Il piacere: optional o necessità biologica? Il piacere non ... · sensoriali che non comportano...

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Gaetano Di Chiara Il piacere: optional o necessità biologica? Il piacere non è un optional Il piacere (edonia) è un aspetto fondamentale del comportamento motivato di organismi altamente evoluti come i mammiferi. Nei mammiferi non umani il piacere fornisce l’incentivo all’azione e la stessa motivazione finale del comportamento. Così, il comportamento motivato viene radicalmente compromesso da manipolazioni sperimentali che riducono la capacità di provare piacere o il valore edonico degli stimoli gratificanti. Il fatto che il piacere sia il fine ultimo del comportamento individuale non vuol dire che lo sia anche dal punto di vista biologico. Secondo la teoria dell’evoluzione, le specie e gli organismi che le costituiscono esistono in quanto sono in grado di adattarsi all’ambiente che le circonda; quest’adattamento avviene attraverso la selezione naturale degli individui più adeguati all’ambiente, che così trasmettono alla propria progenie le loro caratteristiche genetiche favorevoli. In questo quadro naturalistico il piacere si può vedere come un dispositivo biologico frutto della selezione naturale e come tale volto a favorire la sopravvivenza e l’adattamento all’ambiente. Un’analisi fenomenologica del piacere conferma questa ipotesi. Il piacere è associato a ciascuna delle fasi, appetitiva e consumatoria, nelle quali si distingue tradizionalmente 1 il comportamento motivato da stimoli gratificanti. Nella fase appetitiva l’organismo mette in atto comportamenti flessibili e generici di ricerca e di approccio comuni ai più diversi stimoli (cibo, acqua, sesso, madre, figlio, caldo etc.); nella fase consumatoria il comportamento si esprime invece secondo rigidi schemi specificamente legati alla natura dello stimolo. Così, mentre nella fase appetitiva la ricerca e l’approccio del cibo non sarà diversa da quella della ricerca di un partner sessuale, la fase consumatoria consisterà in attività diverse e specifiche come il mangiare o il copulare a seconda che si tratti di cibo o di partner sessuale. Ciascuna fase del comportamento motivato è piacevole ma la natura del piacere ad essa associato è diversa. Nella fase appetitiva il piacere consiste in uno stato di euforia e di eccitazione che rinforza e sostiene il comportamento di ricerca e di approccio all’oggetto del desiderio. Questo tipo di piacere (state hedonia, edonia di stato) 2 è uno stato affettivo o emotivo che fa parte dell’eccitazione comportamentale (incentive arousal) caratteristica della fase appetitiva. In questa fase il comportamento è guidato da stimoli distali che vengono percepiti attraverso modalità 1 J. Konorski, Integrative Activity of the Brain, Univ. Chicago Press, Chicago 1997. 2 G. Di Chiara, Dopamine, Motivation and Reward in Handbook of Chemical Neuroanatomy, vol. 21: Dopamine, Elsevier, Amsterdam 2005.

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Gaetano Di Chiara

Il piacere: optional o necessità biologica?

Il piacere non è un optional

Il piacere (edonia) è un aspetto fondamentale del comportamento motivato di organismi

altamente evoluti come i mammiferi. Nei mammiferi non umani il piacere fornisce l’incentivo

all’azione e la stessa motivazione finale del comportamento. Così, il comportamento motivato viene

radicalmente compromesso da manipolazioni sperimentali che riducono la capacità di provare

piacere o il valore edonico degli stimoli gratificanti.

Il fatto che il piacere sia il fine ultimo del comportamento individuale non vuol dire che lo sia

anche dal punto di vista biologico. Secondo la teoria dell’evoluzione, le specie e gli organismi che

le costituiscono esistono in quanto sono in grado di adattarsi all’ambiente che le circonda;

quest’adattamento avviene attraverso la selezione naturale degli individui più adeguati all’ambiente,

che così trasmettono alla propria progenie le loro caratteristiche genetiche favorevoli.

In questo quadro naturalistico il piacere si può vedere come un dispositivo biologico frutto

della selezione naturale e come tale volto a favorire la sopravvivenza e l’adattamento all’ambiente.

Un’analisi fenomenologica del piacere conferma questa ipotesi.

Il piacere è associato a ciascuna delle fasi, appetitiva e consumatoria, nelle quali si distingue

tradizionalmente1 il comportamento motivato da stimoli gratificanti. Nella fase appetitiva

l’organismo mette in atto comportamenti flessibili e generici di ricerca e di approccio comuni ai più

diversi stimoli (cibo, acqua, sesso, madre, figlio, caldo etc.); nella fase consumatoria il

comportamento si esprime invece secondo rigidi schemi specificamente legati alla natura dello

stimolo. Così, mentre nella fase appetitiva la ricerca e l’approccio del cibo non sarà diversa da

quella della ricerca di un partner sessuale, la fase consumatoria consisterà in attività diverse e

specifiche come il mangiare o il copulare a seconda che si tratti di cibo o di partner sessuale.

Ciascuna fase del comportamento motivato è piacevole ma la natura del piacere ad essa

associato è diversa. Nella fase appetitiva il piacere consiste in uno stato di euforia e di eccitazione

che rinforza e sostiene il comportamento di ricerca e di approccio all’oggetto del desiderio. Questo

tipo di piacere (state hedonia, edonia di stato)2 è uno stato affettivo o emotivo che fa parte

dell’eccitazione comportamentale (incentive arousal) caratteristica della fase appetitiva. In questa

fase il comportamento è guidato da stimoli distali che vengono percepiti attraverso modalità 1 J. Konorski, Integrative Activity of the Brain, Univ. Chicago Press, Chicago 1997. 2 G. Di Chiara, Dopamine, Motivation and Reward in Handbook of Chemical Neuroanatomy, vol. 21: Dopamine, Elsevier, Amsterdam 2005.

sensoriali che non comportano una diretta interazione con l’oggetto del desiderio (olfatto, vista,

udito, percezione ultrasonica) il cui significato è spesso acquisito attraverso l’associazione con

stimoli che utilizzano modalità sensoriali prossimali (tatto, gusto, percezione termica, stimolazione

erogena etc.) e che fanno invece parte della fase consumatoria. Così, un profumo, un suono o

un’immagine, di per sé neutre, diventano significative e capaci di attrarre l’attenzione e guidare il

comportamento se sono state associate in maniera predittiva ad uno stimolo consumatorio capace di

dare piacere.

Fig. 1 Questa figura mostra le reazioni comportamentali al gusto di stimoli gustativi dolci, e quindi piacevoli (zucchero) e amari, e quindi spiacevoli (chinino) in varie specie di mammiferi, dalle più basse nella scala zoologica, come il ratto, fino alle scimmie del nuovo mondo, a quelle del vecchio mondo fino all’uomo (neonato).

Questi stimoli producono un piacere di tipo sensoriale (sensory hedonia)3 (Fig. 1) che non è

frutto di apprendimento ma è innato dato che l’organismo è geneticamente predisposto ad

interpretarli come piacevoli in quanto utili alla sopravvivenza del singolo e della specie. Così, la

capacità di provare piacere in risposta al gusto dello zucchero è innata perché il suo consumo

produce equivalenti calorici; la capacità di provare piacere attraverso l’accoppiamento è innata

perchè questo comportamento è essenziale alla conservazione della specie; la repulsione

(avversione) al gusto del chinino e degli alcaloidi in generale è innata perchè queste sostanze

naturali sono tossiche (Fig. 2).

Dunque, il piacere appetitivo, il piacere del desiderio, connesso alla ricerca, alla pregustazione e

all’anticipazione della soddisfazione consumatoria è uno stato edonico spesso appreso attraverso un

condizionamento pavloviano mentre la soddisfazione consumatoria è il piacere primario, ‘appreso’

dalla specie attraverso la selezione naturale e quindi, per il singolo, innato.

Fig. 2 Reazioni edoniche (protrusione della lingua in avanti e di lato e leccamento delle zampe) ad un gusto piacevole (zucchero) e avversive (conati, aspersione del muso con le zampe e proiezione del liquido raccolto con le zampe) ad un gusto spiavevole (chinino) nel ratto.

3 G. Di Chiara, cit.

HEDONIC REACTIONS (anterior tongue protrusion, lateral tongue protrusion, paw licks).

AVERSIVE REACTIONS (gapes, chin rubs, face washing, forelimb flails).

Il fatto che le proprietà motivazionali degli stimoli primari siano innate non vuol dire che

siano immutabili; al contrario, uno stimolo gustativo positivo può cambiare addirittura valenza,

diventando avversivo, per essere stato condizionato a stati viscerali avversivi (nausea, vomito).

Così, può bastare una singola associazione con uno stato di nausea per sviluppare un’avversione

condizionata al più appetitoso dei gusti. Perciò, l’apprendimento permette di trasferire le proprietà

motivazionali di uno stimolo primario agli stimoli secondari più diversi o addirittura di cambiarne il

segno. In tal modo le proprietà motivazionali del piacere possono essere reindirizzate ed

eventualmente sublimate in attività del tutto eterologhe rispetto agli stimoli primari cui esso è

biologicamente associato.

Così il piacere fornisce, attraverso le sue proprietà motivazionali, uno strumento flessibile per

adattare il comportamento alle necessità di un ambiente in continuo divenire. Per esempio, è

evidente che nella società di quel primate evoluto che è l’uomo le proprietà motivazionali del

piacere sono state reindirizzate verso attività diverse da quelle primordiali dei primati meno evoluti

dai quali l’uomo verosimilmente discende. Tuttavia è sempre il piacere a conferire proprietà

gratificanti a quegli stimoli, risposte o situazioni cui l’uomo attribuisce valore essenziale per la

sopravvivenza in quell’ambiente del tutto nuovo e peculiare, la Società degli Uomini, che egli

stesso si è dato.

Dunque, il piacere non è un optional ma uno strumento fondamentale di adattamento delle

specie all’ambiente e dell’efficienza degli organismi biologici.

Lo scantinato del cervello

Il piacere è un aspetto dell’emotività e dell’affettività e come tale dipende dall’attività

distribuita di un insieme di aree cerebrali e di una complessa rete di neuroni. Proprio a causa della

sua natura emotiva, il piacere, anche quello più ‘cerebrale’ o ‘di testa’, coinvolge il sistema nervoso

autonomo. Il piacere, sia quello appetitivo o del desiderio che quello consumatorio o della

soddisfazione comportano inevitabilmente un ‘movimento’ dei ‘visceri’, siano essi lo stomaco e

l’intestino, il cuore ed i vasi, le ghiandole sudoripare o le ghiandole cortico- surrenaliche. Secondo

James, le emozioni non partono dal cervello ma è il cervello che si ‘emoziona’ nel percepire i

segnali periferici generati dall’attività dei visceri. Noi, con Cannon, pensiamo che il piacere abbia

un’origine primariamente centrale e, con James, che l’attività del sistema nervoso autonomo faccia

parte di un circuito riverberante che rinforza e mantiene l’attività dei centri primari del piacere.

Le proprietà motivazionali del piacere dipendono dall’attività di aree cerebrali

topograficamente vicine a quelle da cui dipendono comportamenti primordiali legati alla

sopravvivenza del singolo e della specie, come il comportamento alimentare, sessuale, predatorio,

materno etc. Queste aree sono localizzate nella parte più mediale e ventrale del cervello. Dato che

nei mammiferi ciascun emisfero cerebrale si è sviluppato in direzione ventro-dorsale e medio-

laterale, la localizzazione ventro-mediale delle aree che mediano le proprietà motivazionali del

piacere tradisce la loro origine precoce nel corso dell’evoluzione. Infatti queste aree sono

integralmente presenti e conservate a partire dai mammiferi macrosmatici meno evoluti, i Roditori,

che dipendono essenzialmente dall’olfatto per la sopravvivenza, fino ai Primati, uomo compreso.

Queste aree sono la shell del nucleo accumbens del setto ed un complesso di nuclei (il nucleo

centrale dell’amigdala, il nucleo del letto della stria terminale, la substantia innominata)

tradizionalmente considerati parte del sistema limbico e riclassificati e raggruppati da Heimer e il

suo gruppo4 a costituire la cosiddetta ‘amigdala estesa’ (Figg. 3 e 4).

Fig. 3 L'amigdala estesa laterale (in arancione) e lo striato (in bianco). Core e shell sono le due suddivisioni del nucleo accumbens.

4 L. Heimer, J. de Olmos, G. F. Alheid, L. Zaborszky, Perestroika in the basal forebrain:opening the border between neurology and psychiatry, in “Progress in brain research” 87 (1991), pp.109-165.

Fig. 4 Sezione orizzontale di cervello di ratto dove si osservano lo striato, in grigio chiaro, e l’amigdala estesa in grigio scuro.

Queste aree sono interconnesse da una parte con i centri del sistema nervoso autonomo

localizzati nel tronco cerebrale (mesencefalo, ponte, bulbo) da cui dipendono i ‘movimenti’ dei

visceri e con i centri ipotalamici che controllano l’omeostasi termica e metabolica e dall'altra con

aree sottocorticali (pallido ventrale) che, per l’intermezzo del talamo, proiettano ad aree corticali

prefrontali medio-ventrali (corteccia orbitofrontale, infralimbica e prelimbica) importanti per la

valutazione e utilizzazione a fini esecutivi del valore edonico e incentivo-motivazionale degli

stimoli.

Queste aree nell’uomo costituiscono una sorta di ‘scantinato’ del cervello, non solo per la loro

localizzazione nella sua parte più interna e basale, ma anche perché, come un scantinato,

costituiscono il ripostiglio di tutta una serie di vecchi arnesi, le pulsioni primordiali, che

l’evoluzione ha lì risposto, just in case; perché, non si sa mai, un giorno, in una situazione di

emergenza, quando gli arnesi più moderni, le norme sociali ed etiche di quell’ambiente, la Società

civile, che l’uomo si è dato, dovessero diventare inservibili, allora quei vecchi arnesi potrebbero

tornare utili o diventare addirittura essenziali per la sopravvivenza. Quanto questa lungimiranza

dell’Evoluzione e quanto le cianfrusaglie dello scantinato del cervello possano tornare utili lo si

vede puntualmente in quelle circostanze nelle quali saltano le regole ed i principi sociali ed etici e

l’uomo si ritrova improvvisamente precipitato in una condizione non dissimile da quella di un

mammifero in un ambiente soggetto alle leggi naturali, piuttosto che umane, della sopravvivenza.

Non che le leggi umane della sopravvivenza siano meno spietate di quelle naturali. Sono

semplicemente diverse ma gli arnesi per non soccombere in quell’ambiente sono tuttavia riposti

nello scantinato.

Dopamina e piacere

Lo ‘scantinato del cervello’ pur nella diversità delle aree che lo compongono, ha una

caratteristica unitaria che accomuna e lega tra di loro i suoi componenti: il fatto di essere

densamente innervato da neuroni che utilizzano la dopamina come neurotrasmettitore i cui corpi

cellulari sono localizzati nell'area ventrale tegmentale del mesencefalo (VTA) (Fig. 5).

Fig. 5 Rappresentazione schematica del sistema neuronale che utilizza la dopamina come neurotrasmettitore.

La dopamina della shell del nucleo accumbens viene liberata da stimoli naturali nuovi e

salienti, come un odore o un gusto nuovo e particolarmente buono. Per esempio, l’odore ed il sapore

dei Fonzies (Fig. 6).

Fig. 6 I Fonzies. un cibo particolarmente appetitoso per i ratti (e per l'uomo).

I Fonzies sono uno snack food costituito da un impasto di farina di mais, grassi idrogenati,

formaggio e sale, stimola la liberazione di dopamina nella shell del nucleo accumbens ma questa

risposta va incontro ad abitudine dopo una singola esposizione allo stimolo5 (Fig. 7).

Simili risposte sono state ottenute dopo la

somministrazione intraorale di una soluzione

acquosa di cioccolato dolce. Tutti i farmaci e le

sostanze d’abuso che inducono dipendenza,

come la cocaina, l’eroina, l’amfetamina, la

nicotina, l’alcol, il tetraidrocannabinolo (il

principio attivo della Cannabis) aumentano con

vari meccanismi la trasmissione dopaminergica

nella shell del nucleo accumbens (Figg. 8 e 9).

Fig. 7 Habituation della risposta della dopamina durante il consumo di Fonzies nella shell del nucleo accumbens ma non nel core. (Di Chiara e coll. 2002)

5 V. Bassareo, G. Di Chiara, Differential influence of associative and nonassociative learning mechanisms on the responsiveness of prefrontal and accumbal dopamine transmission to food stimuli in rats fed ad libitum, in “Journal of Neuroscience” (1997) 17, pp. 851-861.

Fig. 8 L’eroina e il THC, il composto attivo della marjuana, si somigliano dal punto di vista della capacità di aumentare la dopamina nella shell del nucleo accumbens.

Fig. 9 La nicotina fa lo stesso.

Studi sperimentali di manipolazione farmacologica della trasmissione dopaminergica

dimostrano che questa proprietà è fondamentale per la capacità di questi farmaci e sostanze di dare

piacere e di agire da rinforzo del comportamento strumentale. In pratica, tutti i farmaci d'abuso

producono piacere e dipendono per questa proprietà dalla capacità di stimolare la trasmissione

dopaminergica nella shell del nucleo accumbens. Ma quale tipo di piacere sono in grado di dare i

farmaci e le sostanze d’abuso?

Studi sperimentali negli animali e studi di brain imaging nell’uomo indicano che il piacere

associato alla liberazione di dopamina nel nucleo accumbens corrisponde al piacere appetitivo,

all’eccitazione motivazionale (incentive arousal) indotta da stimoli condizionati predittivi della

soddisfazione consumatoria. Perciò, i farmaci d’abuso, e soprattutto quelli dotati di proprietà

psicostimolanti, come la cocaina, l’amfetamina e l’estasi, producono stati di eccitazione

coortamentale omologhi a quelli tipici della fase appetitiva del comportamento motivato. Così, i

farmaci psicostimolanti producono un comportamento di esplorazione e ricerca che utilizza

modalità comportamentali specie-specifiche (annusamento nei roditori, scanning visivo nei felini,

ricerca manuale nei primati).

Il valore motivazionale dello stato di piacere indotto da un farmaco d’abuso è particolarmente

elevato, tanto elevato che il ratto, posto di fronte alla scelta tra la somministrazione di una sostanza

d’abuso come la cocaina, l’amfetamina, la morfina o la nicotina ed un gusto dolce, come quello

della saccarina, preferisce il farmaco e mostra segni di frustrazione se dopo uno stimolo predittivo

del farmaco riceve invece la saccarina. Dato che il piacere del gusto della saccarina è tipicamente

un piacere consumatorio questi risultati dimostrano che il piacere appetitivo (il desiderio) può

raggiungere un valore motivazionale di grado anche superiore a quello di un piacere consumatorio.

Al contrario del piacere appetitivo, quello consumatorio non dipende dalla dopamina.

Contrariamente a quanto ipotizzato da Wise con la teoria dell’anedonia, (no dopamine, no

pleasure), la dopamina non è il substrato neurobiologico del piacere in generale ma solo di un tipo

specifico di piacere, quello appetitivo.

Alcuni autori hanno contrapposto la stato di eccitazione incentiva del piacere appetitivo,

dipendente dalla dopamina, al piacere consumatorio, indipendente dalla dopamina, indicando il

primo come wanting ed il secondo come liking con l’esplicito intendimento di negare alla dopamina

un ruolo nel piacere. Tuttavia, proprio l’assenza di una valenza positiva nel wanting rende

inspiegabile la sua funzione incentivo-motivazionale. L’ipotesi che il wanting sia in realtà uno stato

edonico fornisce una soluzione a questo problema.

Stimoli consumatori piacevoli, come un gusto dolce, liberano dopamina nella shell del nucleo

accumbens solo se sono particolarmente salienti, nuovi e imprevisti. Questa risposta va incontro ad

abitudine dopo una singola esposizione al gusto senza per questo compromettere le sue proprietà

edoniche valutate sulla base delle reazioni comportamentali al gusto (taste reactivity) (Figg. 1 e

2).Viceversa, le reazioni edoniche ad un gusto buono non sono alterate da farmaci che bloccano la

trasmissione dopaminergica. Perciò la dopamina della shell del nucleo accumbens non è un

substrato ma una conseguenza del piacere consumatorio.

Ovviamente ci si chiede quale sia la funzione della dopamina liberata da stimoli consumatori

piacevoli. Una risposta a questa domanda è stata già fornita più sopra, quando si è descritto il ruolo

della dopamina della shell del nucleo accumbens nel piacere appetitivo, nell’eccitazione

comportamentale (incentive arousal).

Tuttavia le proprietà adattative della risposta della dopamina della shell ed in particolare la sua

rapida tendenza ad andare incontro ad abitudine, suggerisce un suo ruolo nell’apprendimento

associativo. Infatti, una proprietà tipica dell’apprendimento associativo è la dipendenza dalla novità:

è difficile stabilire nuove associazioni tra stimoli noti per il semplice fatto che per stabilire la nuova

associazione bisogna prima cancellare quelle che inevitabilmente si sono già stabilite in seguito alle

precedenti esperienze dello stimolo. Studi sperimentali confermano il ruolo della dopamina della

shell del nucleo accumbens nell’apprendimento associativo. Dunque, la dopamina della shell del

nucleo accumbens serve non solo a promuovere comportamenti di ricerca e di approccio in risposta

a stimoli condizionati predittivi di stimoli gratificanti primari (ruolo incentivo-motivazionale) ma

anche per promuovere l’acquisizione di nuovi stimoli condizionati facilitando le associazioni

pavloviane tra stimoli altrimenti neutri e stimoli consumatori (apprendimento incentivo

pavloviano)6.

In pratica, in un contesto naturalistico, un evento eccezionale e carico di possibili conseguenze

per la sopravvivenza come l’incontro fortuito ed imprevisto con uno stimolo primario (un cibo ricco

di zuccheri e grassi, una femmina in calore, un luogo caldo e riparato…) viene marcato con una

scarica di dopamina nel nucleo accumbens che non solo produce un’eccitazione motivazionale ma

fissa nella memoria alcune caratteristiche salienti del contesto e le associa a quelle del piacere

associato all’evento stesso. In questo modo il cervello trasforma una contingenza temporale in una

relazione causale (post hoc ergo propter hoc) e fa sì che quel contesto diventi predittivo di

situazioni utili per la sopravvivenza. La dopamina consolida la memoria di queste associazioni,

facendo in modo che l’onda di nuove esperienze non le cancelli.

6 G. Di Chiara, cit.

Patologia del piacere

Se è vero che il piacere è una moneta che, attraverso l’apprendimento, può venire scambiata

all’occorrenza per qualsiasi tipo di merce biologicamente utile, è anche vero che proprio questa

flessibilità del piacere può essere all’origine dei suoi disturbi.

I disturbi del piacere non riguardano tanto il piacere primario, consumatorio, ma il piacere

appetitivo, quello che si associa all’eccitazione comportamentale e che è in grado di facilitare

l’apprendimento incentivo pavloviano, il piacere mediato dalla stimolazione della trasmissione

dopaminergica nella shell del nucleo accumbens.

Un disturbo che può essere ricondotto ad un’alterazione dei meccanismi del piacere appetitivo

è la tossicodipendenza, cioè la dipendenza da sostanze e farmaci.

Come abbiamo visto, i farmaci e le sostanze d’abuso hanno in comune la proprietà di

stimolare la trasmissione dopaminergica nella shell del nucleo accumbens. Questa proprietà è

omologa a quella di stimoli gratificanti primari di natura gustativa (Fonzies, cioccolato dolce,

Kinder Ferrero, zucchero vanigliato etc.).

Tuttavia esiste a questo riguardo una fondamentale differenza tra i farmaci d’abuso e gli

stimoli gustativi: la stimolazione della trasmisione dopaminergica nella shell del nucleo accumbens

da parte dei farmaci d’abuso non è sottoposta agli stessi meccanismi adattativi cui è sottoposta

quella prodotta dagli stimoli gustativi.

In particolare, la risposta della dopamina della shell ai farmaci non va incontro a quella rapida

habituation cui va invece incontro la risposta agli stimoli gustativi.

A questa differenza è stato attribuito un ruolo fondamentale nella tossicodipendenza. Infatti, la

mancanza di habituation della risposta dopaminergica della shell ai farmaci ha come conseguenza

una abnorme consolidazione delle associazioni tra gli effetti gratificanti del farmaco e stimoli o

contesti i quali acquistano eccessive proprietà incentivo-motivazionali. In questo meccanismo, lo

stato di piacere appetitivo associato all’eccitazione incentiva (euforia) prodotta dal farmaco gioca

probabilmente un ruolo di rinforzo. Come risultato di questo abnorme apprendimento incentivo,

stimoli associati ai farmaci acquistano quella eccessiva salienza motivazionale che è alla base di un

aspetto fondamentale della tossicodipendenza: l’abnorme, compulsiva capacità di stimoli

condizionati alle droghe di motivare il comportamento (craving).

Secondo questa ipotesi la tossicodipendenza è un disturbo della motivazione originato da una

abnorme effetto delle droghe sui meccanismi neurochimici e neurofisiologici che stanno alla base

del piacere appetitivo7.

7 G. Di Chiara, cit.

Un analogo meccanismo si può invocare per tutta una serie di disturbi della motivazione

caratterizzati da compulsione, dal gioco d’azzardo patologico ai disturbi del comportamento

alimentare (compulsive overeating), alle compulsioni sessuali etc. etc. Per questi disturbi si può

invocare una disfunzione individuale di quegli stessi meccanismi adattativi delle risposte

dopaminergiche che nella tossicodipendenza sarebbero alla base di un abnorme apprendimento

incentivo di stimoli associati alle droghe. Per esempio il giocatore d’azzardo sarebbe così attratto

dal gioco perché, a causa di una disfunzione dei processi adattativi (habituation) che regolano le

funzioni dello ‘scantinato del cervello’, stimoli (stati d’animo, contesti etc.) associati al gioco

avrebbero acquisito eccessive proprietà incentivo-motivazionali.

È interessante notare che il substrato di questi disturbi è la disfunzione di aree che fanno parte

dello ‘scantinato’ del cervello, a dimostrare che le funzioni ancestrali che l’uomo ha in comune con

il ratto e il topo possono, all’occorrenza, riprendersi il controllo del comportamento in maniera non

dissimile da quanto fanno nei mammiferi primordiali.