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Il poetismo ceco e la poesia slovacca

Valér Mikula (Univerzita Komenského, Bratislava)

Il poetismo ceco influenza la poesia slovacca in tre riprese: negli anni ’20, negli anni ’30 (con un prolungamento fino agli inizi dei ’40) e infine alla fine degli anni ’50 (con un prolungamento fino alla fine degli anni ’60). La poesia slovacca ha reagito diversamente in ciascuna di queste fasi di ricezione: nella prima ha dimostrato di assorbire gli elementi del poetismo quasi subito e – per quanto riguarda la creazione poetica – e in maniera complessa; la reazione alle posizioni teoriche, invece, dichiarate nel manifesto del poetismo, fu prettamente negativa. Negli anni ’30 il numero di poeti legati al poetismo erano, a confronto della manciata che reagì immediatamente nel decennio precedente, molto più numerosi, eppure questa ricezione fu limitata: si orientarono più verso l’applicazione delle „tecniche” poetiche o ai prestiti tematici, mentre la visione del mondo e i valori riconosciuti dai poetisti li lasciarono indifferenti. Alla fine degli anni ’50 fu la stessa poesia slovacca di propria iniziativa a chiamare in aiuto il poetismo - probabilmente l’incitamento venne comunque dall’esempio del gruppo di poeti riuniti intorno la rivista ceca Květen (1955–59), che poco tempo primati si erano rifatti al poetismo in qualità di sostegno nei loro sforzi di modernizzare la poesia coeva. La terza (e ultima) ricezione del poetismo nella poesia slovacca fu probabilmente quella più complessa, contenente anche gli elementi concettuali, senza che questa complessità divenga un vantaggio per lo sviluppo.

Guardiamo adesso in maniera più dettagliata soprattutto alle caratteristiche della tipologia di queste tre fasi che uniscono il poetismo alla letteratura slovacca. Per la ricostruzione dei contatti tipologici sarebbe utile condurre due sezioni del poetismo: una, orizzontale, riguardante la diacronia del fenomeno (dalla genesi alla sua eredità passando per il suo apice), e la seconda, sincronica, che mostri la struttura verticale del poetismo (a partire dalla base filosofica attraverso la preferenze tematiche per giungere agli elementi poetici che partecipano alla costruzione formale della poesia). Avendo la scienza letteraria- soprattutto ceca – ampiamente affrontato questo lavoro è sufficiente qui ricordarla1. Per quanto riguarda la ricezione del poetismo nella letteratura slovacca, soprattutto le sue prime due fasi sono state già trattate dalla storia letteraria2 e a questa tematica possiamo solamente aggiungere alcune annotazioni. Il terzo ritorno del poetismo nel periodo post-stalinista merita un commento attuale, non potendo, durante il regime totalitario, avere uno sguardo completo sull’aspetto ideologico.

1 Riportiamo qui principalmente due antologie, le quali danno un quadro complessivo del poetismo e dove il lettore trova i rimandi alla bibliografia dell’argomento trattato: Poetismus. Ed. K. Chvatik e Z. Pešat. Praha: Odeon 1967; Magická zrcadla. Antologie poetismu. Ed. M. Kubínová e V. Kubín. Praha: Československý spisovatel 1982. Si guardino anche i relativi passaggi nelle pubblicazioni collettive Poetika česke meziválečné literatury. Praha: Československy spisovatel 1987; Proměny subjektu 1, 2. Ed. D. Hodrová. Praha: Ústav pro českou a světovou literaturu ČAV 1994. Le fonti sono stampate nei 3 volumi della pubblicazione Avantgarda známá a neznámá. Ed. Š. Vlašín. Praha: Svoboda 1970-71.2 Dei lavori che non vengono successivamente citati si guardi ad es. l’ampio articolo di Stanislav Šmatlák Slovenská poézia a poetizmus. In: S. Šmatlák, 150 rokov slovenskej lyriky. Bratislava: Tatran 1971, pag. 207-220; i passaggi relativi l’argomento nei libri di Pavel Winczer Poetika básnickych smerov. Bratislava: Veda 1974; Súvislosti v priestore a čase, Bratislava: Veda 2000.

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Gli anni ’20

Negli anni ’20 alcuni poeti slovacchi entrarono in contatto diretto con il poetismo ceco. Erano soprattutto i davisti, che a Praga studiavano (Ján Poničan, Daňo Okáli) o lavoravano (Laco Novomeský). Comuni punti di partenza ad entrambi i movimenti erano l’orientamento politico di sinistra e la poesia proletaria. Ma mentre i poetisti, seguendo la loro posizione di sinistra abbandonano la poesia proletaria con i suoi didattismo e sentimentalismo sociale, i davisti rimangono fedeli a questo tipo di poetica. La motivazione si trova da un lato nella loro interpretazione della poesia quale strumento nella lotta di classe e dall’altro nel loro talento poetico limitato, che impedì loro di raggiungere il livello estetico dei poetisti. Questo secondo aspetto con l’eccezione di Laco Novomeský, il quale si può considerare a pieno titolo un poeta poetista, seppur solo per un periodo della sua opera. D’altronde, quanto appena detto vale anche per i poetisti cechi, per i quali questo movimento ha rappresentato solo una fase – per quanto spesso la più importante- del loro percorso poetico. L’analoga situazione di Novomesky ci permette di inserirlo tra gli autori del poetismo; da annotare come unico tra i poeti slovacchi, e da aggiungere che si tratta di una appartenenza contraria alla sua volontà, in quanto egli stesso rifiutava il poetismo sul piano ideologico, dichiarando fedeltà alla sopra accennata dottrina davista.

L’aspetto sociale, formulato come direttiva nella concezione della poesia proletaria, è comunque fondamentale per il poetismo. A differenza pero’ della poesia proletaria quest’ultimo lo „sfratta” dalla struttura poetica: la poesia deve rappresentare puramente i valori estetici. In verità, il poetismo affermava: „l’arte pura, ma non l’arte a sociale”3; la sua funzione sociale consisteva – come spiega Jacek Baluch – „nel produrre solo arte”4, ovvero non produrre nulla (nemmeno nell’arte) che potesse servire alla società capitalistica. Dall’altro lato, la poesia così liberata deve servire l’uomo del futuro, la cui libertà è anticipata da quella creativa implicita nelle opere poetistiche.

L’antinomia tra la funzione sociale della letteratura nel poetismo e la poesia proletaria non era così chiaramente distinta nel contesto slovacco. Il movimento DAV metteva in pratica il concetto della poesia subordinata alle esigenze esterne. In linea con questa dottrina nel 1925 Novomeský pubblica sulla rivista comunista Pravda chudoby l’artico polemico (e consapevolmente demagogico) Poetizmus, nel quale annuncia „l’ora della morte”5 del poetismo, perché i poetisti solamente „si agitano in estasi sessuali davanti le gambe delle ballerine” e „non ascoltano le grida di dolore della strada”6. E conclude con l’esclamazione: „Apollinaire è morto. Evviva Majakovskij!”7.

Eppure, nella sua opera non rimane fedele a tale dichiarazione e nello stesso 1925 pubblica su di una rivista la poesia Nedeľa [Domenica], che rappresenta „il primo contatto della poesia slovacca con la poesia apollineriana”8:

L’amico si accende una sigaretta e si burla della notte e del crepuscolo,Io, alla sua amante parlo con patos delle traduzioni di Apollinair

Inoltre, la seconda raccolta poetica di Novomeský Romboid (1932) è considerata dalla storiografia letteraria slovacca come la versione slovacca del poetismo. Aggiungiamo che si tratta del primo – ed ultimo – libro slovacco a corrispondere in maniera completa al poetismo ceco, sia sul piano teorico sia su quello della „tecnica poetica”.

3 Baluch, Jacek: Poetyzm. Porpozycja czeskiej awantgardy lat dwudziestych. Wrocław – Warszawa – Kraków: Zakład narodowy im. Ossolińskich, Wydawnictwo Polskiej akademii nauk 1960, pag. 86.4 Ibid. 5 Cit. secondo la pubblicazione Novomeský, Ladislav: O literatúre. Bratislava: Slovenský spisovateľ 1971, pag. 13.6 Ibid.7 Ibid., pag. 14.8 Šmatlák, Stanislav: Básnik Laco Novomeský. Bratislava: Slovenský spisovateľ 1967, pag. 108.

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GLI ANNI ’30

Negli anni ’30 il numero di poeti che guarda al poetismo aumenta, nonostante la gnoseologia poetistica non risulti essere il nucleo delle loro opere. Questi autori provenivano da tradizioni estetiche differenti, delle quali la più forte era il simbolismo, che continuava a godere della propria persistente autorità. Tale corrente, al cui inizio si trova Ivan Krasko, non accetta la concezione della scrittura come mestiere accessibile a chiunque (caratteristica del poetismo), ma richiede l’identificazione del poeta al suo testo: secondo i conosciuti versi di Krasko della poesia Kritikovi [Al critico], dove in ciascuno dei termini poetici avrebbero dovuto esserci „i cuori […] incrostati di sangue”. Anche Novomeský, per tornare a lui, ha ceduto a questa tradizione una parte non trascurabile nelle sue due - tre raccolte successive. Il dilemma tra „l’onorato dovere” di servire l’idea e l’inclinazione ad ascoltare il proprio talento, tra la dottrina ideologica e il libero gioco poetico, questo dilemma Novomeský non lo risolverà e continuerà ad oscillare tra i due campi.

Là, dove la tradizione simbolista era attenuata – nella letteratura ceca ad esempio i poeti-ribelli quali Viktor Dyk o František Gellner oppure il vitalismo di Fraňa Šrámek – l’identificazione o meno con la propria opera non aveva una connotazione morale, ma solo estetica. Viceversa, nella conservativa cultura slovacca la priorità della morale, delle posizioni etiche dell’autore marginalizzava tutto quanto risultasse meno „essenziale” su binari paralleli oppure trasformandolo in „pezzi di ricambio”, liberamente utilizzabili senza riguardo alcuno allo loro funzione originaria. E’ il caso anche di quegli elementi del poetismo, quali le rima sorprendenti, l’associazione veloce, la libera fantasia, la strofa elastica, il gioco di parole, il codice visuale della pagina ecc., largamente applicati nella poesia slovacca degli anni ’30 e successivamente anche nella prima metà degli anni ’40. Si tratta di una riduzione consapevole (spesso anche inconsapevole) del poetismo dal livello di visione del mondo a quello di componente poetica. Come ha scritto M. Hamada riguardo uno di questi „applicatori”, „l’epicureismo vitale, filosoficamente motivato del poetismo ceco in Hlbina diviene un rapporto edonistico con la parola”9.

Rimaniamo un attimo su questo poeta – P. G. Hlbina, appartenente alla Katolícka moderna. Questo gruppo si ispirava per la teoria soprattutto alla concezione della poesia pura di Henri Bremond. Hlbina tradusse dal francese il suo libro Modlitba a poézia [Preghiera e poesia] (1943) e nella postfazione alla traduzione sottolineava la posizione di Bremond „contro il dadaismo moderno, il surrealismo vacuo e il gioco di parole fine a se stesso nella poesia”10. La concezione della poesia spirituale, evidentemente, non è vicina al poetismo, nonostante dieci anni prima Hlbina nella raccolta Cesta do raja [Cammino per il paradiso] (1933) pubblicasse anche questi versi:

Qualcosa di vero ci sarà: il nuovo mondo cerca una nuova rima.Le nuvole del crepuscolo sono rosse, bisogna essere ipermoderni.

Milan Hamada nella sua retrospettiva critica del modernismo slovacco non nasconde il proprio disaccordo con tale metodo di comporre versi: „[…] il poeta unisce la nuova poesia con la nuova rima, ovvero, di nuovo sul piano verbale. Non motiva i mutamenti nella poesia con il cambiamento delle opinioni esistenziali, ma con il lavoro rinnovato tramite il materiale verbale.”11 Aggiungiamo qui che i cambiamenti poetici in Hlbina non sono mai stati profondamente motivati e che, così come spesso si accontentava della prima idea nella ricerca di espressioni, allo stesso modo si identificava

9 Hamada, Milan: Skutočnosť a čistá poézia (K problematike nášho medzivojnového modernizmu). Nel suo lavoro: Básnická trancendencia. Bratislava: Slovenský spisovateľ 1969, pag. 141.10 Hlbina, P. G.: Doslov. In: Bremond, Henri: Modlitba a poézia. Martin: Matica slovenská 1943, pag. 108.11 Hamada, Milan: Op. cit., pag. 141.

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superficialmente con le correnti poetiche del momento, si trattasse della moderna cattolica o del realismo socialista. Eppure, proprio tale incompleta identificazione dona alle sue poesie una certa permanente giocosità (vitale nell’avanguardia, ingenua nel modernismo cattolico e demenziale nel realismo socialista), il cui risultato è anche un effetto di ironico „virgolettare” sia dei metodi utilizzati sia degli atteggiamenti dichiarati – come è il caso anche dei versi citati da Hamada, ovviamente.

Un poetismo privato delle sue basi filosofiche ed utilizzato come serbatoio di temi attraenti e metodologie „moderne” – questo è stato il suo destino nella poesia slovacca degli anni ’30. Allo stesso tempo, possiamo affermare che ha giocato un ruolo decisivo nella modernizzazione della poesia slovacca. Con l’eccezione di alcuni tradizionalisti (Š. Krčméry, M. Rázus) il poetismo è comunque presente nel contesto poetico, seppur in forma sparsa. Indicativo di tale eco del poetismo è l’articolo informativo di Stanislav Mečiar Rozhovor o poetizme [Discorso sul poetismo], pubblicato in successione agli inizi degli anni ’30 sulla rivista Elán, all’interno dei suoi primi tre numeri risultando così esserne il programma. Mečiar non nasconde l’ammirazione per questo movimento e conclude entusiasticamente: „I suoi risultati sono splendidi documenti di vitalità e prosperità, caratteristica ne diviene la pienezza, il lavoro acquista sempre più rispetto e stima. Tanto ottimismo, quanto ne porta e dona non si trova nella letteratura precedente. L’immaginazione creativa delle vertiginose distanze non è di minore una preferenza. Il panglobismo, la poesia simultanea, la demolizione degli argini, tutto questo è la naturale premessa di tale poesia. Non meno degno di stima è l’amore passionale per la completezza dell’opera, l’esattezza del lavoro.”12

I poeti dei diversi orientamento inseriscono all’interno delle loro poetiche, naturalmente anche in conseguenza a una tale esaltazione, elementi della versificazione e della costruzione dell’immagine poetica „inventata” dai poetisti, senza, pero’, preoccuparsi troppo di mantenere tutte le implicazioni semantiche, estetiche o sociali di questo o quell’altro procedimento, raggruppando il tutto sotto l’idea globale di una „moderna” o – come abbiamo letto in Hlabina – direttamente „ipermoderna” poesia. A tale proposito, proprio la sua poesia Cherubín baroka [Il cherubino del barocco], pubblicata sullo stesso numero della rivista Elán, dove si conclude l’articolo di Mečiar – chiaramente in qualità di prova della assimilazione dei „risultati”. L’immobile tentativo di Hlbina di giocare con le associazioni sullo sguardo dell’angelo barocco non si cela i rimandi all’inventario tematico poetista (l’alfabeto, l’amore giocoso, il varcare simultaneo di più piani geografici, ecc.):

Angioletto paffuto,non ridere dall’altare;tu non sai cos’è l’amoree cosa la cetra.

Ah, non sai, oppure lo sai?Non fare lo stupido.L’alfabeto è nel sillabario – te ne compro uno.

La cintura del vescovo è rossae a Roma vive il papa:tutto è così semplice.certamente, con facilità capisci… (ecc-)

La poesia slovacca utilizza le tematiche poetistiche come le tecniche poetiche – la maggior parte sono state private delle motivazioni originali e adoperate solo quale 12 Mečiar, Stanislav: Rozhovor o poetizme. Elán, 1, n° 3, pag. 8.

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variazione di repertorio. La vita quotidiana vista sotto una nuova luce, le feste popolari, l’atmosfera delle fiera e delle giostre di cavalli, l’esotismo13 – questo intero mondo di felicità rimane per la maggior parte dei poeti solo una distrazione passeggera, intermezzo o breve sollievo nella loro importante e coraggiosa missione di essere poeta.

Un ottimo esempio di tale posizione ci viene offerto da Fraňo Kráľ, il quale esce dall’ambito della poesia proletaria e successivamente diviene l’autore di riferimento del realismo socialista. Nella raccolta Balt [Baltico] (1931), una eccezione all’interno della sua opera, ritrae, colmo di toni tragici, di influenze del sentimentalismo e di pedanteria sociale, l’abitazione di un soggiorno estivo sul mar baltico. L’esotico mondo della villeggiatura, in lui, risveglia un certo edonismo espresso con mezzi poetisti: umorismo, giochi di parole, assonanze, certo, tutti elementi usati sostanzialmente in maniera maldestra. Eppure, questo non ha impedito che il libro venga considerato nella nostra letteratura come visibilmente legato al poetismo. Nella conclusione questo poeta proletario sente i rimorsi di coscienza per una tale estemporaneità, come mostra la chiusura della poesia Kúpajúce sa telá [Corpi bagnanti]:

Qui vedi sulle acque i gigli sbocciati,vedi solo la brina dei seni che si alzano,qui distingui il bianco, dimentichi il nero,Il nero della miseria nell’immaginazione ti uccide il piacere.

In F. Kráľ è la rivoluzione che non può avere nulla in comune con il divertimento, con il gioco o con la pura arte; per altri poeti è la religione, la nazione o la così detta tradizione umanistica a difenderli dall’accettare il poetismo nella sua complessità.

Per concludere questo periodo aggiungiamo ancora qualche nome, con i quali è possibile mostrare le diverse applicazioni del poetismo. Ricordiamo, tra i poeti di rilievo, in primo luogo Ján Smrek, redattore di Elán, la cui pubblicazione dell’articolo di Mečiar sul poetismo qui lo colloca. Nell’arco di poche raccolte passa dal post-simbolismo al vitalismo e all’interno di questo anche al poetismo. Il sensualismo di Smrek, come sottolinea M. Tomčík, „possiede sí l’originario punto di partenza nel vitalismo, eppure […] è motivato anche dal poetismo”14, individuabile, soprattutto, nella raccolta Iba oči [Solo gli occhi] (1933), che nasce dal soggiorno praghese del poeta. Un ulteriore, forse il più organico, percorso verso l’applicazione del poetismo lo compie Ján Kostra (debutto nel 1937 con Hniezda – Il nido), a partire dalla poesia proletaria dei suoi inizi sulle riviste, con un processo analogo, ad. es., a Seifert, seppur con uno spostamento temporale.

Dei rimanenti poeti possiamo aggiungere, accanto al già nominato Hlbina, un secondo membro della Katolícka Moderna, Rudolf Dilong. Come Hlbina, anche lui ha i suoi libri „più poetisti”: se per il primo si tratta di Harmonika [L’armonica] (1935) e Dúha [L’arcobaleno] (1937), per Dilong sono le raccolte Helena nosí ľaliu [Elena porta il giglio] (1935) e Mladý svadobník [Il giovane invitato a nozze] (1936).

Della corrente post-simbolista occorre ricordare soprattutto Valentin Beniak, il quale, pur assorbendo numerose influenze poetiche, nel componimento Lunapark (1936) e delle sue opere chiave Žofia (1941) e Popolec [Il mercoledì delle ceneri] (1942) deve molto in prima linea al poetismo.

I surrealisti slovacchi e i loro successori (ad es. Pavol Hovor delle raccolte Zradné vody spodné [Acque sotteranee traditrici], 1940, Nioba matka naša [Niobe madre nostra], 1942) vengono ugualmente influenzati dal poetismo. Se nel caso di Rudo Fabry avviene nella fase iniziale della sua opera, che possiamo considerare – guardando l’analoga carriera poetica di V. Nezval – come sviluppo „normale“, un secondo – Štefan Žáry, si

13 Cfr. Jechova, Hana: Poétisme et surréealisme en Tchécoslovaquie. In: Les avant-gardes littéraires au XX siècle. Vol. I. Ed. Jean Weisberg. Budapest: Akadémiai kiadó 1984, pag. 490.14 Tomčik, Miloš: Poézia. In: Dejiny slovenskej literatúry V. Bratislava: Veda 1984, pag. 124.

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ricorda del poetismo solo con il libro Pavúk pútnik [Il ragno pellegrino] (1946) – dopo tre raccolte surrealiste!

Il poetismo compare anche in altri autori di differente orientamento e in diversi tempi, secondo le verifiche della scienza letteraria slovacca si trova, ad es., nel tradizionalista Andrej Plávka (Vietor nad cestou [Il vento sul cammino], 1940), in T. H. Florin (V nezvučnú hodinu [Nell’ora sorda], 1945), in Kazimír Bezek (Bol Váh čiernobiely [E’ stato il Váh bianco-nero],1948), ma anche molto più tardi in Miroslav Válek (Dotyky [Tocchi], 1959), parallelamente nei concretisti Jozef Mokoš, Praskanie krvi [Il frastuono del sangue] (1962), e nel „multi-avanguardista” Ivan Mojík (Blahoženie ohňu [L’augurio del fuoco], Rekonštrukcia vzdychu [Ricostruzione del sospiro], entrambe del 1968).

Senza voler dare una spiegazione di tale fenomeno, è possibile constatare che il poetismo è presente nella poesia slovacca non solo quando è presumibile secondo la „logica” del così detto normale sviluppo letterario, ma anche in periodi del tutto inaspettati. Meno inaspettato è la nuova rinascita del poetismo in Ján Kostra – la spiegazione va cercata nella situazione letteraria. Nella sua ultima raccolta Len raz [Una volta solamente] (1968) troviamo la poesia O, che ricorda le poesie – quadro poetiste, ad es. il componimento di Seifert Počitadlo [Abaco] della raccolta Na vlnách TSF [Sulle onde TSF] (1925)15, con la quale condivide anche la tematica: la celebrazione del corpo femminile.

O, il tuo occhio, il tuo secondo occhio.O, ovale. O, seno con la punta.

O, secondo seno.Inanellati entrambi.

O, piccola o,ombelico

O

Dentro la O ti abbraccio intera.Dentro la grande O,

ricoperta di seta.

Chiave per una spiegazione di tale eco del poetismo è la sua data: gli anni sessanta. In quel periodo, come è risaputo, entrambe le letterature ceca e slovacca iniziano ad ampliare la propria scala tematica ed espressiva. A questa tendenza dominante degli anni ’60 appartiene anche la riabilitazione della avanguardie del passato, negli anni dello schematismo eliminate dalla militanza ufficiale dello sviluppo letterario ovvero dal „progesso”: dalla poesia proletaria al realismo socialista, il resto schiacciato ai margini, se non del tutto escluso.

Comunque, Kostra non era stato il primo che a distanza di molti anni „riabilitava” il poetismo. Lo precede soprattutto un gruppo di giovani poeti, che prendono la parola durante il disgelo post-stalinista. Proprio per loro possiamo parlare con legittimità della terza fase del poetismo nella nostra letteratura.

15 O tvůj prs O je jako jablko z AustrálieO O Tvé prsy O O jsou jako 2 jablka z Austrálie Jak mám rád toto počítadlo lásky

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GLI ANNI ’50

Le prime due fase di ricezione poetista possono collocarsi nelle così dette reazioni naturali di una letteratura su di una seconda: una corrente letteraria viene recepita simultaneamente o con un maggiore o minore ritardo. Al contrario, un terzo episodio è cosa peculiare: rappresenta un soffermarsi su di una tappa più vecchia, il cui ricordo è stato a lungo represso. Questa terza fase cade alla fine degli anni ’50, quando lo schematismo ufficialmente stabilito ( realismo socialista) iniziava ad essere smontato. Più di altri, un circolo di poeti agli inizi, (Ján Stacho, Jozef Mihalkovič, Ľubomír Feldek, Ján Ondruš), nominato successivamente il gruppo di Trnava o concretisti, tornano a rivolgersi al poetismo – succedendo in questo il già nominato M. Válek16 – come ad uno degli strumenti per ampliare le possibilità della poesia. Questi poeti non ritornano solo al poetismo ceco, ma vanno fino le sue stesse fonti, soprattutto al riscoperto idolo Guillaum Apollinair.

Per l’intera „rinascita” del periodo non è possibile dimenticare nell’ambito della cultura anche il così detto disgelo, in quanto dopo la repressione di Budapest nell’autunno del 1956 tale „disgelo” rallenta all’incirca fino al 1963, quando il sistema politico inizia a rassegnarsi al cambiamento incipiente. Infatti, fino alla fine degli anni ’50 la dottrina ideologica era fortemente presente con tutte le sue conseguenze estetiche. Non si trattava allora di prendere in considerazione l’annullamento del realismo socialista, ma di ampliarne solamente la concezione, di un ritorno all’allargamento del campo delle sue fonti – alla sua „tradizione progressista”, come si diceva. E questo era il momento adatto per estrarre il poetismo dal dimenticatoio.

In verità, i poeti del gruppo di Trnava si interessavano nella stessa maniera alla „tecnica” del poetismo, ai metodi poetici come alle implicazioni concettuali o, ancora, alle dichiarazioni. Inoltre, in quella situazione politica risultava conveniente ricordare anche l’orientamento di sinistra, che permetteva la sua riqualificazione da „corrente formalista” a „tradizione progressista”.

Ricordiamo qui che qualche anno dopo, nel 1963, Laco Novomeský, nel suo ritorno alla letteratura con la composizione poetica Vila Tereza, per ricordare il suo passato rivoluzionario e di avanguardia utilizza un chiasmo, parlando di „poesia della rivoluzione e rivoluzione della poesia”. „Poesia della rivoluzione” – la tradizione del realismo socialista, mentre il richiamo alla „rivoluzione della poesia” significa la rinascita dell’innovazione anche sul piano formale. Novomeský godeva, in quel periodo, di notevole autorità e con la proclamazione della „rivoluzione della poesia” ha presentato ufficialmente il tentativo neoavanguardista del gruppo di Trnava e del loro predecessore diretto Miroslav Válek.

I legami dei concretisti con il poetismo sono evidenti fin dai loro inizi su riviste. Milan Ferko, a margine del loro esordio di manifesto nel n° 4 del 1958 su Mladá tvorba [Creazione giovane], afferma: „Il compagno Feldek ha generalizzato le deduzioni pratiche, allora in attesa di possibilità e che la poesia di Ondruš offriva, i pensieri con i quali davano espressione di se negli anni ’20 Nezval, Biebl ed altri e da questo ha realizzato il manifesto di un gruppo di quattro poeti”17. Anni dopo, lo storico letterario Viliam Turčány proporrà di nominarli „neopoetisti”: „I concretisti si appoggiano in tale misura al fondatore del poetismo [V. Nezval – n. d. a.], che, forse, sarebbe il caso di chiamarli ‘neopoetisti’”18. Riguardo Apollinair, loro ulteriore „padrino di battesimo”, Turčány scrive: „…ne Severné leto [Estate

16 Il rapporto di M. Válek con il poetismo e, più in generale, con le avanguardie non viene qui affrontato, nonostante la necessità di una nuova discussione su tale problematica, ma per la brevità dello sguardo panoramico non può trovare posto. Nel contributo su Rovina in parte me ne occupo. Rovina. Interpretácia druhej časti zbierky Miroslava Válka Dotyky. Slovenská literatúra, 49, 2002, n° 1, pag. 20-30. 17 Ferko, Milan, in: Na pôde súčasnosti. Z diskusie na druhej celoslovenskej porade o Mladej tvorbe. Kultúrny život, 14, 1959, n° 6, pag. 8.18 Turčany, Viliam: Nástup mladej básnickej generácie na konci päťdesiatych a na začiatku šesťdesiatych rokov. Slovenská literatúra, 22, 1975, n° 6, pag. 492.

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settentrionale] di Feldek incontriamo una nuova concretizzazione de Zone di Apollinair, unita alla nuova realtà socialista”19.

Quest’ultimo pero’ – il legame con „la nuova realtà socialista”, altrimenti chiamata militanza, è più un’insufficienza che non un vantaggio della poesia del gruppo di Trnava. Si interessano, come è stato detto, soprattutto alla „tecnica del poetare” del poetismo (associazioni distanti, ricche metafore, strofa elastica, ecc.), il loro utopismo sociale lo utilizzano più come pretesto legalizzante il trasporto di contrabbando della poetica „formalista”. Una volta dichiarata la loro appartenenza al „presente” e al „realismo socialista”20, ai „comunisti”21, alla „progressività del socialismo e del comunismo”22, occorre poi dimostrarla anche nei testi poetici. A questo punta anche il rimprovero di Ferko nella citata discussione su Mladá tvorba: „Penso che i quattro compagni hanno commesso uno sbaglio: vogliono fare la rivoluzione e non la fanno in maniera coerente, la fanno con l’elemento meno fondamentale dell’opera letteraria, ovvero nella forma”23.

E così, mano nella mano con le dichiarazioni questi poeti introducono nella propria poesia falci e martelli, stelle rosse, ma anche lune rosse, i razzi cosmici sovietici (Stacho), VOSR [la grande rivoluzione socialista d’ottobre] e SNP [l’insurrezione nazionale slovacca] (Mihalkovič), fabbriche ed operai (Feldek) – con moderazione, è vero, ma in misura sufficientemente chiara affinché questi argomenti servissero quali segno della loro fedeltà politica. Gli operai concretisti, così, da molto non sonopiù gli operai poetisti, quel popolo felice, più tardi costruttore del socialismo e dei piani, con la mediazione dei quali questi poeti „nuotano” con la classe operaia e con l’intero campo socialista. Di conseguenza, i poeti del gruppo di Trnava cadono nelle idee della militanza politica, che in quel periodo non è più possibile, a differenza del comparire del poetismo, valorizzare come futurista o utopistica, ma solo come perdurare del realismo socialista.

Occorre ripetere che questa caratterista non diviene parte fondamentale della loro poesia. Nonostante questo, il contenere tale aspetto „militante” ha frenato per alcuni anni l’ingresso di nuovi temi, maggiormente quelli individuali e problematici, difficilmente relazionabili con gli ambiti socio-politici, che predicavano la loro „soluzione” ottimistica. Così, la pienezza della ricezioni concretista del poetismo, non solo degli elementi formali, dunque, ma anche teorico-concettuali, si mostra antagonista e progressivamente retrograda, poiché le implicazioni sociali e politiche del „neopoetismo” svolgono negli anni ’60 il compito contrario/opposto a quanto compiono nella sfera del poetismo degli anni ’20. Detto schematicamente: se il poetismo negli anni ’20 spinge la coscienza sociale verso una democrazia popolare e un umanesimo anticapitalista e nobile di spirito, i così detti elementi concettuali del neopoetismo hanno aiutato alla fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 a conservare una falsa coscienza diffusa dalla dottrinaria ideologia comunista.

Il principale apporto di sviluppo del concretismo, nelle intenzioni originarie privo di astratti e ideologici a priori, è il ritorno della poesia slovacca all’autentico, non deformato da spiegazioni ideologiche e naturale mondo dell’essere umano, con la mediazione delle interazioni dirette e sensuali o limitate alla sfera biologica (soprattutto i rapporti amorosi e familiari). Ma con l’adozione della „tattica valkiana”24 gli stessi concretisti disprezzano in un certo qual modo questo apporto o per lo meno lo relativizzano. Collocando il proprio concretismo in una cornice più ampia di spiegazione della ideologia comunista ufficiale (ad es. con la composizione delle raccolte incorniciate da poesie „militanti”) hanno indirettamente aiutato ad autenticare l’intero regime socialista – hanno riempito la realtà straniata della vita nella società socialista con un concreto, autentico ed esistenziale 19 Ibid., pag. 502.20 Feldek, Ľubo, in: Na pôde súčastnosti, o. c., pag. 8.21 Stacho, Ján, ibid.22 Mihalkovič, Jozef – Šimonovič, Ján: Báseň nech vzrušuje. Mladá tvorba, 6, 1961, n° 4, pag. 19.23 Ferko, Milan, in: Na pôde súčasnosti, o. c., pag. 8.24 Esistono sufficienti indizi che loro ispirazione ed esortazione verso una tale pragmatica strategia fosse soprattutto M. Valek, in quegli anni redattore e caporedattore della rivista Mlada tvorba.

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Page 9: Il poetismo ceco e la poesia slovacca - fphil.uniba.sk · PDF fileLà, dove la tradizione simbolista era attenuata – nella letteratura ceca ad esempio i

riassunto. Al posto dell’analisi di momenti estranianti hanno, in parte, relativizzato – con l’eccezione di J. Ondruš – la misura dell’alienazione sociale. Sotto tale luce vediamo anche la loro posizione nel processo letterario come ambivalente e non solo unilateralmente „progressiva”, quale si tramanda nella nostra letteratura.

GLI ANNI ’70

In conclusione, gettiamo uno sguardo veloce per quanto riguarda la recezione del poetismo alla fine degli anni ’60 e agli inizi degli anni ’70. Troviamo una ripetizione „in vitro” del poetismo e delle avanguardie, più o meno un utilizzo sperimentale senza il „bonus” concettuale, nella dichiarata concezione del gioco di Štefan Moravičík, Kamil Peteraj o successivamente di Daniel Hevier (Motýlí kolotoč [Giostra di farfalle], 1974), ma questo nuovo spazio nella poesia slovacca, che avrebbe potuto presentarsi come la fase conclusiva dell’eredità poetista, viene liquidata della nuovo instaurazione del totalitarismo negli anni ’70.

Così il poetismo, sopravvissuto alla fase conclusiva della prima fase del totalitarismo alla fine degli anni ’50, non regge alla seconda, devastante fase negli anni ’70. In questo decennio domina ufficialmente il conservatorismo estetico, si spinge verso il ritorno dei valori fondamentali, in poesia alla tradizione (tradizionalismo), da noi legata – come già affermato – soprattutto a quella simbolista. Ma coltivare la tradizione simbolista, sostenitrice dell’identificazione di testo e soggetto, non era più possibile nella cultura ufficiale, produttrice dell’alienazione dell’individuo. Gli autori che non partecipavano all’ipocrisia cercano i mezzi per l’espressione di tale straniamento (Štefan Strážay o il tardo Ondruš della raccolta Ovca vo vlčej koži [La pecora nella pelle del lupo]). Li cercano, pero’, altrove, non nel simbolismo o nel poetismo.

Tuttavia, un decennio più tardi, alla fine degli anni ’80, individuiamo una meritevole risonanza del poetismo nel debutto di Viliam Klimáček Až po uši [Fin sopra le orecchie] (1988). La giocosità, che si distingue nell’atteggiamento di Klimáček verso la lingua e la realtà, è molto ispirata dalla sensazione vitale e dal metodo testuale del poetismo (l’ispirazione poetista è ancora oggi visibile nei suoi lavori teatrali). Questa improvvisa riapparsa del poetismo è, pero’, meno sorprendente se osserviamo che nella seconda metà degli anni ’80 la generazione dei giovani autori inizia consapevolmente a richiamarsi al messaggio degli anni ’60, cui appartiene anche il legame con le avanguardie del periodo tra le due guerre.

Quando nel 1925 Novomeský annunciava la morte del poetismo, forse era più un suo desiderio che non la realtà. Oggi, dopo circa ottanta anni, la situazione parrebbe diversa e che questa corrente letteraria abbia maturato l’ultimo stadio della sua fruttuosa e a volte contraddittoria vita, appartenendo al morto inventario della storia letteraria. Invece, l’ultimo caso delle fine degli anni ’80 ci esorta alla cautela nel dichiarare la definitiva morte del poetismo.

(Trad. Tiziana D’Amico)

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