Giacomo Leopardi Nasce a Recanati (Marche) nel 1798.

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Giacomo Leopardi Nasce a Recanati (Marche) nel 1798

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Giacomo Leopardi

Nasce a Recanati (Marche) nel 1798

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La vita

Figlio primogenito del conte Monaldo e della Marchesa Adelaide Antici;

Già a 10 anni inizia a studiare da solo nella ricchissima biblioteca paterna (12.000 volumi);

Studia greco e latino, impara l'ebraico e le lingue moderne.

Nel 1817 inizia a scrivere le prime pagine dello Zibaldone, in cui annota liberamente i suoi pensieri;

Nel 1822 riesce finalmente a trasferirsi fuori Recanati e si reca a Roma, ma resta deluso. Nel frattempo scrive molte delle sue opere principali;

Concluderà la sua vita a Napoli dove morirà nel 1837.

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La poetica

Nella prima fase del suo pensiero Leopardi è convinto che l’uomo possa essere felice soltanto durante la sua infanzia, grazie all’immaginazione che aiuta a sognare e ad illudersi sul futuro. Allargando questa interpretazione all’umanità intera, Leopardi ritiene che il genere umano abbia vissuto un’unica epoca felice: l’antichità classica;

Questa antica felicità era espressa, secondo Leopardi, nella poesia d’immaginazione;

Nell’epoca moderna questa felicità e la poesia d’immaginazione non sono più possibili perchè sono cadute tutte le illusioni. L’unica forma praticabile di poesia rimane quella delle ricordanze: riportare alla luce i momenti felici dell’età giovanile;

Successivamente Leopardi abbandonerà questa poetica per approdare all’idea che l’esistenza umana è sempre e comunque sofferenza: “dentro covile o cuna, è funesto a chi nasce il dí natale.”(Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, 1830);

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L’eredità del pensiero di Leopardi

Proprio quando la riflessione Leopardiana raggiunge il culmine del pessimismo, si fa strada un

messaggio positivo: l’esortazione ad accettare, senza illusioni e inganni, la

verità della condizione umana, sostenibile grazie

alla solidarietà umana.

“Nobil natura è quellache a sollevar s'ardiscegi occhi mortali incontraal comun fato, e che con franca lingua,nulla al ver detraendo,confessa il mal che ci fu dato in sorte”

La ginestra, 1836

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L’infinito (1819)

Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo

esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quïete io nel pensier mi fingo; ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io

quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien

l'eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra

questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo

mare

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La metrica e il significante

Proviamo a suddividere alcuni versi in sillabe

e questa siepe, che da tanta parte = ? sillabe

dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. = ? sillabe

Ma sedendo e mirando, interminati = ? Sillabe

La poesia è composta da quindici ………………………. sciolti. Cosa significa ………………………..? Cosa significa sciolto?

E’ possibile suddividere la lirica in due nuclei: il primo originato da uno stimolo visivo, lo sguardo bloccato dalla siepe

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,

e questa siepe, che da tanta parte

dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi, e profondissima quïete

io nel pensier mi fingo; ove per poco

il cor non si spaura.

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Il secondo nasce dalla sensazione uditiva dello

stormire del vento tra le piante, sensazione che fa presagire a Leopardi l’infinito temporale

E come il ventoodo stormir tra queste piante, io quello

infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno,

e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa

immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare.

Il passaggio tra questi due momenti è scandito dalla pausa segnata dal punto fermo.

La lirica suggerisce tuttavia l’idea di un’esperienza sostanzialmente unitaria: i numerosi enjambement collegano i versi conferendo loro maggiore ampiezza, in armonia con il tema della poesia e ponendo in rilievo immagini ad esso legate.

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Parole chiaveSempre caro mi fu quest'ermo colle,

e questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumanisilenzi, e profondissima quïete

io nel pensier mi fingo; ove per poco

il cor non si spaura. E come il vento

odo stormir tra queste piante, io quelloinfinito silenzio a questa voce

vo comparando: e mi sovvien l'eterno,e le morte stagioni, e la presente

e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio:

e il naufragar m'è dolce in questo mare

Monte Tabor, veduta da casa Leopardi

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La posizione forte, a inizio verso, del pronome personale io sottolinea la soggettività della fuga nella contemplazione interiore, mentre il verbo mi fingo allude all’immaginazione, facoltà indispensabile per superare i limiti spaziali e temporali della realtà;

Ai concetti legati all’infinito sono dedicate lunghe parole polisillabiche (interminati, sovrumani, profondissima, immensità), parole ben più brevi indicano immagini reali (siepe, colle, vento);

La lirica è attraversata dall’opposizione ripetuta dei termini questo/quello che indicano rispettivamente vicinanza o lontananza di oggetti e di luoghi nello spazio e nel tempo.

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L’infinito non descrive una condizione statica, immobile, ma un processo dinamico, un continuo superamento del limite. Il passaggio dalla percezione all’immaginazione allontana ciò che appare più immediato, percepibile attraverso i cinque sensi e avvicina la realtà astratta, il concetto di INFINITO che ormai è presente nella mente del poeta.

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I temi

Opposizione finito – infinito. E’ proprio la limitazione imposta allo

sguardo che stimola il pensiero a costruire uno spazio illimitato.

Poesia e immaginazione: questa lirica trasforma in poesia una delle riflessioni centrali del pensiero di Leopardi, secondo cui la realtà offre all’uomo solo piaceri finiti e perciò deludenti.

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Le figure retoriche Nella prima parte della poesia notiamo una serie di termini collegati per

polisindeto dalla congiunzione e

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,

e questa siepe, che da tanta parte

dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi, e profondissima quïete

io nel pensier mi fingo; ove per poco

il cor non si spaura.

Le parole vento e stormir aprono due serie di allitterazioni in “v” (vento, voce, vo, sovvien, viva) e in “st” (stormir, queste , questa, stagioni), che alludono quasi onomatopeicamente al soffiare del vento tra le piante.

E come il vento

odo stormir tra queste piante, io quello

infinito silenzio a questa voce

vo comparando: e mi sovvien l'eterno,

e le morte stagioni, e la presente

e viva, e il suon di lei. Così tra questa

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Densa di significato è la metafora del verso finale in cui l’ossimoro naufragar - dolce sottolinea la contraddittoria complessità dello stato d’animo del poeta.

e il naufragar m'è dolce in questo mare.

In generale l’intera struttura metrica, scandita dall’uso sapiente di pause e accenti, e gli effetti fonici creati da diverse combinazioni di suoni sono all’origine della straordinaria musicalità di questo testo.