Il mercurio N°8

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La ripresa del cammino sulla strada d’inchiostro.. IL MERC URIO

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lìottavo numero della rivista online: IL MERCURIO

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La ripresa del cammino sulla strada

d’inchiostro..

IL MERC

URIO

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IL MERCURIO

ALL’INTERNO:POLITICA

ATTUALITA’

ARGOMENTI

ESTERI

CULTURA

CREATIVITA’

LA REDAZIONE

Alessandro Frau Direttore

Augusto MontaruliAlberto GiarrizzoEleonora Cardogna MencucciSimone LeinardiCarlo PuggioniNicola IrimiaMaria Grazia Casagrande Francesco CasulaGian Marco PinnaAndrea MuraAntonella SpadaforaVincenzo Mereu

IL MERCURIO IL MERCURIO

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IL MERCURIO IL MERCURIO IL MERCURIO

L’EDITORIALE

Il ritorno all’opera, in punta di piedi.

Dopo una piccola pausa siamo tornati. Pronti come sempre ad agi-tare la coperta del nostro paese scrollando via la polvere che inde-lebilmente la ricopre. Non siamo dotati di un aspirapolvere e l’ef-ficacia della nostra azione è sempre risibile. Ma non per questo ci arrendiamo. Le molteplici piccole voci che esistono in Italia stanno contribuendo a ripulire il paese. Siamo orgogliosi di farne parte.L’Italia, purtroppo, non è cambiata di una virgola. Corrotta, di-sinformata, derubata. Ma fortunatamente ancora viva. Come una fiammella che tenta di resistere alle folate del potere e dell’omertà e che tenta di gettare una nuova luce tutt’intorno. Imperterrita dif-fonde il calore del rinnovamento e del futuro. Chissà se riusciremo a ritrovare la sveglia che la politica ha riposto in fondo al cassetto per farci dormire un sonno profondo e senza sogni.La fucina delle idee è in grado di operare con efficienza ma deve essere lasciata alla gestione di giovani operai idealisti. In questo caso avremmo una produzione tutta nuova. Un catalogo futurista pronto a rinnegare questo trentennio fallimentare. Attendiamo un passaggio di consegne. Una nuova era condotta da artigiani dall’animo ancora intatto. Nel nostro familiare, piccolo e confortevole mondo giornalistico è tornato il carburante.Buona lettura

Alessandro Frau

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LA POLITICA

Il centro-destra , e Berlusconi, hanno buonis-sime ragioni per esultare: han mantenuto le 2 regioni roccaforte che già governavano (Lom-bardia e Veneto) e ne hanno conquistato altre 4 (Piemonte, Lazio, Campania, Calabria). Visto così sembrerebbe un risultato trionfale per la destra italiana. Son del tutto legittimi, perciò, gli squilli di tromba che abbiamo senti-to risuonare in ogni dove nel circus mediatico, conditi dalle lacrime di vittoria della Polverini e la “deliranza” improvvisata da un La Russa scoppiettante. Scene di giubilo che regalano ab-bondante materiale a “blob”. Berlusconi e soci escono senza dubbio rinvigoriti da questa tor-nata elettorale. Ma attenzione! Le elezioni han-no svelato umori popolari che fi no ad ora erano rimasti in espressi.

L’ITALIA DOPO LE URNE

Uno sguardo d’insieme

L’astensionismo aumenta, i partiti di protesta (Lega e IdV) incrementano i consensi, i due partiti maggiori racimolano 3 milioni di voti in meno rispetto a 5 anni fa, e vi è la novità portata dalla nascita col botto del MoVimento a cinque stelle. I segnali di una disaffezione crescente a quel vec-chio modo di fare politica son sempre più palesi, e, per la serie “quando piove grandina”, anche il riconfermato governatore della Puglia Nichi Vendola , si scaglia oggi sulle pagine di Repubblica contro la politica dei partiti e lancia le sue “fabbriche del buon governo”. Per quelli che sono una vita (politica) che lavorano alla costruzione del bipolarismo in Italia, Lega, Italia dei Valori, il movimento di Grillo e il fenomeno Vendola sono di certo una spina nel fi anco ed una spia rossa accesa in stato d’allerta. Il voto di protesta è oramai un fattore cruciale della partita elettorale. Il 4% preso dai grillini nel Piemonte consegna alla Lega la regione, l’IdV continua a drenare consenso dal PD e anche nell’al-tro versante si verifi ca un effetto migrativo analogo dal PdL al Carroccio. Mettendo assieme tutti questi dati di fatto si intravede una realtà italiana che è in corso di evolu-zione, a dispetto di chi dice che il Paese è statico. Se Berlusconi continua a vincere non è solo a causa di uno stuolo di imbecilli e disonesti che lo vota per idiozia, disinformazione o convenienza materiale, ma anche per colpa della totale mediocrità e inadeguatezza dell’alternativa politica. Quale tra i movimenti prima citati potrebbe essere maggiormente in grado di sostituire questo vuo-to? Di Pietro? Propone un’opposizione solida, affi dabile, ma sterile nei contenuti. La Lega Nord? E’ un partito razzista, reazionario, incompetente, ignorante e populista. Il Movimento a cinque stelle sponsorizzato da Grillo? Troppo giovane per essere giudicato e avaro di esperienza pratica nel campo della politica vera e propria.

Gian Marco Pinna

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L’exploit di Vendola, per con-tro, è forse la più bella notizia proveniente da queste regio-nali. Vendola propone una visione del futuro molto sem-plice: più cultura, più diritti civili, più laicità, più verde. Il messaggio è tanto chiaro e semplice quanto elaborato e lungimirante. Investire sulla cultura significa investire sul capitale umano, unica fon-te di crescita economica per i paesi sviluppati, mentre la green economy, è una strate-gia perseguita pure da Barack Obama, che sa bene che “ri-pulire il pianeta” è solo uno dei risvolti positivi dell’eco-nomia verde, la quale crea migliaia di posti di lavoro e si sta rivelando negli USA un ottimo strumento anticrisi. Per quanto riguarda etica e società, invece, Vendola non fa altro che riaffermare il più vecchio principio di ogni de-mocrazia liberale: la laicità dello stato. Cosa sconosciuta ormai da destra a manca. C’è chi lo vorrebbe candidato pre-mier del centro-sinistra per il 2013. Speriamo solo che nel frattempo D’Alema si faccia i c***i suoi.

Gian Marco Pinna

DIMISSIONI SCAJOLA Espressione minuscola di un mare torbido

Un mondo sommerso in acque torbide. Questa è oggi la politica italiana. Un mondo misconosciuto alla gente che ignara persegue la sua vita in un’utopia voluta dalla televisione e dai giornali. Chi osa sorprendersi di fronte all’ennesima furbata di un politico? che si tratti di un ministro o di un deputato non importa. Le mani emergono da quel mare senza valori in cui solo taluni personaggi sono invitati a sguazzare. Un mare in cui sono state riversate tonnellate di rifiuti tossici che l’hanno reso una palude impraticabile e deprecabile. Luogo inadatto per una persona comune. Un luogo ostile al quale è vietato l’ingresso. Una palude di dimensioni oceaniche in cui si dividono i pasti cocco-drilli e pescecani inselvatichiti. Scajola potrebbe essere l’uno o l’altro. Scegliete a vostro piacere. En-trambe le specie si cibano di comuni cittadini. Di elettori. Di Italiani onesti.Il ministro non rappresenta che una minuscola punta insignificante di un iceberg gigantesco. Un iceberg che ogni tanto fuoriesce come un sottomarino acchiappato per il periscopio. Niente di serio. Niente che modifichi il corso degli eventi. Niente che possa bonificare la corruzione del potere.Il numero dei fuoriusciti dal mare melmoso sarà sempre minimo ri-spetto a quello dei nuovi adepti di forma bestiale. Smettiamola dun-que di scandalizzarci. Non è accaduto nulla di nuovo. Solo un bieco figuro che ha nuotato troppo vicino alla riva e si è spiaggiato. Un’ec-cezione che non cambia certamente la realtà mefitica in cui viviamo.

Alessandro Frau

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LA LENTE D’INGRANDIMENTO LA DERIVA DEL NON-VOTO

ALBERTO GIARRIZZO

Qualunquismo e astensionismo:

la Democrazia è in pericolo

È evidente a chiunque che in Italia sta avendo luo-go un gravissimo distacco tra il sistema dei partiti, “lievito madre” della democrazia rappresentativa, e i cittadini, ragion d’essere dell’Italia in quanto nazione. La rissosità inconcludente tra gli schiera-menti e la sistematicità con cui si susseguono scan-dali, inchieste della magistratura e conseguenti ar-resti, sono elementi alla base della disaffezione dei cittadini riguardo al fare politica, e costituiscono il palese presupposto di due fenomeni dilaganti: il qualunquismo; l’astensionismo. Il primo, crescen-te soprattutto tra i giovani, sempre più disillusi, di-sincantati, frustrati nelle loro aspirazioni di cresci-ta e affermazione, nichilisti e distanti dall’idea che possa esistere, oltre il ristretto confine percettivo- morale che li identifica, una res publica di ordine superiore: un’entità collettiva, dalla quale possano ricevere e verso la quale orientare traguardi, scelte, il proprio appassionato contributo di partecipazio-ne e di testimonianza. Il secondo, invece, è in au-mento soprattutto tra coloro che negli anni passati o anche più recentemente, hanno voluto sentirsi parte attiva della politica, partecipando alla vita dei partiti, sostenendoli dall’esterno e dall’interno, tesserandosi, contribuendo al loro consolidamento, affezionandosi ai loro leader e ai loro programmi di rinnovamento ideologico.Per ciascuno dei due gruppi sociali, seppure con gradi di consapevolez-za e modalità ben diverse, sembra sia stata frustra-ta l’idea fondo, quella di essere parte integrante di

un progetto più grande: l’Italia. La rassegnazione, circa l’immodificabilità e irredimibilità del sistema, è diventata fattor comune tra qualunquisti e asten-sionisti. I primi, in modo particolare, riducono la questione affermando che tanto, in politica, sono tutti uguali, che senso avrebbe, quindi, informarsi o impegnarsi per qualcosa o qualcuno. Se si decide di andare a votare e il meteo non suggerisce altre scel-te, ben più goderecce, si sceglie il candidato più sim-patico, quello che è stato suggerito dall’amico o che va di moda, sulla base delle voci di strada. I secondi tendono, invece, a discutere tra loro, per piangersi addosso e rimpiangere, posti di fronte all’inquietan-te interrogativo di sempre, quanto meno a sinistra: che fare?. Il risultato è, alla fine, identico: la non par-tecipazione, patologia grave della nostra democrazia rappresentativa, che rischia per questo malessere en-demico di tramontare definitivamente.Il vero perico-lo per la democrazia, infatti, non risiede tanto nella

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sono almeno comprensibili, a livello locale, e vi è in più la possibilità di tracciare, con maggiore con-sapevolezza e precisione, il quadro delle responsa-bilità specifi che, inerenti agli insuccessi o ai meriti di una determinata azione politica. La democrazia è in pericolo perché si è andata smarrendo la pos-sibilità di sperimentarla concretamente da parte di ciascuno di noi. La graduale burocratizzazione dei rapporti sociali, la diffusa e pervasiva presen-za dei partiti nella vita pubblica e l’alienazione della gente comune rispetto alle istituzioni e allo Stato, sempre più distanti da ciò che il cittadino sperimenta quotidianamente nella propria comu-nità locale, rischiano di diventare la premessa per uno sbocco drammaticamente possibile: il dogma-tismo del pensiero unico dominante. Torniamo a vivere la politica nella comunità cui partecipiamo. Torniamo a viverla con la coscienza di essere non soltanto cittadini vessati e incompresi, ma con la voglia di esprimere la nostra opinione, con forza e determinazione. Aggreghiamoci e rendiamoci pro-motori di nuovi soggetti politici locali, che diano chiare risposte e indicazioni serie, rigorose e se-vere all’autoreferenzialità delle ristrette oligarchie imperanti nei partiti nazionali

spinta anarchica del megalomane per eccellenza, a tutti ben noto, ma nei cittadini che non partecipano alla vita pubblica, che non vivono, non testimoniano e non alimentano, con la loro fattiva partecipazione, la Democrazia.Il problema, quindi, è come fare a recuperare i citta-dini e i giovani, soprattutto, alla politica e alla par-tecipazione democratica. Io credo che la soluzione sia da sperimentarsi nel favorire la costituzione di movimenti locali, che incoraggino l’avvicinamento dei cittadini alla vita e alle scelte della comunità in cui risiedono. I grandi “partiti apparato”, quelli che per fare opinione abbisognano sempre più di presen-za negli spettacoli televisivi e di un esasperato cica-leccio pseudo- giornalistico, sono dal mio modesto punto di vista arrivati al capolinea della storia. Quel-lo che può riavvicinare la gente comune alla poli-tica è il loro coinvolgimento fattivo nelle faccende dell’ambito territoriale in cui vivono. Tali questioni

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ATTUALITA’

La Laurea Triennale: un vero flop!

Proprio un flop totale. Un insuccesso su tutta la linea. Sono passati più di 10 anni dall’introduzione del sistema a doppio ciclo, quello che comprende laurea triennale e laurea specialistica, e ora si sco-pre che non ha migliorato l’università italiana. La Corte dei Conti ha dimostrato con dei dati indiscu-tibili che la riforma è bocciata senza appello: non ha prodotto nessuno dei risultati attesi, non ha au-mentato il numero dei laureati e non ha migliorato la qualità dell’offerta formativa.Per di più si è dimostrata anche nemica degli stu-denti perché ha generato un esagerato incremento di offerta con una eccessiva frammentazione e una moltiplicazione, spesso non motivata, dei corsi di studio: sono passati da 2.444 nel 1999-2000 a 3103 nel 2007-2008. Il caos ha imparato a regnare sovrano negli atenei italiani.Se si analizza l’ambito degli “abbandoni” il dato non migliora affatto. C’è stato un impatto minimo del doppio ciclo laurea triennale-laurea speciali-stica a riguardo: quelli dopo il primo anno sono nell’anno accademico 2006-2007 pari al 20%, va-lore sostanzialmente analogo a quello registrato negli anni pre-riforma. Una piaga che continua a persistere senza essere stata limitata.In ambito economico la Corte dei conti afferma: “In linea con l’autonomia riconosciuta agli atenei serve un intervento che agevoli, sotto il profilo ge-stionale, l’utilizzo delle risorse provenienti dal set-tore privato e imprenditoriale”. Ma nell’attesa che i privati entrino con un peso maggiore nell’univer-sità le poche risorse statali a disposizione vanno indirizzate verso le realtà più meritevoli.

Il Governo sta facendo passi in questa direzio-ne, prevedendo che dal 2009 il 7% di tutti i finanziamenti statali vengano erogati alle uni-versità prendendo in considerazione, accanto alla qualità dell’offerta formativa e i risultati dei processi formativi, la qualità della ricerca scientifica”. Una visione abbastanza discutibi-le.Secondo l’organo è necessario razionalizzare l’offerta didattica. “Già si è cominciato a sfol-tire i corsi, i dati rilevati per l’anno accademico 2009-2010 mostrano un decremento rispetto all’anno accademico precedente del 7,7% per i corsi di primo livello e del 6,29% per i corsi di secondo livello. Una tendenza che dovrebbe essere confermata anche per l’anno accademi-co 2010-2011 e che rappresenta un buon punto da cui ripartire”.

Alessandro Frau

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Candidare Roberto Saviano? Ecco perché sarebbe un grave errore!

L’espresso, settimanale del gruppo La Repubblica, analizza l’ennesima sconfitta del centrosinistra in Ita-lia guardandosi intorno alla ricerca di un nuovo leader che possa ribaltare la situazione italiana e mandare a casa Berlusconi. Una caccia al nome che ha coinvol-to tantissimi esponenti di spicco della nostra cultura e società.Tra i tanti si sta facendo largo il nome di Roberto Savia-no che molti vorrebbero come candidato alle prossime elezioni nazionali. Una proposta che lo stesso Saviano ha già declinato con molta eleganza dimostrando anco-ra una volta la sua intelligenza e la sua integrità morale. Certamente sarebbe facile per lui accettare un cambia-mento così importante. Verrebbe osannato e portato in trionfo dalla maggior parte degli elettori dell’opposi-zione italiana. Ma.. a mio giudizio sarebbe un grave errore. Saviano ha il suo ruolo in questa società. Un compito fondamentale.

Un lavoro difficilissimo che in Italia è affi-dato a pochissimi prescelti: l’analisi intel-lettuale della società e la denuncia dei suoi limiti e delle sue ingiustizie. Cosa che per altro lo scrittore campano fa perfettamente e con grande maestria. Per gestire correttamente un paese serve un leader “politico” che abbia una preparazio-ne alle spalle, una conoscenza accurata di tutti i meccanismi che determinano il fun-zionamento di una nazione come l’Italia e l’oratoria degna di un grande retore. Ciascuno ha il suo posto all’interno del mondo. Il partito democratico deve volgere lo sguardo e individuare la figura che pos-sieda le peculiarità adatte alla gestione del potere, che sia amato dal popolo e che sia onestamente capace di prendere il timone dello Stato. In questo momento la persona che più si avvicina a questa descrizione è Nichi Ven-dola: preparato, colto, abituato ad ascolta-re la gente, innovativo. Ma soprattutto un politico che sia degno di fregiarsi di tale titolo.La politica italiana ha bisogno di politici veri così come la letteratura ha bisogno di scrittori autentici e competenti. Vendola e Saviano sono le soluzioni adatte per inizia-re a vedere la luce in queste due discipline in decadenza repentina. Ognuno però dentro al suo vestito.

Alessandro Frau

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Antonella Spadafora

Il Tirreno è casa mia.Ho imparato a nuotare nelle sue acque, prima ancora di saper camminare. Le sue acque mitiche, avamposto omerico per la conoscenza. Le sue acque delicate, Le sue coste straziate. Non so dirvi quanti spa-venti mi sono presa, quando mi immerge-vo e, abituati gli occhi al buio, trovavo le praterie di posidonie fluttuanti. Mi sem-brava mi volessero ipnotizzare e attirarmi in profondità. Per chi come me è cresciuto con l’Odissea questi posti riecheggiano di eroi, Dei, mostri marini che si contendo-no i naviganti. Un mare magnifico che si tinge di viola, con spiagge dai nomi sug-gestivi, Praia di Fuoco, Spiaggia delle Si-rene, nelle quali il sole se ne va a morire. E quelle sette perle che sembrano affiorare dall’azzurro solo per farti sentire felice di essere vivo. È un mare in cui ti tuffi per cercare il mito e trovi la vita. Ogni volta che da Cosenza vado a Catania ho il mio piccolo rito. Innanzitutto mi fermo a Piz-zo, a mangiare il tartufo, e poi inizio a cer-care Stromboli con lo sguardo..poi la co-sta siciliana.. Tutte le volte spero di essere vittima della Fata Morgana, ma a me non è mai capitato…Arrivata sul traghetto mi affaccio sul pon-te e penso:“Raccontami, o Musa, l’uomo ricco d’astuzie che a lungo errò dopo che ebbe distrutto la rocca sacra di Troia” .Io la chiamo la mia pausa-Omero, che mi rimette in contatto con qualcosa di anti-co ma ancora pulsante che è accaduto in questi luoghi.. Poi vado al bar e mangio un arancino! Mi godo tutto il viaggio, con tutto quello che comporta, mi godo anche questa pausa che mi permette di riflettere e godere dello splendido paesaggio dello stretto, quei tre chilometri deliziosi che ci

separano e che ci uniscono… che ci uniscono, certo, questo spettacolo della natura la Calabria e la Sicilia lo condividono.L’arancino finisce subito, e anche la traghettata! (il vero incubo inizia ora, attraversare Messina..)Bene, qui finisce la poesia e inizia la fredda analisi: qual è il vero progresso? Costruire il ponte-meraviglia o acquisire una mentalità rispettosa dell’ambiente? Io il progresso lo vedo come progresso sociale, presa di coscienza di quanto l’opera dell’uomo sia impattante, straziante, e di quanto ciò si riper-cuota presto o tardi come un boomerang.Siamo sempre critici nei confronti del “falso progresso” dei cinesi, che con la loro diga-meraviglia hanno fatto estinguere il delfino d’acqua dolce, ma vogliamo costruire un ponte la cui immensa campata proietterà un’ombra tale da essere percepita come una barriera dai pesci di passo (tonni, pesce spada, su cui si basa la pesca nello stretto). Avete chiesto agli abitanti di Bagnara, capitale degli “spadari”, cosa ne pensano?? L’illuminazione notturna modificherà, naturalmente, il com-portamento delle specie marine e non, e sappiamo quanto sia peculiare e delicato l’ecosistema dello stretto… inoltre verreb-be compromesso anche l’ecosistema della riserva naturale del Pantano (dove già inizierebbe la struttura del ponte).l’ecosistema della riserva naturale del Pantano (dove già ini-zierebbe la struttura del ponte). Sia in Calabria che in Sicilia un centinaio di persone subiranno l’espropriazione… diverse centinaia vivranno con i piloni sulla loro testa….sulle spiagge immediatamente vicino al ponte chi ci andrà più in vacanza?

INCHIESTA: Perché dire “No!” al ponte di Messina

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Antonella Spadafora

sì che hanno saputo tutelarsi e anche va-lorizzarsi, inventandosi una particolarità e costruendoci su tutto il terziario.. E poi veniamo alla questione politica. Questa storia del ponte mi sembra che sia pro-prio un volerci buttare “Fumo negli oc-chi”.La Lega è tornata all’attacco con la se-cessione, solo che hanno deciso di pro-cedere per tappe, e la devoluzione è la prima. Dopo averci affamato, succhia-to anche l’anima, averci fatto emigra-re facendo la fortuna di altri paesi, ora ci scaricano e con disprezzo! E lo fan-no secondo le regole della democrazia, perché li abbiamo mandati al governo! La realizzazione del ponte è fumo negli occhi per non farci vedere quanto stiano allargando il divario Nord Sud, quan-to siano pronti a sganciarci, lasciandoci nella merda, con le strade che franano, e il ponte meraviglia!Non sarà un ponte a unirci, quello che può unirci è la presa di coscienza di noi tutti popoli del sud sulla piega degli eventi politici oggi in Italia. Questo ponte è fumo negli occhi.Io, se fossi presidente del consiglio, vor-rei passare alla storia per aver governa-to onestamente, per aver sostenuto leggi giuste, per aver operato delle politiche sociali accorte, rivalutato la questione meridionale, promosso l’istruzione…..Non vorrei passare alla storia per aver re-alizzato il peggiore degli ecomostri!

Ps: se dovete andare in Sicilia, non avete tempo da perdere e prendete l’aereo…..niente tartufo e niente arancino…! ma almeno non ingrassate!

Sai che meraviglia fare il bagno sotto i piloni…Vorrei citare testualmente l’intervento del professor Pieroni, docente all’Unical, intervento che ho trovato sul numero 119 di Meridiani:“il ponte non è moderno. È indietro sulla realtà attuale di al-meno venti anni: stiamo andando verso progetti di demotoriz-zazione, stiamo tornando a utilizzare il mare e le vie fluviali, stiamo andando verso fonti di energia alternative e rinnovabili, verso una mobilità diversa, le stesse scienze delle costruzio-ni si interrogano sulla utilità e sulla durata del cemento e ci si spaccia come moderno un mastodontico nastro di cemento, acciaio e asfalto per automobili. Tra i paesi industrializzati sia-mo quello che detiene il record anacronistico del trasporto su gomma: il ponte ci aiuterà a restare fanalino di coda in questa graduatoria”“il ponte sullo stretto è ancora un modello di non sviluppo, per-ché non sviluppa le forze locali, nega altre priorità sul terreno delle politiche sociali, dove urgono invece servizi diffusi e ca-pillari; distrugge una risorsa dell’ambiente: la bellezza….. una risorsa che, se ben gestita e valorizzata, è capace di produrre ricchezza” Il professor Pieroni si è fatto promotore di un appello all’Une-sco perché l’area dello stretto diventi Patrimonio dell’Umanità e goda quindi di speciali tutele. Ecco una bella iniziativa da sostenere! Nel centro e nord Italia è pieno di siti, centri storici, parchi pro-tetti dall’Unesco, pensate al parco delle 5 terre in Liguria, loro

INCHIESTA: Perché dire “No!” al ponte di Messina

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IL MERCURIO IL MERCURIO L’INTERVISTA Alessandro Frau dialoga con Nicola IrimiaQuesta piccola intervista potrà sembrare qualcosa di artefatto e poco importante ma non è affatto così. Nicola Irimia, oltre a scrivere per questo giornale, è il rappresentante di quel “popolo” che non si rispec-chia più nella classe dirigente politica attuale. La sua sfida elettorale, che non ha data di scadenza, pone alla ribalta il pensiero del cittadino comune, stanco della solfa blaterante del parlamento italiano.Se fosse presente all’interno di una lista lo voterei assolutamente perché è pronto a combattere le battaglie che vorrei vivere e vincere. Battaglie volte a migliorare questo paese che ha imboccato una via oscura e senza approdo, sempre più lontana dal volere dei semplici elettori.

Nicola Irimia, siamo contenti di poterla intervistare, in-nanzitutto può dirci, chi é e come mai ha deciso di intra-prendere questa battaglia?

Sono un operaio metalmeccanico , padre di 4 figli, che ultima-mente fa molta fatica ad arrivare alla fine del mese.Ho deciso di mettermi in discussione in prima persona, perchè semplicemente non mi sento rappresentato da nessuno in poli-tica. Mi spiego: la classe lavoratrice in questo paese è formata da qualche decina di milioni di persone, mentre in Parlamento secondo Lei da chi è rappresentata?Chi è in grado capire i bisogni comuni, se il mondo politico non vive gli stessi problemi della gente che rappresenta?

Perché un operaio sente il bisogno di proporsi in prima linea in politica? Vede, qualche decennio fa in questo paese, anche la classe operaia aveva la possibilità di misurarsi con quel-la che oggi viene chiamata “la classe dirigente”, proprio perchè nel Parlamento vi era qualche partito che aveva ancora a cuore i problemi dei proletari.Nei tempi nostri, tutto è cambiato, e nella politica ci finisci solo perchè sei l’amico di, oppure sei una bella donna, o magari un mezzo busto televisivo conosciuto, o un libero professionista di successo! Mentre la classe operaia viene eletta solo in seguito a gravi incidenti sul lavoro (vedi caso Tyssen, dove sia la destra che la sinistra hanno eletto tra le loro fila, i ragazzi scampati al rogo che si è sviluppato nella fabbrica torinese) quindi la politica lo ha fatto solo per lavarsi la coscienza di fronte ad una terribile sciagura accaduta per la noncuranza della classe dirigente di quello stabilimento!

Se avesse di fronte a lei i vertici del Partito Democratico cosa direbbe loro e di quali colpe li accuse-rebbe?Se avessi davanti i vertici del PD, direi loro che non avremmo mai un cambiamento nella politica, se non si decide di tornare in mezzo alla gente, di stare dalla parte dei più deboli, di inseguire gli stessi ideali che una volta hanno fatto dei partiti di sinistra la parte politica che proteggeva la classe operaia!Direi ai dirigenti del mio partito di cambiare atteggiamento: sono ormai troppo ingessati e troppo impegnati ad inseguire i loro interessi! Quando un uomo politico, appartenente ad un partito che protegge le classi medio basse del paese, sta in Parlamento da venti-trent’anni, senza che abbia mai combinato nulla di buono che fosse fruibile da parte di tutto il popolo, beh.. credo che debba solo fare un mea culpa e andarsene a fare dell’altro (sempre che sappia fare qualcos’altro).

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IL MERCURIO IL MERCURIOSecondo lei perché molti operai oggi votano Lega Nord?Vede, dal mio punto di vista, la Lega Nord ha capito che la gente può essere convinta a dare il proprio voto, semplicemente facendo ciò che una volta era appanaggio del PCI, e cioè la Piazza!Dalla mie parti la Lega è sempre perennemente sul teritorio, mentre il mio partito ha dimenticato da dove viene. Il PD ha dirigenti talmente assenti che credono che per il solo fatto di essere in un territorio “rosso”per eccellenza e tradizione, si avrà sempre il voto della gente. Ma non è cosi, ed infatti ad ogni appuntamento elettorale la Lega erode voti al PD! Dunque possiamo dire che la Lega dà risposte anche se sono quasi sempre sbagliate. Cosa farebbe in concreto se fosse eletto? Quali sono i punti fondamentali del suo programma?Sono perfettamente conscio del fatto che l’elezione di una semplice persona, senza nessun partito alla spalle, sia molto difficile, tuttavia, io nel caso avanzerei queste proposte!Presentare subito una proposta di Legge, che leghi lo stipendio dei politici ai risultati che il loro lavoro darà, per inciso mi sembra sproporzionato che un deputato prenda uno stipendio cosi alto a prescindere dai risultati. L’evasione fiscale è una piaga che grida giustizia ogni volta che vengono resi noti i dati, quindi proporrei un disegno di Legge che dia la possibilità a tutti i cittadini di scaricare tutte le spese che fanno, cosi facendo l’evasione scomparirebbe da sola!L’altra multinazionale che macina utili in questo paese è la Malavita organizzata, per cui , quando si parla di arresti tra le sue fila credo che si possa parlare fin da subito di CONFISCA dei beni, non Le pare? Un’altra problema che nel nostro paese sta prendendo sempre più piede è il lavoro precario, quindi anche qui si deve procedere per stabilizzare quelli che nel mercato del lavoro (privato, ma sopratutto pubblico)sono precari a vita. La scuola, per esempio deve tornare ad essere la punta di diamante nel nostro paese, giacchè deve preparare le generazioni future!

Come giudica le recenti elezioni regionali e cosa pensa dell’elettore italiano medio?Le passate elezioni Regionali, hanno visto la compagine del centrodestra, vincere in molte regioni, mentre il centrosinistra ha pagato il fatto di essere sempre diviso al suo interno, ed anche di non voler proporre mai dei volti nuovi. E’ vero che anche il centro destra fatica a proporre volti nuovi, ma vince lo stesso perchè ha dalla sua un bombardamento mediatico senza precedenti, visto che il leader del centrodestra è anche proprietario di 3 televisioni ed ha un impero nella carta stampata!L’elettore medio Italiano spesso non riesce ad informarsi bene. Una grossa fetta di elettorato s’istruisce solo dalla TV, che come ho detto prima è appanaggio di una sola persona. Per ultima cosa, ma non per questo meno importante, dobbiamo tornare a dire che la classe politica in questo paese è nominata da qualche decina di persone, all’interno delle segreterie politiche, quindi i risultati non possono che essere questi attuali. Altra cosa sarebbe se la segreteria del partito si limitasse a prendere atto di ciò che i cittadini stabiliscono ognuno sul suo territorio, per intenderci facendo le primarie a tutti i livelli. Così ne vedremo delle belle!

Cosa si augura per il suo prossimo futuro?Il futuro io lo immagino in un paese dove sia veramente il popolo ad essere sovrano, come recita la nostra Costituzione.Ma fintantochè continuerà ad essere in vigore questo tipo di scelta che la gente fa, credo che non sia possibile avere dei significativi cambiamenti.Quando la politica tornerà ad essere tra la gente, e a scegliere tra la gente, allora vedremo fare politica molto meglio e il paese tornerà ad essere florido e ricco.

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IL MERCURIO IL MERCURIO ESTERI

LA GUINEA EQUATORIALE

Alle radici di una vergogna mondiale

La Guinea Equatoriale è un piccolo staterello dell’Afri-ca centro-occidentale. Uno dei paesi meno conosciuti dell’intero panorama mondiale ma che ha sulle spal-le una situazione politica, mediatica, amministrativa terribile. Una nazione sconosciuta nel quale sono pre-senti atroci attacchi alle libertà umane e ai diritti che ciascun individuo possiede fin dalla sua nascita. Al potere vi è Sua Eccellenza Teodoro Obiang Nguema Mbasog. Sull’isola maggiore c’è la capitale, all’inter-no della quale, in una zona cinta da barriere, vive la corte del “presidente” costretto a rifugiarsi lontano dal centro attivo della nazione per la sua impopolarità.I media appartengono alla famiglia del presidente e gli oppositori sono in esilio, visto che Sua Eccellenza ha minacciato di bollire e quindi mangiare i testicoli dei principali avversari politici e che qualcuno sostie-ne che lo faccia davvero. La feroce dittatura ha anche altre peculiarità che la rendono particolarmente degna d’attenzione, in particolare quella di essere seduta su un mare di petrolio. Con una popolazione inferiore al milione di abitanti e un reddito di oltre 20.000 dolla-ri pro-capite l’isola è un piccolo Kuwait africano, ma curiosamente oltre il 90% della popolazione vive nella miseria più assoluta.Nonostante sia tra i 60 paesi più ricchi del mondo, la sua popolazione risulta tra le più povere, non ci sono servizi sociali e la ricchezza derivante dal petrolio prende la via delle banche estere. In compenso ottiene un ottimo ottavo posto nella classifica dei paesi più corrotti.Per migliorare l’immagine del paese Teodoro non bada a spese e ha arruolato anche note agenzie di New York impegnate nel lobbying e nelle pubbliche rela-zioni; il regime versa da anni quasi mezzo milione di dollari al mese a tre o quattro di queste associazioni professionali. Teodoro ha risolto spianandola e cacciando gli abitan-ti nella foresta

Ovviamente abbattere un regime del genere, privo di forza militare e sostegno popolare, sarebbe un gioco da ragazzi per molti paesi, vicini e lontani, ma questo non accade.Non accade perché gli equato-guineani non hanno stampa, nessuno conosce i loro tormenti e nemme-no la grottesca dittatura che li governa sin dall’in-dipendenza, ma soprattutto perché a trarre enorme vantaggio dalla dittatura è la EXXON, che con-trolla il 70% delle estrazioni del paese e che paga a Teodoro royalties decisamente più basse della me-dia di mercato. Il resto dei blocchi se lo dividono altre compagnie americane e una cinese.Teodoro è ricevuto in Vaticano, perché è un fervente catto-lico, anche se ha assurto lo zio alla divinità e dice che lui stesso è in contatto con Dio e che può, per questo, uccidere chiunque senza andare all’infer-no. I suoi sudditi in maggioranza, non hanno mai goduto delle gioie dell’istruzione e sono governati con la violenza e la superstizione.

Alessandro Frau

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IL MERCURIO IL MERCURIOANTISEMITISMO: FENOMENO IN CONTINUA ASCESA

Un dato inequivocabile. L’antisemitismo è un fenomeno in conti-nua ascesa nonostante le terribili vicende del passato. Sembra che l’umanità stenti ad imparare dai propri errori e ricada nei soliti sbagli. Testimonianza di ciò è il rapporto che segnala un netto aumento degli episodi di violenza nel mondo a sfondo antisemita. Uno studio che è stato divulgato oggi in Israele e che sta avendo un notevole eco a livel-lo planetario. Questo rapporto, curato dal Centro studi dell’Università di Tel Aviv sull’antisemitismo e sul razzismo, dimostra come nell’anno appena passato siano stati registrati 1.129 episodi violenti di antisemi-tismo. Un aumento preoccupante visto che si tratta del doppio rispetto

a quelli avvenuti nel 2008 (559) da uno studio parallelo. L’apice maggiore e’ stato registrato nel gennaio 2009 e i curatori spiegano tale impennata con la concomitanza dell’evento che vide a Gaza l’esercito isra-eliano impegnato nella Operazione Piombo Fuso contro Hamas. La pubblicazione riguarda anche la distri-buzione di queste violenze e attacchi: gli umori antisemiti hanno avuto una espressione particolarmente significativa in Gran Bretagna (374 attacchi nel 2009, rispetto a 112 nel 2008), in Francia e in Canada. Tra le pagine del rapporto si legge: “La potenza e il carattere dell’ondata iniziata nel gennaio 2009 dimostrano che si e’ in presenza di una organizzazione prestabilita da parte di attivisti della estrema sinistra e di immi-granti musulmani”. Una dichiarazione strana visto che è maggiormente automatica un’associazione con i gruppi “neonazisti” per queste azioni deplorevoli. Il governo israeliano ha reso pubblici i risultati di questo studio visto il periodo di ricordo degli oltre sei milioni di ebrei sterminati dai nazisti. Mancano otto giorni alla giornata di indipendenza che quest’anno – secondo il calendario lunare ebraico – avrà luogo il 20 apri-le. Un’analisi che la stampa israeliana pone in primo piano contrapponendola al rafforzamento in Ungheria di una forza politica di estrema destra di matrice antisemita omaggiando parallelamente la scomparsa del presidente polacco Lech Kaczynsky il quale al contrario – secondo diversi opinionisti – aveva lottato con decisione contro l’antisemitismo.Alessandro Frau

LE CURIOSITA’ DALL’ANSA

FRANCIA: GOVERNO VIETA BURQA

Il governo francese ha adottato il progetto di legge che vieta di portare il burqa negli spazi pubblici, compresa la strada. “Il governo sta prendendo un percorso esigente, ma giusto”, ha dichiarato il pre-sidente Sarkozy.Il progetto di legge che stabilisce che “nessuno, nello spazio pubblico,possa portare una tenuta destinata a dissimulare il viso”, e’ stato adottato dal Cdm, malgrado il ‘no’ dei giuristi e di gran parte della comunita’ musulmana.Il testo passa al Parlamento.

FONTE ANSA

CINA: GIRO DI VITE CONTRO I TIBETANI

L’International campaign for Tibet (IcT) ha denun-ciato un giro di vite cinese contro gli artisti e gli scrittori tibetani.In un rapporto l’Itc parla di 31 tra scrittori, autori di blog, intellettuali e artisti arre-stati per aver espresso idee e opinioni sul governo cinese e in particolare sulla questione del Tibet. Il dossier mette in evidenza come dalla primavera 2008 molti scrittori, usando sia la carta stampata sia Internet, sono in prima linea a favore della causa tibetana.

FONTE ANSA

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IL MERCURIO IL MERCURIO LA DENUNCIA VERDE

Greenpeace si scaglia contro

la NestléAlessandro Frau

L’industria dolciaria sarebbe colpevole di alcune deprecavoli azioni contro la flora e la fau-na del nostro pianeta. L’asso-ciazione ambientalista denun-cia che nei prodotti come KIT KAT viene utilizzato l’olio di palma ottenuto solamente tra-mite la distruzione delle foreste torbiere indonesiane. Questa eliminazione contribuirebbe all’estinzione degli ultimi oran-ghi, vittime del cambiamento climatico associato.Greenpeace chiede dunque all’azienda alimentare di inter-rompere i rapporti commerciali con gli interlocutori indonesiani che forniscono tale olio come la Sinar Mas, definiti veri e propri criminali. Questa mattina più di un centinaio di attivisti, alcu-ni travestiti da oranghi, hanno invaso uffici e stabilimenti di Nestlé in Inghilterra, Germania e Olanda chiedendo allo staff della multinazionale dei cam-biamenti riguardo il proprio operato.

“Ogni volta che dai un morso al tuo Kit Kat – avverte Chiara Campione, responsabile della campagna Foreste di Greenpeace Italia – potre-sti, senza saperlo, prendere a morsi un pezzo di foresta e contribuire all’estinzione degli ultimi oranghi. E’ ora che Nestlé conceda un break alla foreste in Indonesia, interrompendo i rapporti

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IL MERCURIO IL MERCURIO

commerciali con il “campione” della deforesta-zione Sinar Mas”. Greenpeace ha ampiamente dimostrato a Nestlè che Sinar Mas infrange le leggi indonesiane e ignora i propri impegni come membro della RSPO ( Tavola Rotonda per l’Olio di Palma Sostenibile ) comportandosi anarchica-mente nei confronti del rispetto delle leggi

internazionali. Altre azien-de, come la Kraft, hanno in-terrotto la loro collaborazio-ne con quest’azienda mentre Nestlé si ostina a relazionar-si con essa ignorando questi dati allarmanti.Oltre alla protesta presso le industrie, Greenpeace ha preparato un video di sen-sibilizzazione per la vicen-da. Si tratta di immagini ab-bastanza forti, adatte ad un pubblico adulto, nelle quali un inconsapevole ‘collet-to bianco’ decide di fare un break con Kit Kat. Ma le cose non vanno affatto bene per il consumatore del famo-so snack. Greenpeace ha af-fermato di voler continuare questa battaglia fino a che la Nestlé non darà segnali forti nella direzione della salva-guardia delle foreste e degli oranghi realmente minaccia-ti dai suoi prodotti.

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IL MERCURIO IL MERCURIO FOCUS: l’amore e il dolore

Eleonora Cardogna Mencucci

L’AMORE NON SI IMPROVVISA

L’Amore non si improvvisa, seppure nasca in modoimprovviso, come se scaturisse dal nulla. L’Amore non si impone, non si progetta a tavolino, non si nasconde die-tro una formula matematica, non si elabora con la ragione. L’Amore si intuisce solo quando lo si sente nascere dentro di noi, quando lo viviamo nella sua pienezza e subiamo il dominio della sua tirannia. Perché l’Amore è bello, ma può anche distruggere con inaudita violenza tutto ciò che in suo nome abbiamo creato e farci male davvero. Prima di allo-ra, può anche leggersi dell’Amore; ci si può documentare; se ne può discutere e parlare con gli amici; ci si può fare un’idea, più o meno approssimativa.E’ il tema centrale di molta della narrativa universalee di un numero incredibile di poesie; di interi filoni distudio e di indagine filosofica. Ma l’Amore è una realtà emotiva sfuggente, che non si comprende fintanto che uno non lo incontra e non lo vive davvero.

Dell’Amore, quindi, può dirsi solo come una testimonianza personale, poiché non si basa su alcuna pretesa di verità scientifica, tale da potersi replicare in modo indiscriminato e/o automatico. Nell’esperienza di chi lo ha vissuto e, quindi, lo può testimoniare, l’infatuazione amorosa, anticamera dell’Amore, può nascere in diversi modi: da uno sguardo; da una parola, da un tono di voce, da un gesto delle mani o del corpo, da un odore e per-sino da un moto di stizza. E’ come se nell’Essere di un individuo, l’altro insinuasse un tarlo, una piccola cimice fastidiosa, che comincia a divorare e a svuotare dall’interno. In questa fase diventa quasi necessario parlare con l’altro o parlare con qualcuno dell’altro. Il pensiero dell’altro è continuo ed estenuante. Il turbamento di quella causa scatenante (il gesto, l’odore, lo sguardo,...), apparentemente innocente, si radica e si diffonde a tal punto da tormentare chi la prova in ogni istante, sia del giorno, sia della notte, in una spirale crescente che si autoalimenta. Su quel lieve turbamento iniziale, cominciano ad accavallarsi gli interrogativi, l’ansia e i bisogni di risposta. Perché ha fatto quel gesto, detto quella frase, mi ha guardato in quel modo? Perché mi ha fatto e mi sta facendo adesso questo effetto? Chi è lui/lei? Che cosa starà facendo in questo momento? Mi starà pensan-do? Avrà sentito anche lui/lei quella strana sensazione dentro? La scintilla iniziale è paragonabile al propagarsi delle onde sulla superficie dell’acqua in un lago. Come sull’acqua, le onde si propagano e dipartono dal punto esatto in cui è stato lanciato il sasso, per poi tornare indietro, una volta raggiunto il limite della riva, e riflettersi in un intricato gioco di simmetrie e sovrapposizioni. E quando l’Amore si svela ai nostri occhi non si può fare a meno di allungare una mano per toccarlo. Lo sfiori conla punta delle dita, hai quasi paura di una scossa. Senti un brivido che parte dalle mani e pervade ogni vena del tuo corpo. Si propaga, velocemente, senza rumore, perché l’Amore non ha bisogno di parole. Queste diventano superflue quando si hanno gli sguardi dell’amato posati sul tuo corpo. È questo la scossa: l’esasperato sentore di tutti i sensi. L’Amore è silenzio e sensi. La passione ti prende stordendo ogni singola cellula del tuo Essere. La Passione non è corpi, ma unione di Anime, che si fondono per ritrovarsi in una. E allora hai bisogno di olfatto, per riconoscere l’odore della pelle; di gusto, perché nel bacio c’è il nutrimento; di tatto, per stringerlo a te e sfiorarlo dolcemente; di vista, per far si che i vostri sguardi si incrocino e di udito, per ascoltare la dolce melodia dei gemiti.

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IL MERCURIO IL MERCURIOPerché quando hai il dolore

radicato dentro di te...

....... è difficile che questo ti lasci. Diventa come una droga della quale non puoi fare a meno. Così lo ricerchi in tutte le sue forme e manifestazioni. Perché è parte di te e tu non puoi vivere senza. Si viene a creare una sorta di relazione, in cui il Dolore è tuo compagno. E passeggiate a braccetto per i sentieri della solitudine. Davanti allo specchio, una ragazzina. Non si può ancora definire donna, è troppo piccola anche solo per pensare che un giorno lo diventerà davvero. E’ nuda. Si guarda così minuziosamente, sembra quasi che voglia leggersi i pen-sieri. Non è in grado di capirli. E’ troppo scossa per capire quello che le è successo. Tutti dicono che quando un ragazzo ti lascia si soffre, ma che poi passa, perché, in fondo, la vita va avanti. Ma nessuno sa realmente come può reagire una ragazza di fronte a tanta violenza. Non lo possono capire se la ragazza non parla e si guarda allo specchio. Si scruta. E ricorda quello che il ragazzo le ha fatto passare: lei era follemente innamorata di lui, lo vedeva così forte e sicuro di se. Era un uomo e lei lo amava. Era disposta a tutto per renderlo felice, anche con-cedersi ai suoi amici. Lui lo desiderava tanto. E poi quella voce che ti dice:”Controllalo. Lui mente”. E scoprire quanto quella voce avesse ragione. Lui mentiva. Lui aveva un’altra donna. Forse lei veniva trattata bene, forse non era solo il giochino pomeridiano suo e dei suoi amici. E’ lì, davanti allo specchio che sente l’odio esplodere. Sente come qualcosa che vuole uscire. Vede i suoi occhi iniettati di sangue e capisce che provocarsi quel dolore è l’unica via di uscita. Si avvicina al gabinetto e si infila due dita in gola e così tutto quell’odio esce. E lei prova dolore e vergogna. Gli stessi sentimenti che provava quando si concedeva a quei ragazzi. E stava bene. Quanto è facile perdersi nel dolore? Indipendentemente dalla forza di una persona, il dolore può entrare nella propria vita. E in quel momento si diventa come degli estranei, per gli altri, ma soprattutto per se stessi. Il cuore, da muscolo, rosso, forte e vivo, si trasforma in una pietra incapace di provare alcun tipo di sentimento. Dopo una delusione, se non hai qualcuno al tuo fianco che ti faccia capire quanto tu sia bella ed importante, inizia un lento ma potente declino. Dopo le violenze vissute, ci si illude di aver capito che gli uomini non cercano l’Amore, ma il divertimento, il gioco. E allora vuoi assecondarli ed essere importante per qualcuno, dato che non riesci ad esserlo neanche per te stessa. Allora si diventa ciniche, provocatrici. Ci si butta via. Poi si vuole buttare via tutto. Di nuovo. E ancora. Ancora. Ecco, si diventa fondamentalmente persone tristi. Cercatori di orgasmi volgari che lasciano un senso di vuoto. Ci si trasforma in persone sempre alla ricerca di un attimo di piacere che ci possa completare. Il Dolore non ti lascia. Un giorno incontri un uomo che ti fa stare bene e con quell’uomo ti apri, gli racconti quello che sei o quello che ti illudi di essere. Lui non ti crede, perché, quell’uomo i tuoi occhi li sa leggere davvero. Lui vede altro nel tuo sguardo. Tu hai paura, perché ti sei concessa troppe volte a persone che ti parlavano dei bei sentimenti. Ogni volta che i vostri sguardi si incontrano sentite una scossa e capisci che di lui ti puoi fidare davvero, senza avere paura del dolore. Ma il Dolore è bastardo e non ti lascia. Ti illudi di essertene liberata, di averlo lasciato. Ma questo si nasconde, per tornare allo scoperto proprio nel momento in cui credi di aver raggiunto una sorta di serenità ed equilibro. Proprio quando sei felice si presenta e ti benda gli occhi con la sua maschera, cosicché tu possa perdere ogni punto di riferimento. Una volta che il Dolore ti toglie la benda, ti rendi conto che in realtà quella è la spiaggia della malinconia, in cui si coltivano le preda. Si è come vittime sacrificali per un animale che ti divora. Dopo il sacrificio vai a bagnarti i piedi in quel mare, sperando di poter lavare di dosso la vergogna. Speri di poter nascondere tutto, come hai fatto per anni. Ma questa volta non sei da sola. Questa volta hai un uomo accanto che ti ama e che ha accettato tutto di te. Provi a nascondere tutto, vuoi espiare quella nuova colpa e farti travolgere nuovamente dallo schifo. Ma quell’uomo ti ama davvero e così ti apri nuovamente a lui. Lo colpisci a freddo, con un semplice pugnale nel petto. Lo trafiggi. Capisci che solo una cosa può lavare via l’umiliazione e il dolore. Che solo con l’Amore il tuo compagno di viaggio, il Dolore cer-cherà altri approdi. Non è con il vomito, i lividi e la volgarità che si cancella tutto, ma con la Bellezza, la Lucida Follia, la Passione, la Comunione e la Condivisione che tutto lascia solo un lieve segno dentro di te. La nostra totalità possiamo raggiungerla solo grazie a noi stessi. E possiamo rendere questa scoperta di noi più piacevole con la compagnia di una persona che sia in grado di capire ogni più remota piega del tuo essere.

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IL MERCURIO IL MERCURIO I PERSONAGGI

I 100 ANNI DI GILLO DORFLES

Gillo Dorfles ha appena superato il traguardo dei cen-to anni. Un traguardo per pochi. Un secolo di vita alle spalle e non sentirlo. Il professore mostra una vitalità sbalorditiva degna di un giovane. Cammina, viaggia, vive in perfetta autonomia, senza alcun aiuto per com-piere le azioni che in età così anziana risultano difficili.La città di Milano lo celebra con un’importante mostra dal nome “L’avanguardia tradita” aperta fino al 23 mag-gio. Un allestimento che riscopre il Dorfles pittore e critico. Inoltre esce in questi giorni, per Castelvecchi, Irritazio-ni (240 pagine, 18,50 euro), un collage di alcune celebri impennate del grande critico-storico nomade tra arte, architettura, moda, design, musica e costume.Dorfles ha recentemente dichiarato parlando di tanti ar-gomenti. Sulla memoria ad esempio: “La memoria è un valore importante e prezioso. Per esempio, anziché citare l’ul-timo saggista americano o francese, è grave dimenticare un grande filosofo come Enzo Paci o altri studiosi italia-ni importanti di cui nessuno più si occupa. Ma ritengo che sia sbagliato rifarsi sempre a quello che è stato o che si è fatto in passato. Vivere di ricordi è una trappola”. Ha riferito cose interessanti anche sulla creatività dei tempi contemporanei: “Non c’è dubbio che lo sviluppo esagerato dei mezzi di comunicazione e di informazione finisca paradossalmente per tarpare le ali alla fantasia anziché favorirlo. Però non credo che si possa dire che sia diminuita la voglia di creare e di inventare. Il perico-lo è l’eccesso di informazione. L’horror pleni, appunto. È il troppo pieno che è pericoloso”.Uno degli ultimi veri intellettuali italiani che ha ancora tanto da dare all’umanità come dimostrano i suoi pro-getti per il futuro: “Sono piuttosto ottimista, nonostante tutto.

Senza volermi imporre su di loro, io frequento molto i giovani. Non sono tra quelli che dicono che la gioventù d’oggi non vale niente o che non c’è più spazio per la fantasia. Mi è bastato vedere con quanto entusiasmo e interesse i bambini delle scuole milanesi sono venuti a ve-dere la mia modesta mostra. Mi è sem-brato un ottimo auspicio. Non solo per il mio futuro...”.

NEL 2009 DISSE:

“L’arte non prescinde dal tempo per esprimere sem-plicemente lo spirito del-la Storia universale, bensì è connessa al ruolo delle mode e a tutti gli ambiti del gusto”.

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IL MERCURIO IL MERCURIOAlfred Hitchcock: trentennale della morte

Mark Twain: il centesimo anniversario della morte

Il 21 aprile del 1910 moriva Mark Twain, uno dei più grandi scrittori ottocen-teschi della letteratura americana. Samuel Langhorne Clemens nacque in flori-da nel 1835 ed fu un’artista polivalente e dai grandi talenti: scrittore,umorista, letterato, lettore universitario e conferenziere. Una delle figure intellettuali più importanti del diciannovesimo secolo.Wikipedia riporta un interessante aneddoto che riguarda il suo nome: “Secondo alcuni il suo principale pseudonimo deriva da un grido (in antico slang americano) che era un tempo usato nella marineria fluviale degli Stati Uniti per segnalare la profondità delle acque nella navigazione fluviale: by the mark, twain, ovvero: dal segno, due (sottintesotese)”.

Sono numerosissimi i romanzi scritti da Mark Twain. Molti di questi fanno parte del canone internazionale della letteratura e ancora oggi sono conosciutissimi. Il più famoso è Le avventure di Huckleberry Finn (He-mingway lo definì con queste parole: “Tutta la letteratura moderna statunitense viene da un libro di Mark Twain Huckleberry Finn. Tutti gli scritti Americani derivano da quello. Non c’era niente prima. Non c’era stato niente di così buono in precedenza”). Ma possiamo citare anche altri titoli come: Le avventure di Tom Sawyer, Il principe e il povero, Un americano alla corte di re Artù e Vita sul Mississippi. Da molti critici è stato definito come l’anello di congiunzione tra Edgar Allan Poe e Herman Melville, altri due capisaldi della letteratura statunitense. I suoi scritti sono fondamentali perché, con occhio lucido, analizzano la società del tempo giudicandola nella sua negatività e positività. Uno strumento indagatore molto efficace. Twain possiede una grande capacità scrittoria svolta sulle pagine con grande proprietà di linguaggio. Passa dalla satira alla serietà. Dal reportage alla lirica.L’ultimo periodo della sua vita e però determinato da un certo pessimismo. Twain perde quella vena ironica e propositiva che aveva contrassegnato la sua vita e le sue opere. Questa nuo-va concezione pessimista la si ritrova in romanzi come “Wilson lo svitato” del 1894 e “L’uomo che corruppe Hadleyburg” del 1900.Un grande autore che oggi meriterebbe un palcoscenico letterario di prima fascia, so-prattutto in ambito scolastico.

“Avevo forse 4 o 5 anni. Mio padre mi mandò al commissariato di polizia con una lettera. Il commissario la lesse e mi rinchiuse in una cella per cinque o dieci minuti dicendomi: Ecco che cosa si fa ai bambini cattivi” Alfred Hitchcock rac-conta questo aneddoto per spiegare molte cose del suo genio e del suo film. Fu un grande amante della suspense e della sorpresa, forse l’elemento cui il regista teneva di più. Tutto il suo cinema era incentrato su una differenza di conoscenza e sapere fra i personaggi del film e gli spettatori. Un gioco di interazione profon-do. Come ha dichiarato lo stesso Hitchcock: “per produrre suspense è indispen-sabile che il pubblico sia perfettamente informato di tutti gli elementi in gioco e che sappia qualcosa in più rispetto ai protagonisti della storia. Questa è lealtà cinematografica”.Il successo per Hitchcock arriverà presto, visti gli incassi alle sue prime realizzazioni. Mentre solo negli anni ‘50, a partire dai critici francesi dei Cahiers du Cinéma, si inizia a considerarlo uno dei grandi maestri del cinema del Novecento. Finalmente il riconoscimento dell’ambiente e della carta stampata. Un elogio dovuto in particolare a François Truffaut che raccoglierà una lunga serie d’interviste fatte al regista nella raccolta intitolata “Il cinema secondo Hitchcock”. Nel periodo che va dalla fine dei ‘50 e l’inizio dei ‘60 si ritrovano le sue opere più importanti. Parliamo di pellicole come: “La donna che visse due volte” del 1958, “Intrigo internazionale” del 1959, “Psycho” del 1960 e “Gli uccelli” del 1963.Un grande personaggio che ha rivoluzionato il mondo del cinema e che ad ogni ricorrenza è pronto a racco-gliere il plauso degli appassionati di tutto il mondo.

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IL MERCURIO IL MERCURIO

CULTURAIL BOLLINO SCOLASTICO

Vincenzo Mereu

Dopo il danno, la beffa per la scuola italiana. Dopo la riforma Gelmini, che ha messo in crisi la scuola, ecco giungere a sorpresa dal Ministero “Il Bollino”, che invita le scuole a un confronto, in corsa e in gara per dimostrare la loro distinzione e il loro valore.Saranno le “giurie ministeriali” a stabilire quale classe sarà la “classe perfetta” e le scuole effi cienti e di qualità? Chi designerà la più “bella del reame”? Sarebbe come costringere uno zoppo a correre la maratona. Una misura allineabile alla mannaia dei tagli sulla scuola pubblica che ha creato disoccupati e aggravato le posizioni dei precari, abolito preziose organizzazioni con funzioni didattiche e annullato

i moduli nelle Scuole Elementari, e che ha chiuso interi edifi ci scolastici e reso carenti i materiali ammi-nistrativi e di cancelleria. Situazione che ha relegato la scuola italiana agli ultimi posti in Europa. Per cui parlare di “qualità e perfezione” è semplicemente sacrilego. Così recita il bollino: “Guiderà le famiglie e gli studenti alla ricerca delle migliori scuole italiane”. Facile capire che i genitori sceglieranno le scuole private meglio attrezzate, che ricevono fondi dagli alunni e dal Governo, in dispregio alla Costituzione che lo vieta. Ciò crea una devastante dicotomia fra scuola pubblica e privata, con enorme danno alla società. Il “Bollino” inoltre “autorizza i genitori a visionare i compiti corretti e ricevere informazioni dettagliate su quelli non consigliati”. Atto deplorevole che discredita il Corpo Docente e ne infi rma la dignità professionale. “Gli insegnanti e il personale sono al servizio di genitori e alunni”. Ciò potrebbe valere per la scuola privata, pagata dai genitori con la retta mensile e sovvenzionata dal governo ma non per quella pubblica, pagata dallo Stato che svolge un ruolo educativo, culturale e scientifi co in favore della società.Il professore della scuola pubblica non deve essere il servetto al servizio delle famiglie ma impersona la scuola docente che nella sua alta missione diffonde i valori della cultura, per la formazione dell’uomo e del cittadino e per la crescita della società civile. Una riforma scolastica che in generale abbassa il livello culturale dei cittadini.

IL VOCABOLARIO ETRUSCO

Enrico Benelli ne è ormai sicuro: «Nel 2012, o al massimo nel 2013, avremo fi nalmente un vocabolario etrusco». Lo scienziato lavora presso l’Istituto per le Civiltà italiche e del Mediterraneo del Cnr collaborando con altri insigni studiosi come Massimo Pallottino e Sabatino Moscati. Parole pronunciate non a caso visto che Benelli ha appena pubblicato un “thesaurus” di 16 mila parole della lingua etrusca: tutti i lemmi noti da iscrizioni, epigrafi , vasi; 13 mila fonti di vario genere. Sei anni di intenso lavoro che hanno portato a questo risultato. L’archeologo ha poi aggiunto: «Per carità: se per parlare una lingua bastano

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IL MERCURIO IL MERCURIO2.000 vocaboli, questo non è proprio il nostro caso; perché 15 mila dei nostri lemmi sono solo dei nomi di persone; e la maggioranza degli altri descri-ve ogni dettaglio delle tombe. Però, ci sono anche termini sa-cri; i nomi delle divinità e delle magistrature; i verbi; i numeri fino al 96; e tante altre curiosi-tà, piccole o grandi». Da tem-po considerato come uno dei massimi esperti Benelli ha af-fermato che: “la lingua etrusca è assai meno misteriosa di ciò che comunemente si crede. Dai nomi, si possono ricostruire la storia di una città, i rapporti tra le famiglie. Sa che tra il III e il I secolo avanti Cristo, la città del Mediterraneo di cui si conosce il maggior numero di nomi è proprio Chiusi? Ne sono noti 3.000; altri mille sono romani; in tutto il resto del Mediterra-neo, non arriviamo nemmeno a mille». Ha tracciato le linee guida della storia etrusca e di ciò che noi possediamo: «La cultura etrusca che è arrivata a noi è essenzialmente funeraria; quindi, dalle iscrizioni, cono-sciamo l’età dei defunti. E non andiamo oltre 96. In realtà, a Tarquinia un tale sarebbe morto a 106 anni; però, nell’epigrafe, il numero è scritto in cifre. Era un personaggio avventuroso: un perugino sconfitto da Anni-bale a Cuma, e Livio racconta di perugini che combatterono così valorosamente da ricevere l’onore delle armi. Lui torna; va a Tarquinia; sposa una don-na dell’alta aristocrazia; evi-dentemente vive a lungo». Una grande scoperta linguistica su questa affascinante civiltà del passato. A. F.

IN ATTESA DI GODOTAlessandro Frau

tra giorno e notte. I protagonisti cambiano ma portano lo stesso smunto vestito misconosciuto. Un assurdo che vive sul filo del consapevole, rincorrendolo ma senza acchiapparlo mai. Uno spo-glio palcoscenico che nasconde la vacuità dell’esistenza e del tempo trascorso sulla Terra.Un testo fat-to di dialoghi inconcludenti che mostrano l’artificio della lingua e dei suoi molteplici sproloqui. Un’opera intrisa di silenzi coper-ti da un nugolo di parole senza peso. L’evidente esaurirsi del lin-guaggio e della sua funzionalità. La necessità di vivere combat-tendo il tempo che si è seduto a fianco della noia. Una vita non-sense, senza forma e senza signi-ficato. Come dice Pozzo (perso-naggio dell’opera): “Nasciamo in una culla che si trova sopra una bara”. Eliminazione della coordi-nata temporale che scompare in-sieme a quella spaziale. Passiamo dalla nascita alla morte in un pic-colissimo attimo. Niente valori. Niente punti di riferimento. Una vita dentro l’assurdo. Un assurdo che comodamente spiega quello che non può essere compreso se-condo parametri noti. Una scon-fitta. Risolvibile secondo Camus solo con il “suicidio”, che libera dell’assurdo perché lo uccide in-sieme all’uomo. Assurdo perché razionalmente e logicamente non spiegabile. Assurdo come “de-finizione di comodo”.Ma allora come si risolve questa esistenza vissuta sul bilico dell’assurdo? Neanche Beckett saprebbe ri-spondere. Forse Godot. Dunque non resta che aspettarlo.

Aspettando Godot. En attendent Godot. Waiting for Godot. Non importa in che lingua lo si pro-nunci. Tutti aspettano Godot. Sa-pendo perfettamente che Godot non arriverà mai. Godot non lo conosce neanche il suo autore, Sa-muel Beckett, che lo rivelò in una bellissima intervista: “Se lo sapes-si, l’avrei detto nel dramma”. Però lo si deve inevitabilmente aspetta-re e vivere un’esistenza di riem-pimento. In attesa del suo arrivo.Estragone. E adesso che faccia-mo? Vladimiro. Non lo so. Estra-gone. Perché? Vladimiro. Aspet-tiamo Godot. Estragone. Già, è vero. L’umanità aspetta Godot vi-vendo ritmicamente un’esistenza smemorata e volta a ripetersi ci-clicamente. Un’assurdità illogica. Tutto cambia e tutto resta uguale. Non c’è coscienza del passaggio

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IL MERCURIO IL MERCURIOL’approfondimento

Cos’è la poesia?Francesco Casula

Cesare Pavese riteneva che la letteratura fosse “una difesa contro le offese della vita”; Ludwig Andreas Feuerbach, il grande filosofo tedesco ha scritto che “la parola fa l’uomo libero”. Altri critici e altri scrittori hanno sostenuto che la poesia e la scrittura in genere non si limita a registrare la realtà ma cerca di superarla, non si limita a “fotografare” gli errori ma li denuncia, li punisce, li colpisce. Altri anco-ra ritengono che mira a “vendicare i vinti” (Shakespeare), “ma non convinti” aggiungerebbe il nostro più grande poeta etnico, Cicitu Masala, vinti che sono i “simboli dell’umana liberazione” ha scritto Elio Vittorini.Il grande poeta italiano Franco Fortini ha invece scritto che “La poesia non cambia nulla. Nulla è certo, Ma tu scrivi”. Sono d’accordo con Fortini. Occorre scrivere anche se la poesia non cambia nulla. Anche se la poesia non ha fini al-lotr: ovvero finalità altre rispetto alla poesia stessa e alla scrittura.L’uomo infatti ha un bisogno, una necessità, quasi fisica e fisiologica della scrittura, così come l’ipoglicemico sente la necessità di prendere gli zuccheri. In questo modo la poesia assume un valore catartico, di liberazione o, se vogliamo, terapeutico. Scrivere infatti significa parlare a se stessi par-lando ad altri, parlare di altri per parlare a se stessi: è voce del profondo che esplode – in genere non urla, anzi è som-messa – e si configura come un mosaico di tasselli, a volte brillanti e puliti come un cielo di Agosto, a volte grigi e oscuri come profonde notti d’inverno.Tra il chiaro e il buio s’impone, prorompente, l’impeto im-perioso di esprimersi e di riconoscersi, oscillando continua-mente tra l’ansia e il tormento esistenziale e una luce che sa di tenerezza e di vita, acchetata in cerca di lidi più tranquilli e meno tempestosi. Così la nostra anima vibra e si innalza, cantando valori alti come l’amore, la libertà, la fratellanza, la solidarietà e persino l’azione o affronta i lidi dolceamari della malinconia e della nostalgia o quelli più angoscianti e

e dolenti, dell’affanno e della sofferenza, ma soprat-tutto della solitudine, causata dalla condizione di mortale fragilità. Questo destino può accendere nel poeta la ribellione, o suscitare lo sdegno e persino la disperazione; più spesso però si sofferma sull’orlo dell’abisso e del baratro, per salvarsi e recuperare la sorte umana in una dimensione più genuina e più ve-ritiera: di speranza nel domani.In genere il poeta non rifiuta l’esistenza né si attarda a rimpiangere le occasioni mancate né si consuma a ringhiottire il pianto. E il passato non lo vede solo come gravame né il futuro come semplice negatività spettrale. Non si addice infatti il pianto dirotto e tan-to meno la disperazione totale a chi comunque crede nei valori della vita pur faticosa e senza illusioni e non dismette la speranza in un diverso avvenire, che possa avere un senso per farci sorridere, che possa travalicare lo scempio globale.Le speranze in cui tuffarci e le delusioni da spegnere così ci avvolgono e si intrecciano così profondamen-te che a stento riusciresti a intuire dove finiscono le une e dove iniziano le altre. E’ questa del resto la fac-cia migliore di quell’eterno gioco che fa della poesia un’arte, ma anche e forse di più: un eterno bisogno di dire per ri-sentirsi, in cui vivo e palpabile viene a ma-terializzarsi l’esterno di un intimo sconosciuto e nuo-vo forse anche a chi ne scrive e ne fa forma di vita.E i poeti scrivono di quest’intimo sconosciuto in una versificazione ora libera ora in rima, ora in forme classiche, armoniose, ben tornite, ora in forme martel-lanti, frantumate e saettanti -che forse meglio rappre-sentano il dramma della donna e dell’uomo moderno, con i suoi dubbi e le sue incertezze, le sue ansie e il suo scetticismo-; ora con brevi, brevissimi e sche-letrici componimenti e lacerti lirici, distesi in versi minuti che, nel giro di poche frasi e di scarne parole, riescono a catturare un’immagine, una sensazione, un pensiero, una riflessione sulle vicende umane ed esistenziali; ora con forme più distese, più compiute e articolate. In ambedue le scritture fanno ressa nel circuito compositivo, silenzi e pause, onomatopee e cromatismi, ripetizioni insistite e fonie, ritmi e asso-nanze, contrazioni sintattiche e sinfonismi, metafore

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IL MERCURIO IL MERCURIO Quelle lingua che è soprattutto espressione della nostra civiltà e della nostra storia, strumento per difendere e sviluppare la nostra identità e la nostra coscienza di popolo e di nazione. Quella lingua che è soprattutto valore simbolico di autocoscienza storica e di forza unificante, il segno più evidente dell’appartenenza e delle radici che dominatori di ogni ri-sma hanno cercato di recidere e di roncolare. Ma nessun ripiegamento nostalgico o risentito verso il passato: ma il passato sepolto, nascosto, rimosso, censurato e falsificato, si tratta prima di tutto di ricostruirlo, di dissotterrarlo e di conoscerlo, perché diventi fatto nuovo che inter-roga l’esperienza del tempo attuale, per affrontare il presente nella sua drammatica attualità, per definire un orizzonte di senso, per situarci e per abitare, aperti al suo respiro, il mondo, lottando contro il tempo della dimenticanza. L’uomo contemporaneo, soprattutto nell’epoca della globalizzazione economica, della comunicazione planetaria in tempo reale e di Internet non può vivere senza una sua dimensione specifica, senza “radici”, sia per ragioni psico-pedagogiche (un punto di riferimento certo dà sicurezza, consapevolezza di sé e fiducia nel proprio futuro) sia per motivi di ordine culturale. La comprensione del nuovo è sempre legata alla conoscenza critica della storia della società in cui si vive, alle tecniche di produzione, al senso comune, alle tradizioni, alla propria lingua. E’ questo l’antidoto più efficace contro la sub-cultura televisiva e à la page, circuitata ad arte da certa comuni-cazione mass-mediale, che riduce la tradizione a folclore e spettacolo, ad uso e consumo dei turisti. Altrimenti prevalgono solo processi di acculturazione imposti dal “centro”, dalle grandi metropoli, dai poteri forti, arroganti ed egemonici che riducono le peculiarità etniche e lin-guistiche a espressione retorica, pura mastrucca, flatus vocis. Occorre però concepire e tutelare lo “specifico individuale e collettivo” non come dicotomia ma in connessione con il generale, vivendo l’identità sarda con dignità e orgoglio ma senza attribuirgli un significato ideolo-gico o di mito; identità non come dato statico e definitivo ma relativo, fluido e dinamico, da conquistare- riconquistare, costruire- ricostruire dialetticamente e autonomamente, adattandolo e sviluppandolo, quasi giorno per giorno. L’attaccamento alla civiltà “primigenia”, in quanto realizza un continuum fra passato e presente, dà maggiore apertura al gramsciano “mondo grande e terribile” e sicurezza per il futuro. In questa continuità- simbiosi fra antico- moderno e post- industriale post- moderno, in cui la positività della Sardegna s’innesta nella positività mediterranea ed europea, consiste il significato profondo dell’Identità e dell’Etnia che da un lato ci libera dalle frustrazioni, dalla chiusu-ra mentale e dal complesso dell’insularità; dall’altro ci salvaguarda dai processi imperialistici di acculturazione, distruttivi dell’autenticità delle minoranze e dal soffocamento operato dalla camicia di nesso de-gli interessi economico- finanziari. Soprattutto i giovani devono sapere di appartenere a una peculiare storia e a una peculiare civiltà e di ere-ditare un patrimonio culturale, linguistico artistico e musicale, ricco di risorse da elaborare e confrontare con esperienze e proposte di un mondo più vasto e complesso. In cui, partendo da radici sicure e dotati di robuste ali, possano volare alti, i giovani e non solo. Per tutto questo è opportuno, è giusto ed è bello scrivere poesie, scrivere paristorias e scriverle in Lingua sarda! “C’è ancora chi è inerte, c’è ancora/chi ha fame; ma più nessuno è solo./E le speranze cercano parole./parole necessarie che traducano/in segni armoniosi l’attesa”. (versi tratti da E il mondo muta, Raimondo Manelli, 1956)

– in genere abbondantissime – e brachi-logie. C’è la poesia nuova, senza maestri né modelli, con cui si privilegiano le in-novazioni tecniche e gli arricchimenti te-matici e in cui la parola lievita e signo-reggia l’intero componimento e c’è, di converso, la poesia più tradizionale che vanta ascendenze nel passato. C’è la poe-sia in cui la parola evoca e tesse metafore che incentivano il pensiero oltre il dettato asciutto ed essenziale e c’è quella in cui ragnatele di sillabe, cadenzate e pregnanti, innestano un fascinoso viaggio nei regni e negli abissi della mente e della psiche umana per coglierne e capirne il mistero che da sempre pungola l’inappagata cu-riosità dell’uomo. Tale mistero per lo più non è disvelato, almeno totalmente: nelle liriche del poeta infatti non vi è alcuna ri-sposta totale alla drammatica condizione di inettitudine, di limitazione, di anomia, di inidentità della condizione umana, che continua a pascersi di ricordi e illusioni, di silenzi e di tormenti. Tutto rimane sen-za un perché definitivo e definitorio. Non credo comunque che ciò sia un limite: il poeta scrive anche se nulla è certo. An-che se la poesia non cambia nulla. Anche se non offre soluzioni e risposte esausti-ve : ed è bello così.Soprattutto quando la poesia è scritta in sardo, la nostra lingua materna. Quella lingua che è soprattut-to senso, suoni, musica. Lingua di vocali. Dunque corporale e fisica e insieme aerea, leggera e impalpabile. E le vocali sono per il poeta l’anima della lingua, sono il nesso fra la lingua e il canto; fra la poesia, i nu-meri della musica, il ritmo e il ballo.

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IL MERCURIO IL MERCURIOLa penna e il verso

FRATELLI D’ITALIAQuand’ero bambina abitavo nelle case Fiat, immensi caseg-giati di mattoni rossi che si snodavano lungo tutto il Corso, contenenti infiniti microcosmi di vita. Erano gli anni Cinquanta, anni che videro i bagliori di quell’emigrazione che da sud procedeva a scansioni conti-nue verso il nord, e che come un enorme sciame si stendeva a macchia d’olio su interi quartieri delle città, creando col passare del tempo veri e propri ghetti dedicati ad immigrati provenienti da una regione piuttosto che ad un’altra, ma tutti indistintamente accumunati da un unico scopo: trovare un lavoro sicuro nelle grosse fabbriche del nord.Giungevano alla stazione centrale, per la maggioranza uo-mini, con piccoli cappelli scuri schiacciati sulla fronte, la barba di tre giorni e bagagli indefiniti arrotolati alla bell’è meglio con avanzi di vecchie corde; le donne sarebbero giunte più avanti, una volta assicurato il posto di lavoro e un letto in cui dormire.L’arrivo in quelle città che tutto risucchiavano, rappresen-tava non solo un traguardo ma anche una sorta d’iniziazio-ne per quelle anime perse che, abbandonato tutto e tutti si ritrovavano soli e scaraventati in fredde, logore stanze da condividere assiepati con altri disperati. Le città tutte, parla-vano lingue incomprensibili ed essendo impossibile passare inosservati, i nuovi arrivati concordarono fra loro che, in nome della sopravvivenza, avrebbero ricreato in quei mini-scoli spazi tutto l’immenso, confortante mondo che si erano lasciati alle spalle. All’alba, lungo quei viali immersi nella nebbia, si potevano intravvedere sagome di ciclisti con le giacche imbottite da fogli di giornali, e ombre che cammi-navano svelte verso le fabbriche salutandosi l’un l’altro con brevi aneddoti familiari - “L’autrièri aggiu chiammàto à Ru-sètta, m’à fatto sentère à voce ‘e Tunino, tène già quatt’an-ni mannaggia à misèria...” Le case Fiat, alti casermoni che ospitavano quaranta famiglia ciascuno, erano a modo loro un concentrato di regioni e la mattina partendo presto per andare a scuola, abbandonata l’idea di perder tempo davanti agli ascensori sempre occupati, noi ragazzine si correva giù per le scale saltando i gradini a due a due e rallentando ap-pena la corsa per salutare, mentre le nostre madri si ferma-vano a chiacchierare fra loro, e quelle conversazioni sempre relative ai figli ed al solito problema di come arrivare a fine mese, rimbombavano rotolando nell’androne a piano terra

terra colmi degli gli echi dialettali più disparati; echi che partendo dal Veneto si spostavano in Liguria, per poi proseguire verso la Romagna, scendere in Campania, raggiungere le Puglie, e fermarsi infine in Sicilia.“ Ma che bèla cìta Angiolina, e che bel dòeit...” - “ma che bella bambina Angiolina, e che bei modi...” - diceva mia madre in piemontese ri-volgendosi alla signora del quinto piano che arrivava da Reggio Emilia, la quale mettendosi una mano sul cuore rispondeva con un prover-bio che diceva: “ De ven bon s’t ‘biré e’ tu san-gv t’arnuvaré...” - un modo come un altro per dire che il vino buono faceva buon sangue..Come facessero a capirsi nessuno davvero lo sapeva, il loro era tutto un parlare gesticola-to che ripercorreva esperienze comuni, e che permetteva loro, muovendosi fra mercati, ne-gozi e nelle scuole dei figli, di riuscire infine

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IL MERCURIO IL MERCURIOa entrare nel meccanismo della lingua locale, che gli uomini ovviamente assorbivano sul posto di lavoro. Ma una volta giunti alla fine della giornata la famiglia così ricomposta davanti al focolare si riappropriava, nell’esposizione di concitati racconti, del proprio dialetto di pertinenza; il tutto nell’attesa della tanto sospi-rata Domenica, giorno in cui i vari nuclei d’immigrati si sarebbero riuniti con i propri parenti e conoscenti al fine di ritrovare le proprie tradizioni culinarie e dialettali.A Torino, fin verso la metà del secolo, si parlava il dialetto non solo per le strade e nei negozi, ma anche in qualsiasi altro posto di lavoro: officine, uffici o banche che fossero, ed era gioco duro inserirsi nei discorsi per chi - ‘straniero d’italia’ - giungeva da fuori.

Maria Grazia Casagrande

LA POESIA

MascherePer non mostrare con gli occhi il cuore,

Quando ridi ma non nei pensieri dentro,

Quando i tuoi gesti sembrano sicuri e gli altri ascoltano,

Quando vorresti correre verso qualcu-no e fermi il passo,

Maschere che al primo sguardo amato sembrano di vetro,

Mostrando il volto nudo a chi ti parla.

G.F.

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QUANDO IO ERO PICCOLO...Il gruppo è nato da una iniziativa di Alberto Giarrizzo e da una idea semplicissima: archiviare le storie della

sua infanzia, quelle che Alberto raccontava periodicamente a sua figlia (per farla mangiare o in viaggio) e che a lei piacevano tantissimo, a un punto tale che gliele richiedeva sempre. Da questo primo spunto, il gruppo è diventato un luogo aperto a tutti, nel quale le persone hanno ritenuto, liberamente, di raccontare e conservare i ricordi della propria infanzia. Sono, quindi, arrivati i primi racconti e le prime adesioni. Lo

scopo principale quindi si è leggermente modificato ed è diventato quello di raccontare e condividere ricordi. Un gruppo nel quale chi aderisce è anche parte attiva e viva di una memoria collettiva.

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