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IL PESCHERECCIO

Edoardo Manes

Edizioni Hypocrite. Copertina di Mattia Gennari

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Indice CONDIZIONE 3 VENATIO 5 ARANCETI IN RECANATI 7 IL BISOGNO 9 GRAZIA PASSEGGERA 10 INCONTRO 12 HAI MAI VISTO UNA CI 13 DI SPALLE 15 NOSTALGIA DI FUTURO 17 IL BALCONE 19 ALLORO (E STO BENE 20 POESIA DEL TU 22 LA SPINTA 25

27 TRA LA NUOVA E IL NUOVO 30 TRA IL CERCATO E IL CERCATORE 32 IL PROCESSO (A ME?) 34 OCCHI BAGNATI 38 DOMANDA IRREQUIETA ALLA QUOTIDIANIT 40 IL PESCHERECCIO 42

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CONDIZIONE Cerco un taglio in questo 13 dicembre. Non mi ricordo IL di quel pomeriggio fumoso. I falsi quadri emanavano... Le false opere. Emanavano. Non so dire...

in quella sala vuota il quotidiano compimento di uno sguardo - che è mancanza - umile e dannato. Riconosci in me il bel giorno! Ultima domanda. Prima preghiera. Non urla il pigmento affannato del mio desiderio...

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Giunge isperata consapevolezza.

Non è il 13 dicembre. E io sono felice.

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VENATIO Nelle mura scavate del paese il buio naturale di mani concave accompagnava il fanale della loro ricerca, nel volto di un accendino acceso. I campi abbracciavano le mura. Scavate. Sembravano (i campi) non accogliere - il segno delle asciutte loro orme - la misteriosa stretta chiusa nel nodo di una cravatta.

di positiva risposta.

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Allora, nella vertigine di quel volto si fermarono. Lui la guardò - - e si rivide, un concentrato di fuoco nella notte inoltrata.

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ARANCETI IN RECANATI Rpaesaggio formale, il verso inconsapevole ignorato dal dedicatario

Poi lo splendore degli Aranceti in Recanati,

unitario e la Le schegge di presente affisse al lampadario. Ricordi il sole cristallizzato degli aranceti in Recanati? Il crine castano dei suoi alberi in fiore?

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Poi la domanda, noi, il bagliore... E la ricerca, te, il rossore...

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IL BISOGNO Continua a correre

sulla tua grazia nel mio bisogno. Continua a correre

del suo gioire.

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GRAZIA PASSEGGERA Tumultuosa fiamma viva in sedili addormentati. Io. Lei. In sedili passeggeri. Passeggeri arresi, trascorrono, in carrozze, ingrigite, dal rabbioso fumo. Sigarette spente. Lusinghiero. Lo specchio del finestrino mostra il mendicare, giustificato, del mio occhio arrossito.

(ma perchè in treno la gente legge?). Con tranquillo sguardo ti cerco.

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Amata giustificata sconosciuta. Amata in venti grati minuti. Consumati nella bocca della turbata locomotiva. In lei ringrazio il tuo nome incerto. Sconosciuto e benedetto. Di terre brune e mai calpestate. Di terre (per fortuna?) non mie.

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INCONTRO Splendente nella carne di un tempo commosso, padroneggi consapevole

e il mio fiato sospeso,

perso tra le tue labbra corsare.

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HAI MAI VISTO UNA CITTÀ? Occhio asciutti. Occhi vibranti.

Lo scheletro del Rockisland costudito nelle sincere carezze di anziani pescatori, forse le nostre? Distante. Non mi occupo della scalata di parole che elencano i lampioni della via Emilia. Il ventre della sera riminese. Fioche luci e spazi incerti. Non faccio mio il detto compiuto

Fermo nel grembo delle genti romagnole. Spavaldo si manifesta nella cerchia di una botte

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di spritz. Sorpreso dalla compagnia di una Milano apparita.

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DI SPALLE Riconosco un fremito nelle crepe di ingenue mura. Lo spazio bagnato tra dita di pianista viene accarezzato da una luce di novità. (Momentanea?). Lo spettro della tua ombra riflessa scalda ancora il manuale nella sua materialità.

Non viene accarezzato da un sibilo timido. E domanda. Abbracciami.

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Nel mio bisogno di novità attiva e calore stringente. Qualcuno. Perso in una condizionata distanza, vende speranza, ancorata in sigarette certe, consumate in pomeriggi universitari...

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NOSTALGIA DI FUTURO Appari. Commovente singolarità. La penna che rifiuta il minuto richiede la veridicità delle tue mani irrisolte. (Mani stupende certo). Stranita una nostalgia si domanda

Si riconosce in libri consumati la paura scritta di una risposta incompiuta. (Incompiuta ora, va bene, ma pur sempre incompiuta!). Perso in una singolare appartenenza

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riconosco comune una nostalgia di futuro. E io, tu, lei (forse lei no) le genti, bisognose, di un canto lacrimato. Un uomo (forse io) nascosto nello sforzato fumo di una sigaretta si chiede voltandosi indietro:

Silenzio. Illacrimata risposta. Butto la sigaretta. Rientro. E torno a cercare in questa dinastia di volti. Te. Una nostalgia di futuro.

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IL BALCONE Scopro la mia mano tremante nel grembo del fidato compagno, alloggio insicuro di inchiostro, specchio del volto irrisolto. Luci serali mature riflettono gesti generici, lenti offuscate da un sibilo rischiarano il solito grido. Vieni. Sorridi delle faticose parole, racchiuse parole che inconsapevoli attendono

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ALLORO (E STO BENE) Nelle ore febbricitanti del mattino mi ritrovo costretto, in luci, senza riflesso. (Ma lo sapevo). Involontarie, intensificano una certezza. Presente. Una penna sorpresa nel suo scopo abbraccia il manuale. Questo tempo - strano e bellissimo - non dissolva la carta.

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di avermi visto studiare). Incapace, non faccio mia la parola compiuta

Filarete commossa condivide una gratitudine. Sguardo obbligato. E lei?

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POESIA DEL TU

della carta stampata. Ho sentito il tuo grido.

pioggia invernale. Spiegami dunque il tuo sentirti costretto nel vortice assuefatto della parola. Ti riconosci amorevolmente legato a una poesia del tu? o del lei?

Stupito. Il corpo distratto richiama a sè i suoi componenti...

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Non bastano a costituirlo capisci?

Involontaria. Sempre involontaria. Ma io sono contento del suo coroggioso viaggio e di dove arriva. (Se arriva). E mi chiedo, se una lacrima non caduta possa manifestarsi e commuovere un cuore incompiuto. Un volto irrisolto. Un sorriso trattenuto. Rivelami se è il suo o il mio. Muta risposta. Torno a riconoscere

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la carica nostalgica della notte. Una voce scomparsa. Era voce di donna. Ne sono (quasi) sicuro.

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LA SPINTA Mutismo dei corpi. Io (non io). Condizione. Lo specchio di tabacco e filtri non si riconosce in questa irrequietudine. Uno spazio circoscritto emana attesa. Mi alzo (non mi alzo). Lui. Lei. Io. Vado. La sedia è sempre calda.

ncapacità. La mia (la sua). Sguardi incompiuti e precarie gesta. Nulla. Occhi rosso antico sopra piazzale Dateo. In mattine, sere e università.

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Lieve ombra trasmessa. Finestre inondate di luce al piano terra. Sedie tiepide. Con celato egoismo riattendo questa originale quotidianità. E il volto. Il tempo irritato attende sedie fredde. E io (non io). Lei. La spinta.

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PERPLESSITÀ

nel sospiro fermo di un gesto. Perplessità. Maglioni viola

cercano corrispondenze. Antichi sguardi battezzano i non rinvenuti. Perplessità. La parola malata

Il poeta vuoto non riconosce la parola. Perplessità.

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(non è vero). Sottile e bellissima. Lieve incarnazione di una nostalgia futura. (La mia?). Di tutti. Accarezza e bacia una spontanea veridicità. Poi fugge. Perplessità.

tenta di rompere la dimensione invalicabile di un mistero. Non ci riesce. Torna e sorride. Intuisce che la sua essenza sta in quel volto irrisolto. La perplessità svanisce.

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Come quelle ingenue parole gettate aperte tra le tue braccia conserte. Che possano delle braccia conserte abbracciare una sconosciuta poesia? Risposte positive. Ingenue grida di fanciulli in amore.

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TRA LA NUOVA E IL NUOVO Disperso.

Un volto. Nuovo? Non saprei. Ma un volto.

Un volto. Nuovo (forse il mio). Occhi consumati nel sospiro della ricerca. Credimi.

si arrende al mio orologio da polso. Il mio orologio da polso si arrende al battito. Non posso dargli la colpa.

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La luce soffusa delle 17 pomeridiane. Saluta e si congeda. Nella spontaneità del gesto non indica ciò che non so cercare.

Inconsapevole. Ha le sembianze di una certezza. La mia?

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TRA IL CERCATO E IL CERCATORE Si riconosce perso. Sì perso... Nel labile anfiteatro del verso. Tra le carezze svolazzanti,

Rossa. Era così nella vertigine del suo cercare. Cosa cercava? Il cercato? Lo specchio del nostro respiro travagliato e il bisogno di un petto bagnato (perché quando piove, piove dappertutto,

quando scoppia,

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è dappertutto!

nascosto nella sua fragilità di cercato). E tu? Ricordo le sue affannose parole di lode e in quelle cercavi asilo poetico. Rifiutato.

risparmiati a chi, forse...

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IL PROCESSO (A ME?) Imputato (io?). Si era attesi nel luogo della segreta familiarità. Reggia di cristalli e libri antichi (o forse no). Case popolari per una immaginazione. Doppia immaginazione. Troppa forse. Ermetico luogo istituzionale, dove nulla è cambiato da come non lo avevo lasciato. Tribunale. Una voce. Non si riconosce e grida dal fondo del tempio.

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(Che figura! Non mi aspettavo di ritrovarla qua!). La voce dico.

Sempre a farsi riconoscere nel suo non riconoscersi (o riconoscerti). Ammirevole confusione. Ombre di amanti investono di insulti il proprietario. Trovatelo! La voce. Donna, uomo, bimbo, bimba, mia (non mia), tua.

Inutili lacrime bagnano la moquette di casa. Il Tribunale.

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La voce persa tra i presenti recita poesie. Non si riconosce. Godot impaziente consum Voltati. La dolce figura ammette

Non parla. Non parlo.

Processo annullato. Ero io (non io), tu giudice o imputato? Benevolo ritorno. Torno a cercare sguardi. Leggere versi. Caproni. Dostoevskij (non io). La voce.

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processo. Mi ritrova dove mi aveva lasciato (o ritrova te?). Fragile ha maturato esperienza.

Voce. Mia (non mia) tua che importa?

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OCCHI BAGNATI

che desiderosa affanna tra le piante stringate del conosciuto bosco. (Conosciuto, eppur si affanna!) Rivolgi - ancora una volta e per sempre - la lieta parola, instancabile e non consumata, nel soffio del bel giorno. (Tempo strano, attesa di un battesimo) Perdona la mano che è corpo tremante e la nostalgia calma

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in futuro che trema. Come la terra in continua novità sotto i tuoi passi (Che sia questa la mia paura, novità?) Prometti a questo tempo che è nostro che non sarà consumata la lieta attesa, sotto le sembianze di un passato che pesa (Così che avrai vinto anche la nostalgia!) E la mia ultima sigaretta...

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DOMANDA IRREQUIETA ALLA

Non espone il viso al selciato fumo rabbioso, attimo, di che attende chi attende? In te sfrenate rincorse, ripetute, occhi rosso suolo nel sereno viso che segue i tuoi passi. La domanda si illumina come fosse esclamata,

nello spazio che si ripete? Si perdono le tracce lucide

imbuto che risucchia e asciuga

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le gocce di sudore fossilizzato. Come fossero lacrime prigioniere nel morbo del momentaneo, strappami - si mi rivolgo a te - dal gelo delle sigarette ferme. E dire che al poeta basterebbe

a liberare le barche irrequiete nel vento dei tuoi capelli sciolti.

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IL PESCHERECCIO Nel soffio del tempo accolto, lieto, il Pescatore, ritira in barca le sue reti. Osserva compiaciuto il vuoto (vuoto?) bottino, accompagnato dalla coperta di freddo della notte di Santa Lucia.

e consumato acceso il classico bicchierino di rum. E non si chiede se anche per lui nella terra amata ci sia ad accoglierlo uno sguardo bagnato. Ritiravo le reti in barca e in quei filamenti madidi di luce mi sentivo rinascere.

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Come chi non per caso appartenesse a un dove e a un quando. Mi attendeva il porto coi suoi manicomi carichi di brio

ma - e ne sono assolutamente certo -

Figura vergine che lo osservava - il pescatore -

in un peschereccio in mezzo al mare

Stringevo i denti tremanti

che mi addolcivano la domanda. Strana storia è il chiedere al naufrago il dove guardi e il perché...

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Le assi sudice di sguardi grati tormentavano il suo camminare unidirezionale... È storia vera che il Naufrago sia accolto nel Peschereccio non come figlio del tormento ma di grazia. (Ci sono un pescatore, un amante, un naufrago in un peschereccio in mezzo al mare

Il suolo del mare anonimo dominato da barche notturne

il possibile sigillo di un ultimo perdersi. Avevo paura...

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la notte buia e gelida mi schiacciava al timone ma - - di colpo (da sempre) un canto innocente illuminò le assi del ponte di fuoco. E se alzammo la testa e perché nel canto della sua visione mi sentii (ci sentimmo) scelti.

sorrisi, guardai la fiancata del peschereccio... Lucia