Il Natale a tavola: ricordi e tradizioni cucina · cosa, si possono ridurre le portate e limitare...

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w w w . e d it .h r/ l a v o c e A n n o V I n . 6 3 S a b a to , 1 7 d i c e m b r e 2 0 1 1 cucina Il Natale a tavola: ricordi e tradizioni LA VOCE DEL POPOLO DEL POPOLO Pagina 6 Pagine 4 e 5 Pagine 2 e 3 Istria, celebrazioni che ricaricano il resto dell’anno Pagina 7 Come presentare una tavola colorata Inchiesta: gastro-ricordi delle feste nelle parole dei vip Non solo panettone: dal panpepato al presnitz di Mauro Bernes SILENZIO, SI MANGIA Festività di fine anno: un attentato alla nostra salute Non so voi, ma io a partire dalla Vigilia di Natale in poi sono pre- so sempre da una certa pesantezza. Nel senso che dopo aver cenato non riesco nemmeno a respirare e ad aprire i regali. Tutto il sangue finisce nello stomaco, che deve smaltire quanto mangiato durante la serata. Brodo con tortellini, baccalà in “bianco” e in “rosso”, cala- mari, verze, “mlinci con dindio”, arrosti vari... per non parlare dei panettoni e dei pandori di tutti i tipi e con tutte le farciture, senza di- menticare qualche bicchierino in più di vino e spumantino. Poi c’è il Capodanno con le immancabili “sarme” e, come se non bastasse, tanta carne di maiale. Insomma un vero e proprio “attentato” con- tro il nostro apparato digerente. È questo il rovescio della medaglia di Natale e Capodanno. I pasti “pantagruelici”. Attenzione, però: si corre il rischio non solo di mettere su qualche chilo, ma soprattutto di fare indigestione e mettere a dura prova il nostro stato di salute. Me- glio, allora, seguire alcuni suggerimenti per limitare i danni e man- tenere, nonostante l’inevitabile eccesso calorico, un certo equilibrio nutrizionale, anche durante le festività. Il pericolo non è riconducibi- le ad un alimento in particolare, ma piuttosto all’eccesso delle quan- tità delle singole portate e al susseguirsi di tanti pasti troppo ricchi di grassi e zuccheri semplici. Una grossa fetta di pandoro o di panetto- ne con la panna o la crema pasticcera dopo un pranzo di 3-4 porta- te ricche di grassi e calorie, ad esempio, è decisamente “troppo” per l’organismo. Se proprio non si può, o non si vuole, rinunciare a qual- cosa, si possono ridurre le portate e limitare la porzione di dolce, evi- tando la farcitura finale. È scorretto pensare che basti evitare alcuni abbinamenti - il classico no a carboidrati e proteine nello stesso pasto - per non sbagliare. In realtà occorre fare attenzione a non eccedere soprattutto con i grassi, che contribuiscono a rallentare ed affaticare la digestione, e ovviamente con gli zuccheri semplici, per non aumen- tare ulteriormente l’apporto calorico. Inoltre è bene ricordare che se abitualmente si segue uno stile di vita sano, basato su corrette scelte dietetiche abbinate ad un po’ di movimento quotidiano, l’occasiona- le pasto, per quanto eccessivo, non ha alcuna conseguenza. Diverso è se l’eccezione diventa una regola che si ripete per giorni o addirittura settimane: no, dunque, a pandoro, panettone o altro dolce alla fine di ogni pasto, anche se solo come assaggio, o peggio ancora come sosti- tuto dell’intero pasto. Altrettanto scorretto è perseverare nel consumo di antipasti, salsine, verdure conservate sott’olio; abbondare con la frutta secca (grassi) o disidratata (zuccheri) al posto di quella fresca (acqua e fibra), la mostarda o l’insalata russa al posto della verdura e della frutta fresca, le salse, il paté... Non è facile nemmeno controllar- si davanti ai numerosi cioccolatini, torroni o specialità varie che arri- vano in dono a casa e in ufficio in questo periodo. Se non si vogliono prendere chili bisogna evitare di mangiare in continuazione ma ac- contentarsi di piccoli assaggi, e non correre il rischio, nei vari brin- disi, di esagerare con le bevande sia dolci che alcoliche. Nel menu, anche se natalizio, non dovrebbero mai mancare verdure cotte o cru- de, perché contengono fibre che rallentano l’assorbimento dei grassi e degli zuccheri introdotti durante il pasto. Per il pranzo di Natale si può scegliere, ad esempio, un antipasto a base di verdure in pinzimo- nio (leggere e ricche di sostanze preziose). L’ideale poi, sarebbe un menu composto da antipasto, primo e secondo piatto, a base di pesce. Magari cotto con pochi grassi, al cartoccio, al vapore o alla piastra ma insaporito con qualche salsina, erba aromatica o spezia a piacere. Un occhio di riguardo è indispensabile per bimbi ed anziani. Per i più piccoli che vogliono brindare con la famiglia, no agli alcolici e sì alle bibite, specie non gassate, tenendo però presente che i succhi di frutta possono dargli l’impressione di essere sazi con il rischio che poi non vogliano più mangiare il pasto pensato per loro, e dopo poche ore inizino a pasticciare. Se l’organismo di un adulto fa fatica a smaltire fritti, grassi, salse e dolci, quello di un bimbo è ancora più immaturo. Perfetti per i piccoli sono i ravioli o i primi piatti poco elaborati; per i più grandicelli che apprezzano le preparazioni un po’ diverse dal so- lito, va bene un po’ di tutto ma in porzioni ridotte. Gli anziani, invece, hanno un metabolismo più lento e un gusto aumentato per i sapori dolci, nei quali tendono ad esagerare. Qualche limitazione soprattutto sulle porzioni, può evitargli inutili affaticamenti digestivi. Segue a pagina 5

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cucinaIl Natale a tavola:ricordi e tradizioni

LA VOCEDEL POPOLODEL POPOLO

Pagina 6

Pagine 4 e 5

Pagine 2 e 3

Istria, celebrazioniche ricaricano il resto dell’anno

Pagina 7

Come presentareuna tavola colorata

Inchiesta:gastro-ricordi delle feste nelle parole dei vip

Non solopanettone:dal panpepatoal presnitz

di Mauro Bernes

SILENZIO, SI MANGIA

Festività di fi ne anno: un attentato alla nostra salute Non so voi, ma io a partire dalla Vigilia di Natale in poi sono pre-

so sempre da una certa pesantezza. Nel senso che dopo aver cenato non riesco nemmeno a respirare e ad aprire i regali. Tutto il sangue fi nisce nello stomaco, che deve smaltire quanto mangiato durante la serata. Brodo con tortellini, baccalà in “bianco” e in “rosso”, cala-mari, verze, “mlinci con dindio”, arrosti vari... per non parlare dei panettoni e dei pandori di tutti i tipi e con tutte le farciture, senza di-menticare qualche bicchierino in più di vino e spumantino. Poi c’è il Capodanno con le immancabili “sarme” e, come se non bastasse, tanta carne di maiale. Insomma un vero e proprio “attentato” con-tro il nostro apparato digerente. È questo il rovescio della medaglia di Natale e Capodanno. I pasti “pantagruelici”. Attenzione, però: si corre il rischio non solo di mettere su qualche chilo, ma soprattutto di fare indigestione e mettere a dura prova il nostro stato di salute. Me-glio, allora, seguire alcuni suggerimenti per limitare i danni e man-tenere, nonostante l’inevitabile eccesso calorico, un certo equilibrio nutrizionale, anche durante le festività. Il pericolo non è riconducibi-le ad un alimento in particolare, ma piuttosto all’eccesso delle quan-tità delle singole portate e al susseguirsi di tanti pasti troppo ricchi di grassi e zuccheri semplici. Una grossa fetta di pandoro o di panetto-ne con la panna o la crema pasticcera dopo un pranzo di 3-4 porta-te ricche di grassi e calorie, ad esempio, è decisamente “troppo” per l’organismo. Se proprio non si può, o non si vuole, rinunciare a qual-cosa, si possono ridurre le portate e limitare la porzione di dolce, evi-tando la farcitura fi nale. È scorretto pensare che basti evitare alcuni abbinamenti - il classico no a carboidrati e proteine nello stesso pasto - per non sbagliare. In realtà occorre fare attenzione a non eccedere soprattutto con i grassi, che contribuiscono a rallentare ed affaticare la digestione, e ovviamente con gli zuccheri semplici, per non aumen-tare ulteriormente l’apporto calorico. Inoltre è bene ricordare che se abitualmente si segue uno stile di vita sano, basato su corrette scelte dietetiche abbinate ad un po’ di movimento quotidiano, l’occasiona-le pasto, per quanto eccessivo, non ha alcuna conseguenza. Diverso è se l’eccezione diventa una regola che si ripete per giorni o addirittura

settimane: no, dunque, a pandoro, panettone o altro dolce alla fi ne di ogni pasto, anche se solo come assaggio, o peggio ancora come sosti-tuto dell’intero pasto. Altrettanto scorretto è perseverare nel consumo di antipasti, salsine, verdure conservate sott’olio; abbondare con la frutta secca (grassi) o disidratata (zuccheri) al posto di quella fresca (acqua e fi bra), la mostarda o l’insalata russa al posto della verdura e della frutta fresca, le salse, il paté... Non è facile nemmeno controllar-si davanti ai numerosi cioccolatini, torroni o specialità varie che arri-vano in dono a casa e in uffi cio in questo periodo. Se non si vogliono prendere chili bisogna evitare di mangiare in continuazione ma ac-contentarsi di piccoli assaggi, e non correre il rischio, nei vari brin-disi, di esagerare con le bevande sia dolci che alcoliche. Nel menu, anche se natalizio, non dovrebbero mai mancare verdure cotte o cru-de, perché contengono fi bre che rallentano l’assorbimento dei grassi e degli zuccheri introdotti durante il pasto. Per il pranzo di Natale si può scegliere, ad esempio, un antipasto a base di verdure in pinzimo-nio (leggere e ricche di sostanze preziose). L’ideale poi, sarebbe un menu composto da antipasto, primo e secondo piatto, a base di pesce. Magari cotto con pochi grassi, al cartoccio, al vapore o alla piastra ma insaporito con qualche salsina, erba aromatica o spezia a piacere. Un occhio di riguardo è indispensabile per bimbi ed anziani. Per i più piccoli che vogliono brindare con la famiglia, no agli alcolici e sì alle bibite, specie non gassate, tenendo però presente che i succhi di frutta possono dargli l’impressione di essere sazi con il rischio che poi non vogliano più mangiare il pasto pensato per loro, e dopo poche ore inizino a pasticciare. Se l’organismo di un adulto fa fatica a smaltire fritti, grassi, salse e dolci, quello di un bimbo è ancora più immaturo. Perfetti per i piccoli sono i ravioli o i primi piatti poco elaborati; per i più grandicelli che apprezzano le preparazioni un po’ diverse dal so-lito, va bene un po’ di tutto ma in porzioni ridotte. Gli anziani, invece, hanno un metabolismo più lento e un gusto aumentato per i sapori dolci, nei quali tendono ad esagerare. Qualche limitazione soprattutto sulle porzioni, può evitargli inutili affaticamenti digestivi.

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2 cucina Sabato, 17 dicembre 2011

Natale, quando anche i ricordi fanViaggio nel tempo, tra vecchie tradizioni e riti antichi alla ricerca di atmosfere di u

Il Natale è anche memoria. S’in-nesta in questi “giorni del ma-gico” di fi ne d’anno il bisogno

di agganciare vecchie tradizioni, ri-ferirsi a riti antichi per ricreare at-mosfere che riportino al calore di un passato attorno al fuoco. Rit-mi di una cultura istriana contadi-na e marinara legate al passaggio delle stagioni, rispettose del fl uire del tempo. È il richiamo delle pre-ghiere in chiesa e attorno al desco, delle leggende raccontate nelle sere fredde davanti al caminetto. Affet-to, serenità, esaltazione del gusto permeano l’attesa di un evento che scandisce il rinnovarsi della storia, il perpetuarsi di una realtà che “ri-carica” il quotidiano.

Rifl essioni che ci accompagna-no nel viaggio natalizio istriano che in tempi recenti è riuscito ad espri-mersi anche nel pubblico, attraver-so una ristorazione di qualità, le funzioni nelle chiese, le città vesti-te a festa e quell’atmosfera antica che spesso trasuda dalla pietra del-le cittadine ma anche dalle attività nei borghi.

È la stagione della maialatura, della spremitura delle olive, del-la pesca delle sogliole. La campa-gna riposa ed i contadini, nei giorni del magico, da Natale alla Befana, non devono smuovere la terra. Ci si concentra sui lavori nelle canti-ne, si prepara la legna per il freddo

che è ormai alle porte, si distilla la grappa dalla vinaccia. È il momen-to per preparare il passito con l’uva che è rimasta a “gelare” sulla vite o che è stata messa ad asciugare nel-le soffi tte.

MAGIA Narra la leggenda che nei giorni delle feste, agli incroci delle polverose strade di campa-gna, la notte è preda del magico: il bene ed il male si danno battaglia. Meglio non uscire col buio per ri-manere a casa intorno al fuoco a vedere il ciocco natalizio che si la-scia andare in mille falische, verso il camino.

E intanto, nelle cucine, si pre-para ad onorare la festa con i piatti della tradizione. La Vigilia non può mancare il baccalà mantecato, fatto ammorbidire sbattendo con forza e costanza e con l’aggiunta di abbon-dante olio extravergine d’oliva, in-sieme a qualche acciuga per dargli maggior sapore.

In Istria, la cultura contadina vuole che il baccalà vada servito con la pasta.

La ricetta è quella delle Passu-tizze, una specie di straccetti fatti a mano con la classica ricetta della pasta, vale a dire uovo, sale e farina q.b. ad ottenere un panetto morbido e facile da stendere col mattarello. Lasciata asciugare per qualche ora su un piano infarinato, la pasta sarà lessata in abbondante acqua salata

e passata nel burro (o olio) fuso e pangrattato. Portare in tavola calda e con l’aggiunta di una bella cuc-chiaiata di bianco baccalà. Non è un piatto leggero ma ha tutto il sa-pore del Natale.

BACCALÀ L’Istria marina-ra preferisce abbinare il bacca-là in umido con una bella polenta. Di facile preparazione, il baccalà necessita di una lunga cottura (tre ore circa a fuoco lento). Il bacca-là dopo essere stato messo a bagno, va lessato, pulito e fatto rosolare in una casseruola con olio ed aglio e qualche fi letto d’acciuga. La cottu-ra sarà controllata, con l’aggiunta

di poca acqua calda al bisogno. A fi ne cottura, due cucchiai di polpa di pomodoro, daranno maggior co-lore e sapore al tutto. Lasciarlo an-dare ancora una decina di minuti e spegnere.

La Vigilia è anche profumo acre della verza “soffi gada”, colta croc-cante di brina nella campagna in-freddolita che la rende dolce, ama-bile, stufata, spezzettata nell’olio e aglio dopo un veloce lavaggio. At-tenzione col sale e seguitela negli ultimi minuti di cottura quando ten-de ad attaccare al fondo.

Il suo sapore si sposa a quello della polenta e delle sogliole fritte.

L’Istria marinara preferisce abbinare il baccalà con una bella polenta

A Natale e Capodanno trionfa il vino rosso, dal corposo

Terrano al Merlot

Krapfen Ingredienti: 150 g di farina50 g di lievito di birra50 g di zucchero1 uovo intero1 tuorlo d’uovo50 g di burro ammorbiditolatte quanto bastaun po’ di marmellataun pizzico di sale 3/4 litro di olio per friggere dello zucchero a velo per la guarnitura fi nale

Sciogliere il lievito con poco latte tiepido, un po’ di farina e mettere a lievitare. Raddoppiare il volume, poi unire il resto di farina, zucchero, uovo e burro. Lavorare il composto fi nché non attacca più al tavolo e si formano delle bollicine nell’im-pasto. Coprire con un tovagliolo e lasciare lievita-re per circa 2 ore. Il volume dovrebbe raddoppia-re. Stendere l’impasto col mattarello fi no ad uno spessore di 1 centimetro, poi ricavarne dei dischi di circa 8 centimetri di diametro. Su metà dei di-schi mettere un cucchiaino di marmellata, e rico-prire con gli altri dischi. Lasciare riposare per 15 minuti.

Mettere l’olio in una grande padella e riscal-darlo moltissimo. Friggere i krapfen circa 2 minu-ti per parte. Una volta tolti dalla padella lasciarli sgocciolare su della carta da cucina. Alla fi ne co-spargerli con abbondante zucchero a velo.

Gnocchi con susine Ingredienti: L’impasto è come per gli gnocchi di patate: 1 kg di palate lessate e passate200 g di farinaun uovosale

Le susine piuttosto piccole vanno lavate e liberate dal nocciolo; all’interno si mette un cucchiaino di zucchero e si avvolge il frutto immediatamente con la pasta preparata. Gli gnocchi vanno preparati e messi a bollire in acqua salata man mano che vengono prepa-rati, altrimenti il frutto lascerebbe fi ltrare il sugo. Quando gli gnocchi vengono a galla si lasciano bollire per un momento e si tolgono subito dall’acqua con un ramaiolo, si pongo-no in una terrina dove, di cottura in cottu-ra, verranno messi gli altri e verranno con-diti con burro fuso e pangrattato precedente-mente rosolati. La pietanza è dolce e non sta male un po’ di zucchero cosparso alla fi ne sugli gnocchi.

«Posutizze» con sardelle salateIngredienti:200 g di sardelle salate1 dl olio d’oliva“posutizze” (pasta dalla forma quadrata 4x4 cm)

Squamare le sardelle salate, toglierne la spi-na e metterle nell’olio poco caldo.

Cospargerle sulle posutizze, cucinate e sco-late e servirle col formaggio grattugiato.

Baccalà in biancoIngredienti:400 g di baccalà secco (stoccafi sso)3 dl d’olio d’oliva30 g d’aglio1 foglia di lauro20 g di sale3 g di pepe

Battere per bene il baccalà con il pestello di legno e lasciar-lo a mollo durante la notte. Poi metterlo a bollire in acqua sala-ta, aggiungere una parte d’aglio a spicchi interi, la foglia di lau-ro e lasciarlo cuocere fi nché non diventerà tenero. Spellarlo, pu-lirlo dalle spine e ribatterlo con il pestello di legno fi no a far-lo diventare come purè. Tritare l’aglio rimasto, rosolarlo in un po’ d’olio, poi unire il bacca-là. Condire con il sale e il pepe e, mescolando continuamente, versare sopra l’olio rimasto. Si può servire come piatto a par-te, però in lstria è consuetudine servirlo con le “posutizze”, la verdura o la polenta.

Baccalà alla PoleseIngredienti: 400 g di baccalà seccato 600 g patate1 dl d’olio d’oliva20 g d’aglio15 g di prezzemolo1 foglia di lauro1 g di pepe, 15 g di sale

Lasciare a mollo per alcune ore il baccalà nell’acqua tiepida, quin-

Oresgnazza fi umana L’impasto:30 g de lievito350 g de farina120 g de buro3/8 de late50 g de zibibe3 ovi30 g de mandorle80 g de zuchero Raschiatura de scorze de limon

Il ripieno 70 g de ciocolata 1/8 de late60 g de zuchero120 g de nose mazinade80 g de pan gratado frito in 80 g di burroraschiatura de limon e spezie

Col lievito, un cuciar de zuche-ro, 150 gr. de farina ed un poco de late tiepido frular in una terina una pastela e lasarla lievitar al caldo co-perta da una salvieta. Quando la pa-stela sarà radopiada de volume fru-lar dentro a più riprese le uova, el zuchero, el limon, la farina, el late fi no ad esaurimento dei quantita-tivi prescriti; infi ne incorporar el buro liquefato, tiepido. Per ultimo se agiunge le zibibe; se continua a mescolar fi no a che la masa ga la densità de una crema non scorevo-le. Spianar l’impasto a retangolo del spesor de un dito su carta oleata o carta bianca infarinada o pur una salvieta infarinada. Meter la cioco-lata sul fogo nel late fredo e mesco-larla fi n che se sciogliera; dopo tie-pida agiunger zuchero, nose pan-gratado limon e spezie. El ripien deve essere umido, stenderlo sopra l’impasto pronto, arrtolar e arostir a forno moderato circa 60 minuti.

Le ricette regionali per «addobbare» la tavola natalizia

di Rosanna Turcinovich Giuricin

FESTIVITÀ

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cucina 3Sabato, 17 dicembre 2011

SOGLIOLE Fa freddo in mare aperto ma per i pescatori questo è il momento dell’abbondanza. Escono ogni notte per calare le passelere che si riempiranno di argentee soglio-le. Squamate accuratamente e pulite delle interiora, sono ottime prepara-te alla brace o fritte a losanghe infa-rinate. Ma negli ultimi anni, a Nata-le e Capodanno, la sogliola è regina di preparazioni sofi sticate: con l’ag-giunta di tartufo, dadolate di verdure varie, con gli gnocchi o con le taglia-telle. E c’è chi osa addirittura presen-tarle abbinate al dessert. Nell’Uma-ghese la settimana della sogliola è un evento da non farsi sfuggire.

Il recupero della tradizione rivi-sitata dai sapori esigenti della cuci-na moderna diventa una carta vin-cente del turismo enogastronomico istriano.

VINI Brindare a Natale con vini di qualità del territorio è un modo per ribadire il successo ottenuto dai produttori locali. Con la sogliola si può abbinare un Malvasia secco, o un delicato Chardonnay delle Terre Bianche.

Col pollame, a Natale e Capodan-no trionfa anche il rosso, dal corpo-so Terrano, al Merlot lungo la scia di una varietà di vini con carattere tipici della moderna produzione istriana.

DOLCI Frittole, crostoli, i bi-scotti delle feste, l’oresgnazza, lo strudel e la torta natalizia, comple-tano un percorso di sapori diffi cili da dimenticare.

Oggi i riti si svolgono attorno all’albero, addobbato nel modo classico. Ma nella storia della re-gione, l’abete è un’acquisizione recente. La tradizione vera e pro-pria è quella del presepe col bam-binello, l’asino e il bue e tutti i personaggi della vicenda. Nelle testimonianze raccolte tra gli an-ziani, risulta fosse compito dei bambini andare a raccogliere il muschio necessario per creare la base del presepe. Le fi gure erano di gesso o di legno, spesso dipinte a mano, diffi cili da non toccare o spostare nei giorni che precedeva-no la deposizione del bambinello nella culla. Spesso la luce era affi -data a degli specchi che fungeva-no da laghetti nei quali traballava la fi amma delle candele. Una ma-gia per i più piccoli.

Tradizioni che ancora si con-servano. Non così i canti natalizi tipici, che si sono consumati con le vecchie generazioni, soprattutto quelli nei dialetti locali di cui esi-stono testimonianze scritte ma che non sono più cultura diffusa. La modernità ha fatto il resto.

Ma il Natale è anche memoria, e ricordare è parte della festa. Intor-no alla tavola imbandita si ripetono gesti antichi e la storia ritorna a ri-cordarci chi siamo.

nno parte della festaun passato che forse non c’è più

Verze Napofrig Verza e calamari

Piatto tipico per la vigilia di Natale nell’iso-la di Lussino.Ingredienti:1/2 kg di calamariun chilo di verze2-3 patate1 cipolla media, tagliata a dadi2 spicchi d’aglio, tritati5 cucchiai olio di olivasale e pepe1/4 di tazza di salsa di pomodoroprezzemoloacqua

Pulire i calamari. Il corpo si taglia a pezzetti-ni. I tentacoli anche, ma i due vanno tenuti sepa-rati. Soffriggere i tentacoli in 3 cucchiai di olio in una grande pentola fi nché saranno rosolati. Aggiungere 2 bicchieri di acqua, e quando bolle, mettervi dentro la verza, tagliata a listerelle. Sa-late. Se necessario, mettere di tanto in tanto più acqua. Dopo 10 minuti, aggiungere le patate, ta-gliate a pezzi e continuare a bollire a fuoco lento fi nché saranno cotte.

Nel frattempo, in una piccola pentola e 2 cucchiai di olio, disfriggere la cipolla e l’aglio. Aggiungere i calamari, salare e pepare. Mettervi dentro circa un quarto di tazza di salsa di pomo-doro, e il prezzemolo. Poi un po’ d’acqua e la-sciare cucinare piano piano fi nché i calamari ri-sulteranno soffi ci. Gettare questo brodetto nella pentola con la verza. Mischiate il tutto. Si man-gia caldissimo, con pane fresco.

BrodetoIngredienti:500 g di scarpena 250 g di rana pescatrice250 g di grongo 150 g di calamari o seppie 5 granchiolini 0,8 dl d’olio250 g di cipolla50 g d’aglio300 g di pomodoro fresco40 g di farina1,5 di di vino bianco20 g di prezzemolo2 foglie di lauro2 g di pepe in grani15 g di sale

Pulire il pesce e, se è gros-so, tagliarlo a tranci, infarinar-lo e soffriggerlo nell’olio bol-lente fi no a rosolarlo un po’. Aggiungere i calamari, i gran-chiolini, la cipolla affettata, l’aglio e il prezzemolo tritati, i pomodori tagliati, le foglie di lauro, il pepe in grani e il sale. Versare acqua suffi ciente e ricoprire il pesce e cucinare a temperatura moderata. A metà cottura, versare il vino e con-tinuare a cuocere per circa 30 minuti, scuotendo di tanto in tanto la casseruola. Servirlo con la polenta.

La sogliola è ottima preparata alla brace o fritta a losanghe infarinate

La Vigilia è anche profumo acre della verza

Per Natale non ci si può esimere dal preparare e mangiare l’oresgnazza

Brodo di manzo con pasta fatta in casa

Minestra all’istrianaIngredienti:260 g di fagioli400 g di patate120 g di pancetta stagionataosso di prosciutto50 g di concentrato di pomodoro10 g d’aglio10 g di sedano1 foglia di lauro10 g di sale3 g di pepe

Cucinare i fagioli puliti e la-vati in una pentola con poca ac-qua, scolarli e rilavarli. Lavare l’osso del prosciutto in acqua cal-da e se è troppo grande, tagliarlo in due o tre pezzi, acciocché pos-sa stare nella pentola, cucinarlo nell’acqua assieme ai fagioli, la foglia di lauro, la cipolla ben trita-ta e il pepe. Condire con il pesto. Lasciar cucinare il tutto fi nché i fagioli non saranno diventati te-neri e la carne dell’osso del pro-sciutto non si staccherà facilmen-te dall’osso. Togliere l’osso, se-pararlo dalla carne, la quale verrà rimessa a pezzettini nella pentola. Aggiungere le patate pelate e ta-gliate a dadini, il concentrato di pomodoro e il sale. Quando i fa-gioli e le patate saranno cotti, si può servire come piatto a se.

Jota di fagioli e crautiIngredienti:120 g di fagioli300 g di crauti200 g di patate500 g di costole di maiale stagionate100 g di pancetta stagionata30 g d’aglio2 foglie di lauro10 g di sale2 g di pepe

Cucinare separatamente i crauti, le costole di maiale lavate e i fagioli. Quando i fagioli e i crauti saranno un po’ teneri, scolarli e con-tinuare la cottura assieme alle costole di ma-iale.

Condire col lauro, il sale, il pepe e il pesto. A cottura ultimata dei fagioli e delle costole di maiale, aggiungere le patate, tagliate a dadi. Continuare ancora la cottura fi nché le patate non saranno cotte. Togliere le costole di maia-le e servirle a parte col minestrone di fagioli e crauti. I crauti o capuzi posono venir sostituiti con le rape.

Ingredienti: 300 g di carne di manzo 400 g di carote20 g di radice di sedano 15 g di prezzemolo e foglie di sedano 35 g di cipolla 40 g di pomodoro fresco 5 grani di pepe 10 g di sale 40 g di formaggio pecorino 60 g di tagliatelle per brodo

Cucinare la carne di manzo in una pen-tola colma d’acqua. Salare, aggiungere il pepe tritato, le carote, la radice di sedano, una parte di prezzemolo e foglie di seda-no e la cipolla tagliata ad anelli, arrostita da ambo le parti sul fornello elettrico. Cucina-re per 2-3 ore a fuoco lento. Passare al se-taccio il brodo, aggiungere le tagliatelle già cotte precedentemente, cospargere col resto del prezzemolo e del sedano tritato e servire cospargendo di formaggio pecorino

Minestra di fi nocchioIngredienti:120 g di fagioli300 g di patate200 g di fi nocchio forte300 g di lingua di maiale essiccata100 g di pancetta stagionata20 g d’aglio15 g di prezzemolo10 g di sale3 g di pepe

Pulire i fagioli e farli bollire un pochino. Scolarli, aggiungere dell’altra acqua, la lingua di maiale, il pepe, il sale, il pesto e cucinare fi nché la lingua e i fagioli saranno a metà te-neri. A questo punto, mettere le patate tagliate a dadi e i rametti puliti di fi nocchio, tagliati a pezzettini. Quando i fagioli e le patate saran-no cotti, estrarre la lingua, pelarla ed affettarla. Disporre le fette su di un piatto e servirle con la minestra.

di metterlo in una pentola con acqua salata e cucinarlo fi nché diventerà tenero. Toglierlo dall’acqua, pulirlo dalle spine, tagliarlo a pezzi e met-terlo di nuovo nell’acqua. La quanti-tà d’acqua deve solo coprire il bac-calà. Aggiungere le patate tagliate a dadi, l’aglio tritato, le foglie di lau-ro e il pepe, versare l’olio e cuci-nare a temperatura moderata fi nché le patate saranno cotte. Metterlo poi su un piatto da servizio, cospargerlo di prezzemolo tritato e servire.

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La Vigilia e il pranzo di Natale a casa mia...La Vigilia e il pranzo di NataPassato e presente della festa in cucina raccontato da politici, esponenti d

Antropologi e buongustai non hanno dubbi: da sempre il banchetto natalizio da consumare in famiglia occupa un posto centrale nel rito della festa. Il Natale resta il tempo

del convivio familiare in cui la cena della Vigilia e il pranzo del 25 hanno un valore simbolico di conciliazione, condivisione, pacifi -

cazione. Anche la preparazione del cibo, con cura e senza fretta, assume i contorni di un’importante cerimonia affettiva. Spesso, infatti, nella realizzazione dei piatti è impegnata quasi tutta la famiglia. Dovremmo avere il sorriso sulle labbra, ma a una setti-mana dalla festa delle feste, ci riesce diffi cile. È un anno di lacri-

me e sangue e sinceramente il sangue è fi nito; non ci restano che le lacrime. La crisi si è fatta sentire in tutta la sua crudeltà, ha in-ciso sulla nostra vita quotidiana, giorno dopo giorno, e di questo andare arriviamo alla fi ne dell’anno sfi niti ed esausti. Ecco per-ché questo Natale ci aiuterà a ritrovare il suo autentico spirito, quell’atmosfera di unione familiare che magari in passato, oltre a venir data per scontata, veniva travolta dall’assoluto consumi-

4 Sabato, 17 dicembre 2011 cuci

ROSSELLA FRANCHINI SHE-RIFIS Ambasciatore d’Italia a Lu-biana: “I ricordi della mia infanzia sono legati alla casa dei miei nonni materni, nell’entroterra di Rimini. In quel territorio, la famiglia si riuniva la vigilia di Natale per fare insieme i preparativi della festa. Mio fratello ed io, da bravi bambini, aiutavamo papà a decorare il grande albero di Natale, sotto il quale, nella notte sa-rebbero arrivati i doni. In cucina, la nonna, la zia e la mamma prepara-vano i famosi cappelletti per il pran-zo di Natale. La sera della Vigilia, la cena tradizionale era “di magro” e comprendeva la minestra di pasta e ceci e l’anguilla alla brace. Aspetta-vamo tutti insieme, giocando a tom-bola, l’ora della messa di mezzanot-te. Il pranzo di Natale era a base di cappone, che arrivava sulla tavola dalla nostra campagna: brodo con i cappelletti, poi cappone lesso con mostarda di frutta, cappone al forno con patate, e infi ne frutta secca, pa-nettone e torrone. Ora, da molti anni ormai, io e mio marito non possiamo più contare sulla riunione di fami-glia, ma godiamo il calore della fa-miglia allargata rappresentata dagli amici più cari nella città in cui lavo-riamo. Festeggiamo quindi secondo le tradizioni del Paese in cui vivia-mo. Per noi è importante soprattutto l’affetto ed il calore della festa”.

EMANUELA D’ALESSANDRO, Ambasciatore d’Italia a Zagabria: “A casa nostra ci riunivamo per il cenone della Vigilia prima di anda-re alla messa di mezzanotte. La cena era a base di pesce. Mi ricordo gli ottimi crostini al salmone, la mousse di tonno e gli spaghetti con le von-gole. A Roma è tradizione mangiare tantissimo fritto, per cui se per cena per caso non si friggeva il pesce, lo si preparava al forno con patate. Per dolce si mangiava il classico panet-tone o il pandoro. Il pranzo di Natale era sempre un banchetto vero e pro-prio ed era caratterizzato soprattutto dal classico fritto di verdure alla ro-mana: carciofi , zucchine, cavolfi ori, ma anche lasagne al ragù, tortellini in brodo, arrosti. L’abbuffata si con-cludeva con panettone farcito e con il tronchetto natalizio, ossia un dolce tipico a forma di tronco d’albero, ri-coperto di cioccolato e decorato con tanti pupazzetti colorati raffi guranti Babbo Natale, funghetti, animali... Oggi purtroppo non ci sono più se-rate natalizie come una volta e con i ritmi serrati che dobbiamo affron-tare, cerchiamo di mantenere quanto più viva la tradizione”.

RENATO CIANFARANI, Con-sole Generale d’Italia a Fiume: “Io sono romano e a casa nostra era da sempre tradizione iniziare il pranzo di Natale con degli antipasti tipo ali-ci, olive e bruschette, per poi conti-nuare con i tortellini in brodo e pollo al limone. Il dessert era tradiziona-le, panettone e torrone bianco. Oggi sono cambiate tante abitudini, ma è rimasta quella di riunirci in fami-glia per il cenone della Vigilia, mol-to semplice e a base di pesce, per poi andare tutti assieme in chiesa. È evoluto pure il menu di Natale. Ora sulle tavole è apparso il salmone, la frutta secca esotica mentre il clas-

sico panettone è stato sostituito da pandori farciti con il limoncello e il torrone bianco da quello al ciocco-lato”.

ROBERTO BATTELLI, de-putato CNI al Parlamento sloveno: “La tavola natalizia mi associa in particolar modo ai dolci che si pre-paravano sotto le feste. Oltre alle tra-dizionali frittole, mi ricordo di mia nonna che preparava sempre i can-noli con la crema pasticcera e sic-come non c’erano tutti gli accessori che troviamo oggi, questi venivano avvolti attorno alle canne di bam-bù che crescevano nell’orto di casa. Alla Vigilia si mangiava sempre il baccalà in bianco (mantecato), con il quale tra l’altro mio nonno condi-va pure la pasta, una tradizione che rispettiamo tuttora. Il pranzo di Na-tale oggi è un’occasione di ritrovo per la famiglia e dato che piace a tut-ti, la carne non manca mai”.

FLAVIO FORLANI, presidente della Comunità autogestita costie-ra della nazionalità italiana (Can): “La nostra è una famiglia di atei, per cui non abbiamo mai festeg-giato particolarmente il Natale. Ad ogni modo, dai ricordi di quand’ero bambino posso dire che anche senza particolare euforia venivano rispet-tate le tradizioni culinarie. A Digna-no si andava in bosco a tagliare un bel ginepro che poi veniva addob-bato con ovatta che faceva da neve, mandarini e caramelle di zucchero. A Natale per pranzo c’era prima il brodo di carne con tagliatelle fatte in casa, poi il tacchino con le patate al forno e per fi nire le popolari frit-tole. Oggi, invece, l’albero di Nata-le è ecologico, di plastica, addobba-to con palline e lucette. A casa no-stra non c’è più l’abitudine di cena-re tutti assieme, per cui preferiamo riunirci a Natale. Rispetto al passato il pranzo è più solenne, ma comun-que tiene conto delle usanze. Ades-so oltre a servire l’arrosto di tacchi-no, sulla tavola natalizia portiamo anche un bel piatto di crauti con sal-sicce istriane e invece delle frittole lo strudel di noci”.

BORIS MILETIĆ, sindaco di Pola: “Io e mia moglie siamo di Al-bona e teniamo alle nostre tradizioni locali. Anche quelle legate al ceno-ne della Vigilia e al pranzo di Natale sono rimaste invariate in tutti questi anni. Di solito il 24 dicembre la fa-miglia si riunisce attorno alla tavo-la imbandita e mangiamo prima una minestra di ceci e poi baccalà prepa-rato “alla dalmata” e con le posutiz-ze, una pasta tipica istriana che vie-ne tagliata a quadrettini. Tra le varie pietanze che vengono invece servi-te per il pranzo di Natale, non man-cano mai i cosiddetti “labinski kra-fi ”. Si tratta di un raviolo particola-re, specialità autoctona della cucina dei pressi di Albona. Il più delle vol-te vengono consumati per dessert e sono caratteristici per il ripieno di formaggio, uova, noci e uvetta. A casa nostra li usiamo però servire pure salati, accompagnati da un un sugo di carne”.

PIPPO ROTA, ex presiden-te dell’Unione Italiana e vicepresi-dente della Regione Istriana, non ha mai fatto troppo caso ai cibi natali-

zi. “Si mangiava quello che... passa-va il convento – ci spiega –. Erano tempi diffi cili e non potevamo per-metterci alcun capriccio. Il pranzo di Natale era contrassegnato da pol-lo o tacchino, seguiti dalle tradizio-nali frittole. La differenza tra il Na-tale di una volta e quello di oggi non sta nelle pietanze, ma nel modo di approcciarsi a questa festa. All’epo-ca aspettavamo con ansia di vedere il tavolo imbandito e di gustare qual-che piatto fuori dal comune, ora dia-mo tutto per scontato perché la vera fame non esiste più”.

PINO DEGRASSI, presidente della CI Fulvio Tomizza di Umago, ha rispolverato la memoria ripescan-do alcuni dei piatti tipici che si man-giavano una settantina d’anni fa. “A Natale mi piaceva mangiare la car-ne, se c’era, poiché non c’era sem-pre – dice scherzando Pino –. Per la Vigilia mangiavamo pesce sempli-

ce, sardelle o altro pesce accessibi-le alle nostre tasche e come contor-no non mancavano mai le verze o la polenta. Se mangiavamo il baccalà, questo veniva accompagnato dal-le patate e in mancanza di cibi più complicati ci accontentavamo anche di pane con le “frisse” o ciccioli. Chi poteva permettersi un pranzo un po’ più abbondante, preparava un bel pollo o un tacchino arrosto. Il cibo era più genuino, non si comprava niente di pronto. Il dessert era com-posto dalle frittole a base di uva pas-sa, pinoli oppure zucca e mi ricordo pure di una specie di salame dolce a base di frutta secca, mandorle e altre prelibatezze. Al giorno d’oggi man-giamo un brodo seguito da pollo e cappuccio o qualche altro contorno e dopo un pranzo abbondante seguo-no i crostoli con le noci e le mandor-le. A differenza di qualche anno fa ultimamente i pranzi di Natale sono

più modesti e la cosa più importante non è quello che si mette in tavola, ma la compagnia attorno ad essa”.

AGNESE SUPERINA, presi-dente della Comunità degli Italiani di Fiume, ricorda la modestia degli addobbi natalizi: “La mamma ave-va insegnato a me e a mia sorella ad addobbare l’alberello con man-darini, fi chi secchi, biscottini a for-ma di stelle e mezzelune e caramel-le allo zucchero avvolte in carta sta-gnola colorata. Non vedevamo l’ora di disfare l’albero per poter man-giare quegli originalissimi addob-bi. A pranzo non mancava un bro-do di gallina coi gnocchi o con le tagliatelle fatte in casa e, a differen-za di oggi, mia mamma ci metteva le zampe di gallina che a me face-vano impressione. Al brodo segui-va un tacchino arrosto con contorni di patate o verdure. I dolci tradizio-nali natalizi erano le frittole, l’ore-

di Patrizia Brnčić e Stella Defranza

INCHIESTA

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La Vigilia e il pranzo di Natale a casa mia...ale a casa mia...della CNI, poeti, scrittori, attori e giornalisti

smo, dimenticando i sentimenti veri che non si esprimono certo con un regalo, ma con un bacio e un abbraccio.

La crisi, ovviamente, andrà ad incidere sulla proposta gastro-nomica delle nostre tavole, anche se in fede crediamo che si farà di tutto per rispettare quelle che sono le “regole” della tradizio-ne, almeno quella vicina a noi italiani di qua. È per questo che ci siamo rivolti a personaggi vicini alla nostra realtà di appar-

tenenti alla CNI per un’inchiesta quale e com’era il Natale. Si evince che il passato e il futuro sono legati da un fi lo invisibile di nome e tradizione, anche se festeggiare il Natale solo qualche de-cennio fa magari poteva venir ritenuto un “sacrilegio”. Auguri a tutti, con un sola speranza: pauciores lacrimis e meno prelievi di sangue forzati (un doveroso grazie, infi ne, a tutte le persone che hanno partecipato a questa inchiesta).

5Sabato, 17 dicembre 2011cina

sgnazza, il kuglof, i chifel allo zuc-chero vanigliato e alle noci. Man-tengo vive tutte queste tradizioni a parte quella delle frittole, che ormai sono diventate il simbolo del Car-nevale e a Natale si fanno raramen-te. Un’altra tradizione che cerco di mantenere viva è quella di mettere bene in vista un cestello con frutta secca, datteri, noci, mandorle per-ché penso che in un certo senso rap-presentino lo spirito natalizio”.

MILAN RAKOVAC, scrittore istriano, ricorda la semplicità dei cibi di una volta. “La Vigilia di Na-tale era dedicata al pesce – spiega – e chi non poteva permettersi il bac-calà si accontentava dei sardoni o del pesce sotto sale. A Natale man-giavamo carne di pecora o di capra e mi ricordo che non esistevano gli alberi di Natale. Anche i dolci erano semplici, a base di zucchero e fari-na oppure frutta di stagione, come

mandarini o arance. Mi sono rima-ste in mente le frittole, i crostoli, il pan di spagna, gli zuccherancici e la tradizione di abbrustolire le man-dorle con lo zucchero. Mia nonna faceva anche i pop-corn e tutte que-ste prelibatezze si mangiavano nel periodo che va da San Nicolò ai Tre Re, fi no al Carnevale. Il giorno di Santa Lucia si ammazzava il maiale e si facevano i salumi e la carne di maiale si mangiava tutto dicembre e per questo motivo associo il Nata-le all’unico mese dell’anno quando si mangia abbastanza bene. Man-tengo vive tutte queste tradizioni e proprio in questo momento il bac-calà mi sta aspettando a casa”.

MARIO SCHIAVATO, scrittore fi umano nato a Dignano, e la mo-glie MARIA, professoressa, ricorda-no festività modeste a causa del pe-riodo bellico e della povertà. “Non mi ricordo nessun piatto in partico-

lare – ammette Mario – perché noi al Natale non abbiamo mai tenuto molto”. Maria, invece, spiega che nei periodi delle festività di dicem-bre si mangiava al massimo una gallina arrosta, si faceva il brodo e il contorno erano le patate. “Dove-te prendere in considerazione il fat-to che c’era la guerra e il periodo post-bellico era anche peggio. Non si parlava del Natale e coloro che lo celebravano si accontentavano di un pranzo a base di gallina o tacchi-no. La Vigilia era riservata al pesce e i dolci erano quelli tipici, come lo strudel di noci”.

ANITA FORLANI, poetessa di-gnanese nata a Fiume, ricorda be-nissimo i cibi tipici delle festività natalizie. “Le prime feste natali-zie che mi ricordo – spiega – sono quelle trascorse a Fiume, quand’ero ancora piccina. La mia era una fa-miglia operaia e non c’era abbon-

danza a tavola. La Vigilia di Nata-le era contraddistinta dal digiuno e da cibi semplici. Il giorno di Natale mangiavamo sempre crauti con car-ne di maiale, preceduti da un bro-do di carne o di pesce con riso. Mi ricordo pure che in un paio di oc-casioni mio padre portò un’oca o un tacchino che ingozzavamo per qualche settimana e che fi niva nei piatti il giorno di Natale. La mam-ma e la nonna facevano lo strudel di noci, che era il dolce tipico del-le festività di dicembre. Da quando vivo a Dignano ho imparato a fare le frittole dignanesi, una specie di frittelle particolari perché non ven-gono subito fritte, bensì cucinate. Gli ingredienti (mele, fi chi, ciocco-lato, cannella, zucchero, farina e al-tro) vengono fatti amalgamare sul fuoco, come si fa con la polenta, e poi si frigge il tutto. Ho imparato anche a conoscere le tradizioni di-gnanesi, che sono diverse da quel-le fi umane. A Dignano per Natale si mangia brodo di pollo o di tac-chino, il cosiddetto “broù”, con i fi -delini ovvero la pastina all’uovo, al quale seguono i “fusarioi” fatti con l’ago da calza e serviti col sugo di gallo. Dopo il pranzo si mangiano le frittole e i bussoladi, una specie di biscotto a forma di ciambella. I vini tipici sono la Malvasia, il Teran e il Vin de Rosa”.

LIBERO BENUSSI, poeta ro-vignese, è nato in una famiglia atea o comunque poco religiosa e il mese di dicembre era riservato principalmente alle feste di com-pleanno. “Dovete sapere – spiega libero – che nell’arco di un mese noi festeggiamo ben sei complean-ni e quasi neanche ci accorgiamo del Natale. Mio fi glio, ad esem-pio, compie gli anni il 26 dicem-bre e il giorno di Natale noi ci pre-pariamo per la sua festa. Penso co-munque che la tradizione delle fe-ste natalizie fosse presente in casa nostra, anche se non era manifesta come nelle alte famiglie. Il gior-no di Natale si andava a scuola e la vera festa era a Capodanno, tra-scorso rigorosamente in famiglia. Mangiavamo le frittole e in alcu-ne mia mamma metteva un batuf-folo di ovatta. Chi aveva la sfortu-na di prendere la frittola ovattata continuava a masticarla senza po-ter mandarla giù, destando l’ilarità di tutta la famiglia. Non era una ra-rità nemmeno mangiare i gnocchi di patate col sugo. Adesso in perio-do di feste mangiamo soprattutto il pasticcio, l’arrosto di maiale, se-guiti dal kuglof, dai fi occhi (crosto-li) o da qualche altro dolce anche se, in realtà, facciamo soprattut-to torte. Vorrei aggiungere soltan-to che le tradizioni che ci sono sta-te trasmesse dai nonni sono usanze di pescatori e contadini, abituati a preparare pesce, verdura, cibi ge-nuini e semplici”.

SERGIO DELTON, professo-re in pensione ed ex responsabile del settore sportivo UI: “Sono tanti i ricordi che riemergono pensando a quello che si mangiava una volta. In ogni caso, alla Vigilia ci si riu-niva tutti per aspettare la messa di mezzanotte e si consumava sem-

pre il baccalà. A pranzo per Nata-le veniva messo in tavola quello che ‘passava il convento’, un gallo o una gallina, non c’erano i mezzi suffi cienti per fare banchetti. Oggi il 24 dicembre si mangia più pesce di una volta e per Natale ci si rac-coglie attorno alla tavola imban-dita con familiari e vicini di casa. In questa occasione non mancano le frittole e un buon bicchierino di passito, il Vin de Rosa che da sem-pre è un prodotto di... famiglia”.

ANDREA MARSANICH, gior-nalista di Radio Fiume, ama tenere vive le vecchie tradizioni. “Il mio Natale di oggi non si differenzia molto da quello di quand’ero pic-colo – spiega –, a parte qualche pic-colo particolare, come ad esempio il panettone che adesso si compra a Trieste e che prima non c’era. Per il resto è la tradizione a dettare il menu nei giorni festivi. Alla Vigi-lia mangiamo sempre il baccalà in bianco o in sugo con contorno di patate, mentre il pranzo di Natale è riservato al tacchino. Per quan-to riguarda il dessert, ci limitiamo ai dolci classici che facevano mia nonna e mia mamma”.

ELVIA NACINOVICH, attri-ce del Dramma Italiano, ammette di non ricordare bene i piatti na-talizi a causa della sua avversione infantile verso il cibo. “Da picco-la odiavo mangiare – spiega – e il Natale era una festa incentrata sul cibo. Mi ricordo che il giorno pri-ma si mangiava baccalà in bianco oppure in sugo con il pomodoro e il giorno dopo veniva servita la gallina o il maiale arrosto, seguiti dalle frittole. Cerco di mantenere viva questa tradizione aggiungen-do un tocco in più, come ad esem-pio qualche bella fetta di prosciut-to istriano come antipasto”.

ALJOŠA CURAVIĆ, capore-dattore del programma italiano di TV Capodistria: “Del mio Natale d’infanzia ricordo gli addobbi nata-lizi di una volta. L’albero era vero e sui suoi rami erano appesi biscot-ti e caramelle. Che bella la magia delle palline colorate. Ricordo la potizza, il dolce tipico sloveno si-mile alla gubana, ma soprattutto le frittole parentine. Quelle di una volta, dei nonni, si facevano senza lievito, con uvetta, pinoli, cioccola-to, frutta candita, limone, noccioli-ne e chissà cosa ancora. Prima che la mamma si mettesse a friggerle, infi lavamo le dita nel pastone cal-do, fumante e squisito, che veniva steso su tutta la tavola. Che leccor-nia... Oggi, invece, festeggio viag-giando. Mi piace andare in giro sotto Natale e gustare le pietanze di altri luoghi, vivere le atmosfere natalizie di altre città. Tutte le tra-dizioni sono belle, anche quelle de-gli altri. Per il cenone della Vigi-lia a casa mia si mangia il pesce, mentre per il pranzo del 25 dicem-bre quasi sempre agnello. Ma se voglio fare un tuffo nell’infanzia, allora scelgo baccalà in rosso con le patate per il cenone e tortellini in brodo, anatra all’arancia e tante verdure di stagione per il pranzo di Natale. Un buon vino e… cin cin… Buone feste”.

Dalla prima paginaE dopo le grandi ab-

buffate? Come mettere a riposo stomaco e intesti-no? Gli esperti consiglia-no di scegliere verdure, minestroni, legumi, bere abbondantemente acqua naturale, pesce o carni bianche. Non serve invece a nulla digiunare o segui-re diete drastiche, perché tra eccessi e restrizioni si mette l’organismo in ulte-riore diffi coltà e si rischia

di peggiorare la situazio-ne. Infi ne, i golosi non dovrebbero dimenticare che il movimento è l’arma migliore per combattere gli eccessi. Se si fa attività fi sica ci si può permettere qualche peccato di gola in più senza correre il rischio di mettere su qualche chi-lo. Basta camminare tut-ti i giorni per 30 minuti di buon passo, ma anche nuotare, correre, sciare, andare in bicicletta...

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6 cucina Sabato, 17 dicembre 2011

to su tovaglie un po’ diverse e co-munque sempre sulla tradizione. Apparecchiare in cucina signifi ca soprattutto puntare su giochi di co-lore. Per cui sono state scelte delle stoffe con disegni minuti, ma mol-to colorate. Sono tessuti che pur-troppo non hanno un’eccessiva al-tezza per cui sono stati utilizzati in modo molto diverso. Nel primo caso è stato aggiunto al rettango-lo iniziale un bordo piuttosto alto in tinta unita; sul punto di unione è stato applicato un bel pizzo dorato e il gioco è stato fatto. Nel secon-do caso è stato ottenuto un quadra-to bordato sempre di pizzo dorato che viene poggiato diagonalmente su un’altra tovaglia in tinta unita.

TESSUTI Le tavole che otte-nute sono molto diverse a secon-da delle varie esigenze. Se avete dei bambini e non potete utilizza-re bicchieri o piatti del servizio, si consiglia una tavola coloratissima. Il centrotavola può anche essere semplicemente un’alzatina con del-le palline colorate o un omino del-la neve o un Babbo Natale. L’im-portante è il colore e il loro giusto

abbinamento. I piatti sono arancio-ni, i bicchieri di vetro colorato, le posate gialle e tutti questi accessori richiamano colori di base della to-vaglia. Quindi il segreto è sceglie-re un tessuto che possa andare bene con i servizi che avete in mente di usare il giorno di Natale.

La stessa tovaglia viene uti-lizzata in una seconda versione

in cui compaiono piatti e bicchie-ri più classici e per rispettare la maggiore sobrietà il centrotavola si adegua: una bacinella con del-le candeline natalizie galleggianti circondata da un nastro dorato. A volte basta pochissimo per impre-ziosire la tavola.

ELEGANZA Nel terzo caso vie-ne accentuata l’eleganza. Al giorno d’oggi esistono cucine molto lus-suose e allora bisogna adeguarsi. È stata usata una tovaglia bianca in cui spicca in modo particolare il qua-drato tipicamente natalizio. Piatti di porcellana bianca, posate classiche e bicchieri di cristallo completano il tutto. Ma il pezzo forte è il centro-tavola. È stato rivisitato nei toni del bianco quello che è stato già utiliz-zato in un’apparecchiatura di gene-re molto diverso. In questo caso si è giocato sul tutto bianco natalizio: dal cestino fatto di cristalli e palli-ne dorate, alle palline di bambagia e fi lo dorato alle rose di seta bianca col bordo dorato. Tutti questi esem-pi parlano chiaro: si può apparec-chiare bene e in modo invitante an-che in cucina.

Idea vincente: la tovaglia nataliziaQualche piccolo suggerimento per chi deve apparecchiare in cucina a Natale

Nella maggior parte dei gior-nali viene dedicato molto spazio al modo migliore di

apparecchiare la tavola il giorno di Natale nell’ambiente più bello della casa. Tovaglie natalizie raf-fi nate, vasellame ricercato, acces-sori preziosi... In pochi però pre-sentano idee per l’angolo più mo-desto che è invece la cucina. Ep-pure tanti, per i più diversi motivi, sono obbligati ad allestire la festa in questo locale. Quest’anno cer-chiamo di aiutare queste persone offrendo qualche idea simpatica e riciclando, in modo diverso, i cen-trotavola utilizzati nel passato per apparecchiature più importanti.

ORGANIZZARSI La prima cosa da sottolineare è che, se si usa lo stesso locale per cucinare e man-giare, bisogna essere molto ordina-ti. Non si può pensare di apparec-chiare bene e poi di mangiare con una pila di pentole sporche che oc-

chieggiano dal lavandino o con re-sti di cibo sparsi qua e là. L’occa-sione è molto particolare anche se non abbiamo ospiti. Quindi la re-gola numero uno è: organizzarsi. Pensare ad una lista di pietanze da preparare con anticipo ed eventual-mente solo da scaldare (magari in forno); lasciare pochissime cose da preparare all’ultimo momento (ma-gari solo la pasta da cuocere); pre-disporre un piano di appoggio in più in cui mettere le varie pietanze, le pile di piatti da usare, eventuali posate o bicchieri da cambiare, bot-tiglie di acqua e di vino; pensare a dove impilare i piatti usati perché non diano fastidio. Con un po’ di sforzo organizzativo anche la cuci-na può diventare un ambiente caldo e accogliente.

GIOCHI DI COLORE Ed ora passiamo al modo di apparec-chiare. Abbiamo trovato tre tavo-le in cui gli ideatori hanno gioca-

La tradizione dell’oroLa tovaglia è bianca, i piatti

di porcellana bianca, le posate di acciaio inossidabile, i bicchieri di cristallo. L’apparecchiatura è molto semplice proprio per va-lorizzare le decorazioni. Al cen-tro della tavola c’è una rete ver-de e oro su cui abbiamo sistema-to il centrotavola. Per realizzare il centrotavola è necessario pro-curarsi un’alzatina che potreb-be essere di qualsiasi materiale. Noi l’abbiamo scelta di legno e dipinta con un prodotto specifi co che non ha un effetto molto bril-lante. Abbiamo preferito sceglie-re qualche tonalità più luccicante nelle decorazioni. Su di essa ab-biamo disposto delle decorazioni

natalizie varie ma con colori ben coordinati tra di loro: due grap-poli di uva di vetro, pigne dora-te, mele dorate, rametti di pino, frutta lucidata in rosso-oro e una farfalla dorata. Fiocchi di delica-ta rete dorata completano la de-corazione centrale. I tovaglioli sono arrotolati e avvolti in una rigida rete a maglie grosse. Pail-lettes verdi e color oro sono spar-se sulla tovaglia. L’apparecchia-tura è completata da segnaposto realizzati con cartoncini da visita bianchi piegati a metà. L’iniziale del nome e le decorazioni sono realizzati con “glitter pen”, color verde e color oro, e con qualche paillette.

Una tavola «naturale»La tovaglia è bianca. Le stoviglie di classica

porcellana; ogni servizio può benissimo essere adattato. I bicchieri (acqua e vino) di cristallo ma economici. Le posate di acciaio inossidabile. Que-sto tipo di tavola è ideale per chi ha bambini pic-coli e non vuole incorrere in grossi inconvenienti proprio il giorno di Natale. I colori predominanti sono il bianco (neve), il verde (natura), l’arancio (colore della maggior parte di frutti e bacche in-vernali) e l’oro (Natale). Il centrotavola è realiz-zato con elementi che possono essere ricavati dal proprio giardino o acquistati con modica spesa.

CONSIGLI

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cucina 7Sabato, 17 dicembre 2011

I... pani delle festeNON SOLO PANETTONE Ricette da presentare a tavola

Pan

doro

Preparazione: sciogliere il lievito e un cucchiaio di farina in una piccola ciotola con poche gocce di acqua tiepida. Copri-re con un telo e lasciar riposare per circa 15 minuti. Nel frattem-po mescolare 60 grammi di fa-rina, 25 g di zucchero, un uovo intero e una noce di burro sciol-to a bagnomaria. Aggiungere il preparato con il lievito; impa-

stare ulteriormente e velocemen-te. Coprire con il solito telo e la-sciar riposare per almeno un’ora o anche di più. In un’altra cio-tola mescolare 120 gr di farina, 40 gr di zucchero,una noce di burro fuso, un uovo e due bian-chi, un pizzico di sale. Aggiun-gere la pasta che nel frattempo è lievitata e lavorare il tutto senza interruzione per circa un quar-to d’ora, addizionando di tanto in tanto altri 50 gr di farina. Ne deve risultare una pasta elastica e morbida. Ridurla ad una palla, coprirla con il telo e lasciar lie-vitare per almeno tre ore. A que-sto punto incorporare il resto del burro ammorbidito, lasciando da parte la quantità necessaria per imburrare la teglia. Per incorpo-rare il burro procedere in questo modo. Distendere la pasta lievi-tata su una superfi cie di lavoro infarinata (preferibilmente di le-

gno) con l’aiuto di un mattarello; distribuirvi sopra il burro, arro-tolare la pasta su se stessa e spia-narla col matterello infarinato. Riarrotolarla su se stessa e spia-narla di nuovo con il matterello. Ripetere l’operazione più vol-te. Lasciar poi riposare la pasta per almeno 15 minuti o più. Ri-petere l’ultima fase ulteriormen-te più e più volte. Far riposare l’impasto ancora per 20 minuti. Ungere una teglia alta e stretta, cospargerla con un cucchiaio o due di zucchero e disporre l’im-pasto. Coprire e lasciar lievitare per 20-30 minuti o fi no a quan-do la pasta ha raggiunto il bor-do. Nel frattempo accendere il forno ed impostare la temperatu-ra a 180°C. Cuocere per almeno 30 minuti. Lasciar raffreddare il dolce prima di toglierlo dalla te-glia. Prima di servirlo cosparger-lo di zucchero a velo.

Preparazione: questo dol-ce è una vera e propria golosità anche se contemporaneamente è un concentrato di calorie. Far rinvenire l’uvetta in acqua tiepi-da per almeno 20 minuti un po’ prima di preparare gli altri ingre-dienti che dovranno poi essere riuniti tutti in un’unica zuppie-ra. Spezzettare noci, mandorle, nocciole e cioccolato. Aggiun-gere i canditi, un paio di cuc-chiaini di cannella, uno di noce moscata, un’abbondante spol-verata di pepe nero e alla fi ne l’uvetta ben strizzata. Accen-dere il forno e regolarlo ad una temperatura di 180°C. Prepara-re una teglia ricoperta con carta da forno. In un pentolino scalda-

re il miele su fi amma molto bas-sa, dopo averci aggiunto un po’ d’acqua. Il miele diluito deve bollire. Versarlo immediatamen-te sugli ingredienti preparati in modo che si sciolga la cioccola-ta. Aggiungere a questo punto la farina a pioggia, ma molto lenta-mente e girando in continuazio-ne; l’impasto che ne risulta deve avere la giusta consistenza per poter modellare dei panini da disporre sulla teglia. Ci si può aiutare anche con un cucchiaio. Con queste dosi si possono pre-parare 5 o 6 pezzi a seconda del-le dimensioni. Infornare per 10 minuti. Togliere i dolci dal forno e farli raffreddare prima di tirar-li via dalla teglia. Il panpepato

può essere conservato anche per un paio di settimane in opportu-ni contenitori di latta e natural-mente in ambienti freschi.

Preparazione: mescolare un terzo della farina con il burro; con il resto della farina, l’acquavite e l’uovo fare un secondo impa-sto. Lasciar riposare i due panetti e preparare la sfoglia secondo la ricetta base ripetuta almeno sette volte. Far ammorbidire l’uvetta nel vino, nel frattempo scottare in acqua bollente le noci e le man-dorle, pelarle e tritarle. Tritare fi -nemente anche il cedro e l’aran-cia candita, versarli in una cioto-la con i pinoli, la scorza grattugia-ta di limone e d’arancia, l’uvetta ben strizzata e il pangrattato sof-fritto nel burro. Mescolare a lun-go gli ingredienti, incorporarvi un uovo montato a neve. La pasta sfoglia dovrà a questo punto es-sere spianata e ricoperta con tut-to il composto, avvolta a spirale e spennellata con un tuorlo sbattu-

to, quindi spolverata di zucchero. Sistemarla sulla teglia imburrata e infarinata, lasciandola nel forno preriscaldato a 190° per 45 minu-ti. Servire tiepida o fredda.

Pre

snitz

Pre

snitz

Ingredienti:

300 grammi di farina 7,5 grammi di lievito Vaniglia in polvere 100 grammi di zucchero Quattro uova 180 grammi di burro Sale Zucchero a velo

Ingredienti:

100 grammi di mandorle spellate 100 grammi di nocciole spellate 100 grammi di noci sgusciate 100 grammi di canditi 100 grammi di uva sultanina 150 grammi di cioccolato fondente 200 grammi di miele Cannella Noce moscata Pepe Farina bianca

Pan

pepa

toP

anpe

pato

Ingredienti:

Per la pasta sfoglia: 350 gr di farina bianca 300 gr di burro 1 uovo 2 cucchiaiate di acquavite Per il ripieno: 125 gr di gherigli di noce 70 gr di uvetta sultanina 60 gr di pinoli 50 gr di burro 35 gr di cedro candito 30 gr di mandorle 30 gr di arancia candita pane grattugiato 2 uova 1 limone 1 arancia zucchero semolato vino di Malaga

Gub

ana

Gub

ana

Il presnitz è un dolce simile allo strudel, legato in particolar modo alla storia di Trieste, quando per ac-cogliere la Principessa Sissi, Impe-ratrice d’Austria e Ungheria, in vi-sita al Castello di Miramare la città cercò in ogni modo di renderle de-gno omaggio. Oggi il dolce è lega-to ai giorni di festa, primo fra tutti il Natale.

Preparazione: preparare la pa-sta mescolando la farina, lo zuc-chero, un uovo, un tuorlo e il burro fuso. Mettere le uvette in ammollo nel rum. Formare una palla e avvol-gerla in un canovaccio pulito, la-sciandola poi riposare per un’ora in un luogo fresco. Preparare il ripie-no: mescolare in una terrina l’uvet-ta, le mandorle spellate e tritate as-sieme ai gherigli di noce, i pinoli, i canditi tagliati a dadini, i semi di papavero in polvere, i chiodi di ga-rofano polverizzati, un pizzico di sale, noce moscata, cannella, e pan-grattato. Stendere la pasta con il matterello, formando un rettangolo abbastanza spesso, poi versare so-pra il composto preparato e chiude-re la pasta come per lo strudel. Ar-rotolarla a spirale e disporla in una tortiera unta di burro e spolverata di pangrattato. Spennellare sulla su-perfi cie il rimanente tuorlo sbattuto e un po’ di burro fuso. Cuocere per 45 minuti in forno pre-riscaldato a 180° e infi ne servire freddo.

SECONDO ARTUSI “L’uva sultanina, dopo averla nettata, met-tetela in infusione nel cipro e nel rhum mescolati insieme; lasciatela così diverse ore e levatela quando

comincia a gonfi are. I pinoli taglia-teli in tre parti per traverso, i frutti canditi tagliateli a piccolissimi dadi, le noci e le mandorle tritatele con la lunetta alla grossezza del riso all’in-circa, e la focaccia, che può essere una pasta della natura della brioche o del panettone di Milano, gratta-tela o sbriciolatela. L’uva lasciate-la intera e poi mescolate ogni cosa insieme, il rum e il cipro compresi-vi. Questo è il ripieno; ora bisogna chiuderlo in una pasta sfoglia (fari-na e burro). Tiratela stretta, lunga e della grossezza poco più di uno scu-do. Distendete sulla medesima il ri-pieno e fatene un rocchio a guisa di salsicciotto tirando la sfoglia sugli orli per congiungerla. Dategli la cir-conferenza di dieci centimetri circa, schiacciatelo alquanto o lasciatelo tondo, ponetelo entro a una teglia di rame unta col burro avvolto intor-

no a sé stesso come farebbe la ser-pe; però non troppo serrato. Infi ne, con un pennello, spalmatelo con un composto liquido di burro sciolto e un rosso d’uovo”.

Ingredienti:

500 gr di farina di frumento semi integrale 200 gr di zucchero 150 gr di pangrattato3 uova (1 intero e 2 tuorli)250 gr di burro100 gr di uva passa1 bicchierino di rum o grappa50 gr di mandorlegherigli di noci1 cucchiaio di pinolicedro candido e arancia canditaun pizzico di semi di papave-ro in polvere4 chiodi di garofanonoce moscatacannellaun pizzico di sale

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“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol SuperinaIN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat edizione: CUCINARedattore esecutivo: Mauro Bernes/ Impaginazione: Borna Giljević Collaboratori: Patrizia Brnčić, Stella Defranza, Fabio Sfi ligoi e Rosanna Turcinovich Giuricin

Anno VI / n. 63 del 17 dicembre 2011

Sogno di Natale di L. PIRANDELLO

Sentivo da un pezzo sul capo inchinato tra le braccia come l’impressione d’una mano lieve, in atto tra di carezza e di prote-zione. Ma l’anima mia era lonta-na, errante pei luoghi veduti fi n dalla fanciullezza, dei quali mi spirava ancor dentro il sentimen-to, non tanto però che bastasse al bisogno che provavo di rivivere, fors’anche per un minuto, la vita come immaginavo si dovesse in quel punto svolgere in essi.

Era festa dovunque: in ogni chiesa, in ogni casa: intorno al ceppo, lassù; innanzi a un Pre-sepe, laggiù; noti volti tra igno-ti riuniti in lieta cena; eran canti sacri, suoni di zampogne, gridi di fanciulli esultanti, contese di gio-catori... E le vie delle città grandi e piccole, dei villaggi, dei borghi alpestri o marini, eran deserte nella rigida notte. E mi pareva di andar frettoloso per quelle vie, da questa casa a quella, per godere della raccolta festa degli altri; mi trattenevo un poco in ognuna, poi auguravo:

- Buon Natale - e sparivo... Ero già entrato così, inavver-

titamente, nel sonno e sognavo. E nel sogno, per quelle vie deserte, mi parve a un tratto d’incontrar Gesù errante in quella stessa not-te, in cui il mondo per uso festeg-gia ancora il suo natale. Egli an-dava quasi furtivo, pallido, rac-colto in sé, con una mano chiu-sa sul mento e gli occhi profondi e chiari intenti nel vuoto: pareva pieno d’un cordoglio intenso, in preda a una tristezza infi nita.

Mi misi per la stessa via; ma a poco a poco l’immagine di lui m’attrasse così, da assorbirmi in sé; e allora mi parve di far con lui una persona sola. A un certo pun-to però ebbi sgomento della leg-gerezza con cui erravo per quelle vie, quasi sorvolando, e istintiva-mente m’arrestai. Subito allora Gesù si sdoppiò da me, e prose-guì da solo anche più leggero di prima, quasi una piuma spinta da un soffi o; ed io, rimasto per terra come una macchia nera, divenni la sua ombra e lo seguii.

Sparirono a un tratto le vie della città: Gesù, come un fan-tasma bianco splendente d’una luce interiore, sorvolava su un’al-ta siepe di rovi, che s’allungava dritta infi nitamente, in mezzo a una nera, sterminata pianura. E dietro, su la siepe, egli si portava agevolmente me disteso per lun-go quant’egli era alto, via via tra le spine che mi trapungevano tut-to, pur senza darmi uno strappo.

Dall’irta siepe saltai alla fi ne per poco su la morbida sabbia d’una stretta spiaggia: innan-zi era il mare; e, su le nere ac-que palpitanti, una via luminosa, che correva restringendosi fi no a un punto nell’immenso arco dell’orizzonte. Si mise Gesù per quella via tracciata dal rifl esso lunare, e io dietro a lui, come un barchetto nero tra i guizzi di luce su le acque gelide.

A un tratto, la luce interiore di Gesù si spense: traversavamo di nuovo le vie deserte d’una gran-de città. Egli adesso a quando a

quando sostava a origliare alle porte delle case più umili, ove il Natale, non per sincera divozio-ne, ma per manco di denari non dava pretesto a gozzoviglie.

- Non dormono... - mormora-va Gesù, e sorprendendo alcune rauche parole d’odio e d’invidia pronunziate nell’interno, si strin-geva in sé come per acuto spa-simo, e mentre l’impronta delle unghie restavagli sul dorso delle pure mani intrecciate, gemeva: - Anche per costoro io son morto...

Andammo così, fermandoci di tanto in tanto, per un lungo tratto, fi nché Gesù innanzi a una chiesa, rivolto a me, ch’ero la sua ombra per terra, non mi disse:

- Alzati, e accoglimi in te. Vo-glio entrare in questa chiesa e ve-dere.

Era una chiesa magnifi ca, un’immensa basilica a tre navate, ricca di splendidi marmi e d’oro alla volta, piena d’una turba di fedeli intenti alla funzione, che si rappresentava su l’altar maggio-re pomposamente parato, con gli offi cianti tra una nuvola d’incen-so. Al caldo lume dei cento can-delieri d’argento splendevano a ogni gesto le brusche d’oro delle pianete tra la spuma dei preziosi merletti del mensale.

- E per costoro - disse Gesù entro di me - sarei contento, se per la prima volta io nascessi ve-ramente questa notte.

Uscimmo dalla chiesa, e Gesù, ritornato innanzi a me come pri-ma posandomi una mano sul pet-to riprese:

- Cerco un’anima, in cui rivi-vere. Tu vedi ch’ìo son morto per questo mondo, che pure ha il co-raggio di festeggiare ancora la notte della mia nascita. Non sa-rebbe forse troppo angusta per me l’anima tua, se non fosse in-gombra di tante cose, che dovre-sti buttar via. Otterresti da me cento volte quel che perderai, se-guendomi e abbandonando quel che falsamente stimi necessario a te e ai tuoi: questa città, i tuoi so-gni, i comodi con cui invano cer-chi allettare il tuo stolto soffrire per il mondo... Cerco un’anima, in cui rivivere: potrebbe esser la tua come quella d’ogn’altro di buona volontà.

- La città, Gesù? - io risposi sgomento. - E la casa e i miei cari e i miei sogni?

- Otterresti da me cento vol-te quel che perderai – ripeté Egli levando la mano dal mio petto e guardandomi fi sso con quegli oc-chi profondi e chiari.

- Ah! io non posso, Gesù... - feci, dopo un momento di per-plessità, vergognoso e avvilito, lasciandomi cader le braccia sul-la persona.

Come se la mano, di cui sen-tivo in principio del sogno l’im-pressione sul mio capo inchina-to, m’avesse dato una forte spinta contro il duro legno del tavolino, mi destai in quella di balzo, stro-picciandomi la fronte indolenzi-ta. E qui, è qui, Gesù, il mio tor-mento! Qui, senza requie e senza posa, debbo da mane a sera rom-permi la testa.

Natale di G. UNGARETTI

Non ho voglia di tuffarmi

in un gomitolo di strade Ho tanta

stanchezza sulle spalle

Lasciatemi così come una

cosa posata in un

angolo e dimenticata

Qui non si sente

altro che il caldo buono

Sto con le quattro

capriole di fumo

del focolare

Il Natale di A. MANZONIQual masso che dal vertice di lunga erta montana, abbandonato all’impeto di rumorosa frana, per lo scheggiato calle precipitando a valle, barre sul fondo e sta; là dove cadde, immobile giace in sua lenta mole; né, per mutar di secoli, fi a che riveda il sole della sua cima antica, se una virtude amica in alto nol trarrà: tal si giaceva il misero fi gliol del fallo primo, dal dì che un’ineffabile ira promessa all’imo d’ogni malor gravollo, donde il superbo collo più non potea levar. Qual mai tra i nati all’odio, quale era mai persona che al Santo inaccessibile potesse dir: perdona? far novo patto eterno? al vincitore inferno la preda sua strappar? Ecco ci è nato un Pargolo, ci fu largito un Figlio: le avverse forze tremano al mover del suo ciglio: all’uom la mano Ei porge, che sì ravviva, e sorge oltre l’antico onor. Dalle magioni eteree sgorga una fonte, e scende, e nel borron de’ triboli vivida si distende: stillano mele i tronchi dove copriano i bronchi,

ivi germoglia il fi or. O Figlio, o Tu cui genera l’Eterno, eterno seco; qual ti può dir de’ secoli: Tu cominciasti meco? Tu sei: del vasto empiro non ti comprende il giro: la tua parola il fe’. E Tu degnasti assumere questa creata argilla? qual merto suo, qual grazia a tanto onor sortilla se in suo consiglio ascoso vince il perdon, pietoso immensamente Egli è. Oggi Egli è nato: ad Efrata, vaticinato ostello, ascese un’alma Vergine, la gloria d’lsraello, grave di tal portato da cui promise è nato, donde era atteso usci. La mira Madre in poveri panni il Figliol compose, e nell’umil presepio soavemente il pose; e l’adorò: beata! innazi al Dio prostrata, che il puro sen le aprì. L’Angel del cielo, agli uomini nunzio di tanta sorte, non de’ potenti volgesi alle vegliate porte; ma tra i pastor devoti, al duro mondo ignoti, subito in luce appar. E intorno a lui per l’ampia notte calati a stuolo, mille celesti strinsero il fi ammeggiante volo; e accesi in dolce zelo,

come si canta in cielo A Dio gloria cantar. L’allegro inno seguirono, tornando al fi rmamento: tra le varcare nuvole allontanossi, e lento il suon sacrato ascese, fi n che più nulla intese la compagnia fedel. Senza indugiar, cercarono l’albergo poveretto que’ fortunati, e videro, siccome a lor fu detto videro in panni avvolto, in un presepe accolto, vagire il Re del Ciel. Dormi, o Fanciul; non piangere; dormi, o Fanciul celeste: sovra il tuo capo stridere non osin le tempeste, use sull’empia terra, come cavalli in guerra, correr davanti a Te. Dormi, o Celeste: i popoli chi nato sia non sanno; ma il dì verrà che nobile retaggio tuo saranno; che in quell’umil riposo, che nella polve ascoso, conosceranno il Re.

8 cucina Sabato, 17 dicembre 2011