-senta un trampolino di lancio unico per nuovi film provenienti da tutte le parti del mondo. Rappresenta uno spazio d’incontro prezioso, un’occasione per scovare i talenti di domani.I media specializzati e non sono molto attenti a questo ferstival: di solito sono presenti Le Monde, Libération, La Re-pubblica, Die Welt, El Pais, The Guar-dian, The Independent, la stampa spe-cializzata come Screen International, The Hollywood Reporter, Variety, Le Film français, Les Cahiers du cinéma, Sight and Sound, e naturalmente l’inte-ra stampa svizzera.Registi, attori e produttori sono pronti a confrontarsi con gli spettatori durante gli incontri che seguono le proiezioni. Le personalità del cinema e della cultu-ra ospiti della manifestazione apprezza-no la possibilità di interagire con il pub-blico durante le tradizionali masterclass

aperte a tutti. E, lontani dalla patina di stress che solitamente copre simili eventi, i pro-fessionisti di tutto il mondo trovano qui le condizioni ideali per creare una proficua rete di contatti, tra i diversi workshop o gli informali happy hours organizzati dall’Industry Office. Fondato nel 1946, il Festival del film Locarno è uno dei più antichi del mon-do insieme a Venezia e Cannes. Locarno ha spesso riconosciuto, prima di tutti gli altri, la genialità di giovani registi provenienti da tutti gli angoli del mondo – talvolta sin dai loro primi cortometraggi – che sono successiva-mente saliti alla ribalta imponendo-si come i principali filmmakers della loro generazione, ne sono un esempio Claude Chabrol, Stanley Kubrick, Paul Verhoeven, Milos Forman, Marco Bel-locchio, Glauber Rocha, Raul Ruiz, Alain Tanner, Mike Leigh, Bela Tarr, 18

La locandina del Festival di Locarno e un’immagine della Piazza Grande, dove si tengono le proiezioni più importanti

by Giuseppe Bruni

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ALMA MATER E IL TERZO PARADISO

Opera-tandem di Avital-Pistoletto

Dall’8 luglio al 29 agosto 2015 la Cattedrale della Fabbrica del Va-pore di Milano ospita un evento artistico complesso e unico nel suo genere. Si chiama Alma Mater, ed è la nuova imponente creazione mul-timediale del musicista israeliano Yuval Avital, che vive in dialogo con un’inedita versione de “Il Terzo Paradiso” opera creata dal grande artista internazionale Michelangelo Pistoletto. Yuval Avital, artista compositore apprezzato a livello internazionale per le sue opere sonore di massa, in Alma Mater realizza un’elaborata e potente partitura e dà vita a una stupefacente foresta di 140 altopar-lanti in pietra e terracotta da cui si diffondono voci di nonne di tutto il mondo. Sono voci intrecciate a suoni della natura: favole, nenie, canti tradi-zionali, sussurri e preghiere che si

intersecano a vibrazioni sismiche, boati di vulcani, suoni di abissi, gorgoglii di gocce d’acqua. Insom-ma, per lo spettatore le sensazioni si accumulano e si intrecciano.Alma Mater è un’opera di forte impatto sensoriale, un quadro alle-gorico di 1200 metri quadri a metà tra installazione e performance, che mette in dialogo tra loro e crea uno straordinario connubio di eccellen-ze creative.Le nonne si fanno porta di accesso per un viaggio verso le origini, lun-go un infinito cordone ombelicale idealmente rappresentato da “Il Terzo Paradiso” celebre opera di Pi-stoletto - qui realizzata per la prima volta con terra contadina lombarda - che si snoda in tre anelli contigui al centro dell’installazione, sugge-rendo un legame tra passato, pre-sente e futuro. Alle suggestioni viscerali e primor-diali si accostano la delicatezza delle ballerine della Scala, in eteree

apparizioni videoproiettate e la presenza evocatrice delle merlettaie. Esse sono intese come odierne Parche che comu-nicano col tombolo che tessono, parlano attraverso la loro opera, i fili di un candido pizzo. Il tutto è armonizzato dalle installazioni site-specific di luci create da Enzo Catellani e da quelle sonore realizzate da Architettura Sonora. Alma Mater propone forti identità ben riconoscibili che pur si armonizzano in un visionario unicum artistico ispirato all’archetipo della madre nutrice, per offrire ai visitatori un intenso viaggio poetico e di scoperta.Questa evento è inoltre catalizzatore di vari appuntamenti che avranno luogo nell’arco dei due mesi: incontri, aperitivi naturali, laboratori creativi e performance. Spiccano i Dialoghi, serate in cui performer, portatori di tra-dizione e artisti internazionali sono stati scelti dall’autore per dialogare con l’opera - tra i primi annunciati quello di Gunn-laug Thorvaldsdottir e Gunnlaugur Egilsson, che daranno voce e movimento alla mitica figura femminile islandese de La Signora delle Montagne. Sarà presente anche una perfor-mance con 50 nonne filippine residenti in Italia e tre cantasto-rie indigene dell’isola di Mindanao – nonna, madre e figlia - diretta dallo stesso Avital. Il programma dell’installazione Alma Mater che resterà in scena per tutta l’estate alla Fabbrica del Vapore di Milano verrà aggiornato periodicamente, si può visualizzarlo ogni giorno sul sito www.magaglobalarts.com

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Classica/Opera

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.2 1/2015

by Timur De Angeli

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In alto, NPIH, il nuovo album di Mika, al centro il superereoe Andrea Nardicchi, qui sopra la copertina di Cuore aperto. dei The Sun.

IL PARADISO DI MIKA ANDREA IL SUPEREROE

Pop & Rock

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.8 7-8/2015

Mika, nessun posto in ParadisoNon ci sono dubbi: Mika è cresciuto. E il suo nuovo album “No place in Heaven” ne è la dimostrazione. Pubblicato su etichetta Virgin/Emi/Universal Music in ben otto versioni differenti, NPIH è un album che vibra di energia pura, la stessa che da sempre caratterizza il caleidoscopico universo del cantautore libane-se. Quindici tracce composite per genere, mood ed emotività, in cui a farla da padrone sugli arrangiamenti è il pianoforte suonato tutto, rigorosamente in modo marcato ed incisivo. Tra ballate suggestive come Last Party – omaggio a Freddie Mercury – o Hurts e brani dal sapore più estivo ed incalzante come il singolo apripista Talk About You o Rio, dagli artificiosi giri di chitarra, è un disco in cui l’eterogeneità sonora si sposa ancora una volta con la sofisticata grafica di copertina in cui Mika viene ritratto sempre in dicromia su sfondi policromatici ed esplosivi che rievocano paesaggi beverlyhillsiani. In “Ordinary Man” le sono-rità si fanno introspettive rammentando alcune tra le produzioni più suggestive di Elton John, mentre “All She Wants” e “Good Guys” segnano un tuffo trasversale nel passato, fatto di grandi successi elettro-dance come “Grace Kelly” e “Relax (Take it Easy)”. Un album che si è fatto attendere – a sei anni dall’ultimo disco di inediti e a tre dall’ultimo greatest hits – che segna una nuova, interessante tappa dell’inarrestabile Mika, noto anche per la carica di giudice del talent Sky “X-Factor”.

Andrea Nardinocchi, Supereroe della musicaA due anni dalla fortunata partecipazione al Festival di Sanremo con “Storia impossibile” , Andrea Nar-dinocchi torna con un nuovo album, Supereroe, che di super sembra avere proprio tutto: la voce, super-prodotta, il sound, super-potente, i testi, super-attuali. Supereroe è un album nel quale le atmosfere ri-sultano ancora fortemente pervase di elettronica, la stessa che il nostro riesce a destreggiare con grande dimestichezza. Le sonorità spaziano dal groove, al funky, approdando alla tecno music. Gli arrangiamenti si fanno via via più trascinanti, dinamici, accompagnando l’ascoltatore in un altrove futuristico, dominato da modernismi e sperimentazioni che rappresentano un salto in avanti rispetto al precedente lavoro dove il mood risultava più introspettivo e pacato. I suoni si rivelano tesi, in continuo divenire, fungendo da tappeti sonori a testi che alle volte paiono più originali, altre volte si piegano a dimensioni intimiste, riflessive. L’intero concept – dalla grafica di copertina al mastering – ha un sapore fortemente internazionale.

The Sun, cantare per DioLa storia di questa band, agli occhi dei tanti, può apparire un paradosso. Nati come gruppo punk, a seguito di una crisi mistica che li ha spinti a convertirsi al cristianesimo, i The Sun sono diventati una christian rock band. E proprio per la serie “chi canta prega due volte”, hanno iniziato a cantare per Dio. Anticipato dal singolo Le case di Mosul – con videoclip di forte impatto visivo – in cui raccontano la tragica vicenda del professor Mahmud Al’Asali, docente all’Università di Mosul ucciso dagli estremisti dell’Is di fronte agli studenti per aver difeso i diritti cristiani, tornano con un album nuovo, Cuore Aperto, luminoso nelle sonorità, sgorgante di vita. La voce del leader, Francesco, ricorda vagamente quella di un giovane Gian-luca Grignani. Le canzoni sono incentrate tutte su temi sociali – l’emancipazione, la difesa dei diritti, il superamento dei pregiudizi razziali – e si accompagnano ad un suono rock sì, ma allo stesso tempo dolce, pacato e travolgente. Impazzano le chitarre, il ritmo è scandito da loop di batteria, gli arrangiamenti suo-nano puliti, lucidi, scevri da qualsiasi contaminazione di elettronica.

by Francesco Curci

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i TOP NIGHTLIFE Gossip, protagonisti, star, party

eventi esclusivi in Italia e nel mondo, selezionati dai nostri inviati speciali

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TopNightlife

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.8 7-8/2015

Da sinistra: i 125 anni dell’Automobil Club Monaco, Pamela Anderson al ballo del Giglio, lo show al Premio Alberto Sordi, Marco Mengoni premiato in Senato con il presidente Antonio Grasso, foto

ricordo con i trofei al Premio Alberto Sordi, Due immagini di Grace Jones al live concert di Hyde Park a Londrra il 16 giugno

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Monaco ha festeggiato i 125 anni dell’Automobil Club

Qui sopra: la troupe di Top Nightlife il nostro cultural reality show (prodotto da Arena Media Star) in onda su La9 e Sky con i protagonisti della terza puntata andata, in onda il 27 aprile scorso

125 ANNI DI ACI A MONACOL’Automobil Club di Monaco ha or-ganizzato la festa dei suoi 125 anni con una splendida serata di gala alla quale ha partecipato tutto il gotha cittadino. Cena di gala sotto le stelle e bellissimi spettacoli.

PAMELA ANDERSON E PHIL PAL-MER AL BALLO DEL GIGLIO A SANTA MARGHERITALa star di Baywatch è stata la madri-na della ottava edizione del Ballo dei Gigli a Santa Margherita Ligure il 20 giugno scorso nei saloni di Villa Durazzo, organizzato dalla Associa-zione Lilium Onlus. Accanto a lei il musicisa Phil Palmer. Imponente la cena di gala organizzata per la rac-colta fondi. Lilium Onlus, il cui sco-po principale è il restauro di opere d’arte e la diffusione della cultura, devolverà il ricavato dell’evento al completamento del restauro di una importante consolle con specchie-ra policroma settecentesca. Questa bella opera è collocata nei saloni di rappresentanza di Villa Durazzo di Santa Margherita Ligure, il restauro è già iniziato con i fondi realizzati nell’edizione 2014.

GRACE JONES BODY PAINTINGLa popstar Grace Jones a sessant’an-ni suonati ha cantato in topless e body painting il 16 giugno scorso al maxi concerto di Hyde Park a Lon-dra, con stupefacenti costumi ispirati alle tradizioni tribali. Delirio di ap-plausi per i suoi ingressi trionfali, i grandi successi Anni ‘80 e per i suoi look creati personalmente da lei. Ec-cola mentre canta la hit “My jamai-can guy”. In questi giorni è uscito anche il suo ultimo lavoro: si chiama semplice-mente Disco, ed è un lussuoso cofa-netto a tiratura limitata che celebra i primi tre strepitosi album in studio di Grace Jones: Portfolio (album del debutto, 1977), Fame (1978) e Muse (1979). Edito in splendida veste gra-fica (curata da Darren Evans) dalla Universal (Island Records), prodotto da Bill Levenson e rimasterizzato da Kevin Reevies, il box Disco contiene numerose bonus tracks (tra mix, ver-sioni strumentali e versioni inedite); a corredo dei tre cd digipack – fedel-mente riproposti con le splendide e coloratissime copertine originali disegnate da Richard Berstein – un ricco libretto fotografico con un rac-conto biografico firmato Daryl Ea-slea. Il lungo silenzio è stato rotto nuovamente dopo Hurricane, sorta di ponte tra i primi album e la fase matura contemporanea. Hurricane, l’ultimo di inediti, è stato salutato dalla critica come un autentico ca-polavoro, complice la partecipazio-ne tra gli altri di Brian Eno e di Ivor Guest ( bellissimo il brano Corporate cannibal). Oggi, a sessantasette anni suonati, la pantera continua a graffiare, come dimostra la recente performance tri-bale nel celebre parco di Londra. In attesa del nuovo album di inediti go-diamoci questo bellissimo box.

PREMIO ALBERTO SORDILunedì 15 giugno 2015, presso la Sala Sinopoli dell’Auditorium Par-co della Musica di Roma, la Fonda-zione Alberto Sordi ha reso omaggio alla figura del grande attore nella ricorrenza del suo compleanno con lo speciale evento “Premio Alberto Sordi”. L’evento ha anche lo scopo di far conoscere e sostenere le ini-ziative per gli anziani fragili, mis-sion che la Fondazione porta avanti secondo il desiderio di Alberto Sor-di. Durante la serata, presentata da Fabrizio Frizzi, si sono alternati nu-merosi esponenti del mondo dello Spettacolo, dell’Arte e della Cultura per portare una propria testimo-nianza in ricordo del grande attore.I proventi della serata serviranno a sostenere il Progetto di Ricerca Sa-nitaria per la diagnosi e la cura del Morbo di Alzheimer e il Progetto di stimolazione cerebrale per il re-cupero motorio Post-Ictus condotti dall’Università Campus Bio-Medi-co di Roma di cui la Fondazione è Ente sostenitore.Ha aperto la serata l’intervento del Prof. Vincenzo Di Lazzaro, Primario del Dipartimento di Neurologia, ad illustrare i pro-gressi dei progetti sostenuti.Il “Premio Alberto Sordi”, assegna-to ogni anno ad Eccellenze del pa-norama italiano che si sono distinte non solo sotto il profilo professiona-le, ma soprattutto sul piano dell’im-pegno sociale, è stato conferito in questa occasione a Enrico Brignano, Riccardo Cocciante, Rosario Fiorel-lo, Carlo Conti e Gabriella Pession. Il “Premio Alberto Sordi per la So-lidarietà” è stato conferito a Lucia Vedani. Tutti i premiati sono inter-venuti sul palco a ritirare personal-mente il riconoscimento. Il Maestro Scultore Egidio Ambrosetti ha rea-lizzato la preziosa scultura in foglia d’oro rappresentativa del Premio. Daniele Conti

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by Antonia Gospodinova

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SARMATO Il primo baluardo difensivo di Piacenza

contro il Ducato di Milano è un luogo magico, di delizie. Un castello da sogno,

abitato ancor oggi dai Conti Zanardi Landi di Veano.

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Fotografare il Castello di Sar-mato è un sogno che coltivavo da tempo è si è avverato in una mat-tina piena di sole, che ha brillato sulla bandiera svettante sulla torre di questo luogo magico, il primo baluardo difensivo guelfo della cit-tà di Piacenza contro le scorrerie dei ghibellini pavesi lungo il corso del Po. La cittadina di Sarmato si stringe in-torno all’antica costruzione - appar-tenente ai Conti Carlo e Maria Ines Zanardi Landi di Veano che vi risie-dono con la loro figlia Valentina - si-tuata sul fondo di un lunghissimo argine naturale che delimita la zona di straripamento del Po. Il Castello è la residenza di famiglia, è arreda-to con i mobili di tutti gli avi che si sono succeduti qui, che non hanno esitato ad ospitare gli sfollati du-rante la Seconda guerra mondiale. E’talmente casa che in ogni stanza si trovano gli arredi di epoche diver-se: i salotti ottocenteschi si alterna-no ai comodi imbottiti a fiori degli Anni Ottanta, ai paralumi anni Cin-

quanta, agli stucchi Napoleone ter-zo, ai mobili rinascimentali. Feste e inviti animano i grandi saloni del Castello Mentre eventi, mercatini e mostre rallegrano la città nel week end, quando il Castello si apre per le visite guidate mostrando i suoi tesori e gli oggetti più semplici, le collezioni di porcellane di Limoges e quelle di elefantini di tutti i Paesi, seguendo lo stile di vita tranquillo e riservato dei suoi proprietari. E’ forse da ricondurre ai Longo-bardi la fondazione di Sarmato, da ‘situs armatus’ nel V° secolo. Il castello esisteva già nel 1216 con il suo nucleo originario: sotto le sue mura, nel giorno di Pentecoste qui si riunirono le milizie di Milano e di Piacenza prima di intraprendere una vittoriosa campagna contro le roccaforti tenute dai nemici Pave-si sulle alture di Rovescala e che il castello stesso subì gravi danni nel 1270 ad opera del condottiero ghi-bellino Ubertino Landi. Alla fine del XIII° secolo i signori che abitavano la villa e il castello di Sarmato erano i Pallastrelli, feu-datari e grandi proprietari di terre fertili e ambite del contado che si estendevano da Fontana Predosa fino a Borgonovo.

Seguirono poi i Del Torrio, forte-mente indebitati dopo l’abbandono del capofamiglia Gherardo o Got-tardo, morto in santità dopo l’in-contro con San Rocco. Il santo di Montipellier, pellegrino che curava malati e bisognosi si fer-mò nei boschi di Sarmato perchè colpito egli stesso dalla peste. Un cane della muta di Gottardo Palla-strelli fu scoperto a rubare il pane in cucina per portarlo nel bosco al Santo affamato. Il signore di Sar-mato, illuminato dalla luce divina, si prodigò per curarlo fino al mo-mento della guarigione e poi de-cise di lasciare tutto e dedicarsi al pellegrinaggio, dopo aver commis-sionato un affresco di San Rocco, visibile ancor oggi nella chiesa di S. Anna a Piacenza. Gottardo andò in romitaggio sulle Alpi e il monte dove morì prese il nome di San Got-tardo. Il culto di San Rocco è vivo ancor oggi a Sarmato, che nel 1363 vide la Rocca e Castello fortilizio di Sarmato passare in mano ai ric-chi mercanti Saccamelica, schierati con i Ghibellini e i signori di Mila-no, Barnabò, Matteo II e Galeazzo II. Assediato per 8 mesi dai guelfi, fu recluso nelle prigioni del castello dalle quali fuggì un giorno d’inver-no scalzo e in camicia, potendo ri-fugiarsi nella casa di Piacenza dalla quale invocò l’intervento del futuro Duca di Milano Gian Galeazo Vi-sconti che potè tornare in possesso di Sarmato e lasciare torre, rocca e castello all’unica figlia rimasta Margherita e al figlio primogenito di lei Alberto Scotti, avuto da Gia-como Scotti morto giovane. Il nuo-vo castellano Alberto Scotti aveva nelle vene anche sangue scozzese, discendeva da Shoto de Douglas signore di Chysdal, inviato dal re Acajo in soccorso dell’imperatore Carlo Magno con 4000 cavalieri per combattere il re dei Longobardi De-siderio. Egli divenne governatore 25

testi e foto di Grazia Mantelli

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Sarmato possiede uno dei castelli più importanti della provincia di Piacenza

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della Lombardia, a cui allora apparteneva Piacenza, dove si stabilì sposando l’unica figlia di Antonio da Spettine. Il casato Scotti Douglas fu sempre fra i capi del partito guel-fo e forse diede i natali al santo piacentino Fulco, divenuto vescovo di Piacenza e poi di Pavia. Il conte Alberto II Scotti Douglas fu un grande capitano ma anche uomo di cultu-ra, letterato umanista, mecenate delle artei. Commissionè l’affresco rappresentante i filosofi nella sala della Podesteria del Castello e fu consigliere del Duca di Milano e dell’Impe-ratore Sigismondo che nel 1414 lo creò conte di Castell’Ar-quato, Fiorenzuola e Vigoleno con il fratello Pietro. I primi due feudi furono sostituiti con Sarmato nel 1441, e altri beni sul territorio attraversato da un rio irriguo che prese il nome di Rio Scotti. La rivalità con gli Arcelli Fortana che si sostituirono temporanemente ai Visconti nel dominio di Paiacenza portarono in carcere il capostipite di Sarma-to, che fu portato in catene sotto le mura del suo castello per ottenerne la resa. I beni degli Scotti furono confiscati e conferiti agli Arcelli da Filippo Maria Visconti purchè gli restassero fedeli nel 1412. Ma l’alleanza durò poco, il Duca di Milano dichiarerà guer-ra ai signori della Val Tidone nel 1417 inviando il condot-tiero Francesco Carmagnola contro Sarmato, che fu più volte espugnato e perso finchè lo Scotti alleatosi col Duca di Milano potè tornarvi nel 1439. Ma la serenità durò solo fino al 1447 quando Francesco Sforza decise la conquista di Piacenza e dei territori circostanti che si erano nel frattempo alleati con Venezia. Il conte Alberto II dovette abbandonarlo ancora per due anni, poi potè goderlo fino al 1462. Il castello fu assegna-to, dopo molte sentenze, ai discendenti di uno dei nipoti di Alberto II, Cristoforo, che prestarono anch’essi i loro servizi alla Repubblica di Venezia, partecipando alla difesa della fortezza dell’ isola di Candia e alla Battaglia di Lepanto sul-la galea genovese Diana. Tra la fine del 500 e l’inizio dell’Ottocento gli Scotti Douglas poterono conservare Sarmato destreggiandosi in un difficile gioco di alleanze: a fianco dei veneziani, dei Farnese Duchi di Parma e Piacenza sia in Italia che in Fiandra; per i duchi di Savoia, contro gli austriaci nella guerra del Friuli a dife-sa del contado di Monfalcone. La famiglia Zanardi Landi

Uno dei grandi salotti al piano terra. Qui sopra, antico stemma in pietra dei Conti Douglas Scotti di Sarmato. 26

Un castello autentico, residenza abituale dei proprietari

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conserva le bandiere di combattimento e le drappelle con i simboli e gli stemmi di famiglia, appartenti alla gloriosa “Compagnia di corazze” dei conti Scotti. Divisa in vari rami a seguito di matrimoni con varie fami-glie piacentine, gli Scotti ospitarono nei palazzi cittadini il Papa Pio VII e il re d’Etruria e infante di Spagna don Lo-dovico di Borbone e vari generali napoleonici e austriaci. Nella prima metà del XIX° non vi furono più eredi maschi, parte del castello di Sarmato fu lasciato a una delle tre figlie del Conte Antonio Paolo, Luigia Scotti Douglas Gentili Pu-sterla, che nel 1803 aveva sposato il conte Vincenzo Zanardi Landi di Veano. Maria Giulia sposò il conte Carlo Adriano Torelli di Modena, ereditando i beni nella città di Piacenza. lo di Sarmato, la terza figlia morì in un incendio. Gli Zanardi Landi, già signori di Ottavello, Veano e consi-gnori di Calendasco, traggono origine dalla antichissima famiglia Landi (prima De Andito) dalla quale discesero vari rami, che aveva grandi tradizioni militari e molti imparen-tamenti con la famiglia Scotti. L’Ottocento li vide impegna-ti nelle guerre che portarono all’unificazione dell’Italia. Il conte Vincenzo fu colonnello dei Dragoni della Val di Taro e della Guardia Urbana della città di Piacenza e capitano del-la Guardia d’onore della Duchessa Maria Luigia d’Austria che lo insignì del cavalierato e della commenda dell’Ordi-

Dipinto di Felice Campi sul soffitto nel salone da ballo. Camera impero con baldacchino orientale

Non poteva mancare il fantasma: una nobildonna vaga per i saloni

IL FANTASMA DI SARMATOCome ogni castello che si rispetti, anche il Castello di Sar-mato è infestato da un fantasma. Dopo i primi avvistamen-ti, le ricerche: si tratterebbe di Anna Giulia Scotti Douglas, andata in sposa al conte Egidio Cattaneo, come ricorda la lapide nella chiesa del castello dedicata a S. Carlo, ebbe in sorte una tragica fine. Il 20 novembre 1858, la contessa si avvicino troppo a un grande camino al piano terra e il suo abito prese fuoco. Morì avvolta dalle fiamme e tra orribili tormenti, nessuno era con lei in quel momento: i soccorsi arrivarono troppo tardi. Si dice che il suo bianco fantasma appaia nelle notti autunnali mentre si aggira nella teoria di salotti al piano tera del Ca-stello di Sarmato, e che si oda il suo triste lamento. Nel cor-so della visita guidata, non dimenticate di farvi indicare il salotto dove è stato avvistato il fantasma della povera Anna Giulia, che ogni tanto ritorna nelle sue stanze preferite.

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Un’altra sontuosa camera con legno intagliato e dorato e preziosi arredi d’epoca. Il suocero del Conte Pietro Zanardi Landi fu il Conte Luigi Barbia-no di Belgioioso, Podestà di Milano e senatore del Regno. Il suo ritratto, attribuito a Francesco Hayez, troneggia nel salotto privato al piano terra. Il Castello di Sarmato, fondato forse da un nucleo di barbari Sarmati, ha avuto, fra i tanti illustri ospiti, anche la principessa Anna d’Inghilterra.

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ne Costantiniano di San Giorgio di Parma. Il Conte Francesco fu colon-nello della Guardia Nazionale e nel 1863 divenne sindaco di Piacenza. Tra i personaggi celebri che fre-quentarono Sarmato nell’Ottocento, va ricordato Napoleone Bonaparte che riposò nel casellino della Betto-la, il re Costantino I di Graica, che soggiornò qui col suo seguito quan-do giunse in visita alla Principessa Paola Ostheim di Sassonia Weimar. Per tutti questi secoli il Castello di Sarmato ha resistito egregiamen-te ad assalti, spoliazioni, divisioni, guerre e dissidi familiari conservan-do la sua magnifica struttura e i suoi luoghi segreti. Nei sotterranei c’erano le prigioni e il terribile Pozzo del Taglio, una vo-ragine con a metà un gioco di lame disposte perpendicolarmente, che non lasciavano scampo al malcapi-tato di cui volessero disfarsi i si-gnori di Sarmato. Sul fondo, la fine arrivava inesorabile grazie a una miriade di punte acuminate rivolte verso l’alto. Ogni membro delle nobili famiglie che si sono avvicendate qui sapeva inoltre che il “passaggio segreto” poteva trarre in salvo in caso di pe-ricolo, grazie a una lunga galleria

sotterranea che congiungeva una piccola torre sul lato nordo con la cascina “Mulini Vecchi” oggi scom-parsa. Entrando al castello di Sarmato si è impressionati dall’integrità delle mura ghibelline, dal ponte levatoio e l’arco con lo stemma degli Zanar-di Landi che aggiunsero al centro delle armi antiche il giglio e l’uni-corno, simboli dei Farnese, concessi loro dal duca Ottavio. La secentesca chiesa dedicata a San Carlo accoglie ancor oggi molte feste religiose del paese è circondata da grandissimi cespugli di ortensie rosa. Appena superato il cancelllo si resta colpiti dall’imponenza della costru-zione al centro della quale svetta il mastio, in perfette condizioni, con l’altissima torre sormontata dalla bandiera con i colori degli Zanardi Landi. All’ingresso del giardino interno, l’antico stemma della famiglia dei conti Douglas Scotti di Sarmato. Il cimiero è sormontato da un pellica-no che si apre il petto per sfamare i piccoli col suo sangue come segno di generosità. Il giardino interno fino alla metà dell’Ottocento era rigorosamente all’italiana. Oggi è formato da am-

pie aiole a prato con alberi di alto fusto ed è rialzato entro le mura. All’antica serra fa da contraltare la bella piscina. Il percorso di visita comincia pro-prio da qui, dal giardino dell’ala ovest, tra profumi di magnolie se-colari, con un tour dell’esterno, am-mirando le strutture mediovali più antiche e l’antico torricino, innalza-to in tempi recenti e da dove si am-mira la rocchetta quattrocentesca, eretta a nord delle mura, con una vista completa sulla vallata e sul fiume, sui campi e i boschi dove il conte Pietro Zanardi Landi andava a caccia con il suocero, il conte Luigi Barbiano di Belgioioso: grande ap-passionato di caccia, tanto da farsi ritrarre proprio con fucile e carniere con le prede dal grande pittore otto-centesco Francesco Hayez. Il mastio ospita al piano terra un grande salone delle feste con arre-di lignei decorati da sfingi, prezio-se porcellane e dipinti secenteschi della scuola di Stefano Magnasco, Giovanni Evangelista Draghi e Venceslao Carboni e una piccola cappella privata delle dame Scotti. Al piano di sopra il salone del bal-lo ospita fedeli riproduzioni delle bandiere della Battaglia di Lepanto, con lo stemma Scotti e il Leone della Serenissima. E’ esposta anche la bandiera che gli Scotti innalzarono sull’isola di Can-dia quando la difesero con la loro “Compagnia di Corazze”. Il salone del ballo è impreziosito da un di-pinto ad olio di Felice Campi tratto da Nicolas Poussin, eseguito dopo i restauri del mastio nel 1713, dan-neggiato da un incendio provocato dalle truppe dell’esercito imperia-le che solevano svernare nei ducati farnesiani.L’ingresso principale all’ala ovest ospita l’albero genealogico degli Zanardi Landi e un grande quadro di Orazio Camia, dipinto nel secon- 29

Nel 1704 il Doge Luigi Mocenigo nominò condottiero il conte Paolo Scotti

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e a Cipro. Fu governatore di Bergamo e al comando della sua Compagnia d’arme difese Zara da 12.000 turchi e libe-rò dalle loro mani il Conte Brandolini.Ancora, in una pergamena datata 5 gennaio 1714 si legge che Luigi Mocenigo, Doge di Venezia, dopo aver ricordato le lodi delal famiglia Scotti e di molti altri membri di que-sta, nomina il conte Paolo Antonio “Condottiero di genti d’armi” in sostituzione del padre Ferdinando ormai dece-duto. Al fianco della Serenissima combattè anche un altro ramo degli Scotti Douglas, i conti di Fombio. Passando nelle stanze occupate da antichi armadi con-tenenti preziosi documenti medioevali e rinascimentali piacentini ma anche veneziani (come l’antica mappa della città di Candia) ci si dirige verso il torrione più alto del mastio, nei pressi del quale esiste una sala quattrocentesca di grande pregio: la Sala della Podesteria. Al centro della volta a vela, si ammirano lo stemma Scot-ti e gli affreschi di ieratiche figure, i filosofi e oratori del mondo classico, sovrastati dal sole della sapienza. Questo pregevole affresco è stato commissionato quasi certamente dal dottere umanista Alberto II Scotti Douglas alla metà del Quattrocento. E’ attribuito a Bonifacio Bembò che cer-tamente passò per questi territori, recandosi ad affrescare la cappella Cavalcabò di Cremona.. Tra le raffigurazioni più suggestive sulla volta, Demostene e il divino Platone.Passando ai documenti ottocenteschi, si possono ammira-re il certificato del 1860 con il quale il Re d’Italia conferisce la medaglia d’argento al valor militare al conte Pietro Za-

do decennio del Seicento: la Madonna col Bambino e San Carlo Borromeo. Sullo sfondo si scorge l’antico abitato di Sarmato, con le torri svettanti. Ammirando la fuga di salotti, decorati da stucchi ottocenteschi, si scorgono il famoso camino, che fu fatale a alla contessa Anna Giulia Scotti detta ‘Lia’ e un bel pianoforte a coda con in bella mostra le foto dei tanti illu-stri visitatori di Sarmato, fra cui la principessa Margareth d’Inghilterra e Silvio Berlusconi. quando era premier. Sull’altro lato, la sala del biliardo e lo scalone che condu-ce al piano superiore, dove si trova il prezioso archivio di famiglia con documenti risalenti al primo decennio del Duecento, del Rinascimento, ma anche Settecenteschi e Risorgimentali. Si ammira la bella pergamenta del 22 otttobre 1585 nella quale si legge che Pasquale Cicogna, Doge di Venezia, si duole unitamente al Consiglio della Serenissima, dell’uc-cisione del conte Paolo Emilio Scotti avvenuta nel 1514 per opera dei milanesi. E nomina il figlio conte Paolo, a capo della compagnia d’arme che fu comandata da suo padre. Il conte Carlo Scotti, deceduto nel 1582, era comandante di 500 fanti nelle guerre di Lombardia, Parma e Siena. Nel 1571 fu colonnello in soccorso di Malta e, dopo la batta-glia navale di Lepanto sulla “Diana”, che innalzò le inse-gne del duca di Parma e Piacenza Alessandro Farnese, fu ambasciatore per il Duca Ottavio presso la Corte del Re di Francia Enrico II. Fra gli altri Scotti illustri si ricorda anche il conte Paolo Emilio che combattè in Italia, Grecia, Francia, Germania

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La bellissima volta dello studiolo quattrocentesco, detto “La sala della Podesteria”, affrescata con figure di filosofi e oratori del mondo classico, sovrastati dal sole della sa-pienza. Attribuito a Bonifacio Bembo, è stato voluto dal Conte Alberto Scotti Douglas II nel XV sec.

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IL COMUNE DI SARMATO

La municipalità di Sarmato è citata per la prima volta ne-gli atti d’archivio del 1639, anno in cui il Console e i savi del Comune deliberarono il posto di Console a Pieranto-nio Giandini per 148 scudi, poi nel 1750 e nel 1765 quando i feudatari pretendevano che il Comune dovesse parteci-pare per la metà delle spese per il ponte del Castello. Da tempo esiste dunque una amministrazione che si oc-cupa della gestione dei problemi della popolazione in rapporto con gli interessi e i diritti dell’autorità feudale prima e della proprietà del monumento oggi. Nel 1805 con l’introduzione nei Ducati di Parma e Piacen-za del Codice Napoleonico e la contemporanea cessazio-ne del Comune antico, nacqua l’attuale amministrazione comunale, con una estensione territoriale che coincideva con l’antico fenduo, allargato ai territori di Veratto, col su porto sul Po che collegava anche la sponda lombarda. Pontetidone e Agazzino e comprendeva una popolazione totale di 1700 abitanti, che poi superarono i 2000 abitanti a partire dal 1876. Il 31 marzo 1848 Sarmato con una delibera del Consiglio degli Anziani aderì al Governo provvisorio di Piacenza dopo la liberazione dagli austriaci e un plebiscito. In una mappa del 1849, quando era già in atto la Restaurazione austriaca, Sarmato e la vicina Rottofreno risultano invece ancora col Piemonte, a differenza della vicina Castelsan-giovanni.

nardi Landi per essersi distinto ad una carica di cavalleria nella battaglia di S. Martino. Oppure la nomina a sottotenente del conte Pietro Zanardi Landi nella Compagnia delle guardie d’onore della Du-chessa Maria Luigia d’Austria. Egli fu decorato con la me-daglia d’argento alla battaglia di San Martino, guidando il settimo reggimento di cavalleria “Milano”. Qualcosa arriva anche da Hollywood: l’attuale proprieta-rio conte Carlo Zanardi Landi di Veano ci mostra il rtiratto della scrittrice Carloine Kaiser, moglie in seconde nozze del nobile Carlo Zanardi Landi di Guardamiglio. Ella scrisse un libro in cui sostenne di essere la figlia illegitti-ma dell’imperatrice Sissi e di Ludwig di Baviera, un fatto ricordato anche nel libro ‘Mayerling’. Scrisse questa incre-dibile storia in un romanzo pubblicato nel 1913.Il libro suscitò un enorme scandalo e fu sequestrato in Eu-ropa, ma negli Stati Uniti uscì e poi se parlò ancora quando la loro figlia, Elizabeth Marie Christine Kuhnelt divenne una celebratissima attrice degli anni Quaranta col nome di Elissa Landi, bellissima e apprezzata tanto che ancor oggi la sua stella brilla sul marciapiede della Walk of Fame a Los Angeles. Al primo piano del Castello di Sarmato, tra passaggi se-greti, finestre nascoste, scale a chiocciola celate dietro finte pareti, siamo accolti in un bel salotto settecentesco, un sa-lotto con dipinti di Gio Enrico Vaymer e nella famosa ca-mera azzurra, con pareti dipinte in stile impero e un letto a baldacchino di foggia ottomana. ha collaborato Giuseppe Bruni

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Nel 1216, sotto le mura di Sarmato,

si riunirono le milizie di Milano e Piacenza prima

della vittoriosa campagna militare contro le roccaforti

tenute dai nemici pavesi sulle alture

di Rovescala. Il Castello subì gravi danni nel 1270 ad

opera del conte Ubertino Landi, signore di Bardi

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testi e foto di Giorgia Pertosa

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RE DEL POP FOODDavide Oldani, uno degli chef più

poliedrici del mondo, ambasciatore di Expo 2015,

tutto da scoprire all’Esposizione Universale

L’esposizione universale 2015 ha scelto Davide Oldani per la nomina di amba-sciatore della cucina italiana. Innovatore culinario, imprenditore, designer, maitre à penser, ma anche padre di famiglia e uomo: così ce lo racconta il canale televisi-vio “laeffe” che esplora i mille volti di Davide Oldani per scoprire l’essenza della sua cucina - e della sua vita.Essere uno chef stellato, un designer, un imprenditore di fama internazionale, uno sportivo, un marito, un padre, come fa Oldani ad essere tutte queste cose insieme? Nel reality le telecamere di laeffe seguono 24 ore della vita di Davide Oldani per l’Evento speciale “Davide Oldani: Pop Food per tutti”, andato in onda il 10 giugno scorso alle ore 21.00 sulla tv di Feltrinelli. Si tratta del primo dei 4 appuntamenti prodotti da laeffe per la prima serie italiana firmata RED – Read Eat Dream, un viaggio in 4 tappe alla scoperta delle molteplici espressioni della cultura gastro-nomica italiana, in compagnia di altrettanti chef e delle loro diverse – uniche – in-terpretazioni del gusto e della convivialità. A cominciare dal “cuoco pop” Davide Oldani. Tutto è iniziato nel 2003 con l’apertura di un ristorante in provincia di Mila-no, poi sono arrivati i libri, i progetti di design, le lezioni universitarie ad Harvard e alla HEC, la stella Michelin, infine la prestigiosa nomina ad Ambasciatore di EXPO 2015. Sono queste alcune delle tappe della vita di Davide Oldani, una vita fatta di incontri, eventi, viaggi, ma anche tanto lavoro per l’uomo che, sulla sua idea di POP – “il buono alla portata di tutti” - ha costruito non solo la carriera di chef, ma tutte le mille facce della sua esistenza.La produzione televisiva ha scelto una narrazione a doppia velocità, ritmata e frenetica nell’osservazione dell’imprenditore che ha creato format come FOO’D e Cucina POP, del designer che ha dato vita al bicchiere H2D’O e alla celebre posata Passepartout e dello chef del ristorante stellato D’O; un racconto che si fa pittorico e intimista quando coglie invece il suo pensiero, le sue riflessioni, concesse di volta in volta in momenti e luoghi diversi della sua giornata. Infine, una full immersion nella cucina popolare di uno dei suoi massimi sostenitori. Oldani spiega che “La mia Cucina POP è nata dal desiderio di amalgamare l’es-senziale con il ben fatto, il buono con l’accessibile, l’innovazione con la tradizio-ne. Sono convinto che la grande cucina italiana sia grande, oltre che per varietà

Food & Co

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.8 7-8/2015

Lo chef Davide Oldani, ambasciatore della

cucina italiana per EXPO 2015

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e gusto, anche per la possibilità che offre di essere costantemente reinter-pretata”. A completare la sua idea di Cucina POP, la passione e la ricerca continue, l’irrinunciabile lavoro di squadra e l’accoglienza dell’ospite, basata sulla convinzione che il bello debba essere anche funzionale, come tutti gli oggetti che Oldani ha creato per i suoi ospiti e che lo hanno reso famoso anche all’estero, come uno degli chef più poliedrici e creativi al mondo.La sua filosofia di chef è stata raccon-tata anche nel suo ultimo libro POP FOOD edito da Feltrinelli (2015), che ha inaugurato proprio la collana RED di Giangiacomo Feltrinelli Edi-tore. I mercoledì di laeffe dedicati alla cucina più innovativa e originale del Bel Paese per il ciclo RED – Read Eat Dream, sono proseguiti con la cucina anarchica del “gastrofilosofo militante” Don Pasta (mercoledì 17 giugno), quella contadina di Peppe Zullo (mercoledì 24 giugno), fino a quella futuristica di Davide Scabin (mercoledì 1 luglio).

Snaidero è stata selezionata come partner per arredare gli spazi operativi e funzio-nali del Padiglione Basmati, all’interno del cluster del riso di Expo 2015. Grazie ad un gioco scenografico di spec-chi, il padiglione accoglie il visitatore con i colori e i profumi del mondo agre-ste, con un paesaggio che ricorda un’im-mensa risaia. E poi lo accompagna in un percorso te-matico alla scoperta della storia del riso, alimento base di quasi tre miliardi di persone, circa la metà della popolazione mondiale.Quattro cucine Snaidero, fanno da cor-nice alle aree degli spazi comuni raccon-tando la filiera alimentare del riso in una scenografia ricca di suggestioni, in cui i fili della tradizione e quelli dell’inno-vazione e della modernità sono ancora fortemente intrecciati. I 4 progetti esposti raccontano la versa-tilità progettuale e la profonda ricerca estetica di Snaidero. Idea by Pininfarina, arreda l’area relax all’esterno del Padiglione Basmati, ac-cogliendo l’ospite con la sua sobrietà ed eleganza senza tempo.

Skyline 2.0 e Time occu-pano i due spazi antistanti il padiglione proponendo-si come punti operativi di ristoro per degustazioni e momenti di informale con-vivialità domestica. Spetta al progetto Ola 25 Limited Edition, sempre a firma Pininfarina, il ruolo di protagonista dell’alta cu-cina d’autore. Collocata al centro del pa-diglione, si propone agli ospiti come uno spazio in-formale ad uso degli ospiti e simbolico al tempo stesso:

all’interno una struttura che interpreta l’albero della vita, e che crea, in simbiosi con la cucina Ola25, un’atmosfera sug-gestiva che porta in luoghi lontani. In parallelo alle attività nel sito di Expo 2015, Snaidero alternerà momenti di incontro, confronto e convivialità con le serate di Design&Food in città, presso lo showroom MisuraCasa in Via De Ami-cis: un ricco programma di eventi copri-rà tutti i mesi dell’Esposizione Univer-sale e avrà come protagonista il Design ed il Riso, in un’esperienza sensoriale da apprezzare prima con gli occhi e poi con la mente.“Per noi essere presenti ad Expo Milano 2015, all’interno del Cluster Riso, rap-presenta un’occasione unica. Durante questi sei mesi – continua Edi Snaidero, Presidente del Gruppo Snai-dero – vivremo tante esperienze diverse. Esplorando il mondo della bellezza, della salute, del gusto e della sostenibilità, va a noi cari, da sempre. Tutti i modelli esposti raccontano quello in cui crediamo e gli elementi su cui in-vestire per poter proporre soluzioni che siano sempre al passo con le reali esigen-ze delle persone: design ricercato, qualità dei materiali.r i dettagli.”

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Al Padiglione Basmati (cluster Riso) 4 arredi firmati Snaidero

Food & Co

ARENAMEDIASTARMAGAZINE

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Libri&Co

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.8 7-8/2015

ORNELLA, VIVI Luca Bianchini, nuovo romanzo. L’Orfeo di Parrella diventa show

VALERIA PARREL-LA: IL MITO DIEURIDICE E ORFEOValeria Parrella rielabo-ra il mito di Orfeo ed Eu-ridice proponendone una lettura in chiave contem-poranea che ora diventa anche un mirabile spetta-colo teatrale. Il 12 luglio sarà a Mila-no a La Milanesiana, con la regia di Davide Iodice e la bella recitazione di Michele Riondino, Fe-derica Fracassi, Davide Compagnone e Raffaella Gardon, «Gluck, Anouilh, Cocte-au per le scene, ma an-che Bufalino, Pavese: ognuno ha una risposta diversa su quell’ultimo voltarsi di Orfeo, sul perché lo fa. Commovente il passag-gio di Rilke, forse tratto dalla visione di un bas-sorilievo custodito qui: nel Museo Archeologico di Napoli. “Respexit” dice la tra-dizione (di Virgilio nelle Bucoliche e Ovidio nelle Metamorfosi): e a que-sto verbo, che non ha un equivalente in italiano, perché significa “si voltò indietro”, ma che contie-ne in sé anche la radice del “respectum”, del ri-spetto, io ho dato credito e seguito..

Alla sua quinta fatica letteraria, Luca Bianchini ci affida l’ennesimo romanzo dal sapore sentimentale, che arriva a tre anni di distanza dalla fortunata parentesi dei pepe-roncini. La protagonista è ancora una vol-ta una ultracinquantenne, Ornella, rediviva Ninella del precedente “Io che amo solo te”, gestrice di un Ita-lian Bookshop londinese che rischia il fallimento. Il contorno relazionale è come sem-pre stravagante, euforico: c’è Patti, amica di una vita, Diego, il barbie-re - ragioniere napoletano nelle cui mani verranno affidate le sorti della libreria, Mr George, l’anziano e sag-gio confidente e Bernard, il vicino di casa. Tormentata da un passato che an-cora grava con il suo peso su un

presente nel quale tenta lo scacco matto e proiettata verso un futuro che si presenta dai contorni ancora fortemente sbavati. Ornella si rivela una protagonista audace, intraprendente, capace di risvegliare la propria coscienza an-che in un’età in cui sembra che i gio-chi della vita siano ormai stati fatti e ci si prepara soltanto a deporre le armi come un soldato di ritorno dalla trincea. È forte il richiamo al pathos che si dispiega attraverso alterni sve-lamenti e sopiti colpi di scena. La scrittura è per l’ennesima volta in-trisa di una leggerezza che la rende fluttuante, gradevole, fornendo alla trama scorrevolezza. Le ambientazioni si dividono tra le immagini di una Londra dai con-torni metropolitani e i suggestivi scenari di un’Italia melanconica,

presentata attraverso gli sfondi ve-ronesi come luoghi dell’infanzia che si riempiono di una forte carica emotiva. Innumerevoli sono le peri-pezie che la nostra dovrà affrontare, dalle quali uscirà trionfante come una tenace eroina vittoriana del no-stro tempo. Una prova letteraria vincente, dun-que, quella di Bianchini, che dal giorno dell’uscita non fa che do-minare i vertici delle classifiche di vendita preceduto solo da nomi autorevoli del calibro di Faletti e Camilleri. Un romanzo che si candida altresì ad una nuova trasposizione cine-matografica, come già accaduto per il precedente lavoro che diventerà presto un film - sono già in atto le riprese in Puglia con un cast d’ecce-zione - che vedrà l’autore debuttare nelle inedite vesti di sceneggiatore. 34

La copertina dell’ultimo romanzo di Luca Bianchini ambientato nella metropoli londinese e le colline di Verona

by Francesco Curci

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Antiquariato

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.1 12/2014

e solo a spruzzi BAR:

L’Ordine Civico Mediceo è un Ente Dinastico Capitolare di pro-prietà della attuale Storica Casa Medicea di Toscana, istituito dal Principe Ottaviano de’Medici di Toscana di Ottajano con decreto promulgato il 1° Gennaio 2012. In ossequio alle secolare tradizione Medicea, l’Ordine svolge opere di protezione e valorizzazione delle Arti, delle Scienze e delle Lettere al fine di tutelare attività, interessi e bisogni umani. Tra le attività più interessanti dell’Ordine medi-ceo, l’Accademia Medicea di Firenze che promuove corsi esclusivi frequentati da studenti d’arte e appassionati di Rinascimento prove-nienti da tutto il mondo. Corso di Arte sostenibileQuesto corso pone l’attenzione sull’arte socialmente utile che attrag-ga committenza e “Investimenti di impatto”, ovvero quelli effettuati in aziende, organizzazioni, fondi e cultura sostenibile con lo scopo di generare impatti sociali e ambientali insieme a un ritorno economico. Tipicamente gli investimenti di impatto vengono effettuati sia nei mer-cati emergenti che in quelli sviluppati con l’obiettivo di raggiungere una serie di rendimenti da “basso mercato” oppure a “tasso di merca-to”, a seconda delle circostanze.Gli studenti impareranno ad individuare ed a produrre delle opere d’ arte sostenibili per l’ambiente con cui essi vorranno rapportarsi; inoltre essi svilupperanno una conoscenza approfondita del mercato degli in-vestimenti impatto e impareranno a relazionarsi con commitenti, con mecenati oppure con semplici investitori. A fine corso verrà rilasciato dalla nostra accademia un diploma in arte sostenibile.

Corso di acquerello botanico con Simonetta OcchipintiMusicista e appassionata di piante, Simonetta Occhipinti fin dagli anni giovanili si è dedicata alla pittura botanica ad acquerello; in seguito si è rivolta anche alla riproduzione di dipinti antichi imparando i se-greti degli impasti, delle tele e della riproduzione delle antiche pitture fiamminghe e rinascimentali, arricchendo la sua attività con la parte-cipazione ad una scuola di restauro pittorico ed antiche tecniche di decorazione.Ha tenuto conferenze sul simbolismo dei fiori presso le associazioni culturali Circolo degli Artisti “Casa di Dante”, “Associazione botanica A.Di.P.A.”, Rotary Club Firenze. Su richiesta del Museo di Storia na-turale – Orto Botanico di Firenze realizza acquerelli a tema e collabora all’allestimento delle relative mostre.

Presso l’Accademia Medicea Simonetta Occhipinti è Gran Maestro dell’Ordine è il Principe Don Ottaviano de’ Medici di Toscana di Ottajano, attuale rappresentante dina-stico titolare della Storica Casa Medicea di Toscana, legata-rio pro-tempore della primogenitura testamentaria di S.A.E Anna Maria Luisa de’ Medici, Elettrice Palatina. La Storica Casa Medicea di Toscana è tuttora insignita nomi-nalmente del titolo Granducale di Toscana per effetto della Bolla Pontificia tuttora valida, data il 27 Agosto 1569 dal Papa Pio V° a Cosimo I° de’ Medici ed a tutti i suoi eredi maschi primogeniti da lui discendenti direttamente, oppure agnati collaterali in caso di estinzione del ramo primo insi-gnito.

iBRINDISI PREZIOSOPer San Silvestro, i superdry di Astoria, che propone anche un brut ‘zero alcool’

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.8 7-8/2015

ACCADEMIA MEDICEAAlla esclusiva scuola d’Arte di Firenze dell’Ordi-ne Civico Mediceo, inizia a settembre un corso di acquerello botanico con Simonetta Occhipintiby Anna Bassi

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testi e foto di Grazia Mantelli

Grand Tour

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.8 7-8/2015

Vintage

AVVENTURA ISLANDA Nella terra dei ghiacci, dei geyser,

degli iceberg. Per chi vuol fare non semplicemente un viaggio,

ma vivere un vero cambiamento

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by Alessandro Chiara

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Grand Tour

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.8 7-8/2015

Quando qualcuno annuncia di essere in partenza per l’Islanda, tutti restano un po’ interdetti, a uno strano effetto l’annuncio di questa meta. Eppure quelli che sono tornati raccontano che si tratta di una delle esperienze migliori della loro vita: non hanno fatto semplicemente un viaggio, sono cambiati. I primi scopritori dell’Islanda furo-no i monaci irlandesi, che nel corso del VII secolo si spinsero volonta-riamente o no verso nord, sempre più lontano dalla madre patria, alla ricerca di luoghi deserti dove vive-re come eremiti. Ma forse furono invece i vichinghi norvegesi, ad in-sediarsi per primi qui, prima di diri-gersi verso la Groenlandia e il nord del Canada. Ai vichinghi d’Islanda si deve la costruzione dell’antico Parlamento, istituito a Thingvellir, scelta allora come capitale dello sta-to libero di Islanda. Il parlamento (Althing) ha continuato a riunirsi una volta all’anno fino al diciotte-simo secolo in questo luogo, sui 50 sedili scolpiti nella pietra. Questa spianata è un luogo molto partico-lare: è tagliata in due dalla grande faglia basaltica di Almannagià: si sono formate due alte falesie nere

di roccia basaltica, ciascuna delle quali appartiene a un diverso conti-nente, poichè passa di qui la dorsale medio atlantica. Inoltre qui si vede anche una catena sottomarina di vulcani, dunque è sottoposta a un costante movimento. La distanza fra i due continenti in questo punto aumenta di 2,5 cm all’anno. La pre-senza di numerosi vulcani alcuni dei quali molto attivi, condiziona ancora oggi la vita degli islandesi, che però tengono molto alla loro af-fascinante patria. Di solito per Reykjavik si parte da soli o con una sola persona, mai in gruppo. Si vola da Copenhagen, con una grande valigia che si la-scia a destinazione in un deposito bagagli o in un albergo, perchèci si attrezza di zaino e tenda e ci si av-ventura in giro, nelle distese infinite islandesi, rivestite di rocce, ghiacci, muschi e pietre. Tutto è illumina-to da una luce calda e forte, il sole scalda ma l’aria è gelida anche nelle stagioni migliori e impossibile nelle stagioni fredde. Non ci sono quasi cartelloni pubblicitari, insegne, tra-licci, pochi lampioni. Le case della capitale sono colorate, si prendono tutto lo spazio che serve nel tessu-

to urbano. Tutto è lontano da tut-to; dopo alcuni giorni in tenda e in cammino tra le meraviglie naturali, soffrendo il freddo e la stanchezza, si apprezzano enormemente piccole cose come dormire in un albergo al caldo e starsene in una libreria con caffè a sfogliare riviste mentre fuori piove e tira il terribile vento artico.Husavik è un’altra bella città islandese con 2000 abitanti, è situata sulla costa nord, possiede una antica chiesa in legno costruita nel 1907, una Casa della Cultura e Musei. Quello di cultura popolare, che conserva molti animali imbalsamati e documenti curiosi. Si scopre che l’equipaggio dell’Apollo 11 venne proprio qui, in Islanda, per allenarsi a camminare sulla crosta lunare. Poi ci sono il Museo delle Balene, dove è possibile prenotare un’attività di wales watching, costosa ma molto gettonata. E infine il Museo del Fallo (avete letto bene) pieno di esemplari in formalina, calchi e fotografie.Akureiry è la quarta città islandese, con circa 18 mila abitanti. E’ circon-data da montagne glaciali dal profi-lo morbido. Nel porto, enormi navi galleggiano sull’acqua che si fa scu-ra di sera, sotto la luce rossa del tra-monto e alla fine diventa quasi vio-la. Le architetture di Akureiry sono dipinte di rosso, blu e bianco, i co-lori nazionali dell’Islanda. E’ ricca di internet cafè e attrazioni dedicate soprattutto agli islandesi. Come la grande City Hall in cemento e ve-tro che si affaccia sull’acqua. Come il Giardino Botanico, che conserva 450 piante locali e circa 7000 pian-te straniere. Nel museo del folklore sono conservati oggetti della vita quotidiana. Si visita la casa museo di fine ottocento del poeta naziona-

Si ringrazia per la collaborazione l’Ente del Turismo dell’Islanda

A destra: Le grandi pianure islandesi con il tipico paesaggio, quasi lunare. Qui sopra: la maestà dei ghiacciai e delle cascate quado inizia il periodo del disgelo

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voli per godersi il barbecue, la cucine e i bagni. Una volta montata la tenda, bisogna decidersi ad andare a letto, perchè a mezzanotte non è ancora completamente buio. Al mattino il cielo è azzurro e brillante, bisogna correre allo small bus, un furgoncino con rimor-chio per gli zaini che conduce tutti a Kerlingafjioll e nella zona di Golden Circle. In questa area ci sono alcune attrazioni naturalisti-che veramente spettacolari. Geysir è un parco geotermico dove i geyser esplodono all’improvviso e si ammirano piscine naturali di acqua calda. Gullfoss è una cascata spettacolare, si trova nel parco nazionale di Pingvellir. Se non si vuol andare in giro a pie-di, ci sono vari escursioni in autobus per raggiungere Geysir e i suoi geyser di acqua bollente che sprizza verso il cielo e con dovi-zia di vapori sulfurei. La seconda tappa più gettonata dai turisti è anticipata da un paesaggio che diventa via vià più verde, più lussureggiante: Gullfoss, letteralmente la ‘cascata d’oro’. E’ imponente e grande, salta tra livelli diversi, l’acqua pare risucchiata dalla roccia e poi torna nuovamente fuori con violenza, se ci si avvicina troppo, ci si ritrova bagnati. Se si è venuti fin qui per vedere un paesaggio lunare, ecco la de-stinazione giusta: il deserto tra i due ghiacciai Langjokyll e Ho-sfsjokull. Montagne a perdita d’occhio e spianate infinite sono tagliate appena dalla stranida sterrata, le automobili però sono rarissime. Alla fermata di Kerlingafjoll ci sono casette in legno con un tetto talmente appuntito che sembrano guglie o tende, dove si può pernottare . Il paesaggio è incredibile, il fiume che scorre fra i ghiacciai sembra una lingua d’argento. Questo massiccio mon-tuoso che si trova al centro dell’Islanda, offre una combinazione incredibile di fenomeni geotermici: i ghiacciai sono spettacolari, la flora subartica è tanto resistente quanto colorata. Durante il trekking, che può durare da uno a tre giorni, con soste nei numerosi rifugi posti lungo i percorsi, si dimentica qualsiasi cruccio: amori impossibili, avanzi di carriera negati, spese condominiali. Quando l’autobus percorre lentamente queste stradine sterrate in mezzo al nulla, si trovano le soluzioni che si cercavano da molto tempo. A Hveravellir si resta a mollo per ore nelle straordinarie piscine

le che scrisse l’inno islantese, Matthias Jochumsson e la casa novecentesca dello scrittore Jon Sveinsson. Ogni anno a fine agosto in Islanda si svolge proprio qui a Akureiry il Summer Arts Festival. Grandi nuvole corrono veloci sul mare o su distese infinite di lupini che punteggiano la costa di Keflavik con i loro fiori colorati. In questa zona la roccia rossa è in frantumi, le montagne cadono a picco sul mare blu, punteggiato di iceberg. Il sole comincia a tramontare verso le 22.30, ci mette ore a calare. La luce perenne è una sensazione strana, fa sentire più stanchi e ogni percorso in autobus è perfetto per fare un sonnellino.L’autobus è il mezzo di trasporto ideale per muoversi in Islanda. Si riesce a vedere una buona parte di territorio spendendo meno possibile. Gli autobus percorrono tutte le strade interne, sterrate che attraversano l’isola in verticale. Ad ogni fermata l’autobus passa almeno una volta al giorno, e ogni fermata serve più compagnie. I percorsi più gettonati da turisti sono la ‘ring road, la strada che corre lungo tutta la costa e i percorsi che si inerpicano nell’interno, nella parte più selvaggia, incontaminata e stupefacente dell’Islanda. L’Highland pass è l’abbonamento che permette appunto di attraversare l’interno dell’isola.Reykjavik è una città che si gira bene a piedi e in biciclietta, ha un centro commerciale e la famosa chiesa di Hallgrimur che con i suoi 74,5 metri e la sua forma insolita è l’edificio più alto dell’Islanda. Si può salire sul campanile e si riesce a vedere bene tutta la città. La chiesa sembra un razzo per esplorazioni aerospaziali, in effetti il cielo sembra così vicino qui. Ma lo sguardo è attratto fortemenente dal meraviglioso paesaggio, con la roccia frantumata della montagna che si getta a picco nel mare. Molti vanno a dormire a Selfoss, dove si ammira un paesaggio preistorico, surreale. A perdita d’oc-chio si contano distese di pietra lavica, di magma pietrificato, che a volte sembra anora ribollire e a volte è ricoperto da chiazze giallastre di muschio. C’è un campeggio grande, pu-lito e ben attrezzato, con una sala per colazione, panche e ta-

Grand Tour

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.8 7-8/2015

A mezzanotte non è ancora completamente buio...

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Grand Tour

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.8 7-8/2015

LEOPARDI, VIRGILIO E L’ISLANDAC’è una lettura serale sconsigliata in Islanda, prima di infilarsi nel sacco a pelo: le Operette Morali, dialogo Della Natura e di un Islandese di Giacomo Leopardi. Ce l’hanno in tasca tutti gli italiani: perchè quando rivelano agli amici la meta delle prossi-me vacanze, tutti si danno da fare per trovarne una copia e farne dono. Quell’opera ha fortemente condizionato l’immaginario collettivo dalle Alpi all’Etna, rispetto a questa nazione: l’Islanda per noi non rappresenta solo una terra agli estermi confini del mondo, solitaria e irraggiungibile, una Thule, l’isola di fuoco e di ghiaccio dove il sole non tramonta mai.Ma ben altro “..potea conservare quella tranquillità della vita, alla quale principalmente erano rivolti i miei pensieri: perchè le tempeste spaventevoli di mare e di terra, i ruggiti e le minacce del monte Ecla, il sospetto degli incendi, frequentissimi negli alberghi, come sono i nostri, fatti di legno, non intermettevano mai di turibarmi. “. L’Islanda, vista attraverso gli occhi di Giacomo Leopardi rappresenta insomma un archetipo di Natura matrigna. Meglio allora portarsi una buona copia, con traduzione a fronte, delle Georgiche. L’Islanda è sicuramente la terra fantastica evocata da Virgilio quando augura ad Augusto di regnare su un impero così vasto da raggiungere persino quest’ultima frontiera del mondo conosciuto: “tibi servat ultima Thyle”.ette Morali, dialogo Della Natura e di un Islandese..

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Che libro mettere in valigia? Le Operette Morali di Leopardi

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Gli italiani sono affascinati dai bollenti geyser e dai grandissimi arcobaleniche si formano in continuazione nei pressi delle cascate, dove l’acqua nebulizzata crea questi fenomeni a ripetizione.

L’Islanda è una terra di fuoco: la lava zampilla dal ghiaccio

d’acqua calda, nonostante il forte odore di zolfo. Perchè fa piuttosto freddo nonostante i vestiti pesanti che si indos-sano. Questi hot spot sono sempre stati piuttosto pericolo-si per i viaggiatori, perchè nelle vicinanze si annidavano i briganti in passato. Il famoso brigante Fjalla Eyvindur visse proprio da queste parti con la moglie Halla, soprav-visse per anni grazie al calore delle acque e alla possibilità di cuocere le provviste che rapinava ai viaggiatori. Questo luogo si raggiunge quasi solo nel periodo estivo. Si trova sugli altipiani Islandesi, dove sono tre le proposte di trek-king fra le quali scegliere. Uno breve da due ore, uno gial-lo e uno rosso da 8-10 ore. Quello rosso porta al cratere del vulcano spento Strytur e attraversa un grandissimo cam-po di lava. Alle sette di sera il sole è ancora alto, i soffioni amanano vapori caldi, l’ambiente è caratterizzato da odore di urea e dalla presenza di soffioni, nebbie e piccoli baci-ni d’acqua, da acquitrini caldi, da manti erbosi verdissimi che si trasformano improvvisamente in terre color rame. Quando si va in escursione è sempre meglio tenere sott’oc-chio i bastoncini rossi che aiutano a non perdere la direzio-ne, anche se il vento si mettesse a soffiare fortissimo. Il paesaggio diventa pian piano una distesa di lava pietrifi-cata e frantumata in una miriade di sassi coperti di licheni oppure immersi in un fango rosso densissimo che nelle stagioni invernali viene celato dal ghiaccio duro come un diamante. I cambiamenti repentini di paesggio, il silenzio assoluto disorientano: molti non sono abituati a una tale assenza di rumore. E quasi ringraziano quando arriva un violento temporale che porta bianchi chicchi di grandine a cadere sui campi di lava nera e si dissolvono all’istante perchè il suolo è tiepido. E si mettono a gridare se vedono la lava che zampilla dalla calotta di ghiaccio. Per poi chiu-dere subito la bocca, se si leva il vento. Si leva infatti molto spesso una finissima sabbia silicea che si infila ovunque, abrasiva come una finissima carta vetrata, che screpola a sangue la pelle del viso se non si corre a cercare un riparo. Ogni tanto, tra le rocce e l’asprezza del deserto, fanno ca-polino crateri enormi. Oppure, dopo poche gocce di piog-gia, spuntano scintillanti tappeti d’erba o di fiori che in pochi giorni possono anche sparire. Gli italiani sono molto affascinati dai grandissimi arcoba-leni che si formani in continuazione nei pressi delle ca-scate, laddove il flusso d’acqua che precipita è fortissimo e dunque l’acqua nebulizata in aria crea questi fenomeini multicolori a ripetizione. A Dettifoss (che significa la ca-scata che distrugge) il fiume è stato deviato da un violento

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Grand Tour

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.8 7-8/2015

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Fabriano&Co

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.8 7-9/2015

Qui sopra: se non si vuol dormire in tenda ci sono ovunque strutture in legno molto basic. Ovunque si respirano le tradizioni islandesi e si ascoltano miti e leggende.

L’Islanda è una terra d’acqua bollente: ovunque i geyser

terremoto dovuto a una eruzione vulca-nica. L’acqua precipita dunque per 44 metri, con 100 metri di larghezza, solo avvicinandosi ci si rende conto di quanto è grande. E sono affascinati dai canyon di sabbia nerissima. dai geyser, laddo-ve non sono stati imbrigliati dall’uomo per il teleriscaldamento delle abitazioni islandesi e delle serre dove si coltiva pra-ticamente tutto. I geyser innalzano i loro pennacchi d’acqua da laghetti di fango bollente di mille colori, che borbotta di continuo. Il getto si riversa spesso su roc-che di basalto che col tempo diventano colonnatai neri. Anche il ghiaccio sa af-fascinare. Una propaggine del ghiacciaio Vatnajokull sbocca in una quieta laguna e la dissemina di blocchi di ghiaccio che coprono tutte le sfumature di azzurro, dal bianco abbagliante al turchese, al blu. In autunno e in inverno i colori cam-biano, l’aurora boreale mostra una infini-ta varietà di tonalità cangianti. Di fronte a una natura tanto sublime e terribile, i turisti restano estasiati. Sport come pe-sca, caccia, equitazione e golf assumono una valenza supplementare.Le serate si concludono solitamente con un bagno bollente e la testa sul cuscino solo dopo aver indossato una mascheri-na sugli occhi, perchè alle due del mat-tino c’è ancora il cosiddetto sole basso. Eppure qualcuno la raggiunse e anche senza mezzi particolari: il greco Pitea, salpato da Marsiglia prima del 330 alla scoperta dell’atlantico del Nord. Gli Islandesi hanno ben compreso il grande potenziale di questo mistero e lavorano di fantasia. Nel tempo hanno dato vita a numerose leggende, che hanno come protagonisti gli Elfi, il popolo nascosto, alla cui esistenza creda la maggior par-te della popolazione. Altrimenti come si spiegherebbe l’improvviso fermo lavori di una superstrada? Gli abitanti dicono che non è bene tagliare un santuario de-

gli Elfi, che la natura si vendicherà se non le si porta rispetto. I miti contribu-iscono alla crescita del turismo. Molti vogliono fermarsi a Asbyrgi, il rifugio degli dei Asi: secondo la leggenda, quando il popolo islandese tradì i suoi dei gettando le loro statue nella casca-ta di Godafoss, essi si rifugiarono in questo luogo, in un canyon a forma di zoccolo di cavallo, l’impronta lasciata dal cavallo di Odino. Se ci si vuole fermare da queste par-ti, è necessario portarsi dietro acqua e cibo, perchè le possibilità di rifor-nimentono sono scarse, anzi nulle. Se non volete dormire in tenda, c’è una struttura di legno molto basic, come i bagni d’altra parte, ricavati in un con-tainer. Comunque l’autobus passa una volta al giorno, dunque non si rischia di restare a piedi. E quando si sale a bordo, attenzione alle gaffes. Qui non esistono i cognomi in senso proprio, perchè ciascun abitante aggiunge al suo nome solo il patronimico. In tal modo non si sono mai create casate o dinastie, ciascuna vale per sè stessa e non tramanda ai posteri un cognome di famiglia. Dunque se vi capitasse sotto mano un elenco telefonico, sco-prirete che è ordinato solo per nome. Gli islandesi non amano cambiare cer-te abitudini o certe tradizioni. A meno che la colpa non sia di un vulcano ovviamente. La storia dell’I-slanda e la sopravvivenza della sua popolazione dipendono fortemente dalla situazione di attività dei vulcani e dalle loro eruzioni.Nel Settecento i vulcani Katla e Hekla (quello citato da Leopardi nelle Ope-rette morali) furono protagonisti di una serie di eruzioni devastanti, che fecero preoccupare in tutta Europa e culminarono nel 1783 con l’eruzione del vulcano Laki, durata un anno in-

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Le vie di comunicazione sono ancora pochissime a Snaefells

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tero. Le emanazioni di zolfo e di anidride carbonica colpirono oltre 10 mila persone e più della metà del bestiame islandese. Poi seguirono una serie di disastrosi terremoti, che rasero al suolo interi villaggi. Ecco perchè il giovane poeta italiano ne restò tanto impressionato. In anni recenti l’eruzione dell’Efyafioll ha diffuso una tale quantità di ceneri nell’atmosfera, da imporre il blocco del traffico aereo nei cieli europei per intere settimane. La vita in Islanda è stata durissima per secoli, lo testimoniano i resti delle antiche fat-torie, capanne di legno coperte con zolle di terra, per isolare gli abitanti dal freddo. Ma ancora oggi non è molto migliorata. Le vie di comunicazione sono pochissime, la penisola di Snaefells ne è ancora tagliata fuori. Nell’interno il territorio brullo e battuto da venti impetuosi è attraversato da strade spesso impraticabili, si guida sulla sabbia o sulla cenere vulcanica che con le pioggie diventa un fango viscido e insidioso. Il pae-saggio sarebbe immutato nei secoli, con nessuno a perdita d’occhio, escluse le greggi di pecore che vagano liberamente, se non fosse per i piccoli insediamenti che compaiono all’orizzonte a conforto del viaggiatore: una stazione di servizio, un ufficio postale, una fattoria dove si possono comprare cibi e bevande. A proposito di cibo, ecco cosa si mangia in Islanda. La cucina islandese, è molto semplice, si basa prevalentamente sui prodotti del territorio, e risulta tra la più genuina al mondo, il pesce nuota in acque immacolate e il bestiame pascola libero nei campi, beve acque incontaminate e respira aria pulita. I ristoranti sono carissimi, ma alcuni meritano, come il ristorante kjot & kunst restaurant di Olafur Reynisson: nelle sue cucine l’elettricità è bandita e le pietanze arriveranno a tempo di record, l’acqua, grazie al vapore geotermico (165°) bolle in 10 secondi esatti, le patate in 12 minuti e il pesce in 3 minuti.Dunque molti scelgono di cucinare nella loro stanza in albergo, poichè quasi tutti offrono l’angolo cottura o di mangiare hot dog, visto che questi sono i migliori al mondo. Si va da Bonus o Kronan ad acquistare qualcosa da fare al vapore. La cucina al vapore, sfrutta l’abbondante calore geotermico dell’isola per cucinare qualsiasi cibo. La pesca, rappresenta la maggiore risorsa economica del paese, la varietà e la qualità del suo pesce e dei suoi crostacei è tra i primi posti al mondo, ad Hofn la capitale islan-dese dei crostacei, viene dedicato persino un festival annuale. Tra le cose più buone la zuppa di aragosta: il pub Svarta Kaffid (Laugavegur 54) di Reykjavik offre la migliore della città, viene servita in una forma di pane tonda, che fa da piatto e che poi si può mangiare. Saegreifinn, offre incredibili grigliate di Halibut, il pesce gatto, la razza, il sal-mone, la trota d’acqua dolce, il merluzzo, la balena, il cui sapore assomiglia più ad una bistecca che a del pesce. Poi non manca il baccalà , quello islandese è tra i più buoni al mondo, si dice che il miglior posto dove mangiarlo sia il Siggi Hall Restorant .Gli Islandesi quando hanno voglia di uno snack sfizioso, mangiano l”hardfiskur”, strisce di Eglefino (pesce nordico simile al merluzzo) essiccato e burroso.Se preferite la carne, l’agnello è sublime, ma si mangiano anche la renna, il cavallo e il pulcinella di mare. Per l’hot dog invece il posto milgiore è un piccolo chiosco nel centro della capitale che offre hot dog di agnello: si chiama “Baejarie Beztu Pylsur” ( tradotto: gli hot dog più buoni del mondo) in effetti ,viene citato ovunque per questo primato , dalle guide alle riviste specializzate.L’islanda possiede un record insolito, risulta il maggior consumatore procapite al mondo di Coca-Cola. La birra non manca, le nazionali sono la Thule, Viking ed Egils, ma ce ne sono tantissime altre, sempre locali. L’acqua non si vende, quella del rubinetto è fantstica. Se volete riscaldarvi benvendo qualcosa di “forte” chiedete del Brennivin, la bevanda nazionale per eccellenza, un liquore aromatizzato al cumino, ottenuto distillando le patate.

Grand Tour

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Grand Tour

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L’acqua, grazie al calore geotermico, bolle in 10 secondi

VULCANI: IL RITORNO DEL BARDALUNGACirca 8.000 anni fa il vulcano Bardalunga, il secondo più alto d’Islanda, ha generato la più grande eru-zione degli ultimi 10.000 anni. Da 7600 anni erutta 5 volte ogni secolo. Qualche anno fa la sua attività ha preoccupato gli islandesi e non solo perchè quando inizia un’eurzione, la fuoriuscita di roccia fusa è in grado di seppellire un campo da calcio ogni 5 minuti. Avvicinarsi al vulcano è piuttosto pericoloso, ma non per quel che fuoriesce di solido. Per le emissioni di gas velenosi che bruciano gli occhi, mentre si vaga disorientati tra mulinelli di vento e di neve. Bardalunga potrebbe diventare pericoloso anche per chi non vive in Islanda. Questa nazione si trova nel mezzo di molte rotte aeree che solcano il nord Atlantico. Il vento, in alcune estati, ha sospinto le ceneri vulcaniche in Scandinavia e in Gran Bretagna, che risultano molto pericolose se risucchiate all’interno dei motori degli aerei. Nel 2010 e 2011 si è avuto un vero e proprio caos aereo provocato dal vulcano Bardalunga. Ma proprio in questi giorni il problema si è ripresentato, il rischio è che si vada incontro a quanto acca-duto nel 2010, quando l’eruzione di un vulcano islandese con cenere e lapilli mise ko il traffico aereo nel Nord Europa. Stavolta a fare paura è il vulcano Bardarbunga, a rischio eruzione. Una nuova scossa di terremoto, di magnitudo 5.2, è stata registrata nei giorni scorsi nell’area. Secondo i rilevamenti dello United States Geological Survey (Usgs), il sisma ha avuto il suo epicentro 111 km a nordovest di Hofn. La zona è da oltre una settimana interessata da un’intesa attività sismica. Ai primi di lugio è stata registrata una scossa di magnitudo 5.7. L’Islanda ha emesso un’allerta rossa in relazione al pericolo di eruzione.

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IL BINOCOLO Utilissimo per gite ed escursioni,va acquistato con un occhio attento

10 POSTI TOP NEL MONDO PER USARE IL BINOCOLO

1 La foresta amazzonica brasiliana, il polmone verde dell’umanità.

2 L’Isola di Komodo in Indonesia dove vivono i varani, gli ultimi draghi rimasti al mondo

3 Le isole Maldive, con la jungla incontaminata

4 I vulcani europei atti-vi: il Vesuvio, l’Etna, lo Stromboli.

5 L’Urulu in Australia, la roccia più grande del mondo

6 Il Mar Morto, ad altis-sima salinità, destinato ad asciugarsi

7 Le grotte di Frasassi e la grotta di Jerta in Li-bano

8 Il Monte Cervino con la sua maestosa bellezza

9 La Foresta Nera in Germania, con la sua vegetazione stupefacente

10 Le Isole Galapagos, con la flora e la fauna marina uniche al mondo.

Uno dei regali più utili che un teen ager possa ricevere è il bino-colo, uno strumento che si usa per ingrandire panorami o aninali di-stanti, utilissimo nelle gite, nelle escursioni. Come funziona?’ L’im-magine passa attraverso due lenti, successivamente attraverso prismi che la raddrizzano. Con questo strumento è possibile vedere cose lontane ingrandite con entrambi gli occhi. Il binocolo viene utilizzato da chi viaggia, osserva gli animali o lavora cotrollando un territorio. In commercio ne esistono vari tipi, diversi per tipo di utilizzo. I nume-ri sullo strumento riguardano gli ingrandimenti e il diametro degli obiettivi. Quelli che permettono in-grandimenti maggiori hanno obiet-tivi più grandi. Più grandi sono gli obiettivi e più luce entra. Quelli più

professionali sono anche dotati di treppiede. Per usare bene un bino-colo bisogna mettersi in una posi-zione bilanciata, con le gambe sta-bili. Non devono esserci ostacoli nel campo visivo. Sono da evitate piante, cespugli ed elementi di intralcio fra i piedi. Il binocolo va tenuto con due mani, bisogna regolare la distanza tra gli occhi fino ad avere un’unica imma-gine circolare. Prima di mettere a fuoco qiualcosa è necessario bilan-ciare le lenti. Si tappa la lente destra e muovendo la rotella centrale si mette a fuoco quella sinistra. Poi si bilancia l’altra fino ad avere un’im-magine nitida.Ora, attraverso la ghiera situata tra i due obiettivi, si possono mettere a fuoco oggetti a distanza diversa.Una buona ghiera deve essere scor-revole e veloce. Gli oggetti che ap-

paiono sul binocolo sono classifica-bili in facili, impegnativi e difficili. Un beneficio di questo strumento è quello di poterlo utilizzare anche indossando gli occhiali. I migliori binocoli, possiedono delle “conchi-glie oculari” che si possono svitare o avvitare. Bisogna valutare bene l’acquisto non solo relativamente al prezzo. I criteri da considerare principalmente sono dimensioni, ingrandimento e luminosità. È im-portante considerare anche il con-fort. Un buon binocolo ha sempre due incavi in cui appoggiare i pol-lici per una presa stabile. Inoltre è dotato di una parte esterna rico-perta in gomma che lo protegga da eventuali colpi. Non bisogna esage-rare nell’utilizzo; il binocolo affati-ca la vista dopo vari minuti. Quindi è sempre meglio puntare su prodot-ti di ottima qualità.

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La struttura di un buon binocolo e l’attività di osservazione durante viaggi, escursioni e vacanze all’aria aperta

by Galeazzo Melzi d’Eril

Junior Zone

ARENAMEDIASTARMAGAZINE

n. 8 7-8/2015

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iALL’ECOTORREUn paradiso tra Metaponto e Sibari, al centro del Golfo di Taranto, con azienda ecoagricola

Eco Green

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.8 7-8/2015

by ing. Alessandro Buffone

Proprio al centro del Golfo di Taranto, alle pendici del monte Pollino, vicina a Metaponto e Sibari, la bellissima azienda agricola Torre di Albidona è un simbolo dell’eco-agriturismo del Sud che sa raggiungere alti livelli qualitativi. La coltivazione biologica di seminativi, ortaggi, olivi e agrumi si accompagna all’accoglienza turistica e ad allevamenti di vitelli, pecore e maialini selvatici: il Nero di Calabria popola da sempre questo angolo dove si respira il grande fascino dell’antica Magna Grecia. L’azienda, nata oltre vent’anni fa è diretta oggi da giovani neolau-rati in agraria. Il gruppo che l’ha in gestione si occupa di produ-zioni intensive di frutta, cereali, riso, succhi di frutta, marmellate di albicocche, pesche, arance, ciliege, vino, olio , salumi, sottolii e olive. In ogni stagione Torre di Albidona offre prodotti della terra e del cortile ai visitatori del ristorante e agli ospiti dell’agriturismo. A pochi passi dalla spiaggia, sorge l’antica masserie ristrutturata da nel rispetto della tipologia originaria, immersa nella natura mediterranea. I materiali utilizzati sono il legno e la pietra locale. La flora arborea esistente è stata integrata, con l’aggiunta di alberi da frutto sparsi ovunque, cespugli di erbe officinali e oleandri. La struttura è composta da un corpo centrale e da case sparse, an-che isolate, ideali per l’accoglienza di gruppi di amici o di famiglie. Tutte le abitazioni sono fornite anche di cucina propria. In comune ci sono il bel ristorante che serve piatti tipici calabresi, la piscina, i parcheggi, la spiaggia attrezzata e una pineta dove si organizzano feste e grigliate serali. Qui, nel regno dello chef Federico Valicenti, che è stato anche giu-dice a Masterchef, si oganizzano anche corsi di arte culinaria tradi-zionale e corsi sulle lavorazioni artigianali. Forte è la sinergia con il territorio e con gli operatori turistici che offrono servizi di navetta verso gli stabilimenti termali vicini come quelli di Cassano allo Jonio (con acque salso-bromo-jodiche ideali per l’apparato respiratorio), Spezzano Albanese (con acque ideali per la cura del fegato) e Cerchiara-Grotta delle Ninfe dove ci si immerge nei fanghi curativi dei reumatismi.All’ombra della Torre di Albidona, una torre di guardia del XIV secolo, si organizzano escursioni nel Parco del Pollino, alle Gole del Raganello dove si pratica il rafting, ai siti archeologici e musei di Metaponto e Sibari, a Civita, un paese montano di tradizione albanese, alla città bizantina Rossano Calabro, ai castelli fortificati nei dintorni come Rocca Imperiale, Roseto Capo Spulico, Oriolo e Corigliano.

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E’RAMADAN Quel che non sapete sul mese di digiuno e preghiera dei musulmani

come ripieno. In India si mangia il pane azzimo con verdure e carni e l’Haleem, un porridge di carne, grano e lenticchie. In Pakistan si servono polpette di carne maci-nata e ceci. e poi frittelle di pastella imbevuta di sciroppo. In Libano c’è sempre in tavola un’insalata di ver-dure e pane pita, in Me-dio Oriente ovunque si gusta il tabbouleh, insa-lata di bulgur, un cereale che serve cotto, freddo, con pomodori freschi, prezzemolo e aglio. Si accompagna con insalate condite con yogurt e ce-trioli. In Marocco sì pre-para la chorba, lo stufato di agnello con pomodori e ceci. In Nordafrica lo stufato di carne si man-gia coni fagiolini e si chiama Fasulla. Se piacciono le frittelle, bisogna seguire la tradi-zione palestinese, ogni famiglia le farcisce con formaggio dolce e noci. Le fave si mangiano in Nordafrica, cotte, unite ad aglio e spalmate sul pane. In Indonesia si fa festa con il Kolak, un dolce di frutta a base di zucchero di palma, latte di cocco, foglia pandanus. Amir Hussein Barouh

Ramadan è un mese speciale all’anno per oltre un miliardo di musulmani in tutto il mondo. E’ un lungo momento di riflessione interiore, di devozione a Dio e di autocontrollo. Molti nel mondo co-noscono questa parola, ma pochi sanno poi effettivamente come si pratica, se non seguono la religione islamica. Il Ramadan è un mese di pre-ghiera, di adorazione, di intensa lettura del Corano, di purificazione del proprio comportamento. Alla preghiera quotidiana si accom-pagna obbligatoriamente il digiu-no, che va osservato durante le ore diurne. Esso è necessario per l’asce-sa dello spirito, per avvicinarsi a Dio. Il digiuno - dal quale sono esclusi mala-ti e donne incinte - fa riflettere sull’im-portanza di compiere buone azioni, per-mette di apprezzare i doni di Dio e offre

una pausa a chi vive tutto l’anno tra abitudini rigide o eccessi. La preghiera è sempre suddivisa in 3 momenti, mat-tina, pomeriggio e sera, si recitano in tutto 5 preghiere.Il Ramadan inizia con la luna nuova del solstizio, quest’anno è iniziato dopo la metà di giugno, con l’avvistamento del-la luna nel nono mese islamico. La pratica degli avvistamenti lunari ov-viamente varia da luogo a luogo. In Usa la maggior parte dei praticanti segue la decisione dell Islamic Society of North America che accetta gli avvistamenti di luna nuova ovunque negli Usa. La fine del mese di preghiera, contrad-distinta dalla celebrazione di ‘Eid-ul-Fir è determinata in modo simile. La fine del Ramadan, la rottura del di-giuno, si festeggia con luci e lanterne colorate nelle strade e nelle moschee. Durante questa festa ci si veste elegan-ti, si decorano le case con le luci e si

regalano dolcetti, si fanno offerte per i bisognosi. In gran parte del mondo musulmano i ristoranti restano chiusi durante le ore di luce in questo periodo e aprono di sera. In alcuni Paesi per il Ramadan si modifica anche l’orario di lavoro, spo-standolo avanti di un paio d’ore. In famiglia ci si alza presto, prima del sorgere del sole, per consumare un pasto piuttosto robusto detto Suhoor, l’alto si potrà fare dopo il tramonto e si chiama Iftar. Il pasto notturno si apre con datteri e bevande dolci, poi si mangia quel che si vuole. Nei pasti tradizionali si con-sumano datteri, pistacchi e noci, frutta fresca, verdure, carni halal, pane az-zimo e formaggio. Di solito si termi-na con dessert detti Konafa (una torta fatta di grano, zucchero, miele, uvetta e noci) e Qatayef, una torta più picco-la, simile ma noci e uvetta sono inserite

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Cartolina di auguri per il Ramadan. A destra e sopra, cibi tradizionali in Australia e in Marocco per Suhoor e Iftar.

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.8 7-8/2015People &Co

by Amir Hussein Barouh

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Wine & Co

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.8 7/2015

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I VINI DI CORLIANO TRA LE ECCELLENZE DI TOSCANAL’azienda Villa Corliano è un produttore di vini ubicato nel comune di Lastra a Signa, situato in provincia di Firenze, nella regione Toscana. Abbiamo effettuato una ricerca accurata tra i produttori di vini presenti nella regione Toscana e l’azienda Villa Corliano è risultata essere me-ritevole di menzione come una delle realtà vitivinicole più interessanti della provincia di Firenze. I vini dell’azienda Villa Corliano risultano essere rappresentativi dell’eccellenza produttiva della regione Toscana. Villa Corliano, di proprietà della famiglia dei Marchesi Agostini della Seta, ospita un elegante Relais Hotel con un delizioso ristorante che propone piatti della tradizione toscana con sofisticate mise en place.

iI LONGEVI DOCSono i vini di cantina Terlano, famosi in tutto il mondo per la loro alta mineralità

I vini di Cantina Terlano sono famosi in tutto il mondo per la loro longevità e mineralità. Per dare una base scientifica a tali proprietà e comprendere la loro origine, Cantina Terlano ha deciso di analizzare più da vicino la composizione geologica dei terreni Che sia il suolo, in quanto elemento essenziale del Terroir, a giocare un ruolo decisivo nel definire il sapore, la struttura e le potenzialità di sviluppo dei vini è oggi un dato certo. Cantina Terlano ha voluto svelare una volta per tutte il segreto della longevità dei suoi vini sulla base di un’analisi geologica del suolo. “Per noi è davvero molto importante capire la conformazione e le caratteristiche dei nostri terreni, poiché è proprio da loro che nascono i nostri vini”, spiega l’enologo Rudi Kofler. “Consideriamo i rilevamenti geologici come un importante investimento per il futuro che può darci nuove conoscenze e arricchirci di nozioni che diventeranno decisive nel nostro lavoro, non solo in vigna ma anche in cantina”. Un team composto da dieci esperti, guidati dal geologo Carlo Ferretti, ha condotto per conto di Cantina Terlano approfondite analisi nei vigneti Kreuth, Vorberg e Winkl per un ammontare di più di 1100 ore lavorative. Molteplici le analisi condotte, fra cui un’analisi del terreno con gli innovativi sistemi GSA, test idrogeologici, rilevamenti geologici con l’impiego di tecniche geostatiche, analisi fisico-chimiche del suolo, analisi geotecniche, campionamenti petrografici e mineralogici nonché un’analisi della composizione chimica a livello di molecole e atomi. I test hanno dimostrato da un lato la grande stabilità e resistenza dei terreni di Terlano, dall’altro la ricchezza di sostanze nutritive contenute nel suolo: “I terreni hanno un contenuto elevato, decisamente sopra la media, di biossido di silicio, e sono allo stesso tempo ricchi di cosiddetti minerali secondari. In generale, le analisi hanno rilevato nei nostri terreni la presenza di tutti gli elementi nutritivi, dei quali la vite necessita per dare vita ad uve di qualità. La stessa distribuzione nel suolo dei diversi elementi è risultata perfettamente bilanciata“, ha commentato Ferretti. Durante le analisi sono stati rinvenuti minerali argillosi che facilitano l’assorbimento ed il trasporto delle sostanze nutritive dal terreno alle piante. Fino ad oggi si riteneva che i minerali argillosi in terreni di origine vulcanica fossero presenti solo nei Grand Crus, quindi nei migliori vigneti della Borgogna.La combinazione tra un alto contenuto di minerali ed un buon apporto nutritivo alla vite è, secondo quanto emerso dalle recenti analisi geologiche, l’ingrediente che rende unici i vini di Cantina Terlano. Filippo Bortolan

Degustazione placè nei suggestivi spazi sotterranei di Cantine Terlano

by Filippo Bortolan

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Qui sopra: l’uomo Dolce & Gabbana autunno Inverno 2015In basso: completo e cappotto bicolore di Valentino Uomo

by Kristi Prendi

GENDERLESS

I nostri uomini si preparano a vestire per l’inverno le ispirazio-ni cubiste di Valentino, le fantasie orientali di Givenchy, lo spirito chic di Hermes, i cappelli a fungo di Comme de Garcon le provocazioni e le esagerazioni. Se si voleva una novità forte da Gucci, dopo la clamorosa uscita di scena dell’ex direttore creativo Fri-da Giannini, questa non si è fatta at-tendere. Alessandro Michele, ha ot-tenuto una vera e propria standing ovation. Lo spirito rivoluzionario è il fil rouge di tutta la collezione. Così genderless da non distinguere a volte i look femminili da quelli maschili. Camicie di seta, fiocchi e georgette, cappelli bohémienne. Ogni pezzo ha un tocco così france-se da pensare di essere finiti nell’ar-madio di qualche parigino anni Set-tanta. Stesso concetto evidenziato anche da Prada, che ha proposto una sfilata minimal, concettuale, quasi monotonale e in tessuti tecnici e croccanti. Giorgio Armani ha fatto sfilare un uomo invernale che raf-forza il concetto: pantaloni a cavallo basso, giacche sempre più morbide e destrutturate, in un mix cromati-co che sfuma dal blu al grigio acco-gliendo tutte le nuance polverose, dall’ottanio al verde petrolio. L’uomo firmato Ermenegildo Ze-gna sfila tra montagne di terra da cui sorge un bosco verde. E’ la natu-ra la chiave di volta di questa colle-

zione nata all’insegna dell’ecososteni-bilità. Stefano Pilati ha scelto materiali e fibre naturali e li ha declinati cre-ando un nuovo concetto di uniforme urbana. Di fronte a queste novità ve-diamo mariti e fidanzati sbirciare con curiosità le vetrine piene di accessori sofisticati e ricchi di decori aristocra-tici, mentre si annodano sulle spalle i maglioncini di cotone Loro Piana nei soliti colori neutri. Ma si dovranno abituare. Perchè dopo i vivaci cromatismi di questo inverno, li attenderà un’estate a tutto colore, quella che abbiamo visto in questi giorni sulle passerelle della moda ma-schile milanese, durante la Fashion Week dedicata alle sfilate Uomo Pri-mavera Estate 2016. Sono sgargianti le proposte di DSquared2, di Stella Jean, che immaginano i nostri uomini colo-rati come surfisti alla ricerca dell’on-da perfetta. Appena scendono dalla tavola indossano giacche a vento con gli shorts sopra al ginocchio, sneakers con lacci elastici al posto delle strin-ghe e leggerissime cerate se tira vento, portando in spalla zaini enormi. Ma solo quando sono in vacanza. In città invece l’uomo 2016 indosserà i lini impeccabili di Valentino e di Guc-ci, la couture di Christian Pellizzari che lo immagina al centro di una sar-toria d’antan, intento a scegliere tagli e sagomature. Anche Corneliani punta tutto sui volumi perfetti a sul rigore. Per chi non indossa più la giacca da mille anni, e si veste come se fosse

Eleganza maschile senza generi per il prossimo inverno. Per il 2016, tutti surfisti o bohemiens

Fashion&Co

ARENAMEDIASTARMAGAZINEn.8 7-8/2015

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GENDERLESS

A Milano Moda Uomo 2016, Dolce & Gabbana propone l’ispirazione Cina.Versace mette in testa i foulard

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sempre in barca, ecco lper il 2016 a collezione di Emporio Armani, che propone un trionfo di blu, linee pulite e per le occasioni più intriganti, una collezione di baschi da portare anche sotto il solleone. Si torna al colore puro con i capi di John Richmond e le proposte di sapore londine-se di Stella Jean e il tripudio di stampe di Dolce & Gabbana, che hanno scelto atmosfere orienta-li rivisitate, con un estro che pare inesauribile. Gli stilisti siciliani questa volta sono usciti dall’Italia e si sono innamorati della Cina, del-la Città Proibita. Ecco le stampe con dragoni e pavoni, coloratissimi paesaggi, spettacolari ac-costamenti. Ennio Capasa di Costume National invece torna ai suoi anni verdi, alle atmosfere rock mischiate alle frange degli Indiani d’Ame-rica. Splendide anche le proposte di Donatella Versace che per il marchio della medusa fa sfi-lare suoi modelli con in testa i foulard coloratis-simi dei bykers.

LA NUOVA COLLEZIONE BORSALINO PRESENTATA CON UN PARTYLa nuova collezione Borsalino, è stata presentata in occasione di Milano Moda Uomo, con un party frequentato da molti personaggi del jet set e dello spettacolo che si è tenu-to nel palazzetto dove ha sede la boutique in Via S. Andrea.I I feltri sono come sempre morbidissimi e preziosi, i colori sono più vivaci del solito. Molti degli ospiti indossano i Borsalino in vendita in questa calda estate 2015, la col-lezione proposta si ispira alle grandi spedizioni di inizio secolo scorso, al loro sapore aristocratico, senza però cadere nella nostalgia del ricordo. Le forme dell’epoca sono ripensate in chiave decisamente contemporanea, abbinando originalità e senso estetico. Tre sono i temi dominanti della nuova collezione: “Real”, “Sierra”, “Inca”, tutti con modelli a tesa piccola, media e larga.“Real” sono veri e pro-pri capolavori artigianali, dove la perfezione del dettaglio è il vero elemento distintivo. “Sierra” è la linea che percorre le ultime tendenze moda. Cappelli che rispondono a un’esigenza stilistica decisamente contemporanea, indossati per non passare inosservati, mantenendo un certo stile.“Inca” rappresenta lo spirito più informale di Borsalino, senza mai perdere di vista design e vestibilità. Tra i modelli femminili, una serie di copricapi molto chic, in rafia a tesa larga con cinta in canneté, o i mini cilindri in paglia parasisol bianchi nella versione femminile o in panama quito per quella maschile. Grande cura anche per i modelli da cerimonia, come il cappello con fiocco over in rete sisal o quello con corona piatta e tesa larga.Per l’uomo, oltre ai classici e pregiatissimi Montecristi, una serie di eleganti modelli in papier extra-fine con cinta a righe bicolore, papier, parasisol e panama colorati. Un inatteso effetto trompe-l’oeil per la collezione in tessuto, composta da baschi, cloche e coppole. Il nuovo lino-cotone che ricorda la canapa, il tessuto etnico per un modello con ala tagliata a vivo, e il tessuto dall’effetto mélange. Infine il berretto patchwork, realizzato con tagli e tessuti diversi tra loro, assicura l’unicità di ogni singolo copricapo. Giuseppe Bruni

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In alto: Ana Laura Ribas al party di Borsalino prova un feltro maschile della collezione 2015-16. A sinistra: scarpa classica blu di Santoni. Qui a fianco: scarponcino Church con carrarmato

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L’easy elegance di Marni per la collezione autunnio Inver-no 2015-2016. Pelliccia, ma-glia, tailoring si mescolano in sofisticate espressioni di personalità.

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Manuel Ritz propone un connubio tra il mondo dei motori, del desigh e del vintage.

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Grande successo di pubblico e di critica per il nostro evento “Passeggia con Leonardo “che si è tenuto in 10 città italiane, con il patrocinio di Padiglione Italia Expo, Regione Lombardia, Re-gione Emilia Romagna, Coni e delle città interessate. Dopo le tappe di Pavia, Vigevano, Melzo/Vaprio d’Adda e Milano, che abbiamo già raccontato nel numero scorso, ci siamo spostati a Firenze, Pisa, a Bologna e a Roma, per la grande passeggiata conclusiva guidata dal prof. Carlo Sportelli ( le foto e i video sono sulla pagina Facebook “Passeggia con Leonardo”).La tappa di Firenze è stada guidata dalla specialista in farmacia Daniela Monteduro, che ci ha parlato delle ‘armi chimiche di Leonardo’ e le competenze del Vinci in fatto di botanica e di erboristeria. Ab-biamo ricordato le riflessioni della studiosa americana Carmen Bambach che ha posto l’accento sugli scritti di Benedetto Varchi, amico della famiglia Vettori: nel ‘500 faceva parte dell’elite fio-rentina di Giuliano De’ Medici, grande mecenate di Leonardo. Da questi scritti si conoscono le importanti consulenze di Leonar-do al De Medici a proposito dei suoi cavalli: egli sapeva curarli dalle malattie come nessun altro. Paolo Vettori riferisce di viaggi di Leonardo per curare i preziosi cavalli medicei. La passeggiata è iniziata alla Chiesa di San Miniato al Monte, dove è stata fatta di recente una sensazionale scoperta collegata a un’opera del Maestro di Vinci. Il direttore della Galleria degli Uffizi Antonio Natali parla di questo luogo a proposito dell’Ado-razione dei Magi, il famosissimo quadro oggi conservato proprio agli Uffizi, che Leonardo da Vinci dipinse tra il 1480 e il 1483. Questa pala rivela un’aderenza strettisisma alla esegesi di S. Ago-stino, cui i committenti erano molto devoti. Agostino ribadisce il valore di festa dell’Adorazione, sottolinea l’affluenza da più parti di popoli pagani. Filippo Lippi dipinse lo stesso soggetto suc-cessivamente, ma senza riuscira a far quel che il Vasari definiva così: “Il Vinci sa dare alle sue figure il moto e il fiato”.

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by Kristi Prendi

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Passeggia con LeonardoLe nostre tappe in Toscana a Firenze e Pisa poi in Emilia a Imola e Bologna, gran finale a Roma

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Foto ricordo con il Conte Agostino Agostini della Seta sulla scenografica scalinata della Villa di Corliano

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Leonardo forse si era ritratto nell’Adorazione dei Magi

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E importante osservare l’Adorazione dei Magi per coglie-re le recenti scoperte di Antonio Natali e il loro legame con San Miniato. A sinistra in alto, Leonardo ha disegnato una architettura in rovina con figure impegnate in varie attività: chi porta un’asse, chi un canestro, chi dirige l’impresa, chi raccoglie i calcinacci, chi si sporge, chi resta appollaiato per lavo-rare. Perch’è questa scelta di rappresentare i manovali al lavoro e un edificio rovinoso? Perchè rappresenta l’idea del Figlio di Dio che scende non a distruggere ma a rico-struire. Si ha il sospetto che questa architettura sia qualco-sa di emblematico. Si era ipotizzato che questo edificio fosse la Villa di Pog-gio a Caiano progettata da Giuliano da Sangallo. Invece, spiega Antonio Natali, se cerchiamo un modello calzante, basta venire qui a San Miniato, che a quel tempo era la chiesa dei fiorentini, perchè il Duomo non era stato ancora completato sul fronte, per capire che guardando i tre archi nel 1480-83, tutti avrebbero pensato a San Miniato. Alla sua presenza fa da contraltare, al centro dello sfondo, una scena di battaglia. Se si legge bene la Bibbia il Libro del profesta Isaia (60) spiega Antonio Natali, si trovano tante incredibili corrispondenze con questo quadro. “Tut-ti proclameranno la gloria del Singore, tutti renderanno splendido il tempio della mia Gloria” . Il tempio in rico-struzione, qui rappresentanto dalla Chiesa più importante delal città, è il governo di Firenze devastato dalle congiure contro i Medici. Dunque questa simbologia si riferisce a una volontà di ri-

concilazione tra i principi e la città. Nel passo del Profeta si citano alberi come l’olmo e il cipresso che sono proprio sullo sfondo del gruppo di popoli giunti ad adorare il Bambino. Durante il recente restauro sono state scoperte 8 teste di personaggi e un elefante. Inoltre l’uomo in bas-so a destra che non guarda l’Adorazione potrebbe essere Leonardo? La nostra visita è proseguita poi nel quartiere di S. Maria Novella, dove Leonardo aveva abitato, prima di dirigerci verso Palazzo Vecchio e il Museo del Bargello, zona in cui aveva lo studio notarile Ser Piero da Vinci e dove era la bottega di Verrocchio. In questa chiesa alla fine del Quattrocento stavano lavo-rando i grandi maestri e contemporanei che Leonardo ha studiato e seguito per costruire la sua tecnica pittorica, come Ghirlandaio, Filippo Lippi e grandi predecessori come Cimabue. Guardando queste figure coloratissime, dai panneggi im-pegnati in svolazzi innaturali, serve un ipad per richiama-re agli occhi il lavoro di Leonardo in quegli stessi anni. Guardando i disegni leonardeschi come lo studio di pan-neggi e poi dipinti come “Ritratto di Musico” e “La dama con l’ermellino” ci mostrano una differenza enorme, la sua tecnica pittorica è talmente innovativa che sembra avanti di trent’anni. Il Chiostro di S.Maria Novella è stata la location ideale per il nostro video dedicato alle ‘armi chimiche di Leonardo’. Daniela Monteduro ci ha spiegato come Leonardo, grande conoscitore delle erbe avesse accennato, nella sua lettera

Il gruppo a S. Miniato guidato dalla dott. Daniela Monteduro

Il giudice della gara di dise-gno, Conte Domenico Savini

Cena Medicea preparata dalle contesse Miari Pelli Fabbroni

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Il genio di Vinci sapeva inventare terribili armi chimicheLeonardo

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di presentazione a Ludovico il Moro, alla sua capacità di creare un ‘fumo alloppiativo’, una miscela letale di erbe da sparare con le bombarde, che mettesse fuori uso gli arma-ti nemici grazie ad esalazioni venefiche. L’esercito che la usava doveva proteggersi il respiro con bambagia imbevu-ta di uno speciale antidoto sempre da lui ideato. I taccuini di Leonardo rivelano una stupefacente conoscenza di pre-parazioni e varietà vegetali utilizzabili a scopo offensivo come il loglio, il mappello, il dente cavallino. La nostra giornata è proseguita poi in centro città, osser-vando uno dei primi lavori di ingegneria ai quali partecipò il giovane Leonardo: l’innalzamento della grande palla do-rata in cima al Duomo di Firenze, un’opera colossale che impegnò non poco la bottega di Verrocchio, dove si pro-duceva ogni manufatto d’arte (quadri, sculture, decorazio-ni tessili per spettacoli) e si studiavano anche metallurgia e anatomia, per la rappresentazione veritiera del corpo umano. Poi abbiamo gustato un delizioso lunch alla Trat-toria del Cibreo, uno dei ristoranti più tipici di Firenze, che ci ha proposto alcuni piatti della tradizione medioevale e rinascimentale fiorentina. In questo luogo di delizie ci ha raggiunti il conte Domeni-co Savini, studioso di araldica, che ci ha parlato delle ori-gini di Lisa Gherardini del Giocondo, di cui ha ritrovato notizie all’Archivio di Stato di Firenze e ci ha mostrato il palazzetto di famiglia in zona S. Croce. Domenico Savini è stato il giudice della gara di disegno della nostra tappa di Firenze, che ha assegnato due premi a parimerito ai dise-gni presentati da Edoardo Stefanacci e Sonia Benini.

PRANZO A SORPRESA: LA TAVOLA DEI MEDICILa nostra tappa fiorentina ci ha portato a casa delle so-relle Giulia e Valeria Miari Pelli Fabbroni che ci hanno offerto per una bella sorpresa: un pranzo con i piatti pre-feriti da Lorenzo de’ Medici, preparati con grande perizia e seguendo con precisione le ricette tramandate da antichi manuali di cucina toscana.Appetizer con i crostini toscani della tradizione, fra i qua-li non poteva mancare la finocchiona, salume ricavato da tutti i ritagli del maiale, aromatizzato con spezie e semi di finocchio. Poi gnocchetti rinascimentali fatti a mano, con farina di farro e mandorle tritate, conditi con il burro e la salvia. Il piatto di mezzo è stato molto più laborio-so: terrina di volatili del cortile (pollo, faraona, piccione, ecc) con contorno di verdura, presentato in una bellissima forma di colomba, che pareva quasi spiccare il volo dal suo letto di verdure. Gran finale con una torta di pere e mele alal moda di Lorenzo il Magnifico: soffice, delicata e profumata, con la frutta che si scioglieva in bocca. Grazie!

25Il primo dipinto di Leonardo, l’angelo (pala del Verrocchio)

Un delicato profumo dedicato a Caterina Sforza de’ Medici

Ritratto di Beatrice d’Este con-servato al Museo degli Uffizi

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A Pisa tra ville e palazzi dei fieri oppositori di Firenze

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PASSEGGIA CON LEONARDO A PISAParte dalla libreria Blu Book con gli amici dell’Associazio-ne Culturale “I Cavalieri” presieduta da Daniele Conti e la nostra passeggiata leonardesca con il patrocinio del Co-mune di Pisa che ringraziamo anche per la foto ricordo con il Sindaco Marco Filippeschi. Abbiamo scoperto le bellez-ze segrete di questa città dove Leonardo sarà entrato forse di soppiatto per studarne tanto attentamente la struttura e le difese. Egli progettò un piano molto ambizioso di asse-dio della fiera città toscana. Con costosissima deviazione dell’Arno che il reggente fiorentino PierSoderini decise di interrompere, ma il Sangallo riprese poi qualche tempo dopo, ottenendo l’insperata resa. Il nostro percorso fra i palazzi rinascimentali è stato guidato dall’attore teatrale Alessandro Bargagna. E’ curioso visitare Pisa senza pas-sare dalla Piazza dei Miracoli, con il Duomo, il Battistero e la famosissima Torre Pendente, eppure ci siamo riusciti. Le nostre tappe, a parte la pasticceria Salza per la ‘torta coi bischeri’ (che sono i merli sui castelli ghibellini) dove abbiamo incrociato la star televisiva Paolo Conticini, sono stati la bellissima Chiesa dei Cavalieri, la Scuola Norma-le, la piazza dell’antico mercato medioevale, una sorta di centro commerciale ante litteram. E naturalmente le splen-dide rive dell’Arno dove ha aperto i battenti Palazzo Blu dalla sfumatura indaco della facciata. Spicca fra tutti la facciata terracotta di Palazzo Agostini, il cui proprietario, conte Agostino Agostini della Seta, ci ha poi accolti nella meravigliosa villa di Corliano, un gioiello rinascimentale immerso in un parco secolare, che ospita anche un resort e

la deliziosa Osteria dell’Ussaro. La villa di Corliano è nata come cenacolo aratistico ed è abbellita da preziosi affre-schi in tutte le sale. Possedeva anche un sofisticato sistema di raffrescamento grazie alla presenza di piccole cascate interne. Il 24 luglio 1503, Francesco Guiducci scrisse dal “Campo contro Pisa” alla “Balia di Firenze” per riferire come, il giorno precedente, Leonardo Da Vinci, con Ales-sandro degli Albizi, avesse illustrato a lui e al governatore il “disegno” del progetto per deviare le acque dell’Arno: «Dopo molte discussioni et dubji conclusesi che l’ope-ra fussi molto ad proposito», perché nella peggiore delle ipotesi sarebbe stata comunque utile per difendere le colli-ne. E così, il 26 luglio, la Signoria di Firenze deliberava di rimborsare 56 lire e 13 soldi a Giovanni Piffero: «Spexi in vetture di 6 chavalli e spese di vitto per andare chon Lio-nando da Vinci a livellare Arno in quello di Pisa, e levallo dal letto suo». Giovanni Piffero fu fra i consulenti per la collocazione del David di Michelangelo il 25 gennaio 1504. Collaborò, inoltre, con Leonardo per realizzare in Palazzo della Signoria il ponte mobile per dipingere la Battaglia d’Anghiari nel 1505, ed è pure ricordato per aver fornito i colori. Soderini e Machiavelli riuscirono, il 20 agosto del 1504, a decretare l’inizio dei lavori «circha el voltare Arno alla torre ad Fagiano», per la costruzione di una diga che ostruisse il fiume e lo deviasse in due canali, fino allo Sta-gno, verso il mare. «E al dì 22 d’agosto 1504, si mise mano a volgere Anno a Livorno». Quando, dopo il 26 ottobre, si fece evidente il fallimento dell’impresa, entrambi furono accusati di avere sopravvalutato un “ghiribizzo, un’idea

Pronti per la partenza dalla libreria Blu Book di Pisa

Foto ricordo con il Sindaco di Pisa Marco Filippeschi

Incontriamo l’attore delle fiction Rai Paolo Conticini

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A Imola e Bologna, dove Leonardo lavorò per i BorgiaLeonardo

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assai infelice nella quale s’erano riscaldati stranamente, contro il parere delle persone più competenti». «Ma il fiume si rise di chi gli volea dar legge». Indubbiamente la polemica sul “ghiribizzo” era diretta in primo luogo con-tro Leonardo che a parole aveva fatto sembrar possibile un’impresa tutt’altro che semplice nei fatti.

PASSEGGIA CON LEONADRO A IMOLA/BOLOGNAAlla scoperta di Leonardo ingegnere militare con la nuo-stra guida, l’architetto Diletta Evangelisti, che ci ha portato nell’epoca di Caterina Sforza, signora di Imola e Forlì che governò su queste terre resistendo invano agli appetiti del Borgia. Caterina Sforza era figlia di Gia Galeazo Sforza, il Duca milanese assassinato dai Lampugnano e dai Vi-sconti nella famosa notte di S. Stefano che lasciò erede un giovinetto allevato e poi avvelenato da Ludovico il Moro. Caterina fu una grande politica e una grande guerriera, suo figlio Giovanni de’ Medici era il famoso condottiero Giovanni dalle Bande Nere. Leonardo da Vinci lavorò per il nuovo padrone di Imo-la, il Duca di Valentinois Cesare Borgia, che espugnò questa rocca bellissima oggi completamente restaurata e arricchita da un museo dove sono stati raccolte armatu-re cinquecentesche, cotte di maglia, balestre e archibugi, una selezione di cannoni e colubrine provenienti da tutto il mondo. Per studiare la difesa di Imola, Leonardo fu mu-nito di un lasciapassare dove il Borgia lo definiva ‘nostro familiare’ e obbligava tutti a riceverlo, a dargli accesso a ogni luogo e ospitarlo completamente con il suo staff. In

esposizione nella Rocca le bellissime maioliche cinquecen-tesche trovate sul fondo di un pozzo, alcune in perfetto stato. Una parte della rocca ospita l’Accademia Musicale di Imola, una scuola di specializzazione per virtuosi del pianoforte frequentata da diplomati provenienti da ogni parte del mondo. La nostra visita a Imola si è conclusa con una visita all’antica fiera agricola con mercatini di asinelli e cavalli.La nostra passeggiata è proseguita poi a Bologna, con ap-puntamento davanti a San Petronio nel pomeriggio. L’i-tinerario ci ha portato all’Oratorio di Santa Cecilia, con decorazion finanziate dalla potente famiglia Bentivoglio, dove abbiamo ammirato affreschi d.el Costa e dell’Asper-tini. Siamo entrati poi Cappella Bentivoglio. Il progetto è dell’architetto Pagno di Lapo Portigiani da Fiesole che lo realizzò tra il 1463 e il 1468; splendida pavimentazione in piastrelle di maiolica della bottega dei Della Robbia (1489), con tracce ancora visibili degli stemmi Bentivoglio. La decorazione pittorica fu invece affidata a Lorenzo Co-sta, che dipinse la Madonna in trono e la famiglia Bentivo-glio (1488) ex voto per la scampata congiura dei Malvezzi. A destra il Monumento di Annibale a cavallo (1458). Sulla parete sinistra, i due grandi affreschi allegorici, il Trionfo della Morte e il Trionfo della Fama (1490) ancora del Costa. Sull’altare la splendida pala con la Madonna in trono e i santi Giovanni, Sebastiano, Agostino e Floriano di Fran-cesco Raibolini detto il Francia, databile attorno al 1494. Nella parete di fronte, la Tomba di Anton Galeazzo Benti-voglio, opera di Iacopo della Quercia del 1438.

25Ingresso al Palazzetto Riario Sforza nella Rocca di Imola

In alto sulle mura a misurare le grandezze come Leonardo

Il gruppo di Bologna, partenzaper la Cappella Bentivoglio

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Il quartiere fiorentino tra San Pietro e Campo de’ Fiori

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PASSEGGIA CON LEONARDO A ROMAIl gran finale del nostro evento, Passeggia con Leonardo a Roma, è iniziato da Piazza Pio XII, di fronte alla monu-mentale facciata di San Pietro, con la guida del prof. Carlo Sportelli (Universitò Roma 3). Al tempo di Leonardo non si vedevano nè la facciata nè il colonnato nè la cupola. Die-tro la basilica preesistente si lavorava all’abside e all’am-pliamento delle stanze pontificie dalle quali il Papa in caso di pericolo fuggiva a Sant’Angelo percorrendo un cam-minamento posto in alto sopra le mura guelfe che ancor oggi si vedono andando verso la fortezza. Questa zona era dunque un cantiere aperto circondato da prati (infatti oggi questo si chiama Quartiere Prati). Nei primi decenni del Cinquecento furono costruiti alcuni palazzi di importanti famiglie come quello dei Della Rovere. e quello dei Torlo-nia. Ci indirizziamo a destra, verso l’attuale Corso Vittorio Emanuele, su questa direttrice si sviluppò un quartiere ‘di servizio’ per il cantiere, con botteghe di artigiani del legno e del ferro e istituti di credito. Subito prima del Tevere, il grande complesso creato dai Sassoni con una Chiesa e la ruota per gli esposti (per abbandonare i neonati inde-siderati), l’arcispedale di Santo Spirito in Saxia. Nel 1471 l’ex Schola dei Sassoni divenuta ospedale fu preda di un imponente incendio che lo ridusse in uno stato fatiscen-te. Sisto IV ne decise la ricostruzione immediata, anche in previsione del Giubileo. Il nosocomio, divenne il più importante luogo della ricerca scientifica: basti ricordare che al suo interno si avvicendarono medici illustri come Giovanni Tiracorda, medico di Clemente X, il Lancisi, il

Baglivi, protagonisti di importati studi medici. All’inter-no dell’Antica Spezieria fu sperimentato l’utilizzo della corteccia di china nel trattamento della malaria. Non si può dimenticare l’importanza del Teatro di Anatomia che fu di richiamo per artisti e scienziati come Michelangelo, Leonardo Da Vinci e Sandro Botticelli, che riprodusse la facciata dell’ospedale nello sfondo dell’affresco “ La puri-ficazione del lebbroso”. Fu qui che Leonardo, che viveva in questo quartiere e aveva poi in uso alcune belle stan-ze al Belvedere in condivisione con artigiani tedeschi che producevano specchi ustori secondo le sue indicazioni, proseguì la sua opera di ricerca, essendo poi accusato di stregoneria. Siuperato il Tevere guardando il Ponte Sisto, dotato di oculi che permettevano di misurare i livelli di pericolo dellle acque in tempo di piena, ci dirigiamo ver-so la Chiesa di S.Spirito finanziata dalla Confraternita dei Fiorentini alla quale Leonardo si legò, divenendo novizio all’inizio del 1514. Nei libri dell’archivio è scritto il paga-mento di una prima annualità ma poi egli non proseguì, perchè nel 1515 tornò a Milano. Di fronte alla Chiesa si ammirano l’imponente palazzo del Banco Mediceo e più avanti la stretta facciata del Banco di S. Spirito, istituti ai quali Leone X, il papa Medici detto La Talpa per la sua taglia grassoccia e la sua miopia si appoggiò per le forti spese sue e della sua corte, nella quale spiccava il fratello. Giuliano de’ Medici era un grande protettore di Leonardo e amante dei cavalli (le scuderie medicee sono divenute abitazioni private ancora visibili tra Piazza Risorgimento e Piazza Pio XII) e della musica. Leonardo ritrova l’amico

Partenza da San Pietro con il gruppo e sincronizzazione app

S.Spirito in Saxia, dove Leo-nardo fece studi di anatomia

Stemma della confraternita dei Fiorentini, Leonardo fu novizio

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Leonardo gli studi anatomici all’Ospedale dei SassoniLeonardo

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Atalante Migliorotti, che vive a Roma con uno stipendio di supervisor dei lavori, ottenuto per lui proprio dal fra-tello del Papa. Leonardo non ottenne alcuna importante commessa da Leone X perchè era stato già tutto assegnato. Michelangelo aveva affrescato la Sisitna e non era stato ne-anche completamente pagato, Raffaello aveva fatto il pie-no delle grandi commesse nei palazzi vaaticani, tant’è che quando Leonardo arrivò a Roma , fu ricevuto dal Papa in una grande sala dove troneggiava “La scuola di Atene” e Raffaello lo aveva ritratto nei panni di Platone. Non restava che adattarsi alla richiesta di occuparsi di bo-nifiche nelle malsane paludi pontine verso Civitavecchia e magari di qualche ritratto su tavola. Leonardo era arrivato a Roma portando con sè la Monna Lisa alla quale sempre lavorava e che teneva nelle sue stanze private. Forse aveva con sè anche il San Girolamo, ritengono alcuni studiosi, che pospongono la data della sua esecuzione ai primi anni del Cinquecento. Se così fosse, si potrebbe ipotizzare una commessa Melzi, poichè il padre di Giovanni Francesco si chiamava appunto Girolamo. Questo quadro è stato ritro-vato a Roma nell’Ottocento, tagliato in due pezzi, uno dei quali serviva da sgabello per un artigiano. Si può pensare che, forse al momento dell’accusa di stregoneria dagli spec-chiai tedeschi, sia stato trafugato dalle sue stanze private o da quelle al Belvedere e venduto. Proseguendo sull’at-tuale Corso Vittorio Emanuele, abbiamo ammirato Piazza Cesaraini Sforza. al 1458, quando fu costruito per Rodrigo Borgia, nominato da suo zio, papa Callisto III (1455-58), vice cancelliere di Santa Romana Chiesa. Quando Rodrigo

Borgia divenne papa con il nome di Alessandro VI (1492-1503) lasciò il palazzo al cardinale Ascanio Sforza a com-penso del sostegno da lui avuto in conclave. L’edificio in seguito venne assegnato in parte ai nipoti di papa Giulio II e qui i cardinali Sforza e Della Rovere svolsero le funzioni di cancellieri della Chiesa. Per alcuni anni all’interno del palazzo operò la Zecca Pontificia, come sopra menzionato, finché nel 1504 papa Giulio II la fece trasferire nel palazzo a “Canale di Ponte”. Il palazzo ospitò anche gli Uffici della Cancelleria, ma anche questi vennero trasferiti per volontà di Leone X (1513-21) nel palazzo della Cancelleria, cosicché palazzo Sforza Cesarini divenne il palazzo della “Cancel-leria Vecchia”. Nel 1536 il palazzo tornò di proprietà della famiglia Sforza. La nostra passeggiata si è conclusa presso questo maestoso edificio che ospita una mostra permanen-te sulle macchine di Leonardo Fu costruito per il Cardinale Riario e ancora oggi accoglie i tribunali della Santa Sede: la Penitenzieria Apostolica, la Segnatura Apostolica e la Rota Romana. Il palazzo, costruito tra il 1485 ed il 1513 è ora una delle proprietà della Santa Sede. (KFMDE)

25Il ponte Sisto con gli oculi idro-metrici per misurarne la piena

La chiesa dei Fiorentini e la Via degli Acciaiuoli a Roma

La Piazza Cesarini Sforza dove c’erano le proprietà dei Borgia

Sosta nel pomeriggio. Sullo sfondo le mura pontificie, utiliz-zate dai Papi per rifugiarsi a S.Angelo in caso di pericolo

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Motori & Co

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by Niccolò Carcano

Il 24 giugno si è tenuta ad Arese la presentazione della nuova Alfa Romeo Giulia, prima quella «cattiva» poi quelle «normali». La Giulia è stata presentata nella versione più estrema da 510 Cv per sottolineare il carattere sportivo della rinata Alfa Romeo: la Quadrifoglio Verde, che monta il V6 3.0 litri biturbo da 510 CV, di derivazione Ferrari, per uno 0-100 km/h in 3,9 secondi. Sarà in vendita alla fine dell’anno, i prezzi sono simili a quelli della concorrenza: 75-80 mila euro, come le Bmw M3 ed M4. Fra le altri rivali ci sono Mercedes C63 Amg, Audi Rs4. Ma nel progettare la Giulia i tecnici hanno preso a riferimento anche le prestazioni della Porsche 911, nonostante sia una coupé. Ovviamente la Giulia arriverà nel febbraio-marzo 2016 anche nelle versioni più tranquille con motori turbo a benzina e diesel: in questo caso il listino segue quello di Audi A4, Mercedes Classe C e Bmw Serie 3. Nella versione standard, la nuova Giulia avrà un motore di 2000 cc biturbo, con quattro cilindri e potenze di 180, 250 e 330 cavalli. Nella versione “top” del diesel ci sarà un 3000 cc della VM Motori, ora in dotazione su Jeep e Maserati.In seguito si aggiungerà anche la variante ibrida. La Giulia sembra la discendente più vicina alla 75, da cui riprende la trazione posteriore e la propulsione longitudinale. Così vestita, la Giulia lascia vedere tutta l’aggressività dei suoi stilemi: spicca in parti-colare la cura per l’aerodinamica e il raffreddamento, con sottili feritoie supplementari che incorniciano gli elementi orizzontali del trilobo. Da notare anche gli sfoghi d’aria sul cofano, e quelli sul passaruota, che danno origine allo “scavo” che percorre la fiancata, all’altezza delle maniglie, forsew influenzata dalla BMW. Ulteriore dettaglio su cui concentrare l’attenzione: i piccoli “lip” verticali nella zona posteriore del laterale, all’altezza dei gruppi ottici, che servono a “staccare” il flusso d’aria dalla car-rozzeria e “pulirlo”, evitando indesiderate turbolenze in coda in modo da garantire il massimo della stabilità. Grande anche la cura riservata al sottoscocca: gli scatti dell’estrattore ci permettono di osservare un fondo vettura completamente carenato, oltre che virtualmente piatto. Numerose anche le caratteristiche appendici in fibra di carbonio a vista, materiale che caratterizza il piccolo profilo spoiler posteriore, sottolinea le minigonne e torna nel vistoso splitter anteriore, che “sigilla” il fondo della vettura in un tutt’uno con il diffusore (in cui sono alloggiati i quattro terminali di scarico). Fibra di carbonio e alluminio sono i nuovi ed esclusivi materiali ultraleggeri. Questa nuova Alfa Romeo, che omaggia palesemente le Maserati GranTurismo e GranCabrio nella fanaleria posteriore, è ricca di dettagli da scoprire anche negli interni: il volante ha un design completamente nuovo, così come l’intera plancia. Sul tunnel, oltre al controller girevole per il sistema d’infotainment - molto simile nella filosofia al coman-do delle rivali tedesche - e a quello dell’Alfa Dna, spicca la leva di un cambio manuale a sei marce: la Giulia Quadrifoglio sarà certamente offerta anche in questa versione. A sottolineare la vocazione sportiva, gli interni abbondano di fibra di carbonio a vista, impiegata per le finiture di numerosi dettagli (notevole il pomello del cambio), e soprattutto per il guscio dei sedili, che appaiono particolarmente sottili in questi primi scatti. Oltre al nuovo logo, sul volante spicca anche il comando d’accensione: una bella trovata, da vera supercar (e infatti lo adotta tutta la produzione Ferrari più recente). Gli esemplari esposti ad Arese sono dotati di impianto frenante carboceramico - verosimilmente un’opzione a richiesta - con pinze a sei pistoncini davanti e quattro dietro. La chicca vera, però, è un’altra: la targa della vettura bianca - AR 105 IT - è una chiara sottolineatura da parte dell’Alfa Romeo dell’italianità del progetto. E un regalo di compleanno - il 105°, appunto - a un marchio che per troppo tempo ha lavorato al di sotto delle sue potenzialità.Con il debutto dell’Alfa Romeo Giulia entra in scena anche il nuovo logo Alfa Romeo: croce e biscione visconteo si rinnovano, abbandonando il tradizionale fondo bianco (per la croce) e azzurro (per il biscione). I caratteri sono ora argentati, lo stesso mo-tivo prescelto per lo sfondo, simili a quelli del primo marchio recante la scritta Alfa Romeo (che debuttò semplicemente con la scritta Alfa). E, per i più attenti, il Biscione perde anche un’ansa, diventando maggiormente stilizzato, al pari della corona.Si prevede una vendita di 400 mila vetture entro il 2018 contro i 68 mila del 2014, impossibile traguardo da raggiungere per molti, ma non per Alfa; con la nuova Giulia l’Alfa Romeo è pronta a tornare ai fasti di un tempo, rilanciando immagine, presti-gio e vendite del Biscione, “operazione di rinascita” che, come ha sottolineato Marchionne alla presentazione, non sarebbe stata possibile senza la fusione di Fiat con Chrysler e la nascita di FCA.

ARRIVA LA TIGREE’ la nuova Giulia dal 510 Cv, la sportivaQuadrifoglio verde più grintosa che mai

Motori & Co

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Vintage

HAPPY HOUR Aumenta in tutto il mondo

l’alcolismo giovanile. E anche quello fra le donne in gravidanza e le puerpere. I gravi danni dei

comportamenti a rischio

B Basta andare dopo le undici di sera in giro per la città e davanti ad ogni pub, osteria e ritrovo trendy, non puoi non incontrarli. Sono tutti lì con una bottiglia di birra in mano o con un bicchiere da cui arriva il tintinnio dei cubetti di ghiaccio che si sciolgono dentro il gin tonic. Il popolo della notte dai mille volti ha un minimo co-mune multiplo che si chiama alcol. E se dopo si va a fare un salto in discoteca un altro cicchetto … dà piacere, euforia e aiuta a trascorrere una serata in compagnia senza inibizioni e resistenze psicologiche. Il consumo e l’abuso di alcol fra i giovani e gli adolescenti è un fenomeno preoccu-pante e in continua crescita in tutto il mondo. L’OMS raccomanda la totale astensione dal consumo di alcol fino ai 15 anni, mentre in Italia con la Legge 8.11.2012 n.189 vige il divieto di somministrazione e vendita di bevande alcoliche ai minori di 18 anni. Secondo dati ISTAT, il “binge drinking” è la modalità di consumo alcolico diffusa maggiormente tra i giovani di 18-24 anni. L’assunzione di quantità di alcol molto ele-vate in un’unica occasione e in un ristretto arco di tempo è una moda praticata per socializzare nell’ottica di un divertimento collettivo, sino ad arrivare all’ubriachezza e persino all’intossicazione alcolica. Per loro stessa ammissione, i giovani riconoscono che l’alcol ha le proprietà di una droga. Quello che non sanno, anche se a documen-tarsi in internet ci vuole un attimo, che fino all’età di 20 anni circa nel corpo umano non ci sono ancora gli enzimi destinati alla metabolilzzazione dell’alcol. Questo vuol dire che le bevande alcoliche, per i giovani risultano molto più nocive rispetto ad un adulto, in quanto l’etanolo contenuto non può essere scomposto in sostanze più tolle-rabili dall’organismo. L’abitudine al consumo di alcol in giovane età, sviluppa più fa-cilmente una dipendenza alcolica o, peggio ancora, una dipendenza mista con fumo, psicofarmaci e droghe. Un mix di sostanze esplosive per cervello e fegato che sono i due principali organi bersaglio. Le conseguenze, oltre che per la salute fisica, hanno ripercussioni anche in ambito psico-sociale, data la facilità di associazione con altri

Salute & Co

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by Fiammetta Trallo, medico specialista in ginecologia

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Prima dei 20 anni il corpo non ha enzimi che metabolizzano l’alcolcomportamenti a rischio, aggressività e violenza, ol-tre alle possibili influenze negative sulla socialità e sullo sviluppo cognitivo ed emotivo. Tra i comporta-menti a rischio alcol-indotti vanno considerati anche i rischi che si corrono alla guida di automobili e moto e l’aumento delle infezioni a trasmissione sessuale. Nello stato di ebbrezza è facile dimenticarsi delle regole del safer sex anche con partner occasionali e compagni di una bevuta. All’indomani di una sbron-za non è detto che non ci si possa ritrovare incinte o peggio ancora rendersi conto di essere state vittime di abusi sessuali.Per le donne si aggiunge un altro effetto negativo dell’alcol. A tutt’oggi la scienza non ha ancora indivi-duato qual è il livello di consumo di alcol al di sotto del quale si può bere senza rischi quando si aspetta un figlio. Gli studi però sono concordi nell’affermare che in gravidanza anche un consumo minimo può pregiu-dicare la salute e lo sviluppo del feto, il quale non ha difese rispetto all’alcol assunto dalla madre anche dopo assunzione di dosi modeste. Le conseguenze sono maggiori e più gravi nelle donne che abusano o che sono vere e proprie alcoliste, ma possono ma-

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nifestarsi anche nelle donne che si sono astenute dal bere in gravidanza, ma che avevano abusato di alcol in precedenza o hanno avuto stati di ebbrezza occasio-nali. Oltre ad aborto, nascita prematura e sottopeso, l’alcol può interferire nello sviluppo embrio-fetale e dare origine alla sindrome feto-alcolica caratterizza-ta da anormalità della crescita, ritardo mentale e alterazioni somatiche. In allattamento può interferire nella produzione del latte e provocare nei ne-onati alterazioni del ritmo del sonno. Le mamme che allattano e che scelgono di bere alcolici devono perlomeno pianifi-care le poppate: conservare il latte pri-ma di bere e riprendere ad allattare solo dopo che tutto l’alcol è stato eliminato. Secondo una recente inchiesta della Doxa, solo i due terzi delle intervistate è a conoscenza che l’assunzione di bevan-de alcoliche in gravidanza può compro-mettere la salute del nascituro. Il dato più significativo che emerge è che

per il 67% delle donne, l’assunzio-ne saltuaria di alcol in gravidanza non è rischiosa. Proprio per questo SIGO (Società Italiana di Ginecolo-gia e Ostetricia) e AssoBirra (Asso-ciazione Nazionale dei produttori della birra e malto) hanno lanciato la terza edizione della campagna “Se aspetti un bambino l’alcol può attendere”. L’obbiettivo è aumentare la cono-scenza sul tema “alcol e gravidan-za” e continuare ad informare chi aspetta un figlio o sta provando ad averlo e a chi è già mamma ma vuo-le diventarlo di nuovo.Il sito www.alfemminile.it dedica due post a settimana a questo deli-cato argomento con notizie e sug-gerimenti volte ad aumentare la sensibilizzazione e la conoscenza. Nella sezione “l’esperto risponde” è possibile ricevere risposte a quesiti, dubbi ed interrogativi.

DANGER

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LO STRESS TEST DELLA PRESIDENTA

Fra meno di un mese i mercati valuteranno il primo anno della gestione Santander, firmato Ana Botin

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Un anno fa la Spagna è stata scossa da un cambio della guardia epocale; quello fra Emilio Botin, morto il 9 settembre 214, che da 30 anni controllava il Santander, colos-so hispanico della finanza e fra i pri-mi venti a livello mondiale. E sua figla Ana, ultimo esponente di una dinastia che dai primi del ‘900 controlla l’azionariato, ultimamen-te con una quota inferiore al 3%. Dopo una carriera durissima, fatta di alti e bassi, di ascese e dimissioni, vittorie e licenziamenti, Ana è ora al comando di Santander. Che sta rivoluzionando come un calzino. Perchè anche lei è d’accordo con in-vestitori, analisti ed executive: negli ultimi decenni la banca non è stata in linea con gli standard finanziari di settore. Si poteva fare molto di più. Ana Laura Botin è nata nel 1960.

Dopo gli ultimi anni del liceo in un college della Pennsylvania, ha trascorso un anno ad Harward. Si è laureata nel 1981 e poi ha lavorato 8 anni in Jp Morgan. E’ entrata nel Santander nel 1988, occupandosi dell’area Latino Americana. Avreb-be voluto fare della banca di investi-mento hispanica il maggior player della regione, ma non vi riuscì. La spedirono poi in Asia, nel 1998. As-sunse 150 analisti di equity da una società di Hong Kong in bancarot-ta, ma anche qui le cose andarono male. Tornata in Spagna, nel 1999 si è trovata nel bel mezzo della fusio-ne tra Santander e Central Hispano, decisa da suo padre Emilio. Se-condo i piani, lui e il presidente di Central Hispano sarebbero stati en-trambi direttori, mentre un top ma-nager di Central Hispano sarebbeo divenuto amministratore delegato.

In meno che non si dica si sparse la voce che Ana Botin sarebbe stata quel ceo. Un magazine scrisse che la banca aveva molti botones (facchini) ma un solo Botin. La trentottenne Ana fu definita immediatamente la donna più potente della Spagna, ma questo elogio fece saltare i ner-vi nel board del Central Hispano. I top manager posero un ultimatum: lei se ne doveva andare. Si dimise il giorno dopo, ma restando nel bo-ard. Nel 2002, ha finalmente trovato la sua strada: alla guida di Banesto, controllata di Santander, ha portato le filiali da 332 a 1839 e ne ha chiuse solo 163 durante il grande collasso economico della Spagna. Passata a Santander Uk, ha saputo costruire un altro successo. L’uti-le dei primi nove mesi dello scorso anno erano superiori a quelli del 2013, + 50%. Il 9 settembre scorso,

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LADY DI FERRO DELLA FINANZAAna Botin ha ricevuto una rigida edu-cazione nel Regno Unito, nel collegio cattolico St. Mary’s di Ascot, e poi negli Stati Uniti, al Bryn Mawr College di Filadelfia. SI laurea poi in scienze eco-nomiche a Harvard. Nel 1981, a 21 anni, l’inizio della car-riera in JP Morgan, prima a Madrid e poi a New York. Quindi, sette anni dopo, i primi passi nel Santander con un’ascesa, manco a dir-lo, folgorante, fino a diventare direttore generale nel ‘94 e, tre anni più tardi, a Buenos Aires, presidente del banco San-tander Río. ma vera prova del fuoco, con il ritorno in patria e la nomina

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quando a tarda sera è mancato il grande presidente che aveva porta-to il Santander dal 152esimo posto al mondo per asset al 19esimo po-sto, acquisendo in media due socie-tà finanziarie all’anno dal 1986 fino alla sua morte, il colosso bancario al dettaglio ha tremato solo per poche ore. Ana Botin e suo fratello minore hanno avuto davvero poche ore per piangere la scomparsa dell’illustre genitore. A meno di 20 ore dalla morte del vecchio Botin, l’istituto fondato nel 1857 l’ha convocata a Madrid, dove il Comitato Nomine e Remunerazioni si era già riunito. Un’alta percentuale di azioni del Santander è in mano a piccoli inve-stitori, dunque bando alle lacrime. Ana Botin è stata chiamata a guida-re Santander, la quarta generazione che controlla il gigante bancario hi-spanico con meno del 3%. Da settembre 2014, le sorprese si sono succedute alle sorprese. Ana Botin parla del suo predecessore de-finendolo l’ex presidente. Ana Botin sostituisce l’amministratore delega-to, amico intimo di suo padre, senza troppi complimenti. Javier Marin si è dimesso da amministratore dele-gato undici settimane dopo la no-mina di Ana Botin alla presidenza della banca. Un ruolo che egli ave-va ricoperto dal 2013 alla relativa-

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Pochi giorni dopo la sua nomina, aveva giàiniziato a comprare e cacciare top manager

mente giovane età di 46 anni, dopo aver lavorato come responsabile del personale per Emilio Botin e in pre-cedenza come direttore di piccole unità di Santander. Alcuni scenaristi non le danno ab-bastanza fiducia, dicono che la si-tuazione è a rischio. La stessa Botin è preoccupata per la divisione Usa della Banca, che comprende una divisione di credito al consumo e la sua cattiva gestione. Un anno fa la Federal Reserve aveva bocciato la holding agli stress test. Anche a marzo scorso l’esame non è stato superato e , secondo indiscrezioni, pure quello del 2016 potrebbe an-dare allo stesso modo. Per questo motivo, a un mese dalla sua nomina sarebbe corsa a Washington a sce-gliere una nuova squadra di can-didati e un nuovo presidente per la holding di Santander che negli Usa è uno dei principali finanziatori per l’acquisto di automobili. La cura di Ana Botin sarà efficace? Per ora il suo gruppo non commen-ta il valore del titolo, che dal suo su-bentro ha fatto peggio di un vasto paniere di banche mondiali. Ma il suo staff sottolinea che nel primo trimestre 2015 l‘utile metto è stato pari a 1,72 miliardi di eunro, in cre-scita del 32/% rispetto a un anno fa..

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Central Hispano rilevandola dal padre. Emi-lio Botín, laureato in Giurisprudenza ed eco-nomia presso l’Università di Deusto a Bilbao, aveva alle spalle una lunga tradizione fami-gliare nel settore finanziario che arrivava fino al bisnonno.Nel 1993 grazie alla sua tenace campagna di

acqusizioni, Santander ha assorbito il Banco Español de Crédito (Banesto) e nel 1999 si è fusa con il Banco Central Hispano. Da allora la marcia del Banco Santander Cen-tral Hispano non si è fermata, il gruppo iberico, acquisendo in media due istituzioni finanziarie all’anno, è diventato la più grande banca di Spa-gna. Nel 2004, Banco Santander ha conquistato una storica istituzione ingleseAbbey National, divenendo uno dei maggiori istituti di credito in Europa.Botín era sposato con Paloma O’Shea, marchesa di O’Shea, dalla quale ha avuto sei figli. I suoi passatempi preferiti erano caccia, pesca e golf. Nel 2005 Forbes aveva stimato il suo patrimo-nio netto in 1,7 miliardi di dollari. .

Ana Botin, una delle sei donne al comando nelle 150 maggiori società finanziarie mondia-li, è succeduta a Emilio Botin, 79 anni, storico presidente del Santander, la maggiore banca spagnola, morto a Madrid per un attacco car-diaco il 9 settembre 2014.Emilio Botín-Sanz de Sautola y Garcia de los Rios, era nato a Santander, il 1° ottobre 1934, e aveva assunto nel 1986, all’età di 52 anni, la posizione di presidente del Banco Santander

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Dopo i successi a Santander Uk, dove era entrata nel 2010, Ana Botin, secondo alcuni autorevoli opinioni-sti della City , mieterà altri successi: “è nata per dirigere”. Anche se con uno stile tutto diverso dal padre. Staremo a vedere se, vista la com-posizione attuale dell’azionariato, la sua principale qualità, la visione strategica, permetterà alla dinastia Botín di proseguire quello che tutti definiscono un vero miracolo di con-tinuità dirigenziale: la famiglia non controlla ormai più dell’1,5 per cento del capitale del Santander (Ana è in possesso dello 0,149 per cento). Anzi, il principale investitore non è neppu-re spagnolo: è il fondo statunitense BlackRock, che ha in mano il 4,775% dell’istituto. Una situazione lontana anni luce da quella in cui, nel 1857, il bisnonno dell’attuale ‘presidenta’ fondò una piccola banca per gestire il traffico merci nel porto del capo-luogo della Cantabria, Santander appunto. La Botin è apparsa nella nuova veste di presidente essecutivo in una assemblea dei soci, convocata quattro giorni dopo la sepoltura del padre, che ha ricordato definendolo “il presidente precedente”. Dopo ne-anche tre mesi, aveva deciso la ven-dita di 7,5 miliardi di euro di azioni della banca, giusto per rispondere agli investitori che accusavano suo padre di trasscurare lo stato patri-moniale. Di recente ha detto stop per ora alla campagna di acquisizioni tanto cara al padre, che aveva co-struito la seconda banca europea per valore di mercato dopo Hsbc, con clienti in tutta Europa, Usa, Ameri-che. Ana Botin ora si vuol occupare d’altro: di migliorare il servizio ai clienti. E di far dimenticare l”’ex pre-sidente” come chiama suo padre nei consessi finanziari. Naturalmente ora la attendono sfide non

da poco, come il mantenimento dei buoini rapporti con i piccoli investitori e quelli istituzionali, che sotto la guida di suo padre erano stati molto soddisfatti del titolo e degli interessi. La atende il frontale con le normative sta-tunitensi, la contrazione dell’eco-nomia brasiliana, la domanda di prestiti in Spagna divenuta più debole. I clienti spagnoli sembra-no i più difficili da conquistare per ora: sono molto attenti ai tassi di interesse sui depositi superiori o inferiori tra un gestore e l’altro. Quale sarà il su stile alla prossi-ma assemblea dei soci? Emilio setacciava i voti dei piccoli azio-nisti mobilitando i direttori di filiale, si presentava in Consiglio con una maggioranza ben più so-lida del 2% delle azioni Santan-der che possiede la famiglia. Ana Patricia conosce il trucco, ma non ha il rapporto intenso e complice con l’entourage di suo padre, che convocava celebri riunioni dome-nicali, era invadente in qualsiasi dettaglio e continuava a viaggia-re in tutti i 40 mercati finanziari dove la banca è presente. La Presidenta (come la chiamano alcuni nell’ambiente) non pare intenzionata a convocare le cele-bri riunioni della domenica. Nè a replicare l’invadenza paterna in qualsiasi dettaglio della banca, guidata con paternalismo e con continui viaggi in tutti i 40 mer-cati finanziari dove Santander è presente. Lei è più banker che banquera. Con lei, è molto pro-babile che Santander, un’istitu-zione con 1500 miliardi di dollari di asset, diventi una società più professionale, più internazionale e meno paternalistica.

Sposata, tre figli, la Presidente Ana Botin compirà 54 anni il 4 ottobre. Ha imparato ad essere bella ed elegante, schiva e riservata grazie all’imposizione paterna. Ufficialmente è a favore della conciliazione tra famiglia e lavoro. Ma quando nacque il suo primo figlio si fece in-stallare nella camera d’ospedale il simbolo della reperibi-lità di allora: un fax. Al funerale del padre era l’unica a violare il nero del lutto per indossare una sciarpa rossa, simbolo dell’impero di famiglia.

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