IL PENSIERO CREATIVO CHE HA CAMBIATO LA CUCINA ITALIANA · 2019. 10. 9. · IL PENSIERO CREATIVO...

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IL PENSIERO CREATIVO CHE HA CAMBIATO LA CUCINA ITALIANA

MORENO CEDRONI E CINZIA BENZI

CEDRONI

prefazione di Paolo Marchi

fotografie di

Francesca Brambilla e Serena Serrani

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Testi introduttivi:Cinzia Benzi

Ideazione, realizzazione e testi delle ricette:Moreno Cedroni

Revisione dei testi delle ricette:Annalisa Barbagli

Fotografie (dove non diversamente indicato):Francesca Brambilla e Serena Serrani

Referenze fotografiche:foto Lorenzo Cicconi Massi pp. 31bs, 33a, 104b, 107, 201-202, 203a, 204-205; cortesia Moreno Cedroni p. 33c

Elaborazione immagini:Serena Serrani

Nota per il lettore: nella sezione delle ricette, gli ingredienti segnalati con un asterisco rimandano alle Ricette di base (p. 216).Dove non diversamente indicato, le dosi sono per 4 persone.

www.piattoforte.itwww.giunti.it

© 2019 Giunti Editore S.p.A.Via Bolognese, 165 – 50139 Firenze – Italia Piazza Virgilio 4 – 20123 Milano – Italia

ISBN: 9788809895386

Prima edizione digitale: ottobre 2019

Al mare e alle sue sirene

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IL LUOGO, I NOMI E I RICORDI ALLE RADICI DELLA MIA CUCINA di Moreno Cedroni

PRESENTAZIONE di Paolo Marchi

s.

ESSE COME STORIA

m.

EMME COME MADONNINA DEL PESCATORE

rm.

ERRE EMME COME RICETTE MADONNINA DEL PESCATORE

c.

CI COME CLANDESTINO

rc.

ERRE CI COME RICETTE CLANDESTINO

nrc.

ENNE ERRE CI COME NUOVE RICETTE CLANDESTINO

a.

A COME ANIKÒ

rca.

ERRE CI A COME RICETTE COCKTAIL ANIKÒ

o.

O COME OFFICINA

RICETTE DI BASEGLOSSARIOINDICE ALFABETICO DELLE RICETTEGLI AUTORI

108

126

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210

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12

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SOMMARIO

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Trentacinque anni fa ebbe inizio un viaggio che ha segnato per sempre il mio modo di vedere il mondo. È stato quando mi sono imbattuto in un’immagine di rara bel-lezza, quella del Capo di Buona Speranza, lì dove due masse d’acqua, l’Oceano Atlantico e l’Oceano Indiano, si fondono insieme restando al tempo stesso distinte. Quell’immagine così nitida rappresentava la tradizione che era in me e la creativi-tà che avrei voluto esprimere, e mi ha suscitato il desiderio di ricreare una simile fusione tra due forze ugualmente incisive nella mia cucina. È proprio lì che, nello stesso tempo, ha avuto inizio anche il mio secondo viaggio: un viaggio che fa della tradizione la sua base e della creatività il suo motore. Questo viaggio porta il nome di “Madonnina del Pescatore”.

Questo è il messaggio che per anni ho scritto sulla prima pagina del menu, adesso sento però che è giunto il momento di cambiarlo. Oggi, infatti, sono la ricerca e lo svi-luppo i miei due Oceani, le forze motrici che accendono e colorano le mie ispirazioni. Così, il viaggio della Madonnina ha intrecciato quello di The Tunnel, un laboratorio di ricerca e sviluppo che si propone di convogliare il meglio della tecnologia applicata alla cucina, al servizio del nutrimento e del gusto. Naturalmente le “scoperte” che The Tunnel ha dato alla luce non stravolgono il menu della Madonnina, ma donano sicuramente note in più.

IL LUOGO, I NOMI E I RICORDI ALLE RADICI DELLA MIA CUCINA

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In trentacinque anni i miei occhi sono rimasti da una parte gli stessi, dall’altra hanno

acquisito la ferma consapevolezza che la forza di un concetto risieda nel mettersi con-

tinuamente in discussione, chiedendo, osservando, imparando la “lingua” dall’altro.

Risulta mutato, di conseguenza, il mio approccio alla cucina, la scomposizione e la

composizione di un ingrediente nel piatto, la comprensione degli elementi, la ricerca

dell’equilibrio e di nuovi equilibri.

Ogni viaggio che ho potuto fare in questi anni ha cambiato me e la mia cucina, ha

arricchito il mio bagaglio e allargato i miei orizzonti. Solo viaggiando ho potuto co-

gliere personalmente i frutti di culture differenti, toccare con mano le peculiarità di

altri Paesi e conoscerle fino ad amarle; solo così, facendoli miei, ho potuto ricreare

nella mia cucina percorsi che raccontano tradizioni e contaminazioni, storie di vita, di

gusti e di colori. La sperimentazione sul campo, l’incontro con nuovi sapori, l’intreccio

di tante culture sono stati linfa per la mia cucina, che ha avuto così modo di evolvere,

mutarsi, attestarsi su nuovi equilibri e allo stesso tempo mi hanno sempre più legato

alle mie tradizioni, che cerco di insegnare ai giovani, affinché non siano dimenticate.

Per me il piatto più sconvolgente ed emozionante del mondo è infatti quello in cui tutti

gli elementi gustativi siano presenti e bilanciati allo stesso tempo, cosicché le papille

gustative siano eccitate; un piatto in cui la tradizione sia riuscita a guidare la speri-

mentazione verso qualcosa di nuovo e di unico, in cui la ricerca abbia raggiunto il suo

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apice e la sostenibilità sia sempre elemento portante. Fondamentali le mie esperienze formative e fondamentale il mio incontro con Ferran Adrià. Prima del suo avvento noi cuochi eravamo tutti filofrancesi; ma quando ho assaggiato il suo gelato al Parmigiano ho capito che tutto era riformulabile a piacere e ho iniziato a osare. El Bulli è stata una formidabile scuola di tecniche e di spirito libero.

Immagini come quelle del Capo di Buona Speranza, e più in generale la memoria e i luoghi della memoria, le esperienze e gli incontri fatti, hanno definito il mio DNA, costituiscono il mio essere, segnano i miei passi. Personalmente, vivo la vita come un viaggio, come quello che spesso faccio in autostrada da nord verso sud, con lo sguardo rivolto a destra, verso l’entroterra: il paesaggio ha forme discrete come il carattere della sua gente, ma nasconde tesori enogastronomici preziosi. È il paesaggio delle Marche, terra di brava gente dal cuore leggero, di fautori di grandi opere.Apice di questo percorso, la mia stella polare: Senigallia. Città di mare e di eclettica bellezza, Senigallia mi ha visto nascere. Era il 9 luglio del 1964, stavo per venire alla luce nell’acqua del mare perché mia madre pescava ancora i cannelli. Ricordi dolcemente sfocati e altri chiari e nitidi vengono alla mente pensando alla mia cit-tà, come le dune di sabbia e i canneti che un tempo rendevano il lungomare di una bellezza incontenibile.

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Senigallia mi ha visto crescere e io ho visto crescere lei, strada dopo strada, piena

dopo piena. E nonostante sia così cambiata, resta ancora un luogo che regala bellezza.

Come quella delle fotografie di Mario Giacomelli, sempre viva. Quando aprii il risto-

rante, nel 1984, andavo nella sua tipografia ad acquistare i blocchetti delle ricevute, e

ancora non lo conoscevo per la sua arte. Gli ho poi dedicato “La figura nera aspetta

il bianco”, un piatto che porta il titolo del suo libro e simboleggia la grande stima che

ho nei suoi confronti.

Dalla rotonda al molo, dalla Piazza delle Erbe alla Rocca Roveresca, al Palazzo del

Duca, Senigallia offre una vasta serie di cartoline per il mondo intero. Senigallia e il

suo mare, quel mare in cui il destino voleva farmi venire alla luce; questo mare, che mi

accompagna da allora, non mi abbandona nemmeno per un istante, è presente in tutto

ciò che faccio. Non è un caso se la cucina della Madonnina, quella del Clandestino e

quella di casa mia sono tutte vista mare.

Moreno Cedroni

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Moreno Cedroni è la perfetta dimostrazione che non siamo tutti uguali anche se ogni

popolo ha tratti prettamente suoi che lo differenziano da altri mondi. Noi italiani

siamo eternamente individualisti, geniali a più non posso, passionali e facili all’en-

tusiasmo, pronti a cambiare umore e lavoro. Purtroppo, a tavola ci appassioniamo

facilmente delle eccellenze altrui, salvo dire che “bene come da noi non si mangia da

nessuna altra parte”. E via con elenchi lunghi così di piatti, ricette e tradizioni.

Però tutto il rispetto che portiamo per le mille e mille nostre usanze in cucina e a tavo-

la, questo non ci frena quando ci entusiasmiamo per sapori e saperi altrui. Ci offendia-

mo se negli Stati Uniti ci scippano la pizza, stravolgendola, o se ovunque cucinano la

pasta troppo a lungo, ma copiamo i licheni degli scandinavi o il ceviche dei peruviani

senza battere ciglio.

Ancora di più con il Giappone e i sushi. Adottati al punto che in città come Milano

sono più diffusi di un risotto allo zafferano. Però in tale materia solo il marchigiano

ha elaborato una cucina che fosse sua, con un approccio e sviluppi originali, che lo

distinguono dai tanti che scopiazzano unendo riso e pesce senza avere mai studiato la

materia e con risultati sconfortanti.

PRESENTAZIONE

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Però è altamente riduttivo limitare il mondo creativo di Moreno ai susci. Si rischia di

mettere in ombra tutto il resto. In tal senso trovo perfetto il sottotitolo a questo volume:

Il pensiero creativo che ha cambiato la cucina italiana. E lo vediamo adesso con il

Tunnel, creato per portare all’estremo tutta la creatività di cui è capace. Si tratta di

lavorare sulle fermentazioni, che non è il mero portare in Italia il mondo della con-

servazione tipica della cucina coreana, di lottare in profondità sullo spreco, che non è

quel giocherellare con le bucce tanto per mettersi la coscienza a posto.

Azzerare lo spreco in un pesce cambia totalmente orizzonte goloso ed economico e

lungo questa via si rinnova una linfa creativa che ha un valore planetario. Grazie al

Tunnel, Cedroni vede i prodotti di sempre in maniere differenti. Sono sempre banane,

pesci e piccioni ma per vie nuove, mai gustate prima.

Paolo Marchi,

settembre 2019

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ESSE

COME STORIA

s.

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Avere o essere? Il grande maestro della psicanalisi, Eric Fromm, sostiene

che l’avere riguarda il tempo – passato, presente e futuro – mentre l’essere

si pone adesso, ossia il tempo non è la dimensione che lo governa. Moreno

Cedroni nel suo DNA ha sia il tempo sia l’essenza del cuoco. Alla soglia

dei quarant’anni di carriera ha raggiunto un perfetto equilibrio di “avere” ed

“essere”; le esperienze del passato lo hanno fatto maturare e connotano la

sua cucina con eleganza e delicatezza, binomio che si ritrova in ogni sua

creazione.

Si potrebbe giocare a una degustazione alla cieca dei suoi menu: l’esamina-

tore che abbia conosciuto i suoi piatti sarà in grado di individuarli, anno dopo

anno, senza alcuna fatica grazie a quell’identità raffinata nella quale l’anima

di Moreno si fonde con tutti gli ingredienti ben orchestrati tra loro.

Questa identità è un concentrato di entusiasmo, di umiltà e di intelligenza,

senza mai ombra di superficialità, che si manifesta quotidianamente nella

voglia di creare.

L’immagine che ho di lui è di una persona legata alla propria terra, a tutti quei

sapori che porta con sé dall’infanzia, che rimangono e lasciano un segno.

Si cresce e la maturità comporta l’evoluzione dei piatti che si distaccano da

quei sapori, ma solo per trasformarli e ricavarne di nuovi. Moreno sostiene

che l’ispirazione va stimolata, è come un lievito madre che devi rinfrescare

MORENO

E LA SUA

STORIA

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quotidianamente, occorre fare prove e ragionamenti con ingredienti nuovi,

anche commettendo e poi correggendo errori.

Moreno Cedroni nasce nelle Marche, a Senigallia, anzi, nella frazione di

Marzocca, il 9 luglio 1964, e dopo la frequentazione delle scuole dell’obbligo,

si iscrive all’Istituto Nautico di Ancona, cinque anni di divertimenti e studi. Tra

rotte, diritto della navigazione e previsioni meteorologiche trascorre il quin-

quennio con il diligente impegno del futuro uomo di mare.

Alzatacce mattutine per prendere il pullman delle sette per Ancona diretto

alla scuola, una quarantina di minuti durante i quali la gioia di scherzare con

i propri compagni alleggerisce le giornate prima di entrare in classe, il tempo

necessario per prendere coscienza che le lezioni devono essere seguite in

maniera seria. Unico aspetto negativo della scuola l’assenza totale di soavi

fanciulle, una decina su trecentoquaranta baldi giovani pronti a diventare

ottimi ufficiali di Marina.

In quel periodo non era ancora scoppiato il boom delle navi da crociera, l’u-

nica possibilità dopo il diploma era di imbarcarsi su navi petroliere e tutto ciò

non entusiasmava per nulla Moreno. La prospettiva era di vivere schiacciato

in una scatola – la nave – che non gli avrebbe permesso di vedere terra per

lunghi mesi. Nemmeno la gita del quinto anno, una crociera nel Mediterraneo,

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gli fugò questa impressione. Molti altri dei suoi compagni scelsero professioni

diverse, chi l’investigatore privato, chi il panificatore, solo alcuni intrapresero

la carriera di ufficiali di Marina.

Cameriere estivo

Nella sua vita, invece, entrò la cucina. Accadde durante gli anni scolastici,

quando, nei mesi estivi di vacanza, mamma e papà Cedroni mandarono il figlio

a lavorare come cameriere in un ristorante. E proprio da lì, da una situazione

che non lo vedeva in cucina ma comunque a contatto con il mondo della buona

tavola, partì la sua esperienza gastronomica. La fatica era tanta, s’impegnò se-

riamente e ricorderà per tutta la vita che quando terminò la prima stagione, i più

grandi lo portarono a cena con loro in un locale alla moda. La vita di Cedroni da

studente si snodava tra un inverno sui libri e un’estate tra i tavoli del ristorante:

incassava i primi soldi e li investiva in motori. Un motorino e poi una Vespa che

si tenne stretta fino ai diciotto anni, età in cui tutti i risparmi accumulati, stagione

dopo stagione, gli permisero l’acquisto della sua prima automobile. Gli angeli

custodi erano lì: i suoi genitori! Loro erano riusciti a far comprendere al nostro

futuro cuoco la fatica quotidiana che il lavoro richiedeva, lo avevano fatto sudare

tra i tavoli imparando un altro mestiere e il valore del denaro.

Dalla marina al mare

Dopo il diploma all’Istituto Nautico, Moreno ebbe la certezza che doveva

abbandonare l’idea di perseguire una carriera galleggiante. Stagione dopo

stagione il suo impegno tra i tavoli del ristorantino estivo si era trasformato

nella vera e propria necessità di mettere piede anche in cucina e immergersi

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nel mondo della ristorazione. Mamma Santina lo supportava poiché era re-

duce da numerose stagioni come aiuto-cuoca presso la colonia dell’Enel di

Senigallia, collaborava in ristoranti e hotel della regione e, certamente, era

un’ottima insegnante per Moreno. Il nostro apprendista cuoco iniziò a spor-

carsi le mani, imprecando, in cucina con le sue padelle, anche se manteneva

un ruolo primario in sala: il cameriere vinse sull’uomo di mare e il 24 aprile

1984, un martedì, aprì il proprio esercizio. La Madonnina del Pescatore, un

nome dettato dal fatto che davanti al ristorante, dall’altra parte della strada, è

collocata una Madonnina e a pochi metri c’è la casa dove tuttora vive e dove,

vent’anni prima, era venuto al mondo. Per Moreno tutto ciò rappresentò una

vera rinascita. Il primo piatto che uscì in sala fu un antipasto classicissimo:

Lumachine di mare in porchetta. Ricorda Moreno che l’apertura del locale,

una ventina di coperti, avvenne assieme al socio Valentino con il quale il so-

dalizio durò tre anni. La differenza anagrafica tra i due uomini era di vent’anni,

si conoscevano per le stagioni estive trascorse da Moreno a lavorare nel

ristorantino Da Nella, e il socio, palesando una maggiore esperienza in cu-

cina, aveva deciso di indossare la giacca da cuoco mettendosi a capo dei

fornelli per portare avanti i piatti della tradizione. Cedroni non aveva alle spalle

studi di istituto alberghiero, né era figlio di osti o ristoratori, era un semplice

cameriere estivo, ma attento e professionale.

Il primo mese il lavoro fu scarso, il passaparola non era stato efficace, ma

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col tempo sarebbero arrivate le soddisfazioni. Cinque dipendenti, quattro

in cucina e uno in sala, e la cuoca Rosa, una signora “abbondante” anche

nelle porzioni, soprattutto nell’uso dell’olio, benché il suo sugo ai frutti di mare

in bianco non si potesse scordare per l’indiscussa bontà. Nei mesi estivi i clienti

arrivarono numerosi. Il menu dell’epoca era vario, prevalentemente pesce fritto e

arrosto oltre a piatti di carne come i wurstel con le patate. Non mancava la carta

delle pizze, anche se non disponevano di un forno a legna e dovevano cuocerle

nel forno a gas. I primi due anni trascorsero in serenità e si cominciavano a vede-

re i primi guadagni; ma al terzo anno qualcosa iniziò a scricchiolare. Per Moreno

il menu era ripetitivo, non funzionava più e, parlandone con il socio, decisero di

comune accordo di dividersi. La cifra richiesta da Valentino per cedere la propria

quota della società era alta e la scelta che Moreno si trovò davanti non faceva

intravedere una strada in discesa.

Papà Silvestro cercava di far recedere il suo figliolo dal proprio intento, ma alla

fine si lasciò convincere a firmare un pacco di cambiali per fargli proseguire il

cammino. Moreno aveva scelto, definitivamente, la propria strada e nel maggio

del 1987 la Madonnina del Pescatore era tutta sua. Un ragazzo felice ma di-

sorientato poiché la cucina lo aspettava, che nel contempo era divorato dalla

voglia di imparare e di conoscere tutto quanto servisse per svolgere al meglio la

professione di cuoco.I primi passi ai fornelli furono a fianco di mamma Santina,

anche se Moreno, in totale autonomia, riformulò una ragionata lista della spesa

al fine di perseguire il suo principale obiettivo: il cambio del menu. Eliminò la

pizza e si concentrò sul pesce, l’ingrediente principe della sua cucina, senza

rinnegare la tradizione che ha svolto un ruolo importantissimo al suo debutto ai

fornelli. Tutte le ricette provate e riprovate con la mamma si ridussero al Brodetto

all’anconetana, al Potacchio, al sughetto di vongole denso e unto, piatti che lo

riportavano all’infanzia; furono eliminati risotti e fritti. Siamo ancora lontani dal

Cedroni creativo: aveva tolto la pizza, il fritto, la grigliata ma cosa aveva aggiunto?

Nulla di particolare che lo distinguesse: sentiva il bisogno di imparare, occorreva

studiare. Serviva la tecnica, ecco cosa doveva apprendere, lo strumento fonda-

mentale per affinare il suo talento e permettergli di forgiare la sua cucina.

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Prove tecniche in laguna

Senigallia-Sottomarina di Chioggia, andata e ritorno, ecco il percorso che

Cedroni fece decine di volte per frequentare i corsi della nota scuola di

cucina Etoile. Un pellegrinaggio che lui stesso definisce faticoso e che mise

a dura prova il suo sistema nervoso per la mole di lavoro da gestire. Quan-

do rientrava a casa dai suoi viaggi in laguna era assalito dal desiderio di

riformulare tutto il menu, un proposito che era impensabile mettere in atto

in poco tempo: decise quindi di cominciare, per qualche anno, ad affinare

le vecchie ricette. Un ragazzo umile con tanta voglia di imparare al meglio

l’arte di cucinare cominciando dalle cotture e dallo studio degli ingredienti,

affrontando questo impegno con tenacia e serietà. In cucina non indossò,

per alcuni anni, la giacca da cuoco perché non sentiva di meritarla, ma si

aggirava tra i fornelli in camicia e parannanza. Solo al suo ritorno a Seni-

gallia, dopo i ripetuti viaggi di studio in Spagna alla corte del re Ferran (lo

chef catalano Adrià, mentore ufficiale di Cedroni), finalmente ebbe il piacere

di indossare la divisa da cuoco perché si sentiva padrone della sua cucina,

pronto a lanciare una nuova sfida.

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Il mare, la cucina e Mariella

Mariella è la moglie di Moreno, l’amore della sua vita e madre della sua

bimba, Matilde, oggi una ragazza bella e con un sorriso disarmante, proprio

come i suoi genitori.

L’incontro con Mariella avvenne proprio nel ristorante dove la giovane ragaz-

za, per potersi pagare gli studi, aveva cercato lavoro come cameriera nel

1990. Fu assunta immediatamente per la sua gradevole presenza di ragazza

garbata ed elegante, che regalava immediato calore in quella sala da sempre

gestita da maschi, ma grazie anche alla sua capacità di curare ogni partico-

lare. La dolcezza di Mariella non passò inosservata al nostro cuoco e diede il

via a un’intensa frequentazione.

Il fidanzamento durò qualche anno e si sposarono nel 1994, in agosto, all’om-

bra della Madonnina del Pescatore, davanti al loro mare.

Da allora sono insieme, nella vita e nel lavoro, Moreno in cucina e Mariella

tra i tavoli in sala, dove si muove con grazia, attenta a ogni piccolo elemento

importante per rendere indimenticabile la visita al loro ristorante. Mariella è

colei che in sala orchestra un servizio impeccabile e professionale, un sorriso

e un volto rassicurante sempre pronto a raccontare le creazioni di Moreno.

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Insomma un duplice matrimonio: sentimentale e professionale, un’unione che

permette al cuoco di guardare il mare dalle vetrate del ristorante e sognare

nuove ricette sapendo di aver trovato la sua metà.

Il ruolo di Mariella Organi (questo è il suo cognome da nubile) è stato rico-

nosciuto anche ufficialmente: nel 2016 Identità Golose l'ha premiata come

miglior donna di sala e dal 2017 è approdata con un ruolo didattico nel comi-

tato scientifico di Alma, la celebre scuola internazionale di cucina italiana di

Colorno, in provincia di Parma, dove trasferisce ai giovani talenti di sala il suo

sapere. Il suo mantra è precisione, eleganza e leggerezza.

Con determinazione asserisce che l’arte dell’ospitalità deve fondarsi sulla

spontaneità, accogliere ogni ospite senza pregiudizio. Le Marche non ap-

partengono alle coste cosiddette mondane, i marchigiani sono gente solida

dalle mani d’oro, parlano poco e ascoltano con attenzione per proteggere

al meglio le proprie tradizioni. Il turista approda qui con curiosità e s’inna-

mora del paesaggio, del mare e dell’assordante silenzio che in alcuni mesi

dell’anno permette di riflettere senza costrizione esaltandone l’autenticità.

La crescita della sala della Madonnina è stata graduale, un gruppo di ra-

gazzi uniti dalla passione per il proprio lavoro senza mai perdere di vista la

sensibilità e la dedizione.

Mariella ha saputo selezionare e incoraggiare i ragazzi che oggi sono cre-

sciuti, ha cercato di arricchire le loro visioni celando, a ogni servizio, l’ingre-

diente dell’ottimismo. La clientela affezionata che arriva alla Madonnina deve

sentirsi a casa per le premure, il ricordo dei dettagli e i sorrisi che la signora

Cedroni dispensa con discrezione ed eleganza. Una clientela importante

perché il compito dell’accoglienza in sala è fondamentale per portarsi a casa

un ricordo indelebile, carico di quell’atmosfera che arricchisce i piatti creati

da Moreno. Uno spazio contemporaneo dal pavimento rosso per imprimere

forza e desiderio, l’essenza del cedro per un tatto che unisce naturalezza

e maestria ebanista, i colori grigi azzurri polverosi, verdi strapazzati dalla

salsedine, le luci naturali e artificiali e piccoli dettagli d’eleganza che rendono

la sala della Madonnina un luogo senza tempo.

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Una sala storica con Mauro Scarponi dal 1987 sommelier e prezioso custode,

Silvia Tassi dal 2004, responsabile di sala, sommelier, una figura leggera

dalla competenza trasversale, capace di continuare la sua vita professionale

senza dimenticare il ruolo di mamma. Il Maître Paolo Rossi che dal 2007 re-

gna in sala con eleganza e spirito scanzonato senza rinunciare mai al rigore

professionale. La giovanissima sommelier Ilaria Ravanelli dal carattere più

spigoloso ma impeccabile in ogni gesto di sala, e tutti i giovani appassionati

e sorridenti come Bea, Vincenzo, Martina, Aurora e Alice. Tanti volti femminili

capitanati da una regina, Mariella, sempre pronta a fare un passo indietro, a

cui non sfugge mai nulla.

Moreno e l’amico del cuore

Enrico Giacomelli è stato ed è ancora l’amico del cuore di Moreno Cedroni.

Si sono conosciuti da ragazzi, all’età di tredici anni, e da allora hanno con-

diviso tante gioie e qualche dolore. Oggi sono entrambi uomini di successo

e incarnano, al meglio, il principio filosofico per il quale la felicità non è

qualcosa di preconfezionato ma bisogna costruirsela “su misura”. Enrico

rappresenta per Moreno un consigliere che, da cameriere nel campeggio

dei suoi genitori, si è realizzato con successo nel settore informatico oltre a

essere socio, per passione, di una nota casa vinicola marchigiana. Il gusto

per il bon vivre è rimasto tale e quale e oggi, con la famiglia, gira il mondo

per visitare i più importanti ristoranti. I ricordi che affiorano alla memoria dei

due amici sono tantissimi, e tra i più recenti emerge il loro viaggio in Viet-

nam. Un viaggio anche nel tempo: quello che cercavano, zaino in spalla e

molta improvvisazione, e un po' di avventura. Fu una lunghissima sequenza

di voli, da Roma a Bangkok per arrivare nella capitale vietnamita di Hanoi.

1990

Page 23: IL PENSIERO CREATIVO CHE HA CAMBIATO LA CUCINA ITALIANA · 2019. 10. 9. · IL PENSIERO CREATIVO CHE HA CAMBIATO LA CUCINA ITALIANA. MORENO CEDRONI E CINZIA BENZI. CEDRONI. prefazione

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Con spirito goliardico e vacanziero, i due amici decisero di immergersi, per

una giornata intera, alla scoperta della bellezza monumentale del mauso-

leo di Ho Chi Minh, templi e molti altri preziosi angoli della capitale. La

cena non era stata organizzata con una prenotazione in qualche locale e,

di comune accordo, Enrico e Moreno pensarono di restare in centro. Le

anguste stradine erano attraversate da miliardi di motorini che sfrecciavano

tra le vie caotiche, piene di vita e tanto cibo “di strada”. Enrico era un po’

provato mentre Moreno, in brodo di giuggiole, inebriato dai profumi di cibo

fu catturato da un signore che stava cuocendo delle ostriche su un braciere

portatile, dietro la propria automobile.

Si mangiava su un piccolo marciapiede dove avevano allestito un punto di

ristoro: zero tavoli, sedioline di plastica e una bacinella piena di ghiaccio

che all'interno conteneva, in bella mostra, molte birre. Un cibo di strada

alternativo che convinse i due a fermarsi. La cena ebbe inizio, dieci ostriche

sublimi, un gusto che folgorò lo chef, una serie di sapori iodati esaltati dal

caldo e una salsa piccante, inaspettata, disposta sull’ostrica grigliata. La

serata fu memorabile, Moreno si fece anche cucinare un granchio reale

e in quel clima, quasi surreale, Enrico ricorda che l'amico, con immensa

disinvoltura, domandò al cuoco se c’era Wi-Fi e fu incredibilmente accon-

tentato. Al ritorno dello chef a Senigallia questo episodio generò “Ricordo di

un viaggio in Vietnam”.

L’amicizia di Enrico e Moreno s’intreccia con quella tra Mariella e Dona-

tella, la moglie di Enrico. Le due donne si conoscono da quando erano

giovani ed erano amiche ancor prima di frequentare, e in seguito sposa-

re, i due ragazzi marchigiani amici per la pelle. Coincidenza straordinaria

che porta al legame attuale delle due famiglie Cedroni-Giacomelli con

la voglia di stare insieme per condividere, ancora oggi, un’amicizia vera

senza tempo.