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1 Il Il Il Il pianoforte in sintesi pianoforte in sintesi pianoforte in sintesi pianoforte in sintesi Storia Il piano è uno strumento musicale usato ampiamente nella Musica Occidentale per performance da solista, nelle orchestre, musica da camera e accompagnamento. Premere un tasto fa sì che un martelletto colpisca delle corde. I martelletti rimbalzano, permettendo alle corde di continuare a vibrare alla loro frequenza di risonanza. Queste vibrazioni sono trasmesse attraverso un ponticello a una tavola armonica che accoppia l’energia acustica all’aria, in modo che possa essere udita come suono. Quando il tasto viene rilasciato, uno smorzatore blocca la vibrazione delle corde. I pianoforti talvolta sono classificati come strumenti sia a percussione sia a corde. La parola piano è un diminutivo di pianoforte, nome formale dello strumento che deriva dal nome Italiano, clavicembalo [o gravicembalo] col piano e forte. Si riferisce alla responsività dello strumento al tocco della tastiera, che permette al pianista di produrre note a diversi livelli dinamici, controllando la velocità con la quale i martelletti colpiscono le corde. Il pianoforte ha origini molto lontane. Un primo prototipo di tale strumento sembra sia stato il monocordo, inventato da Pitagora nel 580 a.C. Il monocordo era suonato nelle chiese greche e romane con lo scopo di accompagnare i cori sacri del tempo. Migliorato poi nelle sue caratteristiche da Guido D’Arezzo, lo strumento si arricchì presti dei tasti e di un maggior numero di corde. Altri strumenti, che spesso sono stati associati al pianoforte odierno, sono il clavicembalo e il clavicordo. Ma è alla fine del 1700 che appare quello che diventerà il pianoforte da noi conosciuto. Denominato all’inizio fortepiano, era interamente in legno con il rivestimento dei martelletti in pelle e offriva una meccanica moderna, seppur molto semplice rispetto a quella di oggi. Padre dell’invenzione fu Bartolomeo Cristofori, liutaio di Padova legato alla corte di Ferdinando De’ Medici. Sebbene Cristofori fu soggetto a critiche, in molti cercarono di seguire il suo esempio.

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Il Il Il Il pianoforte in sintesipianoforte in sintesipianoforte in sintesipianoforte in sintesi

Storia

Il piano è uno strumento musicale usato ampiamente nella Musica Occidentale per performance da solista,

nelle orchestre, musica da camera e accompagnamento.

Premere un tasto fa sì che un martelletto colpisca delle corde. I martelletti rimbalzano, permettendo alle

corde di continuare a vibrare alla loro frequenza di risonanza. Queste vibrazioni sono trasmesse attraverso un

ponticello a una tavola armonica che accoppia l’energia acustica all’aria, in modo che possa essere udita

come suono. Quando il tasto viene rilasciato, uno smorzatore blocca la vibrazione delle corde. I pianoforti

talvolta sono classificati come strumenti sia a percussione sia a corde.

La parola piano è un diminutivo di pianoforte, nome formale dello strumento che deriva dal nome Italiano,

clavicembalo [o gravicembalo] col piano e forte. Si riferisce alla responsività dello strumento al tocco della

tastiera, che permette al pianista di produrre note a diversi livelli dinamici, controllando la velocità con la

quale i martelletti colpiscono le corde.

Il pianoforte ha origini molto lontane. Un primo prototipo di tale strumento sembra sia stato il monocordo,

inventato da Pitagora nel 580 a.C. Il monocordo era suonato nelle chiese greche e romane con lo scopo di

accompagnare i cori sacri del tempo. Migliorato poi nelle sue caratteristiche da Guido D’Arezzo, lo

strumento si arricchì presti dei tasti e di un maggior numero di corde. Altri strumenti, che spesso sono stati

associati al pianoforte odierno, sono il clavicembalo e il clavicordo.

Ma è alla fine del 1700 che appare quello che diventerà il pianoforte da noi conosciuto. Denominato

all’inizio fortepiano, era interamente in legno con il rivestimento dei martelletti in pelle e offriva una

meccanica moderna, seppur molto semplice rispetto a quella di oggi. Padre dell’invenzione fu Bartolomeo

Cristofori, liutaio di Padova legato alla corte di Ferdinando De’ Medici. Sebbene Cristofori fu soggetto a

critiche, in molti cercarono di seguire il suo esempio.

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Tra questi, Gottfried Silbermann creò il suo primo modello di meccanica per pianoforte ispirandosi ai disegni

del progetto proprio di Cristofori. Se il fortepiano non riscosse molto successo tra gli italiani, in Germania fu

accolto positivamente da molti musicisti. Tra i più entusiasti e attenti alle novità, vi fu Wolfgang Amadeus

Mozart. Ancora, nel 1758, Christian Ernst Friederici presentò per la prima volta il pianoforte “a tavolo”. Il

gradimento di tale invenzione fu dato dal costo e dall’ingombro minore rispetto ai pianoforti a coda. Il

Romanticismo regalò a questo strumento splendore e successo.

Le case costruttrici di allora, come Blüthner, Bechstein e Ibach, gareggiavano tra loro al fine di produrre uno

strumento che meglio si avvicinasse all’esigenza dei pianisti. E allora crebbe il numero, la lunghezza e il

diametro delle corde, oltre a presentare un intelaiatura più spessa e resistente con rinforzi di metallo. Nel

1831 vide la luce il primo telaio interamente di metallo grazie all’inglese Thomas Allen.

Caratteristiche

La struttura interna si compone di coperchio, fondo, fasce, gambe. I pianoforti verticali posseggono, in

aggiunta a tutto ciò, il cancello e la tavola armonica dove sono stese le corde. Il materiale utilizzato per

questi pezzi è generalmente il legno di pioppo e abete. Al suo interno troviamo le parti fondamentali al

funzionamento e alla riproduzione del suono. In particolare:

� La meccanica comprende i martelletti, gli smorzatori e le caviglie, denominate anche piroli. I

martelletti sono tasselli di legno ricoperti in feltro che percuotono le corde al fine di produrre il suono.

Gli smorzatori, sempre in legno e dal rivestimento di feltro, smorzano la vibrazione delle corde. Queste

ultime, ai giorni nostri quasi tutte in acciaio, sono attorcigliate ai piroli, a loro volta conficcati nel

pancone. Le corde si trovano orizzontalmente o verticalmente, disposte secondo il tipo di pianoforte (a

coda o verticale).

� La tastiera poggia su una base di legno di abete e comprende 52 tasti bianchi in osso e avorio e 38

tasti neri di ebano. Per i pianoforti meno costosi, si utilizza la galalite.

� I pedali, solitamente due, sono il pedale del forte e il pedale del piano. Sono posti in basso al centro e

vengono azionati, sia contemporaneamente sia in momenti diversi, dai piedi.

La meccanica è stata in passato oggetto di molti studi fino alla nascita di due diverse scuole di pensiero: la

visione viennese e quella inglese. Alla fine del ‘700 la meccanica viennese ebbe un gran riscontro attraverso

l’opera e la creatività di Johann Andreas Stein. Questi, grazie ai suoi pianoforti, ebbe modo di farsi

conoscere presto e di essere apprezzato dai più grandi musicisti dell’epoca come Mozart.

Tipologie

Il pianoforte è tra gli strumenti musicali più antichi. Il suo funzionamento, abbastanza complesso, consta di

alcuni passaggi. I tasti agiscono sulla meccanica che muove i martelletti; a loro volta questi battono una o più

corde, provocando la vibrazione di esse. Nasce così il suono, amplificato poi grazie alla tavola armonica. In

base al tocco che si decide di imprime ai tasti, le note possono essere suonate a volumi diversi. Diversi sono i

tipi anche se, in particolare modo, due sono i più conosciuti:

� Orizzontali

Nei modelli orizzontali, la struttura portante e le corde sono orizzontali, con le corde che si estendono

dalla tastiera. Esistono pianoforti orizzontali di diverse dimensioni. Generalizzando, distinguiamo

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quello a coda (lungo da 2,2 a 3 metri), a tre quarti di coda, a mezza coda (da 1,7 a 2,2 metri) e il più

piccolo a un quarto di coda. A parità di altri fattori, quelli più lunghi, con corde più lunghe, avranno un

suono migliore e meno disarmonicità delle corde. La disarmonicità è il grado con il quale le frequenze

degli overtone (noti come parziali, note parziali o armoniche) si allontanano dalle multiple delle

frequenze fondamentali. I modelli con corde più corte, spesse e rigide (es. i piano a un quarto di coda)

hanno maggiore disarmonicità. Le corde più lunghe di un modello a coda possono vibrare più

liberamente, il che significa che le corde di un pianoforte a coda avranno overtone più fedeli. Questo

permette di accordare le corde più fedelmente rispetto al temperamento in relazione alla nota standard

(Vedi: Accordare il piano). I modelli orizzontali a coda in genere si usano per i concerti pubblici,

mentre i più piccoli, introdotti da Sohmer & Co. nel 1884, sono spesso scelti come strumenti domestici

quando è necessario prendere in considerazione fattori come lo spazio ridotto e il costo.

� Verticali

I pianoforti verticali sono più compatti, poiché la struttura portante e le corde sono verticali. Si

considera più difficile realizzare un piano dalla meccanica sensibile quando i martelletti si muovono

orizzontalmente, poiché non tutte le parti della meccanica tornano al loro posto grazie alla forza di

gravità. Tuttavia, un piano verticale ben regolato probabilmente suonerà meglio di un modello a coda

regolato male, e i migliori modelli verticali sfiorano i livelli di alcuni esemplari a coda delle stesse

dimensioni, per quanto riguarda qualità del suono e responsività. Un vantaggio notevole della

meccanica del pianoforte a coda, rispetto a quello verticale, è che tutti i modelli a coda hanno uno

speciale doppio scappamento che manca in tutti i verticali. Questo doppio scappamento, uno per ogni

tasto, ferma il martelletto vicino alle corde se i tasti vengono suonati ripetutamente e velocemente. In

questa posizione, con il martelletto poggiato sullo scappamento, un pianista può suonare note ripetute,

staccate e trilli molto più velocemente, e con maggior controllo, di quanto non possa fare in un

pianoforte verticale. I verticali con strutture portanti molto alte e corde lunghe sono talvolta chiamati

“verticali orizzontali”. Alcuni autori classificano i pianoforti moderni a seconda della loro altezza e

delle variazioni della meccanica necessarie per adattare l’altezza.

Tornando al pianoforte verticale, questo ha una ricca storia. Dalla sua struttura sono nati diversi tipi. Il più

antico è senz’altro quello a giraffa, inventato a metà del ‘700 da un certo Domenico Del Mela. Quello a

piramide fu costruito nel XVIII secolo, mentre in Inghilterra vide la luce il cabinet nella prima metà del XX

secolo. A Parigi, nel 1815 nacque il pianino caratterizzato da corde incrociate in diagonale per offrire

comunque un suono più ampio nonostante le piccole dimensioni dello strumento.

Tastiera

Praticamente tutti i modelli moderni hanno 36 tasti neri e 52 tasti bianchi, per un totale di 88 tasti (sette

ottave più una terza minore, da La0 a Do8). Molti strumenti più vecchi hanno solo 85 tasti (sette ottave da

La0 a La7), mentre alcuni produttori aumentano l’estensione in una o entrambe le direzioni. Alcuni

pianoforti Bösendorfer fanno arrivare l’estensione fino a Fa0, e un altro modello arriva fino a Do0, quindi

un’altra ottava piena. Questi tasti extra talvolta sono nascosti sotto un piccolo coperchio con dei cardini, che

può essere rovesciato per coprire i tasti in modo da evitare di disorientare un pianista che non ha familiarità

con la tastiera estesa. Su altri pianoforti, i colori dei tasti extra sono invertiti (neri invece che bianchi).

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I tasti extra sono aggiunti soprattutto per aumentare la risonanza delle corde associate; vibrano insieme ad

altre corde ogni volta che viene premuto il pedale sordina, e questo dà un suono più pieno. Solo un numero

molto piccolo di opere composte per il piano usa realmente queste note. Recentemente, anche la compagnia

Stuart and Sons ha prodotto pianoforti ad estensione aumentata. Sui loro strumenti, l’estensione è maggiore

sia verso il basso, fino a Fa0, sia verso l’alto, fino a Fa8, permettendo di avere un’ulteriore ottava. I tasti

extra hanno lo stesso aspetto degli altri tasti.

Pedali

I pianoforti hanno avuto dei pedali, o equivalenti dei pedali, sin dagli inizi (nel 18° secolo, alcuni pianoforti

usavano leve premute con il ginocchio invece dei pedali). La maggior parte dei grandi pianoforti ha tre

pedali: pedale soft (una corda), sostenuto e sordina (da sinistra a destra rispettivamente). La maggior parte

dei moderni verticali ha tre pedali: soft, da esercizio e sordina, anche se la maggior parte dei modelli

economici non ha il pedale da esercizio. Il pedale sordina spesso viene chiamato semplicemente “pedale”,

dal momento che è quello che viene usato più spesso. E’ il pedale che si trova più a destra. Solleva le sordine

da tutti i tasti, sostenendo tutte le note suonate e modificando il suono generale.

Il pedale soft o pedale una corda è quello più a sinistra. Nei piano orizzontali sposta l’intera meccanica,

inclusa la tastiera, verso destra, in modo che i martelletti colpiscano solo una delle tre corde per ogni nota (da

qui il nome una corda). L’effetto è quello di ammorbidire le note, oltre che cambiare il suono. Nei piano

verticali questo meccanismo non è possibile, perciò il pedale muove i martelletti più vicino alle note,

permettendo ai martelletti di colpire le corde con meno energia cinetica e produrre un suono più morbido.

Sui modelli orizzontali, il pedale centrale è un pedale sostenuto. Questo pedale tiene ogni sordina già

sollevata nel momento in cui il pedale viene premuto. Questo rende possibile sostenere alcune note

(premendo il pedale prima di rilasciare le note che devono essere mantenute), mentre le mani del pianista

sono libere di suonare altre note. Può essere utile per passaggi musicali con pedale e altri passaggi che

diversamente sarebbero difficili o impossibili da eseguire.

Su molti esemplari verticali c’è un pedale centrale “da esercizio” o celeste. Questo pedale lascia cadere un

pezzo di feltro tra i martelletti e le corte, attutendo di molto i suoni. Esistono anche varianti non-standard. Su

quelli verticali, il pedale centrale può essere un pedale basso di sostegno: quando viene premuto, le sordine

sono sollevate solo nella parte dei suoni bassi. Questo pedale viene usato solo quando un pianista ha bisogno

di sostenere una singola nota o accordo basso, mentre suona la melodia nella sezione alta. Sui grandi piano

Fazioli, c’è un quarto pedale a sinistra dei tre principali. Il quarto pedale funziona come il pedale soft di un

piano verticale, avvicinando i martelletti alle corde.

Il raro piano a trasposizione, del quale possedette un esemplare Irving Berlin, ha un pedale centrale che

funziona come una morsa che scollega la tastiera dalla meccanica, permettendo di spostare la tastiera a

sinistra o a destra con una leva. Così l’intera meccanica del piano viene spostata per permettere al pianista di

suonare musica scritta in una determinata chiave come se la suonasse in un’altra chiave. Il pianoforte a

pedali, è un raro tipo di piano che include una tastiera a pedali che permette di suonare le note del registro

basso con i piedi, come si fa nell’organo. Esistono due tipi di strumenti a pedali: la tastiera a pedale può

essere parte integrante dello strumento, utilizzando le stesse corte e la meccanica della tastiera manuale

oppure, meno spesso, può consistere di due pianoforti indipendenti (ognuno con le proprie corde e la propria

meccanica), posizionati uno sopra l’altro, un normale piano suonato con le mani e un piano per il registro

basso suonato con i piedi.

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Costruzione

Molte parti del piano sono realizzate in materiali selezionati per la loro resistenza. Nei modelli di qualità, il

bordo esterno del piano è in legno duro, normalmente acero o faggio. Secondo Harold A. Conklin, lo scopo

di un bordo resistente è che “l’energia vibrazionale starà il più possibile all’interno della cassa di risonanza

invece che disperdersi inutilmente nelle parti che non trasmettono efficientemente il suono.”

Il bordo normalmente è fatto con strisce di legno duro laminate e flessibili, della forma desiderata, un sistema

sviluppato da Theodore Steinway nel 1880. Le spesse strisce di legno sul fondo (nei pianoforti a coda) o

sulla parte posteriore del piano (nei pianoforti verticali) non sono importanti come il bordo dal punto di vista

acustico, e spesso sono in legno morbido, anche nei piano di più alta qualità, per risparmiare sul peso. Le

esigenze di forza strutturale, che sono soddisfatte dall’utilizzo di legno duro e metallo spesso, rendono il

pianoforte uno strumento pesante; un piccolo piano verticale può pesare 136 kg, mentre uno a coda da

concerto Steinway (Modello D) pesa 480 kg. Il più grande piano mai costruito, il Fazioli F308, pesa 691 kg.

Il pinblock, che tiene in sede i piroli per l’accordatura, è un altro elemento del piano che dev’essere

resistente. E’ fatto in legno duro, (spesso acero) e in genere è laminato (costituito da più livelli) per avere

forza e potere di presa aggiuntivo. Le corde del piano, che devono sopportare anni di estrema tensione e duri

colpi, sono in acciaio di alta qualità. Devono essere prodotte in modo che il loro diametro subisca meno

variazioni possibile, dal momento che tutte le deviazioni dalla norma inducono una distorsione del suono.

Le corde basse di un piano hanno un cuore d’acciaio avvolto con fil di rame, per aumentare la loro massa

mantenendo flessibilità.

La piastra, o metal frame, di un piano in genere è in ferro battutto. E’ un vantaggio che la piastra sia

abbastanza grande. Dal momento che le corde sono attaccate alla piastra a un’estremità, qualsiasi vibrazione

trasmessa alla piastra risulterà in una perdita di energia per il canale di trasmissione del suono desiderato,

cioè il ponte e la cassa di risonanza. Alcuni produttori ora realizzano piastre in acciaio battuto, in modo che

siano più resistenti. La battitura della piastra è un’arte delicata, dal momento che le dimensioni sono cruciali

e il ferro si restringe di una percentuale pari all’1% della massa totale durante il raffreddamento.

L’inclusione di un grosso pezzo di metallo può essere un handicap estetico che i produttori superano

attraverso la lucidatura, verniciatura e decorazione della piastra. Le piastre includono spesso il logo

ornamentale del produttore e possono essere molto eleganti. In un tentativo di rendere i pianoforti più

leggeri, Alcoa ha lavorato con i produttori della Winter and Company per realizzare pianoforti in alluminio

durante gli anni ’40. Tuttavia, l’utilizzo dell’alluminio per le piastre non prese piede e venne abbandonato.

Le molte componenti della meccanica di un pianoforte orizzontale o verticale sono in genere in legno duro

(es. acero, faggio. carpino). Tuttavia, dalla II Guerra Mondiale in poi, sono state realizzate anche in plastica.

Componenti in plastica furono realizzate alla fine degli anni ’40 e ’50, ma si dimostrarono disastrose, poiché

cristallizzavano e non resistevano a poche decine d’anni di utilizzo. La fabbrica Steinway un tempo utilizzò

Teflon, un materiale sintetico sviluppato da DuPont, per alcuni parti della meccanica invece che stoffa, ma

alla fine abbandono l’esperimento per via di un “click” che si sviluppava inevitabilmente dopo un certo

periodo (inoltre il Teflon resiste all’umidità, mentre il legno adiacente al Teflon si gonfia e si restringe in

base ai cambiamenti di umidità, il che causa problemi). Più recentemente, la Kawai ha costruito pianoforti

con parti della meccanica in materiali plastici più moderni ed efficaci come la fibra di carbonio; queste parti

resistono di più e sono state apprezzate dai tecnici.

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La parte del piano per la quale l’importanza dei materiali è maggiore è la cassa di risonanza. Nei pianoforti

di qualità, è fatta in abete rosso solido (tavole di abete rosso incollate assieme nei margini). L’abete rosso è

scelto per l’alto rapporto forza/peso. I migliori costruttori di piano utilizzano abete rosso a struttura compatta,

privo di difetti, e si assicurano che si sia asciugato per un lungo periodo di tempo prima di usarlo per

fabbricare le casse di risonanza. Nei piano economici, la cassa è spesso in plywood.

I tasti dei pianoforti sono generalmente in abete rosso o in tiglio, per la sua leggerezza. L’abete rosso si usa

normalmente nei pianoforti di alta qualità. Tradizionalmente, i tasti neri sono in ebano e i tasti bianchi sono

coperti con strisce di avorio, ma dal momento che gli animali dai quali si ottiene l’avorio sono a rischio di

estinzione e protetti, oggi si usa quasi esclusivamente la plastica. Inoltre, l’avorio tende a rompersi più

facilmente rispetto alla plastica. E’ ancora possibile ottenere limitate quantità di avorio legalmente. La

Yamaha utilizza una plastica chiamata “Ivorine” o “Ivorite”, imitata da altri costruttori, che mima l’aspetto e

il senso al tatto dell’avorio.

Manutenzione

Accordare uno strumento di questo tipo significa registrare le frequenze con cui vibrano le corde e curarne

l’intonazione. Si potrebbe affermare che l’accordatura di tale strumento è un’arte. Questo lavoro richiede

professionisti esperti dall’orecchio finissimo, grande sensibilità al suono e abilità manuale, oltre al rispetto

verso lo strumento. Ogni esemplare possiede una propria identità ed un proprio timbro. Gli accordatori sono

figure professionali sempre più rare oggi. Necessitano di una buona conoscenza delle nozioni di acustica

musicale e delle teorie di accordatura.

Si sconsiglia altamente di cimentarsi in questa operazione se non si conoscono le nozioni esatte e non si ha

esperienza nel campo per evitare danni poi irreparabili. Si preferisce inoltre affidarsi a un’accordatura ad

orecchio, più affidabile rispetto a quella eseguita con apparecchi elettronici. Solitamente si richiede

un’accordatura del pianoforte almeno due volte l’anno e si preferisce che l’operazione avvenga a domicilio,

per evitare problemi in un’eventuale trasporto dopo il lavoro eseguito. In caso di professionisti e quindi di un

utilizzo quotidiano e ripetuto, può rendersi necessaria anche un’accordatura ogni uno/due mesi.

Così come in eventi musicali, il pianoforte necessita di essere accordato prima e dopo ogni esibizione. Anche

l’usura della meccanica dello strumento e le condizioni climatiche sfavorevoli, come l’aumento della

temperatura e un forte tasso di umidità, possono rendere necessari interventi più frequenti. Per questo

motivo, si consiglia sempre di tenere lo strumento distanti da fonti di calore casalinghe, come i termosifoni. I

pianoforti di recente acquisto e dunque con corde nuove, richiedono un assestamento nell’ambiente ove sono

posizionati e quindi diverse accordature ravvicinate.

Il prezzo richiesto da un accordatore professionista per un suo intervento varia dai 50 ai 100 euro. L’assenza

della necessaria e periodica manutenzione del pianoforte può arrecare gravi danni, come la perdita parziale di

sonorità dello strumento. Da non sottovalutare anche la presenza di polvere che, insediandosi nelle

guarnizioni della meccanica, causa un maggiore consumo di queste.

Come scegliere

Difficile parlare di criteri precisi e comuni a tutti nella scelta di un piano. Un tipo può essere preferito ad un

altro per una pura questione di gusto estetico. Anche perché, solitamente, non vi è alcun tipo di legame tra

l’aspetto del mobile e la sua resa musicale.

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La resa, comunque, deve essere relazionata anche in base all’ambiente ove il pianoforte è posto. Camere

dotate di moquette e tappezzeria alle pareti assorbono la potenza del suono, mentre le mura spoglie l’

amplificano, anche se in alcuni casi si può verificare lo sgradevole “effetto eco”. La meccanica non va

trascurata, anzi. Preferibilmente nuova e soggetta ad accorti interventi di manutenzione, permetterà una

qualità migliore del suono, così come un utilizzo più prolungato dello strumento senza paura di affaticarsi

troppo.

Il suono è un elemento da non sottovalutare. Si compone di due aspetti:

� Il volume, ovvero l’intensità dell’emissione del suono. Il risultato è dato da varie componenti del

pianoforte, come la lunghezza delle corde, le specifiche caratteristiche della tavola armonica e dal

rivestimento in feltro dei martelletti.

� Il timbro, ovvero la “carta d’identità” del suono. Il timbro è diverso in ogni pianoforte. Ciò è dovuto

alle differenze nella forma dell’onda sonora. Possiamo parlare di un timbro scuro, quasi soft o di un

timbro chiaro, più vivace e squillante.

Risultano certamente più pregiati ed anche più costosi i modelli che presentano uniformità sia dal punto di

vista del volume che del timbro. Purtroppo un punto di equilibrio tra questi due elementi non è sempre

semplice da raggiungere, anche per i costruttori più esperti.