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1 Il peso del parlare e dello scrivere * M. VOGHERA G. TURCO (UNIVERSITÀ DI SALERNO) [email protected] , [email protected] 1. Introduzione In questo lavoro metteremo a confronto testi di parlato con testi di scritto. L’analisi si concentrerà in particolare sulle proprietà dei costituenti di clausola, ambito di ricerca finora molto trascurato, non solo per quel che riguarda l’italiano (Nichols e Woodbury 1985), ma che presenta molti motivi di interesse relativi sia alle differenze tra parlato e scritto sia ai mutamenti in atto nella sintassi dell’italiano contemporaneo. Dopo una prima fase in cui gli studi sul parlato si sono prevalentemente occupati della sintassi interclausale (Sornicola 1981; Voghera 1992; Voghera 2001a), è emerso in anni più recenti che molti fenomeni di differenziazione tra parlato e scritto si manifestano a livello della sintassi intraclausale: ordine delle parole, distribuzione delle parti del discorso, densità lessicale, struttura dell’informazione (Bonvino 2005; Cresti e Moneglia 2005; Voghera 2005). Lo studio dei costituenti causali presenta inoltre elementi di interesse per capire l’evoluzione delle strutture sintattiche nell’italiano contemporaneo. Se da un lato è stato osservato che la sintassi dell’italiano manifesta un uso sempre più frequente di strutture paratattiche a scapito di quelle ipotattiche, dall’altro si nota parallelamente un aumento della densità lessicale e sintattica interna alla clausola: maggior numero e maggior grado di incassatura dei costituenti. Ciò riguarda in primo luogo gli usi scritti formali e in particolare il linguaggio giornalistico e burocratico, ma, dato il forte potere modellizzante di questi usi settoriali, è interessante indagare se questa tendenza rimane relegata a questi usi o si sta diffondendo in altri tipi di scrittura e/o nel parlato. * L’articolo è frutto della collaborazione tra le due autrici; la stesura finale dei paragrafi 1, 4, 5, 6, 10 è di Miriam Voghera, dei paragrafi 2, 3, 7, 8, 9 è di Giuseppina Turco.

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Il peso del parlare e dello scrivere*

M. VOGHERA – G. TURCO (UNIVERSITÀ DI SALERNO)

[email protected], [email protected]

1. Introduzione

In questo lavoro metteremo a confronto testi di parlato con testi di scritto. L’analisi si concentrerà in particolare sulle proprietà dei costituenti di clausola, ambito di ricerca finora molto trascurato, non solo per quel che riguarda l’italiano (Nichols e Woodbury 1985), ma che presenta molti motivi di interesse relativi sia alle differenze tra parlato e scritto sia ai mutamenti in atto nella sintassi dell’italiano contemporaneo. Dopo una prima fase in cui gli studi sul parlato si sono prevalentemente occupati della sintassi interclausale (Sornicola 1981; Voghera 1992; Voghera 2001a), è emerso in anni più recenti che molti fenomeni di differenziazione tra parlato e scritto si manifestano a livello della sintassi intraclausale: ordine delle parole, distribuzione delle parti del discorso, densità lessicale, struttura dell’informazione (Bonvino 2005; Cresti e Moneglia 2005; Voghera 2005).

Lo studio dei costituenti causali presenta inoltre elementi di interesse per capire l’evoluzione delle strutture sintattiche nell’italiano contemporaneo. Se da un lato è stato osservato che la sintassi dell’italiano manifesta un uso sempre più frequente di strutture paratattiche a scapito di quelle ipotattiche, dall’altro si nota parallelamente un aumento della densità lessicale e sintattica interna alla clausola: maggior numero e maggior grado di incassatura dei costituenti. Ciò riguarda in primo luogo gli usi scritti formali e in particolare il linguaggio giornalistico e burocratico, ma, dato il forte potere modellizzante di questi usi settoriali, è interessante indagare se questa tendenza rimane relegata a questi usi o si sta diffondendo in altri tipi di scrittura e/o nel parlato.

* L’articolo è frutto della collaborazione tra le due autrici; la stesura finale dei paragrafi 1, 4, 5, 6, 10 è di Miriam Voghera, dei paragrafi 2, 3, 7, 8, 9 è di Giuseppina Turco.

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L’obiettivo che ci siamo prefisse non è tuttavia solo quello di offrire dei nuovi dati conoscitivi sulla sintassi del parlato e dello scritto, ma quello di proseguire la riflessione sull’individuazione di standard di misurazione della sintassi di un testo (Voghera et al. 2004; 2005), che consentano una comparazione trasparente tra la sintassi di testi parlati e scritti. Tutte le indagini sul parlato prevedono più o meno esplicitamente un confronto con lo scritto. I motivi sono molteplici e di natura sia teorica sia metodologica. Nonostante gli sforzi fatti nell’ultimo ventennio l’armamentario categoriale e descrittivo delle teorie grammaticali rimane nelle sue caratteristiche essenziali forgiato sugli usi scritti delle lingue o, quanto meno, sugli usi formali e monologici. Ciò, com’è noto, comporta sfasature a vari livelli che ci costringono a descrivere gli uni o gli altri usi e contrario, esaltando gli elementi di differenza, ma perdendo di vista gli elementi comuni. La strada da seguire a noi pare quella di lavorare su un’ipotesi di grammatica di base condivisa da tutti gli usi linguistici, per poi concentrarsi sugli aspetti in cui le due modalità divergono. Per far ciò è necessario definire in modo rigoroso il livello di analisi da prendere in considerazione, le unità di analisi e i criteri di valutazione.

La necessità di usare misure, per dir così, unitarie non è solo un’esigenza di natura teorica, ma anche un’esigenza metodologica pressante nell’ambito del trattamento automatico di dati linguistici. L’uso di corpora linguistici di sempre più ampie dimensioni pone i ricercatori di fronte alla necessità di poter fare delle analisi che assicurino l’utilizzo degli stessi programmi di annotazione e parsing per tipi di testi anche molto diversi tra loro. Parallelamente, la linguistica computazionale sta lavorando alla creazione di rappresentazioni multilivello dei dati linguistici, che mettano a disposizione dei ricercatori livelli diversi di analisi (da quello fonetico a quello pragmatico) svolti sullo stesso materiale linguistico (Albano Leoni e Giordano 2005; Savy et al. 2006). E’ evidente che anche in questo caso, l’individuazione di categorie e unità d’analisi ampiamente condivise e potenzialmente applicabili sia al parlato sia allo scritto diventa una sfida importante che va ben aldilà delle sue applicazioni tecnologiche (Voghera e Cutugno 2006).

Se si scorre la bibliografia degli ultimi vent’anni si può vedere chiaramente che la maggioranza dei contributi si occupa di sintassi e/o dei rapporti tra sintassi e altri livelli di significazione (per tutti si veda la bibliografia nel recente in Cresti e Moneglia 2005). La sintassi è stata uno dei terreni privilegiati dalle indagini sul parlato perché è forse questo il livello in cui si manifestano le principali peculiarità dei testi parlati: se si escludono i livelli specificamente dipendenti dall’uso del canale fonico-uditivo, è a livello sintattico che i testi parlati appaiono più vistosamente ‘altri’. L’organizzazione sintattica di un testo è infatti fortemente condizionata dai fattori enunciativi, quali la contemporaneità dei processi di programmazione e produzione/ricezione, la compresenza dell’emittente e del destinatario, l’avvicendamento dei turni di

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dialogo. L’insieme di questi fattori produce testi caratterizzati da una forte discontinuità semiotica e verbale (Voghera 2001b), la cui struttura sintattica è organizzata in porzioni di piccole dimensioni. Se questo è vero, sembra preferibile utilizzare come unità di misura della sintassi la clausola piuttosto che la frase (Halliday 1985, Haiman e Thompson (a cura di) 1988, Miller e Weinert 1998, Biber et al. 1999, Voghera et al. 2004). Ciò permette di delimitare un costituente che è adeguato sia all’analisi del parlato sia dello scritto, basando il confronto sintattico tra le due modalità su un terreno più solido. E’ del resto la linea seguita da Biber et al. (1999), il più completo tentativo di fornire una grammatica del parlato e dello scritto basata sulle stesse categorie di analisi: «Sentences will not be separatevely described, as it is debatable whether this notion is applicable to speech» p. 50. Ciò non toglie che sarà possibile descrivere come le clausole si combinino tra loro e quali sono le maggiori differenze tra parlato e scritto.

Abbiamo quindi considerato la clausola il dominio di massima progettazione sintattica e successivamente individuato i tipi di clausola e le loro relazioni (vedi §3). La definizione di clausola che abbiamo adottato comprende sia clausole verbali sia sequenze prive di verbo purché predicative o dotate di autonomia prosodica, cioè costituenti gruppo tonale (Voghera 1992) Abbiamo considerato la punteggiatura un segno di autonomia prosodica per i testi scritti. L’enunciato seguente è stato quindi segmentato in due clausole:

(1) La cucina economica è stata ormai fracassata: un rottame fra le

macerie. CLAUSOLA 1 CLAUSOLA 2

Di ogni clausola sono stati analizzati i costituenti, segmentati in sintagmi

nominali, verbali, preposizionali e sintagmi predicativi in dipendenza da copula o verbi copulativi. L’obiettivo centrale del nostro lavoro è quello di individuare se esistano differenze ed, eventualmente, di quale tipo e/o livello nel grado di complessità dei costituenti di clausola tra parlato spontaneo dialogico e scritto formale. A tal fine abbiamo utilizzato una scala di pesantezza dei sintagmi. La nozione di pesantezza (heaviness o anche grammatical weight) è stata variamente usata per descrivere fenomeni di organizzazione interna alle singole lingue e/o in ambito tipologico. Com’è noto, esistono molte diverse proposte per misurare il grado di pesantezza di un costituente (Hawkins 1994; Wasow 1997; Szmrecsányi 2004) a seconda della rilevanza che si assegna alle sue caratteristiche strutturali e/o al carico di elaborazione (processing) che esse comportano. Dal punto di vista strutturale, nonostante esistano diverse definizioni, la maggior parte degli autori valuta la pesantezza in termini

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sintattici1: maggiore il numero dei nodi strutturali che una struttura domina maggiore sarà il suo peso (Hawkins 1994). Da un punto di vista, dell’elaborazione la misura che più frequentemente viene utilizzata è quella della lunghezza dei costituenti: maggiore è la lunghezza maggiore sarà il peso (Wasow 1997). A questi due tipi di misura se ne aggiungono altre che tengono conto di altri fattori quali il ruolo pragmatico (gli elementi nuovi sono più pesanti degli elementi dati) (Arnold et al. 2000), e la pesantezza metrica (Zubizzareta 1988).

Com’è stato notato da più parti (tra gli altri Wasow e Arnold 2003), vista l’alta correlazione positiva tra misure diverse, è difficile stabilire con certezza quale sia il fattore dominante sugli altri. Ciò che tuttavia appare rilevante è che la sola considerazione delle proprietà strutturali non basta, come hanno mostrato numerosi studi dedicati ai diversi ordini di parole, dai quali risulta che la preferenza dei parlanti a disporre i costituenti di una frase dal più leggero al più pesante è determinata non solo dalla loro complessità strutturale, ma anche dalla lunghezza e dallo statuto informativo (Hawkins 1994; Wasow 1997; Wasow e Arnold 2003).

Nell’ambito di questo lavoro, limitandoci alla sola pesantezza sintattica, come si vedrà in dettaglio nel §4, abbiamo preso in considerazione sia la complessità strutturale dei costituenti sia la loro ampiezza, adottando una definizione di pesantezza a cavallo tra la grammatica della competenza e la grammatica dell’esecuzione, basata sull’idea che il peso di una costruzione linguistica è determinato non solo dalle sue proprietà strutturali, ma anche dal grado di carico esecutivo che essa richiede. Proprio il confronto tra parlato e scritto fa infatti emergere con chiarezza la necessità di tener conto del rapporto continuo e costante tra grammatica e esecuzione (Voghera 2001b). La diversità delle strutture ricorrenti nei testi parlati e nei testi scritti non può infatti essere attribuita all’esistenza di due diverse grammatiche, almeno non nel senso in cui l’italiano e il tedesco posseggono due diverse grammatiche, quanto piuttosto ai diversi vincoli enunciativi imposti dalle due modalità di comunicazione. Sono le condizioni imposte dal processo di progettazione/produzione e ricezione/elaborazione del parlato e dello scritto che determinano la preferenza per alcune strutture grammaticali, ampiamente condivise interlinguisticamente. L’ipotesi sottostante è quindi che il rapporto tra grammatica e esecuzione sia un rapporto bidirezionale di condizionamento reciproco: date determinate condizioni enunciative, la grammatica tenderà a fissare quelle strutture che meglio si adattano ad esse. Parafrasando la Performance-Grammar Correspondance Hypothesis, formulata da Hawkins (2003: 122), possiamo dire che il parlato e lo scritto: «(…) have conventionalized syntactic structures in

1 Non è un caso che la nozione di pesantezza o peso grammaticale sia spesso usata come sinonimo di complessità sintattica (Szmrecsányi 2004).

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proportion to their degree of preference in performance, as evidenced by frequency of use and ease of processing».

2. Il corpus e il sistema di etichettatura

Condizione essenziale per valutare il grado di pesantezza dei costituenti clausali nel parlato e nello scritto è quello di poter disporre di un corpus equilibrato non solo per dimensioni, ma soprattutto per quel che riguarda le condizioni enunciative. Non è raro infatti che la comparazione tra parlato e scritto avvenga tra testi che per il parlato tendono al massimo grado di informalità e, al contrario, per lo scritto al massimo grado di formalità, rendendo molto difficile valutare la pertinenza delle variabili in gioco. Abbiamo, quindi, analizzato testi che, pur presentando le proprietà centrali alle due modalità, fossero comparabili per quel che riguarda le principali caratteristiche enunciative2.

Per il parlato abbiamo selezionato una porzione del corpus radiotelevisivo CLIPS (Albano Leoni 2003) che comprende un totale di 2309 parole per una durata complessiva di circa 11 minuti. I testi analizzati sono costituiti da interviste e dibattiti che rappresentano vari tipi di programmi (intrattenimento, informazione e servizio, cultura e divulgazione). È importante sottolineare che pur trattandosi di un parlato radiotelevisivo pubblico e, quindi, meno spontaneo delle conversazioni private, sono stati selezionati solo i testi cosiddetti parlati-parlati, e cioè quelli caratterizzati da un basso grado di pianificazione e da un alto grado di dialogicità.

Per lo scritto abbiamo scelto una porzione del corpus PENELOPE (Policarpi e Rombi 2005; Corpus Penelope: http//www.parlaritaliano.it), costituita da testi narrativi, descrittivi, argomentativi, informativo-espositivi, per un totale di 2360 parole. Come si può vedere in Tabella 2.2, i testi selezionati rappresentano uno scritto molto diversificato, non letterario e non d’autore. Tabella 2.1

CORPUS PARLATO CLIPS - Testi di Parlato Radiotelevisivo RADIOGIORNALE DISCUSSIONE SPORTIVA CAMPIONATO DI CALCIO ANTIDOLORIFICI NEL CALCIO INTERVISTA SULLA MUSICA DEI GIOVANI

2 I testi che costituiscono il corpus qui considerato sono consultabili, in trascrizione ortografica e nella loro annotazione sintattica, nel sito http//www.parlaritaliano.it.

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DISCUSSIONE RACCOLTA DEI RIFIUTI URBANI DISCUSSIONE SU ARGOMENTI DI MEDICINA Tot parole: 2309 ( 7 registrazioni – 11’)

Tabella 2.2

CORPUS SCRITTO PENELOPE - Testi di Scritto non d’Autore QUOTIDIANI PERIODICI SPECIALISTICI STAMPA RELIGIOSA PRODUZIONE INDIVIDUALE PRODUZIONE POLITICO-BUROCRATICA-AMMINISTRATIVA STAMPA INDUSTRIALE E COMMERCIALE SAGGISTICA DIVULGATIVA DIDASCALIA Tot parole: 2360 (55 testi)

Tutti i testi sono stati analizzati e annotati con una versione aggiornata di AN.ANA.S. (Annotazione e analisi sintattica) (Cutugno e Voghera 2004; Voghera et al. 2004; 2005)3, un programma di etichettatura e analisi sintattica manuale, tramite il quale è possibile generare un testo arricchito con delle etichette (tags) in base agli standard XML e Text Encoding Iniziative (TEI) ed ottenere infine un database interrogabile per l’ acquisizione di dati quantitativi e qualitativi sulle caratteristiche sintattiche dei corpora analizzati, più specificamente, sulla struttura interna dei vari costituenti di ciascun livello dell’albero sintattico e sui diversi tipi di relazione.

3. Tipi di clausole e i rapporti tra clausole

Prima di passare a descrivere i dati relativi al tipo, alla frequenza e alla pesantezza dei sintagmi forniremo un quadro generale sulla sintassi del corpus4 preso in considerazione.

Per svolgere un’indagine esauriente sulla sintassi della clausola, l’analisi è stata realizzata utilizzando un’impostazione metodologica già delineata e proposta in Voghera et al. (2004): un sistema di misurazione composto da

3 Il sottocorpus di parlato è stato annotato da Caterina Bisogno nel corso della sua tesi di laurea La sintassi intraclausale nel parlato radio-televisivo italiano, a.a. 2003-04. 4 D’ora in avanti utilizzeremo il termine corpus per far riferimento ad entrambi i sottocorpora Clips e Penelope da noi selezionati.

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parametri di misura interna, tramite i quali si ricava una descrizione dettagliata sulle caratteristiche sintattiche di ogni costituente, e parametri di misura esterna, attraverso i quali invece si osservano le relazioni che si instaurano tra i vari costituenti interclausali e intraclausali.

Nel caso specifico della sintassi della clausola, abbiamo considerato le seguenti misure interne e esterne:

1. il tipo di clausole (principale, dipendente, nominale); 2. il numero dei sintagmi; 3. i rapporti tra le varie unità clausali in base al tipo di relazione

(indipendente o dipendente) che delinea ciascun complesso di clausole e al numero di clausole che lo costituiscono.

I primi dati che qui illustriamo riguardano il numero complessivo delle clausole del corpus (Figura 3.1) e la lunghezza media della clausola, misurata in base al numero dei sintagmi di cui si compone (Figura 3.2).

0,0

100,0

200,0

300,0

400,0

500,0

n° totclausole

425 307

PARLATO SCRITTO

0,0%

2,0%

4,0%

PARLATO

2,6%

SCRITTO

3,4%

n° sintagmi x

Figura 3.1 [numero totale delle clausole] Figura 3.2 [lunghezza media di una

clausola misurata in sintagmi]

La prima sostanziale differenza che emerge tra le due modalità è che nel parlato si ha una maggiore quantità di clausole per lo più brevi; al contrario, nello scritto si ha un minor numero di clausole tendenzialmente plurisintagmatiche. Questi dati confermano un’ipotesi già avanzata in studi precedenti (Halliday 1985; Voghera 1992): nello scritto si tende a compattare ed organizzare l’informazione in più sintagmi per clausola; nel parlato invece, a causa delle specifiche condizioni enunciative che influiscono sul processo di pianificazione\produzione, si tende a distribuire il flusso informativo avvalendosi di una maggiore quantità di clausole.

Nella Figura 3.3 abbiamo messo a confronto le percentuali delle clausole nominali con quelle delle clausole verbali.

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0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

80,0%

100,0%

nominali 12,2% 11,1%

verbali 87,8% 88,9%

PARLATO SCRITTO

Figura 3.3 [percentuali delle clausole nominali e delle clausole verbali]

Non sorprende che nelle due modalità la maggioranza delle clausole sia

costituita da strutture a nodo verbale. Il dato su cui soffermarsi, piuttosto, è quello relativo alle clausole nominali, le cui percentuali nel parlato sono meno elevate di quelle registrate in altri lavori (da ultimo Cresti e Moneglia 2005), probabilmente anche a causa di diversi criteri di segmentazione. Si nota inoltre che la frequenza delle nominali è di fatto uguale nel parlato e nello scritto, anche se il dato quantitativo non deve indurre a credere che le clausole nominali svolgano le stesse funzioni o abbiano le stesse forme nelle due modalità.

Per quanto riguarda lo scritto, sebbene nella letteratura tradizionale la frase nominale sia stata considerata un tratto tipico dei testi letterari (per esempio Herczeg 1967), in realtà, dal nostro corpus emerge che le clausole a nodo non verbale vengono ampiamente impiegate anche in testi non letterari (didascalie, titoli di quotidiani; testi di prodotti commerciali, ecc.) rivestendo un’ampia molteplicità di ruoli nei diversi tipi testuali, come notato in alcuni studi recenti (Fiorentino 2004), alcuni dei quali sono riportati negli esempi seguenti:

(2) Novalgina: gocce; compresse; supposte. (3) L’ora della siesta in caserma (titolo in

Panorama) (4) Sopra: Ingrid Bergman ventenne, stella di

Hollywood (didascalia in Famiglia Cristiana)

(5) Fra i grandi romanzieri dell’Ottocento, la Eliot è forse la più sconosciuta in Italia, dove solo Il mulino sulla Floss è entrato a mala pena fra i classici della letteratura adolescenziale [un genere letterario ormai in via di estinzione] (in La Repubblica)

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(6) Basterà forse la chiusura di una porta (e la sostituzione di alcune lampade) ad arrestare il degrado degli affreschi della Cappella degli Scrovegni, vittime illustri dell’inquinamento atmosferico: un modesto rimedio ad un male che appariva inarrestabile. (in Il Tempo)

Anche nel parlato le clausole nominali possono svolgere diverse funzioni e presentarsi nei più svariati contesti enunciativi (Fiorentino 2004; Scarano 2004), come mostrano alcuni esempi qui sotto riportati:

(7) allora// traumi antidolorifici/ se è vero che

un abuso di antidolorifici mischiati chissà con che produce qualche cosa / mi parlavi di corteccia celebrale //giusto? // ti faccio una domanda // io da ignorante da profano

(8) tipo Parigi? (9) ma certo // certo certo… (in dialogo Antidolorifici nel calcio)

Per quel che concerne le strutture di tipo verbale, ci è parso utile osservare il confronto tra clausole indipendenti e clausole dipendenti (Figura 3.4). Per misurare la lunghezza della frase abbiamo calcolato la percentuale delle frasi uniclausali e quella delle pluriclausali (Figura 3.5).

0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

Indipendenti 57,9% 44,7%

Dipendenti 42,1% 55,3%

PARLATO SCRITTO

Figura 3.4 [tipi di clausole verbali]

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0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

80,0%

uniclausali 57,7% 38,3%

pluriclausali 42,3% 61,7%

PARLATO SCRITTO

Figura 3.5 [percentuali delle frasi uniclausali e delle frasi pluriclausali]

Com’era prevedibile, il rapporto indipendenti-dipendenti (Figura 3.4) è inverso nelle due modalità, registrando uno scarto di circa il 13% in entrambi i casi. Il dato ha ampie conferme in letteratura (Voghera 1992; Policarpi e Rombi 2005) e si spiega con il fatto che nello scritto predomina il principio di gerarchizzazione (Voghera 2001b), mentre, nel parlato dialogico normalmente il discorso, per vincoli imposti dal tempo sul processo di pianificazione\produzione, si costruisce tramite strategie di aggiunta sintattica. Questo deriva dalla necessità che la quantità di informazione si sviluppi attraverso un processo additivo, poiché una struttura seriale permette sia al parlante sia all’ascoltatore di progredire passo dopo passo, senza sovraccaricare la memoria e riducendo la potenziale perdita di informazione (Voghera 2005).

La maggiore presenza di clausole dipendenti si riflette anche nel fatto che nello scritto abbiamo una percentuale alta di frasi pluriclausali o complessi di clausole, come illustrato in Figura 3.5. La maggiore frequenza di clausole semplici nel parlato trova tra l’altro conferma nei recenti dati pubblicati in Cresti e Moneglia (2005), i quali registrano nel loro corpus di parlato italiano una percentuale di simple utterances che va dal 51% nel parlato dialogico informale al 21% nel parlato formale monologico.

Tuttavia, va segnalato che il rapporto tra i due tipi di relazioni nello scritto presenta uno scarto minore (di circa 10%) rispetto al parlato (16%) e ciò ci rivela, anche se in misura non marcata, che lo scritto tende ad utilizzare in maniera più diversificata le relazioni indipendenti e dipendenti. Questo suggerisce l’idea che mentre nel dominio del parlato l’alta percentuale di strutture indipendenti è un fenomeno tipico, l’uso di strutture subordinate nell’ambito dello scritto invece non è un tratto così distintivo di questa modalità (Policarpi e Rombi 2005), ma dipende dai diversi tipi di testo considerati.

Ad ulteriore conferma della differenza tra parlato e scritto riportiamo i dati relativi alla lunghezza della frase, calcolata in numero di clausole (Figura 3.6).

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Come i dati ci mostrano, mentre per il parlato il numero di clausole legate non supera di fatto il 3 (96 % circa), nello scritto possiamo avere fino a 7 clausole legate tra loro.

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

60,0%

1 clausola 57,7% 38,3%

2 clausole 23,8% 20,8%

3 clausole 14,6% 15,8%

4 clausole 2,7% 9,2%

5 clausole 1,2% 8,3%

6 clausole 0,0% 5,8%

7 clausole 0,0% 1,7%

PARLATO SCRITTO

Figura 3.6 [lunghezza della frase]

In sintesi, quindi abbiamo:

• Parlato: maggior numero di clausole, frasi uniclausali, minor numero di sintagmi per clausola (clausole brevi), minor numero di clausole subordinate.

• Scritto: minor numero di clausole, frasi pluriclausali, maggior numero di sintagmi per clausola (clausole lunghe), maggior numero di clausole subordinate.

4. Le scale di pesantezza dei sintagmi

Come abbiamo già detto nell’introduzione, le misure che abbiamo adottato per valutare la pesantezza sintattica dei sintagmi prendono in considerazione sia la

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struttura sia l’estensione. Nonostante diversi studi mostrino che le due misure sono spesso correlate positivamente (Szmrecsányi 2004) a livello di frase, abbiamo ritenuto opportuno considerarle entrambe perché esse non hanno la stessa rilevanza nel parlato e nello scritto: è infatti prevedibile che la lunghezza dei costituenti sia un elemento pertinente per il parlare più che per lo scrivere. Abbiamo quindi disegnato delle scale di pesantezza per ciascun tipo di sintagma considerato5: sintagmi nominali (NP), preposizionali (PP) e verbali (VP). I sintagmi verbali sono stati inoltre distinti in sintagmi la cui testa è un verbo lessicale pieno, dai sintagmi la cui testa è il verbo essere copula o un verbo predicativo (sembrare, ritenere ecc.). La valutazione della pesantezza di questi ultimi si è basata sulla pesantezza dei sintagmi predicativi (PNP).

Come si può vedere dalle Tabelle 4.1-4.4, si delineano, per dir così, due tipi di scale di pesantezza: una nominale e una verbale. La prima, in cui rientrano sostanzialmente i sintagmi nominali, i sintagmi nominali predicativi e i sintagmi preposizionali, tiene conto della presenza del numero dei nodi che costituisce il sintagma (presenza o assenza di un determinante sovraordinato), della presenza o meno di modificatori della testa (nel caso degli NP e dei PNP) o di modificatori della parte nominale del PP. Distingue infine anche le teste nominali da quelle pronominali perché quest’ultime sono tendenzialmente più brevi6. La seconda, quella verbale, tiene conto oltre che della presenza di modificatori della testa verbale anche della relazione tra VP e i suoi argomenti. Abbiamo infatti ritenuto necessario marcare la saturazione o meno degli argomenti verbali per indicare la maggiore o minore complessità del VP.

LEGENDA DELLE TABELLE ±det: presenza/assenza di determinanti; ± presenza/assenza di modificatori; +pro: pronome; ± sat: saturazione/non saturazione degli argomenti del verbo.

5 Come è ormai consuetudine in tutti i sistemi di etichettatura e annotazione, si usano qui le sigle che rimandano alle etichette inglesi: Noun Phrase, Verbal Phrase, Prepositional Phrase, Predicative Noun Phrase. 6 Non abbiamo finora preso in considerazione in modo sistematico il ruolo pragmatico dei costituenti analizzati, ma possiamo affermare che nel nostro corpus i pronomi rimandano nella quasi totalità dei casi anaforicamente a referenti nominali e che quindi sono pragmaticamente elementi ‘dati’. Questo, come già accennato, è ritenuto un ulteriore elemento di ‘leggerezza’ (Arnold et al. 2000)

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Il peso del parlare e dello scrivere

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Tabella 4.1 [scala di pesantezza dei sintagmi nominali] NP Pesanti [+ det] [+ mod]

“…ha richiesto un massiccio spiegamento di forze.”

NP Medi [+ det] [- mod]

“è vero che un abuso di antidolorifici…”

NP Leggeri [- det] [+ mod]

“vittime illustri dell’inquinamento atmosferico”

NP Leggerissimi [- det] [- mod]

“Gocce; compresse; supposte.”

NP Superleggeri [+ pro] [- det] [- mod]

“Egli è tenuto a rispettare...”

Tabella 4.2 [scala di pesantezza dei sintagmi verbali] VP Superpesanti [verbi servili o fraseologici e causativi] [+ sat] [+ mod]

“…dovrebbe costituire un avvenimento culturale molto importante.”

VP Pesanti [+ sat] [+ mod]

“Il conducente,…, non è tenuto a dare precedenza.”

VP Medi [+ sat] [- mod]

“…lungo e paziente lavoro che il Presidente ha svolto…”

VP Leggeri [- sat] [+ mod]

“Sta giocando bene anche.”

VP Leggerissimi [- sat] [- mod]

“…perciò si siedono davanti al fuoco.”

VP Superleggeri [+ impersonale] [- sat] [- mod]

“…poiché ha piovuto, al ritorno sono alquanto bagnati”

Tabella 4.3 [scala di pesantezza dei sintagmi predicativi in dipendenza da copula o verbi copulativi]

PNP Pesanti [+ det] [+ mod]

“…questo è un ragazzo timido.”

PNP Medi [+ det] [- mod]

“Ecco. Quella era un’atmosfera, secondo me.”

PNP Leggeri “…ha una condizione di squadra che è totalmente diversa dalla Lazio.”

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M. Voghera – G. Turco (Università di Salerno) 14

[- det] [+ mod] PNP Leggerissimi [- det] [- mod]

“Secondo Micheli è straordinario.”

PNP Superleggeri [+ pro] [- det] [- mod]

“comunque proprio le canzoni sono quelle”

Tabella 4.4 [scala di pesantezza dei sintagmi preposizionali]

PP Pesanti [+ det] [+ mod]

“…nel giorno di collisione tra il sottomarino statunitense…”

PP Medi [+ det] [- mod]

“Può esser simile all’epilessia?”

PP Leggeri [- det] [+ mod]

“Uno dei sintomi in determinate situazioni”

PP Leggerissimi [- det] [- mod]

“Io, da ignorante, da profano.”

PP Superleggeri [+pro] [- det] [- mod]

“Dobbiamo andare un attimo coi piedi di piombo, secondo me.”

Qualche riflessione meritano, infine, i gradini delle varie scale. La considerazione della complessità verticale (numero dei nodi) e della complessità, per così dire, orizzontale (presenza di modificatori) pone dei problemi di graduazione all’interno di ciascuna scala. E’ chiaro, infatti, che da un punto di vista teorico si stanno misurando due proprietà diverse, la cui relazione non è immediata. Se infatti non vi sono dubbi sugli estremi delle scale, i quali sono costituiti da materiale pesante e leggero sia dal punto di vista della complessità verticale che orizzontale, più difficile è stabilire la relazione tra i gradini intermedi. L’ipotesi qui fatta, sostenuta dalla letteratura corrente (Hawkins 1994; Szmrecsányi 2004), è che il numero dei nodi ‘pesi’ di più del numero dei modificatori e che, quindi, un VP le cui valenze sono saturate sia più pesante di un VP le cui valenze non sono saturate, ma che contiene dei modificatori.

5. Sintagmi e categorie lessicali

Consideriamo innanzi tutto il numero e il tipo di sintagmi più frequenti nelle due modalità, riportati nella Figura 5.1. Questi dati permettono di ricavare informazioni, da un lato, sulla distribuzione delle categorie lessicali nel parlato

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Il peso del parlare e dello scrivere

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e nello scritto e, dall’altro, sul diverso ruolo da esse svolto nella struttura della clausola.

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

NP 36,1% 30,9%

VP 29,5% 20,3%

VP copula 5,5% 3,5%

PP 28,9% 45,3%

PARLATO SCRITTO

Figura 5.1 [percentuali dei vari tipi di sintagmi]

In primo luogo, parlato e lo scritto divergono nel rapporto tra NP e VP: se

infatti sommiamo i VP lessicali e i VP copula si vede bene che il parlato presenta un numero quasi pari di NP (36,1%) e di VP (35%), mentre lo scritto presenta un più alto numero di NP (30,9%) rispetto ai VP (23,8%). Ciò dipende primariamente dal fatto che nel parlato la maggioranza delle clausole presenta un rapporto 1:1 tra NP e VP, mentre nello scritto in ogni clausola ci possono essere più NP.

In secondo luogo, lo scritto presenta un numero significativamente più alto di PP rispetto al parlato (45% circa vs. 29% circa) che, nuovamente, è attribuibile alla maggiore articolazione interna delle clausole nei testi scritti.

La distribuzione dei diversi tipi di sintagmi ci permette di avere un quadro più preciso, anche, sulla diversa frequenza delle categorie lessicali nel parlato e nello scritto. E’ stato da più parti notato (Biber et al. 1999; Giordano e Voghera 2002; Laudanna e Voghera 2002; Voghera e Laudanna 2003; Cresti e Moneglia 2005; Voghera 2005) che i testi scritti fanno un uso maggiore di nomi rispetto al parlato. Anche i nostri dati confermano questa tendenza: se consideriamo infatti non più i sintagmi nominali, ma i nomi emerge chiaramente la loro maggiore frequenza nello scritto. Calcolando il numero dei nomi sul totale di nomi e verbi, vediamo che lo scritto, rispetto al parlato, presenta un buon terzo di nomi in più e circa la metà dei verbi.

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0%

20%

40%

60%

80%

NOMI 58% 73%

VERBI 42% 27%

PARLATO SCRITTO

Figura 5.2 [numero totale dei nomi e dei verbi]

Questa tendenza, confermata da dati provenienti da più lingue (Cresti e Moneglia 2005), è stata attribuita al fatto che i sintagmi nominali rappresentano spesso la parte tematica dell’enunciato (per esempio il soggetto), cui il parlato rimanda più frequentemente con l’uso di pronomi o addirittura omette perché ricavabile dal cotesto e dal contesto (Voghera 2005). Se questo è certamente vero (vedi §5.1), l’incrocio tra la frequenza delle categorie lessicali e la loro posizione sintattica fa emergere però che la diversa frequenza d’uso nei nomi nel parlato e nello scritto non va solo ricercata nell’uso degli NP, ma anche nella diversa frequenza dei PP. Se guardiamo infatti alla posizione sintattica dei nomi, scopriamo che mentre il parlato distribuisce equamente i nomi tra sintagmi nominali (47%) e sintagmi preposizionali (46%), più del 57% dei nomi dello scritto è all’interno di PP, che modificano altri sintagmi. L’alta frequenza dei nomi nello scritto coincide quindi con la tendenza, cui si accennava nell’introduzione, di un maggior numero di modificatori all’interno della clausola.

6. Il peso dei sintagmi nominali

La Figura 6.1 riporta i diversi livelli di pesantezza dei sintagmi nominali.

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0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

NP Pesanti 13,7% 16,9%

NP Medi 33,0% 29,6%

NP Leggeri 7,8% 13,0%

NPLeggerissimi

12,3% 24,8%

PARLATO SCRITTO

Figura 6.1 [scala di pesantezza degli NP]

Osservando il grafico nel suo complesso, emerge che non si può sostenere l’idea che il parlato usi prevalentemente sintagmi leggeri e che lo scritto usi prevalentemente sintagmi pesanti. Sia il parlato sia lo scritto usano tutti i tipi di sintagmi, e la differenza sembra piuttosto consistere nella diversa distribuzione dei sintagmi nei vari gradini della scala o, meglio, nella preferenza per alcuni tipi di sintagmi nell’una o nell’altra modalità. In particolare ci pare di poter dire che mentre nello scritto gli NP si distribuiscono più equilibratamente lungo tutta la scala, nel parlato quasi i due terzi (66%) degli NP sono Medi (+det –mod) o Superleggeri (+pro). Ciò è attribuibile, da un lato, alla diversa pertinenza dei due tipi di complessità presi in considerazione dalla scala e, dall’altro, a fattori legati ai tipi di testi che costituiscono i corpora di parlato e scritto qui analizzati.

Abbiamo già detto infatti che la scala è costruita in modo da tener conto della complessità verticale (numero dei nodi) e della complessità orizzontale (presenza di modificatori della testa) dei sintagmi. I dati sembrano dire che nel parlato si tende ad evitare sintagmi complessi dal punto di vista orizzontale perché più lunghi: se infatti sommiamo i tipi di sintagmi mediamente più lunghi, cioè gli NP Pesanti (+det, +mod) e Leggeri (-det +mod), nello scritto otteniamo circa il 30% e nel parlato circa il 21%. La preferenza per NP brevi spiega, tra l’altro, anche l’altissimo uso degli NP Superleggeri (+pro), che nel parlato sono più del doppio che nello scritto (33,2% vs. 15,6%).

La preferenza per strutture brevi nei testi parlati non basta tuttavia a spiegare le differenze tra parlato e scritto, perché i sintagmi Leggerissimi, costituiti dalla sola testa nominale, sono nello scritto il doppio che nel parlato.

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Questo dato dipende dalla varietà di testi scritti presi in considerazione, che comprendono testi pubblicitari, didascalie, istruzioni: è infatti in questi tipi di testi che troviamo un’alta percentuale di sintagmi nominali Leggerissimi. Emerge qui con chiarezza come anche nello scritto ci possano essere, in contesti specifici, esigenze di brevità e di indeterminatezza, seppure di natura diversa.

Le differenze tra parlato e scritto si delineano con maggiore nitidezza se mettiamo in relazione le diverse percentuali dei vari gradi di pesantezza degli NP con i diversi ruoli sintattici da loro svolti. A tal fine è utile prendere in considerazione insieme i dati della Figura 6.2 e della Tabella 6.1. La Figura 6.2 riporta la percentuale di NP soggetto, oggetto e la percentuale di NP che svolgono ruoli sintattici diversi (Nog): vocativi, circostanziali, sintagmi nominali isolati, come per esempio nelle didascalie, e sintagmi nominali in clausole nominali non predicative. La Tabella 6.1 riporta la percentuale dei diversi ruoli sintattici degli NP suddivisa per livelli di pesantezza.

0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

Sog 46,6% 35,5%

Ogg 36,5% 33,6%

Nog 16,9% 30,9%

PARLATO SCRITTO

Figura 6.2 [percentuali degli NP nei diversi ruoli sintattici]

Tabella 6.1 [percentuali dei diversi ruoli sintattici in rapporto al grado di pesantezza degli NP che li esprimono]

PARLATO SCRITTO

NP PESANTEZZA

NP SOGG NP OGG NP NOG NP SOGG NP OGG NP NOG PESANTI 7,5% 16,9% 23,8% 13,8% 22,3% 14,7% MEDI 28,7% 41,2% 27,0% 40,4% 33,0% 13,7% LEGGERI 5,2% 8,1% 14,3% 6,4% 9,7% 24,2% LEGGERISSIMI 13,2% 8,8% 17,5% 12,8% 16,5% 47,4% SUPERLEGGERI 45,4% 25,0% 17,5% 26,6% 18,4% 0,0%

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Il peso del parlare e dello scrivere

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Nuovamente osserviamo che la principale diversità tra parlato e scritto consiste nella distribuzione degli NP: mentre nello scritto gli NP si distribuiscono equamente tra le tre funzioni sintattiche indicate, nel parlato quasi la metà degli NP ha il ruolo di soggetto e meno di un quinto degli NP è Nog. L’alta percentuale di soggetti nel parlato, che era già stata riscontrata in altre analisi (Voghera et al. 2004), conferma il fatto che il parlato privilegi strutture intransitive o non saturi gli argomenti dei verbi transitivi (Thompson e Hopper 2001; vedi §7). La maggiore percentuale di NP Nog nello scritto si spiega, invece, col fatto che si tratta di sintagmi nominali più frequenti in testi di tipo descrittivo e regolativo all’interno di clausole nominali non predicative. Non è un caso, del resto, che il 47% degli NP Nog dello scritto è costituito dalla sola testa nominale. Sono un esempio di sintagmi nominali Nog quelli in corsivo negli esempi seguenti:

(10) Accanto alle azioni terroriste direttamente

rivolte contro la comunità ebraica, molti altri attentati, per lo più contro persone o luoghi interessati ai difficili rapporti tra i Paesi del Medio Oriente: il gestore di una libreria araba, l’Ambasciata siriana, l’ex Primo ministro iraniano e quello siriano, il Centro culturale armeno, il Consolato turco, un giornale iracheno, il direttore dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina.

(11) Olio di semi di soia Jolly L’alta percentuale di sintagmi nominali soggetto sembra, in prima battuta, essere in contraddizione col fatto che nel parlato le posizioni tematiche sono tendenzialmente omesse, come mostra il fatto che ben il 45% dei verbi è senza soggetto espresso, contro il 21% dello scritto. Se osserviamo, tuttavia, come le diverse funzioni sintattiche si distribuiscono sulla scala di pesantezza (Tabella 6.1), vediamo che il 45% dei soggetti del parlato è costituito da pronomi e che il 58,6% dei soggetti del parlato è Leggero o Superleggero, mentre il 54,2% dei soggetti dello scritto è Pesante o Medio. Complessivamente, quindi, la posizione soggetto è nel parlato o non espressa o molto leggera.

Alla debolezza della posizione soggetto, si contrappone la maggiore pesantezza degli oggetti, che in percentuale maggiore occupano i gradini più alti della scala di pesantezza sia nel parlato sia nello scritto. Nel parlato, infatti, ben il 48% degli oggetti è Pesante o Medio, percentuale che sale al 55% nello scritto. La maggiore pesantezza degli oggetti è attribuibile sia a questioni

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pragmatiche sia a questioni relative all’ordine delle parole. Dal punto di vista pragmatico, l’oggetto tende, anche se non necessariamente, a essere nella parte rematica dell’enunciato che, in quanto tale, porta il maggior carico di informazione. Ne è un’ulteriore prova il fatto che solo il 25% e il 16% degli oggetti, rispettivamente nel parlato e nello scritto, sono pronominali. Per quanto riguarda la posizione, è stato da più parti notato che i parlanti tendono a disporre i vari costituenti dal più leggero al più pesante (Wasow 1997), ciò, in italiano, favorirebbe l’associazione delle posizioni più pesanti con la parte destra della frase (vedi §9), quella in cui per l’appunto di norma si trova l’oggetto. Ciò viene confermato anche se si guarda alla Tabella 6.2, che riporta le percentuali dei diversi gradi di pesantezza degli NP suddivisi per ruolo sintattico, da cui risulta che il 45% circa degli NP pesanti sia nel parlato sia nello scritto sono oggetti. Tabella 6.2 [percentuali dei diversi gradi di pesantezza degli NP suddivisi per ruolo sintattico]

PARLATO SCRITTO

NP PESANTEZZA

NP SOGG NP OGG NP NOG NP SOGG NP OGG NP NOG PESANTI 25,5% 45,1% 29,4% 28,8% 44,2% 26,9% MEDI 40,7% 45,5% 13,8% 48,8% 37,4% 14,3% LEGGERI 31,0% 37,9% 31,0% 17,5% 25,0% 57,5% LEGGERISSIMI 50,0% 26,1% 23,9% 18,4% 22,4% 59,2% SUPERLEGGERI 63,7% 27,4% 8,9% 60,4% 39,6% 0,0%

7. Il peso dei sintagmi verbali

La prima analisi che abbiamo svolto sui sintagmi verbali riguarda la distinzione tra VP di tipo lessicale e VP copula (Figura 7.1).

0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

80,0%

100,0%

VP LESSICALI 80,1% 81,8%

VP COPULA 19,9% 18,2%

PARLATO SCRITTO

Figura 7.1 [percentuali dei VP lessicali e dei VP copula]

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Prevedibilmente, la percentuale dei VP lessicali è considerevolmente più alta di quelli copulativi ed entrambi i tipi di VP presentano percentuali uguali nelle due modalità. Contrariamente a quanto ci si poteva aspettare (Voghera e Laudanna, 2003), la percentuale dei VP copula non è significativamente maggiore nel parlato, forse perché questo comporta un maggior carico di informazione affidato a nomi, che, come abbiamo già detto, sono meno usati nei testi parlati. Le differenze si registrano invece nel tipo di verbi copulativi usati. Nel parlato il verbo copula più frequente è essere; nello scritto invece abbiamo più varietà nella scelta lessicale: apparire, considerare, sembrare. Questo conferma la maggiore densità lessicale dello scritto (Halliday 1985, Voghera 2001b, Cresti e Moneglia 2005) e suggerisce anche l’idea che, a seconda del tipo di modalità, la struttura copulativa abbia funzioni diverse: mentre nel parlato il verbo copula appare come un elemento ‘neutro’ che semplicemente pone in relazione delle entità, senza specificare alcuna azione; nello scritto, invece, i verbi copulativi, quali sembrare, apparire, ecc, riflettono uno stile più informativo (un esempio tipico sono le argomentazioni) e allo stesso tempo un grado di soggettività minore con una forte valenza attenuativa, quasi di understatement.

(12) da ieri sembra ancora più difficile una

soluzione concordata tra industriali e sindacati sulle controversie interpretative dell’intesa sulla scala mobile (in La Repubblica).

Nei casi di scritto monologico formale (Biber et al. 1999) questi verbi co-

occorrono tipicamente con strutture nominali pesanti (es. nominalizzazioni, nomi deverbali, ecc.) e\o con sintagmi preposizionali. Questa ipotesi viene sostenuta anche dai nostri dati sui diversi gradi di pesantezza dei sintagmi nominali predicativi dei VP copula, come vedremo più avanti (si veda Figura 7.4).

Vediamo ora la scala di pesantezza dei sintagmi verbali. La Figura 7.2 illustra il livello di pesantezza dei sintagmi verbali lessicali.

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M. Voghera – G. Turco (Università di Salerno) 22

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

VP Superpesanti 6,2% 8,3%

VP Pesanti 6,6% 7,3%

VP Medi 30,0% 35,2%

VP Leggeri 11,0% 5,2%

VP Leggerissimi 45,9% 39,4%

VP Superleggeri 0,3% 4,7%

PARLATO SCRITTO

Figura 7.2 [scala di pesantezza dei VP lessicali] Ad una prima occhiata si presenta una situazione molto simile a quella

registrata per i sintagmi nominali. Se dividiamo infatti la scala in due porzioni possiamo dire che il parlato usa in maggioranza sintagmi che si dispongono sui gradini bassi della scala, mentre lo scritto usa, ma con uno scarto minore, i gradini più alti. Nel parlato infatti il 57,2% è costituito da sintagmi Leggeri, Leggerissimi, Superleggeri, mentre nello scritto lo stesso insieme di sintagmi è pari al 49,3% dei VP. La differenza tra le due modalità non è quindi semplicemente rintracciabile nell’opposizione leggero vs. pesante, ma sembra piuttosto risiedere nel fatto che se il parlato predilige tendenzialmente strutture leggere, lo scritto usa in modo più equilibrato tutti i gradini della scala.

Abbiamo quindi calcolato la scala di pesantezza dei VP copula (vedi Figura 7.3).

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Il peso del parlare e dello scrivere

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0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

80,0%

VP Pesanti 5,6% 9,3%

VP Medi 54,2% 67,4%

VP Leggeri 5,6% 4,7%

VP Leggerissimi 34,7% 18,6%

PARLATO SCRITTO

Figura 7.3 [scala di pesantezza dei VP copula]

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

PNP Pesanti 14,1% 22,7%

PNP Medi 6,3% 11,4%

PNP Leggeri 32,8% 20,5%

PNPLeggerissimi

42,2% 45,5%

PNP 4,7% 0,0%

PARLATO SCRITTO

Figura 7.4 [scala dei tipi di pesantezza dei PNP]

Più marcatamente di quanto non avvenga per i VP lessicali, i dati mostrano

che i VP copula del parlato si concentrano in maggioranza nei gradini bassi della scala, mentre quelli dello scritto occupano in maggioranza i gradini alti. Se accorpiamo i dati, vediamo che i VP Pesanti e Medi sono il 59% circa nel

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M. Voghera – G. Turco (Università di Salerno) 24

parlato, mentre raggiungono il 79% circa nello scritto. La diversità tra le due modalità nel livello di pesantezza dei VP copula, si riscontra anche se consideriamo i dati relativi ai gradi di pesantezza della parte predicativa nominale (PNP). Dalla Figura 7.4 risulta infatti che l’insieme dei PNP Pesanti e Medi nello scritto è pari al 34% circa, mentre nel parlato si riduce al 20% circa.

In conclusione la distribuzione dei VP lessicali e copula lungo i gradini della scala evidenzia che la variabile più significativa nella distinzione parlato- scritto è la saturazione delle valenze verbali, come mostra la Figura 7.5. Quindi, si può dire che il parlato usa in maggioranza sintagmi verbali modificati e lo scritto sintagmi verbali saturati.

0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

VP saturi 43,4% 55,9%

VP non saturi 56,6% 44,1%

PARLATO SCRITTO

Figura 7.5 [percentuale dei VP saturi e dei VP non saturi]

Lo scritto registra più frequentemente schemi valenziali saturi rispetto al

parlato, poiché nel parlato gran parte di ciò che non è esplicitato verbalmente viene affidato alle componenti pragmatiche che entrano in gioco, tra le quali la presupposizione, l’interpretazione e la ricostruzione del significato da parte dell’ascoltatore, affidate al tipo di discourse stance del parlante nonché al tipo di relazione comunicativa che egli instaura con il suo interlocutore.

8. Il peso dei sintagmi preposizionali

Infine, abbiamo calcolato la pesantezza dei sintagmi preposizionali (Figura 8.1) adottando anche in questo caso, come parametri di misura, l’ampiezza, in base alla presenza o meno di un modificatore della parte nominale del sintagma, e la struttura, in base alla presenza o meno di un determinante.

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0,0%

5,0%

10,0%

15,0%

20,0%

25,0%

30,0%

35,0%

PP Pesanti 14,1% 26,1%

PP Medi 34,9% 34,7%

PP Leggeri 8,7% 10,9%

PP Leggerissimi 22,5% 21,6%

PP Superleggeri 19,8% 6,7%

PARLATO SCRITTO

Figura 8.1 [scala di pesantezza dei PP]

Si può notare che nei gradi centrali della scala la presenza di PP di peso

diverso è quasi uguale in entrambe le modalità. L’unica differenza notevole è quella relativa ai gradi estremi della scala. Nel parlato i PP Superleggeri, in cui la preposizione è seguita da un pronome, sono più del doppio che nello scritto, al contrario, i PP Pesanti sono nello scritto quasi il doppio che nel parlato.

Accanto ai diversi livelli di pesantezza, è utile considerare quali tipi di sintagmi modificano i PP. In Figura 8.2 illustriamo le percentuali sui vari sintagmi modificati da PP. Per PP null intendiamo tutte quelle strutture preposizionali di tipo circostanziale che non modificano alcun tipo di sintagma e che occupano una posizione libera all’interno della frase. Per esempio:

(13) …dobbiamo andare un attimo coi piedi di piombo secondo me.

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0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

(NP)PP 24,7% 25,8%

(VP)PP 35,0% 47,9%

(PP)PP 31,4% 18,4%

(PNP)PP 2,0% 0,0%

(null)PP 6,0% 7,7%

SCRITTO PARLATO

Figura 8.2 [percentuali dei sintagmi modificati da PP]

Ancora una volta notiamo che il parlato tende a usare frequentemente un minor numero di strutture. Infatti, anche se in entrambe le modalità la maggioranza dei PP modifica un sintagma verbale, questo avviene nel parlato in quasi la metà dei casi (47%), mentre nello scritto si verifica solo nel 35% dei casi. Ma la differenza che più si evidenzia è il fatto che nello scritto un terzo dei PP modifica altri PP, creando strutture con un alto grado di incassatura, come si può vedere dagli esempi seguenti:

(14) L’accordo del 22 gennaio sui costi del

lavoro preceduto dai clamorosi incidenti e dalle aspre controversie tra i comunisti della GGL e gli altri sindacalisti. (La Repubblica)

(15) I leaders della Cgil Cisl e Uil hanno escluso

in termini tassativi un supplemento di negoziato sulla questione della frazione di punto di contingenza. (La Repubblica)

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9. Pesantezza e ordine delle parole

La misura interna dei vari costituenti di ciascun livello da sola non basta a rivelarci in che modo e quanto diversamente si distribuisca la pesantezza attraverso le due modalità. Molti studi (Hakwins 1994; Arnold et al. 2000) recentemente hanno dimostrato che esiste una correlazione tra pesantezza e ordine dei costituenti dovuta a processi di elaborazione del discorso più che a motivi di natura sintattica: tramite una strategia di tipo cognitivo messa in atto dai parlanti, le strutture più pesanti vengono posposte al verbo in modo tale che la produzione\ricezione del carico informativo risulti più gestibile per il parlante e più accessibile per l’ascoltatore. A tal proposito, abbiamo verificato se questa ipotesi trova conferma anche nei nostri dati, osservando le percentuali relative agli ordini SV\VS e VO\OV.

Come si può vedere dalla Figura 9.1 nel parlato la frequenza di VS è più del doppio che nello scritto (27 % parlato vs 11% scritto). Abbiamo verificato se questo potesse dipendere dalla maggiore presenza dell’uso presentativo di essere (esserci) ma i dati che seguono confortano solo in parte quest’ipotesi.

0%

20%

40%

60%

80%

100%

PARLATO 73% 27%

SCRITTO 89% 11%

SV VS

Figura 9.1 [percentuali degli ordini SV e VS]

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0,0%

2,0%

4,0%

6,0%

PARLATO 4,7%

SCRITTO 0,4%

VP 'ESSERCI'

Figura 9.2 [percentuale dei VP esserci]

Anche nel caso VO e OV osserviamo che l’ordine marcato è più frequente nel parlato che nello scritto, di quasi il doppio.

0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

80,0%

100,0%

PARLATO 77,2% 22,8%

SCRITTO 87,4% 12,6%

VO OV

Figura 9.3 [percentuali degli ordini VO\OV]

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Se mettiamo in rapporto l’ordine dei costituenti con il loro grado di pesantezza (Figure 9.4 e 9.5), vediamo che non c’è una correlazione forte tra livello di pesantezza e posizione dei costituenti: i soggetti posposti non sono infatti necessariamente pesanti, anche se esiste una differenza tra le due modalità. Mentre nello scritto solo il 6% circa dei soggetti Pesanti e il 20% circa dei soggetti Medi è in posizione postverbale, queste percentuali salgono rispettivamente al 23% circa e al 46% circa nel parlato. La correlazione tra posizione e peso, seppur debole, sembra dunque maggiormente presente nei testi parlati che in quelli scritti

0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

80,0%

100,0%

NP Pesanti 76,9% 23,1%

NP Medi 54,0% 46,0%

NP Leggeri 44,4% 55,6%

NP Leggerissimi 65,2% 34,8%

NP Superleggeri 89,9% 10,1%

SV VS

Figura 9.4 [Ordini SV\VS e pesantezza - parlato]

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0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

80,0%

100,0%

NP Pesanti 93,3% 6,7%

NP Medi 79,1% 20,9%

NP Leggeri 71,4% 28,6%

NP Leggerissimi 100,0% 0,0%

NP Superleggeri 100,0% 0,0%

SV VS

Figura 9.5 [Ordini SV\VS e pesantezza – scritto]

Anche rispetto all’ordine VO e OV, i nostri dati non mostrano una forte correlazione tra ordine e pesantezza dell’NP. Dato un sintagma nominale in funzione di oggetto, qualunque sia il suo peso, esso tenderà ad essere posposto in entrambe le modalità. L’unica eccezione è ovviamente costituita dagli NP Superleggeri, costituiti da pronomi, che nella stragrande maggioranza dei casi sono oggetti che precedono il verbo perché clitici.

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0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

80,0%

100,0%

NP Pesanti 96,0% 4,0%

NP Medi 96,1% 3,9%

NP Leggeri 100,0% 0,0%

NP Leggerissimi 100,0% 0,0%

NP Superleggeri 22,2% 77,8%

VO OV

Figura 9.6 [Ordini VO\OV e pesantezza - parlato]

0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

80,0%

100,0%

NP Pesanti 100,0% 0,0%

NP Medi 100,0% 0,0%

NP Leggeri 100,0% 0,0%

NP Leggerissimi 100,0% 0,0%

NP Superleggeri 31,6% 68,4%

VO OV

Figura 9.7 [Ordini VO\OV e pesantezza - scritto]

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10. Conclusioni

L’analisi sintattica del corpus qui considerato, da un lato, conferma elementi già noti, dall’altro, ci consente di offrire nuovi dati conoscitivi. La prima considerazione da fare riguarda, riprendendo il titolo di questo contributo, proprio il peso sintattico del parlato e dello scritto. Se dovessimo sintetizzare in una battuta i risultati qui ottenuti potremmo dire che il parlato è effettivamente leggero, mentre lo scritto esibisce pesi molto diversi. Ciò è vero a tutti i livelli di strutturazione sintattica: dalle clausole ai sintagmi.

Come mostra la Tabella 10.1, le clausole del parlato sono più brevi di quelle dello scritto sia in termini di parole sia in termini di sintagmi e sono nel 57% circa dei casi non legate ad altre clausole. Ciò conferma che, quando si parla, si progettano clausole brevi che rispondo meglio alle esigenze dettate dalla contemporaneità del processo di programmazione e produzione. Lo scritto, in cui per definizione si può fare affidamento ad una memoria esterna, presenta più frequentemente strutture più lunghe che sono spesso in rapporto gerarchico tra loro.

LE CLAUSOLE PARLATO SCRITTO Numero medio di parole per clausola 5,4 7,7 Numero medio di sintagmi per clausola 2,6 3,4 Numero delle clausole non legate 57,7% 38,3%

Tabella 10.1 [lunghezza media delle clausole in parole e sintagmi] Tuttavia i dati medi appiattiscono le differenze interne allo scritto. Se,

come abbiamo fatto nei paragrafi precedenti, guardiamo i dati in dettaglio, vediamo che i testi scritti, più di quelli parlati, esibiscono una maggiore varietà di tipi sintattici, che vanno dal più pesante al più leggero,. Il fenomeno è ben documentato dal recente contributo di Policarpi e Rombi (2005), l’unico lavoro a nostra conoscenza che presenta dati su vari tipi di scritto, in cui si vede bene che il rapporto tra paratassi e ipotassi è fortemente condizionato dalla tipologia di testi considerati.

Ciò sembra meno vero per il parlato. Fermo restando che anche nel parlato possiamo trovare sintassi diverse (Voghera 1992), se si analizzano dialoghi, i dati sembrano sempre convergere verso il polo della leggerezza, anche in presenza di gradi di formalità accentuata. Ciò che altrove abbiamo chiamato costanti del parlato (Voghera 2001b) appaiono in realtà come costanti del dialogo: è, infatti, la struttura dialogica ad imporre, di norma, una progettazione rapida e leggera. La maggiore uniformità dei dialoghi è tra l’altro riconducibile

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ad una generale tendenza all’economicità strutturale che, nel parlato si riscontra a tutti i livelli.

Ciò appare chiaro anche se si guarda all’interno della clausola. L’analisi dei sintagmi mostra che nel parlato abbiamo prevalentemente sintagmi leggeri, qualsiasi sia il tipo. Nello scritto non mancano i sintagmi leggeri, ma nuovamente ciò che lo caratterizza maggiormente è una distribuzione più equilibrata dei vari gradi di pesantezza Come abbiamo più volte ripetuto, nel valutare il livello di pesantezza dei sintagmi abbiamo tenuto conto della complessità orizzontale (ampiezza del sintagma), misurata dalla presenza o meno di modificatori che accompagnano la testa verbale e della complessità verticale (numero dei nodi). Se osserviamo la distribuzione di tutti i sintagmi sulla base dei due diversi parametri, si evidenzia che il parlato tende a preferire strutture brevi, indipendentemente dalla loro struttura, laddove le due misure sono separabili, per esempio negli NP, PNP e PP. Lo scritto non sembra invece essere sensibile alla differenza delle due misure.

Il fatto che il parlato sia più sensibile alla lunghezza dei costituenti si riflette in parte anche nel rapporto tra pesantezza e ordine. Sebbene i nostri dati non manifestino una forte correlazione tra peso del costituente e posizione a destra nella clausola, è vero però che il parlato, più dello scritto, tende a posporre i soggetti lunghi.

Se guardiamo ai dati nella loro globalità, le maggiori differenze di pesantezza nelle due modalità si riscontrano nei sintagmi nominali soggetto e nei sintagmi preposizionali. Il parlato omette spesso il soggetto e, quando lo esprime, nel 45% circa dei casi è un pronome. Ciò avviene perché, nella generale tendenza all’economicità del parlato, si riducono tutte le strutture più frequentemente associate a posizioni tematiche e a informazione data, che sono facilmente recuperabili all’interno del discorso. La stessa tendenza a non verbalizzare informazioni già date o desumibili dalla situazione si manifesta nel parlato, del resto, anche nella minore saturazione delle valenze dei verbi, indice non solo di una maggiore leggerezza dei VP, ma di una minore densità semantica dei testi parlati, che si manifesta anche nell’ambito delle scelte lessicali. La mancata saturazione delle valenze «sembra infatti riguardare non tanto il fenomeno della completezza sintattica in sé, quanto piuttosto quello della compiutezza semantico-concettuale» (Ferrari 2002: 185).

Alla maggiore densità sintattica oltre che informativa è legata anche la maggiore frequenza di sintagmi preposizionali, che sono oltre il 45% di tutti i sintagmi registrati nei testi scritti. L’alta percentuale di PP produce strutture sintattiche più pesanti e più dense lessicalmente, poiché abbiamo visto che la maggior parte dei nomi occorre proprio all’interno dei PP.

Le osservazioni fin qui condotte ci portano quindi a concludere che nello scritto la maggior parte dell’informazione è affidata alle relazioni tra i sintagmi e al loro peso. Nel parlato invece, poiché gran parte del contenuto informativo si

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disperde attraverso la distribuzione di più clausole lungo il discorso dialogico, ciò determina a livello sintattico, la leggerezza dei costituenti interni al dominio della clausola. Ciò sembra confermare l’idea che la struttura della clausola, forse più che il rapporto tra clausole, differenzi le due modalità di trasmissione.

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