il Cantico mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale dei...

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febbraio 2011 il Cantico 1 il Cantico online DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni. REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe. GRAFICA: Maurizio Magli. EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00165 Roma- Viale delle Mura Aurelie, 8 www.coopfratejacopa.it – [email protected] Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 9717 del 10 marzo 1964. Anno 78 - febbraio 2011 - Stampato il 7 febbraio 2011 La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati. SOMMARIO: UNA SOLA FAMIGLIA UMANA - Il messaggio di Benedetto XVI 2 PROGETTO CLUB NOEL - Aiutiamo i bambini della Colombia 3 MIGRAZIONI: UN FENOMENO IN CRESCITA - Dossier statistico Caritas/Migrantes 4 L’EDUCAZIONE È DIGITALE - Vincenzo Grienti 5 EDUCARE ALLA PIENEZZA DELLA VITA - Messaggio Cei 6 LA FEDE, LA CULTURA E IL SERVIZIO - Marco Doldi 8 EDUCARE ALLA PIENEZZA DELL’ESISTERE - Daniela Notarfonso 9 RIFLESSIONE SULLA DIGNITÀ DELLA DONNA ALLA LUCE DELL’IMMAGINE PRESENTATA DAI MEZZI DI COMUNICAZIONE - Sr. Eugenia Bonetti 10 LETTERA APERTA - Sr. Rita Giaretta 11 “UNA NATURA NON NATURALE” - Lucia Baldo 12 IL CANTICO CONTINUA 12 DECALOGO PER UN AMBIENTE A MISURA D’UOMO - A cura di Mons. Giampaolo Crepaldi 13 L’ACQUA CHE UNISCE - Rosario Lembo 15 SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA 17

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febbraio 2011 il Cantico 1

il Canticoonline

DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni.

REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe.GRAFICA: Maurizio Magli.

EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00165 Roma- Viale delle Mura Aurelie, 8www.coopfratejacopa.it – [email protected]

Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 9717 del 10 marzo 1964.

Anno 78 - febbraio 2011 - Stampato il 7 febbraio 2011

La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati.

SOMMARIO:UNA SOLA FAMIGLIA UMANA - Il messaggio di Benedetto XVI 2

PROGETTO CLUB NOEL - Aiutiamo i bambini della Colombia 3

MIGRAZIONI: UN FENOMENO IN CRESCITA - Dossier statistico Caritas/Migrantes 4

L’EDUCAZIONE È DIGITALE - Vincenzo Grienti 5

EDUCARE ALLA PIENEZZA DELLA VITA - Messaggio Cei 6

LA FEDE, LA CULTURA E IL SERVIZIO - Marco Doldi 8

EDUCARE ALLA PIENEZZA DELL’ESISTERE - Daniela Notarfonso 9

RIFLESSIONE SULLA DIGNITÀ DELLA DONNA ALLA LUCE DELL’IMMAGINEPRESENTATA DAI MEZZI DI COMUNICAZIONE - Sr. Eugenia Bonetti 10

LETTERA APERTA - Sr. Rita Giaretta 11

“UNA NATURA NON NATURALE” - Lucia Baldo 12

IL CANTICO CONTINUA 12

DECALOGO PER UN AMBIENTE A MISURA D’UOMO - A cura di Mons. Giampaolo Crepaldi 13

L’ACQUA CHE UNISCE - Rosario Lembo 15

SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA 17

TUTTI HANNOGLI STESSI DIRITTITutti, scrive il Papa, “fannoparte di una sola famiglia,migranti e popolazioni localiche li accolgono, e tutti hannolo stesso diritto ad usufruire deibeni della terra, la cui destina-zione è universale, come inse-gna la dottrina sociale dellaChiesa. Qui trovano fondamen-to la solidarietà e la condivisio-ne”. “Il mondo dei migranti –sottolinea il Santo Padre – èvasto e diversificato. Conosceesperienze meravigliose e pro-mettenti, come pure, purtroppo,tante altre drammatiche e inde-gne dell’uomo e di società chesi dicono civili. Per la Chiesa,questa realtà costituisce unsegno eloquente dei nostritempi, che porta in maggiore evidenza la vocazionedell’umanità a formare una sola famiglia, e, altempo stesso, le difficoltà che, invece di unirla, ladividono e la lacerano”. Benedetto XVI ricorda,citando la “Populorum progressio”, che “la mancan-za di fraternità tra gliuomini e tra i popoli” ècausa profonda del sotto-sviluppo e quindi “incidefortemente sul fenomenomigratorio”. “La fraterni-tà umana – osserva ilPapa – è l’esperienza, avolte sorprendente, diuna relazione che acco-muna, di un legame pro-fondo con l’altro, diffe-rente da me, basato sulsemplice fatto di essereuomini. Assunta e vissutaresponsabilmente, essaalimenta una vita dicomunione e condivisio-ne con tutti, in particolarecon i migranti; sostiene ladonazione di sé agli altri,al loro bene, al bene ditutti, nella comunità poli-tica locale, nazionale emondiale”. “Al tempostesso – sottolinea –, gliStati hanno il diritto diregolare i flussi migratorie di difendere le proprie

frontiere, sempre assicurando ilrispetto dovuto alla dignità diciascuna persona umana. Gliimmigrati, inoltre, hanno ildovere d’integrarsi nel Paese diaccoglienza, rispettandone leleggi e l’identità nazionale”.

RISPETTAREGLI IMPEGNIIn merito alla situazione deirifugiati e degli altri migrantiforzati, il Papa ricorda che neiloro confronti “la comunitàinternazionale ha assunto impe-gni precisi. Il rispetto dei lorodiritti, come pure delle giustepreoccupazioni per la sicurezzae la coesione sociale, favorisco-no una convivenza stabile edarmoniosa”. Anche nel caso dei“migranti forzati” – prosegue

Benedetto XVI – “la solidarietà si alimenta alla‘riserva’ d’amore che nasce dal considerarci una solafamiglia umana”, mentre “accogliere i rifugiati edare loro ospitalità è per tutti un doveroso gesto diumana solidarietà”. “Ciò significa – precisa – che

quanti sono forzati alasciare le loro case o laloro terra saranno aiutatia trovare un luogo dovevivere in pace e sicurez-za, dove lavorare e assu-mere i diritti e doveri esi-stenti nel Paese che liaccoglie, contribuendo albene comune, senzadimenticare la dimensio-ne religiosa della vita”. IlPapa accenna anche allasituazione degli studentiesteri, considerati dei“‘ponti’ culturali ed eco-nomici tra questi Paesi equelli d’accoglienza”.

PRIMA DI TUTTO LADIGNITÀ UMANA“Come Chiesa vogliamoribadire che ogni trattatointernazionale che nontiene conto della dignitàumana della personaumana”, compresa quelladei migranti, “va incontroa grandi difficoltà”, ha

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UNA SOLA FAMIGLIA UMANAIl messaggio di Benedetto XVI

Un appello al rispetto dei dirittidei rifugiati, nei confronti deiquali “la comunità internazionaleha assunto impegni precisi” e uninvito alla “fraternità” e alla“solidarietà” nei confronti deimigranti, perché siamo tutti partedella stessa “famiglia umana”.Sono contenuti nel messaggio diBenedetto XVI per la 97ª Giornatamondiale del migrante e del rifu-giato (16 gennaio 2011) sul tema:“Una sola famiglia umana”, pre-sentato il 26 ottobre in SalaStampa vaticana. Nel mondo sono10.396.540 i rifugiati, 27 milioni e100 mila gli sfollati interni e983.420 i richiedenti asilo.

detto mons. Antonio Maria Vegliò, presidente delPontificio Consiglio per la pastorale dei migranti edegli itineranti, alla presentazione del messaggio.“Certo – ha aggiunto – è diritto degli Stati ‘regolare iflussi migratori e difendere le proprie frontiere’ persalvaguardare la sicurezza della Nazione, ma tale dirit-to deve sempre tener conto del principio appena men-zionato”.

NO A PAURE E DISCRIMINAZIONI“L’atteggiamento attuale di molti Paesi sembracontraddire gli accordi sottoscritti, manifestandotalvolta comportamenti dettati dalla paura dellostraniero e, non di rado, anche da mascheratadiscriminazione”, ha precisato p. GabrieleFerdinando Bentoglio, sottosegretario del mede-

simo dicastero vaticano. “Emerge una disparitàsempre più accentuata tra gli impegni presi e laloro attuazione. È sotto gli occhi di tutti – ha osser-vato p. Bentoglio – il ricorso a vari modi per elu-dere la responsabilità di accogliere e sostenerecoloro che cercano rifugio e protezione umanita-ria”. Ad esempio, “l’ingresso in alcuni Paesi perchiedere asilo è sempre più ostacolato e impratica-bile. Quelli che si avventurano con mezzi di tra-sporto via mare (nel Pacifico, nel Mediterraneo onel Golfo di Aden...), ma anche quelli che utilizza-no altre vie di fuga, troppo spesso si vedono tratta-ti con pregiudizio: i loro casi non sempre vengonoesaminati individualmente, mentre accade con fre-quenza che vengano rigettati in blocco”.

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La Fondazione Infantile “Club Noel” è l’unicoospedale dedicato esclusivamente alla cura deibambini poveri residenti in tutto il Sud-Ovest dellaColombia, nella città di Cali. Questa Fondazioneè stata creata nel 1924 e da allora è stata sem-pre al servizio dei bambini poveri e ammalati chedifficilmente potrebbero raggiungere un’altrastruttura sanitaria. Lo spostamento forzato deicontadini verso la città ha prodotto una crescitasignificativa del numero dei bambini malati dazero a due anni e relativo aumento delle doman-de alla Clinica infantile. Considerando la vita e lasalute come diritti fondamentali dei bambini, laFondazione Clinica Infantile ha la necessità dimigliorare ambienti, apparecchiature e personaleper salvare la vita di molti bambini poveri. Perquesto motivo è necessario il sostegno finanzia-rio di istituzioni e di privati alfine di poter approntare inter-venti e soluzioni adeguateper questi bambini colpiti dacomplesse patologie, ende-miche, degenerative, infetti-ve, congenite, ecc., causateda: clima tropicale, cattivecondizioni alimentari e divita, servizi inadeguati, fatto-ri ereditari.La Cooperativa Sociale“Frate Jacopa” intendeaccogliere questa richiestadi aiuto, di cui si è fatto por-tatore p. José AntonioMerino, che conosce di per-sona i responsabili dellaFondazione e l’impegnoumanitario da questa profu-so. Le offerte, grandi e pic-

cole, che saranno fatte tramite la cooperativa,saranno inviate, come nostro contributo allarealizzazione di progetti per l’acquisto di attrez-zature diagnostiche e l’allestimento di una unitàdi cura intensiva per i bambini che richiedonointerventi chirurgici postoperatori complessi.Chi intende partecipare può inviare la propriaofferta con bonifico bancario sul c/c intestato aSocietà Cooperativa Sociale Frate Jacopapresso la Banca Prossima - Roma - IBAN:IT82H0335901600100000011125, precisandola causale “Liberalità a favore della CooperativaSociale Frate Jacopa per il Progetto Club NoelColombia”; sarà rilasciata ricevuta per usufruiredelle agevolazioni fiscali previste dalla legge.Sul Cantico saranno date periodiche informa-zioni sull’andamento della raccolta.

SSOOSSTTEEGGNNOO AA DDIISSTTAANNZZAA

CLINICA INFANTILE “CLUB NOEL”I bambini della Colombia chiedono il nostro aiuto

UN IMMIGRATO OGNI 12 RESIDENTIAll’inizio del 2010 l’Istat ha registrato 4 milioni e235 mila residenti. Secondo la stima del Dossier,invece, includendo tutte le persone regolarmentesoggiornanti, le presenze sono 4 milioni e 919mila (1 immigrato ogni 12 residenti, il 7% dellapopolazione italiana). Questa realtà nel panoramaeuropeo si caratterizza anche per il notevole dina-mismo: l’aumento è stato di circa tre milioni diunità nel decennio e di quasi 1 milione nell’ulti-mo biennio. Quanto agli irregolari, si stima cheessi siano 500-700 mila, tendenzialmente in calo(lo scorso anno le stime ipotizzavano circa unmilione). “Intanto, però, complice la fase di reces-sione – constata il Dossier –, sono cresciute anchele reazioni negative. Gli italiani sembrano lontani,nella loro percezione, da un adeguato inquadra-mento di questa realtà” e “su questa distorta per-cezione influiscono diversi fattori, tra i qualianche l’appartenenza politica”. Nella ricercaTransatlantic Trends (2009), ad esempio, gli inter-vistati hanno ritenuto che gli immigrati incidanoper il 23% sulla popolazione residente (sarebberoquindi circa 15 milioni, tre volte di più rispettoalla loro effettiva consistenza) e che i “clandesti-ni” siano più numerosi dei migranti regolari(mentre le stime accreditano un numero attorno almezzo milione).

INTRECCIINTERCULTURALISecondo i dati del Dossiersono circa 240 mila i matri-moni misti celebrati tra il1996 e il 2008 (quasi 25mila nell’ultimo anno); piùdi mezzo milione le perso-ne che hanno acquisito lacittadinanza, di cui 59 milanel 2009; oltre 570 mila gli“stranieri” nati direttamentein Italia; quasi 100 milaquelli che ogni anno nasco-no da madre straniera; più

di 110 mila gli ingressi per ricongiungimento fami-liare. La collettività romena è la più numerosa, conquasi 900 mila residenti; seguono albanesi emarocchini, circa mezzo milione, mentre cinesi eucraini sono quasi 200 mila. Nell’insieme, queste 5collettività coprono più della metà della presenzastraniera (50,7%). Roma e Milano, con rispettiva-mente 270 mila e 200 mila stranieri residenti, sonoi comuni più rilevanti, ma gli immigrati si stabili-scono anche nei piccoli centri, spesso con inciden-ze elevate. Ad esempio, sono il 20% a PortoRecanati (Mc).

IL CONTRIBUTO ALL’ECONOMIAGli immigrati contribuiscono alla produzione delProdotto interno lordo per l’11,1% (stima diUnioncamere per il 2008). “Venendo essi a manca-re, o a cessare di crescere, nei settori produttiviconsiderati non appetibili dagli italiani (in agricoltu-ra, in edilizia, nell’industria, nel settore familiareecc.) il Paese sarebbe impossibilitato ad affrontare ilfuturo”, osserva il Dossier. Gli immigrati, infatti,“versano alle casse pubbliche più di quanto prenda-no come fruitori di prestazioni e servizi sociali”:quasi 11 miliardi di contributi previdenziali e fiscalil’anno “che hanno contribuito al risanamento delbilancio dell’Inps”. Essi, inoltre, dichiarano al fiscooltre 33 miliardi l’anno. A livello occupazionale gliimmigrati incidono per circa il 10% sul totale deilavoratori dipendenti, e sono sempre più attivi.

IL FATTORE “CRIMINALITÀ”Come ogni anno il Dossier Caritas Italiana eFondazione Migrantes ridimensiona l’enfasi dataal fattore criminalità con motivazioni fondate: trale tante, è dimostrato che “il ritmo d’aumento delledenunce contro cittadini stranieri è molto ridottorispetto all’aumento della loro presenza”; “il con-fronto tra la criminalità degli italiani e quella deglistranieri ha consentito di concludere che gli italia-ni e gli stranieri in posizione regolare hanno un

tasso di criminalità simile”.

SBARCHI,RESPINGIMENTIE RIMPATRICaritas e Migrantes ricono-scono la “necessità di con-trollare le coste” contro itrafficanti di manodopera,ma il rigore “va unito alrispetto del dirittod’asilo e della protezioneumanitaria”. “Il contrastodegli sbarchi – afferma ilDossier – non deve fardimenticare che nella stra-

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MIGRAZIONI: UN FENOMENO IN CRESCITADossier statistico Caritas/Migrantes

Vent’anni fa gli immigrati in Italia non supe-ravano il mezzo milione di presenze. Nel frat-tempo la popolazione immigrata è cresciutadi quasi 20 volte, arrivando alla soglia di 5milioni, ma “insieme al numero degli immi-grati sono aumentate anche le chiusure”. È lavalutazione fatta dal Dossier statistico immi-grazione realizzato dalla Caritas Italiana edalla Fondazione Migrantes, giunto quest’an-no alla ventesima edizione.

grande maggioranza dei casi all’origine dell’irre-golarità vi sono gli ingressi legali in Italia, con osenza visto, di decine di milioni di stranieri chearrivano per turismo, affari, visita e altri motivi”.Rispetto a questi flussi anchela punta massima di sbarchi raggiunta nel 2008(quasi 37 mila persone) è “ben poca cosa”. E“risulterà inefficace il controllo delle coste maritti-me – rileva – se non s’incentiveranno i percorsi

regolari dell’immigrazione”. Intanto nel 2009 sonostati registrati 4.298 respingimenti e 14.063 rimpa-tri forzati, per un totale di 18.361 persone allonta-nate. Le persone rintracciate in posizione irregola-re, ma non ottemperanti all’intimazione di lasciareil territorio italiano, sono state 34.462. Le personetrattenute nei centri d’identificazione e di espulsio-ne sono state 10.913. Nell’insieme il 58,4% non èstato rimpatriato. ��

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Educare ai linguaggidei mezzi di comunica-

zione è l’invito espressoal n. 51 degli Orientamenti

pastorali dell’episcopato ita-liano per il 2010-2020. Ne abbiamo parlato conpadre Antonio Spadaro, redattore de La CiviltàCattolica e autore di “Web 2.0. Reti di relazione”(Paoline).

In che modo un animatore della comunicazio-ne e della cultura può educare all’uso respon-sabile dei media?Prima di provare a immaginare strategie peda-gogiche efficaci, è necessario abituarsi a com-prendere che la comunicazione non è un fattoaggiunto alla vita ordinaria: è il nostro mondo aessere ormai un ambiente comunicativo. Ivescovi dicono che i pro-cessi mediatici arrivano adare forma alla realtà stes-sa, intervenendo sull’espe-rienza delle persone e sullapercezione di noi stessi,degli altri e del mondo. Imedia non sono affattosemplici “strumenti”:hanno generato un ambien-te culturale che determinauno stile di pensiero e creanuovi territori e nuoveforme di educazione.Questo spazio contribuiscea definire anche un modonuovo di stimolare le intel-ligenze e di stringere lerelazioni.

Cosa sta cambiando?Gli stessi media sono sem-pre più convergenti: i con-tenuti della comunicazionericevono una distribuzione

sempre più capillare e pervasiva in vari formatie su differenti piattaforme. Si spalanca così unflusso costante e aperto di processi comunicati-vi che richiedono l’educazione a un buon“ambientamento” più che l’apprendimento ditecniche.

La famiglia, la scuola e la parrocchia sonochiamate a dare nuove risposte. Qualeapproccio potrebbe essere seguito sotto il pro-filo educativo alla generazione 2.0?Internet non è un ambiente separato perché laRete sta diventando parte della vita quotidiana.La società sta esprimendo una forte tensione allarete di relazioni. Essere responsabili non signifi-ca quindi solamente usare “con moderazione” laRete, ma uso intelligente e pienamente integratocon la propria vita ordinaria.

La sfida, dunque, non è sucome “usare” bene Internetma su come “vivere” beneal tempo della Rete.L’approccio educativomigliore è dunque puntarea educare le persone acome si fa oggi a conoscerela realtà che ci circonda e astringere relazioni signifi-cative, anche grazie aisocial network e alla con-vergenza dei media.

Cosa c’entra la Chiesa intutto questo?Certamente questa forma diimpegno educativo sul ver-sante della nuova culturamediatica ha a che fare conla missione della Chiesaperché ha a che fare diretta-mente con la vita dell’uo-mo.(da Avvenire, 22-12-2010)

L’EDUCAZIONE È DIGITALEVincenzo Grienti

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“EDUCARE ALLA PIENEZZA DELLA VITA”

Messaggio Cei per la 33ª Giornata Nazionale per la vita(6 febbraio 2011)

L’educazione è la sfida e il compito urgente a cui tutti siamo chiamati, ciascuno secondo il ruolo proprio e la spe-cifica vocazione.Auspichiamo e vogliamo impegnarci per educare alla pienezza della vita, sostenendo e facendo crescere, a parti-re dalle nuove generazioni, una cultura della vita che la accolga e la custodisca dal concepimento al suo termi-ne naturale e che la favorisca sempre, anche quando è debole e bisognosa di aiuto.Come osserva Papa Benedetto XVI, «alla radice della crisi dell’educazione c’è una crisi di fiducia nella vita»(Lettera alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21 gennaio 2008). Con preoccu-pante frequenza, la cronaca riferisce episodi di efferata violenza: creature a cui è impedito di nascere, esistenzebrutalmente spezzate, anziani abbandonati, vittime di incidenti sulla strada e sul lavoro.Cogliamo in questo il segno di un’estenuazione della cultura della vita, l’unica capace di educare al rispet-to e alla cura di essa in ogni stagione e particolarmente nelle sue espressioni più fragili. Il fattore piùinquietante è l’assuefazione: tutto pare ormai normale e lascia intravedere un’umanità sorda al grido dichi non può difendersi. Smarrito il senso di Dio, l’uomo smarrisce se stesso: «l’oblio di Dio rende opacala creatura stessa» (Gaudium et spes, n. 36). Occorre perciò una svolta culturale, propiziata dai numerosie confortanti segnali di speranza, germi di un’autentica civiltà dell’amore, presenti nella Chiesa e nellasocietà italiana. Tanti uomini e donne di buona volontà, giovani, laici, sacerdoti e persone consacrate, sonofortemente impegnati a difendere e promuovere la vita. Grazie a loro anche quest’anno molte donne, sep-pur in condizioni disagiate, saranno messe in condizione di accogliere la vita che nasce, sconfiggendo latentazione dell’aborto.Vogliamo di cuore ringraziare le famiglie, le parrocchie, gli istituti religiosi, i consultori d’ispirazione cristiana etutte le associazioni che giorno dopo giorno si adoperano per sostenere la vita nascente, tendendo la mano a chiè in difficoltà e da solo non riuscirebbe a fare fronte agli impegni che essa comporta.

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“Cari ammalati e sofferenti, è proprio attraverso lepiaghe del Cristo che noi possiamo vedere, conocchi di speranza, tutti i mali che affliggono l'uma-nità. Risorgendo, il Signore non ha tolto la soffe-renza e il male dal mondo, ma li ha vinti alla radi-ce. Alla prepotenza del Male ha opposto l'onnipo-tenza del suo Amore. Ci ha indicato, allora, che lavia della pace e della gioia è l'Amore: “Come io hoamato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri"(Gv 13,34). Cristo, vincitore della morte, è vivo inmezzo a noi. E mentre con san Tommaso diciamoanche noi: “Mio Signore e mio Dio!”, seguiamo ilnostro Maestro nella disponibilità a spendere lavita per i nostri fratelli (cfr 1 Gv 3,16), diventandomessaggeri di una gioia che non teme il dolore, lagioia della Risurrezione. San Bernardo afferma: “Dio non può patire, mapuò compatire”. Dio, la Verità e l'Amore in per-sona, ha voluto soffrire per noi e con noi; si èfatto uomo per poter com-patire con l'uomo, inmodo reale, in carne e sangue. In ogni sofferenzaumana, allora, è entrato Uno che condivide lasofferenza e la sopportazione; in ogni sofferenzasi diffonde la con-solatio, la consolazione del-l'amore partecipe di Dio per far sorgere la stelladella speranza”.

Dal Messaggio di Benedetto XVI,per la Giornata del Malato

Quest’azione di sostegno verso la vita che nasce, per essere davvero feconda, esige un contesto ecclesiale propi-zio, come pure interventi sociali e legislativi mirati. Occorre diffondere un nuovo umanesimo, educando ogni per-sona di buona volontà, e in particolare le giovani generazioni, a guardare alla vita come al dono più alto che Dioha fatto all’umanità. «L’uomo – afferma Benedetto XVI – è veramente creato per ciò che è grande, per l’infinito.Il desiderio della vita più grande è un segno del fatto che ci ha creati Lui, che portiamo la sua “impronta”. Dioè vita, e per questo ogni creatura tende alla vita; in modo unico e speciale la persona umana, fatta ad immaginedi Dio, aspira all’amore, alla gioia e alla pace» (Messaggio per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù 2011,6 agosto 2010, n. 1).È proprio la bellezza e la forza dell’amore a dare pienezza di senso alla vita e a tradursi in spirito di sacrificio,dedizione generosa e accompagnamento assiduo. Pensiamo con riconoscenza alle tante famiglie che accudisco-no nelle loro case i familiari anziani e agli sposi che, talvolta anche in ristrettezze economiche, accolgono conslancio nuove creature.Guardiamo con affetto ai genitori che, con grande pazienza, accompagnano i figli adolescenti nella crescitaumana e spirituale e li orientano con profonda tenerezza verso ciò che è giusto e buono.Ci piace sottolineare il contributo di quei nonni che, con abnegazione, si affiancano alle nuove generazioni edu-candole alla sapienza e aiutandole a discernere, alla luce della loro esperienza, ciò che conta davvero.Oltre le mura della propria casa, molti giovani incontrano autentici maestri di vita: sono i sacerdoti che si spen-dono per le comunità loro affidate, esprimendo la paternità di Dio verso i piccoli e i poveri; sono gli insegnantiche, con passione e competenza, introducono al mistero della vita, facendo della scuola un’esperienza generati-va e un luogo di vera educazione. Anche a loro diciamo grazie.Ogni ambiente umano, animato da un’adeguata azione educativa, può divenire fecondo e far rifiorire la vita. Ènecessario, però, che l’anelito alla fraternità, posto nel profondo del cuore di ogni uomo, sia illuminatodalla consapevolezza della figliolanza e dalla gratitudine per un dono così grande, dando ali al desideriodi pienezza di senso dell’esistenza umana. Il nostro stile di vita, contraddistinto dall’impegno per il donodi sé, diventa così un inno di lode e ci rende seminatori di speranza in questi tempi difficili ed entusia-smanti.

Il Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana

“Occorre diffondere un nuovoumanesimo, educando ogni per-sona di buona volontà, e in parti-colare le giovani generazioni, aguardare alla vita come al donopiù alto che Dio ha fatto all'uma-nità”. Lo affermano i vescovi ita-liani nel messaggio per laGiornata nazionale per la vita chesi celebra domenica 6 febbraio.Con queste parole indicano comela promozione per la vita debbaessere sviluppata attraverso sceltecoraggiose, ma, ancora prima,con un impegno di tipo culturale.Oggi è urgente. Riaffiora il lega-me tanto importante di carità everità: il cristianesimo senza laverità si ridurrebbe ad una riservadi buoni sentimenti o, quanto meno, a scelte che, infondo, sarebbero soggettive. Le tante iniziative afavore della vita devono essere l'espressione di unacultura a favore della vita, cioè di una visione glo-bale della persona e del suo destino trascendente. La necessità di passare dal piano dell’azione a quel-lo della cultura è in sintonia con il cammino dellaChiesa in Italia, che ha scelto di dedicare le proprieenergie al momento educativo. Lo indicano gli stessivescovi: “L’educazione è la sfida e il compito urgen-te a cui tutti siamo chiamati, ciascuno secondo ilruolo proprio e la specifica vocazione”. Se il soste-gno alla vita può essere legato a qualche circostanza,che conduce ad essere solidali con chi è in difficoltà,l’impegno educativo chiede un impegno costante e,forse, più faticoso. Per rendersi conto di questaurgenza è sufficiente considerare, quasi richiaman-doli dal torpore e dall’anonimato in cui vivono, duefattori contemporanei che sono decisivi per il mododi vivere di tanti. Sono come due nemici non fisici,ma spirituali; non si vedono immediatamente, ma illoro influsso è nell’aria che si respira. Innanzitutto, il relativismo, la cui forza, ormai, èsimile a quella di una dittatura. Sul piano eticoinfluisce da tempo conducendo a pensare che tuttele scelte siano di segno uguale e determinate solodalla circostanza in cui ci si trova. Sul piano teore-tico insinua la convinzione che non ci sia nulla dicerto e che neanche sia importante cercarlo.Davanti al relativismo non c'è molto da patteggia-re: scendere a compromessi è già cedere alla suaseduzione. La Chiesa è, forse, l'unica ad affermarel'esistenza di principi non negoziabili, perchéragione e fede dicono la loro consistenza. Il rispet-to per la persona, dal concepimento alla mortenaturale, la dignità del matrimonio, unione dell'uo-mo con la donna, la libertà religiosa, in questomomento così violata, costituiscono il fondamento

indispensabile per rimanere nellaciviltà. Ritenere che si possanoadattare alle circostanze o chenon siano così importanti, alpunto che altri principi lo sareb-bero allo stesso modo, equivale acedere al relativismo. Su questiprincipi si fondano armonica-mente tutti i diritti e i conseguen-ti doveri della società: l’acco-glienza del diverso, la realizza-zione nel lavoro o nella casa, laformazione intellettuale e morale,etc. L’educazione, in quanto tra-smissione di obiettivi credibili suiquali costruire la propria esisten-za è la doverosa obiezione dicoscienza alla dittatura del relati-vismo. Ma non è la sola. Lo ha

ricordato il card. Angelo Bagnasco, incontrando il30 gennaio un nutrito gruppo di sacerdoti genove-si. È necessaria la preghiera. Il relativismo non èsolo un problema culturale ma, più profondamente,spirituale e costituisce una sottile, ma reale, oppo-sizione a Dio e alla sua verità. Senza esagerare,esso ha qualcosa di “diabolico”, perché mira aseparare l’uomo dalla legge di Dio, perché insinuaal fondo l’idea che Dio non esista o che le scelteumane, specialmente quelle più gravi, siano indif-ferenti in ordine alla vita eterna. Occorre pregareaffinché gli uomini non si allontanino da Dio. Nona caso la Giornata per la vita viene celebrata comepreghiera.Un secondo fattore che domanda attenzione è quellodell’individualismo, così radicato nella società occi-dentale. Forse, un po’ per colpa della filosofia, cheper secoli ha teorizzato che l’uomo sia un individuodi natura razionale e basta. Omettendo che ha ancheuna traccia trinitaria, che è la relazione. Su questoaspetto altre culture, rimaste immuni da un aspettonegativo del pensiero filosofico, sono maggiormenteinclini alla fraternità e alla cura dell'altro. Occorretornare a pensare che la realizzazione della vita nonconsiste nella costruzione di sé, attraverso il succes-so, il denaro, il potere e il piacere, ma nella espro-priazione di sé. A immagine di Cristo che, pur essen-do di natura divina, ha svuotato se stesso per diveni-re simile agli uomini. Ritorna oggi, quanto maiurgente la convinzione che nella vita è importanteservire. Sempre il card. Bagnasco suggeriva ai pretidi avviare presto gli adolescenti a qualche scelta diservizio a favore, per esempio, di persone anziane osole. L’esperienza di servire l’altro è talmente forteche fa sciogliere come neve al sole i tanti messaggiche la vita sarebbe solo l’attimo presente da viveresenza pensare a nulla.

Marco Doldi

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LA FEDE, LA CULTURA E IL SERVIZIO

Pochi giorni dopo Natale è giunta all’improvvisouna notizia tragica: la morte di un giovane di ven-t’anni accoltellato da un coetaneo mentre era in atte-sa di entrare in un pub. Assistiamo spesso purtroppoal ripetersi di tali episodi, che alla fine si sommanouno all’altro perdendo di significato. E così sarebbestato anche stavolta, se non fosse per il fatto che que-sto giovane è coetaneo di uno dei miei figli, bazzi-cava gli stessi luoghi che loro frequentano, era fidan-zato con l’amica di una loro amica…era cioè loroprossimo e i suoi manifesti mortuari sono stati affis-si anche nella nostra città, contigua alla sua.Parlando con loro, molte sono le domande, è forteun senso di smarrimento e di non senso: come puòuna vita umana finire così? Può una semplice spin-ta, o qualche parola di troppo costare una vita? È dif-ficile rispondere, se non inserendosi all’interno diuna riflessione più generale su cosa è la vita oggi, suquali siano i valori che ci guidano, se ancora ce nesono di riconoscibili e condivisibili. E’ del 2008 ilgrido di allarme che il Santo padre rivolse allaDiocesi e alla città di Roma: “alla radice della crisidell’educazione c’è una crisi di fiducia nella vita”,una sorta di debolezza propositiva che investe tuttala comunità adulta, diventata apparentemente afasi-ca perché insicura essa stessa della validità prima, edella trasmissibilità poi, di quei valori ai quali, inqualche modo, era stata educa-ta. La nostra cultura ha eredita-to dalle radici ebraico-cristianeun concetto di uomo personaultimamente molto poco rico-nosciuto: per esso, l’uomo èinteso come individuo autoco-sciente, capace di porsi in rap-porto con l’altro uomo e conDio, una originalità che lo rendeunico, “sacro”. Questa umanitàperò per realizzarsi pienamente,non può prescindere dal rappor-to di dono e d’amore verso l’al-tro da sé, assimilato a sé dallacomune umanità.Tale valore dato alla relazionali-tà della persona umana credo siaindispensabile da sottolineare,soprattutto in questa nostrasocietà dove l’individualismocompetitivo è la legge che guidale scelte esistenziali, economi-che e politiche ispirando com-portamenti personali, come l’in-capacità di stringere relazioniaffettive durature e fenomenisociali, come il rifiuto del diver-

so, dell’immigrato che affligge ormai le nostre città.La dimensione relazionale della persona è struttural-mente costitutiva per l’individuo che, se vive l’altrocome co-essenziale alla propria realizzazione, riesce apenetrare in profondità la domanda su “chi è se stes-so e chi è l’altro da sé”: Lévinas, ad esempio, pone inrilievo il forte nesso che unisce l’identità stessa dell’iocon la responsabilità per gli altri: la possibilità cheogni essere umano ha di definire l’identità del proprioio è legata non solo alla relazione con l’altro, masoprattutto all’assunzione, da parte dell’io, di unaresponsabilità etica nei suoi confronti.Così Ricoeur afferma che l’uomo trova il propriosenso e la propria costituzione nel rapporto con l’al-tro. Più recentemente, il filosofo Jean Luc Marionmette in evidenza che è l’amore a costituire l’unica epiù autentica possibilità di individuazione dell’altro,permettendoci di raggiungerlo nella sua insostituibileparticolarità. Se l’uomo però smarrisce questo oriz-zonte… smarrisce anche se stesso.Per questo educare alla pienezza della vita non puòprescindere da questa rifondazione antropologica, daquesto riconoscimento del prossimo che, anche se peralcuni è morto, rimane l’unica via contro l’imbarbari-mento.«L’uomo – afferma Benedetto XVI – è veramentecreato per ciò che è grande, per l’infinito. Il deside-

rio della vita più grande è unsegno del fatto che ci ha creatiLui, che portiamo la sua“impronta”.Dio è vita, e per questo ogni crea-tura tende alla vita; in modounico e speciale la personaumana, fatta ad immagine di Dio,aspira all’amore, alla gioia e allapace». È necessario che questoideale diventi non solo annuncia-bile, ma incontrabile, testimonia-to dalla vita di chi sa mettersi alservizio dell’uomo, di ogniuomo, perché sa riconoscere l’in-scindibile legame di fraternitàche ci lega e per il quale l’acco-glienza di ogni vita, la condivi-sione del dolore, il rispetto, l’em-patia sono atteggiamenti delcuore che si riempie e si allarga,aprendosi all’altro e realizzandoin se stessi quella pienezza dellavita che non può non scaturiredall’amore.

Daniela NotarfonsoVicepresidente nazionale

Scienza & Vita

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EDUCARE ALLA PIENEZZA DELL’ESISTEREUna nuova antropologia del riconoscimento del prossimo

Pietas, pienezza dell’umano.

Dal Documento “Ecclesia in Europa”, emanato il28 giugno 2003, troviamo questo passaggio a dife-sa e protezione della dignità della donna: “LaChiesa non manca di alzare la sua voce per denun-ciare le ingiustizie e le violenze perpetrate controle donne, in qualsiasi luogo e circostanza avvenga-no. Essa chiede che siano realmente applicate leleggi che proteggono la donna e siano messe inatto misure efficaci contro l'uso umiliante di imma-gini femminili nella propaganda commerciale econtro il flagello della costituzio-ne”.Le costanti notizie di cronaca chein queste ultime settimane si susse-guono con spudoratezza sui nostrigiornali e nelle trasmissioni televi-sive e radiofoniche ci sgomentanoe ci portano a pensare che siamoancora molto lontani dal conside-rare la donna per ciò che è vera-mente e non semplicemente unoggetto o una merce da usare a pia-cimento per interessi personali. Inmolti ci domandiamo il perché ditutto queste notizie mediatiche esoprattutto ci chiediamo cheimmagine stiamo dando delladonna e del suo ruolo nella società e nella famiglia,a prescindere dai fatti di cronaca, dalla veridicità omeno di ciò che ci viene presentato, dal linguaggiousato senza vergogna.Come donne che vivono e operano per una voca-zione di amore e servizio alla vita e al rispetto delladignità di ogni essere umano, non possiamo tacereesonerandoci dall’esprimere la nostra preoccupa-zione ed il nostro sdegno per lo scempio che stia-mo facendo della donna e del mancato rispettodella sua sacralità e identità.In questi ultimi tempi si è cercato di eliminare laprostituzione di strada perché dava fastidio edisturbava il nostro pudore e abbiamo voluto rin-chiuderla in luoghi meno visibili, ma non ci ren-diamo conto che una prostituzione del corpo e del-l’immagine della donna è diventata ormai parteintegrante nei nostri programmi e notizie televisi-ve, alla portata di tutti e che purtroppo educa allosfruttamento, al sopruso, al piacere, al potere noncuranti delle dolorose conseguenze sui nostri gio-vani che vedono solo modelli da imitare. La donnaè diventata solo una merce che si può comperare,consumare per poi liberarsene come “usa e getta”.La vita religiosa femminile lungo i secoli e la suastoria ha sempre avuto una’attenzione particolareal mondo femminile salvaguardando, difendendo epromuovendo la sua identità e dignità contro i

soprusi e le discriminazioni di tutti i tempi e luoghiparticolarmente in situazioni di emarginazione e dipovertà.Purtroppo, nonostante l’emancipazione acquisitadalla donna in questi ultimi anni in diversi modi esettori dobbiamo constatare con vergogna che pur-troppo ancora oggi, nel 2011 la sua dignità è terri-bilmente minacciata e calpestata e la sua identitàcompletamente offuscata.In questi ultimi vent’anni le religiose hanno cono-

sciuto in modo particolare sullenostre strade il volto e gli orroricausati dalla tratta di esseri umani,specie di donne e minori per l’umi-liante e degradante uso dello sfrut-tamento del corpo di tante giovaniimmigrate come fonte di piacere edi guadagno. Molte delle nostrecomunità religiose fedeli ai lorocarismi di fondazione hanno accol-to in questi ultimi anni centinaia emigliaia di queste donne che siribellavano a questo sfruttamento,offrendo loro protezione, rispetto epossibilità di ricostruire la loro vitaistrutta e il loro futuro.Quanto impegno e dedizione,

amore e gratuità, servizio e solidarietà sono statiofferti a tante donne vittime della tratta e dellosfruttamento senza nessun tornaconto e aiutofinanziario dalle istituzioni, fidandoci esclusiva-mente della provvidenza! E quante vite salvate eridonate alle loro famiglie e alla società! Quantafatica e quanto tempo occorrono per poter guarirele tante ferite causate dall’egoismo umano per rico-struire la personalità di una giovane donna vittimadi inganni e di soprusi!A nome di tutte queste religiose che in varie partid’Italia ogni giorno con coraggio e dedizione, non-curanti dei rischi e della fatica, senza cercare pub-blicità, consensi e tornaconto, ma semplicementeguidate dall’amore e rispetto vero per la persona, sichinano su queste donne ferite causate dallo sfrut-tamento sessuale per guarire e aiutare a scoprire ilvero volto dell’amore e ridare ad ogni donna lavoglia di vivere, di crescere e di amare. Voglio terminare questa mia riflessione citando undetto molto saggio e attuale: “fa più rumore unalbero che cade che una foresta che cresce”. Ciò èpiù che mai attuale in questo nostro contestomediatico.Nonostante il grande chiasso che si sta facendo inquesti giorni per un albero che è caduto e che hasconvolto e confuso molte persone, noi religiosecontinuiamo silenziosamente ma con determina-

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RIFLESSIONE SULLA DIGNITÀ DELLA DONNA ALLA LUCEDELL’IMMAGINE PRESENTATA DAI MEZZI DI COMUNICAZIONE

zione a operare per proteggere la dignità e sacrali-tà di ogni persona, specie della donna e delle mino-renni che sono vittime di una società del consumoe dell’apparenza, della mancanza di moralità e delvuoto di valori.Il nostro servizio di donne a favore di altre donneoltre che continuare ad essere una forte denunciafatta non solo a parole bensì attraverso la testimo-nianza concreta della nostra vita, vuole essere unarisposta adeguata a tante giovani vittime in tantimodi dei nostri modelli di vita, affinché possanocrescere e recuperare la dimensione e la gioia diritornare ad essere protagoniste del loro futuro. Illoro successo vero ed il loro futuro non basato suldenaro, sulla carriera o sui privilegi dei potentibensì sulle loro capacità umane, sulla loro bellezzainteriore e sul loro senso di responsabilità.E noi donne religiose che operiamo in questo mini-

stero vogliamo continuare ad essere questi alberiche crescono senza far rumore per continuare adoffrire l’ossigeno che elimina l’inquinamentoatmosferico e ricordare a tutti, società e chiesa,politici e persone comuni, giovani e anziani, uomi-ni e donne, che l’onestà, il rispetto della dignità eidentità di ogni persona è il capitale più grande sucui un paese civile deve saper investire e conserva-re per noi oggi e per le generazioni future.Un giorno il nostro operato sarà giudicato non soloda Colui che ci ha creati e al quale dobbiamo ren-dere conto, ma saremo giudicati anche dalla stessastoria. Grazie.

Sr. Eugenia Bonetti MC responsabile ufficio “Tratta donne e minori” – Usmi

con e per tutte le religiose che operano in Italia percombattere ed eliminare la tratta di donne e minori,

specie per sfruttamento sessuale

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LETTERA APERTA DI SUOR RITA GIARETTACaserta, 27 gennaio 2011 - Festa di Sant’Angela Merici«Se verrete a conoscere chiaramenteche sono in pericolo la salvezza e l’onestà delle figliole,non dovrete per niente consentire, né sopportare, né aver riguardo alcuno,se non potrete provvedere voi,ricorrete alle madri principali e, senza riguardo alcuno,siate insistenti, anche importune e fastidiose»(Sant’Angela Merici).Da anni, insieme a tre mie consorelle (suore Orsoline del S. Cuore di Maria), sono impegnata in unterritorio a dire di molti “senza speranza”. Un territorio, quello casertano, sempre più in ginocchio peril suo grave degrado ambientale, sociale e culturale, dove anche la piaga dello sfruttamento ses-suale, perpetrato a danno di tante giovani donne migranti, è assai presente con i suoi segni di vio-lenza e di vera schiavitù.Come donna, come consacrata, provocata dal Vangelo di Gesù che parla di liberazione e di speranza, insieme alle mie conso-relle, ho scelto di “farmi presenza amica” accanto a queste giovani donne straniere, spesso minorenni, per offrire loro il vinodella speranza, il pane della vita e il profumo della dignità.Oggi, osservando il volto di Susan chinarsi e illuminarsi in quello del suo piccolo Francis, scelto e accolto con amore, ripensandoalla sua storia – una tra le tante storie accolte, la quale ancora bambina (16 anni) si è trovata sulle nostre strade come merceda comprare, da violare e da usare da parte di tanti uomini italiani – sono stata assalita da un sentimento di profonda vergo-gna, ma anche di rabbia.Ho sentito il bisogno, come donna, come consacrata e come cittadina italiana, di chiedere perdono a Susan per l’indecoroso spet-tacolo a cui tutti, in questi giorni, stiamo assistendo. E non solo a Susan, ma anche alle tante donne che hanno trovato aiuto e libe-razione e alle tante, troppe donne, ancora schiave sulle nostre strade. Ma anche ai numerosi volontari e ai tanti giovani che insiemea noi religiose credono nel valore della persona, in particolare della donna, riconosciuta e rispettata nella sua dignità e libertà.Sono sconcertata nell’assistere come da “ville” del potere alcuni rappresentanti del governo, eletti per cercare e fare unicamenteil bene per il nostro Paese, soprattutto in un momento di così grave crisi, offendano, umilino e deturpino l’immagine della donna.Inquieta vedere esercitare un potere in maniera così sfacciata e arrogante che riduce la donna a merce e dove fiumi di denaroe di promesse intrecciano corpi trasformati in oggetti di godimento.Di fronte a tale e tanto spettacolo l’indignazione è grande!Come non andare con la mente all’immagine di un altro “palazzo” del potere, dove circa duemila anni fa al potente di turno,incarnato nel re Erode, il Battista gridò con tutta la sua voce: «Non ti è lecito, non ti è lecito!».Anch’io oggi, anche a nome di Susan, sento di alzare la mia voce e dire ai nostri potenti, agli Erodi di turno, non ti è lecito! Nonti è lecito offendere e umiliare la “bellezza” della donna; non ti è lecito trasformare le relazioni in merce di scambio, guidate dainteressi e denaro; e soprattutto oggi non ti è lecito soffocare il cammino dei giovani nei loro desideri di autenticità, di bellezza,di trasparenza, di onestà. Tutto questo è il tradimento del Vangelo, della vita e della speranza!Ma davanti a questo spettacolo una domanda mi rode dentro: dove sono gli uomini, dove sono i maschi? Poche sono le loro voci,anche dei credenti, che si alzano chiare e forti. Nei loro silenzi c’è ancora troppa omertà, nascosta compiacenza e forse sottile invi-dia. Credo che dentro questo mondo maschile, dove le relazioni e i rapporti sono spesso esercitati nel segno del potere, c’è un gran-de bisogno di liberazione.E allora grazie a te, Susan, sorella e amica, per aver dato voce alla mia e nostra indignazione, ora posso, come donna consa-crata e come cittadina, guardarti negli occhi e insieme al piccolo Francis respirare il profumo della dignità e della libertà.

Sr. Rita e sorelle comunità Rut

A partire dall’età antica fino all’età moderna, ilcampo d’azione dell’uomo coincideva con il suocampo d’esperienza. L’uomo moderno dominava,sì, la natura, ma inserendosi in essa. Intervenivasulla natura attraverso i suoi sensi anche se allarga-ti e potenziati dagli strumenti della tecnica, i quali,però, “non erano tali da trasformare tutte le situa-zioni al di là dell’ambito di ciò che l’uomo puòabbracciare con l’organizzazione dei suoi sensi”(R. Guardini, La fine dell’epoca moderna,Morcelliana 1984, p. 68). Ora l’uomo attraverso le sue conoscenze scientifi-che sa assai di più di quello che può vedere oimmaginare (pensiamo alla conoscenza dei corpicelesti raggiunta attraverso gli studi astronomici,fisici), ma i suoi rapporti con la natura “diventanoindiretti, passano attraverso l’intermediario del cal-colo e degli apparecchi” (ibidem, p. 69). Diventano“astratti e formali”.Guardini chiama “non umano” l’uomo quandoil suo campo esperienziale “è superato dalcampo della sua conoscenza e della sua azione”(R. Guardini, La fine dell’epoca moderna. Il pote-re, Morcelliana 1984, p. 70). Pensiamo all’uomoche sgancia la bomba atomica: gli basta premereun bottone, ma non partecipa coi suoi sensi aglieffetti devastanti sulla popolazione inerme dellecittà colpite. Pensiamo soprattutto alle tecnologieapplicate ai primordi della vita umana o al suo fini-re. Manca l’esperienza dell’evento e, con essa, siassottiglia fino a scomparire, il senso di responsa-bilità, di partecipazione all’atto. La natura diviene

estranea perché lontana, non più accessibile ogget-to d’esperienza. E come vi è l’uomo non umano,così vi è una “natura non naturale” poiché non hapiù un’immediata evidenza e chiarezza; non è piùquella realtà esteriore che l’uomo vedeva attorno asé e con cui stabiliva relazioni. Essa viene coltasolo attraverso un metodo matematico-sperimenta-le sempre più esatto. Ma questo rapporto di estra-neità con la natura non è senza conseguenze perl’uomo che diviene congegno anonimo ordinatoalla forma funzionale della macchina. Oggi l’uomo non dissimula più il criterio dell’uti-lità e del benessere quale orientamento della tecni-ca, come faceva nell’età moderna, ma dichiarata-mente è proteso al dominio nel senso estremo deltermine, fino ad arrivare a destrutturare la natura, lamateria.Benedetto XVI mette in guardia dal pericolo della“tecnicizzazione” della natura, in cui si cade se siconsidera la natura come “un insieme di semplicidati di fatto”, “frutto del caso o del determinismoevolutivo” e solo come “materia di cui disporre anostro piacimento” per un uso di essa “strumenta-le” e “arbitrario” (CV 48).

Lucia Baldo

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“UNA NATURA NON NATURALE”

IL CANTICO CONTINUA“Il Cantico” con-tinua la sua sto-ria a servizio delmessaggio fran-cescano nellaconvinzione dipoter offrire cosìun servizio per lap r o m o z i o n edella dignità diogni uomo e ditutti gli uomini.Per ricevere “IlCantico” versa laquota di abbo-

namento di € 25,00 sul ccp intestato a SocietàCooperativa Sociale Frate Jacopa – Viale delleMura Aurelie 8-9 – 00165 Roma IBAN IT-37-N-07601-02400-000002618162. Riceverai anche IlCantico on line! Invia la tua email [email protected] l’abbonamento sostenitore di € 40,00 daraila possibilità di diffondere “Il Cantico” e riceveraiin omaggio l’interessante volume “La custodiadei beni di creazione”, Ed. Società CooperativaSoc. Frate Jacopa, Roma 2009.

1. La Sacra Scrittura indica i criteri morali fon-damentali per affrontare la questione ambienta-le: la persona umana, fatta ad immagine e somi-glianza di Dio Creatore, è posta al di sopra ditutte le altre creature terrene, che deve usare ecurare in modo responsabile per corrispondereal grande progetto divino sulla creazione.L’Incarnazione di Gesù, Verbo divino, e la Suapredicazione testimoniano il valore della natura:niente di quanto esiste in questo mondo risultaestraneo al disegno creatore e redentore divino(nn. 451-455).

2. Nell’approccio alla questione ambientale ilMagistero sociale della Chiesa sollecita a tenerconto di due esigenze fondamentali: a) non si deveridurre utilitaristicamente la natura a mero oggettodi manipolazione e sfruttamento; b) non si deveassolutizzare la natura, ne sovrapporla in dignitàalla stessa persona umana (nn. 461-464).

3. La questione ambientale odierna coinvolgel’intero pianeta e la tutela dell’ambiente costitui-sce una sfida per l’umanità intera: si tratta deldovere, comune e universale, di rispettare unbene collettivo. La responsabilità verso l’ambien-te, patrimonio comune del genere umano, siestende non solo alle esigenze del presente, maanche a quelle del futuro. Si tratta di una respon-

sabilità che le generazioni presenti hanno neiconfronti di quelle future (nn. 466-467).

4. Nell’approccio alla questione ambientale sideve far valere il primato dell’etica sulla tecnicae, dunque, della necessità di salvaguardare sem-pre la dignità dell’essere umano. Punto di riferi-mento centrale per ogni applicazione scientificae tecnica è il rispetto dell’uomo, che deveaccompagnarsi ad un doveroso atteggiamento dirispetto nei confronti delle altre creature viventi(nn. 456-460).

5. In una corretta impostazione della questioneambientale, la natura non va considerata unarealtà sacra o divina, sottratta all’azione umana.Essa è piuttosto un dono offerto dal Creatorealla comunità umana, affidato all’intelligenza ealla responsabilità morale dell’uomo. Per questoegli non compie un atto illecito quando, rispet-tando l’ordine, la bellezza e l’utilità dei singoliesseri viventi e della loro funzione nell’ecosi-stema, interviene modificando alcune loro carat-teristiche e proprietà. Sono deprecabili gli inter-venti dell’uomo quando danneggiano gli esseriviventi o l’ambiente naturale, mentre sono lode-voli quando si traducono in un loro migliora-mento (nn. 472-480).

6. La questione ambientale evi-denzia la necessità di armonizzarele politiche dello sviluppo con lepolitiche ambientali, a livellonazionale e internazionale. La pro-grammazione dello sviluppo eco-nomico deve considerare attenta-mente la necessità di rispettarel’integrità e i ritmi della natura,poiché le risorse naturali sonolimitate e alcune non sono rinno-vabili. Ogni attività economicache si avvalga delle risorse natura-li deve anche preoccuparsi dellasalvaguardia dell’ambiente e pre-vederne i costi, che sono da consi-derare come una voce essenzialedei costi dell’attività economica(nn. 469-470).

7. La questione ambientalerichiede che si operi attivamenteper lo sviluppo integrale e soli-dale delle regioni più povere del

DECALOGO PER UN AMBIENTE A MISURA D’UOMORicavato dal capitolo 10 del Compendio della dottrina sociale della Chiesa

A cura di Mons. Giampaolo Crepaldi

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pianeta. A questo riguardo, la dottrina socialeinvita a tener presente che i beni della terra sonostati creati da Dio per essere sapientementeusati da tutti: tali beni vanno equamente condi-visi, secondo giustizia e carità. Nell’attuazionedi uno sviluppo integrale e solidale, il principiodella destinazione universale dei beni offre unfondamentale orientamento, morale e culturale,per sciogliere il complesso e drammatico nodoche lega insieme questione ambientale e pover-tà (nn. 481-485).

8. La questione ambientale richiede per la prote-zione dell’ambiente la collaborazione internazio-nale, attraverso la ratifica di accordi mondiali san-citi dal diritto internazionale. La responsabilitàverso l’ambiente deve trovare una traduzione ade-guata a livello giuridico. Il contenuto giuridico deldiritto ad un ambiente sano e sicuro dovrà essereelaborato secondo le esigenze del bene comune ein una comune volontà di introdurre anche sanzio-ni per coloro che inquinano (n. 468).

9. La questione ambientale sollecita un effettivocambiamento di mentalità che induca ad adottarenuovi stili di vita. Tali stili di vita devono essereispirati alla sobrietà, alla temperanza, all’autodi-sciplina, sul piano personale e sociale. Bisognauscire dalla logica del mero consumo e promuove-

re forme di produzione agricola e industriale cherispettino l’ordine della creazione e soddisfino ibisogni primari di tutti. Un simile atteggiamentofavorisce una rinnovata consapevolezza dell’inter-dipendenza che lega tra loro tutti gli abitanti dellaterra (n. 486).

10. La questione ambientale richiede anche unarisposta a livello di spiritualità, ispirata dallaconvinzione che il creato è un dono, che Dio hamesso nelle mani responsabili dell’uomo, affin-ché ne usi con amorevole cura. L’atteggiamentoche deve caratterizzare l’uomo di fronte al crea-to è essenzialmente quello della gratitudine edella riconoscenza: il mondo, infatti, rinvia almistero di Dio che lo ha creato e lo sostiene. Sesi mette tra parentesi la relazione con Dio, sisvuota la natura del suo significato profondo,depauperandola. Se invece si arriva a riscoprirela natura nella sua dimensione di creatura, sipuò stabilire con essa un rapporto comunicativo,cogliere il suo significato evocativo e simbolico,penetrare così nell’orizzonte del mistero, cheapre all’uomo il varco verso Dio, Creatore deicieli e della terra. Il mondo si offre allo sguardodell’uomo come traccia di Dio, luogo nel qualesi svela la Sua potenza creatrice, provvidente eredentrice (n. 487).

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L’ACQUA CHE UNISCEIl modo più significativo con cui celebrare l’unità d’Italia sarebbe quello diimporre come cittadini, attraverso il successo dei due referendum, dichiaratiammissibili dalla Corte, l’avvio di un rinnovamento della politica a tutela dei dirit-

ti. Considerando l’acqua un diritto.L’Italia celebra quest’anno i 150 anni dell’unità. In assenza di un ricorso anticipato alle urne,

questa ricorrenza sarà associata a una importante sfida culturale e politica: la consultazionereferendaria per sottrarre la gestione dell’acqua alla speculazione del libero mercato. Molto spesso

ci si dimentica che il benessere, la fruibilità di alcuni beni e diritti sono il risultato di grandi scoperte, investimenti escelte politiche collegate alla stessa unità d’Italia che quest’anno celebriamo.

Il XIX secoloÈ nel XIX secolo che l’acqua diventa in Italia un bene accessibile a tutti. La costruzione degli acquedotti costi-tuisce la premessa strutturale dell’avvio dei processi di industrializzazione del nostro paese. Senza la nazio-nalizzazione dell’acqua e dell’energia elettrica a Torino non sarebbe mai nata la Fiat, così come a Milano l’in-dustria metallurgica. L’acqua diventa lo strumento di aggregazione dei comuni e dei cittadini. Attraverso lacostruzione dell’acquedotto pugliese l’acqua arriva anche al Sud. Il processo di unificazione dell’Italia passaquindi attraverso l’acqua e la capacità della politica di farsi carico di garantire pari opportunità di accesso aidiritti di base. Poi, con l’internazionalizzazione degli scambi, la nascita dell’Unione europea, l’attenzione degliStati si sposta dall’accesso all’acqua alla protezione della risorsa a livello di qualità. Gli atteggiamenti dellapolitica e degli Stati cominciano nuovamente a diversificarsi. Gli Stati europei delegano all’Unione europea ladefinizione di regole del mercato e la tutela delle risorse naturali. Alcuni governi europei (Belgio, Olanda,Germania) puntano alla salvaguardia pubblica dell’acqua, classificata come un servizio pubblico di interessenazionale. L’Europa emana le prime direttive quadro a tutela della risorsa e dei consumatori, mette a dispo-sizione risorse finanziarie, ma sotto la pressione delle grandi imprese multinazionali europee comincia la deri-va verso il conferimento al mercato della gestione delle risorse idriche. L’inizio del XXI secolo si caratterizzaper il trionfo di una cultura dominante improntata alla mercificazione, negando che l’acqua sia un dirittoumano inalienabile limitandosi a qualificarlo come un bisogno, un servizio industriale (2° Forum dell’acquadell’Aja del marzo 2000 del Consiglio mondiale dell’acqua e dei Forum dell’acqua, così anche a Tokyo 2003,Città del Messico 2006, Istanbul 2009). Il primo decennio di questo secolo segna però un importante risulta-to, frutto anche della mobilitazione della rete dei movimenti che si ispirano ai principi del Manifesto per unContratto mondiale dell’acqua. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 20 luglio 2010, per iniziativa delgoverno boliviano e di altri governi latino-americani, ha riconosciuto il diritto umano all’acqua e sancisce chegli Stati e la comunità internazionale hanno il compito di garantire questo diritto. Si apre quindi un nuovo sce-nario per il futuro dell’acqua che è tutto da verificare e costruire.

La cultura e la politica dell’acqua in ItaliaAgli inizi del novecento è dunque lo Stato, in Italia, a farsi carico del finanziamento delle grandi opere diadduzione (acquedotti) e di bonifica delle aree depresse, mentre la gestione ha coinvolto le autonomie loca-li (comuni, provincie, regioni). L’eccessiva frammentazione delle gestioni porta la politica ad approvare lalegge Galli (n. 36/1994), che riduce il numero dei gestori e introduce la presa in carico da parte del gesto-re dell’intero ciclo idrico. Con il governo D’Alema viene introdotto l’obbligo della trasformazione delle azien-de municipalizzate in Società per azioni (Spa), ma gli enti locali hanno libertà di scegliere tra le modalitàconsentite dalla Commissione europea: l’affidamento della gestione tramite gara ad imprese, la gestionetramite partenariato con i privati o la gestione diretta. Con il governo Prodi, i movimenti dell’acqua riesconoad imporre all’agenda politica la priorità dell’acqua proponendo una nuova legge quadro, ma le forze politi-che che sostengono il governo hanno posizioni contraddittorie (decreto Lanzillotta). La politica opta per unamoratoria di due anni rispetto alle scelte di affidamento del servizio. La situazione cambia sotto il governoBerlusconi che, sostenendo falsamente obblighi imposti dalla Commissione europea, accelera i processi diprivatizzazione. Con la finanziaria del 2008 entra in vigore l’art. 23/2008 del Decreto Ronchi e successiva-mente la legge 42/2009 Decreto Calderoli (soppressione degli ATO). Con questi provvedimenti si definiscel’acqua un “servizio idrico di rilevanza economica”, cioè una merce la cui gestione va affidata al mercatoattraverso gare di appalto e si sopprime l’autonomia dei comuni nel decidere le modalità di affidamentoattraverso gli ATO (assemblee di comuni). Paradossalmente, nel luglio del 2010, in sede di approvazionedella risoluzione Onu che riconosce il diritto all’acqua, l’Italia è fra i governi che sostengono questa propo-sta. A partire dal 2011, l’acqua cesserà quindi di essere un bene collettivo; la proprietà resta solo virtual-mente “pubblica”, in mano ai comuni, che vengono però obbligati a cedere ai privati le quote azionarie dellesocietà che detengono le reti (acquedotti) e di cui sono proprietari. I privati acquistando semplici azioni - ilcui valore di mercato è inferiore al valore reale delle opere - di fatto acquisiscono per 20/30 anni il mono-polio della gestione delle reti pubbliche, cioè lo sfruttamento della risorsa idrica, definendo di fatto le condi-zioni di gestione (investimenti e tariffe). A differenza di altri paesi europei, che hanno optato per una gestio-ne pubblica dell’acqua, spesso conferendo alle regioni le competenze, il governo italiano ha optato percedere al libero mercato, di fatto ad alcune multiutility italiane ma soprattutto di offrire alle multinazionali

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francesi la conquista del mercato italiano dell’acqua. L’esproprio degli enti locali avverrà in beffa al tantodecantato federalismo, di cui la Lega si proclama paladina.

Lo spartiacque dei referendumIl Forum italiano dei movimenti dell’acqua, di cui fa parte il Contratto mondiale sull’acqua, propone da tempo unanuova visione dell’acqua. Nel luglio del 2007 ha sottoposto al dibattito parlamentare una legge di iniziativa popo-lare, che a partire dal riconoscimento dell’acqua come diritto umano propone un modello di gestione pubblicaattraverso enti di diritto pubblico, partecipato dai cittadini, sostenuto da un finanziamento attraverso la fiscalitàgenerale (costo diritto all’acqua) e forme di fiscalità specifica che, associate alla tariffa sui consumi, possanogarantire la copertura dei costi di manutenzione e gestione. Le forze della maggioranza ma anche dell’opposi-zione hanno finora snobbato questa proposta di legge e sono stati accelerati i processi di privatizzazione.Dall’esigenza di contrastare l’obbligo della messa a gara, a partire dal 2012, della gestione dell’acqua, nasce lacampagna referendaria, lanciata nel secondo semestre del 2010, che nell’arco di tre mesi ha consentito di rac-cogliere oltre 1 milione e 400 mila firme a sostegno di tre quesiti referendari. Quale sarà il futuro modello di gestio-ne del servizio idrico in Italia se i tre quesiti proposti dal Comitato promotore della Campagna referendaria saran-no dichiarati ammissibili e soprattutto se saranno sostenuti dal voto dei cittadini italiani? Se si andrà alle elezionipolitiche nel corso dei primi sei mesi del 2011, l’indizione del referendum slitterà di un anno. Ciò significa che lamaggioranza dei comuni italiani sarà obbligata a mettere a gara la gestione dei servizi idrici. Riciclando uno slo-gan si potrebbe dire che il provvedimento produrrà i suoi effetti quando i buoi sono già usciti dalla stalla. Se inve-ce i referendum si svolgeranno entro il 15 giugno, se i tre quesiti referendari otterranno il sostegno del 50% + 1degli aventi diritto al voto e trionferà la maggioranza dei SÌ tra i votanti, si creerebbe di fatto un nuovo scenarioche consentirebbe di salvare l’acqua come bene comune. Se il primo quesito referendario raggiungerà il quorum,sarà annullato l’obbligo della messa a gara previsto dall’art. 23 del decreto Ronchi; il successo del secondo que-sito annullerebbe l’obbligo di conferire la gestione a società di capitale, rendendo possibile per gli enti locali l’affi-damento ad enti di diritto pubblico, cioè senza scopo di lucro. Infine, se anche il terzo quesito referendario rag-giungesse il quorum, in Italia chi investe sull’acqua non avrà più un rendimento minimo garantito per legge del7%. L’effetto combinato dei tre quesiti annullerebbe i riferimenti legislativi vigenti, rendendo necessaria l’approva-zione di un nuova legge quadro sull’acqua. Il dibattito potrebbe ripartire dalla proposta di legge depositata dalForum dei movimenti oppure da proposte di legge parlamentare; una di queste è quella depositata dal Partitodemocratico che non coincide però con la proposta dei Movimenti. La cultura presente nella maggioranza delleforze politiche resta però quella di ritenere che il mercato sia il migliore strumento di regolamentazione dei servi-zi idrici. La vittoria referendaria, in assenza di una rivoluzione culturale che convinca in primis noi cittadini e quin-di tutte le forze politiche a considerare l’acqua un diritto, un bene comune e non una merce, non garantirà di fattola possibilità di mettere in atto nuove modalità di gestione pubblica dell’acqua. Il referendum è uno strumento didemocrazia, che potrà concorrere a contrastare i processi di privatizzazione ma non garantirà di fatto una gestio-ne pubblica. Il successo dei referendum deve essere associato ad una riconversione dell’approccio individuale,come cittadini, e collettivo, come società civile, della nostra cultura nei confronti dell’acqua. L’acqua non è un beneprivato. Il modo più significativo con cui celebrare l’unità d’Italia sarebbe quello di imporre come cittadini, attra-verso il successo dei tre quesiti referendari, l’avvio di un rinnovamento della politica a tutela dei diritti. Considerarel’acqua un diritto, come dichiarato dalle Nazioni Unite, e impegnare gli Stati a garantirlo, significa riconvertire la

politica a favore di unagestione pubblica epartecipata dell’acquacome servizio pubbliconazionale. Significaquindi dichiarare l’ac-qua un bene comunepubblico, nazionale, ilcui accesso è garantitoad ogni cittadino.Salvare l’acqua signifi-ca salvare la democra-zia, e rinsaldare l’unitàd’Italia. Questa è lasfida del 2011 e l’impe-gno civile con cuiaffrontare il nuovoanno.

Rosario Lembo, Presidente Contrattomondiale dell’acqua-Onlus (www.contrat-

toacqua.it)

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La Cooperativa Sociale Frate Jacopa è finalizzataa rendere concreta nel quotidiano la DottrinaSociale della Chiesa secondo lo spirito di S.Francesco, attraverso attività sociali, educative,formative, ed in particolare attraverso progetti afavore degli ultimi.“La Cooperativa Frate Jacopa opera senza finali-tà lucrative e persegue l’interesse generale dellacomunità alla promozione umana e alla integra-zione sociale” (Statuto art. 6).Vuole essere uno strumento per risponderemeglio a bisogni di categorie cui necessita aiuto,uno strumento operativo per prendersi cura delbene comune e della custodia del Creato, nellainterazione con la società civile e con le istitu-zioni nei vari territori. L’auspicio dei soci fondatori – tutti terziari fran-cescani – è che la Cooperativa Sociale FrateJacopa possa essere utile affinché il lievito dellafraternità possa sempre meglio rendersi presentenella Chiesa e nella società, nella immutatafedeltà al carisma francescano, ricercando formeadeguate alla novità dei tempi per incontrare eservire i fratelli, facendoci loro prossimi. Esostenendo nella concreta operatività quella cul-tura della pace e del bene a cui sono chiamati iseguaci di S. Francesco nel mondo.

LE NOSTRE ATTIVITÀFormazione* Scuola di Pace operante da vari anni con parti-colare attenzione ai temi della Pace, dellaCustodia del Creato, del Bene Comune e dellaComunicazione (approfondimento interdiscipli-nare delle problematiche civili, familiari e socioe-conomiche, alla luce della Dottrina Sociale dellaChiesa e della Spiritualità Francescana). * Pubblicazione della Rivista Nazionale “IlCantico”, dei Testi di formazione, degli Atti diConvegni, delle Schede di sensibilizzazione.

* Collage scenico musicale tratto dalle FontiFrancescane (servizio evangelizzazione e pro-mozione umana).

Attività in ambito sociale*Adozioni a distanza (Makoua), sostegno allaCasa dei Fratelli per i ragazzi di strada (Congo).*Collaborazione di volontariato con diocesi eparrocchie, con la Caritas e con il SAV (Serviziodi accoglienza alla vita). Collaborazione con“Solidabile” (Associazione per soggetti diversa-mente abili).*Percorsi della Scuola di Pace sul territorio:anno 2010-2011 Progetto “Educare alla custodiadel creato”.*Lavoro a tutela dei beni di creazione in partico-lare dell’acqua, con l’adesione alla CampagnaAcqua Bene Comune.*Adesione al Forum Sad Sostegno a distanza,alla Campagna “Non aver paura”, allaPetizione della Caritas Europa e Italiana“Povertà zero”.*Casa di Accoglienza (Roma) disponibile pereventi formativi, incontri, pellegrinaggi, ecc.

PER INFORMAZIONI E CONTATTI:Fraternità Francescana e Società CooperativaSociale Frate Jacopa - Viale delle Mura Aurelie, 8 -00165 Roma - Tel. e Fax 06631980 - 3384770506- www.coopfratejacopa.it - [email protected]

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