Il nuovo governatore della Calabria è sangiovannese ... · è prova di vivacità! Ci mancava la...

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Direzione, Redazione, Amministrazione V.le della Repubblica, 427 - San Giovanni in Fiore (Cs) Anno XXIV (nuova serie) n° 12 - 5 dicembre dell’anno 2014 Spedizione in A.P. - 45% - Art. 2 - comma 20/B - Legge 662/96 - Aut. DCO/DC-CS n° 112/2003 - valida dall’11-3-2003 e, ancora... L’ astensione è stato il partito più forte di quest’ultima competizione elettorale. Andando di questo passo a decidere le sorti dell’Italia e degli italiani sarà uno sparuto gruppo di persone. I partiti ci “girano intorno” al problema. Non hanno capito (o non vogliono capire) che la disaffezione verso la politica è colpa di chi fa politica. Il popolo deve essere coinvolto nelle decisioni e nelle scelte che si vanno a prendere “per il bene del paese”. Ricordate nell’immediato dopoguerra quanti contadini e braccianti, frequentando la sera le sezioni dei partiti, erano orgogliosi di dire agli altri “abbiamo deciso di fare questa o quell’altra opera pubblica”, solo perché avevano preso parte ad un’assemblea di sezione dove si era discusso sul da farsi alla presenza, magari, di tecnici ed esperti? Il successo del candidato presidente Oliverio a San Giovanni è la prova di quanto andiamo dicendo. Egli è riuscito a prendere quasi l’80% dei voti nel nostro paese perché da mesi il popolo di sinistra ha metabolizzato la candidatura e l’importanza di mandare un proprio uomo a governare la Regione. Allora, Destra, Sinistra e Centro cosa aspettate per aprire le sezioni tutto l’anno, chiaman- do a raccolta iscritti e simpatizzanti. Che il partito degli astenuti soppianti la Democrazia? C ome peraltro previsto alla vigilia delle elezioni il sangiovannese Mario Gerardo Oliverio è stato eletto alla carica di governatore della Calabria, con una votazione quasi plebiscitaria: 489,558 consensi, pari al 61,40%, distanziando, di gran lunga la rappresentante del centrodestra Wanda Ferro che si è fermata a 188.166 voti e così gli altri tre contendenti: D’Ascola, Gattuso e Cantelmi, i quali speravano di dare una “scossa” alla politica calabrese. Un risultato dato per scontato, considerato che Oliverio è sceso in campo, reclamando le primarie, almeno sei mesi prima, convinto che ce l’avrebbe fatta, malgrado all’interno del suo partito, il Partito democratico, prendeva sempre più piede la voglia di rottamare quelli che non facevano parte della cordata di Matteo Renzi. Oliverio ha tenuto duro, forte della sua passione politica, dell’onestà che ha finora contraddistinto il suo modo di porsi al servizio della gente, nonché del buon governo dimostrato negli ultimi dieci anni alla guida della Provincia di Cosenza. E la vittoria finale non poteva mancargli. San Giovanni in Fiore è in festa per il “suo” governatore e stavolta ha dimostrato che l’ideologia può essere messa da parte quando a prevalere è l’amore patrio. Infatti, a segnare sulla scheda il nome di Oliverio nella “sua” città sono stati 7.638 concittadini, un numero mai raggiunto prima d’ora, in una competizione elettorale locale. www.ilnuovocorrieredellasila.it Il nuovo governatore della Calabria è sangiovannese Oliverio, fa il pieno di voti! www.mediocrati.it Più della metà degli elettori ha disertato le urne (Segue pag. 6) Ancora finanziamenti perduti a pag. 8 Fondò l’ordine delle suore di Fatima a pag. 8 Maledetta miniera a pag. 11 Una città in ferro battuto a pag. 12 UNA COMUNITÀ IN FESTA pag. 7 ALEMANNO IN VISITA IN CITTÀ pag. 7 MESSA IN SICUREZZA L’ABBAZIA pag. 8 GRANDE AMORE PER GLI ANIMALI pag. 4 Riportare le scuole in città A testa alta L’Ente elettrico è debitore Oliverio vota alla 13 a pag. 4 L’editoriale a pag. 9 a pag. 3 a pag. 7 a pag. 6 Natalino il pane di Gesù Bambino

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Direzione, Redazione, AmministrazioneV.le della Repubblica, 427 - San Giovanni in Fiore (Cs)

Anno XXIV (nuova serie) n° 12 - 5 dicembre dell’anno 2014Spedizione in A.P. - 45% - Art. 2 - comma 20/B - Legge 662/96 - Aut. DCO/DC-CS n° 112/2003 - valida dall’11-3-2003

e, ancora...

L’astensione è stato il partito più forte di quest’ultima competizione elettorale. Andando di questo passo

a decidere le sorti dell’Italia e degli italiani sarà uno sparuto gruppo di persone. I partiti ci “girano intorno” al problema. Non hanno capito (o non vogliono capire) che la disaffezione verso la politica è colpa di chi fa politica. Il popolo deve essere coinvolto nelle decisioni e nelle scelte che si vanno a prendere “per il bene del paese”. Ricordate nell’immediato dopoguerra quanti contadini e braccianti, frequentando la sera le sezioni dei partiti, erano orgogliosi di dire agli altri “abbiamo deciso di fare questa o quell’altra opera pubblica”, solo perché avevano preso parte ad un’assemblea di sezione dove si era discusso sul da farsi alla presenza, magari, di tecnici ed esperti? Il successo del candidato presidente Oliverio a San Giovanni è la prova di quanto andiamo dicendo. Egli è riuscito a prendere quasi l’80% dei voti nel nostro paese perché da mesi il popolo di sinistra ha metabolizzato la candidatura e l’importanza di mandare un proprio uomo a governare la Regione. Allora, Destra, Sinistra e Centro cosa aspettate per aprire le sezioni tutto l’anno, chiaman-do a raccolta iscritti e simpatizzanti. Che il partito degli astenuti soppianti la Democrazia?

Come peraltro previsto alla vigilia delle elezioni il sangiovannese Mario Gerardo Oliverio è stato

eletto alla carica di governatore della Calabria, con una

votazione quasi plebiscitaria: 489,558 consensi, pari al 61,40%, distanziando, di gran lunga la rappresentante del centrodestra Wanda Ferro che si è fermata a 188.166 voti e così gli altri tre contendenti: D’Ascola, Gattuso e Cantelmi, i quali speravano di dare una “scossa” alla politica calabrese. Un risultato dato per scontato, considerato che Oliverio è sceso in campo, reclamando le primarie, almeno sei mesi prima, convinto che ce l’avrebbe fatta, malgrado all’interno del suo partito, il Partito democratico, prendeva sempre più piede la voglia di rottamare quelli che non facevano parte della cordata di Matteo Renzi. Oliverio ha tenuto duro, forte della sua passione politica, dell’onestà che ha finora contraddistinto il suo modo di porsi al servizio della gente, nonché del buon governo dimostrato negli ultimi

dieci anni alla guida della Provincia di Cosenza. E la vittoria finale non poteva mancargli. San Giovanni in Fiore è in festa per il “suo” governatore e stavolta ha dimostrato che l’ideologia può essere messa da parte quando a prevalere è l’amore patrio. Infatti, a segnare sulla scheda il nome di Oliverio nella “sua” città sono stati 7.638 concittadini, un numero mai raggiunto prima d’ora, in una competizione elettorale locale.

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Il nuovo governatore della Calabria è sangiovannese

Oliverio, fa il pieno di voti!

www.mediocrati.it

Più della metà degli elettori ha disertato le urne

(Segue pag. 6)

Ancora finanziamenti perduti a pag. 8

Fondò l’ordine delle suore di Fatima a pag. 8

Maledetta miniera a pag. 11

Una città in ferro battuto a pag. 12

una comunità in festa pag. 7 alemanno in visita in città pag. 7 messa in sicurezza l’abbazia pag. 8grande amore per gli animali pag. 4

Riportare le scuole in città

A testa alta

L’Ente elettrico è debitore

Oliverio vota alla 13

a pag. 4

L’editoriale

a pag. 9a pag. 3

a pag. 7

a pag. 6

Natalinoil pane di

Gesù Bambino

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Indirizzate le vostre lettere a: [email protected]

Saveria Bilotta(1895-1983)

Furto d’acquaHo avuto sempre il sospetto che l’acqua delle fontanelle esistenti sulla strada per Savelli non venis-se meno a causa della siccità, ma semmai per opera dell’uomo che solitamente è portato a fare i propri porci comodi. Così passeggiando in zona ho potuto constatare la presenza di tubi, solitamente adoperati per gli allacci idrici, che partano nei pressi delle diverse fontanelle e viaggiando sottoterra raggiungono casolari non meglio identificabili, se non con l’ausilio di un escavatore. Cosa perciò im-possibile da scoprire io che non di-spongo altro che di un bastone per eventualmente minacciare qualche cane che mi segue a distanza. Mi corre l’obbligo di segnalare il fatto perché l’acqua è un bene che appartiene a tutti e ognuno ha il diritto di bere tranquillamente dopo una passeggiata sotto il sole, affaticati come capita a chi sale da Lese verso San Giovanni in Fiore. Potete segnare questo problema?

Giovanni G.

Ecco fatto! Speriamo che chi di dovere legga la sua lettera e si prenda la briga di vederci chiaro. Quanto da lei sollevato è un fatto importante, perché rientra tra i “furti d’acqua” che in alcune regioni (come la Sicilia e la Sarde-gna) vengono puniti severamente. Impedire poi agli assettati di dis-setarsi dopo una corsa in salita, è cinismo autentico che non è accettabile, tra persone civili.

iC

Le farfalle non volanoChe ne sarà del museo della bio-diversità? L’Amministrazione di centrodestra non c’è più, ma qualcuno ha provveduto ad infor-mare il commissario Mazzia di una “certa” convenzione stipulata tra l’ing. Claudio Belcastro che mette a disposizione la sua ricca collezione di farfalle ed insetti per costituire una mostra permanente e gli impegni assunti dal sindaco del tempo (mi pare Antonio Nicoletti) di allestire un museo della biodi-versità nella dismessa stazione ex Calabro-Lucane? Non possiamo prenderci il lusso di perdere anche questa istituzione, con costo zero per il Comune.

Antonio Caputo

Speriamo che almeno il commissa-rio legga il nostro giornale, perché di solito gli amministratori locali precedenti tenevano tutti a sotto-lineare di non leggere la stampa locale. E Così potrà prendere nota della sua preoccupazione e magari dargli una risposta su queste stesse colonne. Noi rimaniamo in trepida attesa. iC

Povero ambiente

In questi giorni seguendo la trasmissione serale “L’eredità” condotta da Fabrizio Frizzi ho ap-preso che per degradare una botti-glia di vetro buttata nell’ambiente occorre un tempo non inferiore a 4000 anni. Penso che si sia trattato di un errore di chi ha formulato le risposte, diversamente c’è soltan-to da avere seriamente paura per i danni che, ogni giorno, ognuno di noi provoca su questo pianeta, che i nostri padri ci hanno consegnato integro e pulito e che noi, invece, lasceremo ai nostri figli degradato e invivibile. Perché se soltanto penso al numero di copertoni di gomma abbandonati lungo l’ex statale 107 (lato sinistro andando da Palla Palla verso Gimmella) e ai tubi catodici buttati nel ca-stagneto sottostante da qualche tecnico che ripara televisori (non si tratta di un solo tubo, bensì di almeno 10) mi viene voglia di mettere la testa nella sabbia, non per ignorare il misfatto, ma per la vergogna di poterlo incontrare per strada questo incosciente, che non si è reso conto del danno che ha provocato al territorio dove vegetano funghi e alberi di castagno i cui frutti vengono ingenuamente raccolti da tanta gente, me compresa, che poi ho provveduto sistematicamente a buttare una volta resami conto dello scempio che ho potuto constatare in quel tratto di strada menzionato. Spero che qualcuno si faccia carico e provveda a pulire l’ambiente e mandare al macero quanto raccolto.

Luisa Belcastro

Gentile signora, dal sito di Le-gambiente abbiamo estrapolato i tempi in cui si degradano alcuni oggetti d’uso comune abbandona-ti incoscientemente dai cittadini. Eccoli: Scatoletta di metallo: 50 anni; Lattina di alluminio: da 20 a 100 anni; Mozzicone di sigaretta: 2 anni; - Bottiglia di vetro: 4000 anni; Contenitore di polistirolo: 1000 anni; Bottiglia e sacchetto di plastica: da 100 a 1000 anni; - Resti di frutta e verdura: da 3 mesi a 2 anni; Pannolino usa e getta: 450 anni; Piatti, bicchieri e accessori di plastica: da 100 a 1000 anni; Gomma da masticare: 5 anni; Card plastificata o telefonica: da 100 a 1000 anni; Giornale e rivista: 6 mesi; Indumento di lana o cotone: 1 anno; Fazzoletto e to-vagliolo di carta: 3 mesi; Cartone di latte o succo: 1 anno; Scatola di cartone: 2 mesi; Accendino di plastica: da 100 a 1000 anni; Tessuto sintetico: 500 anni. Per i pneumatici dismessi i tempi sono ancora più lunghi. Perciò regolia-moci prima di compiere il grave reato di imbrattare l’ambiente che ci circonda.

iC

Nei prossimi mesi

Il dissesto ci costeràpiù del previsto!

Intanto salgono a sette i commissari prefettizi, con l’aggiunta della dott.ssa Maria Chiellino

Viale della Repubblica, 427 87055 - S. Giovanni in Fiore tel. 0984/992080

DIRETTORE RESPONSABILESaverio Basile

REDAZIONEEmilio De Paola Mario Morrone

Francesco MazzeiLuigi BasileMario Orsini

Giovanni Greco

STAMPA:GRAFICA FLORENS

Via G. Meluso,6 - S. Giovanni in Fiore

RegistrazioneTribunale di Cosenza n° 137/64

Registro Operatori delle Comunicazionial n° 22673

SEGRETARIO DI REDAZIONEMatteo Basile

Editoriale

CORRIERE DELLA SILAIL

GRAFICAGianluca Basile

Il commissario comunale dott. Sergio Mazzia, di

nomina ministeriale, ha prov-veduto a nominare un sub-commissario nella persona della funzionaria della prefet-tura di Cosenza dott.ssa Maria Chiellino, responsabile del servizio contabilità e gestione finanziaria della Prefettura di Cosenza, la quale sarà pre-sente almeno quattro giorni la settimana presso il nostro Municipio. Considerato che il commissario Mazzia svolge compiti di alta responsabilità presso la Prefettura di Foggia e che quando viene nel nostro paese è solito chiudersi in ufficio per “studiare” le carte, per amministrare al meglio un Comune fino a qualche anno fa ritenuto florido e benestante; alla sub commissaria sono demandate, di conseguenza, gran parte delle competenze di ordinaria amministrazione. Lo stato di dissesto dichiarato dal Consiglio comunale lo scorso ottobre, intanto, ha portato

a rivedere tanti aspetti della vita amministrativa del grosso cen-tro silano a co-minciare dalle imposte stabi-lite per l’anno 2014 dalla legge 147/2013 che ac-corpa nell’Im-posta unica co-munale (IUC) le imposte IMU,

TARI e TASI che, come ab-biamo avuto modo di riferire nel numero scorso, sono state elevate al massimo, non aven-do il nostro Comune adottato, nei termini di legge, la delibera delle nuove tariffe. L’IMU è un’imposta che grava sulla componente patrimoniale dei beni immobili (fabbricati e terreni), mentre la TARI è una tassa dovuta per il servizio di raccolta, trasporto e smalti-mento dei rifiuti solidi urbani e la TASI, infine, è un tributo dovuto per i servizi indivisibili forniti dal Comune come: illu-minazione pubblica, manuten-zione delle strade, sgombero neve, protezione civile ecc. Insomma sono tasse dovute

Il cambiamento è prova di vivacità!

Ci mancava la dichiarazione di Antonio Barile, parlando al Dino’s “a testa alta”, per liquidare la destra nel nostro Pa-

ese. E così alle regionali del 23 novembre i partiti di Berlusconi e Alfano si sono ritrovati con quattro voti in tasca. Il paese è tornato a sinistra, dopo un esperimento durato appena qualche anno. Non poteva essere diversamente; il nostro è il paese dei braccianti, dei disoccupati e degli emigrati. E chi si ritrova a dover fare i conti ogni mattina con queste realtà non può votare che a sinistra, sperando in un mondo migliore, magari con una rivoluzione sociale, che alla fine nessuno farà mai. Ma la speranza è l’ultima a morire e così si continua a vivere sognando il “Sol dell’avvenire”. Tuttavia una considerazione, quel voto a destra del 2010, ripetuto nel 2011, la pone ancora oggi: il popolo può anche stancarsi e prova a cambiare: lo ha fatto una prima volta nel 2010 e lo ha fatto ora nel 2014. Sta a chi governa seminare bene per raccogliere messe abbondanti. “Il cambiamento è prova di vivacità!”, sostiene un filosofo nostrano, che tiene banco nella sua panetteria.

Redazionale

da quasi tutti i cittadini, anche se in misura diversa. Quindi é vero che si tratta di gestire l’or-dinaria amministrazione, ma i servizi vari ritenuti essenziali per la vita civile di un popolo, non possono essere penalizzati fino all’esasperazione, solo perché il Comune ha dichia-rato lo “stato di dissesto”, diversamente non ci rimane che farci la valigia, giovani e anziani, e andare via da questo benedetto paese che amiamo a dismisura, ma che tra le altre cose è parecchio sfortunato per lo meno dal punto di vista politico-amministrativo. E con la recente nomina della sub commissaria Chiellino sale a sette il numero dei com-missari, che a titolo diverso, negli ultimi due mesi hanno fatto capolino nello stabile di via Livorno dove è ospitato provvisoriamente il governo cittadino. E speriamo, infine, che la neve e le avverse con-dizioni atmosferiche girino alla larga dal nostro territorio. Diversamente non sappia-mo veramente a quale santo votarci.

Sergio Mazzia, commissario al comune

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Mi piacerebbe poter rivivere l’incanto del Natale che ho

conservato in uno spazio dedicato della memoria. Non un Natale qualsiasi ma quello dei piccoli centri della Calabria interna dove la festa si vestiva delle più colorite espressioni dell’anima popolare. A San Giovanni in Fiore c’era in più una lettura della tradizione come legame d’amore con tutti quelli che l’emigrazione aveva allonta-nato dal paese e dagli affetti. So bene, naturalmente, che molto è cambiato. Nemmeno sono tanto si-curo che si canti ancora u zugghi e forse le fiamme delle fòcere, anno dopo anno, si vanno spegnendo. Anche le ritualità natalizie tendo-no a conformarsi ai modelli della modernità. Se anche gli addobbi dell’albero vengono dalla Cina e si possono acquistare online anche nelle più sperdute borgate, c’è poco da sperare che sia conservato del tutto il sentimento di un’ere-dità preziosa. So tutto questo, e a

Nei ricordi del noto giornalista Rai

Il mio Natale silano

maggior ragione vorrei tanto non perdermi quel che sopravvive del Natale che negli anni Sessanta andavo a documentare con una troupe del Telegiornale. Purtrop-po devo ripiegare sull’immagine di una webcam posta alla giusta distanza da avere uno scorcio di panorama bene incorniciato tra le quinte delle pinete. E’ l’alba. La webcam aggiorna l’immagine ogni trenta secondi.Così vedo il sole che sorge su San Giovanni in Fiore e poi, uno scatto dopo l’altro, va a illuminare i tetti del centro storico, ridà colore agli embrici, mi fa indovinare un tratto di strada. Per avere un’immagine ravvicinata mi trasferisco su un altro sito web che si limita a uno scorcio del bivio prossimo al Convento dei Cappuccini. Tornerò a guardarlo il giorno di Natale, anche se al momento non sa con-cedermi, a intervalli di due minuti,

“Ora che vivo a Napoli sogna quella parte di Calabria che ho tanto amato”

Anche Legambiente Sila non ha voluto mancare all’appunta-mento de “La Festa dell’albero 2014” e lo ha fatto con un

duplice impegno ufficiale, dimostrando ancora una volta come sia vissuta in maniera positiva la classica campagna nazionale che a San Giovanni in Fiore si svolge oramai da ben 10 anni consecutivi con tante iniziative che hanno coinvolto centinaia di persone e piantato decine e decine di alberi in tutta la città. Al tema prin-cipale della manifestazione, che resta quello di piantare alberi e piante in aree degradate o realizzando nuove aree verdi, si aggiun-ge quest’anno l’iniziativa lanciata dal direttivo nazionale ovvero quello di iscrivere Legambiente nel “Guinness World Record” per il più grande abbraccio simultaneo agli alberi di tutt’Italia. A “La Festa dell’albero 2014” hanno, infatti, aderito simultaneamente tutti i circoli d’I-talia ed ha visto la partecipazio-ne di migliaia di persone, in particolare di bambini. All’i-niziativa sangio-vannese ha col-laborato l’Isti-tuto Compren-sivo “Guglielmo Marconi” con i ragazzi che simbolicamente hanno abbracciato gli alberi del giardinetto di Via Tevere, oggetto qualche anno fa di una brutale capitozzatura che ne ha deturpato la bellezza. Gli alberi di pino e abete che dovevano essere rimossi e sostituiti con alberi di taglia più piccola, più consoni all’area urbana in questione, sono purtroppo rimasti li, deturpati e bru-talizzati nel silenzio delle istituzioni. La giornata di venerdì 21 novembre è trascorsa gioiosa e festosa grazie alla collaborazione degli agenti del Corpo dei vigili urbani, che hanno controllato le strade adiacenti alla villetta, regolamentando il traffico e facendo sì che la manifestazione procedesse senza rischi agli alunni, che si son dimostrati sin da subito divertiti dall’evento condividendo il proposito che gli alberi vanno tutelati e non abbattuti.

Protagonisti gli alunni degli istituti comprensivi “Marconi” e “Dante”

è natale

di Antonio Talamo

Madre Teresa di Calcuttadi Mario Orsini

Natalino, il pane di Gesù BambinoTradizioni da tramandare nel tempo

Fino a qualche anno fa, uno degli appuntamenti più importanti nel

corso dell’anno per le famiglie sangio-vannesi, era quello in cui ci si recava al forno rionale (solitamente ogni due mesi) per fare il pane nei forni alimen-tati a frasche e legna. Era una necessità che impegnava le donne di tutte le famiglie, ma si approfittava dell’oc-casione anche per stare insieme e rin-saldare vincoli di amicizia e solidarietà fra le nostre massaie le quali a turno si davano una mano per portare a termine nel migliore dei modi u furnatu, sotto l’occhio vigile della furnàra, regina indiscussa del forno. Nelle diverse fasi della panificazione: preparazione o rinnovo della crescente, pulitura del forno e suo riscaldamento, sistemazio-

ed ammirazione era il cosiddetto pane Natalino. In realtà non era altro che un pane doppio sul quale però venivano posti alcuni segni della cristianità, come il viso del bambinello Gesù o una corona fatti con la stessa pasta del pane. Quando veniva regalato era sim-bolo di sincera amicizia e fratellanza e per questo era molto apprezzato da chi lo riceveva. Il Natalino era il pane che si metteva al centro della tavola la sera della vigilia di Natale, quando ci si disponeva ad attendere l’arrivo di Gesù nella grotta di Betlemme. Al capofamiglia spettava il compito di tagliarlo a fette, non prima di averlo baciato (come grazia di Dio) e fatto il segno della croce sul pane usando il coltello. In molte famiglie ancora oggi prima di affettare un pane qualsiasi, sono in tanti a fare il segno di croce in quel modo e così quando cade per terra una fetta di pane chi è preposto a raccoglierla ne bacia la crosta. Per tenere viva quest’antica tradizione, molti panificatori sogliono fare, su richiesta, il pane Natalino in prossi-mità di Natale, come ha fatto per noi, molto gentilmente Parmella, che ci ha consentito così di poterlo fotografare e mostrare ai nostri affezionati lettori, ai quali cogliamo l’occasione per porgere gli auguri di Buon Natale da parte di tutta la Redazione del giornale.

ne degli arnesi e dell’at-trezzatura occorrente, impasto della farina e acqua nella madìa, lie-vitazione della pasta e cottura dei pani nel grande ventre del forno indorato dalle fiamme, occorreva avere molta pazienza e anche mol-ta forza di braccia e resistenza alla fatica. Quindi più persone si era e meno ci si stanca-va. Nel periodo natalizio poi, la fatica era ancora

più pesante, in quanto oltre al pane bisognava preparare e cuocere le pitte ‘mpigliate e i numerosi e rinomati dolci della tradizione sangiovannese: mastazzuoli, turdilli e scalille. Non solo per il proprio fabbisogno fami-liare, ma bisognava pensare anche ai familiari residenti all’estero per motivi di lavoro (spedirgli il pacco di Natale che comprendeva anche salsicce e soppressate era un gesto d’affetto e di legame al paese d’origine) e così alle persone del vicinato che per vari motivi erano impossibilitati a farseli in proprio, magari a causa di un lutto in famiglia, ma anche per motivi di povertà. Una delle cose che più mi af-fascinava e che destava in me rispetto

Ancora oggi su richiesta i panificatori locali ne preparano diverse forme

che l’immagine di due auto e una, al sesto minuto, già non c’è più. Ma non c’è più nemmeno spazio alla fantasia che si attarda a imma-ginare un improbabile paesaggio umano fatto, com’era nei tempi andati, di donne nel costume col rituartu a custodia del focolare domestico e di dolorose assenze. I tempi cambiano anche nel cuore della Sila e la vita civile è sempre più assimilabile a quella delle città. E cambiano le aspettative delle nuove generazioni disposte a ba-rattare qualche addobbo natalizio taroccato con una più promettente aspettativa per il futuro. Questo periodico documenta la mutazio-ne in molti aspetti della vita dei sangiovannesi, con tutte le luci e le ombre. E io non posso che pren-derne atto con qualche rimpianto ma anche con più di un motivo di fiducia. Buon Natale ai lettori de Il nuovo Corriere della Sila.

è Natale ogni volta / che sorridi a un fratello / e gli tendi la mano.

è Natale ogni volta / che rimani in silenzio / per ascoltare l’altro.

è Natale ogni volta / che non accetti quei principi / che relegano gli

oppressi / ai margini della società.

è Natale ogni volta / che speri con quelli che disperano / nella po-

vertà fisica e spirituale.

è Natale ogni volta / che riconosci con umiltà / i tuoi limiti e la tua

debolezza.

è Natale ogni volta / che permetti al Signore / di rinascere per do-

narlo agli altri.

Promossa da Legambiente

la festa dell’albero

Rossella Iaquinta

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L’amore verso gli animali è una prerogativa che non

manca certo a Salvatore De Marco, che molti ricorderanno su questo giornale in sella al suo purosangue Nino, morto pur-troppo per una paurosa caduta qualche anno fa. Ora il nostro giovane amico è impegnato ad allevare una capretta ed una pecora che alcuni amici pastori gli hanno regalato appena svez-zate dal seno materno. Così a Salvatore non è rimasto altro che premunirsi di due biberon e

alle 13,30 esatte, non un minuto in più non un minuto in meno, si presenta nel recinto di casa per dare loro da bere. E quando lo vedono gli fanno festa sal-tandogli addosso. “Le manca la parola – sostiene Salvatore – perché per il resto sono esseri ragionevoli”, dicendo così ne ordina ogni movimento, com-preso quello “Basta, non si beve più!” e la pecorella si accovaccia ai suoi piedi, mentre la capretta più discola gli salta addosso reclamando ancora più latte.

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A testa altaBarile incontra i cittadini per spiegare che non è stato causa del dissesto

L’ex sindaco Antonio Barile ha incontrato i cittadini

per parlare a “testa alta” della sua esperienza amministrativa, finita purtroppo “in anticipo”, a causa di un atto di sfiducia sollevato dall’opposizione in-sieme a quattro consiglieri eletti nella coalizione di centrodestra di cui Barile era la massima espressione. Al centro del dibat-tito la dichiarazione dello “stato di dissesto” che ha portato in Municipio, nel giro di due mesi, ben sette commissari che hanno rivoltato come un calzino la mole di documenti ed atti amministra-

tivi per venire a capo di eventuali responsabilità. “Il dissesto era già attivo nel 2011 – ha sostenuto Barile – ma è stato occultato per convenienze politiche. Solo che a pagare sono stato io, che pure avevo predisposto un Piano di riequilibrio credibile, che non ha trovato però la dovuta attenzione presso la Corte dei Conti”. Poi è tornato a parlare dell’ospedale che secondo l’ex sindaco: “Si è salvato perché sono andato a battere i pugni sul tavolo di Scopelliti. Cosa che farò con il nuovo presidente eletto, qualora dovessero peggiorare le cose” E

Ma scarica sulla “macchina amministrativa” gran parte della responsabilità

qui un messaggio velato all’on. Mario Oliverio che dovrà farsi carico, secondo Barile, non solo dell’ospedale, ma anche delle Giubbe Rosse, gli operai di Sial e Cooperative, per le quali egli si è speso fino allo spasimo. “Que-sti operai sono i miei migliori amici – ha sottolineato – perché conosco le capacità e i bisogni di ognuno di loro. Non hanno nessuna colpa se non producono quello che dovrebbero produrre, ma semmai è la macchina comu-nale, che continua a non saperli utilizzare al meglio”. Il discorso si è poi spostato sulla raccolta dei rifiuti solidi urbani. “Avevamo una discarica che avremmo po-tuto utilizzare per altri vent’anni, – ha detto – se non avessimo fatto quella scellerata convenzione con il Consorzio Vallecrati, che non solo ha contribuito a pro-sciugare le casse del Comune, ma ha dirottato la spazzatura di mezza provincia alla discarica del Vetrano, esautorandola nel giro di cinque-sei anni. Ora la no-stra discarica ha bisogno di una massiccia opera di bonifica, che riguarda il fondo delle vasche che dovranno essere imperme-abilizzate per non fare uscire i liquami pregiudicando le falde acquifere del sottosuolo”. L’ex sindaco Barile, ancora una volta, ha scagliato fulmini, in direzione della macchina amministrativa locale, che “Non è all’altezza della situazione e non ha inteso collaborare con il sindaco eletto dal popolo”. Un trattamento particolare ha voluto dedicarlo ai quattro transfughi che ne hanno determinato anzitempo l’uscita di scena. “Non hanno alcun seguito – ha detto - e mi hanno ricattato continuamente, perché rivendicavano un potere che non gli derivava da alcuna conoscenza specifica, anziché fare proposte per migliorare il Paese”. Infine, un’ammissione che ha lasciato di stucco in molti: “Io non sono un uomo di destra, - ha sottolineato - perché in questo paese non c’è mai stata la destra né ci sarà mai. La svolta politica scorsa alle elezioni comunali, ha un solo nome: Antonio Barile”, salvo poi invitare a votare alle regionali, per il candidato Giu-seppe Gentile, del Nuovo centro destra. Dure critiche sono state mosse all’indomani dai partiti dell’opposizione. Per il Psi: “Barile è il responsabile dello sfascio amministrativo del paese, avendo regalato il comune per la seconda volta ad un commissario prefettizio”, mentre il Pd, con un manifesto pubblico, sostiene che con l’uscita di scena di Barile “Si chiude una pagina buia di San Giovanni in Fiore. La città si è notevolmente impoverita, ma da oggi è davvero più libera”.

Quando agli animali manca la parola

è consuetudine che le giovani nate fuori dal paese dei nonni, si vestano almeno una volta da Pacchiana, per la foto ricordo

e per fare felice i genitori. Ecco tre americane appartenenti alla famiglia di Luigi Albano di Windsor in visita a San Giovanni in Fiore. Da sinistra Isabella Albano Laforest, Gabriella Albano e Lauren Spenger Albano, fotografate in via Cortiglio.

Almeno una volta nel costume dell’ava

Partendo dall’Asia da cui ha origine passando poi per la zona medi-terranea dove si è insidiato, arriva sulla tavola di piaceri e salute un frutto intriso di storia e leggenda di virtù e bellezza, la melagrana. Si tratta di un vero è proprio prodigio di madre natura, un piccolo frutto dalla forma tondeggiante e dalla buccia lucente che racchiude in se gelosamente come uno scrigno, semi dalla bellezza straordinaria e dal colore rosso vermiglio, simili a pregiati rubini ma ben più preziosi, perché dotati di virtù medicamentose eccellenti. Il melograno in epoca cristiana, divenne l’allegoria della Chiesa che accoglieva a se i fedeli; spesso, infatti, i pittori rinascimentali osavano mettere nelle mani di Gesù Bambino una melagrana quale simbolo della nuova vita donata all’umanità, come dimostra il dipinto del Botticelli “Madonna della Melagrana”. Nella tradizione greca, invece è simbolo della fecondità, poiché Demetra, dea della fecondità della Terra è rappresentata con frutti di melograno in mano. Ippocrate, padre della medicina, già in epoche passate ne elogiava le virtù medicamentose che vennero poi dimostra-te dagli studi di medicina moderna. Tale frutto, dai chicchi succosi e leggermente aciduli è un vero e proprio concentrato di salute poiché ricco di antiossidanti, vitamine e minerali e con un apporto calorico relativamente basso, 60 calorie per 100 g di prodotto. I flavonoidi di cui è ricco, consentono di preservare l’elasticità dei vasi sanguigni e di concorrere nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. Le an-tocianine presenti invece esplicano un’azione protettiva nei confronti dei danni causati dei raggi UV, mentre i tannini e i polifenoli, contenuti in maniera copiosa, svolgono un’importante azione antitumorale, come dimostrato recentemente. Il succo dei semi di melagrana, chiamato comunemente “granatina” e usualmente consumato come bevanda o aggiunto in alcuni cocktail, svolge una funzione regolatrice sugli sbalzi d’umore tipici della menopausa. Attenzione però alle dosi, una nota citazione sostiene, infatti: “La differenza che c’è tra un veleno e un farmaco sta nella dose” per l’appunto un consumo eccessivo di melagrana può inibire l’azione e l’efficacia di alcuni farmaci per cui è sempre bene non eccedere. Ultimamente più che mai le melagrane vengono utilizzate anche come elementi decorativi e visto che le fe-stività natalizie si avvicinano perché non coniugare le virtù di questo amabile frutto cosi gustoso con la sua bellezza; provate ad aggiungere i suoi semi nelle insalate, oppure all’interno di dolci o preparate dei sorbetti con il succo o ancora perché non preparare dei cestini di me-lagrane locali da riporre sotto l’albero per i nostri cari, con l’augurio di fortuna e benessere.

*Nutrizionista

a cura di Katia Mancina*

Salvatore De Marco ora dedica il suo tempo libero ad accudire una pecorella ed una capretta

Antonio Barile e Vincenzo Tiano

Preparandole ogni giorno il biberon con il latte

A tavola: piaceri e salute

La melagrana

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La parola “cimitero” deriva dal greco koimetérion, che significa “luogo di riposo”, perché vi “sostano” i corpi dei defunti in attesa

che le trombe degli angeli e degli arcangeli li chiamino a presentarsi con le loro anime al cospetto di Dio nel giorno del giudizio finale. E’ un luogo sacro e benedetto e per questo è chiamato anche camposanto.L’istituzione dei cimiteri è relativamente recente. Risale agli inizi dell’Ottocento ed è stata una delle tante riforme volute e attuate da Napoleone Bonaparte, che il 12 giugno 1804 emanò da Saint-Cloud un editto, con il quale furono vietate per motivi igienici le sepolture nelle chiese, nei loro dintorni e nelle fosse comuni. Nel Regno di Napoli il problema dei cimiteri fu affrontato per la prima volta da Ferdinando I di Borbone, che con legge dell’11 marzo 1817 propose l’abolizione del «costume di seppellire i cadaveri umani in sepolture stabilite dentro, o vicino i luoghi abitati». Nel regolamento attuativo fu poi data indicazione che il luogo scelto non fosse esposto ai venti e che si trovasse possibilmente vicino ad una chiesa per evitate le spese di costruzione di una cappella. Per ottemperare a questa disposizione, quando nel 1839 il decurionato sangiovannese deliberò per la costru-zione di un camposanto, come sito più idoneo fu scelta l’area intorno alla chiesa periferica del SS. Crocifisso. Ma, dopo un decennio di discussioni e propositi, la costruzione del cimitero fu avviata trent’an-ni dopo nella zona ad oriente del paese, oggi nota come Palla Palla. Costruito a pianta rettangolare con i lati lunghi rispettivamente metri 122 e 96, delimitato con una cinta muraria fatta di pietre e calcina, il cimitero [comprese chiesa, sala mortuaria, ossario, casa del custode] è entrato in esercizio, benedetto con acqua lustrale il 5 novembre 1883. Nel 1888 è stata costruita la cappella gentilizia dei Lopez e nei tre decenni successivi le cappelle che oggi si incontrano sul viale subito dopo l’entrata. La stragrande maggioranza degli defunti era inumata sotto terra con una semplice croce di legno o in ferro a ricordarli. Con successivi progetti “la città dei morti” è stata notevolmente ampliata, arredata con una tipica illuminazione a lanterne, ringhiere di ferro battuto e arricchita di altre cappelle, oltre che da una serie infinita di colombari. Mancano, però, i manufatti artistici come busti, angeli, statue varie, colonne spezzate, stele, vasi e fioriere in marmo e granito, che si possono ammirare in numerosi cimiteri calabresi. A prendersi cura dei cimiteri di paese sono normalmente un custode e qualche necroforo o cavafosse. Oltre al compito di tenere i rapporti con gli uffici comunali e sanitari e aggiornare i registri mortuari, nei primi decenni di vita del cimitero il custode era anche obbligato a dormire nell’alloggio destinatogli. Si tramanda che per circa mezzo secolo, prima cioè che fosse sancito l’obbligo di tumulare i morti almeno 24 ore dopo il decesso, i defunti venivano lasciati la sera nella camera mortuaria con la bara priva di coperchio, per essere tumulati il mattino successivo. Nelle mani del morto veniva messa l’estremità di una cordicella legata ad una campanella, da suonare per dare l’allarme e svegliare il custode, se fosse risuscitato in caso di morte apparente.Il primo custode del nostro cimitero sembra sia stato un certo Fran-cesco Cerminara, del quale sappiamo solo che fu assunto nel 1893 e collocato a riposo nel 1933. Negli anni ’20 del Novecento lo ha aiutato come cavafosse Giovanni Milidone, al cui posto a fine mag-gio 1929 fu assunto Tommaso Benincasa (1867-1943), originario di Santa Severina e capostipite di generazioni di camposantari. A Tommaso è, infatti, prima seguito come custode del cimitero il figlio Luigi (1917-1984) e poi, dopo un intermezzo di Antonio Spadafora ‘u scannalise (1930-2001), a interessarsi del camposanto sono stati i nipoti Giuseppe, detto Gigino, Salvatore e Tonino. Il primo è da alcuni anni in pensione, gli altri sono ancora in carica.

Redazionale

di Giovanni Greco

Il culto per i morti è profondamente sentito in paese

E’ entrato in esercizio nel 1883

il cimiterodi palla palla

Nel corso di un convegno all’Università della Calabria

Agli inizi del secolo scorso, Giustino Fortunato, uno

dei più tenaci meridionalisti, de-finì la Calabria “uno sfasciume pendolo sul mare”, pervenendo nella conclusione che bisognava ricostruire al più presto le fore-ste, tagliate in modo spregevole per evitare frane ed alluvioni che ogni anno flagellavano la nostra regione da Nord a Sud. Ma quelle parole caddero nel vuoto, fino a quando non si registrò in Calabria una delle tante disastrose alluvioni che interessò dal 14 al 19 ottobre 1951, tutto il territorio calabre-se con la caduta di 1.771 mm. d’acqua in sei giorni, facendo prendere coscienza ai politici che si susseguirono alla guida dell’Italia democratica, che era urgente dar vita ad una massic-cia opera di rimboschimento, che per quanto ci riguarda, fece rinascere nel giro di 10-20 anni le foreste della Sila, tanto da far raggiungere alla Calabria il primato di seconda regione ver-de d’Italia, dopo l’Umbria. La sinistra ad onor del vero, non fu mai tenera verso quell’esercito di braccianti, ritenuti fannulloni e scansafatiche, che ogni giorno andavano sui monti a creare bu-che (non meno di 40 al giorno) e mettere a dimora piantine di pini, abeti e querce. L’avversità consisteva nel fatto che la forza lavoro impiegata nell’opera di rimboschimento era ritenuta un bacino esclusivo di voti di pertinenza della Democrazia Cristiana, il partito di governo che determinava, attraverso gli uffici di collocamento, le assunzioni dei braccianti addetti a quei lavori. Nel frattempo che si procedeva a rimboschire le montagne spoglie, fu tenuto sot-to controllo dal Corpo forestale dello Stato, il taglio dei boschi,

Nel dopoguerra contribuì a rinvigorire le foreste della Sila, distrutte dagli anglo-americani

Quel vituperato rimboschimento

limitandolo esclusivamente alle piante mature o ingombranti. Mettendo così in atto anche una politica forestale severa e rigida. Oggi, malgrado il massiccio sfruttamento del patrimonio boschivo, per alimentare gli impianti di biomasse, i forestali continuano ad appartenere ad una categoria tuttora vitupe-rata come allora. Solo perché

Creando una forza lavoro di tutto rispetto

non adeguatamente utilizzati in lavori per i quali sono stati assunti e cioè continuare a fare rimboschimento o pulizia dei boschi. Con le recenti alluvioni che hanno colpito tutta l’Italia, il problema si ripropone, tale e quale agli anni Cinquanta del secolo scorso, anche perché la cementificazione selvaggia che ha interessato negli ultimi tempi gran parte delle nostre città e dei nostri borghi, comincia a dare segni vistosi di cedimento. Perciò ad evitare disastri che potrebbero costare di più alla comunità nazionale e per sfa-tare una diceria ormai obsoleta, adoperiamo questi lavoratori per svolgere compiti prettamente forestali, magari al comando del Corpo forestale dello Stato, a cui è demandato non solo il controllo dei boschi, ma anche la vigilanza sulla crescita delle piante e perché no della messa a dimora di nuovi virgulti e dei semi destinati alla creazione di vivai.

Operai intenti a lavori di rimboschimento

Nuove forme creative di comunicazione per rilanciare il Parco nazionale della Sila

Presentati i progetti “SmartDMO” e “Blog tour”

Un interessante convegno pro-mosso dall’ente Parco nazio-

nale della Sila, in collaborazione con l’Unical, ha avuto luogo nella sala “Caldora” di Arcavacata”. Alcuni degli interventi illustrati hanno riguardato due iniziative sperimentali che hanno dato ottimi risultati in termini di comunica-zione turistica. In particolare, una riguarda il progetto “SmartDMO”, su turismo e innovazione digitale, che ha avuto l’obiettivo di approc-ciare gli attori turistici del Parco, le Istituzioni e più in generale coloro che partecipano alla creazione dell’offerta turistica della Sila, al fine di promuovere il dialogo e l’al-fabetizzazione digitale degli stessi attraverso i social network. L’altra iniziativa in questione è stata quella

relativa al blog tour, organizzato dall’Ente Parco in collaborazione con l’associazione “We like Sila” nei giorni scorsi e per la prima volta in Calabria, che ha attraversato alcuni fra i luoghi più signi-ficativi dell’Altopiano Silano, partendo dalla Sila Grande fino alla

Sila Piccola. Un gruppo di bloggers proveniente da diverse località d’I-talia è stato accompagnato in una visita nel Parco che ha permesso di vivere sul campo le bellezze silane: natura, storia, tradizioni, gastronomia, attività ricreative. Il gruppo ha fatto tappa anche a San Giovanni in Fiore, ospite del Centro internazionale di studi gioachimiti, il cui presidente Riccardo Suc-curro, ha fatto da guida all’interno dell’Abbazia Florense e nella sede del centro, dove è allestita un’im-portante biblioteca di testi medie-vali, in prevalenza costituita dai codici gioachimiti e da testi, nelle più svariate lingue, che parlano del teologo calabrese.

Università della Calabria

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Presidente della Giunta: Gerardo Mario Oliverio

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Oliverio, governatore!Così hanno votato i sangiovannesi

Buona l’affermazione dei quattro candidati locali

Così hanno votato i sangiovannesi

Pasquale Audia

Antonio Lopez

Salvatore Mancina

Giovanna Audia

Chi è il nuovo governatore della Calabria? E’ un uomo che la politica ha cominciato a farla quando aveva i pantaloncini

corti fra i banchi dell’Istituto tecnico commerciale del nostro pa-ese, combattendo per cento giorni al fine di ottenere l’autonomia della sua scuola che dipendeva dal “Pezzullo” di Cosenza. Mario ha messo in croce il preside, il monarchico Enrico Barracco, insieme alla pasionaria del tempo Gemma Mazza che era a capo delle studentesse. Il preside non aveva alcuna colpa se non quella di pretendere che gli studenti entrassero a scuola per riprendere le lezioni per troppo tempo disertate. Ma l’intera vicenda scivolò di mano alle autorità del tempo provocando l’arresto dello stu-dente Franco Zaffino che finì dietro le sbarre per una settimana. C’è voluto l’arrivo del nuovo ministro della P.I. il cosentino Riccardo Misasi per far ritornare la calma. Ma Mario da quel momento è il capopopolo riconosciuto dai giovani del suo paese e dell’intera provincia cosentina, dove erano già in atto i primi moti del Movimento studentesco. Eletto consigliere comunale di San Giovanni in Fiore nella lista del PCI per due consiliature arriva a fare il sindaco nel 1990. Poi il salto di qualità, a soli 27 anni, con l’elezione al Consiglio regionale della Calabria dove prima fa il capogruppo e poi l’assessore regionale all’agricoltura, un compito che lo porta a rivoluzionare un comparto ritenuto fino allora feudo dei notabili della politica. Nel ’92 entra a Montecitorio e vi rimane per quattro legislature, distinguendosi per l’attività svolta all’interno delle commissioni parlamentari facendosi promotore di iniziative inerenti le politiche del lavoro e dello sviluppo della Calabria. E’ stato il primo firmatario della Legge sulla montagna e di altre iniziative riguardanti il mondo agricolo. Nello stesso periodo si occupa del partito, assumendo la guida della Federazione cosentina dei DS dal 1997 al 2001. Presidente della Provincia di Cosenza dal 2004 al 2014 ha pro-mosso una miriade di iniziative culturali. Durante il suo mandato alla Provincia di Cosenza fu conferito l’oscar per il bilancio. Assertore delle scelte democratiche degli uomini chiamati a guidare le cariche politiche più importanti, si è battuto contro tutto e tutti perché il Partito democratico celebrasse le “Primarie di coalizione” così come previsto nello Statuto. Candidatosi alle primarie ha ottenuto un consenso largo e convinto, seminando lungo il suo percorso Gianluca Callipo e Gianni Speranza. Con l’elezione a governatore della Calabria per il quinquennio 2014-2019, Mario Oliverio è il quarto presidente espresso dalla provincia di Cosenza, dopo Guarasci, Perugini e Principe.

s. b.

Il voto a San Giovanni in Fiore è andato al di là di ogni aspettativa, essendovi fra i cinque candidati alla carica di

governatore, un sangiovannese quale Mario Oliverio, da sempre in politica. E il suo nome è riuscito così a coagulare le diverse forze politiche, che hanno finito pure per “liquidare” un centrodestra che nel 2011, alle elezioni amministrative, aveva dimostrato uno scatto di reni tale da “umiliare” una forza di sinistra che per cinquant’anni aveva governato la “Città di Gioacchino”. Quindi una rivincita quella del 23 novembre per il Partito democratico, che ha fruttato interessi soddisfacenti. La coalizione di centrosinistra, infatti, ha visto raccogliere intorno al nome di Gerardo Mario Oliverio ben 7.638 voti pari al 79,28 per cento degli elettori. Alle liste che appoggiavano la candidatura di Oliverio, sono andati nell’or-dine decrescente i seguenti consensi: “Oliverio presidente” voti 3.391; “Partito democratico” voti 1.750; “Democratici progressisti” voti 1.219; “Centro Democratico” voti 437; “Calabria in rete – Campodemocratico” voti 242; “La sinistra” voti 176; “Autonomia e diritti” voti 80; “Nuovo CDU” voti 12. La candidata alla presidenza Wanda Ferro ha ottenuto 869 voti pari al 9,02%. Le liste che ne appoggiavano la sua elezione: “Forza Italia” voti 458; “Fratelli d’Italia” voti 222 e “Casa delle Libertà” voti 163. Il candidato alla presidenza Nico D’Ascola ha preso 808 voti pari all’8,38%. Le liste che lo appoggiavano: “Unione di Centro” voti 589; Nuovo centro destra” voti 215; Il candidato presidente Cono Cantermi, con la lista Movimento Cinque Stelle” ha ottenuto 259 voti, pari al 2,68%, mentre il candidato presidente Domenico Gattuso con la lista “L’altra Calabria” ha preso 56 voti pari allo 0,60%. I candidati più votati, sempre a San Giovanni in Fiore, sono stati in senso assoluto: Salvatore Mancina che ha ottenuto 1.456 preferenze; Franz Caruso 485 preferenze; Giovanna Audia in Bitonti 478 preferenze; Giuseppe Giudiceandrea 419 preferenze; Pasquale Audia 388 preferenze; Giuseppe Gentile 182 preferenze; Fausto Orsomarso 148 preferenze e Antonio Lopez 104 preferenze. Gli elettori iscritti nelle liste elettorali sono 19.681 (comprendendo un nutrito numero di elettori emigrati) mentre ad esercitare il diritto di voto sono stati in 9.948 (pari al 50,54%).

Chi è il nuovo governatore della Calabria?

di Francesco Mazzei

ecco il nuovo consiglio regionale:

PARTITO DEMOCRATICO: Carlo Guccione Giuseppe Aieta Mimmo Antonio ScalzoVincenzo Ciconte Michele Mirabello Sebi Romeo Nicola Irto Mimmo Battaglia

LISTA OLIVERIO PRESIDENTE:Franco SergioMauro D’Acrì Vincenzo Pasqua Francesco D’Agostino

LA SINISTRA:Gianni Nucera

DEMOCRATICI PROGRESSISTI:Giudiceandrea Giuseppe Arturo Bova Peppe Neri

CALABRIA IN RETE:Salvatore Magarò Flora Sculco

CASA DELLE LIBERTà:Giuseppe Graziano Giuseppe Mangialavori Francesco Cannizzaro

FORZA ITALIA:Fausto Orsomarso Giuseppe Morrone Mimmo Tallini Nazzareno Salerno)Alessandro Nicolò

NUOVO CENTRO DESTRA:Giuseppe Gentile Baldo Esposito Giovanni Arruzzolo

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Domenica, 23 novembre 2014, ho preso parte a

Bellinzona, ad un pranzo or-ganizzato dall’Associazione Calabresi in Ticino. La mag-gior parte delle volte quando si parla di migrazione noi sangiovannesi siamo portati a parlare di Wettingen, Baden o Mellingen, non prendendo in considerazione che ci sono molti altri nostri concittadini sparsi nella Svizzera italiana. Infatti, appena sono arrivata sul posto, ho trovato una tavolata di 130 persone che mi hanno accolto con grande affetto, quando ho detto che ero l’inviata del Corriere della Sila, un giornale che molti di loro ricevono per aggiornar-si sulle varie questioni che riguardano il nostro amato paese. Al pranzo era presente anche il sindaco di Bellinzona, Mario Branda. Nel suo di-scorso è stato molto equilibra-to e caloroso nel riconoscere i sacrifici di molti calabresi che nel passato hanno lasciato le famiglie e hanno dato alla Svizzera italiana un aiuto non indifferente nella crescita del paese. L’associazione ACT è presieduta da Gaetano Tozzo, mentre la vicepresidentessa è la nostra paesana Antonella Oliverio, una donna dotata di un’energia contagiosa e una solarità e una schiettezza ammirevole. Infatti, salutando e ringraziando il sindaco al microfono gli ha detto che in quell’occasione avrebbe potuto notare che una riunione di calabresi non significa una sparatoria e che non solo ne sarebbe uscito vivo ma sareb-be tornato a casa arricchito, nel vedere l’altra faccia della medaglia del popolo calabre-se. Un’ironia pungente che ha meritato un lungo applauso da parte di tutti noi. Ma Antonella è cosi, amata e stimata da tutti, e porta avanti con grandissimo orgoglio l’associazione dei calabresi in Ti-cino, costituita in maggioranza da sangiovannesi. Chiacchierando diceva “se solo chi di dovere, non si ricordasse di noi solo quando c’è da spedirci le cartelle elettorali, riusciremmo a dare ancora più onore a gli emigrati e a quello che grazie ai nostri ritrovi riusciamo a tramandare di generazione in generazione” e qui non posso che acconsentire, come figlia di emigrati. Tra i vari ospiti c’era anche il rinomato artista reggino Niko Calia e il presidente dell’Associazione Culturale Calabro Brianzola, Vincenzo Versace. Tra i vari artisti anche il giovane Giovanni Leonetti, figlio di sangiovannesi che ha presentato i suoi lavori artigianali a dimostrazione che anziché giocare tutte le sere alla PlayStation, crea a mano i famosi “panàri” i quali sono andati a ruba. Anche per questo motivo abbiamo infine incoraggiato tutti a portare i propri figli a questi raduni in modo da trasmettergli la gioia di queste piccole ricchezze che ci appar-tengono. Grazie infinitamente a tutti i presenti e all’associazione ACT e in particolare ai cuochi che ci hanno deliziato con i loro squisiti manicaretti. E come ha detto il sindaco di Bellinzona “I sangiovannesi-ticinesi vanno lodati per i loro sacrifici, che ancora oggi molti, dopo 40 anni, sono costretti a fare!”

di Rosalba Cimino

Al convivio ha partecipato il sindaco di Bellinzona

Una prova che una riunione di calabresi è semmai occasione di buonvivere

una comunità in festa

Durante la campagna elettorale per le regionali

Secondo indiscrezioni la Socie-tà A2A, che gestisce attual-

mente gli invasi silani, costruiti agli inizi del ‘900 dall’allora Società per le forze idrauliche della Sila (poi divenuta SME e successivamente Enel e ora A2A) sarebbe debitrice nei riguardi del nostro Comune per alcuni milioni di euro (volendoci attenere solo agli ultimi cinque anni), per come andiamo a spiegare appresso. La vicenda è una questione di recu-pero somme da due grandi voci: la prima è quella dei sovracanoni per la produzione di energia elettrica, per la quale è stato interessato dal comune il Dipartimento lavori pubblici della Regione Calabria, a seguito di sollecitazione della consigliera comunale dell’Udc, Monica Spadafora, che nel febbraio 2014 ha protocollato al Comune formale richiesta, con la quale sollecitava il sindaco ad inviare una dettagliata richiesta al suddetto dipartimento regio-nale finalizzata all’installazione di contatori all’opera di presa dell’acqua sul territorio sangio-vannese (Trepidò, Orichella, Nocella e Junture), in modo da quantificare esattamente il vo-lume di acqua prelevata per la produzione di energia elettrica. Nell’ultimo bilancio comunale, la Società A2A risulta avere ver-sato al Comune di San Giovanni in Fiore circa 950 mila euro, che non sono pochi, ma che vengono calcolati in base ad un quantitati-vo d’acqua stabilito dall’Autorità di bacino nel 1984. Ogni due anni questa cifra però cresce per effetto della legge finanziaria, che aumenta la cifra dovuta ai comuni per ogni chilowatt nominale. Ma la domanda che ci poniamo è la seguente: il calcolo viene fatto in base ad un quantitativo corretto o viene, a nostra insaputa, prelevata più acqua di quanto indicato dal Ministero dei Lavori Pubblici in quel lontano 1984? L’altra grande voce è di più facile controllo in quanto riguarda la rivalutazione delle rendite catastali relative alle centrali ed agli altri manu-fatti industriali, ora gestite da A2A, che insistono sul nostro territorio. Questo comporterebbe un gettito immediato nelle casse comunali in termini di ex ICI

Un gettito che avrebbe aiutato ad evitare il dissesto

L’Ente elettrico è debitoredi diversi milioni di euro

ora IMU. Ci spieghiamo meglio: quando del nucleo idroelettrico che comprende le centrali di Ca-lusia, Timpagrande e Orichella era ancora titolare Enel S.p.A, l’ente elettrico, ha presentato le proposte di rendita catastale ela-borate sul modello allora vigente e secondo le quali i macchinari non dovevano essere considerati ai fini della determinazione della rendita catastale e di conseguenza solo alcune opere idrauliche e ac-cessorie partecipavano alla deter-minazione della suddetta rendita. Ad oggi queste rendite non sono state rettificate dall’ufficio del Territorio competente. Perché continuare a perdere tempo e de-naro e non mettere subito in pra-tica i suggerimenti, a suo tempo, formulati nel corso del Consiglio comunale del 30 novembre 2013 dalla consigliera Spadafora, poi ripresi nella formale richiesta protocollata a febbraio, che sug-geriva di inviare alla Società A2A gli atti di accertamento in merito alle centrali ed agli altri manufatti

Il commissario Mazzìa potrebbe attuare una procedura di recupero

industriali che insistono nel terri-torio di San Giovanni in Fiore al fine di sospendere ogni termine di prescrizione, per poi arrivare ad un risultato concreto in termini di cassa? “Il comune di Cotronei, - sottolinea Monica Spadafora - il cui territorio è interessato meno del nostro a questa vicenda, se-guendo la strada da me indicata al nostro Comune, ha sottoscritto una transazione con A2A il 31 luglio scorso, grazie alla quale andrà ad incassare 2.700.000 euro per arretrati ICI. Cifra variabile in più, considerato ora il gettito IMU. Di questo ho iniziato a parlarne nelle commissioni consiliari sin dal mio insediamento in Munici-pio: (le prime commissioni le te-nemmo tra novembre e dicembre del 2011) ma, come nel consiglio comunale del 29 novembre 2013, la mia è rimasta una voce nel deserto”. Un gettito che avrebbe aiutato ad evitare il dissesto e che ora il commissario Sergio Mazzìa potrebbe rivendicare con una pro-cedura di recupero.

Centrale di Orichella Lago Arvo

Gianni Alemanno e Antonio Lopez

La visita di Gianni Alemanno

A parte la presenza dei due can-didati sfidanti Oliverio e Ferro,

l’unico personaggio di levatura na-zionale che si è spinto fin sui monti della Sila, per parlare di elezioni e di politica, è stato l’ex sindaco di Roma ed ex ministro per le poli-tiche agricole e forestali durante i governi Berlusconi II e III, ovvero Gianni Alemanno, che nel salone dell’Hotel Duchessa della Sila si è intrattenuto con i Fratelli d’Italia locali. Gianni Alemanno ha parlato

di sanità, di lavoro giovanile e del “Progetto” attuato nel corso del suo mandato ministeriale, che ha impegnato proprio a San Giovanni in Fiore circa 400 disoccupati, identificabili oggi, nelle cosiddette Giubbe Rosse, che ad onor del vero erano tutti assenti durante il breve comizio dell’esponente po-litico capitolino, venuto a perorare l’elezione di Antonio Lopez, com-ponente dell’assemblea nazionale del partito.

Gaetano Tozzo, Antonella Oliverio e Mario Branda

Banchetto con prodotti tipici calabresi

Tavolata conviviale

Francesco Allevato, Bernardo Loria e Antonio Secreti

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di Luigi Basile

Continua l’attività di tutela e salvaguardia del patrimonio

culturale calabrese da parte della Soprintendenza per i Beni Ar-chitettonici e Paesaggistici per le province di Cosenza, Catanzaro e Crotone. L’attenzione questa volta è stata indirizzata verso uno dei capolavori dell’architettura medievale presente in Calabria: l’Abbazia Florense, protagonista negli ultimi anni di una vicenda complessa che ha interessato anche la magistratura, che aveva disposto

il sequestro dell’importante mo-numento. Il Tribunale di Cosenza, infatti, grazie all’interessamento da parte del soprintendente Luciano Garella, ha disposto il dissequestro dell’ex ala conventuale oggetto di controversie, al fine di poter attivare un intervento di “Somma Urgenza”, utilizzando un finanziamento di 100.000,00 euro quali fondi ricavati da economie di gestione dell’ente. Così finalmente dopo cinque anni di stallo, data la situazione di notevole gravita, più volte segnalata anche

dall’abate D. Germano Anasta-sio, promuovendo manifestazioni pubbliche, la Soprintendenza ha disposto l’immediata esecuzione di lavori di pronto intervento, che inizieranno a giorni ed ha avviato la progettazione degli interventi di miglioramento sismico per la messa in sicurezza dell’ala est, per salva-guardare il palinsesto architettoni-co, tutelare l’incolumità pubblica, migliorare le condizioni statiche nei punti di massima criticità e mitigare lo stato di pericolo in atto. L’attività si inserisce nell’ambito delle funzioni demandate alla So-printendenza a tutela del patrimonio culturale della regione, di cui fa parte anche l’abbazia sangiovan-nese, costituendo il complesso monastico l’esempio più compiuto dell’architettura florense, concepita in seno all’attività mistica dell’abate Gioacchino da Fiore, uno dei più autorevoli teologi e pensatori del Medioevo. La direzione dei lavori è stata affidata all'arch. Pasquae Lopetrone.

Messa in sicurezza dell’AbbaziaInterventi della Soprintendenza a tutela del monumento

Il finanziamento di 100 mila euro è frutto di economie di gestione

Neppure quest’anno partiranno i lavori di rifacimento dell’ovovia del Cavaliere

Ancora finanziamenti perduti!Sedici milioni e mezzo di euro che saranno restituiti all’U.E. per incapacità di chi amministra il territorio

Tempo quasi scaduto. Ritar-di, incertezze, beghe perso-

nali, equivoci burocratici, tutto a scapito degli appassionati dello sci e degli operatori turi-stici silani. I progetti destinati a rilanciare le stazioni sciisti-che dell’Altopiano non trovano sbocchi. Un destino amaro ma comunque inevitabile, parlia-mo ovviamente della scadenza della vita tecnica degli impian-ti di risalita che come al solito trova impreparati gli ammini-stratori pubblici. Lorica è bloc-cata ormai da un anno, le seg-giovie del Tasso, Monte Curcio e Macchione, sono ferme da tempo, arrotolate nel loro triste destino. Identica situazione a Monte Scuro e a Ciricilla, ma il caso più eclatante riguarda gli impianti del Cavaliere e Val-le dell’Inferno, che dovranno essere completamente rifatti. Diventa cosi, quasi impossibi-le per gli operatori del settore lanciare campagne promozio-nali e turistiche basate sugli sport invernali e tutto questo finora nella compiacenza asso-

luta. Chi ha a cuore le sorti della Sila, ovviamente, spera nei nuo-vi amministratori regionali cala-bresi, per risolvere questo gra-voso problema, ma soprattutto chiedono risposte in tempi bre-vi. Gli operatori del settore nel corso di un’affollata assemblea hanno lanciato ancora una vol-ta l’ennesimo allarme: “Siamo stanchi e delusi – hanno dichia-rato – come si fa a parlare di sviluppo della Sila se i risultati sono questi? Noi siamo pronti e a disposizione per fare bene gli investimenti, perché questo è un territorio votato al turismo montano e a quello della neve, ma occorre che chi amministra la cosa pubblica faccia bene la sua parte. Quale imprenditore privato potrà investire qui, in questa situazione di abbando-no?”.

Un anno fa, proprio di questi tempi, la Regione aveva annun-ciato lo stanziamento di sedici milioni e mezzo per la realiz-zazione del comprensorio scii-stico tra Lorica e Camigliatello e la messa in esercizio delle

strutture per venticinque anni. Un intervento pubblico-privato il cui bando, già andato deserto una prima volta, rischia di finire allo stesso modo nella secon-da tornata. Un precedente, c’è già, se può essere di conforto: sei anni fa, otto milioni di euro, non spesi per i nostri impianti, ci riferiamo alla mancata realiz-zazione della cabinovia che da San Giovanni in Fiore avrebbe dovuto raggiungere Montenero (quota 1.881 m), furono dirot-tati all’Abetone. Insomma, la situazione rasenta veramente i limiti dell’indecenza, specie in un contesto di precarietà ed approssimazione, tipico delle nostre parti. Unanime la prote-sta di chi ha a cuore lo svilup-po della Sila. Nel frattempo, la nostra montagna sta a guar-dare e poco può fare di fronte alle inadempienze e ai ritardi dell’uomo. Ad un mese dal Na-tale che potrebbe avere un senso diverso se, anche madre natura, quest’anno decidesse di essere più generosa.

In questa casa di via Florens, contrassegnata dal numero civico 68, nacque e visse l’età adolescenziale Maria Rosina Pignanelli, tra-

scritta nel registro delle nascite del nostro comune nell’anno 1901, divenuta poi al secolo madre Emma Pia, fondatrice della Congregazione monastica “Suore della Madonna di Fati-ma”, con casa-madre inizial-mente a Pieve (Perugia) e oggi all’Eremo di Reggio Calabria. Nell’immediato dopoguerra a suor Emma Pia erano apparsi in sogno i pastorelli Francesco e Giacinta e successivamente la Madre Celeste, che le consegnò la veste che poi divenne l’abi-to dell’ordine da lei fondato. Divenuta “figlia spirituale” di padre Pio da Pietrelcina, si affidò ai suoi ispirati consigli, da confermarla nella sua con-formazione al carisma del po-verello d’Assisi, il serafico san Francesco, tanto che la Congre-gazione voluta da suor Emma Pia fu aggregata all’Ordine dei frati minori cappuccini con un apposito decreto del ministro generale, firmato l’8 settembre 1964. Il carisma spirituale è, pertanto, mariano-francescano, traendo ispirazione dalla Ma-donna di Fatima e dal suo mes-saggio, incentrato sulla divulgazione della pia pratica quotidiana del santo rosario e dallo stile di vita povero, casto e obbediente di San Francesco d’Assisi, vissuto con semplicità ed umiltà. Tale carisma si manifesta, in forma apostolica, nella premura samaritana verso gli ultimi e, in modo speciale, verso i piccoli. Le prime suore hanno piantato la tenda prima a Caccuri e poi ad Ardore Superiore, Ardore Marina e Schivo, prima di approdare sullo Stretto con case a Ravagnese, Sbarre e all’Eremo. Attualmente sono in Calabria all’Eremo di Reggio e a San Giovanni in Fiore, dove un’amica di infanzia di suor Emma Pia le ha lasciato in eredità una casa al rione Costa, che ospita le suore e una frequentata scuola materna privata oltre che a Torrice nel Lazio. L’aspirazione di questo gruppo di suore che si alternano tra preghiere e lavoro, è quello di poter portare una parola di sollievo a fratelli e sorelle africane: “Noi, suore della Madonna di Fatima, - dice la madre generale - siamo state chiamate a testimoniare la nostra vocazione religiosa e mis-sionaria ovunque nel mondo. Spinte da questo anelito, ci siamo recate in terra africana, e precisamente a Kumbo (Cameroon), per aprire la prima casa. La realizzazione di questo progetto l’abbiamo affidato alla provvidenza di Dio. Come abbiamo affidato, pure, la speranza di portare, quanto prima, il dono della nostra presenza in Tanzania, nella diocesi di Njombe”, guidate dall’intercessione di madre Emma Pia che da lassù prega per le sue consorelle e per la santità dell’Ordine da lei voluto. Suor Emma Pia Pignanelli è morta in concetto di santità il 23 aprile 1975.

E’ morta il 23 aprile 1975 in concetto di santità

Madre Emma Pia Pignanelli era nata in una casa di via Florens nel lontano 1901

fondò l’ordinedelle “suore madonna di fatima”

di Caterina Mazzei

Italia € 15 - Sostenitore € 50Estero via aerea

Europa € 60 Resto del mondo € 70

C.C.P. 88591805

Intestato a: “Il Nuovo Corriere della Sila”

San Giovanni in Fiore

Abbonamenti 2015

Per i versamenti bancari presso BCC Medicrati

Ovovia di Camigliatello Seggiovia di Lorica

Suor Emma Pia Pignanelli

Abitazione in via Florens 68

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La sciagurata idea di portare le scuole superiori all’Oli-

varo, ha finito con il penalizzare il paese che si è trovato più po-vero, avendo perduto la vivaci-tà di vedere nelle sue strade, ma soprattutto sul corso principale, studenti e studentesse animare le mattinate cittadine, con la loro spensieratezza nelle pause che le lezioni sono solito con-cedere agli studenti (assemblee di classe, anticipazione delle lezioni, buche, filoni e scioperi vari). Oggi gli studenti del Li-ceo e quelli dell’Ipsia (in totale più di 500 giovani) arrivano al cancello della scuola a bordo dell’autobus e ripartono a lezio-ni finite, da quello stesso posto. Mentre i pendolari ignorano perfino dove è il paese di San Giovanni in Fiore, dato che si ritrovano in aperta campagna, lontano dagli esercizi commer-ciali e dalle strutture pubbliche. Una volta non era così: gli studenti, specie quelli prove-nienti dai paesi del circondario, appena messo piedi nella Città di Gioacchino, compravano la colazione, le sigarette, i giorna-li, consumavano il cappuccino al bar, si tagliavano i capelli dal barbiere e facevano le com-missioni ai genitori e agli amici nelle pause dell’orario scola-stico, presso le diverse botte-ghe cittadine. Quelle scelte di dislocare le scuole superiori fuori dal perimetro cittadino, ora sono messe in discussione da parte della cittadinanza, alla luce di un riesame della logi-stica, che le ritiene inadeguate alle esigenze delle famiglie. Infatti, oggigiorno, quelli che abitano nel centro urbano del paese (che sono la stragrande maggioranza), sono costretti ad utilizzare mezzi pubblici, che hanno un costo per le famiglie, ma anche per il Comune (o Regione che sia) e questo nodo è arrivato al pettine proprio ora che l’ente locale ha dichiarato il dissesto e il commissario, che si è insediato al posto del sindaco, giocoforza ha ritenuto

di dover aumentare il prezzo del biglietto. Abbiamo provato ad immaginare la presenza, nel centro storico (casa Nicoletti e palazzo Romei in piazza), ma anche l’attuale scuola media “Marconi”, se potessero ospita-re il Liceo, quanta animazione ci fosse nel vecchio centro storico cittadino. E così anche per l’Istituto professionale che disponeva di una propria sede in via Livorno, soleggiata e rispondente alle esigenze scolastiche. Bastava probabil-mente il rifacimento e la messa in sicurezza degli ambienti di

Per vivacizzare il paese che altrimenti è un mortorio

Riportare le scuole in città

lavoro. Ben poca cosa rispetto alle spese che si andranno a sostenere per spostarsi all’O-livaro. Riteniamo che il nuovo sindaco dovrà valutare questo problema e rimodulare una pro-posta valida per fare tornare in paese le scuole superiori dislo-cate lontano dal centro urbano del paese e quindi decentrate. E’ un modo, anche, per fare risparmiare soldi agli utenti (alunni, docenti e personale amministrativo), costretti a fare uso ogni giorno dell’auto o dei mezzi pubblici, ovviamente a pagamento.

di Mario Morrone

Inaugurato l’anno accademico del Conservatorio Musicale

Parte il nuovo anno acca -

demico all’Isti-tuto superiore di s tud i mus ica l i “Tchaikovsky” di Nocera Terinese, dove sono in forza alcuni allievi della nostra città che si fanno onore per la passione e l’at-taccamento alla musica, una delle arti più sublime del genere umano. Nei giorni scorsi, presenti allievi e familiari, il diret-tore generale del Miur, dott. Mario Alì ha dichiarato aperto l’anno accademico, che si svolge in contemporanea anche nella sezione staccata di Santa Severina. «Venendo qui ho visitato posti meravigliosi, ho conosciuto persone splendide e professionisti seri e competenti. – ha detto il dott. Alì – Perciò sono io a dire a voi grazie per quello che siete riusciti a fare e farete ancora in questo settore dove il genio italiano primeggia in tutto mondo”. Il Conserva-torio musicale “Tchaikovsky” è fra le più importanti istituzioni di alta formazione artistica e musicale dell’intero sistema nazionale. L’anno accademico è stato aperto con un concerto dell’Orchestra Filarmonica della Calabria, dove è presente, alle percusioni il nostro concittadino Francesco Luigi Gigliotti.

Alla presenza del direttore generale del Miur, Mario Alì

Una scuola di alta formazione musicale frequentata da diversi giovani del nostro paese

Confermato il direttivo del Centro Studi Gioachimiti

L’assemblea dei soci del Centro in-ternazionale di studi gioachimiti,

ha proceduto al rinnovo del direttivo per il prossimo quinquennio, riconfermando alla carica di presidente il dott. Riccar-do Giuseppe Succurro. Riconfermati anche il vice presidente Saverio Basile e il segretario Giovanni Greco. Della giunta esecutiva fanno parte anche il dott. Battista Granato, l’arch. Pasqua-le Lopetrone, il rag. Giuseppe Oliverio e l’ins. Barbara Madia. Nel collegio dei revisori sono stati chiamati a farne parte l’ing. Francesco Scarpelli, il rag. Domenico Foglia, l’avv. Anna Loria il dott. Pietro M. Marra e l’avv. Francesco M. Perri.

Tricarico alla presidenza di Heritage Calabria

Il dott. Giovanni Tricarico è il nuovo presidente dell’Associa-zione Heritage Calabria, il cui direttivo è composto dai soci:

l’avv. Enrico Pugliese, il dott. Alessandro Martino e Salvatore Marano. A renderlo noto nel corso di una pubblica assemblea, il fondatore del sodalizio per gli emigrati François Xavier Nicoletti che ha informato i presenti dei diversi riassetti dati all’organizzazione dell’associazione che continuerà ad occuparsi attivamente dell’as-sistenza e dell’accoglienza degli emigrati di origine sangiovannese sparsi nel mondo.

Suor Eleonora Fanizzi sarà ricordata a futura memoria

Grazie al contributo spontaneo di tanti lettori del nostro giornale che hanno sottoscritto una libera offerta, si è pervenuti alla fase

conclusiva dell’erigendo monumento a suor Eleonora Fanizzi, la suora fondatrice della Casa di riposo “San Vincenzo de Paoli”, che per sessant’anni ha accolto fra le mura dell’archicenobio florense decine di persone sole ed abbandonate, offrendo loro una casa e un’as-sistenza disinteressata e amorevole. Il direttore del nostro giornale, insieme all’artista Franco Bitonti (che ha eseguito gratuitamente l’opera) hanno consegnato la bozza dello stampo alla Fonderia artistica Michele Magnifico di Modugno (Bari) per la realizzazione della fusione del busto bronzeo. Le offerte raccolte sono state quan-tizzate in 4.689 euro. Il costo della fonderia è di 5000 euro. Ora si attendono le offerte di qualche benefattore distratto anche perché c’è da realizzare il basamento sul quale posizionare il busto.

Da qualche giorno in libreria il volume “Uomini e navi” di Antonio Talamo, edito da “La Compagnia dei Trovato-

ri”. E’ il racconto delle alterne e non sempre fortunate vicende della marineria napoletana dal periodo borbonico a venire giù fino allo Stato Unitario e alle due guerre. Nei capitoli dedicati alla cantieristica navale e alle strutture portuali torna sempre un riferimento al contributo fornito dalle ferriere di Mongiana. Portate a esempio l’operosità delle maestranze e la perizia dei tecnici che dalle lontane Serre calabresi riuscivano ad assicu-rare considerevoli quote dei semilavorati ferrosi necessari agli opifici napoletani. La dismissione dopo l’Unità degli impianti con la perdita di almeno duemila posti di lavoro è severamente giudicata e portata ad esempio di una politica poco generosa con le estreme regioni meridionali. Il libro è stato presentato a Napoli al Circolo Nautico Posillipo (nella foto).

La Ferdinandeain un libro di Antonio Talamo

Il liceo e il professionale sono troppo decentrati

a la pole

Istituto Professionale Liceo Scientifico

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di Enzo Gigliotti

L’ospedale avrà un repartodi lungadegenza

Con dieci posti letto

Entrerà in funzione a breve. Lo assicura il dg Gianfranco Scarpelli

Il direttore generale dell’A-zienda sanitaria provincia-

le, dott. Gianfranco Scar-pelli, in fase di riorganiz-zazione della sanità nella nostra provincia, è giunto nella determinazione, unita-mente al direttore sanitario del medesimo ente, dott. Lu-igi Palumbo, di attivare dieci posti di lungadegenza presso il presidio ospedaliero di San Giovanni in Fiore, avviando così, di fatto, l’apertura di un reparto di lungadegenza nel nostro presidio, stante l’elevato numero di anziani che popolano San Giovanni in Fiore e che spesso hanno bisogno di assistenza sani-taria, venendo sballottati in

strutture ospedaliere distanti dal paese di residenza, con gravi disagi per gli utenti e per i familiari. La notizia resa nota alla stampa dal referente lo-cale della direzione sanitaria, dott. Costantino De Luca, è stata accolta con sollievo dagli anziani e dai loro familiari. Intanto, la cronaca di questi giorni ha registrato un caso di malasanità proprio a San Giovanni in Fiore, per la mor-te improvvisa di una donna di 53 anni Ester Comito-Fratto,

“parcheggiata” al pronto soc-corso per oltre dieci ore, in at-tesa di essere trasferita in una struttura idonea a garantirle la sopravvivenza. Sul caso Il procuratore della Repubblica di Cosenza, dott. Dario Gra-nieri, ha disposto l’autopsia e l’apertura di un fascicolo affidando l’inchiesta al pm Paolo Izzo. La sfortunata donna lascia due figli di 18 e 20 anni, ora orfani di ambo i genitori.

Nasce il Movimento civico H919In rappresentanza di quanti sono nati e continuano a vivere nel nostro paese

Dopo mesi di analisi e dialoghi, dopo incontri

programmatici e di studio tra decine di cittadini di ogni estra-zione sociale e professionale, di competenza tecnica e culturale, di esperienza imprenditoria-le e sindacale, nasce l’Asso-ciazione “Movimento Civico H919″, un soggetto politico-culturale, di cittadinanza attiva, di proposta ed attuazione di specifici programmi fini alla rivalutazione ed allo sviluppo con sede nel nostro paese “L’i-dea del movimento nasce dall’e-sigenza di dare vita a uno spazio politico-culturale locale che resti in contatto con i cittadini, aperto alle loro idee, competen-ze ed esperienze, capace di pro-gettare il futuro e di affermare un giudizio critico-costruttivo sulla vita nel nostro territorio”. Fanno notare gli organizzatori. Un motivo per, rimettere al cen-tro della vita del paese il “citta-dino”, attraverso l’attivazione di concreti strumenti di parte-cipazione. Su queste basi nasce l’impegno di fare, ove servisse, anche attività politica locale,

vita rappresenta un punto certo e dal quale sicuramente si può partire appunto: l’origine. Il Movimento fa leva e promuove la partecipazione dei cittadini all’impegno civile e democra-tico, prefiggendosi l’obiettivo di contribuire alla formazione di azioni e scelte propositive rivolte ad una classe dirigente, capace di determinare un ricam-bio politico e generazionale di San Giovanni in Fiore.

Si tratta di un soggetto politico-culturale di cittadinanza attiva

intesa come realizzazione di un progetto culturale, costruito da persone che abbiano come faro della loro azione il bene comune e la crescita sociale, civile, economica e morale del proprio territorio. Lo stesso nome, H919, chiara-mente riconducibile al codice fiscale dei nati a San Giovanni in Fiore, vuole essere un segno distintivo di attaccamento al proprio territorio, alle proprie origini a ciò che per tutta la

Tra i numerosi saggi che in questi ultimi anni hanno ripercorso l’incantevole scenario dei beni culturali in Calabria, sopravvissuti

anche ai ricorrenti e devastanti terremoti, merita grande attenzione il recente volume di Giovanni Greco, Patrimonio artistico di San Gio-vanni in Fiore. Storia e descrizione, Pubblisfera Edizioni, San Giovanni in Fiore, 2014. Si tratta di un volume di 422 pagine con 552 splendide illustrazioni, corredato da una minuziosa bibliografia, che registra puntualmente i contributi sulla storia della cittadina e soprattutto sul suo grande abate Gioacchino “di spirito profetico dotato”. L’opera del Greco – finemente stampata da Pubblisfera, che arricchisce così il suo repertorio “florense” – si articola in tredici capitoli preceduti dalle prefazioni del Parroco della Chiesa Matrice, del Presidente della Provincia di Cosenza, dell’Assessore locale alla cultura e introdotti da una breve premessa. Si parte dal proto-monastero di Fiore Vetere (Jure vetere) dove Gioacchino, già abate del monastero cistercense di Corazzo nel territorio presilano di Carlopoli, si ritirò insieme con alcuni suoi discepoli per poi passare all’Archicenobio, che costituisce il punto focale di tutto il territorio: abbazia intorno alla quale sorse poi la cittadina, riconosciuta con regio decreto del 1530 per iniziativa del commendatario Salvatore Rota. E proprio l’abbazia florense, dove le spoglie di Gioacchino vennero poi traspor-tate anni dopo la morte dell’abate avvenuta a Canale di Pietrafitta il 30 marzo 1202, co-stituisce il nucleo fondamentale del volume, in quanto ripercorre le varie mutazioni non solo istituzionali, ma anche quelle artistiche e stilistiche, ricordando per di più l’indagine paleo-patologica sulle ossa dell’Abate, con-dotte da Gino Fornaciari e da chi scrive, che confermarono l’autenticità delle stesse, se pur commiste ad altri scheletri coevi. Nella contigua zona silana erano già attive alcune grange di cenobi calabro-greci come quello dei Tre Fanciulli nel territorio di Caccuri con la chiesa di Santa Maria esaminata nel terzo capitolo, dove si analizza il pesante annoso «scontro» con Fiore e il suo «mesto declino». Una volta istituito il comune non poteva mancare l’erezione della comunità parrocchiale, anche se allora gli abitanti non raggiungevano il centinaio, soprattutto quando l’Ordine florense si avviò all’aggregazione con quello cistercense. La chiesa dedicata a S. Maria delle Grazie, benché soggetta all’archidiocesi di Cosenza, restava comunque legata all’abbazia. L’edificio nel corso dei secoli fu ampliato e subì al pari del monastero innovazioni artistiche e stilistiche soprattutto tra XVII e XVIII secolo, nella facciata, nei portali e nel campanile, come pure nella cappella del SS. Sacramento, quella della Madonna di Fatima, senza dimenticare la sagrestia con il vasto corredo di paramenti liturgici e delle suppellettili sacre, che l’autore annota insieme con i beni sparsi e dispersi negli ultimi tem-pi. Nel V capitolo viene descritto il convento dei Cappuccini con la chiesa adiacente edificata a metà del sec. XVII, quando i frati minori nel 1636 scelsero di insediarsi in un luogo certamente emblematico di spiritualità, tuttora attivo con il contiguo orto dei frati e rimodulato dopo il restauro. Si conservano anche qui pregevoli opere artistiche come i quadri della Via Crucis e quelli delle Monache sante, ma anche parte dell’antica biblioteca, che testimonia il patrimonio librario dei frati, dotato non solo di volumi di argomento religioso, ma anche di tematiche diverse: dalla filosofia alla storia, dalla retorica al diritto, ecc. Seguono le Chiese di S. Maria della Sanità edificata nel 1678 in località Cona, dell’Annunziata del 1653 collegata con la Chiesa Madre, del SS.mo Crocifisso o di San Francesco di Paola del 1774, del Carmine nel rione Costa della fine del sec. XVIII, di S. Lucia e altre ancora, senza dimenticare quelle scomparse: dalla chiesa di S. Biagio a quella di S. Liborio, e la chiesetta di S. Giuseppe, insieme con monumenti, lapidi, edicole, murales, beni privati sparsi nel territorio, che nel 1847 vennero minutamente segnalate da Tommaso Morelli nel suo «Cenno Historico di S. Giovanni in Fiore in Provincia di Calabria Citra». […]Cospicua e bellissima la documentazione fotografica che illustra questa preziosa fondamentale ricerca, la quale si distingue per l’esatta conoscenza del territorio, per il rigore documentale e per l’analitica descrizione. Un vero manifesto culturale per la rinascita di San Gio-vanni in Fiore e di tutta la Calabria, e un accattivante modello di ricerca che dovrebbe essere esteso a tutto il patrimonio culturale e artistico della Regione, compreso quello che oggi è custodito nei musei e nelle biblioteche di tutto il mondo, in gran parte sconosciuto.

*Docente di Storia medievale all’Università della Calabria e membro del Comitato Scientifico del CISG

Beni da conoscere, diffondere e tutelare

Recensione al saggio di Giovanni Greco

“patrimonio artisticodi san giovanni in fiore”

Gianfranco Scarpelli

Ospedale di San Giovanni in Fiore

Panorama di san Giovanni in Fiore

di Pietro De Leo*

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Conoscere il passato aiuta a capire il presente ma soprattutto aiuta a creare i presupposti per un futuro migliore. Sul finire degli anni

‘40 nel popoloso comune silano i bagni nelle case l’avevano solo le famiglie benestanti, che erano poche e detenevano il potere econo-mico del paese (preti, farmacisti, notai, proprietari terrieri e qualche commerciante denaroso). Alla data del 1 gennaio 1945 erano iscritti nel ruolo comunale dell’acqua (cioè pagavano un canone per la for-nitura di acqua potabile) solo ventisette famiglie. Non esistevano le lavatrici e di conseguenza i panni si lavavano solo al fiume. Il posto più idoneo per lavare i panni era quel tratto di jumara pianeggiante che scorre sotto il Ponte della Cona, dove nei giorni di bel tempo si ritrovavano inginocchiate sui grossi macigni di granito, con i piedi nell’acqua corrente, decine di donne che lavavano i panni e poi li mettevano ad asciugare nelle adiacenze sui prati più soleggiati. Poco prima del tramonto del sole raccoglievano nelle sporte di vimini il bucato e se lo caricavano in testa, dirigendosi verso casa. Il peso di quei tessuti ancora umidi era la causa della fuoriuscita del gozzo co-mune a tante donne del paese, abituate a portare pesi di ogni genere sulla testa. Per il lavaggio dei panni più piccoli ci si accontentava dalla vasca della Fontanella, di quella della Vurghicella e di quella di Fragiuseppe. Lo stesso discorso vale per l’illuminazione delle case nelle ore serali e notturne. La corrente elettrica che veniva prodotta nella centralina di Jacoi veniva distribuita al tramonto e non c’erano contatori elettrici. I contratti erano a forfait e chi aveva come casa una stanza sopra l’altra, poteva accendere la luce solo in quella stanza dove aveva azionato l’interruttore di accensione, lasciando al buio la stanza sottostante o viceversa. Il maggiore disagio era costituito dalla mancanza del bagno, nel senso di cesso, perché donne ed uomini andavano ad espletare i propri bisogni corporali all’aperto, nelle cosiddette minelle rionali, poste in prevalenza in zone periferiche del paese, in orari stabiliti. All’imbrunire le donne e a notte fonda gli uomini. Così eravamo nella prima metà del secolo scorso. Poi grazie a Dio, il progresso fece capolino anche da noi e cominciammo a conoscere l’igiene, come presupposto essenziale per la salute e il vivere civile della gente.

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Ognuno di noi al rientro di un viaggio porta con se un

ricordo. La nostra scoperta degli USA e del “Nuovo Mondo” è stata costellata da ricche emo-zioni e sensazioni meravigliose. Io non potrò mai dimenticare la visita con il senatore Roman Prezioso e mr. Luigi Spatafora alle miniere di “Monongah”. Visitare gli States e scoprire una forte radice sangiovannese mi ha inorgoglito tanto, ma mi ha fatto molto riflettere. Mi sono sempre interessata ai fenomeni migratori, essendo cresciuta in una famiglia di emigranti. Il simbolo della “diaspora” calabrese e soprattutto sangiovannese è il disastro mine-rario nel West Virginia. Il West Virginia è ancora oggi ricco di materiale da combustione e gode di un’ottima posizione geografi-ca. Alla fine della Guerra Civile, c’era un’America da costruire e la vicina Pittsburgh grazie agli importanti giacimenti di carbone e la sua eccellente collocazione fluviale (l’Ohio è interamente navigabile ed è uno dei principali affluenti del Mississippi) si tra-sformò in una delle più importanti città industriali del mondo a tal punto da essere sopranominata la Steel City (città d’acciaio). Il carbone estratto dai minatori a Monongah raggiungeva le accia-ierie e gli alti forni di Pittsburgh attraverso il fiume Mononghella o l’appena nata ferrovia. Nel 1905, il più cospicuo gruppo di immigrati proveniva dall’Italia, tra cui molti sangiovannesi. Era-no arrivati ad Ellis Island (New York) con le navi (Patria, Elysia, Olympia) dai porti di Genova o Napoli pieni di speranza. I medici del Servizio Immigrazione con-trollavano rapidamente ciascun immigrante. Chi superava questo primo esame, veniva poi accom-pagnato nella Sala dei Registri, dove erano attesi da ispettori che registravano nome, luogo di nascita, stato civile, luogo di destinazione, disponibilità di denaro, professione e precedenti penali; per essere alla fine man-dati ai luoghi di lavoro. Appena arrivati a Monongah i nostri con-nazionali venivano accolti dagli uomini della compagnia della famiglia Watson, la Fairmont Coal Company. Sin da subito, i sangiovannesi erano già a debito con la compagnia, infatti, dalla loro busta paga venivano scalati i costi per gli acquisti degli attrezzi da lavoro, affitto e il mangiare. Tempi duri, molto duri. Alle ore

Maledetta miniera! com’eravamo

10.30 del mattino di venerdì 6 dicembre 1907 nei pozzi n.6 e n.8 della miniera si verificò una terrificante esplosione. La galleria 8 si trovava sulla sponda occidentale del fiume West Fork, la 6 sulla sponda opposta. Le due gallerie erano collegate da un tunnel sotterraneo e, in superficie, da un ponte e da un impianto di scarico del minerale. La vena di carbone Pittsburgh giaceva a meno di 70 metri dalla cima della collina su cui si apriva l’entrata principale della miniera e a circa 10 metri sotto il livello del fiu-me. In pochi minuti centinaia di

minatori morirono. Per decenni calò il silenzio su quelle colline, anche se dopo la tragedia negli Usa cambiò la legislazione sul la-voro. La tragedia a tutt’oggi non ha una spiegazione. Le famiglie di origine sangiovannese sanno soltanto che 34 compaesani peri-rono in quella tragica esplosione. A pregare su quei cadaveri rimase padre Everett Francis Briggs, che come amava ricordare lui stesso, pur non essendo italiano, ha dedicato tutta la vita all’iden-tificazione e commemorazione di questo dramma italiano e sangio-vannese.

Da quel giorno il popolo sangiovannese scambia Monongah per una bestemmia Sul finire degli anni ‘40 i bagni nelle case l’avevano solo i ricchi

Vi perirono 34 minatori di origine sangiovannese Mentre l’acqua veniva attinta alle fontanelle pubbliche con barili e brocche

Donne intente a lavare alla vasca della Funtanella

Antonella Prosperati davanti al monumento dei caduti di Monongah

Donne alla Jumara

di Antonella Prosperati

è morto Antonio De Marco

Profondo cordoglio ha suscitato la notizia della morte di Antonio De Marco, avvenuta a Catanzaro, a seguito di un intervento

chirurgico a cuore aperto. D. Antonio, come in molti erano solito chiamarlo, era una persona disponibile, premurosa e generosa. Aveva lavorato fino al raggiungimento dell’età pensionabile presso l’agenzia di Banca Carime della nostra città, dove era particolar-mente apprezzato per la sua umanità. Lascia la moglie Maria, che lo ha assistito amorevolmente in questi giorni bui della sua vita Le esequie hanno avuto luogo nella chiesa Madre officiate dall’abate don Germano Anastasio.

Lutto in casa Talerico

Vittima di un male che non perdona, é venuto a mancare all’affetto dei familiari all’età di 53 anni, Giovanni Taleri-

co, agente della Polizia di Stato in servizio presso la Digos della Questura di Crotone. Giovanni nella vita amava correre a piedi prendendo parte a gare podistiche anche fuori dalla Calabria nella squadra sportiva della Polizia di Stato. Lascia la moglie Serafina e i figli Luigi, Giulia e Antonello. Le esequie hanno avuto luogo, con una larga partecipazione di colleghi giunti da Crotone, nella Chiesa di Santa Lucia, dove il parroco don Emilio Salatino ne ha ricordato la bontà e l’attaccamento alla famiglia e al lavoro. Ai familiari giungano in questo momento di comprensibile mestizia, le espressioni di vivo cordoglio dei redattori di questo giornale.

Addio a Vincenzo Gentile

Condoglianze alle famiglie Gentile e Romano per l'immatura scomparsa del congiunto Vincenzo Gentile, già funzionario

del Consorzio di bonifica Destra-Crati. Alla moglie Concetta e ai figli Salvatore e Cinzia la nostra vicinanza spirituale.

di SaBa

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Una città in ferro battutoSi estende su una piattaforma di 10 metri quadri

Le riproduzioni dettagliate e minuziose delle opere d’arte del nostro paese, in

primis le chiese, e poi anche le antiche infra-strutture: dai ponti agli opifici, dagli angoli caratteristici dell’antico centro storico, per finire alla stazione ferroviaria, costituiscono una “città di ferro” di pregevole valore. L’in-tera opera si espande su una superficie larga 10 metri quadri, dove non manca un tipo di arredo urbano, immaginato dall’artista per rendere giustizia a quella parte di popolo che emigrando ha reso più grande il nostro paese (la miniera di Monongah, la Vallata di Mattmark, i pozzi di Marçinelle). E quanto è riuscito a realizzare in ferro battuto finemente lavorato, in sette anni di duro lavoro, Luigi Scarcelli, 62 anni, che di professione fa l’e-lettricista presso il nostro ospedale. “Tutto il mio tempo libero l’ho trascorso in questo magazzino che ho trasformato in officina”, ci racconta, spiegandoci uno per uno i vari det-tagli che caratterizzano le sue opere. “Vedi anticamente le famiglie venivano contate in base al numero dei fuochi. Ebbene in questa casa (n.d.r. nei pressi dell’Arco gioachimita) vi erano sei fumaioli, segno che vi abitavano sei famiglie che a sei - sette componenti cia-scuna formavano circa cinquanta persone”. E così i dettagli del mulino del Ponte della Cona o la filanda del Petraro azionati ad acqua. Ad occhio e croce, le lastre di ferro scolpito che costituiscono le pareti o i tetti dell’agglomerato urbano, hanno ricevuto non meno di 15 mila martellate, mentre l’assem-blaggio delle varie parti conta oltre 5 mila saldature con gli elettrodi. Qualcosa di inimmaginabile se non si vede da vicino, perché la creatività personale di questo bravo artigiano, ha fatto sì che ogni opera venisse riprodotta fedelmente e tro-vasse collocazione al posto giusto. “Non ci possono essere errori – ci dice - l’arco è nei pressi dell’Abbazia e la stazione ferroviaria è posta nella parte alta del paese”. L’unico cruccio di Luigi Scarcelli è che le autorità locali non sono state attente nei suoi riguardi, potevano valorizzare quest’opera mettendola esposta in un posto centrale e farla ammirare ai visitatori e alle scolaresche”; ma poi si consola con il detto “Nessuno è profeta in patria!” E, intanto, azione l’impianto elettrico per farci vedere quanto è bello il “suo” paese di ferro scolpito, illuminato da luci variopinte. Il nostro personaggio sarebbe disposto a met-tere su una scuola per insegnare ai ragazzi un’arte che anticamente era molto diffusa nel ceto medio sangiovannese. Altri lavori che lo hanno impegnato riguardano la riproduzione del Duomo di Milano, il castello di Santa Severina e quello di Caccuri, che per la mole occupano mezza stanza del pianoterra della sua casa dell’Olivaro.

Minuziosamente riprodotte le Chiese, i ponti, gli antichi opifici e la stazione ferroviariadi Saverio Basile

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Luigi Scarcelli a lavoro

Abbazia Florense

Chiesa Madre

Rione Funtanella Duomo di Milano

Vetrina espositiva

Ferrovia delle Calabro Lucane

Chiese della Cona e del Carmine