Il ministro Catania «Salviamo l’agricoltura» «N · finché blocchi i progetti edili nel Golfo...

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Affari in campo Sopra: l’assessore Angelo Zanoli. Sotto: Paolo Micheli del comitato “Segrate nostra”. In alto: pecore nel Golfo agricolo. ATTUALITÀ INCHIESTA È bastata una delibera per cambiare la secolare storia di Segrate, cittadina di 35 mila abitanti alle porte di Milano, che ha cancellato di colpo tutte le aree agricole. Una semplice decisione della maggioranza di Centrodestra, lo scorso 14 febbraio, ha segnato la fine degli ultimi cam- pi di mais, dei prati che profumano di fieno e di ciò che resta delle ultime cascine stori- che. La storia di Segrate non è isolata. Per rendersene conto, basta osservare, da una delle colline della Brianza, la megalopoli che avanza inghiottendo decine di ettari di cam- pagna. Un paesaggio caotico senza un appa- rente disegno urbanistico ormai copre la Pia- nura Padana da Est a Ovest, dove capannoni, villette a schiera e palazzi, spesso invenduti, proliferano al posto dei campi coltivati. «Fino a quando i bilanci dei Comuni si reg- geranno sugli oneri di urbanizzazione, sarà utile costruire», dice l’architetto Vittorio Ri- gamonti, esperto del territorio per conto del- la Lega Nord. «Detto questo, il progresso non si può arrestare. Oggi non ha alcun senso ave- re un campo di mais a Segrate, meglio gover- nare l’urbanizzazione fissando dei paletti». E così a Segrate e in tutta la Lombardia, dove il consumo del suolo agricolo ha raggiunto livel- li da record con 6.800 ettari persi nell’ultimo decennio, la parola che rimbalza nelle ammi- nistrazioni locali è preverdissement. Una paro- la francese che si capisce e non si capisce, ma che si potrebbe tradurre con “piantumazione preventiva”. Il Piano generale del territorio (Pgt) di Segrate prevede la trasformazione di quasi un milione e mezzo di metri quadrati di verde agricolo in aree residenziali. Ma grazie al preverdissement, almeno in teoria, il 70 per cento della superficie è desti- nata a diventare bosco a spese del proprieta- rio del fondo, che è costretto a mettere a di- mora gli alberi prima dell’avvio dei lavori edili. Sulla carta sembra facile. Il Pgt prevede che il bosco prenda forma entro il prossimo novembre. Ma progetti di preverdissement non ne sono stati presentati al Comune. Si ve- dono però i palazzi in costruzione, spesso fi- niti e invenduti. Complessi edilizi dai nomi altisonanti come Segrate Village e Milano Santa Monica, dove i cantieri nell’area della cascina Boffalora sono fermi a causa di guai giudiziari. Ma l’amministrazione locale so- gna ancora una città verde e moderna. «Avremmo desiderato che Legambiente fosse nostra alleata nella trasformazione di Segra- te», dice l’assessore all’Urbanistica, al territo- rio e all’edilizia privata Angelo Zanoli. «Se- grate non può avere una dimensione agrico- la che appartiene a un altro tempo. E poi l’agricoltura inquina... non si può coltivare il mais sotto gli aerei che decollando scaricano idrocarburi (l’aeroporto di Linate è nel terri- torio del Comune di Segrate, ndr). L’epoca delle cascine è finita. Qui siamo a otto chilometri da piazzale Lo- reto, il cuore pulsante di Milano», si accalora l’assessore. «Grazie al nostro Pgt conservere- mo meglio il verde che sarà fruibile da tutti, mentre in un campo coltivato il cittadino non può metterci piede. Faremo una città più grande, perché abbiamo bisogno di rag- giungere la massa critica di 50 mila abitan- ti per non farci assorbire da Milano». Non la pensano allo stesso modo i segratesi raccolti nel comitato “Segrate nostra” che hanno in- dirizzato recentemente una lettera aperta al ministro dell’Agricoltura Mario Catania, af- finché blocchi i progetti edili nel Golfo agri- colo a ridosso di Milano 2. «Su 17 chilometri quadrati di territorio sono rimasti poco più di 1,5 chilometri quadrati di terreno agricolo e boschivo e il Pgt prevede di urbanizzarlo quasi tutto», spiega Paolo Micheli, animatore di “Segrate nostra”. «Non si capisce perché vo- gliono davvero costruire ovunque nei prossi- mi cinque anni». La risposta secondo Damia- 1,3 milioni di metri cubi che si potranno edificare nei prossimi anni a Segrate. Addio vecchie cascine, prati e coltivazioni di mais. Il Comune di Segrate trasforma le aree ancora libere in terreni edificabili. E i cittadini si appellano al ministro dell’Agricoltura. di GIUSEPPE ALTAMORE 1,5 milioni di metri quadrati di terreno agricolo trasformati in aree residenziali a e parchi. La cascina Lirone, risalente al XVI sec., citata tra le cose da vedere nel sito della Provincia di Milano, demolita per far posto ai due edifici che si vedono nella foto in alto. 56 famiglia cristiana n. 35/2012 57 famiglia cristiana n. 35/2012

Transcript of Il ministro Catania «Salviamo l’agricoltura» «N · finché blocchi i progetti edili nel Golfo...

Ctesto ottanta righe gfhghjgj ghjgjghjyhjssdfsdfsdhj hjhjkhk jghkhkh Giuseppe Altamore

Il ministro Catania:«Salviamo l’agricoltura»

Affari in campoSopra: l’assessore

Angelo Zanoli. Sotto:

Paolo Micheli del comitato

“Segrate nostra”. In alto:

pecore nel Golfo agricolo.

ATTUALITÀ INCHIESTA

Sopra: il Golfo agricolo

di Segrate destinato

ad area residenziale

e boschi da piantumare.

In alto, a destra: Sergio

Marini e Mario Catania.

Ltesto secondo pezzo di settanta ri-ghebvhvhvh vhvhvghvgh ghfhg XX

«Negli ultimi 40 anni in Italia sonostati persi cinque milioni di terre-ni agricoli e si continuano a im-

permeabilizzare 100 ettari ogni giorno», diceil ministro dell’Agricoltura Mario Catania.«Oltre tutto il consumo di suolo agricolo e lacementificazione interessano i nostri terrenimigliori, i più fertili. Dobbiamo invertire im-mediatamente questa tendenza che ha avutodegli effetti deleteri anche sul territorio di Ro-ma, che è un Comune agricolo molto impor-tante. Ecco perché ho firmato il referendum».

Si è espresso così il ministro Catania do-po aver firmato il referendum romano, pro-mosso dal comitato “Roma Sì Muove”. Nellospecifico, il ministro ha sottoscritto il quesitonumero 6, con il quale si chiede che «Roma Ca-pitale adotti tutti gli atti ed effettui tutte leazioni necessarie a predisporre e attuare, attra-verso la revisione dei piani edificatori del Pia-no generale del territorio e le conseguenti mi-sure di salvaguardia, un piano straordinario fi-nalizzato allo stop del consumo di territorio eal recupero qualitativo ed energetico del patri-monio edilizio e dei tessuti urbani esistenti».

«Per salvare i campi dalla cementificazio-ne, dobbiamo smettere di costruire ex novo eriqualificare quanto è già stato edificato», so-stiene il ministro. «Dobbiamo orientare i no-

stri sforzi verso il riuso del patrimonio edili-zio che già abbiamo, come le periferie urba-ne, mettendolo in sicurezza e ristrutturando-lo. Si tratta di una sfida fondamentale nonsolo per il futuro della città di Roma, ma an-che dell’intero Paese, che è stato deturpatoin modo irreversibile da un’edilizia che ha ro-vinato anche il paesaggio». Per arrestare il di-lagante consumo del suolo agricolo, per laprima volta un ministro si impegna a presen-tare in Consiglio dei ministri un disegno dilegge. «L’obiettivo di questa norma è valoriz-zare i suoli agricoli e limitare il fenomenodella cementificazione su tutto il territorionazionale. Al momento stiamo raccogliendo,da parte di tutti i soggetti interessati, suggeri-menti e proposte per implementarlo», ha as-sicurato il ministro. «Larga parte del mondoagricolo e delle associazioni ambientalistehanno espresso fin da subito un forte apprez-zamento per questo progetto che, per essererealizzato, deve poter contare sul contributoe l’adesione di tutti».

Come è emerso dal rapporto realizzatodal ministero dell’Agricoltura, presentatolo scorso 24 luglio durante il convegno “Co-struire il futuro: difendere l'agricoltura dallacementificazione”, ogni giorno in Italia ven-gono impermeabilizzati 100 ettari di terreni

naturali. Secondo l’Istat, dagli anni ’70 a og-gi l’Italia ha perso una superficie agricola pa-ri a Liguria, Lombardia ed Emilia Romagnamesse insieme. Perché? E cosa ne è del terri-torio sottratto all’agricoltura?

«I ritmi attuali di consumo del territorio el’eccesso di urbanizzazione», dice il presiden-te della Coldiretti Sergio Marini, «non solo ri-schiano di stravolgere il volto dell’Italia, maanche di modificare irreversibilmente le con-dizioni climatiche, ambientali e sociali delnostro Paese. Il cibo che mangiamo, l’ariache respiriamo, il paesaggio di cui godiamodipendono tutte dalla nostra terra». La conti-nua perdita di terreno agricolo porta l’Italiaa dipendere sempre più dall’estero per l’ap-provvigionamento di cibo. La riduzione mag-giore riguarda i campi di grano e i prati per-manenti, da cui provengono i principali pro-dotti di base della nostra alimentazione: pa-ne, pasta, riso, verdure, carne, latte.

«Serve una battaglia di civiltà, per rimette-re l’agricoltura al centro di quel modello disviluppo che vogliamo dare al nostro Paese»,dice il ministro Catania. «Non penso, natural-mente, a un ritorno a un Paese agreste, maimmagino uno Stato che rispetti il proprioterritorio e che salvaguardi le proprie poten-zialità. Noi usciremo vincenti da questa crisise lo faremo con un nuovo modello di cresci-ta che passa necessariamente attraverso que-sti temi vitali». G.A.È

bastata una delibera per cambiare lasecolare storia di Segrate, cittadina di35 mila abitanti alle porte di Milano,che ha cancellato di colpo tutte le

aree agricole. Una semplice decisione dellamaggioranza di Centrodestra, lo scorso 14febbraio, ha segnato la fine degli ultimi cam-pi di mais, dei prati che profumano di fienoe di ciò che resta delle ultime cascine stori-che. La storia di Segrate non è isolata. Perrendersene conto, basta osservare, da unadelle colline della Brianza, la megalopoli cheavanza inghiottendo decine di ettari di cam-pagna. Un paesaggio caotico senza un appa-

rente disegno urbanistico ormai copre la Pia-nura Padana da Est a Ovest, dove capannoni,villette a schiera e palazzi, spesso invenduti,proliferano al posto dei campi coltivati.

«Fino a quando i bilanci dei Comuni si reg-geranno sugli oneri di urbanizzazione, saràutile costruire», dice l’architetto Vittorio Ri-gamonti, esperto del territorio per conto del-la Lega Nord. «Detto questo, il progresso nonsi può arrestare. Oggi non ha alcun senso ave-re un campo di mais a Segrate, meglio gover-nare l’urbanizzazione fissando dei paletti». Ecosì a Segrate e in tutta la Lombardia, dove ilconsumo del suolo agricolo ha raggiunto livel-li da record con 6.800 ettari persi nell’ultimodecennio, la parola che rimbalza nelle ammi-nistrazioni locali è preverdissement. Una paro-la francese che si capisce e non si capisce, mache si potrebbe tradurre con “piantumazionepreventiva”. Il Piano generale del territorio(Pgt) di Segrate prevede la trasformazione diquasi un milione e mezzo di metri quadrati diverde agricolo in aree residenziali.

Ma grazie al preverdissement, almeno inteoria, il 70 per cento della superficie è desti-nata a diventare bosco a spese del proprieta-rio del fondo, che è costretto a mettere a di-mora gli alberi prima dell’avvio dei lavoriedili. Sulla carta sembra facile. Il Pgt prevedeche il bosco prenda forma entro il prossimonovembre. Ma progetti di preverdissementnon ne sono stati presentati al Comune. Si ve-dono però i palazzi in costruzione, spesso fi-niti e invenduti. Complessi edilizi dai nomialtisonanti come Segrate Village e MilanoSanta Monica, dove i cantieri nell’area dellacascina Boffalora sono fermi a causa di guaigiudiziari. Ma l’amministrazione locale so-gna ancora una città verde e moderna.«Avremmo desiderato che Legambiente fossenostra alleata nella trasformazione di Segra-te», dice l’assessore all’Urbanistica, al territo-rio e all’edilizia privata Angelo Zanoli. «Se-

grate non può avere una dimensione agrico-la che appartiene a un altro tempo. E poil’agricoltura inquina... non si può coltivare ilmais sotto gli aerei che decollando scaricanoidrocarburi (l’aeroporto di Linate è nel terri-torio del Comune di Segrate, ndr). L’epocadelle cascine è finita.

Qui siamo a otto chilometri da piazzale Lo-reto, il cuore pulsante di Milano», si accaloral’assessore. «Grazie al nostro Pgt conservere-mo meglio il verde che sarà fruibile da tutti,mentre in un campo coltivato il cittadinonon può metterci piede. Faremo una cittàpiù grande, perché abbiamo bisogno di rag-giungere la massa critica di 50 mila abitan-ti per non farci assorbire da Milano». Non lapensano allo stesso modo i segratesi raccoltinel comitato “Segrate nostra” che hanno in-dirizzato recentemente una lettera aperta alministro dell’Agricoltura Mario Catania, af-finché blocchi i progetti edili nel Golfo agri-colo a ridosso di Milano 2. «Su 17 chilometriquadrati di territorio sono rimasti poco piùdi 1,5 chilometri quadrati di terreno agricoloe boschivo e il Pgt prevede di urbanizzarloquasi tutto», spiega Paolo Micheli, animatoredi “Segrate nostra”. «Non si capisce perché vo-gliono davvero costruire ovunque nei prossi-mi cinque anni». La risposta secondo Damia-

no Di Simine di Legambiente è «nell’incre-mento di valore delle aree, che decuplicanoil loro prezzo. Nessuna produzione agricolapuò dare così tanto. Il verde artificiale poiserve a vendere meglio le case a coloro chepossono permetterselo: i ricchi milanesi, co-me quelli che sono andati a vivere negli anni’70 a Milano 2 e a San Felice», precisa l’am-bientalista. «Per fortuna, l’hinterland è anco-ra agricolo. Ci sono circa 80 cascine attorno aMilano che producono latte, formaggi, granoe riso. Parliamo di un patrimonio inestimabi-le sul piano ambientale», aggiunge Di Simi-ne, «basti pensare che ogni ettaro può dare fi-no a 6.000 chili di pane all’anno».

Sono cifre che fanno riflettere in vistadell’Expo che si terrà a Milano nel 2015 cheha come titolo: “Nutrire il pianeta, energiaper la vita”. Il cibo e l’acqua saranno dunquei temi dominanti della grande esposizioneuniversale che, ironia della sorte, sorgerà su100 ettari di terreno agricolo, cui occorre ag-giungere altri 140 ettari per un quartiere resi-denziale, alberghi e un megacentro commer-ciale. Una certa idea di progresso sta così tra-sformando i campi in aree commerciali. An-che Segrate ha dato il via libera al più grandecentro commerciale d’Europa: il WestfieldMilan shopping center con oltre 14 mila po-sti auto. Questa volta, per fortuna, non c’èun campo di mais da sacrificare perché il tut-to sorgerà sull’area dell’ex dogana. Ma pro-prio di fronte al nuovo tempio del consumi-smo è stata abbattuta la cascina Lirone, risa-lente al XVI secolo. Al suo posto ora svettanodue palazzoni che sovrastano un boschettodi robinie miracolosamente integro. L’agri-coltura è il passato. Avanti tutta con il pro-gresso. Giuseppe Altamore

Ogni giornospariscono 100 ettaridi terre coltivateper far postoa strade, case, centricommerciali. Unreferendum a Romae un disegno di leggeper fermareil consumo del suolo.

A destra: nuove case

a Segrate laddove fino a tre

anni fa c’erano dei campi

coltivati oggi trasformati

nel Centro Parco.

00,0%Testo dsfgsdf gdf gsdf gsdf gsdf gfsd gsdfgfsd gd fsdf dsf gsdf sdf gsdf sgdf

1,5 milioniGli ettari cementificati

dagli anni ’50 a oggi, unasuperficie pari alla Calabria.

80%La percentuale di risorsealimentari attualmentecoperta dall’Italia.

00,0%Testo dsfgsdf gdf gsdf

gsdf gsdf gfsd gsdf gfsd gdfsdf dsf gsdf sdf gsdf sgdf

1,3 milionidi metri cubi che si

potranno edificare neiprossimi anni a Segrate.

5 milioniGli ettari coltivati perdutitra il 1971 e il 2010, unasuperficie pari a tre Regioni.

Un bambino

afghano

scherza

con alcuni

soldati

americani.

Addio vecchie cascine, pratie coltivazioni di mais. Il Comunedi Segrate trasforma le areeancora libere in terreni edificabili.E i cittadini si appellanoal ministro dell’Agricoltura.

di GIUSEPPE ALTAMORE

Qui sotto: i cartelloni

pubblicitari di Milano

Santa Monica. In alto,

accanto al titolo:

vista aerea di Segrate.

1,5 milionidi metri quadrati di terreno agricolo

trasformati in aree residenziali a e parchi.

ATTUALITÀ INCHIESTA

La cascina Lirone,

risalente al XVI sec.,

citata tra le cose da

vedere nel sito della

Provincia di Milano,

demolita per far

posto ai due edifici

che si vedono nella

foto in alto.

56famiglia cristiana n. 35/2012

57famiglia cristiana n. 35/2012

Ctesto ottanta righe gfhghjgj ghjgjghjyhjssdfsdfsdhj hjhjkhk jghkhkh Giuseppe Altamore

Il ministro Catania:«Salviamo l’agricoltura»

Affari in campoSopra: l’assessore

Angelo Zanoli. Sotto:

Paolo Micheli del comitato

“Segrate nostra”. In alto:

pecore nel Golfo agricolo.

ATTUALITÀ INCHIESTA

Sopra: il Golfo agricolo

di Segrate destinato

ad area residenziale

e boschi da piantumare.

In alto, a destra: Sergio

Marini e Mario Catania.

Ltesto secondo pezzo di settanta ri-ghebvhvhvh vhvhvghvgh ghfhg XX

«Negli ultimi 40 anni in Italia sonostati persi cinque milioni di terre-ni agricoli e si continuano a im-

permeabilizzare 100 ettari ogni giorno», diceil ministro dell’Agricoltura Mario Catania.«Oltre tutto il consumo di suolo agricolo e lacementificazione interessano i nostri terrenimigliori, i più fertili. Dobbiamo invertire im-mediatamente questa tendenza che ha avutodegli effetti deleteri anche sul territorio di Ro-ma, che è un Comune agricolo molto impor-tante. Ecco perché ho firmato il referendum».

Si è espresso così il ministro Catania do-po aver firmato il referendum romano, pro-mosso dal comitato “Roma Sì Muove”. Nellospecifico, il ministro ha sottoscritto il quesitonumero 6, con il quale si chiede che «Roma Ca-pitale adotti tutti gli atti ed effettui tutte leazioni necessarie a predisporre e attuare, attra-verso la revisione dei piani edificatori del Pia-no generale del territorio e le conseguenti mi-sure di salvaguardia, un piano straordinario fi-nalizzato allo stop del consumo di territorio eal recupero qualitativo ed energetico del patri-monio edilizio e dei tessuti urbani esistenti».

«Per salvare i campi dalla cementificazio-ne, dobbiamo smettere di costruire ex novo eriqualificare quanto è già stato edificato», so-stiene il ministro. «Dobbiamo orientare i no-

stri sforzi verso il riuso del patrimonio edili-zio che già abbiamo, come le periferie urba-ne, mettendolo in sicurezza e ristrutturando-lo. Si tratta di una sfida fondamentale nonsolo per il futuro della città di Roma, ma an-che dell’intero Paese, che è stato deturpatoin modo irreversibile da un’edilizia che ha ro-vinato anche il paesaggio». Per arrestare il di-lagante consumo del suolo agricolo, per laprima volta un ministro si impegna a presen-tare in Consiglio dei ministri un disegno dilegge. «L’obiettivo di questa norma è valoriz-zare i suoli agricoli e limitare il fenomenodella cementificazione su tutto il territorionazionale. Al momento stiamo raccogliendo,da parte di tutti i soggetti interessati, suggeri-menti e proposte per implementarlo», ha as-sicurato il ministro. «Larga parte del mondoagricolo e delle associazioni ambientalistehanno espresso fin da subito un forte apprez-zamento per questo progetto che, per essererealizzato, deve poter contare sul contributoe l’adesione di tutti».

Come è emerso dal rapporto realizzatodal ministero dell’Agricoltura, presentatolo scorso 24 luglio durante il convegno “Co-struire il futuro: difendere l'agricoltura dallacementificazione”, ogni giorno in Italia ven-gono impermeabilizzati 100 ettari di terreni

naturali. Secondo l’Istat, dagli anni ’70 a og-gi l’Italia ha perso una superficie agricola pa-ri a Liguria, Lombardia ed Emilia Romagnamesse insieme. Perché? E cosa ne è del terri-torio sottratto all’agricoltura?

«I ritmi attuali di consumo del territorio el’eccesso di urbanizzazione», dice il presiden-te della Coldiretti Sergio Marini, «non solo ri-schiano di stravolgere il volto dell’Italia, maanche di modificare irreversibilmente le con-dizioni climatiche, ambientali e sociali delnostro Paese. Il cibo che mangiamo, l’ariache respiriamo, il paesaggio di cui godiamodipendono tutte dalla nostra terra». La conti-nua perdita di terreno agricolo porta l’Italiaa dipendere sempre più dall’estero per l’ap-provvigionamento di cibo. La riduzione mag-giore riguarda i campi di grano e i prati per-manenti, da cui provengono i principali pro-dotti di base della nostra alimentazione: pa-ne, pasta, riso, verdure, carne, latte.

«Serve una battaglia di civiltà, per rimette-re l’agricoltura al centro di quel modello disviluppo che vogliamo dare al nostro Paese»,dice il ministro Catania. «Non penso, natural-mente, a un ritorno a un Paese agreste, maimmagino uno Stato che rispetti il proprioterritorio e che salvaguardi le proprie poten-zialità. Noi usciremo vincenti da questa crisise lo faremo con un nuovo modello di cresci-ta che passa necessariamente attraverso que-sti temi vitali». G.A.È

bastata una delibera per cambiare lasecolare storia di Segrate, cittadina di35 mila abitanti alle porte di Milano,che ha cancellato di colpo tutte le

aree agricole. Una semplice decisione dellamaggioranza di Centrodestra, lo scorso 14febbraio, ha segnato la fine degli ultimi cam-pi di mais, dei prati che profumano di fienoe di ciò che resta delle ultime cascine stori-che. La storia di Segrate non è isolata. Perrendersene conto, basta osservare, da unadelle colline della Brianza, la megalopoli cheavanza inghiottendo decine di ettari di cam-pagna. Un paesaggio caotico senza un appa-

rente disegno urbanistico ormai copre la Pia-nura Padana da Est a Ovest, dove capannoni,villette a schiera e palazzi, spesso invenduti,proliferano al posto dei campi coltivati.

«Fino a quando i bilanci dei Comuni si reg-geranno sugli oneri di urbanizzazione, saràutile costruire», dice l’architetto Vittorio Ri-gamonti, esperto del territorio per conto del-la Lega Nord. «Detto questo, il progresso nonsi può arrestare. Oggi non ha alcun senso ave-re un campo di mais a Segrate, meglio gover-nare l’urbanizzazione fissando dei paletti». Ecosì a Segrate e in tutta la Lombardia, dove ilconsumo del suolo agricolo ha raggiunto livel-li da record con 6.800 ettari persi nell’ultimodecennio, la parola che rimbalza nelle ammi-nistrazioni locali è preverdissement. Una paro-la francese che si capisce e non si capisce, mache si potrebbe tradurre con “piantumazionepreventiva”. Il Piano generale del territorio(Pgt) di Segrate prevede la trasformazione diquasi un milione e mezzo di metri quadrati diverde agricolo in aree residenziali.

Ma grazie al preverdissement, almeno inteoria, il 70 per cento della superficie è desti-nata a diventare bosco a spese del proprieta-rio del fondo, che è costretto a mettere a di-mora gli alberi prima dell’avvio dei lavoriedili. Sulla carta sembra facile. Il Pgt prevedeche il bosco prenda forma entro il prossimonovembre. Ma progetti di preverdissementnon ne sono stati presentati al Comune. Si ve-dono però i palazzi in costruzione, spesso fi-niti e invenduti. Complessi edilizi dai nomialtisonanti come Segrate Village e MilanoSanta Monica, dove i cantieri nell’area dellacascina Boffalora sono fermi a causa di guaigiudiziari. Ma l’amministrazione locale so-gna ancora una città verde e moderna.«Avremmo desiderato che Legambiente fossenostra alleata nella trasformazione di Segra-te», dice l’assessore all’Urbanistica, al territo-rio e all’edilizia privata Angelo Zanoli. «Se-

grate non può avere una dimensione agrico-la che appartiene a un altro tempo. E poil’agricoltura inquina... non si può coltivare ilmais sotto gli aerei che decollando scaricanoidrocarburi (l’aeroporto di Linate è nel terri-torio del Comune di Segrate, ndr). L’epocadelle cascine è finita.

Qui siamo a otto chilometri da piazzale Lo-reto, il cuore pulsante di Milano», si accaloral’assessore. «Grazie al nostro Pgt conservere-mo meglio il verde che sarà fruibile da tutti,mentre in un campo coltivato il cittadinonon può metterci piede. Faremo una cittàpiù grande, perché abbiamo bisogno di rag-giungere la massa critica di 50 mila abitan-ti per non farci assorbire da Milano». Non lapensano allo stesso modo i segratesi raccoltinel comitato “Segrate nostra” che hanno in-dirizzato recentemente una lettera aperta alministro dell’Agricoltura Mario Catania, af-finché blocchi i progetti edili nel Golfo agri-colo a ridosso di Milano 2. «Su 17 chilometriquadrati di territorio sono rimasti poco piùdi 1,5 chilometri quadrati di terreno agricoloe boschivo e il Pgt prevede di urbanizzarloquasi tutto», spiega Paolo Micheli, animatoredi “Segrate nostra”. «Non si capisce perché vo-gliono davvero costruire ovunque nei prossi-mi cinque anni». La risposta secondo Damia-

no Di Simine di Legambiente è «nell’incre-mento di valore delle aree, che decuplicanoil loro prezzo. Nessuna produzione agricolapuò dare così tanto. Il verde artificiale poiserve a vendere meglio le case a coloro chepossono permetterselo: i ricchi milanesi, co-me quelli che sono andati a vivere negli anni’70 a Milano 2 e a San Felice», precisa l’am-bientalista. «Per fortuna, l’hinterland è anco-ra agricolo. Ci sono circa 80 cascine attorno aMilano che producono latte, formaggi, granoe riso. Parliamo di un patrimonio inestimabi-le sul piano ambientale», aggiunge Di Simi-ne, «basti pensare che ogni ettaro può dare fi-no a 6.000 chili di pane all’anno».

Sono cifre che fanno riflettere in vistadell’Expo che si terrà a Milano nel 2015 cheha come titolo: “Nutrire il pianeta, energiaper la vita”. Il cibo e l’acqua saranno dunquei temi dominanti della grande esposizioneuniversale che, ironia della sorte, sorgerà su100 ettari di terreno agricolo, cui occorre ag-giungere altri 140 ettari per un quartiere resi-denziale, alberghi e un megacentro commer-ciale. Una certa idea di progresso sta così tra-sformando i campi in aree commerciali. An-che Segrate ha dato il via libera al più grandecentro commerciale d’Europa: il WestfieldMilan shopping center con oltre 14 mila po-sti auto. Questa volta, per fortuna, non c’èun campo di mais da sacrificare perché il tut-to sorgerà sull’area dell’ex dogana. Ma pro-prio di fronte al nuovo tempio del consumi-smo è stata abbattuta la cascina Lirone, risa-lente al XVI secolo. Al suo posto ora svettanodue palazzoni che sovrastano un boschettodi robinie miracolosamente integro. L’agri-coltura è il passato. Avanti tutta con il pro-gresso. Giuseppe Altamore

Ogni giornospariscono 100 ettaridi terre coltivateper far postoa strade, case, centricommerciali. Unreferendum a Romae un disegno di leggeper fermareil consumo del suolo.

A destra: nuove case

a Segrate laddove fino a tre

anni fa c’erano dei campi

coltivati oggi trasformati

nel Centro Parco.

00,0%Testo dsfgsdf gdf gsdf gsdf gsdf gfsd gsdfgfsd gd fsdf dsf gsdf sdf gsdf sgdf

1,5 milioniGli ettari cementificati

dagli anni ’50 a oggi, unasuperficie pari alla Calabria.

80%La percentuale di risorsealimentari attualmentecoperta dall’Italia.

00,0%Testo dsfgsdf gdf gsdf

gsdf gsdf gfsd gsdf gfsd gdfsdf dsf gsdf sdf gsdf sgdf

1,3 milionidi metri cubi che si

potranno edificare neiprossimi anni a Segrate.

5 milioniGli ettari coltivati perdutitra il 1971 e il 2010, unasuperficie pari a tre Regioni.

Un bambino

afghano

scherza

con alcuni

soldati

americani.

Addio vecchie cascine, pratie coltivazioni di mais. Il Comunedi Segrate trasforma le areeancora libere in terreni edificabili.E i cittadini si appellanoal ministro dell’Agricoltura.

di GIUSEPPE ALTAMORE

Qui sotto: i cartelloni

pubblicitari di Milano

Santa Monica. In alto,

accanto al titolo:

vista aerea di Segrate.

1,5 milionidi metri quadrati di terreno agricolo

trasformati in aree residenziali a e parchi.

ATTUALITÀ INCHIESTA

La cascina Lirone,

risalente al XVI sec.,

citata tra le cose da

vedere nel sito della

Provincia di Milano,

demolita per far

posto ai due edifici

che si vedono nella

foto in alto.

58famiglia cristiana n. 35/2012