Il Manifesto Del 3 Marzo 2016

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8/20/2019 Il Manifesto Del 3 Marzo 2016 http://slidepdf.com/reader/full/il-manifesto-del-3-marzo-2016 1/16 EDITORIA Partono le «riunioni di redazione» Repubblica si prende La Stampa PLURALISMO |PAGINA 3 La riforma dei contributi in mano al governo, più fondi ai giornali locali e più vendi più ti pagano MATTEOBARTOCCI ROMA | PAGINA 4 Le associazionilgbt: «Torniamoinpiazza peri nostridiritti» MUTUI | PAGINA 2 L’Abi prova a rassicurare I Cinquestelle bloccano i lavori a Montecitorio BRUXELLES/PROFUGHI | PAGINA 5  AteneaccusaAnkara e chiede ricollocamenti Il muro americano  Donald Trump, l’uomo che vuole costruire una «muraglia cinese» ai confini del Messico, fila dritto alla nomination. Il pieno di voti di afroamericani e ispanici dà a Hillary Clinton la spinta per la Casa Bianca.  Al «socialista» Bernie Sanders dicono sì quattro stati ma la sua corsa si allontana dall’obiettivo  PAGINE 8,9 I l Gruppo Espresso che pubblica il quoti- diano La Repubblica, diciassette giornali localie controllaradioe tv,controlleràan- cheLaStampae ilSecoloXIX.L’accordoè sta- toufficializzatoieri.Attraversoun girodiazio- ni,laCirdiCarlodeBenedettiavràinmanoil 43% del nuovo colosso editoriale e si prepara a stringereaccordi con i vecchieditori del Se- colo e con la famiglia Agnelli per arrivare al 51%. Il corollario di questo storico accordo è la decisione della Fca di uscire dall’editoria italiana, mettendo in vendita le sue quote nel gruppoRizzoli-CorrieredellaSeradicui è pri- mo azionista.  FABOZZI |PAGINA 2 REUTERS/ PHILIP SEARS ADOZIONI/POLEMICHE  I diritti dei bambini innanzitutto Luigi Manconi N ondevestupireche laquestione della gestazione peraltri susciti - aldi làdel- lestrumentalizzazionipiù indecentie dellebanalizzazioni piùsordide - unacosì in- tensa discussione pubblica. Il tema solleva, e nonpotrebbeessere altrimenti, dilemmi etici che rimandano alla sensibilità più profonda diognuno. Dunquenonsorprende tantapas- sione nel discuterne: semmai scandalizza un po’ tantasuperficialità e assenza di delicatez- za e di capacità e volontà di comprendere. Partiamo,ancora, da quellostralcio sull’artico- lo5 sulleadozionichehareso moncauna nor- mativa, purimportante e positiva,quale quel- lache hafinalmente portatoalriconoscimen- to delleunioni civili.  CONTINUA |PAGINA4 LA FAVORITA Hillaryfront runner verso Filadelfia H illary Clinton e Donald Trump sono d’ora in poi i front runner nei rispettivi schieramenti.Possono perfino pen- sare di avere in tasca la nomination dei democraticie dei repubblicani  GUIDO MOLTEDO|PAGINA 9 MIGRANTI  Le due guerre dell’Europa Ignazio Masulli S tiamo assistendo all’intrecciarsi di quella che è diventata ormai una guerra agli immigrati con gli inter- ventiarmati per ristabilireun ordinetardo coloniale nei paesi da cui provengono.  Allafine del 2014, le personeche aveva- no cercato di fuggire da guerre e conflitti interni assommavano a 55 milioni.Il mag- giornumerodiloro,circa34 milioni,veni- va da Siria, Iraq,Afghanistan, Libia, Repub- blica democratica del Congo, Sudan, Sud Sudan, Somalia, Repubblica Centrafrica- na,Nigeria. Lastragrande maggioranzaha trovato rifugio nei paesi vicini, spesso al- trettanto poveri e non molto più stabili di quelli d’origine.  CONTINUA |PAGINA 5 BIANI CASOREGENI: L’ULTIMA VERSIONEDEL REGIME EGIZIANO  Al-Sisi: «È stato l’Isis» GIULIOREGENI | a pagina 14 «Ora basta accuse ai ricercatori» APPELLO DI DOCENTI UNIVERSITARI L’ ultima «verità» sull’omici- dio di Giulio Regeni viene ora direttamente dal presi- dente dell’Egitto: Al-Sisi in persona o chi per lui, tramite l’Ansa. Secon- dolatesigovernativa, chepotrebbe esserela quadraturadel cerchio per- fetta anche per l’"amico" italiano e gli alleati europei, ad uccidere Giu- lio sarebbestato l’Isis.Contempora- nemente, il ministero degli Esteri del Cairo ha inviato alla nostra am- basciata parte dei documenti inve- stigativi richiesti da settimane. Nes- sunoscambio di informazioni diret- totra procure, soloda governoa go- verno. Ma sonodocumenti inutili.  ELEONORA MARTINI |PAGINA 6 PRIMARIE Il Super Tuesday di Clinton e Trump H illary Clinton e Donald Trump, vincitori del Super- tuesday, hannofattoun lun- go passo versole nomination dei ri- spettivipartitinelleprimariee verso elezioni sempre più imprevedibili.  LUCA CELADA |PAGINA 8 DEMOCRATICI Sanders ora spera nel Nebraska L ascoppola,imprevista,è arri- vata dal New England, dal ricco,liberale biancoMassa- chussetts dove la maggioranza, se pur risicata, ha finito per scegliere Hillary Clinton.  GIOVANNA PAJETTA|PAGINA 8 È l’anno degli outsider, nella politica americana,e glioutsi- dersi sonofatti sentirenelco- siddetto super martedì, nell’occa- sione inventata precisamente per tenerli fuori dai giochi che conta- no.  FABRIZIOTONELLO |PAGINA 9 IL GOPDIVISO Il «losco» Donald ora può vincere ANNOXLVI . N.53 . GIOVEDÌ 3 MARZO2016 EURO1,50 CONIN MOVIMENTO +EURO0,50 CONLE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 2,00 PosteItaliane S.p.A. -Spedizionein abbonamentopo- stal e- D.L.353/2003(conv.inL.27/02/2004n.46) art.1, comma 1,Aut. GIPA/C/RM/23/2013

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http://slidepdf.com/reader/full/il-manifesto-del-3-marzo-2016 1/16

EDITORIA

Partono le «riunioni di redazione»Repubblica si prende La Stampa

PLURALISMO |PAGINA 3

La riforma dei contributiin mano al governo,più fondi ai giornali localie più vendi più ti pagano

MATTEOBARTOCCI

ROMA | PAGINA 4

Le associazioni lgbt:«Torniamo in piazzaper i nostri diritti»

MUTUI | PAGINA 2

L’Abi prova a rassicurareI Cinquestelle bloccanoi lavori a Montecitorio

BRUXELLES/PROFUGHI| PAGINA 5

 Atene accusa Ankarae chiede ricollocamenti

Il muro americano

 DonaldTrump, l’uomoche vuolecostruireuna «muragliacinese» ai confini del Messico, fila dritto alla

nomination. Ilpieno divotidiafroamericani e ispanicidàa Hillary Clinton laspintaper laCasaBianca. Al«socialista»BernieSanders diconosìquattro statimalasua corsa siallontanadall’obiettivo   PAGINE8,9

Il Gruppo Espresso che pubblica il quoti-diano La Repubblica, diciassette giornalilocalie controllaradioe tv,controlleràan-

cheLa Stampae ilSecolo XIX. L’accordoè sta-toufficializzato ieri. Attraversoun girodi azio-

ni,laCir diCarlo deBenedettiavràin mano il43% del nuovo colosso editoriale e si preparaa stringereaccordi con i vecchieditori del Se-colo e con la famiglia Agnelli per arrivare al51%. Il corollario di questo storico accordo èla decisione della Fca di uscire dall’editoriaitaliana, mettendo in vendita le sue quote nelgruppoRizzoli-Corriere dellaSera dicui è pri-mo azionista.   FABOZZI |PAGINA 2

REUTERS/ PHILIP SEARS

ADOZIONI/POLEMICHE

 I diritti dei bambiniinnanzitutto

Luigi Manconi

N

ondevestupireche laquestione dellagestazione peraltri susciti - aldi làdel-

le strumentalizzazionipiù indecentiedellebanalizzazioni più sordide - unacosì in-tensa discussione pubblica. Il tema solleva, enonpotrebbeessere altrimenti, dilemmi eticiche rimandano alla sensibilità più profondadi ognuno. Dunque nonsorprende tantapas-sione nel discuterne: semmai scandalizza unpo’ tantasuperficialità e assenza di delicatez-za e di capacità e volontà di comprendere.Partiamo,ancora,da quellostralcio sull’artico-lo5 sulleadozioniche hareso moncauna nor-mativa, purimportante e positiva,quale quel-lache hafinalmente portato alriconoscimen-to delleunioni civili.   CONTINUA |PAGINA4

LA FAVORITA

Hillaryfront runnerversoFiladelfia

Hillary Clinton e DonaldTrump sono d’ora in poi ifront runner nei rispettivi

schieramenti.Possono perfino pen-sare di avere in tasca la nominationdei democraticie dei repubblicani  GUIDOMOLTEDO|PAGINA 9

MIGRANTI

 Ledue guerredell’Europa

Ignazio Masulli

S

tiamo assistendo all’intrecciarsi diquella che è diventata ormai una

guerra agli immigrati con gli inter-ventiarmati per ristabilireun ordinetardocoloniale nei paesi da cui provengono.

 Allafine del 2014, le personeche aveva-no cercato di fuggire da guerre e conflittiinterni assommavano a 55 milioni.Il mag-giornumero diloro,circa34 milioni, veni-va da Siria, Iraq,Afghanistan, Libia, Repub-blica democratica del Congo, Sudan, SudSudan, Somalia, Repubblica Centrafrica-na, Nigeria. La stragrande maggioranzahatrovato rifugio nei paesi vicini, spesso al-trettanto poveri e non molto più stabili diquelli d’origine.   CONTINUA |PAGINA 5

BIANI

CASOREGENI: L’ULTIMA VERSIONEDEL REGIME EGIZIANO

 Al-Sisi: «È stato l’Isis»

GIULIOREGENI | a pagina 14

«Ora basta accuseai ricercatori»

APPELLO DI DOCENTI UNIVERSITARI

L’ultima «verità» sull’omici-dio di Giulio Regeni vieneora direttamente dal presi-

dente dell’Egitto: Al-Sisi in persona

o chi per lui, tramite l’Ansa. Secon-do la tesigovernativa, chepotrebbeesserela quadraturadel cerchio per-fetta anche per l’"amico" italiano egli alleati europei, ad uccidere Giu-lio sarebbestato l’Isis.Contempora-nemente, il ministero degli Esteridel Cairo ha inviato alla nostra am-basciata parte dei documenti inve-stigativi richiesti da settimane. Nes-sunoscambio di informazioni diret-totra procure, soloda governoa go-verno. Ma sonodocumenti inutili.  ELEONORAMARTINI |PAGINA 6

PRIMARIE

Il Super Tuesdaydi Clinton e Trump

Hillary Clinton e DonaldTrump, vincitori del Super-tuesday, hannofattoun lun-

go passo versole nomination dei ri-

spettivipartitinelle primariee versoelezioni sempre più imprevedibili.  LUCACELADA |PAGINA 8

DEMOCRATICI

Sanders ora speranel Nebraska

La scoppola,imprevista,è arri-vata dal New England, dalricco,liberale biancoMassa-

chussetts dove la maggioranza, sepur risicata, ha finito per scegliereHillary Clinton.  GIOVANNA PAJETTA|PAGINA 8

Èl’anno degli outsider, nellapolitica americana,e gli outsi-dersi sonofatti sentirenel co-

siddetto super martedì, nell’occa-sione inventata precisamente pertenerli fuori dai giochi che conta-no.   FABRIZIOTONELLO |PAGINA 9

IL GOPDIVISO

Il «losco» Donald

ora può vincere

ANNOXLVI .N.53 .GIOVEDÌ3MARZO2016 EURO1,50

CONIN MOVIMENTO +EURO0,50CONLE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 2,00

PosteItaliane S.p.A. - Spedizionein abbonamentopo-stale- D.L.353/2003(conv.inL.27/02/2004n.46)

art.1, comma 1,Aut. GIPA/C/RM/23/2013

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pagina 2 il manifesto GIOVEDÌ 3MARZO2016

CASA · I banchieri: «Libera contrattazione tra famiglie e istituti». Ma i contraenti sono pari?

Mutui, le rassicurazioni Abi non rassicuranoAntonio Sciotto

ROMA

Nonostante l’Abi, l’associazione del-lebancheitaliane, cerchidi gettareacquasul fuoco,nonsi placa lapo-

lemica sul decreto delle 7 rate: quello chepermetterebbe agli istituti di credito dimetterein venditaimmediatamente e sen-za passare per un’asta giudiziaria la casasucui è accesal’ipoteca, dopo cheil clien-te/debitorenon ha saldatoun certonume-ro di bollettini. I deputati Cinquestelle ierihanno bloccato le attività della Commis-sione Finanze della Camera, dove la nor-ma è in discussione, mentre i banchieri, ein qualche misura ancheil governo, cerca-vano di rassicurare.

«Non riguarda fatti del passato ma lapossibilità e l’eventualità per il futuro, la-sciata alla libera contrattazione tra fami-

glie e istituti bancari», ha spiegato il presi-dente dell’Abi, Antonio Patuelli. «Non sitratta di recupero crediti perché riguarde-rebbe il passato, mentre qui si parla di fu-turo», ha poi aggiunto. «Esiste anche unfondosalva-mutuiper le moratoriepressoil Tesoro. Sono logiche europee, ce ne so-no anche altre, comunque noi non ce nesiamo interessati», ha concluso.

L’argomento «non temete, riguarda so-loil futuro»,non è chedi persétranquilliz-zi più di tanto: è stato ampiamente usatoin passato per riforme poi realizzate (co-me lo smantellamento dell’articolo 18) o

più di recente solo minacciate (l’interven-to sulle pensioni di reversibilità), e non faaltro chetranquillizzaresulla nonretroatti-vità chi di un diritto gode già (ma poi, di-ciamocelo, raramente si sono viste normeretroattive). Per chi dovesse stipulare con-tratti di mutuo in futuro, vorrebberassicu-rare piuttosto l’insistenza sul carattere"contrattuale" della nuova norma: si inse-rirebbe solo se lo vogliono le parti.

Ma le famiglie hanno pari potere con-trattuale rispettoa unabanca?O nondevo-no più spesso penare per ottenere fiducia,dovendosi sottoporre in molti casi all’ac-

cettazione di polizze oaddirittura all’acquistodi azioni che in condi-zioni normali nonavrebbero preso?

«La casa non si toc-ca», «Ritirate il decre-to», i cartelli branditidai deputatiCinquestel-le, che dopo la protestadi ierihanno annuncia-to altre azioni di ostru-zionismo e bloccodell’attività parlamenta-re su questo particolaredecreto. «Questa nor-ma oggi non si voteràgrazie alla nostra azio-ne di blocco, domani(oggi perchi legge, ndr )proveremo a fermarla

in altro modo» ha detto il vicepresidentedella Camera Luigi Di Maio (M5S).Beppe Grillo ha detto la sua su Twitter:

«#LaCasaNonSiTocca!  Non glielo permet-teremo! Siamo con i cittadini, non con lebanche!». E su Facebook ha poi aggiunto:«Ci hannotoltoil lavoro, ci hannoprosciu-gatole bustepagacon tassesemprepiù al-te. Ora vogliono toglierci la casa senzanemmeno passare dal giudice».

Sullastessalinea le associazioni deicon-sumatori, che con il Codacons hanno giàannunciato un esposto contro il provvedi-mento, e non sono disponibili ad accetta-

re che questa riforma possa passare.Il governo ha cercato di non scoprire le

cartepiù di tanto,e ad esporsi è statoil vi-ceministro all’Economia Enrico Zanetti:

l’esecutivo è «disponibilissimo» ad appor-tarecorrezionial decretoattuativodella di-rettiva Ue suimutui: «Potrebbeesserecor-retto cambiandoil riferimento allesettera-te con un riferimento ad archi temporali».

IlPd sidifende,accusandoi Cinquestel-ledi fare «propaganda»e didiffonderepa-ure immotivate tra cittadini e consumato-ri. «La prossimasettimanariproporremoiltesto del parere, dal quale si evincerà conchiarezza che la nuova norma sarà tutta avantaggiodel debitore. Ilgravissimo episo-dio di oggi (ieri per chi legge,  ndr ) altrononè, dunque, cheil tentativodi costruire

sul nulla una volgare speculazione politi-ca», dicono Michele Pelillo, capogruppoPd,e Giovanni Sanga,relatore deldlgs (de-cretolegislativo,in attuazione,come dettosopra, di una direttiva europea).

Il Pd,spieganoi duedeputati, «erapron-to a fare, alla Commissione Finanze, lasua proposta di parere sul decreto. Persciogliere i nodi e porre formalmente fineagli equivoci, essa conteneva la richiestadi chiarimenti e la soppressione di partedel testo. Ma ci è stato impedito di farlo,come è statoimpeditoal governo dientra-re nell’Aula della Commissione».

Giro di valzer fra Caracciolo, DeBenedetti e Agnelli L’Espresso incorpora la Stampa, Fca in fugadai

 giornali, presto via anche da Rcs. Il nuovo gruppocontrollerà un quinto del mercato dei quotidiani

Andrea Fabozzi

 A nnunciata ieri,l’incorporazio-ne della  Stampa  nel gruppoEspresso sarà compiuta entro

febbraio2017,quando il giornale to-rineseraggiungerà i 150anni diunastoria vissuta quasi tutta nelle manidegli Agnelli - adesso in fugadall’editoria italiana - e diventatagrande nel dopoguerra grazie a undirettore che si chiamava Giulio DeBenedetti. Arrivòa vendere 600milacopie al giorno. Oggi La Stampa  stasulle 170mila.Carlode Benedetti(al-tra famiglia), che è rimasto alla cor-te degli Agnelli solo per tre celebrimesi come amministratore delega-to della Fiat, ha assunto il controllo

di Repubblica  che non sono ancoratrent’anni, il giornale essendo statofondato quaranta anni fa (appenafesteggiati) da Eugenio Scalfari, cheha spostatola figliadi Giulio De Be-nedetti, e Carlo Caracciolo, che erail cognato di Gianni Agnelli. All’ini-zio degli anni Novanta, Repubblica riuscìa superarein vendite il Corrie-re della Sera  con oltre 700mila co-pie quotidiane. Oggi non arriva a300mila.

C’è la grande storia dei giornali edelle famiglie editoriali italiane, maanche la sofferente attualità delmercato dei quotidiani dietro que-sto primo esempio di aggregazionenel settore. Che riguarda anche ilpiùpiccolo Secolo XIX , cheoggiven-de sulle 45mila copie ma ad aprilefesteggerà i suoi 130 anni. Il risikonon finisce qui, perché con l’occa-sione John Elkann ha spiegato cheFcacederà anche laquota delgrup-

po Rizzoli-Corrieredella Sera,di cuiè ilprimoazionista(ruolo chepassaa Della Valle). Alla fine del giro, laExor (la finanziaria degli Agnelli) sitroverà con in mano appena il 5%del nuovo gruppo egemonizzatocon il 43% da Carlo de Benedetti (eper lui dal figlio Rodolfo e dall’am-ministratrice delegata MonicaMon-dardini). Ma è già chiaro che anchequel 5% verrà affidato alla Cir attra-verso un patto di sindacato, magariassieme all’altro 5% rimasto nellemani della famiglia Perrone, editoristorici del Secolo . Ilpattodi sindaca-

to controllerebbe così il 51% delnuovo gruppo che nelle parole diElkann «sarà solido e integrato co-me Springer in Germania e Newscorporation negli Stati uniti». Duefamiglie (i Murdoch per Newscorp.) concentrate sull’editoria. Gli

 Agnelli, con Marchionne, d’ora inavanti faranno altro: automobili eassicurazioni. Editoria solo all’este-ro, Exor è infatti il primo azionistadell’Economist .

«Sono particolarmente felice diunire i nostridestini editorialia unatestata come Repubblica , il giornaleche il mio prozio Carlo Caracciolocontribuì a fondare», ha scrittoElkann ai dipendenti del gruppoItal press, nato poco piùdi un anno

fa dallaconcentrazionetra La Stam-pa  e Il Secolo XIX . Il legame storicotra i due giornali ha trovato confer-maneglianni nelledecisionidi Car-lo de Benedetti.L’ingegnere,torine-sedi nascita,per la scelta deidiretto-ri di Repubblica  si è sempre rivoltoalla  Stampa . Dopo Scalfari, arrivòEzioMauro, consigliato e accompa-gnatoa Romadall’avvocato Agnelli,e dopo Mauro Mario Calabresi, tor-nato a  Repubblica  da poco più diun mese e ritenuto pedina fonda-mentale dell’accordo ufficializzatoieri.

Secondo i comunicati ufficiali, ilnuovo gruppo controllerà un quin-

todel mercato deiquotidiani in Ita-lia,avràuna posizionedi leadershipnell’informazione online (ma nelgruppo Espresso oltre all’omonimosettimanale ci sono anche radio etv) e mette insieme «un fatturato di750 milioni di euro e la redditivitàpiù alta del settore». Nella famigliadi Repubblica  ci sono anche dicias-sette quotidiani locali diffusi in tut-ta Italia, a eccezione proprio delNord ovest presidiato dalla Stampa e dal  Secolo . Sul memorandum diaccordo ufficializzato ieri dovràesprimersi nei prossimi mesi l’Anti-trust. Intantoi protagonistidella fu-sione assicurano che «le testatemanterranno piena indipendenzaeditoriale». Una formula che non

esclude l’ipotesi di una vendita deiquotidiani in abbinamento in Pie-monte e in Liguria, anche se non èquestala strategia seguitafin’ora daRepubblica . Ma accanto alle preoc-cupazioni per le conseguenze dellaconcentrazione in termini di con-correnza e pluralismo informativo,nelleprime oresi fannoavanti lepa-ure del sindacato dei giornalisti perl’impatto sull’occupazione. L’enfasidei comunicati sullaredditivitànonpuò far dimenticare che negli ulti-mi due anni tanto il gruppo Espres-so quanto La Stampa  hanno dovu-to ricorrere allo stato di crisi per ta-gliare le redazioni.

Matrimoniin famiglia

I Cinquestelle bloccanoi lavori parlamentari.Governo e Pd si diconopronti a modifiche, masenza chiarire i termini

 Accordo per unnuovo gruppo, ai17giornali localidiRepubblicasiaggiungono il giornalediTorino e SecoloXIX. «Resteranno autonomi»

ULTIME NOTIZIE 

LA PROTESTA DEI DEPUTATI CINQUESTELLE A MONTECITORIO /FOTO ANSA 

FOTO EIDON. A DESTRA, FOTO ANDREA SABBADINI. SOTTO CARLO DE BENEDETTI, JOHN ELKANN, LUCA LOTTI

I rappresentanti dei lavoratori del Gruppo

Caltagirone hanno deciso di proclamarelo stato di agitazione in tutte le testatedel Gruppo Caltagirone (Il Messaggero, IlMattino, Il Gazzettino, il Corriere Adriati-co) con l'indizione di un pacchetto di tregiorni di sciopero. Chiedono il ritiro deilicenziamenti ed il ritiro delle cessioni diramo d'azienda. Dopo aver usufruito de-gli ultimi provvedimenti previsti dalla leg-ge di stabilità per il settore dell’editoria(la Cig) Francesco Gaetano Caltagirone e Azzurra Caltagirone (vice presidente del-la Fieg), accusano i sindacati, destruttu-rano il Contratto dei lavoratori poligrafici.

LICENZIAMENTI IN VISTA 

 Tre giorni di scioperonei giornali di Caltagirone

Monopolio •

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GIOVEDÌ 3MARZO2016 il manifesto   pagina 3

Roberto Ciccarelli

Da ieri fino al 31 maggio sulla piatta-forma "Making Speeches Talk" saràpossibile consultare e commentare

la prima propostadi leggesullaregolamen-tazione della sharing economy in Italia.L’hanno presentata ieri in una conferenzastampa alla camera Veronica Tentori (Pd),

 AntonioPalmieri(FI),Ivan Catalanoe Stefa-noQuintarelli(GruppoMisto),tra i firmata-ri della propostae membridi un intergrup-poparlamentare chesi occupatoda unan-no dello «sharing economy act», la primanorma quadro di questo genere in Europa.

 Alterminedellaconsultazionei 10firmataridella proposta sperano «nell’ascolto enell’accordodel governo».

Composto da 12 articoli il testo è statopresentatocome «trasversale ai diversi set-tori professionali e ha un approccio di si-stema» sull’«economia della condivisione»che - secondo uno studio di Collaboria-mo.org e dell’università Cattolica di Mila-

no - contava nel 2015 su 186 piattaformecollaborative in Italia, a cominciaredai pe-si massimi Airbnb o Uber per arrivare amodelli non business ma collaborativi ocooperativi. Il testo nonfa questa distinzio-ne, ormai ricorrente nel dibattito interna-zionale, tra «gig economy» o «economiaon demand» e cooperazione di piattafor-ma [platform cooperativism], ad esempio.Insieme alle attività sulla gestione e l’usodelle piattaformedigitaliper erogareo con-dividere servizi (nell’ospitalità con Airbnb,nel trasporto con Uber o Bla bla Car, nellaristorazione con Gnammo) contempla la

«partecipazione attiva dei cittadini alla co-struzione di comunitùà resilienti nella curadei beni comuni». La Pdl prevede che sial’Antitrust a regolamentare e vigilare su unsettorein crescita.Le piattaformepresente-ranno la loro «policy» all’autorità ogni an-no, quest’ultimaprocederàalla loroiscrizio-ne in un registro nazionale. Si tratta di unaregolazione«centralizzata» di un’economiache, soprattutto tra gli attori che nasconodal basso e nella rete, è invece diffusa e de-centralizzata. L’esigenza di un modello re-golatorio dall’alto,invecesu unobasato sul-

la reputazione, si spiega principalmenteconl’esigenzadi istituireun modellofiscaleperle multinazionali della nuova economiadeiservizionlinee garantirei consumatori.I firmatari della Pdlintendono così recupe-rare 450 milioni di euro oggetto di elusionefiscale. Nel 2025 stimano una crescita di 3

miliardi di euro dell’intero settore in Italia.La stessa esigenza si registra nell’articolo 5che impone una soglia pari a 10 mila eurooltre la quale l’attività svolta su una o piùpiattaforme non è più una «microattivitànon professionale o imprenditoriale» e di-venta invece un «lavoro». In questo caso lasomma eccedente si cumula con gli altriredditi percepiti dall’utente - a cui viene ri-servata la privacy - e viene applicata l’ali-quota relativa.

Nell’introduzione al testo si cita il com-plesso tema dello status giuridico lavorati-vo dei freelance, ma resta solo un’allusio-ne. Il testo non affronta i temi previden-ziali o quellirelativiai diritti socialidi que-sti lavoratori,preferendoconcentrarsi sul-la regolazione del mercato. Si confermaun approccio frammentario e inadeguatoai problemi del lavoro indipendente: se il«Jobs Act delle partite Iva» del governonon cita minimamente i problemi dellasharing economy - dove lavorano anche ilavoratori autonomi, quello sull’econo-

mia della condivisione non cita i proble-mi del lavoro. Problematica appare an-che, ad una prima lettura, la norma cheesclude un rapportodi lavoro subordinatotra gestore e utente. In base a questa nor-ma, in Italia non sarebbe possibile adotta-rela decisionedella California LaborCom-mission e della corte federaledi SanFranci-sco sugli autisti di Uber come impiegati enoncome liberi professionisti. I gestoridel-le piattaforme di «sharing economy» agi-ranno da sostituti d’imposta per i redditicon un’aliquota fissa del 10% sulle transa-zioni.

Matteo Bartocci

La cameraha appro-vato ieri la riformadell’editoria.La leg-

ge delega il governo a ri-definirei contributi diret-ti alla stampa e alle ra-dio, a riformare l’ordinedei giornalisti, a innalza-re l’età pensionabile deicronisti e restringere lepossibilità degli stati dicrisi delle imprese edito-riali. 292sì (lamaggioran-za più Sel), 113 no (Fi eM5S), 29 astenuti (Lega).La legge passa al senato.

Politicamente il gran-de sconfitto di ieri è ilMovimento 5 Stelle, chedi fatto è nato sull’aboli-zione del sostegno pub-blicoal pluralismo mauna vol-ta entrato nella «scatoletta ditonno» è finito subito in fuorigioco,ripiegando susloganpie-ni di errori e superficialità. Ba-staandarsia rileggerela dichia-razione di voto in aula di Giu-seppe Brescia. Eppure propriochiha a cuore la libera informa-zione nonpuò noncogliere il fi-lo rosso tra le grandi manovreeditoriali in atto tra gruppi pri-vati e le mosse pubbliche delgoverno sul resto dell’editoria.

Il caso «Mondazzoli» inse-gna. Perché la riforma appro-vata ieri alla camera è solo inapparenza una misura di so-stegno alla stampa. In realtà

è una bomba a orologeria de-stinata a esplodere nel mo-mento più opportuno in mo-di diversi.

Sotto il pelo dell’acqua sonoin corso da tempo ristruttura-zioni industriali inimmaginabi-lifino a poco tempofa. Lafilie-radelle notizie (stampa,logisti-ca,distribuzione,raccoltapub-blicitaria e vendita in edicola)si accorcia sempre di più, finoad arrivare a un oligopolio chesembra ormai un monopolio

di fatto, come nel più vastocampo librario e culturale.

La riforma (che unisce dueproposte di Pd e Sel) è una de-lega chelasceràal governo am-pi margini di intervento con idecreti attuativi. E’ una novitàassoluta questa per l’informa-zione. Il parlamento si è arresoprima di iniziare, rarissimo ca-sodi sintonia totale tradeputa-ti del Pd e Palazzo Chigi (e Ra-gioneria dello stato).

Nel merito, la leggeraccogliealcune buone proposte delmondo dell’informazione incooperativa e non-profit. Il«fondoperil pluralismo»è unarichiesta storica del movimen-

to.A regime,questa«scatola»fi-nanziaria cheadesso vieneisti-tuita presso il Mef (non più aPalazzo Chigi) raccoglierà tuttii vari capitoli di spesa per l’in-formazione: quelloper le radiodel Mise (48 milioni), quelloper i giornali di Palazzo Chigi(14 mln), fino a 100 milioni delcanone Rai per il triennio2016-2018, lo 0,1% dei fatturatipubblicitaridelle grandi impre-se. Che già strepitano, anchese facendo di conto lo 0,1% di

7 miliardi (a tanto ammontaquestaquotanel Sic2014calco-lato dall’Agcom) è 7 milioni.Pochi giorni fa Google da solaha regalato a 8 editori italiani1,5 milioni nell’ambito dellasua Digital News Initiative .

Stabilita la torta futura, restail problema, gravissimo, diquest’anno di limbo, dove co-

mericordavaVincenzoVita sulmanifesto , i fondi previsti sonomeno di 20 milioni senza chenulla abbia detto il governo intutto l’iter a Montecitorio.

E’ però sui criteri di ammis-sione che la riforma dimostradi vederci benissimo. Nientepiù contributidirettiai giornalidi partito come  l’Unità  (Renzil’aveva promesso), a quelli sin-dacali (Conquistedel lavoro del-la Cisl), a testate controllate da

società quotate in borsa(ItaliaOggi ), «salvi» per treanni i giornali controllatida fondazioni ( Avvenire ).

 Viaanche, edè quiil busil-lis ,ognidistinzionetraquo-tidiani locali e nazionali.Come sefosse ugualeven-dereungiornaledaAostaaOtrantoo incinqueprovin-ce. Suquesto punto ilPd èstato irremovibile (favore-voli anche i Cinquestelle).Conunamisteriosaulterio-reasticella del30%del ven-duto sulle copie portate inedicola (oggi è il 25%) ap-provata ieri mattina in

un’aulasemidesertasu pro-posta del relatore Rampidel Pd senza dibattito némotivazione. Inaspriti an-chetettielimitialcontribu-

to:nonpotràsuperare il50% deiricavi netti e più vendi più vienirimborsato dallo stato. L’idea«culturale» dietro alla riformasembra questa: più sostegno aiquotidianilocali(decisivipertut-te le forze politiche), accompa-gnamentoall’uscita digitale dalleedicoleper i pochigiornalinazio-naliindipendentirimasti.

Non a caso, la delega preve-de forti incentivi per il passag-gioal web. Suquesto frontela ri-formaallargale maglie diacces-so: due anni invece di 3 primadi entrare, con l’obbligo per letestate online diimpiegaregior-nalisti professionisti e offrire«articoli informativi originali» a

«utenti unici effettivi». Se tuttoquesto impedirà le truffe avve-nute in passato sui giornali dicarta resta da vedere. Previstaancheunadelegain bianco sul-la riforma delle pensioni deigiornalisti e delloro ordine.

Dulcis in fundo , tutte letesta-te chericevono i contributi nonpossonoospitarepubblicità«le-siva dell’immagine e del corpodella donna». Come il governoattueràe vigilerà suquestoprin-cipiosarà tutto da scoprire.

ECONOMIA ON DEMAND · Uber, Airbnb e gli altri: l’iniziativa di un intergruppo parlamentare

Sharing Economy, ecco la proposta di legge

L

a commissione europea ha rinviato la

presentazione delle linee guida sulla«sharing economy», inizialmente previ-sta a marzo, a metà del 2016, probabilmentegiugno. Tra tre mesi la commissione dovreb-be rivelare i contenuti di una direttiva moltoattesa sulla scena europea del capitalismo«ondemand»: quella sul ruolo dellepiattafor-meonlinesul«DigitalSingleMarket».Nelladi-rettiva dovrebbero trovare spazio anche unanormativasull’e-commerce,sui dirittidei con-sumatori,sulle pratichecommerciali irregola-ri(o monopoli), sulrispettodeicontratti di la-voro. Una volta varata, la direttiva saràvinco-lante sulleleggichegli stati membridell’Unio-

ne Europea approveranno.L’attesadelladiret-

tiva è spasmodica da parte dei colossi della«gigeconomy».Comeraccontato da«Il Mani-festo»,a febbraio i 47colossi americani dique-staeconomia hanno scrittouna lettera al pre-sidentedi turno dellaUe,l'olandeseMarl Rut-te,in cuihanno chiestodi essere tutelatidalleiniziative legislative dei paesi membri tese «alimitare il nostro sviluppo». A marzo la Com-missioneUe dovrebbe pubblicare i risultatidiun’indagine in cui la maggioranza di utenti ebusinessmen reputano che «l’incertezza suidiritti e gli obblighi degli utenti e dei gestoripotrebbe essereun grandeostacolo perla cre-scita dell’economiacollaborativa».

UE · Essenziali per la regolazione dell’economia della condivisione

Rinviate a giugno le linee guida

EDITORIA · La camera approva la riforma dei contributi: incentivi alla stampa locale e al web

E il governo decide tutto

ULTIME NOTIZIE 

Poche luci e molteombre nella leggedelega targata Pd.Tutto rinviatoai decreti attuativi

Pluralismo •

RENZI

 A cosa servonoi 2,5 miliardialla ricerca

Renzi ha annunciato 2,5 miliar-di alla ricerca. Non è niente dinuovo. La cifra presentata ieri

allo«science park»dell’aziendadi bio-tecnologia Irbm diPomezia,nel labo-ratorio cheha isolato il virusEbola, èla quota di cofinanziamento italianoprevisto nell’ambito del programmaeuropeo«Horizon2020»:2,5 miliardidi fondi nazionalie diecidall’Europafino al 2020. La cifra sembra anoma-la, considerato lo stato comatoso acuila ricercae l’universitàitalianaso-nostatecostrettedal tagliodi 1,1mi-liardi di euro di Tremonti e mai piùdaallora rifinanziato.

La stessa cifra è stata prospettatadal ministro dell’università StefaniaGianniniil 23febbraioscorso:sarebbecontenuta nel«pianonazionale perlaricerca» (PnR). Annunciato un annofa,il PnRè unascommessa chepuntaa prendere 8,8 miliardi dal program-ma Ue Horizon, 2,2dai Porregionali,il resto va conquistato con i progettisuiqualil’Italiaha dato pessimaprovadi sé. Questi soldi andranno alle aree

 Agrifood,Aerospazio, Design Creativi-tà, Made in Italy, Chimica Verde o«SmartCommunities»,energia,mobi-litàe trasporti.Settoriconimmediataricadutaindustriale,nonricercadiba-se,e tanto meno umanistica.Non so-nodestinatialfunzionamentoordina-riodegliatenei.

Dopo duerichiamial PnR, nelgi-ro di una settimana,è ormai chiaroche lo «story-telling» renziano hascelto questo temaper rimuovere enon affrontare la clamorosa prote-

stadei docenti strutturatinelle uni-versità contro la Valutazione dellaqualità della ricerca» (VqR), i salaribassi e bloccatida almeno un quin-quennio, oltre alla pratica diffusadello«scioperoalla rovescia» escogi-tata dal Coordinamento nazionaledeiricercatoriprecari peraffermareche la ricerca è un lavoro in tutto ilmondo, tranne in Italia. I ricercato-ri nonriescononemmeno a farsi ri-conoscere il sussidio di disoccupa-zione «Dis-Coll», pur versando i lo-rocontributi da parasubordinatial-la gestione separata dell’Inps. I 2,5miliardi attesteranno nelle prossi-me settimane la realtà del raccontodelpresidentedel Consigliocentra-to sulla competizione globale:«L’Italia - ha detto - è un paese conilcoltellotrai dentiche può imma-ginare futuro». Affine a questa im-magine bellicista è la personaleideadellaricercaformulatadal pre-

mier: «C'è bisogno di avere fame -ha detto citando l’ever-green SteveJobs-Valeper tutti, ancheperun ri-cercatore che sa di accettare il ri-schio della sconfitta. Immaginateun progetto di ricerca a dieci anni,che poi alla fine dalla mattina allasera chiude.O fareuntrattoe poila-sciare ad altri colleghi, farsi dareuna mano. È una metafora bellissi-ma di un Paese, di una comunità».

Quel ricercatore era precario eha dovuto lasciare ad altri la suaimpresa, perché ha trovato un po-stoall’esterodove almeno lo paga-no. O ha dovuto cambiare mestie-re.Perchéin Italiala ricerca è unla-voro gratuito. La disoccupazionese la pagano solo i signori in attesadi un concorso ad hoc..In questocontinuo depistaggio cognitivo re-stala realtà: ilgovernoha stanziato100milioni perdueannie assume-rà 861 ricercatori, mentre ne servi-

rebbero 2400 all’anno per i prossi-mi otto (sostiene il fisico GiorgioParisi). Un’idea di ricerca Renzi pe-ròla possiedequandoha stanziato1,5miliardi dieuroin diecianni al-lo Human Technopole di Milano esolo briciole agli atenei e enti di ri-cerca. La direzione è quella di po-chi poli di ricerca iper-finanziati,mentre l’università saràridottaalla«serie B» della formazione di unaforza-lavoro pocoqualificatae connessuna finalità che non sia quelladel  just-in-time. ro. ci.

 Palazzo Chigi deciderà in solitudine i criteri di accesso per letestate e riforma delle pensioni dei giornalisti e del loro ordine

Page 4: Il Manifesto Del 3 Marzo 2016

8/20/2019 Il Manifesto Del 3 Marzo 2016

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pagina 4 il manifesto GIOVEDÌ 3MARZO 2016

Carlo Lania

ROMA

 A 

lla fine a prevalere è stata la

realpolitik. Piuttosto cheniente,meglioil ddlCirinnàsenzala stepchildadoptionanchese alla stragrande maggioranzadelle persone omosessuali nonpiacecosì come è uscitodalSena-to. Il che non significa rinunciareai propri diritti né ai propri deside-ri (che spesso coincidono). Perquesto dopo alcune divergenzeiniziali, sabato prossimo a piazzadel Popolo a Roma il movimentolgbtmanifesteràin maniera unita-ria per ricordare al parlamentoche la battaglia per il riconosci-mentodei diritti è appenacomin-ciata.«Ora basta.L’Italialaica alzala voce», è lo slogan della manife-stazioneindetta da oltretrentaas-

sociazioni lgbttra le qualiArcigay, Arcilesbica,Agedo,FamiglieArco-baleno,CircoloMarioMielie il Co-ordinamento Torino pride chesperano di vedere arrivare nellacapitale almeno 30 mila persone.

L’unità che alla fine è stata rag-giunta non era affatto scontata.Quando il Senato si preparava avotarele unionicivili larabbia e ladelusione per i compromessi rag-giuntie peri giochi politicidi PdeM5Shannoprovocatorabbiae de-lusione nella comunità lgbt, chehasubito indetto unFamily gaydiprotesta. Neè natauna prima piat-taformadella manifestazionemol-to critica verso il testo approvato,alpuntocheeranoin moltia chie-

derne il ritorno al Senato una vol-ta finito l’iter alla Camera. Poi,

con il passare dei giorni, è preval-so il pragmatismo. Anche perchésullarete sonocominciatead arri-vare i commenti di chi vedeva ri-conosciuto per la prima volta ilrapporto con i proprio partner.«Siano una coppia, e per la primavolta siamo riconosciuti, prendia-moci questa legge», il commentopiù diffuso.«Il movimento lgbthadato una prova di grande maturi-tà», spiega la presidente delle Fa-miglieArcobaleno,Marilena Gras-sadonia. «Sulla rabbia iniziale èprevalso il senso di responsabilitàe attenzione per quello che co-munquela leggepuò dare alle pe-rone omosessuali. Anche se sia-mo molto critici, perché senza lastepchild adoption è una leggeche nontutela i bambini».

Da qui il cambio di rotta che haportato a una nuova piattaforma

delFamilyGay chepunta soprattut-toal rilancio della battaglia peri di-

ritti,a partiredal matrimonio eguali-tario e dalla possibilità di adottare.«Alparlamento diciamo:questa leg-gece laprendiamo anchese non ci

piace e sbrigatevi ad approvarla»,conclude Grassadonia.Delusione comprensibile. Per

sostenereil ddlCirinnà molte per-sone omosessuali hanno scelto direndere pubbliche le loro vite.Hanno raccontato le loro storie,mostratoi lorobambini,accettatodi condividere vicende personali.Unoforzovanificatodall’ostruzio-nismo scontato della destra, maanche dall’incapacità delPd didi-fendere la legge e dalle giravoltedel M5S. E il dibattito di questigiorni su maternità surrogata eadozioni gay dimostraancora unavoltal’arretratezza che su certiar-gomenti regna anche a sinistra.

Per chi la organizza la manife-stazione di sabato a Romarappre-senta quindi un importante pun-todi ripartenza. Sonoprevisti pull-man da tutta Italia insieme ad al-cuni treni (Italo ha confermato lo

scontro del 30% già proposto inoccasionedel FamilyDay).Ieri se-rasi è tenutal’ultima riunione perdecidere la scaletta di interventi ele perfomance artistiche (è previ-stala partecipazione dialcuni can-tanti). Appuntamento, per tuttitranne che per i politici, alle 15 apiazza del Popolo. «La legge sulleunioni civili farà la sua strada co-me è giusto che sia», scrivono gliorganizzatori. «Noi, dobbiamocontinuare a fare la nostra e dob-biamo farlo ora».

Adriana Pollice

Clima teso nelPd diNapoli,dovedome-nica si vota per le primarie. L’ultimocaso scoperchiato dalla Dda riguarda

Casavatore,comune dell’hinterland parteno-peo. Alle comunali della scorsa primavera ilclan locale, i Ferone, avrebbe fornito voti alsindaco eletto, Lorenza Orefice dell’Udc, e alsuo sfidante dem Salvatore Silvestri. Voti ac-quistaticonbuoni pasto,50euroo postidi la-voro. Sul profilo facebook di Silvestri le fotodella campagna elettorale con Valeria Valen-te (candidata alle primarie napoletane), il vi-cesegretario del Pd Lorenzo Guerini, il mini-stro della Giustizia AndreaOrlando, l’attuale consiglie-re regionale (e sostenitoredi Antonio Bassolino alleprimarie) Antonio Marcia-no. Lunedì sera Silvestri si è

autosospeso dal partito.«Mi pare difficile pensarecheGuerini e Orlandocono-scessero Silvestri a Casava-tore,le polemiche sulle fotonon servono.Purtroppocer-ti personaggi sono espres-sione dei piccoli centri delsud,dove le persone perbe-nesi allontanano dallapoli-tica»commenta RosariaCa-pacchione, dem della com-missioneAntimafia.I 5 Stel-le dell’Antimafia attaccano:«La compagna di Silvestri,MariangelaPortinaio, è l’as-sistentedella parlamentareValentee già con-sulente della Fondazione Polis, la strutturadella regione Campania che si occupa dellevittime di criminalità e dei beni confiscati. Ilcomune di Casavatore deve essere sciolto».Chiedono l’audizione di Guerini e Valente:«AQuarto eravamo partelesae letelecameredeitg hannostazionato pergiorni,ora un’in-

credibile e complice silenzio su Casavatore.Dove sono gliantimafiosidel Pd,i vari Picier-no e Orfini?». Alessandro Di Battista ha lan-ciatol’hashtag#gomorraPd.La replica è arri-vata dalla segretaria regionale dem, AssuntaTartaglione:«Attacchi vergognosi.Nell’eserci-zio delle sue funzioni politiche, Guerini du-rantequellagiornataha svoltoun toureletto-rale in 15comuni. TraquestiCasavatore, do-ve in quel momento non era possibile nean-che lontanamente pensare allo scenario cheha portato all’apertura dell’inchiesta».

In un clima rovente,dovrebbesvolgersi do-

manil’unicoconfrontotra i candidatialle pri-mariepartenopee. Lo ha chiesto persettima-ne l’oncologo Antonio Marfella (sostenutodal Psi). Valente si è detta subito disponibile.Nessun problema per Marco Sarracino, se-gretario dei Giovani democratici: «Sarebbestato vergognoso non farlo». Invitato ancheBassolino: finoa ieri siè semprerifiutato,ad-ducendo un’agenda fitta di impegni. L’unicoconfronto si è potuto fare in differita: l’Acliprovinciale ha organizzato quattro appunta-mentiper i candidati. PierEmilio D’Agostinoharaccontato sufb com’èandatacon Basso-lino:«Omaggi a Ingraoe Berlinguer,sorrisi…L’intervento eracentratosullesue ragioni. Fi-

ne del discorso, si alza e sene va: niente domande. Ilsuo staff, fu spiegato, avevavoluto sapere in anteprimale domande, sui rifiuti nonavrebberispostoperchésta-

va preparando una confe-renza stampa (?) e nonavrebbe voluto ’bruciarla’».

Domenica si voterà in 78seggi. Bassolino ne avrebbevoluti oltre 120, il comitatoorganizzatore aveva fissatol’asticella a 85, si è scesi an-coradopoil ricorsodi Sarra-cino: «Ne ho contestati 12perché in sedi riconducibilialla destra, non idonee ononfacilmenteraggiungibi-li. Per le regionali, i seggi incittà furono 45. Un numeroelevatorende difficileil con-

trollo democratico del voto. Avrei preferito igazebo in strada, dove un partito dovrebbestare. Con i Gd abbiamo organizzato unasquadra di 160 ragazzi con cui controllare iseggi». Ancheil comitatopro Valentesi staor-ganizzandoper vigilare e il segretarioprovin-ciale Venanzio Carpentieri ha lanciatoun’appanti brogli. Insomma nessuno si fida.

 A Caserta leprimariesonosaltatea unaset-timanadalvotoe ilpartito è statocommissa-riato:arriveràFranco Mirabelli, milanese, se-natore di Area Dem. Nel 2011 le primarie aNapoli furono annullate e la Dda aprì un’in-chiesta. Il mese scorso l’ennesima inchiestasu voto e camorra, questa volta relativa alleparlamentarie’ 2012 di Salerno, coinvolto ilcerchio magicodel governatore Vincenzo DeLuca: il voto fu indirizzato, secondo l’inchie-sta,su Fulvio Bonavitacola. Unconsensobul-garo chesi è ripetutoin tuttele altreprimarieed elezioni nel salernitano.

Andrea Colombo

Renzi chiama, Verdini risponde.Crolla così, come un castello fati-scente, la sceneggiata studiata per

dimostrare che il gruppo Ala, bandieradeisenatorimercenari radunatidall’astu-to Denis,non è partedella maggioranza.

 A palazzo Madama, tanto per fare una

cosa nuova, è di scena l’ennesima fidu-cia, sulla legge per gli omicidi stradali.Impossibile in questo caso nascondersidietro le mire ostruzionistiche di chic-chessia: gli emendamenti erano solo tre.La spina era rappresentata da una mag-gioranza pochissimo con-vinta del provvedimento,che rappresenta una dellepeggiori rispostepossibiliaun’esigenza reale. Di qui ilricorso alla solita fiducia,della quale la ministra Bo-schi,tra le protestedell’au-la, si dichiara «orgogliosa».

Modificareil ddlcon la fi-ducia dimezzoè impossibile.Tuttele op-posizioni decidonoquindidi puntaresul-lamancanzadel numerolegale.In realtàanche molti senatori della maggioranzasanno che il testo è pessimo, e la strate-giaha qualche possibilità di successo.In-fattidopola primachiamala maggioran-za è sotto il numero legale. I verdiniani,

che in dichiarazione di voto avevano so-lennemente annunciato la non parteci-pazione alla votazione, ci ripensano se-duta stantee corrono inaulaper garanti-re il tetto minimo necessario di votanti:«Un rovesciamento ai limiti del regola-mento e che non sarebbe stato possibilecon il voto elettronico. Renzi dovrebbesalire al Quirinale», commenta il capo-gruppo di Fi Romani. «La conferma che

 Alaè parte organicadi questamaggioran-za Renzi-Alfano-Verdini», rincara la ca-pogruppo di Sel De Petris.

In realtà, a conti fatti, la maggioranza

avrebberaggiunto i 145voti necessarian-che senza i verdiniani, con l’apporto deisenatori a vita Napolitano e Rubbia. Malacosanon cambiadi unavirgolala veri-tà messa a nudo dalla sceneggiata di ieriin aula. Verdini guida una truppa di rin-calzo pronta a entrare in azione ogniqual volta sia necessario, salvo poi na-scondersi dietro l’ipocrita affermazione

di non stare nella maggioranza.Ilddl eragià statoapprovato dalSena-to. E’ dovuto tornare a palazzo Madamaperché alla Camera era stato modificatoda un emendamento di Fi che cancella-va la norma che imponeva l’arresto an-

che dell’automobilista che,dopo l’investimento, si fer-mi a prestare soccorso.Una specie di incentivo al-la fuga. La legge rimaneispirata solo a princìpi for-tementepunitivi,con la tri-plicazione delle pene e lasospensione per decennidella patente:misuredetta-

te più dall’esigenza di far cassa in termi-ni dipropaganda cheda quelladi rende-re le strade più sicure. In effetti, di sicu-rezza delle strade non si parla proprio,come non è contemplato nessun seriosforzo in termini di prevenzione.

La logica è quella sintetizzata dalla ex grillina Mussini: «C’è chi provoca inci-

dentiperché ha bevutoe chilo faperchési è trovato in circostanzesfortunate.Chiha bevuto molto prenderà da 8 a 12 an-ni,sehabevutomenoda5a12,esenonha bevuto affatto ma provoca per qualsi-asi motivo un omicidio sarà trattato co-me chi ha bevuto poco». Pena altissimase chi provoca l’incidentenon ha pagatol’assicurazione. Passare col rosso saràconsiderato equivalente al guidare con-tromano. «E’ stata dura ma finalmentec’èunaleggeperle vittime e lelorofami-glie», esulta Renzi. La legge c’è. Se fosseuna buona legge sarebbe anche meglio.

Oggi alle 10.15 nella sala stampa della Camera dei deputati, l'Associazione LucaCoscioni presenterà la proposta di legge per la regolamentazione della gravidanza per altri in Italia. Interverranno Filomena Gallo e Marco Cappato, rispettivamente segreta-rio e tesoriere dell'Associazione Coscioni. «Nel dibattito su ciò che, in modo dispregia-tivo, è chiamato "utero in affitto" - hanno spiegato - in pochi sembrano voler distin-guere tra sfruttamento e solidarietà, tra mercificazione e progetto parentale».

ASSOCIAZIONELUCACOSCIONI

Un progetto di legge sulla gravidanza per altri

ROMA · Manifestazione a piazza del Popolo per chiedere matrimonio egualitario e un provvedimento sulle adozioni

«Un Family Gay per i diritti lgbt»

 Associazioniin piazza sabato.

«La legge Cirinnànon ci piace, ma cela prendiamo»

Napoli /SCONTRO CON M5S PER LA VICENDA CASAVATORE

Tra inchieste e paura di brogli

primarie ad alta tensione dem

Carcere finoa 15 anni.

Numero legalea rischio, l’Alatorna in aula

POLITICA 

IN PIAZZAPER LEUNIONICIVILI FOTOLUIGI

MISTRULLI

Fissato per domaniil primo confronto

tra i candidati.In forse la presenza

di Bassolino

DALLA PRIMALuigi Manconi

I bambiniinnanzitutto

SENATO · Approvato il ddl sull’omicidio stradale

Sì alla fiducia, Verdinisemaforo della maggioranza

Ciòche abbiamo conte-statoè chein unalegge

a vocazioneanti-discri-minatoria siintroducesse undi-spositivo di sperequazione.Nonsolo e nontantotra perso-ne eterosessuali e personeomosessuali,bensì trabambinidestinati a essere adottati dacoppie eterosessuali e bambinidestinati a essere adottati dacoppie omosessuali. Il loro su-perioreinteresse, che- come af-ferma la giurisprudenza- non èlegato allaformadel gruppo fa-miliare incui è inserito,ma allaqualità delle relazioni che vi siinstaurano dipenderà, in que-sto modo, dall’orientamentogiurisprudenzialeche il giudicedi volta in volta seguirà.

Demandare a un’interpreta-zione, come tale soggettiva emutevole, la sorte di unbambi-noe deisuoiaffettiè un’abdica-zione deldirittoalla suafunzio-

ne di tutela dei soggetti più de-boli. Che impone, in questi ca-si, di scegliere l’adottante nonin ragione del suo orientamen-to sessuale, ma dell’idoneità asvolgere la funzione genitoria-le; e in funzione della qualitàdellegamestabilito conil bam-bino. Perquestotrovoparados-sale la proposta, avanzata inquestigiorni, di vietarel’adozio-ne del figlio nato da gestazioneper altri. Se il fine è evitare losfruttamento della donna ge-stante, altre sono le strade daseguire: non certo privare ilbambino del suo genitore (siapur «sociale»), trasformandocosì un diritto fondamentalenelsuo opposto:un divietoe fa-cendo ricadere sui figli «le col-pedei padri». La Corte europeadei diritti umani ha condanna-to l’Italia proprio per aver sot-

tratto il bambino alla coppiache lo aveva «concepito» congestazione per altri, negandocheil concetto di ordinepubbli-co (incompatibile, secondo al-cuni, con la maternità surroga-ta) possa essere interpretato incontrasto conil dirittodel bam-bino a vivere con chi lo abbiavolutocome figlio.Ma escludia-mo per un attimo ciò che, evi-dentemente fa piùproblema (ilmercimonio del corpo femmi-nile) e consideriamo l’ipotesidi una gestazione surrogatamotivata da ragioni altruisti-che. In linea generale, non sipotrebbe vietarla in nome deldiritto del figlio alla coinciden-za tra genitorialità biologica esociale, dal momento che laConsultaha giàchiaritoche l’af-finità genetica non costituiscepresupposto indefettibile di fa-

miglia. Siamo certi, infatti, chel’interesse alla coincidenza tragenitorialità biologica e socialemeriti una tutela così forte daprevalere sulla possibilità stes-sa del figlio di esistere? Privareunbambino diquestapossibili-tà, in nome non tanto del suodiritto alla ricostruzione dellapropria identità (che si può ga-rantirenel rispettodeglialtridi-ritti in gioco), quanto piuttostodella coincidenza tra identitàgenetica e identità sociale ri-schia di ridurre - in una conce-zione meramente biologista -la persona al suo dna. Non è,forse,questa,un’idea della filia-zione eccessivamente naturali-stica, che dovremmo invecetemperare con una concezio-ne della genitorialità comeaspirazionea definirsimedian-te la sollecitudine e la cura per

l’altro? È questa, d’altra partela sostanza di un’importantesentenza della Corte supremadegli Stati uniti sulle unioniomosessuali. Ma, detto tuttociò, resta una considerazionedimetodo e di meritoallaqua-le tengo in modo particolare:quellache ho appena espressonon è una posizione netta nédefinitiva.È il mioapproccioal-la questione e l’inizio di una ri-flessione, attraversata ancorada perplessità.

Page 5: Il Manifesto Del 3 Marzo 2016

8/20/2019 Il Manifesto Del 3 Marzo 2016

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GIOVEDÌ 3MARZO 2016 il manifesto   pagina 5

Leonardo Clausi

LONDRA

Èil centro di accoglienzapiù grande d’Europa,che il ministero degli in-

terni affida in appalto a impre-seprivate,ed è passatorecente-mente di mano. Vi sono dete-nutecircaun migliaiodi perso-ne, fra richiedenti asilo, mi-granti senza visto o dal vistoscaduto o che hanno a caricoprecedenti penali e sono in at-tesa di rimpatrio, in una strut-tura abilitata a ospitarne unmassimo di 661. E ora l’Har-mondsworth immigration re-moval centre, vicino Hea-throw, si trova in mezzo a unnugolodi polemicheper lecon-dizionidisagiate in cuiversanoi suoi «ospiti».

Un’ispezione a sorpresa loscorso settembre, da partedell’ispettorato delle prigioni,

la massima autorità carcerarianazionale, ha portato martedìalla pubblicazione di un rap-porto che inchioda il gruppoGeo, i precedenti detentoridell’appalto, alle proprie re-sponsabilità nella gestione diuna strutturatrovata inadegua-ta, sovraffollata,sporca, infesta-ta da parassiti, privadi mobilioe in parte fatiscente. E dove lostaff a volteè tutt’altroche soli-dalecon i migrantipur trovan-dosi a svolgere un lavoro dovela comprensione dei disagi edelle esigenze dell’altro è fon-damentale. Tutte mancanzeche nonpossononon aggrava-re il già compromesso stato disalute e psicologico dichi spes-so è miracolosamente sfuggitoalla morte, nel proprio paeseinguerrao nell’estenuante e in-finitoviaggioversouna vitami-

gliore. All’inadeguatezza dellestrutture di accoglienza si ag-giungono poi i tempi troppolenti neldisbrigo deidocumen-ti e che finiscono per allungarespropositatamentela detenzio-ne. Diciotto migranti si trova-noa Harmondsworth dapiùdiun anno, uno da quasi cinque,seppur in periodi diversi, e unaltro da quattro e mezzo.

Sono problemi già rilevati inuna precedente ispezione del2013 e che Detention Forum,un’organizzazione che si batteper la riduzione dei tempi dipermanenza deimigranti insi-mili centri, nonhaesitatoa de-finire «deplorevoli». Una posi-zione alla quale non ha potutonon allinearsi lo stesso PeterClarke,ispettore capodellepri-gioni fresco di nomina e auto-

re del rapporto: anche lui ha

raccomandato al ministerodell’interno di adoperarsi perridurre il periodo di detenzio-ne, quando la Gran Bretagna èl’unico membro dell’Ue a nondover osservare alcun limitemassimo in materia.

Il rapporto non risparmia si-mili critiche ai successori diGeo, il gruppo Mitie, quotatoin borsa e presieduto da Ruby McGregor-Smith, membradel-la camera dei Lords e dal 2014titolare di un contratto di ottoanni che vale 180 milioni disterline. E dimostra un males-sere ai piani alti dell’ammini-strazione pubblicanei confron-ti della politica governativa dicessioneai privatidi aspettide-licatissimi di gestione della co-sa pubblica, come il sistemacarcerario. Quanto ai centri diaccoglienza, evidentemente

nonsonosoloi trafficantidi uo-minia guadagnare dalla dispe-razionedei rifugiati: nellaGranBretagna dei Tories sette degliundicicentridi accoglienzana-zionali sono in mani private.

La denuncia di Clarke arrivaa poche settimane dallo sde-gno generalizzato causato aCardiff, in Galles, dalla praticadi G4s di affibbiare ai polsi deimigrantidei braccialetti colora-tiche lidistinguesserodallapo-polazione. Travolto dalle pole-miche, il colosso globale dellasicurezza privata, il più grandedel mondo, già ai disonori del-lecronache perdei gravipastic-ci gestionali durantele Olimpi-adilondinesi del 2012, ha deci-so di rescindere il proprio con-tratto per la gestione dei rifor-matori nazionali.

 Terzo giorno di sgomberonella «giungla» di Calais,iniziato lunedì scorso con violenti scontri. Ieri alcunimigranti si sono fatti foto-grafare con cartelli di pro- testa, due di loro si sonocuciti la bocca. Secondole autorità lo sgomberocolpirà 800-1000 perso-ne, ma per i diritti umanile cifre sono molto piùalte, con oltre 3.450 mi-granti accampati nellazona sud, tra cui 300 mi-nori non accompagnati.Foto La Presse

CALAIS

La protestanella «giungla»

Teodoro Andreadis Synghellakis

La Commissione Europea haufficializzato oggila propostaperun aiutoeconomicocom-

plessivo di 700 milioni di euro, si-no al 2018, da ripartire tra i paesimembri che stanno sostenendo ilpeso della crisi dei migranti. Piùdettagliatamente,la proposta, chedovrà essere approvata del verticedi lunedì prossimo, prevede lostanziamento di 300 milioni di eu-

ro per quest’anno, e 200 per il2017e il 2018. Il commissarioChri-stos Stylianides, responsabile perla gestione delle crisi e gli aiuti

umanitariha dichiarato che«l’Eu-ropa sarà così in grado di offrireaiuti in condizioni di emergenza,all’interno dell’Unione, conmoda-litàassaipiù velocidi quanto avve-nuto sinora».

Il commissario,di nazionalitàci-priota, si è augurato che tutti i go-verni dell’Unione forniscano nelpiù breve tempo possibile il loro

sostegno a questo piano di azio-ne, anche se è sembrato consciodel fatto che non sarà facile, co-munque, superare le profondissi-me divisioni emerse sinora.

Il problema, secondo quantotrapela da stretti collaboratori di

 Alexis Tsipras,è che il piano «uma-nitario» dell’Ue non può essereconsiderato una misura sufficien-te per affrontare l’emergenza sen-za precedenti che sta vivendo laGrecia. Il governo di Syriza conti-nua a chiedere principalmentedue cose: che tutti i paesi mem-bri diano il loro reale assenso airicollocamenti e che il rapportocon la Turchia esca dall’ambigui-tà. Che Ankara contribuisca subi-to, quindi, a ridurre notevolmen-te i flussi dei profughi, senza sot-terfugi e doppiezze di sorta. Il go-verno Tsipras chiede, cioè, chela Grecia non venga trasformata

in un «infinito deposito di ani-me», nella piena indifferenza deipartner.

Il ministro greco responsabileper l’immigrazione, Janis Mouza-las si è detto convinto, comun-que, che la situazione sia ancoragestibile, anche se ha ribadito cherealisticamente, la frontieradi Ido-mèni è da considerare, pratica-mente, «ormai chiusa». SecondoMouzalas, i paesiin questione(ini-ziandodall’Ex RepubblicaJugosla-va di Macedonia) non intendono

fare marcia indietro, «malgradole prese di posizione e le richiestearrivate dal papa, da Merkel, daJuncker e da Schulz». Ha spiega-to, quindi, che il governo di Atenesta cercando di affrontare al me-gliola situazione, con la collabora-zione delle regioni e dell’Unionedei Comuni della Grecia.

I «sospetti»,comunque,sullerea-li possibilità di applicazione delpiano dellaCommissione e sulriu-scire a recuperare una vera solida-rietà europea, sono stati rafforzati,ieri, dalla reazionepositivadi Vien-na. Secondo il governo Faymann,quella propostada Bruxellessareb-be unamisuraimportantee neces-

saria per fornire un aiuto alla Gre-cia. Contemporaneamente l’Au-stria ha chiesto la creazione di unfondo per sostenere quei paesiche hanno accolto e accoglieran-no un grande numero di profu-ghi. Ma rimane sempre da verifi-care la questione chiave, che staalla base di tutto il discorso: se sitratta di una nuova soluzione diemergenza, o se si comprendeche tutti devono fare la loro parte

nell’ospitalità,senza decisioni uni-laterali.

Per quanto riguarda la situazio-ne in Turchia, secondo l’agenziastampa Reuters, l’ Ue sta eserci-tando pressioni su Ankara affin-ché riduca a non più di mille ilnumero di profughi e migrantiche ogni giorno partono alla vol-ta delle coste greche. In cambio,l’Unione si impegnerebbe a pre-levare un certo numero di profu-ghi direttamente in loco, in Tur-chia, distribuendoli tra i suoi varipaesi membri.

In questo momento, malgradotremesi fail governoturcosisiaac-cordatocon l’Europaper collabora-re nel contenere i flussi migratori -ricevendo in cambio, in totale, tremiliardi di euro - il numero dei di-sperati che salpano dalle costedell’Asia Minore per arrivare inGrecia è superiore a duemila al

giorno. A Idomèni, nel frattempo, i pro-

fughi sono ormai oltre diecimila.Ieri sono riusciti a passare la fron-tiera con la Fyrom solo cento per-sone, nei giorni scorsi il numeroeraancorapiù basso. L’exMacedo-nia Jugoslava ha fatto arrivare alconfine,oltre cherinforzidell’eser-cito, anche una serie di me-ga-idranti, come «deterrente» perchispera dipoter passare oltreil fi-lo spinato. E la Grecia si prepara aospitare, sino a quando l’ Europanonusciràda questo pantanopoli-ticoe umano, almeno settantamilaprofughi.L’obiettivopiù immedia-to è fornire a tutti una tenda, e tro-vare, poi,una sistemazione piùsta-bile e dignitosa.

AI CONFINI DELLA REALTÀ 

Un rapporto svelale nefandezzenel «carcere» piùgrande d’Europa,in mano ai privati

GRAN BRETAGNA · Detenuti a Harmondsworth

Oltremanica il centrodella vergogna

MIGRANTI IN CAMMINO LUNGO I BINARI AL CONFINE TRA GRECIA E MACEDONIA FOTO LA PRESSE

La Grecia insistesui ricollocamentie punta il dito controla Turchia, «escadall’ambiguità»

Mentre, alla stessa data, il numerodi quelli accolti nei 28 paesidell’Unione europea sonostatipo-

co più di un milione e altri 270mila negliUsa.

Oggi i profughi e richiedenti asilo si tro-vanodi fronte a disponibilitàall’accoglien-za in cifre risibili o alla chiusura totale difrontiere e perfinodivieti di transito. Rifiu-ti che non vengono solo dai paesi balca-nici e dell’Est Europa, ma dai paesi piùpotenti, come Usa, Gran Bretagna, Fran-

cia, o più ricchi, come Austria, Belgio,Svezia, Danimarca, Finlandia. La relativadisponibilità della Germania si è andatavistosamente riducendo. Mentre paesigeograficamente più raggiungibili, comel’Italia e laGrecia nonfanno chereclama-re la corresponsabilità dell’Unione.

Proprio tra i più indisponibili all’acco-glienza si trovano gli stati che sono inprima fila nel promuovere azioni milita-ri e fomentare conflitti interni nei paesida cui fugge la maggior parte dei profu-ghi. Fanno credere che i costosissimi in-terventi militari da essi promossi sono

necessari per la sicurezza e il benesseredei loro paesi, e che i costidell’accoglien-za dei rifugiatie richiedenti asilo sono in-sostenibili.

I fatti stanno molto diversamente.Prendiamo, ad esempio, il caso dell’Ita-lia.

Nel 2015, il nostro paese ha impiegatopocopiù di800 milioni dieuroper laspe-sa complessiva diaccoglienza dei rifugia-ti. Sempre nel 2015, il costo delle“missioni” militari italiane in alcuni deipaesi d’origine dei rifugiati è stato di unmiliardo e mezzo di euro. Altre spese sa-ranno da aggiungere per la spedizionemilitare che il governo sembra ansiosodi promuovere in Libia.

La contraddizione tra indisponibilità asostenere i costi dell’accoglienza ele spe-se delle azioni militari cui si partecipa,proprio nei paesi dei richiedenti asilo, èancora più stridente in casi come quello

della Gran Bretagna e della Francia. Maconsiderazioni analoghe si possono fareper i paesi di Visegrád (Polonia, Repub-blica Ceca, Slovacchia, Ungheria) e altrioltranzistinei confronti dei profughi. Sta-tiche peròpartecipanospessoe volentie-ri alle coalizioni di “volenterosi” operan-ti in vari scacchieri.

Per parte loro, i rifugiati non voglio-no essere mantenuti. Come gli altri im-migrati, cercano lavoro e sperano d’in-serirsi al più presto neipaesimeta.E an-che su questo occorre considerare i datidi fatto.

Rifugiatie richiedenti asilo costituisco-no una percentuale assai ridotta del nu-mero complessivo degli immigrati di pri-ma generazione e ufficialmente censitinei paesi d’arrivo. Si va dallo 0,6% in Usaal 3,1% in Francia.

Quand’anche i rifugiati concorresseroad aumentareil numero complessivo de-gli immigrati in misuramaggiore,va riba-dito che gli uni e gli altri non rappresen-tano un gravame per la spesa pubblica,ma, al contrario, è dimostrato che essirappresentano una risorsa.

Se torniamo a fare l’esempio dell’Ita-lia, nel 2014, l’ammontare delle tasse edei contributi pagati dagli immigrati hasuperato di 4 miliardi il totale delle spesepubbliche per le politiche di accoglienzae tutti i servizi di welfare di cui hannousufruito. Ma c’è di più: essi hanno con-corsoalla creazione di ricchezza nellami-suradell’8,8% del Pil.E conti simili valgo-

no anche per gli altri paesi che sono me-tepreferitedegliimmigrati. Ancorpiù im-portante è il loro contributo al riequili-brio demografico. Com’è ben noto, pro-prio nei paesi più sviluppati, la popola-zione invecchia, sia per il calo della nata-lità che per l’aumento degli anni di vita.Il che significa che non bastano i conti-nui tagli alla sanità e la riduzione dellaspesa pensionistica. Se vogliamo chequel che resta del sistema di welfare inEuropa regga in qualche modo, occorreun rapido aumento della popolazione inetà lavorativa. Per il raggiungimento di

taleobiettivo, la popolazione europeado-vrebbe aumentare di 42 milioni in 4 an-ni. Il che è concepibile solo attraversomassicci afflussi di immigrati.

Se lo stato delle cose è questo, occorrerispondere a due questioni.

La prima riguarda il fatto che, invecedi governare in modo positivo il fenome-no migratorio, in diversi paesi dell’Uel’immigrato è indicato come una minac-cia per il benessere dei cittadini già resi-denti. Purtroppo, su questo terreno s’èinnescata unacompetizione e strumenta-lizzazione elettorale che si va sempre piùradicalizzando e che sfocia ormai in unasorta di guerra al migrante, dai Balcani alCanal della Manica.

La seconda risposta non è meno disar-mante. Stiamo assistendo al protrarsi dilogiche conflittuali e di predominio nellaregolazione dei rapporti internazionaliche si ritenevano superabili dopo la fine

della guerrafredda. Purtroppo, le speran-ze accesese nei primi anni Novanta conla cessata contrapposizione tra i dueblocchi- speranze che rilanciarono il pro-getto di un’Europa unita, pacifica e aper-ta alla cooperazione nei rapportiinterna-zionali - sono venute via via spegnendo-si. Mentre si sono riproposte le vecchiestrategie di espansione delle aree d’in-fluenza e di scalata a posizioni di forza inuna rigida gerarchia dei rapporti interna-zionali. Un paradigma che non può nonalimentare forme, più o meno latenti, ditensioni e conflitti.

«IlpianoUe

non basta»

DALLAPRIMAIgnazio Masulli

Il gap tra spese militarie costi dell’accoglienza

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8/20/2019 Il Manifesto Del 3 Marzo 2016

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pagina 6 il manifesto GIOVEDÌ 3 MARZO 2016

Eleonora Martini

Dunque non era un incidente

stradale, non era un giocoomosessuale finito male néil linciaggio di un depravato, nonera un atto di criminalità comune,non era un omicidio passionale, néunregolamentodi conti traspaccia-tori e drogati, l’eliminazione di unaspia, il risultato di una faida internaai sindacati o ai movimenti di sini-stra,non erail tradimento diun diri-gente della Oxford Analytica e nep-pure un sabotaggio messo in attodai Fratelli musulmani. La «verità»sull’omicidio di Giulio Regeni vieneora direttamente dal presidentedell’Egitto: Al-Sisi in persona o chiper lui. Secondo l’ultima tesi, chepotrebbe essere la quadratura delcerchio perfetta anche per il gover-noitalianoeglialleatieuropei,aduc-cidere il giovane dottorando friula-nosarebbe stato loStatoIslamico.

Lanotiziaè stata diffusaieriattra-verso l’Ansa da una «fonte di altorango della presidenza egiziana».Unattodi terrorismo teso a danneg-giarele relazioni esterneegizianealpari - afferma la fonte «altamentequalificata» e ripete lo stesso pre-mieregizianoSherifIsmail inun’in-tervista alla tv pubblica del Paese -dell’abbattimento dell’aereo russocaduto sul Sinai nell’ottobre 2015.

«Il terrorismo in Egitto non è fini-

to e cerca di danneggiare i rapportitra l’Egitto stesso e altri Paesi, comeè statonel caso delcittadinoitalianoGiulio Regeni - dichiara all’Ansal’esponente anonimo dellapresiden-za del Cairo - Attraverso quest’attocoloroche vogliono colpire l’Egitto ela regione e coloro che sono legati agruppi terroristici hanno addossatosul ministero dell’Interno egizianolaresponsabilitàdell’uccisione diRe-geni». L’ufficio di presidenza, preci-

sa l’Agenzia nazionale di stampaas-sociata,ha rilasciatoquestedichiara-zioni per«chiarire» cosaintendesse

 Al-Sisiquandoil 20febbraio scorso,in un discorso a Sharm El Sheikh,disse: «Chiha abbattuto l’aereorus-so che voleva? Voleva danneggiaresolo il turismo? No, voleva danneg-giare le nostre relazioni con la Rus-sia e l’Italia». Il presidente egiziano«conferma»,precisala fonte, che«ilterrorismo cerca di danneggiare irapporti egiziani con gli altri Paesiprendendodi mirale comunitàstra-

niere come avvenuto nel casodell’aereo russo o facendocircolarevoci che nuocciono alle relazionidell’Egitto con altri paesi, come nelcaso dell’omicidio di Regeni». Inogni caso, conclude la presidenzaegiziana, «i loro tentativi sono votatial fallimento, dato chei rapporti ita-lo-egizianisonoradicati» e «il gover-no egiziano ha aperto un’inchiestaglobale ed esaustiva su questo casoper scovare i criminali».

Inchiesta aperta dalla procura diGiza e rimasta top secret per gli in-quirenti italiani inviati al Cairo dalpm di Roma, Sergio Colaiocco, che

coordina le indagini italianesull’omicidio. Ieri pomeriggio pe-rò, mentre arrivava la versione delpresidente Al-Sisi, il ministero de-gli Esteri egiziano ha trasmessoall’ambasciata italiana al Cairouna parte dei documenti richiestida settimane, «in particolare infor-mazioni relative a interrogatori ditestimoni da parte delle autoritàegiziane, al traffico telefonico del

cellulare di Giulio Regeni e a unaparziale sintesi degli elementiemersi dall’autopsia» eseguita alCairoil 4 febbraio scorso. Sarebbe-ro tutti reperti cartacei, in linguaaraba,nessun filmato, nessunare-gistrazione, nessuna foto, nemme-no a corredo dell’esame autoptico:atti parziali senza un quadro di in-sieme che, secondo le prime indi-screzioni, non sarebbero in gradodi imprimere sviluppialle indagini.

Dunque, nessuno scambio di in-formazioni investigative diretto traprocure, ma solo da governo a go-verno. Perla Farnesinache ha dira-mato la notizia, è «un primo passoutile» anche se i documenti inviatisonosolouna partedi quelli richie-sti e perciò, spiega il ministero de-gliEsteriin unanota, «lacollabora-zione investigativadeve«essere sol-lecitamente completata nell’inte-resse dell’accertamento della veri-

tà». Naturalmente, gli atti «sonostati immediatamente messi a di-sposizione del team investigativoitaliano che opera al Cairo».

Contemporaneamente, il diretto-redel Dipartimentodi Medicina le-gale del Cairo, Hisham Abdel Ha-mid, che per primo ha eseguitol’autopsia sul cadavere di Giulio,ha smentito di essere mai statoascoltato dalla procura di Giza sulcaso Regeni (come aveva prean-nunciato il giorno prima il mini-stro di Giustizia egiziano). E habollato come«totalmente inventa-ta e assolutamente priva di fonda-mento» la notizia dei risultati au-toptici che parlerebbero di «tortu-ra avvenuta ad intervalli di 10-14ore».Una notizia diffusa dallaReu-ters  e dal giornalista investigativo

 Ahmed Ragab che ha confermatotutto al manifesto .

D’altronde, già lunedì il ministro

degli Esteri Paolo Gentiloni, daNewYork, si eramostrato fiduciosoe aveva spiegato ai giornalisti checonfidava diricevere prestodal Cai-ro«elementidi indagineseriin tem-pi rapidi», avvertendo gli "amici"egiziani che il governo italianoavrebbe verificato «il rispetto dellepromesse». E così ieri il regime di

 Al-Sisi si è dato da fare, ma mala-mente. Gentiloni, intervenendo dinuovo ieri sul caso dal Council of Foreign Relations di New York, si èlimitato a ripetere che «chiede» e«spera» in una maggiore «coopera-zione, almomentomolto limitata».

Chiara Cruciati

«Erdogan non accetta la sentenza perchéper lui è una chiara sconfitta. Abbiamoun presidente che non è abituato a per-

dere». Ieri Can Dundar, direttore del quotidianoCumhuriyet , siè toltoun altrosassolinodallascar-pa. Senza risparmiare accuse all’Unione Europea,troppo interessata a bloccare i rifugiati siriani perpremere su Ankara: «Mentre eravamo in prigione,si mercanteggiava suirifugiati.Sembrache l’Euro-pa preferisca barattare i propri principi in cambiodi interessi di breve periodo». Nella conferenza

stampa con il caporedattore Erdem Gul, con cuiha condiviso 92 giorni di prigione, il giornalista ètornato sulla decisione della Corte Costituzionaleturca che giovedì scorso liha scarcerati. Ma non as-solti: sui due reporter pen-de l’accusa di spionaggio esostegno a organizzazioneterroristica. Il processo siaprirà il 25 marzo e Dun-darne dàla suainterpreta-zione: «Non ci difendere-mo,ma porteremodi fron-te alla corte i crimini delloStato». Rischianodue erga-stoli a testa. A monte sta ladenuncia presentata dallostesso Erdogan a giugno 2015, un mese dopo lapubblicazione su  Cumhuriyet  di video e articolisulla consegna di armi da parte dei servizi segretiturchi a gruppi jihadisti impegnati in Siria.

Perora,però, Dundare Gulsegnanoun puntoaproprio favore: la piùaltacortedelpaeseha bolla-to l’incarcerazione come violazione della libertà

di espressione e stampa. Un punto non da pocoche ha provocato ben più di un mal di pancia adErdogan. Ieri il premier Davutoglu, ha ribadito laposizionedell’esecutivo: l’arrestodei duegiornali-sti non rientra nell’ambito della libertà di parola ela sentenza non dovrà influenzare il processo perspionaggio.

Le preoccupazioni di Ankara coprono l’ampioraggio delle politicheinauguratedal sultano:il ruo-loda incendiario dellaguerra in Siria,il sostegnoaStato Islamico e al-Nusra, la repressione internacontro vocicritiche. I numeri sonoesorbitanti: dal2014, quando Erdogan divenne presidente, sono

statiaperti 1.845fascicoliper insulti alla suafigura(reatoper ilcodicepenale turco)controogni criti-co, giornalisti, attivisti, artisti, ma anche semplicicittadini e studenti.

Dietro sta l’uso sistematico della magistraturacomestrumento repressivo. Erdogan ordina, mol-ti giudici obbediscono. L’ultimo caso si è registra-toieri: il presidenteha chiesto alleprocuredi assu-meremisurelegali contro l’Hdp, il partito di oppo-sizione pro-kurdo, per aver organizzato una mar-ciadi protestanel distrettodi Sur, a Diyarbakir, trai più colpiti dalla brutale campagna militare an-ti-kurda. Le misure vanno prese, dice Erdogan,

perché si tratta di una «chiamata al terrore» e per-ché le autorità turche avevano emesso un divietodiingressonel quartiere. A fare appello alla piazza

era stato il leader dell’HdpDemirtas,rivolto aichi è ri-masto a vivere in città (so-no migliaia le famiglie fug-gite da coprifuoco e azionimilitari) a protestare con-trola campagna cheda lu-glio ha già ucciso circa 300civili.

«Tutti i residenti di Di- yarbakir dovrebbero solle-varsiper porrefineal bloc-co di Sur – ha detto marte-dì Demirtas – Tutti marci-

noverso Suralle16del 2 marzo». Allorail governa-tore di Diyarbakir ha emesso un divieto di ingres-so per i non residenti del quartiere a partire damezzogiorno. Ma ieri erano migliaia le persone inmarcia contro un coprifuoco cheprosegueininter-rotto da 92 giorni e che ha permesso all’esercitoturco di compiere odiosi massacri. Si è marciato

dai distretti di Kayapinar, Baglar e Yenisehir e daivillaggi della provincia,con in gola slogana favoredella resistenza kurda e in mano le foto delle vitti-me delle stragi di Cizre (dove martedì il coprifuo-co totale è stato ridotto alle sole ore notturne, do-po 80 giorni). Scontri sono esplosi con la poliziaturca che ha cercato di disperdere la folla.

Ma le proteste pacifiche non appaiono sui me-diaeuropei.E così i raid continuano.Non cisi limi-taall’artiglieriama anchealle bombedal cielo:ierigli F16 turchi hanno colpito le zone rurali di Sir-nak, in stato di assedio da 16 giorni, qui la scorsasettimana sono state uccise 12 persone.

C’è la firma: ieri il governoiracheno ha ufficializza-to l’accordo con la ditta

italiana Trevi per la riparazione eil mantenimentodelladiga di Mo-sul, la più grande del paese, unimpianto che rifornisce d’acquabuona partedel territorio delpae-se. L’appalto è andato cosìalla compagnia che – in at-tesa del contratto definiti-vo – a dicembre aveva giàottenutoil sostegnodel go-vernoitaliano: Romaha or-dinato alla fine dello scor-so anno il dispiegamentodelle proprie truppe nellazona a protezione deilavo-ri e dell’ingente business.Un affare da 273 milioni dieuro per 18 mesi di lavori,che val bene l’invio di 500

deinostrisoldati,in aggiun-taai 750uominidi stanzaaErbil per l’addestramentodei peshmerga kurdi.

La diga sul fiume Tigri, diconoiracheni e statunitensi, è adenor-me rischio a causa degli scontriconlo StatoIslamico chenell’ulti-mo anno e mezzo ha più voltecompiuto attacchi contro l’im-pianto,occupandoloper brevi pe-riodi. Se dovesse collassare, pro-vocherebbe inondazioni capacidi arrivare a Baghdad e disastri

nelle città lungo il fiume, tra Mo-sul e la capitale, come Samarra,Baiji, Tikrit. Oltre un milione emezzo i civili che resterebberocoinvolti. La preoccupazione perl’esplosione di quella che vienedefinita «una bomba d’acqua» ètaleche il premieral-Abadidome-

nica ha chiesto alla popolazioneche vive entro quattro chilometridalla diga di evacuare.

Mosul resta al centro delle at-tenzioni militari dei tanti attoridella cosiddetta lotta al terrori-smo islamico. Tra i più attivi c’èla Turchia che a soli 20 km dallacittà ha mandato 2mila soldati,con il sostegno dell’alleato Barza-

ni, presidente del Kurdistan ira-cheno. Ma è nel mirino anchedell’Occidente: lunedì il governodiBaghdadha sottopostoall’eser-cito statunitense i piani per lacontroffensiva sullacittà roccafor-te delloStato Islamico.Il generaleUsa Dunford, capo dello staff in

Iraq, in conferenza stampaha riportato dell’intenzio-ne di Washington di svolge-re un ruolo nella futuraoperazione maggiore diquello ricoperto a Ramadi,dove ci si limitò ai raid ae-rei.

I primi segnali sono arri-vati ieri: 200 uomini delleforze speciali Usa hannocompiutoun’azione via ter-ra e arrestato uno dei lea-der dell’Isis in Iraq. Ora è

sotto interrogatorio,poi sa-rà consegnato a Baghdad.Secondo il segretario allaDifesa, Ashton Carter, si

trattadi unleader dimediolivellola cui cattura – aggiunge – apre lastrada a future operazioni dellostesso stile: forze speciali (arriva-te in Iraq a gennaio) che, in coor-dinamentocon l’esercitogoverna-tivo, compia raidmiratiper l’arre-sto di figure di spicco della reteislamista e la confisca di materia-le sensibile.  ch. cru.

 Il governo del Cairo: «Terrorismo

 per danneggiarei rapporti esteri».

 E trasmette tramiteambasciata partedei documentichiesti dai pmitaliani. Quelliinutili

GIULIO REGENI · La presidenza egiziana diffonde la sua versione dei fatti

«È stato l’Isis»: la veritàdi Al Sisi. E il contentino

IN PIAZZA PER LA VERITA SULLA MORTE DI GIULIO REGENI  FOTO LAPRESSE

Turchia-Siria / CAN DUNDAR, DIRETTORE DI CUMHURIYET 

«La nostra libertà una sconfittaper Erdogan. E per l’omertà Ue»

GUERRAIN IRAQ · Diga di Mosul, la Trevi firma. Affare da 273 milioni di euro

Renzi invia 500 soldati italiani

ITALIA

D’Alema:«Governoin imbarazzo»

IL TESTIMONE 

«C’è un certo im-barazzo del go-verno sul caso

Regeni perché il presidentedelConsiglio avevaindicato

 Al Sisiun modello,un riferi-mento sicuro, il nostro mi-gliore amico nella regione.Le dichiarazioni si sono

sprecateda questo puntodivista e ora ci troviamo difronte ad un episodio checertamente non mi è sem-bratouna grandemanifesta-zione di amicizia e collabo-razione». È impietoso, l’ex premier Massimo D’Alemanelcommentarelo stato del-lerelazionitra il governoita-liano e il regime di Al Sisi.Renzi, aggiunge D’Alema,«inqualchemododovràrea-gire». «Non so se ritirare gliinvestigatori o convocaregliambasciatori, o altro, nonvoglio entrare nel merito -ha detto ieri - Però è chiarocheil governodevemuover-si ed esercitare una pressio-ne» perché finora sembrache dall’Egitto «si sia cerca-to di intorbidire le acque, dinascondere i fatti». Un im-

barazzo tangibile anche nelPd,tanto chela vicesegreta-ria Debora Serracchiani,nell’aderire come presiden-te della RegioneFriuli Vene-zia Giulia alla campagna di

 Amnesty,si è limitataa defi-nirei depistaggi degli ultimigiorni «ipotesi agghiaccian-ti» alle quali «si sovrappon-gono in modo inquietanteleinterpretazioni pocochia-re se non fuorvianti forniteda taluni ambienti egizianiche non sembrano interes-sati alla verità».

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8/20/2019 Il Manifesto Del 3 Marzo 2016

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GIOVEDÌ 3 MARZO 2016 il manifesto   pagina 7

VENEZUELA · A Beijing, conclusi importanti accordi per il piano d’emergenza economica di Maduro

Per 10 anni, il chavismo parla cinese

Simone Pieranni

 A nyuan è chiamata la «piccolaMosca cinese», per il suo fer-vorerivoluzionarioche riman-

da ai fasti immaginifici della storiadelPartitocomunistacinese nelpe-riodo successivo alla rivoluzioned’ottobre. Poco dopo aver fondatoilPartito a Shanghai, nel1921, alcu-ni dirigenti, compresi Mao, Li Lisane LiuShaoqi, sirecarononellacitta-dina sud-orientale al confine traJiangsu e Hunan,percapire lasitua-zione lavorativa delle miniere.

I lavoratori erano in fermento,sembrava stesse nascendo qualco-sa di rilevante. Una straordinariaforza organizzativa pareva dovessesolo trovare la scintilla giusta perscoccare un colpo decisivo (Eliza-beth Perry racconta la vicenda in

 Anyuan: Mining China’s Revolutio-nary Tradition , Universityof Califor-nia Press).Nel 1922i minatoriinsor-sero. Si trattòdella prima connessio-

nerilevante trail neonatoPartitoco-munista cinese e una lotta impo-nente, determinante anche per lasuccessiva creazionedell’immagina-riotanto delPartitoquantodella cit-tà teatro dellaproteste. Quasiun se-colo dopo i minatori di Anyuan so-no scesi di nuovo per strada, all’ini-ziodi questa settimana.Questa vol-ta, però, la loro lotta non era «con»,bensì«contro»il Partito comunista.

Le ragioni della protesta sonosemplici: alcuni giorni fa il governodiPechino,di fatto, aveva annuncia-to un taglio di 1,8 milioni di lavora-toriimpiegatinelle aziende di stato.Sitratta perlo piùdi compagnieim-pegnate nel settoreminerario.L’an-nuncioè ufficiale,perchéuscitodal-la bocca di Yin Weimin, ministroper le «risorse umane e la sicurezzasociale» (un nome ministerialeorwelliano, vistigli esitidellasua at-tività). C’è poco da fare per queste

persone che dal fondo della terraemergonodopo tanteore di massa-crante lavoro. È la «nuova normali-tà»di Xi Jinping,fattoredeterminan-teper larealizzazione del«sognoci-nese», condizione fondamentaleperlo sviluppo dellanuovissima Ci-na,alla ricercadi un modelloecono-mico capace di reggere alle nuovesfide.E perle «aziendezombie»,co-sìchiamateperché sopravvivonoso-lo grazie alle sovvenzioni di Stato, itempi cominciano a essere grami.

Non solo, perché la   Reuters   ieriha citatofontiche testimonierebbe-ro tagli ben più pesanti: addiritturasei milioni di lavoratori verrebberoespulsi dalcircuitoproduttivo.I set-tori interessati sono sempre quelli:acciaio, carbone principalmente. Imotivi sonoreiteratida tempo dalladirigenza:la Cinaha bisogno dime-noinquinamento,meno sovrappro-duzione, meno crediti che le ban-

che non recupereranno - forse -mai. Secondo   Reuters , «la leader-ship cinese è ossessionata dal man-tenimento della stabilità e per farein modo che comportino disordini,spenderàquasi150 miliardi diyuan(23 miliardi di dollari) per ammor-tizzare i licenziamenti nei solisetto-ridel carbonee dell’acciaionei pros-simi2-3 anni».Queste indiscrezioninonsono state, ovviamente, confer-mate da alcuna fonte ufficiale, mal’aria che tira è evidente.

Lo stesso premier Li Keqiang, giàtempo fa, aveva posto l’eliminazio-ne delle «aziende zombie» al primoposto nella speciale lista per rilan-ciare il paese. Le motivazioni nonsonosolointernema ancheinterna-zionali. La Cina lotta, e probabil-mente avrà il successo sperato, perottenere lo status di «economia dimercato». Per fare ciò deve dimo-strare alla comunità internazionale

di avere intenzioni buone.DelrestolaCinanonènuovaari-strutturazioni di questo genere: nelperiodoche vadal 1998 al 2003 furo-no circa 28 milioni gli «esuberi». Ilcosto per il governo centrale fu dicirca11,2 miliardidi dollari in fondidi «reinserimento». Pechino sa chepuò farcela, e ha la consapevolezzadella necessità, un obbligo quasi, diquesta manovra.

In un colpo solo può dare un col-po fatale anche alla corruzione chesi annida nel grande business delle

aziendedi Stato, divenuteverie pro-pri feudi di funzionari che hannoraccolto potere e clientele in gradodi «piantare»interi settori economi-ci. La Cina «mira a tagliare sovrab-bondanza di capacità in ben settesettori, tra cui quello del cemento,del vetro e delle costruzioninavali»,mentre è probabile che l’eccesso dioffertadell’industria dell’energiaso-

lare venga risparmiata «da qualsiasiristrutturazione su larga scala, per-ché ha ancora un potenziale di cre-scita», secondo quanto riferito dauna delle due fonti consultatedall’agenzia di stampa.

Il governo avrebbe già elaboratopiani dettagliati, benché non anco-ra annunciati, «per tagliare fino a150milioni di tonnellatedi capacità

di acciaio grezzo e 500 milioni ditonnellatedi eccedenzedi produzio-nedi carbone neiprossimi 3-5anni.Ha stanziato 100 miliardi di yuaninfondi del governo centrale per lacassa integrazione nei settoridell’acciaioe delcarbonenei prossi-mi due anni, secondo quanto affer-mato dal vice-ministro dell’indu-stria Feng Fei la scorsa settimana».

Geraldina Colotti

Cina e Venezuela stringono accordi eco-nomiciperaltridieci anni. Ieri,a Pechi-no,in unariunionedi alto livello,le de-

legazionidei duepaesi hanno ratificatoil Pia-no di sviluppo 2015-2025, sottoscritto lo scor-so settembre: con l'obiettivo di sostenerel’Agenda Economica Bolivariana, il progettodi rilancio produttivo e diversificazionedell’economiapresentato di recente dalpresi-dente venezuelano Nicolas Maduro. Un pia-no basato su 14 motori, per sviluppare le po-tenzialità di un paese ancora troppo dipen-dentedal petrolioe indietro nellosviluppo in-dustriale.Motorirelativialle areeagroalimen-tari,farmaceutica,industriale;alle esportazio-ni che dovrebbero portare nuove entrate invaluta (nell’ultimo anno scese del 66%); svi-luppo dell’economia comunale, sociale e so-cialista; potenziamento del settore degli idro-

carburi,della petrolchimica,dell’industria mi-neraria, delturismonazionalee internaziona-le, delle costruzioni, della preservazione delleforeste,sviluppo delsettore militareindustria-le, delletelecomunicazioni e dell’informatica;della banca pubblica e privata.

Oltre all’incontro con il governatore dellaBancadi sviluppocinese,Hu Huaibang,la de-legazioneguidatadal vicepresidentevenezue-lano di Pianificazione e conoscenza RicardoMenéndez, si è riunita con 50 imprese cinesi.Per favorire i nuovi investimenti, soprattuttonel settoreauriferoe in quellodellapetrolchi-mica - fermo restando il controllo a maggio-

ranza dello stato e il rispetto delle ferree leggidi tutela del lavoro - il Venezuela ha istituitodellezone economichespecialiin cui gli inve-stitori potranno ricevere incentivi e sgravi fi-scali. Inoltre, sono state istituite anche variezone di Sviluppo strategico nazionale, nellaFaglia petrolifera dell’Orinoco e nelle princi-pali aree di pesca.

«Nel nostro paese l’inflazione raggiunge il181%,ma gliindici didisoccupazionee dipo-vertà sono le più basse di tutta la nostra sto-ria. Quanti paesi possono dire altrettanto?»,ha chiesto Menéndez, assicurando che il suogoverno «continua a costruire il potere popo-

lare» e non taglia la spesa sociale: nonostantela grave situazione determinata dalla drasticacaduta del prezzo del petrolio e dalla guerraeconomica delle grandi imprese private, chein questi anni hanno preferito speculare coidollariintascatia tasso preferenzialeche inve-stire nel paese.

 Ancora di recente, per riequilibrare un ag-giustamento dei prezzi e l’aumento di quellodella benzina, Maduro ha nuovamente au-mentato salari, pensioni e bonus alimentari

ai meno abbienti. Al contempo, in sostituzio-ne del viceministro dell’area economica, LuisSalas, ha nominato quello dell’industria, Mi-guelPérezAbad, imprenditorevicinoal chavi-smoe presidente peroltredieci annidell’asso-ciazione per la piccola e media impresa. Untentativo di coinvolgere nella ricostruzionequei settori sinceramente interessati allo svi-luppo dell’economia nazionale. Un tentativoinsufficiente, però, per le destre che governa-noil parlamento dopola vittoriaalle ultimele-gislative del 6 dicembre e che invece chiedo-noil rientro in grandestile delfondo moneta-rio internazionale, i piani di aggiustamentostrutturali e le privatizzazioni. E che voglionocacciare ad ogni costo il presidente.

Intanto, mentre i lavoratori della petrolife-ra di statoPdvsamanifestano contro il rischiodi privatizzazione, il presidente dell’impresa,Eulogio Del Pino, ha detto che sta cercandodi ristrutturareil debito con la Bancamondia-

le per evitare che l’impossibilità di pagaremetta le esportazionidi crudo e le impreseve-nezuelane all’esteroa rischio di embargo. Se-condola rivista Forbes , ilDecretodi emergen-zaeconomica diMaduro e lemisure finanzia-riesonoarrivatetroppotardie il default è alleporte. «Nei confronti del Venezuela c’è unblocco finanziario internazionale - ha dettoMaduro - ci impongono condizioni capestroper prestarci valuta».

Negliultimi 10anni,la Cina haprestatocir-ca 50.000milioni di dollariin cambio dipetro-lio: unoscambioin aumento a frontedella re-cente diminuzione di quello con gli Usa.

S. Pie.

Come ogni anno neipri-mi giorni di marzo,dal 3 al 5, si terranno

le «due sessioni» (lianghui ),tradizionale appuntamento«legislativo» di Pechino, congli incontri dell’Assembleanazionale e dellaConferenzapolitica consultiva del popo-lo. Si tratta di quanto più si-mile a un parlamento esistain Cina, benché le «due ses-sioni» si occupino per lo piùdi ratificare quanto decisodalConsigliodi Stato,dalgo-verno e più specificamentedal Partito comunistacinese.

Quest’anno dovrà es-sere sancito l’avvio delnuovo piano quinquen-nale che dovrebbe porrele basi per la nuova nor-malità cinese: meno cre-scita, ma migliore, diqualità superiore al pas-sato.Oltreai tagli,si trat-terà di migliorare le con-

dizioni di vita della popola-zione, vera e propria bussoladella dirigenza cinese che hal’obiettivo di raddoppiare ilreddito pro capite della suapopolazione entro il 2020.

 Analogamente verrannostabiliti i budget per la dife-sa,per losviluppodel merca-tointernoe perlacrescitage-neraledel paese,che dovreb-be situarsi intorno al 7 percento. Contrariamente aquanto accaduto nel passa-to, il vero protagonista dellapolitica nazionale è però il

leader Xi Jinping. Se in passa-to il Partito aveva accettatountacitoaccordoin nome diuna condivisione collegialedellaguida,Xi Jinpingha im-

pressouna marciamoltoper-sonalistica alla sua leader-ship.

E non pochi ne hanno fat-tole spese. Si parla, nonaper-tamente, ovvio, di un nuovoculto della personalità e unanuova rigidità della discipli-na di Partito; entrambi ele-menti che parevano abban-donati da una dirigenza chepareva essersi ormailanciatanella grande finanzae nelbu-siness internazionale.

 Xi Jinping non ha certofer-mato la dinamica economi-ca del paese, perfettamenteinserita nei gangli capitalisti-ci internazionali,ma ha volu-to segnare il proprio passag-gio con un ritorno a una sor-ta di ortodossia ideologicasemprepiùnetta.I tempiso-no così diventati duri per gliavvocati che si occupano didiritti civili e per le ong; maanche per i funzionari le co-se sono cambiate.

La «frugalità» chiesta aimembri del Partito e la fero-ce campagna anticorruzionehannoportato a una genera-le situazione di tensione chepare favorire la leadership di

 Xi. Oltre al numero uno, in-fatti, sembra ormai esserci ilvuotototale;in silenzioappa-re anche quella «sinistra»

messa all’angolo proprio dalritornodel’ortodossia ideolo-gica. Un esempio è arrivatonei giorniscorsi, comeripor-tato dall’edizione cinese delGlobal Times , costola dell’uf-ficiale  Quotidiano del Popo-lo . Xi Jinping ha invitato astudiare «un articolo dal suopredecessoreMao Zedongin-viando un segnale forte aimembri del Partito, affinchéonorino l’eredità del pensie-roguida delPartitoe rafforzi-no la costruzionedi Comitatidi Partito». In questi giorniriecheggia dunque il concet-todi informazionecome pro-paganda, tanto caro a Mao.

«È necessario che i mezzidi comunicazione ripristinola fiducia della popolazionenel Partito», era scritto in uneditoriale del   China Daily 

del primo marzo, dopo untour che il presidente Xi hasvolto all’interno degli ufficidelle agenzie di stampa delpaese. A loro Xi Jinping hachiesto«lealtà assoluta», spe-cificando che «i mezzi di co-municazione della nazionesono essenziali per la stabili-tà politica». Il loro ruolo?«Amare e tutelareil Partito, eaderire alla sua direzione nelpensiero, nella politica enell’azione».

CINA 

Il Partito ha già pronti23 miliardi di dollariper riqualificaree reinserire i lavoratorinei prossimi due anni

PECHINO · Il governo taglierà le «aziende zombie». Acciaio e carbone nel mirino

Licenziati in 6milioni

PCC · Al via l’annuale Assemblea nazionale

Consacrazione di Xinelle «due sessioni»

Il presidente ha chiestoai media nazionali«lealtà assoluta»,mentre viene approvatoil Piano quinquennale

Le grandi agenzieinternazionali all’attacco:

il governo socialista sarebbe aun passo dal default e le misure

decise dal presidente inutili

Sono giorni di esercitazio-ni militari in molte zonedella Cina (nella foto a

Hefei, in Anhui), dopo leultime polemiche a segui- to dei missili posti dallaCina in una delle isole con- tese con il Giappone. E Tokyo e Washington hannoannunciato di rinforzare lapropria alleanza nel Pacifi-co. I prossimi 15 anni -secondo un team di esper- ti di politica estera deidue paesi - saranno «unodei periodi di prova piùduri in tutta la storiadell’alleanza».

MAR CINESE

Usa e Giapponesi rafforzano

UN MINATORE A WANGJIALING NELLO SHANXI, NORD DELLA CINA. A DESTRA L’ASSEMBLEA NAZIONALE /LAPRESSE

Page 8: Il Manifesto Del 3 Marzo 2016

8/20/2019 Il Manifesto Del 3 Marzo 2016

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pagina 8 il manifesto GIOVEDÌ 3MARZO 2016

Giovanna Pajetta

La scoppola,imprevista, è ar-rivata dal New England, dalricco, liberal e bianco Mas-

sachussetts dove la maggioranza,se pur risicata, ha finito per sce-gliere Hillary Clinton. Così comedel resto hanno fatto, in modomassiccio, gli elettori del profon-do sud.

In Georgia, Alabama, Tennes-see e Arkansas si sono schieraticon lei, con percentuali altissi-me, gli elettori afroamericani,ma non solo loro. Perché se siguarda al Texas, patria dei lati-nos, che qui rappresentano or-

mai il 30 per cento dell’elettora-to, il risultato non cambia affat-to, e la front runner democraticaporta a casa addirittura il 65 percento dei voti.

E alla fine, in una sola notte,Bernie Sanders si è trasformatoda aspirante presidente a candi-dato di bandiera. Una bandierache ancorasventolagarrula, visto

che il vecchio socialista ha co-munque conquistato non solo 4degli 11 stati del Supertuesday,maanche piudi 330delegati (con-tro i 492 di Hillary Clinton), e lecasse della sua campagna eletto-rale sono ancora piene. Nel solomesedi febbraiosono arrivati ad-dirittura 42 milioni di dollari.

E altri ne arriveranno visto chei fan sono, e rimangono, centina-ia di migliaia, disposti a donaremagari pochi spiccioli, ma ognisettimana. Nei prossimi giornipoi, quando ci si sposterà nelbianco Nebraska e nella patriadella working class americana, ilMichigan, BernieSandersdarà si-

curamente del filo da torcereall’avversaria.

Ma ciò che manca all’appello,ormai in modo sin troppo chiaro,è con qualemai coalizione, senzal’appoggio delle minorities, chetanta parte sonooggidell’elettora-to democratico, si possa davveropensare di conquistare la CasaBianca. Così come è purtropponaufragato il tentativo di supera-re le antiche diffidenze, di uniresotto la bandiera dei progressistila sinistra di ogni colore.

Il primo ad ammetterlo, del re-sto, è stato proprio Bernie San-ders. Fin dalla sconfitta, brucian-te, della South Carolina, ma an-

cor più martedì sera dal suo Ver-mont, dove ha chiuso la nottataelettorale, il vecchio socialista hamesso in chiaro che l’obiettivo èarrivare alla conventiondel parti-to, che si terrà a Philadelphia a fi-ne luglio, con un solido pacchet-to di delegati. Sufficienti a far pe-sare per davveroi temi chelohan-no reso così popolare, a partire

dalla lotta alladiseguagliazasocia-le, quando si stilerà la piattafor-ma elettorale democratica.

Ma anche, perché no, se i nu-meri lo permetteranno, per cam-biare, a favore dei progressisti, gliequilibri del partito. Visto che giàa Philadelphia si comincerà a di-scutere, anchese solosottovoce e

non certo dal palco, su chi siede-rà accanto a Hillary, se sarà leil’erede di Barack Obama, nellestanze del potere. Sarà insommauna battaglia di lunga durata.

Ed è una prospettiva che allar-ma non poco il gruppo dirigentedel partito. Preoccupato che i to-ni finiscano per inasprirsi, met-

tendo una contro l’altra le suedueanime, indebolendolo invece

di rafforzarlo quando a novem-brearriverà ilgiornodellasfidafi-nale.Hillary Clinton,comeha det-to e ripetuto già l’altra notte nelsuo discorsoa Miami, adesso chesi sente in tasca la vittoria delleprimarie, è già impaziente, vor-rebbe subito voltar pagina.

 Abbandonare la disfida conBernie Sanders e prepararsi, anzimeglio, preparare l’intero partitoalla battaglia con i repubblicani.La vittoriadi Donald Trump infat-ti non allarma solo l’establish-mentdel Gop. Anche se per ora ilsupermiliardario newyorkese si èlimitato a pescare a man bassanella base, dura e pura, bigotta erazzista del partito repubblicano,non è detto che sia così ancora alungo.La suaanomalia, come sièvisto ad esempio in Texas, dovepurarrivandosecondoha portatocon sé molti giovani latinos, po-

trebbe in futuro far presa anchetra gli elettoriindipendenti.Perché l’ondata populista,

l’odio per i palazzi di Washingtone i politici di professione, così co-me la delusione di chi è rimastosotto le macerie della Grande Re-cessione, rimaneforte,a destraco-mea sinistra.E nonsi spegnerà co-sì facilmente.

SuperTuesday di inco

Luca Celada

LOS ANGELES

Hillary Clinton e Donald Trump,vincitoridel Supertuesday, han-no fatto un lungo passo verso

le nomination dei rispettivi partiti nel-le primarie Usa e verso elezioni sem-pre più imprevedibili.

L’esito del Super martedì ha rispec-chiato in gran parte i pronostici dellavigilia. Hillary Clinton ha vinto 8 staticoncedendoa BernieSandersl’Oklaho-ma, il Minnesota, Colorado e il Ver-mont (nel suo stato Sanders ha vintocon percentuale bulgara del 91%). Ilcandidato «socialista» è anche andatovicino alla sorpresa in Massachusettsdove Hillary si è imposta di misura(50%-48%).

In generale un risultato tutto som-mato dignitoso ma che all’atto praticonon modifica una posizione perdentenella conta dei delegati che è in tuttaprobabilità destinata a diventare pre-sto insormontabile.

PerSanderssonoora crucialile pros-sime due settimane in cui voterannoun altra ventina di stati compresa laFlorida e alcunistatipopolosidel Mid-

 west quali l’Illinois, l’Ohio e il Michi-gan. Se la vittoria della Clinton è statadecisiva, quella di Trump è stata nuo-vamente soverchiante. Il miliardarioha conquistato 8 stati su undici allun-gando il suo vantaggio sui concorrentie lemani sullanomination diun parti-toancoraa fortedisagioconla suairre-sistibile ascesa.

Trumpnon haesitato adassumereilruolodi «nominato»in pectore trasfor-mando il suo discorso di vittoria inunaconferenzastampadi grande effet-to,come fosseil Presidente. Su un pal-co decorato con un tripudio di stelle e

strisce, Trump è stato introdotto daChrisChristie,l’ex concorrente trasfor-mato in sostenitore (con probabili mi-re vicepresidenziali). Nel salone dellasua tenuta «imperiale», la villa decoMar-A-Lagodi PalmBeach, trasforma-ta in resort di lusso, Trump si è rivoltoallafolla di giornalisticon toniinsolita-mentepacatie «“ragionevoli»- possibi-leanteprimadi unastrategiadella mo-

derazione in vista della campagna na-zionale contro Hillary Clinton. Trumpha deriso la probabile avversaria comefigura politica di lungocorso«al poteredasempre»e quindiincapacedi attua-re riforme, una tattica non senza buo-ne possibilità di risultare efficace a no-vembre nell’attuale clima populista.

Prima di allora però Trump dovràriuscire ad unificare un partito profon-

damente diviso e riconciliarsi con iquadri repubblicani, molti dei qualitrovano ancora improponibile la pro-spettivadi una suacandidatura. I verti-ci Gop del Congress, Paul Ryan e Mi-tchMcConnellhanno espressopubbli-camente - la scorsa settimana - il pro-prio dissapore per la candidatura delpopulista«ribelle» e sonomolti gliade-renti al partito dei «never Trump» che

proclamano attualmente di preferirel’astensione, al votoperlui. All’indoma-ni dell’ennesima batosta rimediata in-tanto i concorrenti non danno segnoper ora di pensare al ritiro.

Ted Cruz ha vinto nel «suo» Texas enel vicino Oklahoma. Marco Rubio haottenutoil suoprimo risultatopositivoin Minnesota. Messi assieme con JohnKasich i tre contano ad oggi a malape-

IL MURO AMERICANO 

 Hillary avantitra i Democratici

a dispettodel sentimento«anti politico».

 Nelle filedel Gopil miliardariorischiadi spaccareil partito

SUPPORTER DEIDEMOCRATICI,A DESTRAHILLARY CLINTON, SOTTOA SINISTRASANDERS /LAPRESSE

SANDERS · Manca l’appoggio delle minorities. Il «socialista» del Vermont da aspirante presidente a candidato di bandiera

Bernie ora spera nel bianco Nebraska

Fallito il tentativodi superarediffidenze e unirela la sinistradi ogni colore

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8/20/2019 Il Manifesto Del 3 Marzo 2016

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GIOVEDÌ 3MARZO 2016 il manifesto   pagina 9

nite

Guido Moltedo

Il Super martedìè dunquean-dato secondo le previsionidella vigilia. Eppure il giro di

boa del primo marzo apre unoscenarionelle primariepresiden-ziali americane che resta caricodi imprevisti e complessivamen-te ancora imprevedibile. Hillary Rodham Clinton e DonaldTrumpsono d’ora in poiindiscu-tibilmente i front runner  nei ri-spettivi schieramenti. Possonoperfinopensaredi averein tascala nomination nel Partito demo-cratico e nel Partito repubblica-no. Mala via verso la convention di Filadelfia, per Hillary, e la viaverso la   convention   di Cleve-land, per «the Donald », sono la-stricate d’incognite.

Un’investitura di Hillary chenon sia corale e sufficientemen-te convinta da parte delle diver-se anime del Partito democrati-co e un’incoronazione di Trumpchesia il fruttodi fratturee lace-razioni nel Partito repubblica-

no, porrebbero sia all’una siaall’altroproblemitali da compro-metterne la vittoria l’8 novem-bre nel duello finale.

Entrambi, in modo diverso,so-no personaggi che dividono, sianelloro stesso campo siadi fron-te all’elettorato più ampio.D’ora in poi, pertanto, nelleprossime elezioni primarie chesi svolgeranno di qui a giugno, inumeri continueranno ad avereun peso, ovviamente, ma nontantonei termini di una rimessain discussione dei posiziona-menti acquisiti (nelle primarierepubblicane è in teoria ancorapossibile e c’è un gran da fare inquesto senso) quanto nei rap-porti di forza che si determine-rannotra i contendenti rimasti ei rispettivi blocchi che li sosten-gono.Nel frattemposi sviluppe-rà e s’intensificherà lo scontro

tra Clinton e Trump, con intrec-ci e riverberi nelle competizioniin corso neirispettivirecinti,e vi-ceversa. Nel campo democrati-cola tenutadi Sandersnel super-martedì - anche se inferiore allegrandi attese maturate dopo ibuonirisultati delleprimarie ini-

ziali - indica che il duello Hil-lary-Bernie continuerà ancora,contro la speranza degli strate-ghi clintoniani di poter lavorareda subito al passaggio dalla loroparte dei sostenitori del senato-redel Vermont.Anchese, al tem-po stesso, essi ammettono che ènel massimo interesse di Hillary tener vivo il confronto interno,perché il vero rischio è quello diun progressivo,ulteriore allonta-namento di elettori e militantidemocratici, se la competizionedovessediventare la corsa solita-ria di Hillary.

I dati dellapartecipazione alleprimariedem nonsono infatti fi-nora particolarmente incorag-gianti,tantomenolo sono siari-

spetto alleprimariedel 2008, do-ve si registrò l’affluenza recorddi 36 milioni di elettori, sia so-prattuttorispetto a quellein cor-so nel Partito repubblicano, ali-mentate da una competizionetradiversicandidatie, soprattut-to,dal fenomenoTrump. Nonsi-

gnifica che questi dati si tradur-ranno in dati di portata analoganelle elezioni generali, ma sonoun sintomoimportante,costitui-scono un campanello d’allarmeper Hillary. Sul   Daily News ShaunKing avverte che«qualco-sa si stasfarinando, adesso, den-tro il Partito democratico e, se siverifica la stessa cosa a novem-bre,ai democratici potrebbe co-stare la Casa bianca».

 A mitigare la portata di questisegnali c’è quello, assai impor-tante, della partecipazione altadegli elettori africani americani,e in grandissima percentualeperHillary.JamelleBouiesu Sla-te osservache in Virginia, secon-dogli exit poll, l’84per centodei

neri havotato perHillary;in Ge-orgia l’83; in Tennessee l’82; in Arkansas l’88. Ed è andata beneanche col voto ispanico, con unmargine di due a uno in Texasneiconfronti di Sanders.Non so-no solonumeri,ma, comeragio-na ancora Bouie, si ha la netta

impressione che «dopo anni dispeculazione sul voto dei neri,se andranno a votare anche sesulla scheda non ci sarà Barack Obama, la risposta è sì, ci an-dranno». «E se la loro partecipa-zione sarà analoga a quella checi fu per Barack Obama, allora ilPartito democratico – e Hillary in particolare – potrebbe avereunpercorsoagevoleverso la Ca-sa Bianca».

Certo, la «questionedemogra-fica» si è rivelata presto la que-stione dirimente nel duello con

Sanders. In modo assai diversolo sarà nel confronto finale conDonald Trump, che difficilmen-tepotrà avereaccessoa unapor-zione sia pure piccola del votonero e di quello ispanico, ed èun carattere di fondo di questocandidato che potrebbe costar-glicaroneglistati dove sono for-ti il blocco elettoralenero e quel-lo ispanico.

Eppure perfino questo assun-to,che prima dell’inizio delle pri-marie appariva incontrovertibi-le e sicuramente il più rilevante,sta assumendo un peso diverso,nonperchéi toni razzistie xeno-fobi di Trump si siano attenuatima perché il multimiliardarionewyorkese è ormai un perso-naggio che fa breccia non tantocon i contenuti del suo messag-gio ma con la forza debordante,larger than life , della sua perso-

nalità, un’ipertrofia continua-mentealimentata dallaperversadilatazione mediatica che l’ac-compagna e l’ingigantisce. Ali-mentata anche dalla pochezzadesolante dei suoi avversari di-retti,ormai solo TedCruz e Mar-co Rubio, i due capponi manzo-

niani,e unevanescenteJohn Ka-sich. Alimentata soprattutto daun   establishment   repubblicanosempre più nel panico, e ormaidiviso tra chi vuole cavalcare

l’onda e chicerca disperatamen-te di arginarla. E si tenga che,quando si parla di establish-ment del Grand Old Party , s’in-tende anche la rete consolidatadi apparati,organizzazioni,grup-pi d’interesse e lobby che lo so-stengono. Lo stress è tale,in que-stomondoconservatore,di fron-te all’eventualità che Trump sia«nominato» e poi sia eletto cherecentemente l’ex-direttore del-la Cia, Michael Hayden, ha det-to che se Donald Trump doves-sediventare presidentedegli Sta-ti uniti, e dunque il   comman-der-in-chief  , e decidesse di met-tere in pratica certe proposteche ha lanciato in campagnaelettorale, i militarisarebberole-gittimati a rifiutare i suoi ordini.

 Al tempo stesso, Trump habuon gioco quandorovescia l’ac-cusa di essere un   divider   del

campo repubblicano e affermache la sua campagna in realtàsta ampliando la tradizionaleplateadiquelpartito, conlacon-quista di indipendenti e anchedi democratici, non necessaria-mente in ambienti etichettabilicome conservatori estremisti,maanche in ambienti«insospet-tabili». Ed è questo in effettil’aspetto più inquietante deltrumpismo, è la demagogia chefapresanon solo nelcetomediobianco piùespostoalla crisi, spa-ventato e rancoroso, ma perfinonelleélite constudi nellemiglio-ri università. Comeha detto il se-natore dell’Alabama, Jess Ses-sions, presentando Trump a uncomizio nel suo stato, «questanonè unacampagna,è unmovi-mento». Che tantaattrazione re-sti intatta o anche cresca fino anovembre.Che si traduca l’8no-

vembre in voti reali. È natural-mente da vedere. Ma non va di-menticato che, alla fine, non cisarà un referendum su DonaldTrump. Sarà una scelta tra lui eHillary, e Hillary dovrà avere unsostegno enorme e diffuso pertenergli testa e vincere.

IL MURO AMERICANO 

Fabrizio Tonello

Èl’anno degli outsider, nellapolitica americana,e gliou-tsider si sono fatti sentire

nel cosiddetto super martedì,nell’occasioneinventataprecisa-mente pertenerlifuori daigiochiche contano. I risultati del SuperTuesday, una serie di primarie ecaucus concentrati in una solagiornata, sono chiari: sul fronterepubblicano Trump ha umilia-to i concorrenti arrivando primoin sette stati su undici e facendoun sostanziale pareggio conCruz in Alaska. I due senatoricheancoragli contendono la no-mination sono rimasti indietro:

Cruzha vintoin Texas(il suosta-to)e nelvicino Oklahoma,Rubiohaottenutoil suopremiodicon-solazione vincendo in Minneso-ta. Trump ha 285 delegati allaconvention, più degli altri quat-tro candidati messi insieme.

Ora,il problemaè: il personag-gio che il NewYorkTimes defini-sce un «pomposo, losco, bugiar-

do»può diventare presidente de-gli Stati Uniti? La risposta è chesì, è possibile. Prima di tutto eli-miniamo una questione dallascena: Trump è un buffone equindi non può sul serio essereeletto. Risposta: per vent’anniBerlusconiha dominatola scenapolitica italiana e la nostra peni-sola hauna certatendenzaa fareda laboratorio politico per il re-sto del mondo, cioè a mostrarein anticipo cose che solo più tar-di appariranno altrove (peresem-pio, il fascismo). Non solo: inuna società dello spettacolo, do-ve la politica è prevalentementeunaformadi intrattenimento,es-sere uno showman è un vantag-

gio e non un handicap.Un secondo problema è il fat-to che esistono delle leggi nonscritte della politica americana:peresempiosi sache quandounpartitoè rimastoper duemanda-ti alla Casa Bianca, ottenerne unterzo è più difficile. Se guardia-mo alleelezionipresidenzialideldopoguerra, questa situazione si

è verificata sette volte: nel 1952,

1960, 1968, 1976, 1988, 2000 e2008.In tuttie settei casi,il parti-todi opposizione ha fatto un bal-zo in avanti nei suffragi.

Se escludiamo due elezionianomale come il 1968 e il 1976,quando il partito all’opposizioneavrebbe vinto anche presentan-do come candidato il cavallo diCaligola,ci restanocinqueelezio-ni di cui quattro sono state vintedallo sfidante, che in media haottenutoben 7 punti percentualiin più della tornata precedente.Non sempre è stato sufficiente:peresempionel 1988i democra-tici fecero effettivamente un bal-zo in avanti del 5% ma nel votopopolare prevalsero comunque irepubblicani, dando la vittoria aGeorge Bush padre.

Quindi, se le tradizioni verran-no rispettate, nel2016 i repubbli-canidovrebberoincrementarela

loro percentuale di voti ma que-stoè in contraddizionecon un’al-tra legge della cultura politicaamericana, quella secondo cuiuna elezione in cui si contrap-pongono un candidato dell’esta-blishmente un outsider, il primovince a mani basse. Accadde nel1964,quando il democraticoLyn-donJohnsontravolse BarryGold-

 water, e nel 1972, quando il re-

pubblicano Richard Nixon battèfacilmente George McGovern.La mia tesi è che, quest’anno, lecose andrebbero diversamente.

Il motivo è che negli ultimi 35anni, la polarizzazione politicanegliStati Unitiè fortemente au-mentata. In altre parole, i demo-craticivotanoperil candidato de-mocratico e i repubblicani per ilcandidato repubblicano, chiun-que egli sia. Non è sempre statocosì: ancora nel 1992 gli elettorirepubblicanierano assaipragma-tici nelleloroscelte:il 27%, piùdiun quarto di loro, votò per BillClinton o per Ross Perot inveceche per Bush padre. Nel 2012 loeranomoltomeno: appena il 7%di loro votò per Obama.

 A sua volta, gli elettori demo-cratici che nel 1980 tradironomassicciamenteCarter(il 33%diloro votò perReagan o perAnder-

son), nel 1996 erano diventatipiuttosto fedeli al partito (solo il15%votòper uncandidato diver-soda Bill Clinton)e sisonocom-portati in modo “bulgaro” nel2012quando solol’8%tradìOba-ma.

Questo significache un candi-dato Trump, nonostante la suadubbia credibilità, il suoestremi-

smo e la sua retorica incendiaria

potrebbealla fineportarealle ur-ne tutti gli elettori repubblicani,o quasi,e nonè certo cheHillary sia capace di fare lo stesso congli elettori democratici. In ognicaso, le elezioni sono decise nelcollegio elettorale: quelle ameri-cane sono elezioni di secondogrado, i cittadinivotanoper i de-legati del loro stato, che a lorovolta votano per il presidente eanche piccolispostamentiposso-no rovesciare il risultato.

Per esempio, se i repubblicaniriuscissero a vincere in Florida ein almeno altri due grandi staticomeOhioe North Carolina,do-ve nel 2012 prevalse Obama, ot-terrebbero 63 delegati in più nelcollegio elettorale, che sommatiai 206 di partenza (supponiamochetutti glistati chehanno vota-to per Romney nel 2012 rivote-rebberoper i repubblicani anche

quest’anno) farebbe 269. Sareb-be un pareggio (i delegati sonoin tutto538)e lesorti dellapresi-denza, come vuole la costituzio-ne, verrebbero decise dalla Ca-meradei rappresentanti, chepe-rò è controllata dai repubblicani:questoè unodegli scenari diunapossibile vittoria di Trump, siapure sul filo di lana.

na sullo stesso numero di delegati diTrump, ma in mancanzadi un avversa-rio«unificato» emerge l’ipotesidellare-sistenza ad oltranza in cui Cruz Rubioe Kasich, pur senza speranze di preva-lere, rimarrebbero in lizza sino alla fi-ne con l’unico scopo di sottrarre voti aTrump ed impedire (forse) che possaottenere i 1.237 delegati necessari aduna candidatura ufficiale.

Lapraticasarebbepoi risolta a lugliocon un accordo a tavolino in fase diconvention. Una strategia a dir pocospericolata che rischierebbe oltretuttodi esacerbare le spaccature interne.

La realtà come ha avuto piacere disottolinearelo stessoTrump è che«stoprendendomilionidi voti»e cheil par-tito«se nedevefareunaragione».Ai di-rigenti repubblicani Trump ha rivoltominacce («se non ci accordiamo pa-gherete un caroprezzo») alternatea to-ni conciliatori («sto ampliando la basedel partito…sono un unificatore, cre-detemi. Appena finite le primarie miscaglierò contro Hillary»).

Contro le sue affermazioni conforta-te comunque da una aritmetica sem-pre più inconfutabile, Cruz e Rubiohanno potuto contrapporre solo gene-rici anatemi: «è un liberal, nonun veroconservatore» ha detto (risibilmente)Cruz.«Non possiamo consegnare a unimpostoreil partito di Reagane di Lin-coln» ha implorato Rubio.

Ma impostore o meno la dinamicadi queste elezioni eretiche intanto ri-mane sostanzialmente invariata: Hil-lary, spostata a sinistra, almeno nomi-

nalmente dallacoriaceasfida di BernieSanders, osserva compiaciuta l’anar-chia in campo avversario.

Maper quanto affascinante,l’autodi-struzione del partito repubblicanosconquassatodal «trumpismo»non ga-rantisce necessariamente una vittoriademocratica. Tanto più di una candi-data «di sistema» nell’anno della rivol-ta populista.

GOP · Ma, in genere, il candidato dell’establishment batte l’outsider

«Pomposo, losco,bugiardo»,eppure Trump può vincere

Clinton, la nominationper Filadelfia è in tasca Si trattadi un’investiturapococorale e convinta

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GIOVEDÌ 3 MARZO 2016 il manifesto   pagina 11

MEMORIA · «Check-point», romanzo sulla guerra dei Balcani di Jean-Christophe Rufin per e/o

 Anatomia dell’intervento umanitarioMauro Trotta

Jean-ChristopheRufin, accademi-codiFrancia,èstatounodeifon-datori di «Medici senza frontie-

re». Autore di vari libri, vincitore delpremioGoncourt, affronta nelsuo ul-timoromanzo,intitolatoCheck-point (Edizionie/o,pp.302,euro18)un ar-gomentodi cuiè profondoconoscito-re,ovverol’aiutoumanitarioalle vitti-me di una guerra. La guerra in que-stione è quella jugoslava che insan-

guinò, negli anni Novanta del secoloscorso, dopo tanto tempo, il conti-nente europeo. Una guerra di tutticontrotutti che videall’operaesercitiregolari, bande di miliziani armati,forze di polizia e che vide la creazio-nedivaripostidibloccochesegnava-no i territori via via persi o riconqui-stati dalle forze in campo. Da qui ilcheck-point del titolo che, però, co-mespiega lostessoRufin nellapostfa-zione, non sta ad indicare soltantouna situazione reale, fisica, concreta,maha anche e soprattuttounavalen-

za metaforica. Bisogna,infatti, inten-derlo come«il simbolodel passaggioda un universo a un altro, da un in-sieme di valori al suo contrario,dell’ingresso nell’ignoto e forse nelpericolo».

Lastoria, chenasceda un’immagi-ne di una situazionerealmentevissu-ta dall’autore,come confessa luistes-

so sempre nella postfazione, sembraabbastanza lineare. C’è un convogliodi aiuti umanitari formato da due ca-mion condotti da cinque persone di-retto inBosnia, alla minierae agli im-pianti di Kakanj, dove hanno trovatoscampoun gruppo di rifugiatiprotet-tidaiCaschibludell’Onu.Icinquevo-

lontari sono Maud, una giovane ra-gazza, Lionel, funzionario dell’orga-nizzazione umanitaria che ha orga-nizzato la spedizione, Marc ed Alex,due ex-militari che hanno fatto partedelcontingenteOnu stanziato pressola miniera, e infine Vauthier, figuroambiguo, a suo dire fattorino di Pari-gi in convalescenzadopo uninciden-te d’auto, mapiù probabilmenteinfil-trato nel gruppo da qualche serviziosegreto.

Se la trama può sembrare lineare,

ilmododi raccontarenonloè assolu-tamente. Il libro inizia con un Prolo-goincuivediamoAlexeMaud,dicuinon sappiamo ancora niente, su diuncamionin fuga, inseguiti nonsi sada chi. La ragazzaper di piùè ferita enon può dare il cambio alla guidaall’uomo.La tensione è dunque subi-toaltissimae noncalerà praticamen-te mai nel resto del romanzo che, trale altre cose, risulta essere un thriller davvero coinvolgente. Dopo questoinizio in medias res , la narrazione ri-parte con il convoglio già in marcia

nei territori dell’ex-Jugoslavia e concontinui flash-back  vengono raccon-tati gli avvenimenti precedenti e lemotivazioni che hanno spinto i cin-que ad imbarcarsi nell’impresa. An-che se il racconto è sempre in terzapersona, il punto di vista dominanteè quello della ragazza, l’unica, forse,

come scopriremo, che partecipa allaspedizione senzaalcun secondofine.

Quello che innanzi tutto colpisce,però, e che in qualche modo spiazzaillettore,è lamaniera incui Rufinde-scrive il mondo del volontariato. Iprotagonisti non sono assolutamen-te eroi a tutto tondo, mossi solo dallavolontà di fare il bene, anzi. Lionel,ad esempio, il dirigente dell’associa-zione umanitaria risulta di una me-schinità e di un arrivismo addiritturasconcertante. Grazie anche alla bra-vura dellascrittura diRufin, siha l’im-pressionedi trovarsidi frontea perso-ne realicon tuttele lorocontraddizio-ni, la capacità e l’incapacità di legge-re le situazioni, la paura e il coraggioinaspettatoe quasi incoscienteche lecaratterizza. Inoltre con questo librol’autoredecidedi affrontarein manie-

radirettaun tema importante edi dif-ficile risoluzione, ovvero il ruolo chedeveassumereoggi l’interventouma-nitario. È davvero sufficiente che siportino viveri e vestiti e generi di pri-ma necessità alle vittime? O occorreun coinvolgimento più forte e più di-retto?Rufindà la suarisposta,riferen-dosi alle «vittime che viene voglia diamare con un amore particolare:quello cheincita a prendere le armi».Il problema però allora diventa: sia-mo sempre sicuri di sapere chi sonole vere vittime?

Christian Laval

Stiamo vivendo una forteaccelerazione dei proces-si economici e securitari

che stanno trasformando nelprofondo le nostre società. Ab-biamo a chefarecon un’accele-razione del processo di uscitadalla democrazia. Da una parteviè la potenzarinnovatadell’of-fensivarivoltacontro i dirittiso-cialied economicidei lavorato-ri; dall’altra parte, la moltiplica-zione dei dispositivi securitaririvolticontro i diritticivili e poli-tici dei cittadini. Stato d’emer-genzaanti-sociale innome del-la disoccupazione e dellaperdi-ta di competitività da un lato;stato d’emergenza securitariopermanente dall’altro: le duevie d’uscita dalla democrazia edallo stato di diritto si comple-tanoe siappoggiano reciproca-mente.

Uscitaaccelerata dalla demo-crazia per mezzo di questa du-plice e connessa radicalizzazio-ne, neoliberale e securitaria:questa è la diagnosi che si puòfare della dinamica politica do-minante nella quale siamocoinvolti. La radicalizzazioneneoliberale è proprio uno deifenomeni che maggiormente

caratterizzano il periodo chestiamo vivendo. Come spiega-re questa radicalizzazione neo-liberale? Perché e in che modo

il neoliberalismo è uscito piùforte dalla crisi? Questa radica-lizzazionederiva dalla razionali-tà dello stesso neoliberalismo.La crisi, che è la conseguenzadelle politiche neoliberali, è ineffetti anche la causa di questaradicalizzazione neoliberale.La crisi, in tutte le sue forme, eallaluce degliaspetti piùogget-tivi come di quelli più retoricidella propaganda ufficiale, è altempo stesso il principale stru-mento e il principale argomen-todella disciplinache è oggiim-posta allapopolazione e ailavo-ratori. Questa crisi, al tempostessoconseguenza e causa del-la radicalizzazione, è diventatauno strumento di governo, unarazionalità per governare, unargomento costante delle rifor-me dette strutturali.

Definizioni minimeEccociò chevorreiapprofondi-re: la radicalizzazione neolibe-raleappartiene al sistemadi go-verno per mezzo della crisi,e ag-giungerei, di governo per  la cri-si, poiché la crisi è l’unico oriz-zonte, l’unico fondamento,l’unica legittimazione delle oli-garchie dominanti. Per essereancora piùprecisi,c’èuno stret-to rapportotra la radicalizzazio-ne del neoliberalismo e l’uscitadalla democrazia, uscita dallademocrazia che è precisamen-te ciò che spiega la radicalizza-zione attraverso un nodo scor-soio. Parlare di radicalizzazio-ne del neoliberalismo presup-pone che ne si dia una defini-zione minima.

Il neoliberalismo è molto piùdi un insieme di dottrine, discuole teoriche o di autori che

sono peraltro molto diversi e,su alcuni aspetti, opposti. Nonènemmenoun certo tipodi po-litica economica che procede-rebbedallastessavolontà di in-debolire lo stato a vantaggiodel mercato. Il neoliberalismonon è un «ultra-liberalismo»,un «libertarianismo» o unritor-no adAdam Smith.Le confusio-ni che esistono su questo pun-to sono progressivamentedimi-nuite. Il neoliberalismo è uncerto tipo di intervento politi-

co, una determinata tecnica digoverno, una certa strategia ditrasformazione della società.

È unarazionalità politicaglo-bale, una logica normativa cheriguarda tuttigli aspettidellaso-cietà, tutte le dimensioni dellavita. Foucault aveva ben com-preso un certo numero di pro-prietà specifiche e caratteristi-

che di un certo tipo di sistemadi governo: la regola generaliz-zata della concorrenza e l’uni-versalizzazione del modellodell’impresa. Non poteva evi-dentemente prevedere l’am-piezza e la profondità delle tra-sformazioni che questa logicanormativa avrebbe introdottonelle nostresocietàa partireda-gli anni ’80.

Noi possiamo per esempiomeglio vedere comegli statiso-no stati allo stesso tempo degliagentidelle trasformazioni eco-nomiche e sociali e allo stessotempo il bersaglio delle riformeneoliberali per la messa in attodinuovimetodidi gestionefon-dati sulla «performance». Nonpossiamoallo stessomodo ren-derci conto del modo in cui ilneoliberalismo modifica e ri-modella lesoggettivitàattraver-

so tutti questi dispositivi checonduconociascuno a conside-rarsi come un «imprenditore dise stesso». Nel sistema neolibe-rale, l’Unione europea ne dàun’immagine particolare.

Il «progetto europeo» si rile-va come il processo di costru-zione di un mercato che si èprogressivamente dotato disue specifiche regole di funzio-namento, di un suo autonomoapparato istituzionale incarica-to di espanderlo, mantenerlo,rinforzarlo. Come messo in lu-ce con Dardot, è il programmaordoliberale di costruzione diun «ordine del mercato» o diun «ordine della concorrenza»che ha determinato la direzio-ne della costruzione europeasin dall’origine, anche sequest’ultima sarà portata acompimento successivamente,

in funzione dei rapporti di for-za interni all’Europa e nell’am-bito di un contesto mondialemolto più favorevole. L’accor-do iniziale che non è mai statomesso in discussione era il se-guente: la «comunità europea»deve essere organizzata comeun mercato regolato,non attra-verso delle regole sociali o dei

principi morali, ma per mezzodelle regole concorrenziali, ecollocata in un ambito di stabi-litàmonetaria, iltutto garantitotramite organismi indipenden-ti dalle politiche nazionali. Sideve proprio agli ordoliberalil’idea per cui la regola fonda-mentale della «costituzioneeconomica» europea è la con-

correnza libera e non falsata,formula chesi trovagià neltrat-tato di Roma del 1957. Questoè il principio fondamentale e

centrale del diritto economicoe dell’ordine politico della co-munità europea, poi dell’Unio-ne europea.

È inquestocontestochepro-gressivamentela sinistra classi-ca, parlamentare e riformista,si è essa stessa incamminatasulla via dell’autodistruzione,dell’autosabotaggio, del suici-dio piegandosi sull’altare del«senso di realtà» o del«senso diresponsabilità» alla logica do-minante. Ha perso progressiva-mente ogni autonomia via viache i margini di manovra si re-stringevano e soprattutto che ipartiti oligarchici di sinistra in-teriorizzavano le norme neoli-berali e conducevano la stessapolitica dei loro avversari. Sipuò peraltro essere ancora piùseveri. La sinistra in questionenon si è solamente adattata al

neoliberalismo, non è stata so-lo vittima di una realtà che si è

imposta e l’ha condotta a cam-biare direzione rispetto alla suastorica ambizione redistributri-ce ed egualitaria.

L’ardire di pensareDopo gli anni ’80, la sinistra èagli avampostidella realizzazio-ne della razionalità neoliberale.Questo carattere sistemico delneoliberalismo rende possibileuna strumentalizzazione dellacrisi come sistema di governo,come fattore di radicalizzazio-ne, di auto-rafforzamento. Il ne-oliberalismo lavora in realtà at-tivamente per disfare la demo-crazia. Impone, progressiva-mente, un quadro normativoglobale che ingloba individui eistituzioni in una logica impla-cabile disfacendo le capacità diresistenza e di lotta neutraliz-zando il collettivo. Questa logi-

ca nonindebolisce, masi raffor-za con il tempo. È questa natu-ra antidemocratica del sistemaneoliberale che spiega in gran-de parte la spirale della crisi. Inassenza di margini di manovra,lo scontro politico con il siste-ma neoliberale diventa inevita-bile. Si tratta di imparare la le-zione dellaGrecia. Non si trattadi sapere se bisogna addolciredelle politiche troppo dure,nemmeno se la Grecia, o un al-tro paese, deve uscire dall’eu-ro. La posta in gioco è più am-pia e universale. La lotta che siintraprende mira a riprenderel’iniziativaper vincere le oligar-chie e imporre la democrazia.La logica alternativa, la logicadelcomune,non haancoratro-vato la sua espressione di mas-sa, i suoi assetti istituzionali, lasua grammatica politica. Noi

non siamo che allo schizzo diuna nuova configurazionealter-nativa.

Nontutto è perduto,non esi-ste un destino inesorabile, mala ricostruzione delle forze diopposizione sifa attendere, no-nostante i movimenti sociali, lesperimentazioni politiche,i mo-vimenti che si oppongono allaglobalizzazione. Questo ritardostoricoè moltoinquietanteper-ché la società, come la naturahapaura delvuoto.La miacon-vinzione è che la sinistra (ciòche ancora si può chiamare si-nistra) sia rimasta senza imma-ginazione. Io credo che occorraaprire degli orizzonti, l’ardiredi pensare, immaginare un’al-tra società possibile. Io credoche questa è la posta in giocodi questo cantiere mondialeche si chiama «comune».

INCONTRI· Christian Laval chiude il ciclo di seminari alla «Scuola di politica»

La performance zoppae il cantiere del «comune»

LA CONFERENZA · Oggi pomeriggio a Napoli ospite della Red

CULTURE 

 JANNIS KOUNELLIS

 La razionalitàneoliberale è al  governo mentre lalogica del comunetarda a diffondersi

Un’anticipazionedell’intervento del sociologo sullaradicalizzazione del neoliberalismo

L’articolo che pubblichiamo in questa pagina è tratto dall’intervento che Laval leggerà nelpomeriggio a Napoli. «Comment le néolibéralism s’est radicalisé avec la crise» è il titolodella conferenza di oggi con la quale si chiude il ciclo di lezioni della Scuola di politica pro-mossa dal Gruppo Consiliare di Rete Etica e Democratica (Red) ed è organizzata in collabo-razione con l’Istituto italiano di studi filosofici e la Società di studi politici. «Christian Laval -si legge nella locandina dell’evento, che è previsto alle ore 16.00 presso l’aula multimedia-le del palazzo comunale di via Verdi 35 - è il più grande studioso europeo del neoliberismoe delle sue conseguenze sugli assetti politici, istituzionali, economici e sociali delle moder-ne democrazie». Professore di sociologia presso l’Université Paris X Ouest-Nanterre-LaDéfense, Christian Laval è anche animatore assieme a Pierre Dardot del gruppo di studi ericerca Question Marx. Il testo della conferenza di oggi entrerà a far parte del libro di Lavaldi prossima uscita  L’étrange victoire. Comment le néolibéralisme à défait la démocratie, Ladécouverte, maggio 2016.

Volontario di «Medici

senza frontiere»

racconta in un romanzo

il ruolo delle Ong

nella ex-Jugoslavia

CLEAN SEA, ROBOT DI TUTELA SOTTOMARINAE' stato presentato ieri Clean Sea, un veicolo subacqueoavanzato caratterizzato da particolari sensori, in grado dimisurare la qualità dell'acqua, mappare il fondale e altriparametri utili per il monitoraggio ambientale marino e per le

ispezioni delle installazioni offshore nel Mediterraneo enell'Africa Occidentale. Ideato dai laboratori di ricerca Eni,assicura una migliore tutela dell'ambiente marino grazieall'aumento di qualità e quantità dei dati ambientali raccolti.La tecnologia del Clean Sea si basa sull’impiego di un veicolo

autonomo sottomarino AUV (Autonomous Underwater Vehicle) simile ai Droni, i velivoli senza pilota. Caratteristicafondamentale degli AUV è la loro capacità di muoversiautonomamente nel mare, senza collegamento fisico con lasuperficie, con grande silenziosità e poco supporto logistico.

oltretutto

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pagina 12 il manifesto GIOVEDÌ 3MARZO 2016

G.Br.

ROMA

 A ncora oggile suffragettein-glesi che si sono battuteper il voto alle donne «ven-

gono dipinte come donne dellabuona società, spesso un po’ fri-vole», osserva la produttrice diSuffragette  Faye Ward. In uscitaoggi nelle sale italiane, il film diSarah Gavron sfata in primo luo-go proprio questo pregiudizio,raccontando la storia di una don-na della working class londineseinterpretata da CareyMulligan,lasua presa di coscienza e adesioneal movimentopagata a caro prez-zo.Nellalungafasedi preparazio-ne e documentazione per la scrit-tura del film, la regista raccontainfatti di come lei, Ward e la sce-neggiatrice Abi Morgan si sianoimbattutein «moltissime lettereediari di suffragette proletarie chedimostrano come fosseroproprioloro a battersi più duramente di

tutte, visto che erano quelle cheavevano più da perdere». Altro elemento fondamentale

per la ricerca alla base del film,racconta la produttrice, è statal’apertura degli archivi della poli-zia inglese nel 2005, che ha con-sentito di consultare e studiare«la strutturadi sorveglianzaimba-stita percontrollare e punireque-ste donne».

Molti dei personaggi sono ispi-

rati a persone realmente esistite,a cominciarepropriodal commis-sario di polizia interpretato da

Brendan Gleeson,che «farispetta-re la legge ma allo stesso tempocomincia, dentro di sé, a metterlain discussione», diceGavron.Anche la rela-zione diuna delle lea-der del movimentonellaEast London,in-terpretata da ElenaBonham Carter, conil marito che suppor-ta la sua lotta affondale radici nella realtà:«ci siamo ispirate atre coppie dell’epocacon caratteristichesi-mili». Il marito dellaprotagonista, invece, esprime adetta della regista «la condizionemaschile intrappolata nei pregiu-dizi sociali, per cui avere unamoglie che viene mandata in pri-gione per motivi politici signifi-ca venire emarginato dalla pro-

pria comunità».Ma  Suffragette , ci tiene a pun-tualizzare Sarah Gavron, non è unfilmin costume:è natocon l’inten-zione di affrontare temi ancoramoltourgentinel ventunesimo se-colo,«in cuii dueterzideglianalfa-beti mondiali sono donne,unara-gazza su tre solo in Inghilterra hasubito violenze e sono tantissimele donne che ancora non vedonorispettati i propridirittifondamen-

tali». L’intento è ovviamente an-chequellodi tenerevivala memo-ria per le nuove generazioni dato

che, come ricorda ancora la regi-sta,solo di recente quellebattagliesono entrate nei testi scolastici in-

glesi. «Moltigiovani,esoprattutto giovanidonne - continua Ga-vron-nonvannoavo-tare in Inghilterra, eperquestoi lorodirit-ti sono meno tutelati,comenel casodell’in-nalzamento del costodeglistudi».È dunquebene ricordare chel’introduzionedel suf-fragiouniversale hara-pidamente portato,

trale altrecose, a legiferare «sui di-ritti dellemadrineiconfronti deifi-gli, su quelli delle donne a gestire ilorosoldi e cosìvia».

 Allarealizzazionedel filmhapre-soparteanche HelenPankhurst, bi-snipote della leader del movimen-

todelle femministe inglesiEmmeli-ne,mentreHelena Bonham Carter«haanche leiuna relazionegeneti-ca con quelle battaglie»: il bisnon-no è infatti l’ex primo ministroHerbertHenry Asquith,«arcinemi-co» delle suffragette. «Quando ab-biamo giratole manifestazionifuo-ri dal parlamento- ricorda Gavron- entrambe quelle famiglie, untempoavversarie,si sonoritrovatee riunite».

SUFFRAGETTE  DI SARAH GAVRONCON HELENA BONHAM CARTER,

CAREY MULLIGAN, MERYL STREEP,  USA 

2015

Cristina Piccino

Bisogna essere ricchi per farelarivoluzione?Non è unare-gola ma forse aiuta. Come

avere allespalle unmaritoinfluen-te e comprensivo se si è una don-na che lotta per i propri diritti nel-la Gran Bretagna dei primi del No-vecento. Nel movimento delle suf-fragette però c’erano borghesi eoperaie, povere e senza mariti pa-zienti come Maud Watts,figlia dioperaia, cresciuta nella lavanderiadovelavoravala madre,rimastaor-fana a quattro anni e a sette già ainamidare camicie sotto l’occhio(ela mano)di unpadronefintrop-po «affettuoso».

«Azioni non parole» è la lezionedi Emmeline Pankhurs, fondatricecarismatica (e ricercatissima dalla

polizia) del Women's Social andPolitical Union (Meryl Streep) chescuote Maud dalla sua esistenzapiegata sotto ai soprusi dei ma-schi. Le parole per lei sono vuote,nel voto per cui le donne si batto

spera poco ma vuole credere allapossibilità di una vita diversa. Equeste donne fanno sul serio: in-frangono le leggi,spaccanole vetri-ne, mettono bombe non per ucci-dere ma per ottenere l’attenzionedei media e dal popolo. La polizialecaricae le picchiabrutalmente,igiornali le insultano, le definisco-no delle pazze isteriche che infan-ganol’idealefemminiledi madreedi brava sposa perché chiedono divotare come gli uomini (e il dirittodi voto era alienato ai malati dimente ai detenuti e ai poveri) maanchedi esserepagatecomegli uo-mini. Nella lavanderia dove Maudlavora si massacrano le dita, i pol-moni, la pelle con ustioni a rischiomortale per un salario da miseria.E vogliono anche avere il diritto didecidere per i loro figli che ora so-no «proprietà» esclusiva del mari-to, e per questo pagano tanto, tan-

tissimo: i maritile cacciano, glitol-gono i figli, perdono il lavoro e an-che la vita come Emily Davisonche si butta sotto al cavallo di reGiorgio V facendo così conoscerela lotta delle donne inglesi in tuttoil mondo - le immagini di archiviodel suo funerale chiudono il film.

«Maiarrendersi,mai smettere dilottare» ripete Pankhurs perché sevuoi una cosa te la devi prendere,nessuno te la regalerà. Sarah Ga-vron perfarequestofilmci hames-so diversi anni, insieme alla sce-

neggiatrice,Abi Morgan,ha lavora-to sugli archivi, le lettere, i diari in-timi e mai pubblicati di numerosedonne come la protagonista conl’obiettivo di raccontare la verasto-ria delle suffragette distorta allorae di cui ancora oggi non si parlanelle scuole.

Il movimentoinizia la suabatta-glia peril suffragio- daquiil nomeusato con disprezzo ma di cui lorosi appropriano - ai primi del seco-lo scorso. La repressione è violen-ta, la polizia le picchia, la gente leinsulta, le sbattono in carcere ledonne rispondono con lo scioperodella fame - «Non potete rinchiu-derci tutte siamo più della metàdel Paese»replicaMaud al poliziot-to. Nel 1903 la campagna «Votoper le donne» viene rilanciata conla creazione della WSPU, la Wo-men’s Social and Political Union

(Unione sociale e politica delledonne), fondata a Manchester daEmmelinePankhurst e dalle suefi-glie, che nel 1906 si trasferisce aLondra.

Quandoscoppiala prima guerramondiale le suffragette sospendo-no le loro azioni, e dopo la guerraverrà concesso il voto alle donne(che hanno compiuto trent’anni,in Italia accadrà solo dopo la se-conda guerra mondiale).

Nella tradizione del cinema in-

glese«impegnato» popolare,senzagli elementi disturbanti di un KenLoach, Suffragette  si basa più sullascrittura (emolto sulcasta comin-ciare da Carey Mulligan che dà vi-ta con molta irruenza e sensibilitàal personaggiodi MaudWatts) chesu la messinscena con la bella in-tuizione però di mettere al centronon una figura storica, la leaderPankhurs, ma una donna «comu-ne», e lasuaconquistadi una nuo-va sicurezza, che ne racconta mol-te altre. «Ordinarie» come lei machehanno incarnato questa batta-glia attraverso passaggi sottili,emozioni instabili, paure e ango-sce. Quelle di Maud Watts e quelledelle suecompagne,operaie comeil personaggio di Anne-Marie Duff , piena di figli, la faccia spaccatadal marito che deve fare i conticon le contraddizioni della pover-

tà - solola figlia portai soldi acasanuova preda del padrone. O la far-macistadi Helena Bonham Carter,determinatacon coraggiosaostina-zione, che voleva essere medico enon ha potuto studiare perché ilpadre lo ha vietato. La loro lotta ètutta esterna, di sé queste donneparlano poco ma ilfilm ci dice chela battaglia continua e non soloperché in Arabia saudita il dirittodivoto ledonne lohanno ottenutonel 2015.

REGALI DA UNO SCONOSCIUTO - THE GIFT  DI

 JOEL EDGERTON, CON JASON BATEMAN EREBECCA HALL,  AUSTRALIA/USA 2015

G.D.V.

Fantasmi di gioventù tornano a stre-gare una coppia benestante e il loronidovetrato sulle collinedi Hollywo-

od.Ha unpo’ il sapore di thriller anti-yup-pie anni ottanta –alla  Attrazione fatale  oLa mano sulla culla  - insieme a un toccodi  Brivido nella notte , il primo film diClint Eastwood regista, questo efficace de-butto dietro alla macchina da presa

dell’attore/sceneggiatore australiano Joel

Edgerton.L’attore/regista Jason Bateman (specia-lizzato in ruoli di miti «uomini qualun-que» dietro di cui si nasconde qualcosa dipoco piacevole) è Simon, executive inuna compagnia che si occupa di security informatica. Sua moglie Robyn (RebeccaHall) è una decoratrice d’interni, più spi-gliata e socievole del consorte.Hanno tro-vato una bella casa moderna e lui staaspettando la promozione quando, nellaloro vita, appare Gordon (Edgerton), unex compagno di scuola di Simon che, rin-contrato –sembra- per caso, comincia a

materializzarsi sempre più assiduamentealla loro soglia.

La barba rossiccia, i modi simpatica-mente goffi, quasi timidi, l’entusiasmo dichi vuole rendersi utile sempre…all’inizioGordon entra nelle grazie di Robyn, aiu-

tandola in casa, portando-le dei regali, sorseggiandobicchieri di vino bianconel pomeriggio. Simonsembra molto meno con-vinto – a scuola era consi-derato uno strano, un per-dente- avvisa sua moglie.

Entro breve,la scompar-sa del cucciolo di famiglia,un rubinetto aperto, l’om-bra di un intruso attraver-so il vetro delladoccia…dissipano l’idillioe conferiscono a questaproduzione dellacasa hor-

ror Blumhouse,un’atmosfera decisamen-te sinistra. Crepe si aprono sulla superfi-cie smagliante del matrimonio di Robyn eSimon e, dagli anni del liceo, emergonostorie di crudeltàteen-ager. Allafine,qual-che tormento, se lo meritano tutti.

 A Londra nel 900 quandoborghesi eoperaiemettevano lebombe per il diritto di voto e

 per non essere più sfruttate

ROMOLA GARAY, FOTO PICCOLA CAREY MULLIGAN CON ANNE MARIE DUFF 

Incontri / LA REGISTA SARAH GAVRON RACCONTA IL FILM

«Ma c’è ancora tanto da fare»

VISIONI 

THRILLER · Sinistri presagi sulle colline di Hollywood

Quei fantasmi di gioventù

Lapassionedelle donne

Al cinema • La battaglia delle «Suffragette»; «The Gift», ombre horror su unmatrimonio; «Room», incubo negli occhi di un bambino; bulli e pupe, terrore di famiglia

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8/20/2019 Il Manifesto Del 3 Marzo 2016

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GIOVEDÌ 3 MARZO 2016 il manifesto   pagina 13

ROOM DI LENNY ABRAHMSON,CON BRIE LARSON E JACOB

 TREMBLAY,  IRLANDA/CANADA 2015

Giulia D’Agnolo Vallan

Liberamente spirato al casodell’austriaco Joseph Fri-tzl, che tenne prigioniera

sua figlia per ventiquattro anni,nell’arco dei quali la costrinse aconcepire sette figli,   Room   (inItalia   Stanza, letto, armadio,specchio ), dellascrittriceirlande-se Emma Donoghue, è un librosulpoteretrasformativo dell’im-maginazione e del racconto, unincuboche,filtratoattraverso gli

occhi di un bambino, assume icontorni di una fiaba. Un luogodella realtà in cui una stanzettafatiscente, crudelmente sigillatadal mondo esterno, diventa unintero pianeta, misterioso, riccodi avventura, rituali, personaggi,gioie, paure e affetti.

 Affidandosi a una sceneggiatu-ra della stessa Donoghue,il regi-sta Lenny Abrahamson (irlande-se anche lui, già autore di Frank e Garage ) citrasportain quelpia-neta quasi con bruschezza. Findai primi momenti del film sia-mo immersi nell’universo di Ma(Brie Larson, premiata l’altra se-ra con l’Oscar di miglior attriceprotagonista) e di suo figlio Jack (Jacob Tremblay, straordinario),un bambino di cinque anni, coni capelli bruni lunghissimi, losguardo pazientee saggio – qua-sitroppoperlasuaetà.Èununi-

verso dove gli oggetti – lampa-da, lavandino, tv e il riquadroblu di un abbaino, ritagliato inalto sul soffitto- sono apostrofa-ti come personaggi, compagnidi gioco.Complici dell’incantesi-moin cui Ma,rapitada uno sco-nosciuto, mentre tornava dal li-ceo,sette anniprima,e da allorarinchiusa in quella prigione, hacresciuto suo figlio. La stanza èun buco di pochi metri quadra-ti, con i muri di cemento, un filoper la biancheria quasi sopra alfornello elettrico, un piccolo tele-visore decrepito che trasmetteda qualche twilight zone, un ar-madio. Ma, nei piccoli movi-menti di macchina di Abraham-

son, nelle sue inquadrature rav-vicinate,a tratti spiazzanti, quel-la «stanza»sembra effettivamen-te magica; si allarga e si restrin-ge come una fisarmonica, pienadi angoli, sorprese, significati.Per Jack la stanza è tutto, l’unicarealtà che conosce, e quindi cheesiste. La vive con l’adesione to-

talee lacocciutagginedi un bim-bo, che fa il muso perché nonha la torta di compleanno e ac-coglie con entusiasmo l’arrivodi un topolino. Ma l’incantesi-mo mostra segni di logorio sul

volto di sua madre, che si fa piùtriste e più preoccupato a ogninuova apparizione di Old Nick (Sean Bridgers), un uomo cheviene a violentarla regolarmen-te, portando con sé come unBabbo Natalemalefico,ciboe re-gali per le sue vittime. Durantequelle visite, Jack viene chiusonell’armadio, un mondo ancorapiù piccolo, da cui lui sbircia at-

traverso uno spiraglio.Room  trae la forza delle sueimmaginidal microcosmoemo-tivo viscerale, intensissimo, delrapporto tra madre e figlio e nelmagico equilibrio di lentidistor-te da cui dipende la loro soprav-vivenza nella stanza. Lo spaziochiuso, claustrofobico, gli si ad-dice.

Quando però, dopoquella pri-maparte,chesi risolve inun cre-scendo drammatico tesissimo emolto bello, Ma e Jack si ritrova-no nel mondo esterno, il film siappiattisce, si banalizza in mo-do quasi televisivo. La sopravvi-venza fisica non è più in discus-sione e sorgononaturalmenteal-

tre domande. Di fronte ad esse,Ma rimane purtroppoun perso-naggio opaco, una cifrache néilregistané la sceneggiatrice sem-brano interessati a sciogliere senon attraverso psicologisminon molto originali e la classicacrisi dinervi.Jack«aggiusta»me-glio il suo guardo sul nuovomondo che lo circonda, che èmolto più grande di quello che

conosceva e include anche deinonni agiati e solleciti. Trem-blay, cheparlapoco,ma è abilis-simo a comunicare con gli oc-chie labocca statid’animo obli-qui-assumeun’ariaun po’guar-dinga.

Scale, corridoi, mobili, perso-ne diverse gli richiedono, anchenello spazio del fotogramma,una prospettiva diversa. Alla fi-ne, però forse (sarà il messaggiodel film?) questo mondo cosìpiù grande, diverso e più como-dosi puòdecifraresecondo i co-dici e i valori non preconcettidella stanza. Dove lui chiede ditornare in visita e rimane l’ani-ma di Room .

LEGEND DI BRIAN HELGELAND, CON TOMHARDY, PAUL ANDERSON E EMILY BROWNING,

GB/FR/USA 2015

Mazzino Montinari

Ronnie, un uomo sulla trentina, si fer-ma sulla porta di casa dove abitauna giovane donna che conosceva

sin da quando era bambina. Ora, con suapiacevole sorpresa, quella ragazzina è cre-sciuta.Frances,il nomedi lei, stamastican-do una caramella con il ripieno al limone.Ronniele chiedese lapuò assaggiare.La ra-gazza dopo una fugace incertezza, si levalacaramella di boccae glielapassa.Lui, in-vecedi succhiarlacon pazienzaper gustar-si il meglio alla fine, la mastica per arrivareal succo.

In un certo senso Legend , quinto lungo-metraggio di Brian Hengeland si può bru-talmente riassumere in quello che a tuttigli effetti appare come un presagio fatale.

Noto più per le sceneggiature, soprat-tutto per quelle di L.A. Confidential  e My-stic River   che gli sono valse un PremioOscar e una Nomination, Helgeland quisi trasferisce nella Londra degli anni Ses-santa per scrivere e dirigere le impresecriminali realmente accadute dei gemelliRonnie e Reggie Kray, entrambi interpre-tati da Tom Hardy. Come nota a margi-

ne, nel 1990 il regista Peter Medak perThe Krays  affidò le parti ai fratelli Gary (Ronnie) e Martin (Reggie) Kemp. Una ve-ra e propria performance trasformistaquella di Hardy perché i due gemelli so-no totalmente diversi. Ronnie «assetatodi sangue, irrazionale e anche buffo», di-chiaratamente gay («non devi nascon-dere quello che seialtrimenti diventimolto infelice»),p r o b a b i l m e n t eschizofrenico para-noide, condanna-to a tre anni di car-cere, uscito da unospedale psichia-trico con un’uto-

pia in mente: costruire una città per ibambini in Nigeria.Reggie, «un uomo che non ha paura di

lottare», che prende amabilmente in giro ipoliziotti costantemente alle sue calcagnae che si innamora di Frances (Emily Brow-ning),nel film lavoce fuori campoincarica-ta di narrare retrospettivamente le vicendecriminali dei due fratelli.

Una storia che racconta la classica asce-sa e caduta senza redenzione di una ban-da. E più che la rivisitazione di un’epocaprossima al Sessantotto, e l’adesione a un

genere, con le sparatorie, gli ammazza-menti, le brutalità, che sono presenti main piccole dosi, Hengeland sembra interes-satoa disegnare le traiettorie di treesisten-ze umane.

Ronnie (decisamentepiù avvincentecomepersonaggio) e Reggie vogliono regnare su

Londra e vi riesco-no. Una volta impa-dronitisi dell’interacittà,poliziottie poli-tici compresi, strin-gonounpattoconlamafia d’oltreoceanoe diventanoun mar-chio che non devenemmeno eccederenell’uso della forzatanto è il terrore che

essoincute.Il problemaè chea Ronniedi vol-ta in volta piacerebbe esercitarsiin un’«operadi persuasione».

Mentre Reggie, diviso tra l’indicibilepiacere di essere un gangster e il condur-re gli affari in modo apparentemente pu-lito, è come se fosse tirato da due forzeopposte, da un lato il fratello e i demoniche evoca, dall’altro Frances, il fragile ide-ale dietro il quale provare a nascondere ilsuo lato oscuro. Ma a nascondersi, comeaffermava Ronnie, si finisce col diventaremolto infelici.

TONY WARRENInghilterra in lutto per la morte a 79 anni di Tony Warren, creatore e autore della più longeva soapopera britannica «Coronation Street» in onda ininterrottamente su ITV dal 1960, ambientata in unsobborgo di periferia nel nord Inghilterra. Prima di lavorare in televisione, Warren è stato per moltianni nello show radiofonico della Bbc «Children’s hour», primo di una lunga serie di produzioni.

CRISTINA ZAVALLONI Tra jazz, barocco e contemporanea si muove la voce di Cristina Zavalloni che stasera sarà protagonista diun concerto al Teatro Argentina (ore 21.15) per la stagione della Accademia Filarmonica Romana. Insiemeal il pianista Andrea Rebaudengo, propone il repertorio di Poulenc, in un programma che accanto adalcune liriche sue e di Satie, include la versione per voce e pianoforte di «La voix humaine» di Cocteau.

VISIONI 

Thriller / NEI ’60 ASCESA E CADUTA DI RONNIE E REGGIE KRAY, GEMELLI MALAVITOSI

Due re nella swinging London del crimine

«Room» trae la forzadalle sue immagini, dal

microcosmo emotivo

e dal rapporto viscerale

che lega la giovane e

il bimbo. Brie Larson,

premio Oscar come

migliore attrice

Giovanna Branca

T

errore quasi ancestrale, percui manca-

nole parole,la perditadi unfigliopro-prio per la sua natura «mostruosa» èun tema che accomuna decine di film e ro-manzi, canzoni e performance attoriali: dal-lo Sean Penn e la sua rabbia omicida in  My-stic River  di Clint Eastwood all’esorcizzazio-ne dell’angoscia da neo padre di Nanni Mo-retti in La stanza del figlio . Di peggio c’è for-se solo la scomparsa, il non sapere che sortesia toccata a un bambino svanito nel nulla.

 Anche in questo caso la lista di opere che sisono confrontate con l’angoscia della perdi-ta accompagnatadall’incertezzaè moltolun-ga: come con tutti i grandidolori degli esseriumani, l’arte vi ha attinto a piene mani. Maper portarci in quale direzione?

In  Chorus  di François Delisle, proiettatooggiall’Institut Francais di Milanonell’ambi-to delleGiornate del cinemaquebeccheseinItalia,il percorso e la destinazionesembranocoincidere, perché il mistero viene svelatodalla stessa sequenza che apre il film. Il pic-colo Hugo è scomparso già da dieci anni, e igenitori hannocercato inpostidiversila loro

ancoradi sopravvivenza: luiè fuggito in Mes-sico dove la vicinanza dell’oceano lenisce ilsuo dolore; lei ha continuato la vita prece-dente,la sua carriera di corista di musicasa-cra,in unaripetizionedella routine quotidia-na che maschera appena la mancanza diogni senso.

Laprimascenache vediamo èpropriol’in-terrogatorioin carceredel carnefice di Hugo,che confessa di essere l’autore del rapimen-to e indica il luogo dove trovare le sue spo-glie. A differenza di tante altre opere non c’èinvestigazione, nessuna detection, nessunmistero.La ricerca e la speranza sonorelega-te al fuori campo, al passato; al cuore dellastoria c’è solo l’elaborazione di un lutto chediventacosacertacol rinvenimento delle os-sadi Hugo, inseguito alqualei dueprotago-nisti si ricongiungono per affrontare la sco-perta di cosa era accaduto dieci anni prima.Giàin Bambini neltempo diIan McEwanerastatafatta unasimile operazione:disseziona-re con una precisione da entomologo ciòche resta delle vite di chi ha subito un’espe-

rienzadel genere.La ricercadel colpevole,lasuspense causata da domande a cui si vuoledare risposta - chi, come, perché? - smorzainfatti l’angoscia, portandoci a guardare ol-tre il presente, ad aspettare la compensazio-ne di un dopo che promette delle risposte.Perfino nel cupo TheChangeling diClintEa-stwoodil desideriodi svelareun mistero col-main parte ilvuotoaperto dalla tragedia chemette inmoto il film: la scomparsadel bam-bino della protagonista. E non solo nella fic-tion: la cronaca nera è piena di resoconti disimili eventi, sia per la curiosità morbosache per l’umano desiderio di assistere a unoscioglimentopositivodel dramma.NegliSta-ti uniti, la tragedia del celebre aviatoreChar-lesLindberghtenne banco perannisui roto-calchi: nel 1932, la scomparsa del figlio e ilsuccessivo ritrovamento del suo cadavere furinominato addirittura il crimine del secolo.Decenni dopoil romanzierePhilipRothuse-rà proprio quell’evento per portare a risolu-zione il suo distopico   Complotto contro l’America , dove immaginava che Lindbergh

vincesse le elezioni presidenziali al posto diRoosevelt.In Chorus nonc’è però vendetta,speranza

o risoluzione, solo il dolore che rende le vitedeigusci vuoti,e lostesso paesaggio- chesiala neve del Canada o le spiagge assolate delMessico - ha una pesantezza quasi palpabi-le. Eppure, è proprio all’apice della sofferen-za che la vita ci sorprende, per il solo fatto dicontinuare. Così, come in The Tree of Life  oin Bambini nel tempo , non cercare consola-zioni fornisce la consolazione più grande: lacelebrazionedel misterodella vita checonti-nua, degna ancora di essere vissuta.

GIORNATE DELQUEBEC

Il dolore mutodell’assenza

Dopo tanti anni di annunci eripensamenti, notizie di corri-

doio e cambi di direzione (esceneggiatura), l'adattamentocinematografico della «TorreNera» sembra definirsi sempredi più. Sono stati annunciati idue attori scelti per i ruoli prin-cipali: Idris Elba e MatthewMcConaughey. Lo conferma lostesso autore della celebresaga, Stephen King in un twe-et e poi il regista (e co-auto-re) Nikolaj Arcel in un'intervi-sta al magazine EntertainmentWeekly. «È stato un viaggiolunghissimo, dai libri al film. Epensare che ho iniziato a scri-

 vere queste storie quando eroal college, e adesso il film èin pre-produzione». King spie-ga che il film si aprirà propriola prima frase che dà il via alprimo romanzo: «Su questo hoinsistito tantissimo». Di recen-te King si è espresso circa gli

adattamenti per il cinema dialcuni suoi lavori. Ha apprezza-to molto «Stand by me», ma èrimasto deluso da «Shining»:«Oh, è un bellissimo film chefa terribilmente paura. Ma ècome una Cadillac senza moto-re. Ho tenuto la bocca chiusaall’epoca, ma ora non mi im-porta più tanto...».

MATERAGIORNATEINDIPENDENTICinque giorni dedicati al mon-do del cinema indipendentecon quindici anteprime, trai-ler, appuntamenti aperti alpubblico, quindici incontri pro-fessionali su temi di attualitàdel settore. È il programmadel V Meeting Internazionaledel Cinema Indipendente inprogramma a Matera dal 9 al

13 marzo. Tante le novità diquesta edizione del Meeting che per la prima volta, oltre adedicarsi alla produzione cine-matografica indipendente, siapre al mondo dell'esercizio.Nato come iniziativadell'Agpci, Associazione Giova-ni Produttori CinematograficiIndipendenti, da quest'anno ilMeeting vede anche il coinvol-gimento della Fice, Federazio-ne Italiana Cinema d'essai, e

 Anec-Agis Puglia e Basilicata.

STEPHEN KING

McConaughey e Elba star nell’adattamentode «La torre nera»

DRAMMATICO · Da una storia vera, i confini del mondo di madre e figlio rapiti da uno sconosciuto

Se il cielo è in una stanza

BRIE LARSON E JACOB TREMBLAY, SOTTO I GEMELLI KRAY INTERPRETATI DA TOM HARDY 

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pagina 14   il manifesto GIOVEDÌ 3MARZO 2016

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CAMPANIA

Sabato 5 marzo, ore 20.30POESIA  Nell’ambito degli appuntamenti dipoesia, incontro-reading con Sinan Gudževi.La sua raccolta «Epigrammi romani», che

comprende più di 100 testi, è frutto di suoisoggiorni a Roma.  Casa della poesia, via Convento

21/a, Baronissi (Sa)

EMILIA ROMAGNA

Giovedì 3 marzo, ore 21FRA BRECHT E PASOLINI Prosegue l’atti-vità della sezione Teatro del Centro La Soffit-ta, del Dipartimento delle Arti dell’Universitàdi Bologna, con il progetto ErosAntEros fraBrecht e Pasolini a cura di Marco De Marinis,dedicato al lavoro della compagnia ErosAntE-ros, appartenente alla Terza Avanguardia. Ilprogetto si articola in diversi appuntamenti.Si inizia stasera con «Sulla difficoltà di direla verità - Lettura-concerto da Bertolt Bre-cht», ideazione Davide Sacco e Agata Tomsic,live electronics e regia Davide Sacco con

 Agata Tomsic. Spettacolo che prende avvioda «Cinque difficoltà per chi scrive la verità»,un saggio politico-letterario di Brecht; scrittonel 1934, dopo l'avvento di Hitler al potere.

 Viene presentata in una forma tutta concen-

trata sul piano sonoro-vocale e l'esecuzionedal vivo, della performance vocale di Agata

 Tomsic, in scena, e del live electronics diDavide Sacco, dalla consolle in regia. A segui-re incontro con gli artisti, coordina Marco DeMarinis.   Laboratori delle Arti/Teatro, p.zzetta

Pier Paolo Pasolini 5b - ingresso da via

 Azzo Gardino 65/a, Bologna

LAZIO

Giovedì 3 marzo, ore 16LA GRANDE GUERRA   Incontro sul proget-to editoriale «La Grande Guerra. I diari rac-contano» a cura di Nicola Maranesi.  Museo di Roma in Trastevere, p.zza

S. Egidio, 1b, Roma

 Venerdì 4 marzo, ore 17.30PENSIERO ANARCHICO  Incontro dibattitoa tema: «Camillo Berneri: una rilettura antolo-gica e biografica» a cura di Stefano D’Errico.  Libreria Anomalia, via dei Campani,

73, Roma

LOMBARDIA

Giovedì 3 marzo, ore 19FERMO IMMAGINE Primo incontro delciclo: «Invito al cinema. L’avventurosa storiadel manifesto cinematografico italiano. Dalleorigini alla standardizzazione (1895-1929)» acura di Roberto Della Torre.  Museo del Manifesto Cinematografi-

co, via Cristoforo Gluck, 45,- Milano

 Venerdì 4 marzo, ore 18.30MOVIMENTO ROSSOBRUNO  Il neofasci-smo in Italia, le diverse che ha assunto conparticolare all’attenzione «rossobruni» e allaloro capacità di penetrare nella società an-che attraverso i social media. Se ne discuteinsieme a: Saverio Ferrari e Ivo Antonio Batà.  C.A.M., corso Garibaldi, 27, Milano

PIEMONTE

Sabato 5 marzo, ore 21LA FESTA È FINITA   Assemblea Cavallerizza

1445 organizza la proiezione de «La fête estfinie – La festa è finita», un doc di NicolasBurlaud. Per presentare questo ritratto crudo,irriverente e attuale, saranno presenti, oltreal regista, i giornalisti Maurizio Pagliassotti ePaolo Ferrari, il sociologo Giovanni Semi, ilregista Claudio Paletto.  Cavallerizza, via Verdi, 9, Torino

 Tutti gli appuntamenti:[email protected]

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 Vendola & sonL'unica cosa a cui so pensarenella vicenda Vendola è chevale solo l'amore, e accantoad esso la libertà di decideree di affrontare la vita, laconvenzione, lo scandalo,contro schiere diincappucciati feroci coi loroceri di rancore acceso eperpetue urlanti a sfasci o ascempi.Niente di nuovo se vogliamo.Sono gli stessi benpensanti

che la domenica leggono ilVangelo. «Non giudicate enon sarete giudicati» (Luca,6,37), ma poi decidono dideclinare a modo loro il verboinsultando il prossimo sullabase di precetti granitici chevendono per natura, o veritào logica. Gli stessi cheleggono «amate i vostrinemici» (Matteo, 5,44), e poialzano muri o fili spinati sullapelle di bambini. I soldicomprano la vita, mapossono anche salvarla odistruggerla, dipende sempredal modo in cui l'intelligenzae lo spirito li accostano ailoro scopi.In questa storia non c'è solola libera scelta di unacoppia, c'è anche ilconsenso di una donna adaccettare senza pistole alla

gola questa partita, oltre alegislazioni permissive chehanno ammesso ognipassaggio. Ma c'è anzituttouna vita che si affaccia, e ilresto vale meno di unsussurro.Fortuna e salute a Tobia.Auguri di cuore a Nichi e adEd.Luca Novembre Udine

Le donne «peccatizzate»Un tempo si diceva «prima le

donne e i bambini», quandosi trattava di salvare vite, maoggi siamo all’opposto: ultimele donne e anche i bambini,visto come è andata con la«stepchild adoption», chealtro non sarebbe se nonridare un genitore a unorfano. Con il decreto sulledepenalizzazioni, intanto, èstata aumentatavertiginosamente la sanzioneamministrativa per le donneche ricorrano illegalmente aun aborto: la legge194/1978 prevedeva unamulta simbolica (100milalire), perché essa dovevaagevolare la denuncia dellaillegalità o il ricorso al prontosoccorso in caso dicomplicazioni, ma oggi quellasanzione è stata elevata a5-10mila euro.

Il che significa che la rispostadelle istituzioni allarecrudescenza degli aborti"clandestini" (negata dalministero della Salute, maconfermata dalleassociazioni) è di nuovo esempre a scapito delledonne. Al posto di applicarecome si dovrebbe la legge194 e di sanzionare quel

35% di strutture sanitarie chenon la rispettano, al posto di

porre un freno alla obiezionedi coscienza che ha assuntopercentuali inquietanti o direndere meno impervio ilricorso all'abortofarmacologico, il Governo hacome unica soluzione quelladi «peccatizzare»ulteriormente le donne, chesempre meno si fideranno diuno Stato che del diritto edella loro libertà di scelta facontinuamente strame.Paolo Izzo Roma

Elezioni senza «premi»Riguardo all’articolo di FrancoMonaco apparso sulManifesto del 1 marzo nonsono d’accordo con l’autoredella minoranza del Pd sucosa c’è da modificareall’Italicum. Lui dice che c’èbisogno di un soggetto

politico alla sinistra del Pd«che plausibilmente mira a unconsenso a due cifre», - e finqui siamo d’accordo ma poicontinua - «in modo dacostringere Renzi ... acorreggere l’Italicumreintroducendo il premio dicoalizione». Secondo me nonci dev’essere nessun premiodi maggioranza né per una

lista né per una coalizione. IlPorcellum è stato giudicato

incostituzionale dallaConsulta per il premio dimaggioranza abnorme a unacoalizione che non raggiungeil 50% dei consensi. Il premiodi maggioranza allacoalizione, inoltre, spingesoggetti diversi a mettersid’accordo per motivi diopportunismi elettorali anchese hanno programmi moltodiversi. Invito Franco Monacoa considerare seriamente seappoggiare - o almenofirmarli da Aprile 2016 inmodo che i cittadini possonoesprimersi - i referendum chemirano a abrogare sia ilpremio di maggioranza sia ilballottaggio. Il voto alparlamento deve garantire larappresentanza. Senza premiodi maggioranza (e solo senzail premio di maggioranza) ci

può invece essere unosbarramento a chi nonprendo, per esempio, il 3%.Se garantiamo larappresentanza un gran partedegli italiani che non vannopiù a votare - intorno al 50%-tornerebbe a votare epartecipare alla vitademocratica del nostropaese. Edward Lynch

Oggi parliamo del capo: quelloche comanda di più. Ma primadi tutto voglio sapere se sapete

cosa vuol dire comandare.

«Vuol dire chi decide i giochi». «Vuoldire. Comandare è quello che ha ragio-ne». «Non è vero, delle volte non ha ra-gione». «Chi comanda, per me, è quel-lo che è più severo». «Chi comandasceglie cosa bisogna fare e gli altri chenon comandano devnono ubbidire».«Un comandante è un generale e gli al-tri sono soldati che devono fare quelloche lui dice». «Il capo è come un capoindiano, il più importante, che cioètutti devono rispettarlo e ubbidire alui». «Comandare vuol dire far fare atutti quello che vuole lui».

E il contrario di comandare sapetecosa è?

«Il contrario. No, non lo so». «Misembra che è quando non decide nes-suno, non comanda nessuno. E tutticosì fanno quello che vogliono». «Ilcontrario è quando c’è confusione».«Il contrario di comandare è quandosi decide tutti insieme che gioco fare.Si alza la mano. Se in tanti vogliono fa-

re quel gioco, si fa quel gioco». «Ma an-che quello è come comandare!». «Sì,però comandano in due, tre, in tanti,non uno solo».

 Voglio chi edervi se, secondo voi , nel-le vostre famiglie, per voi, c’è qualcu-no che comanda di più o comandanotutti uguali.

«Per me no, perché comandano il pa-pà e la mamma, perché noi siamo bam-bini». «Comanda di più la mamma per-ché se si arrabbia fa gli urli più forte».«Comanda di più la mamma perchépoi è lei che fa da mangiare». «Coman-dano tutti e due insieme perché sonoalti uguale, invece i figli sono più bas-si«. «A casa mia mi sembra che coman-da di più mio padre perché lui lavora,invece mia mamma non lavora». «An-che per me comandano tutti e due in-sieme il mio papà e la mia mamma per-ché io vedo che loro delle volte si met-tono d’accordo a decidere cosa biso-gna fare». «Per me è la mamma che co-

manda perché lei che ci chiama a tavo-la per mangiare».E a scuola, secondo voi, comanda di

più la maestro o io che sono il mae-stro? O tutti e due insieme? E perché?

«Comandi di più tu perché sei unmaschio». «Per me no, comanda unpo’ più la maestra. Perché lei è piùbuona, ma quando si arrabbia urla piùforte». «Poi la maestra si arrabbia mol-tissimo». «Per me tu, perché ci dai an-che delle multe, delle punizioni, nonci fai giocare alla ricreazione o nell’in-terscuola se non facciamo i bravi…».«A me sembra che comandate tutti edue. Perché lei comanda quando è leiche ci insegna, tu invece comandiquando lei non c’è e in aula insegnitu». «Anche a me sembra che coman-date tutti e due perché io ho visto chevi mettete insieme a decidere cosa fa-re e dopo tu ce lo dici oppure la mae-stra, però avete scelto insieme, mi sem-bra».

E tra bambini, c’è qualcuno che co-manda più degli altri o no? E se c’è, co-me vi trovate con chi comanda?

«Sì, c’è, dei maschi, delle femmine.Io però non mi trovo bene perché vo-gliono sempre comandare loro anchese loro non sono grandi». «Anche a menon piace se comanda sempre qualcu-no perché poi noi siamo tutti bambi-ni». «Certe volte comandano i maschi,certe volte le femmine. Dipende».

I BAMBINI CI PARLANO

Sul capoGiuseppe Caliceti

Noi docenti, studenti e dottorandi italiani rifiutiamo

le intimidazioni da qualunque parte provengano: con-tinueremo comunque a fare il nostro lavoro.In Italia, ormai da settimane, dopo il barbaro assassi-nio di Giulio Regeni avvenuto Al Cairo e scoperto il 3febbraio scorso, è in atto una campagna di stampache tende a screditare il corpo docente di Cambrid-ge accusato di irresponsabilità e di aver messo ilgiovane ricercatore italiano in pericolo. Il quadro incui è maturato l’omicidio di Giulio Regeni, per quan-to avvolto dall’omertà delle autorità egiziane, è assaichiaro ed è cinico addossare la responsabilità diquanto avvenuto ai docenti di Cambridge.La ricerca sperimentale si fa in un solo modo: sulcampo. Accusare an-che solo velatamente,o peggio in modo espli-cito, di leggerezza lostesso Giulio Regeni, isuoi referenti accade-mici in Gran Bretagnao in Egitto, all’Universi-tà Americana del Cai-ro, è tanto più scanda-loso perché neanche il

governo egiziano esuoi apparati di poliziae di sicurezza sonoarrivati a tanto.Occorre rifiutare e con-dannare, con forza edecisione, tutti i tenta-tivi di giustificare lacensura e la repressio-ne della libertà di ricer-ca, quando questa af-fronta temi che nonsono graditi ai poteripolitici e agli apparatidi sicurezza: in Egittoe altrove. Se ciò nonfosse, significherebbecondannare a morte laricerca scientifica che

si basa su dei criteri semplici e allo stesso tempo

imprescindibili: discutere, dibattere, confrontare imetodi, rivelare e scoprire ambiti sconosciuti, deco-struire le rappresentazioni, rileggere e contestualiz-zare gli eventi e i protagonisti oggetto di studio. Irisultati delle ricerche scientifiche, in qualunquecampo, non possono, né devono essere condiziona-ti e funzionali ad interessi estranei che siano politi-ci, economici o religiosi.È un dovere imperativo del Governo italiano preten-dere da quello egiziano che siano chiarite tutte lecircostanze in cui è maturato l’arresto di GiulioRegeni, le torture indicibili subite e la sua morte.Questo, il governo italiano lo deve alla famiglia di

Giulio Regeni, ai do-centi e agli studentidi Cambridge e atutti noi, perché ècompito degli Stati enon delle universitàgarantire la sicurez-za dei cittadini.È dovere altrettantonecessario da partenostra pretendere

dagli organi di stam-pa di smettere que-sta folle corsa alloscoop basato su illa-zioni e falsità, chedanneggia il lavorodi ricerca e i ricerca-tori.Questo atteggiamen-to della stampa ita-liana mette concreta-mente in pericolo iricercatori italianiall’estero, soprattut-to coloro che opera-no in zone di conflit-to e in quei Paesidove vigono regimiautoritari.

CasoRegeni/Appellodegliaccademici

«Bastaaccuseairicercatori»

COMMUNITY 

Primi Firmatari : Jean Ziegler, Erika Deuber-Ziegler,DaniloZolo,GustavoGozzi, Andre Scozzafava, Ric-cardo Bellofiore, Giorgio Forti,

Sandro Mezzadra, Mauro Spotorno, MassimoStefani, Paola Manduca, Luca Scacchi, Pietro Bas-so, Andrea Balduzzi, Ana Lourdes de Hériz,

Rosita Di Peri, Alessio Vieno, Michela Lenzi, Re-nato Miceli, Mariagrazia Monaci, Chiara Volpato,

Maria Grazia Meriggi, Alida Clemente,Fiorenzo Fantaccini, Patrizia Meringolo, Rober-

to De Vogli, Francesca Biancani, Fabio De Nardis,Chiara Maritato, Joseph Halevi, Antonio Ciniero,Giuseppe Micciarelli,Antonio Moscato, Vincen-

zo Benessere, Guglielo Forges Davanzati,EnricoPulieri,Stefano Pasta, Alberta Giorgi,An-

gelo Salento, Giuseppe Acconcia, Fabio Sulpizio,Paola Medici, Nicola Perugini, Giuliano Franche-schini, Riccardo Soliani, Ulderico Daniele, LucaGuzzetti,Luciano Nuzzo, AngeloStefanini,Miche-la Varra, Anna Granata, Cinzia Nachira, Margheri-ta Monti, Alberto Di Cintio, John Gilbert,

Franco Montanari, Paola Magillo, SimonettaPeccenini, Elena Zappa, Massimo Quaini, NadiaBreda, Andrea Martini, Lara Trucco, Marina Rui,Bianca Gustavino, Maria Letizia Ruello,

BrunoCatalanotti,Alessandro Zennaro, Nunzia-tina De Tommasi, Jose Vincenzo Molle,

Mauro Parodi, Nando Fasce, Marilena Carna-sciali, Andrea Peru

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Page 15: Il Manifesto Del 3 Marzo 2016

8/20/2019 Il Manifesto Del 3 Marzo 2016

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GIOVEDÌ 3MARZO 2016 il manifesto   pagina 15

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Con una doverosa premessarelativa al forte apprezza-mentonei confrontidel ma-

nifesto peraverospitatonel nume-ro del 25 u.s. l’articolo di R. Roma-no relativo al Rapporto Istat sullaCompetitività e le successivepreci-sazioni del Direttore Dipartimentostatistiche economiche dell’Istat,R. Monducci, data l’importanzaper il nostro Paese della questionedellacompetitività,mi permettodiaggiungere alcune considerazioni,sperando inoltre che questo dibat-tito possa trovare ulteriori appro-

fondimenti.In buonasostanza leosservazio-ni critiche rivolte da Romano alRapporto Istat 2016 possono esse-re sintetizzate nell’interrogativo fi-nale:«Se la competitività è indaga-ta in questo modo, come possia-mo individuare i vincoli di struttu-ra che attraversano il Paese?».

 Anche dalle precisazioni e infor-mazioni metodologiche fornite delDirettore Monducci, si ha la nettaimpressione che quell’interrogati-vo non possa avere una rispostapositiva.I motivi,oltrea quelli indi-catida Romano,si possonorintrac-ciarenelle stesse rispostedell’Istat:la questione della competitivitànonpuò avere unarisposta calibra-ta sulle sole nostre grandezze na-zionali essendo una questione diconfronti relativi a diversi paesi; sel’Istat chiama in causa l’utilizzo diben 70 indicatori, ci si domanda

quanti e qualisono i paesi confron-tati. Se si afferma che ogni anno il«ruolodelRapportoè quellodi ap-profondire un argomento di parti-colarrilevanza», comese la compe-titività possa essere un fenomenomonotematico, ma senza che siapossibile disporre dei dati relativiaglialtriargomenti diparticolareri-levanza, l’interrogativo di Romanosembra essere inevitabile.

Tuttavia poiché queste osserva-zionimetodologichesembranosintroppo ovvie per non essere statepresentinella progettazione inizia-le del Rapporto in questione, si ètentati dalricercarealtrespiegazio-ni, anche andando a leggere co-munque il testodi questi Rapporti.Lungi da noi il ricorso a figure co-me quelle dei gufi, che non trove-rebberocertamentedei riferimenticredibiliin questi testi, forse lediffi-coltà operative che gravano anche

sul’Istat in termini di bilanci sem-prepiù tagliatie insufficientirispet-toad onerie impegni crescenti, co-me peraltro si verifica per tutte lestrutture di ricerca pubblica in Ita-lia, potrebbero fornire una rispo-sta. In fondo abbiamo un Governoconuna forte convinzione sulla ne-cessità di ridurre la spesa pubblica,a meno che non siano molto evi-denti dei ritorni .

Siamo vicini all’inizio della campagnareferendaria sulla perversa deforma-zione del Senato. Per chi le si oppo-

ne, come a tutto il disegno devastante diRenzi, la lotta sarà durissima. È enorme ildivario di forza tra i due schieramenti chesi vanno costituendo. Variegati, come intutti i referendum, lo è di più quello delNo, il nostro. È perciò urgente non soltan-to definire l’identità nostra di oppositoriall’eversione renziana, indicando le ragio-ni del No, che, soprattutto su questo gior-nale, sono state esattamente enumerate eampiamente motivate, ma, immaginandoquali potranno essere le argomentazionidel Sì, per contestarle e rovesciarle.

Saremocertamente accusatidi conserva-torismo, immobilismo, passatismo, di so-stegnoad apparatipletorici, inefficienti,co-

stosi, inadeguati, irresponsabiliecc., di fon-teai qualipoi ….si ergerebbe lamodellisti-ca istituzionale   high-tech  della onorevoleBoschi.Renzi diràche vogliamomantene-re intatto l’assetto istituzionale disegna-to settanta anni fa, attribuendo, implici-tamente o anche direttamente, a questoassetto la responsabilità dell’arretratezzadelPaese, tacciandolodi inidoneità a rea-gire alla crisi economica, a fronteggiare iproblemi reali come quello del precaria-to, della disoccupazione più alta d’Euro-pa, della corruzione endemica, dei poterimafiosi e quant’altro. Falso, certo. Ma ilnuovismo è sciaguratamente penetratonelsenso comune edha gettatosulle istitu-zioni repubblicane la responsabilitàdell’economia liberista, ha avvolto la de-mocrazia costituzionale nell’ombraspessadella delusione.

Sarebbeperciò imperdonabilepermette-re che la sinistra referendaria possa appa-rire come tetragona guardiana degli as-setti istituzionali esistenti, delle parole,

degli accenti e delle virgole della Cartacostituzionale. Perché non lo è, anzi,non può, non deve esserlo. Tanto piùche dispone di un ricco patrimonio diproposte autenticamente riformatrici,quelle che, per riaffermare i principi del-la nostra Costituzione, perseguirne gliobiettivi, mantenernele promesse, realiz-zare il compito della Repubblica, adegue-rebbero perfettamente le nostre istituzionialla fase storica del dominio del liberismo,

dellacompressione deidiritti,del precaria-to, della disoccupazione permanente, del-le ineguaglianze crescenti, del rischio in-combente del collasso ecologico.

Dovremmoquindi indicarle. Perciòpro-vo a sottoporre alla discussione un possi-bile quadrodi propostevoltesiaa riforma-re l’apparato centrale della Repubblicache ad integrare la democraziarappresen-tativa con istituzioni della democrazia di-retta.

Per quanto riguarda la struttura del Par-lamento, riprenderei la nobile, costante emai smentita scelta della sinistra a favo-re del monocameralismo e del sistemaelettorale proporzionale, sistema da san-cire contestualmentein Costituzione per-ché condizione indefettibile della opzio-ne monocamerale. Un numerodi 500 de-

putati potrebbe perfettamente soddisfa-re le esigenze rappresentativee quelle fun-zionali dell’organo.

 Ai Presidenti delle Regioni andrebbe ri-conosciuto il potere di intervento e diemendamento nel corso del procedimen-to di formazionedelleleggi dellaRepubbli-ca, direttamente o indirettamenterilevantiper l’esercizio delle funzioni costituzional-mente attribuite alle Regioni.

 A garanzia dell’ordinamento costituzio-

nale, andrebbe prevista l’istituzione delleleggi organiche, da approvare con la mag-gioranza assoluta, sia articolo per articolochenellavotazionefinale, in materia didi-ritticostituzionalmentericonosciuti, di or-ganisupremidella Repubblica, delleMagi-strature, delle Regioni.

 Ad assicurare concretamente i dirittisociali, andrebbe poi sancita la destina-zione, con norma costituzionale, di unterzo delle entrate fiscali alla spesa per

assicurarne il godimento (art. 4, 32-38 del-la Costituzione).

 A difesa dei "nuovi diritti", dovrebbeessere prescritta l’inalienabilità, costitu-zionalmente sancita, dei beni (comuni) agodimento universale o territorialmentediffuso.

L’ integrazionedellademocrazia rappre-sentativa mediante istituti di democraziadiretta, comporterebbe innanzitutto l’ at-tuazione dell’art. 49 della Costituzione,con la conseguente qualificazione dipartiti politici soltanto per le associazio-ni che assicurano di fatto (a) «la parteci-pazione dei cittadini alla determinazio-ne della politica nazionale», (b) la re-sponsabilità permanente della leader-ship nei confronti di una direzione colle-giale rappresentante della base, (c) l’ini-

ziativa congressuale di un quinto degliiscritti in caso di inerzia nella convoca-zione ordinaria (temporalmente cadenza-ta)del congresso, etc. (d)la carta deidirittidegliiscritti,(e) azionabiliinnanzi al giudi-ce ordinario;

 Andrebbepoi previsto l’obbligo del Par-lamento di deliberare su proposte di leg-ge di iniziativa popolare sottoscritte da 50milaelettori,entro un anno dalla presenta-zione. Andrebberoinoltreistituiti: a) il refe-rendum propositivo su un progetto di leg-ge di ampia iniziativa popolare (500.000elettori?) che incontri l’inerzia del Parla-mento o la sua distorsione nei fini e nellaportata,b) il ricorso diretto allaCorte costi-tuzionale sullalegittimità di una legge (co-me previsto in Germania), c) il referen-dumpreventivo allaratifica deitrattati,co-me quelli europei, che intervengono sullefonti dell’ordinamento giuridico italiano,d) o sulle norme relative ai diritti costitu-zionalmente riconosciuti, d) o che impe-gnano militarmente la Repubblica.

Perquestiobiettivila vittoriadel No al re-ferendumcostituirebbepresuppostoe im-pegno per l’iniziativa popolare di progettidi leggi costituzionali volti a proporli. Re-spintala deforma dellaCostituzioneorditadal Governo, sarebbe il corpoelettorale adassumere l’onere della revisione della Co-stituzione per consolidarne i principi, at-tuarne i contenuti,adempierneil compito.Sì, quello dell’articolo 3, secondo comma,l’eguaglianza di fatto.

tiratura prevista 38.584

Gianni Ferrara

No al referendum,Sì a una nostra riforma

Con un solo numero si possonofare, utilizzando appropriatetecniche statistiche, tantissime

cose. Nell'uso che dei numeri si puòfare in politica e nella comunicazio-ne, naturalmente, tutto si semplificaedin genereconunnumerosi usafa-re dueo tre cose: losi può confronta-re colnumero corrispondente delme-se precedente e questa si chiama va-riazione congiunturale, lo sipuò con-frontare con lo stesso mese dell'annoprecedente e questa si chiama varia-zionetendenziale; volendo si può sce-gliere tra variazione assoluta o per-centuale quando si fanno confronti,ad esempio tra Italia ed Europa. Masu ciascun aspetto di un fenomeno,ad esempio il lavoro, i numeri che sipossono prendere in considerazionesono più di uno: gli occupati, i disoc-cupati, i dipendenti o gli autonomi,quelli con rapporto permanente otemporaneo e così via.

Come è evidente, quindi, ad ogniuscita di datigli utilizzatorisi trovanodavanti ad un ventaglio di possibilitàdiletture e divalorizzazionedi unesi-torispettoad unaltro.Comeorientar-si, allora, di fronte a questa enormevarietàdi numeri? Unespertonormal-mente si fa una bella tabella con tut-ti i numeri, li legge e fa un ragiona-mento integrato prendendo in con-siderazione diversi aspetti del feno-meno. Ciò richiede un po’ di tempoe minime competenze ed impone,appunto, una lettura ragionata. Maè possibile questo nella odierna so-cietà in cui il dato viene fornito alleore dieci e dopo tre minuti nelleagenzie di stampa viene riportatoun comunicato che li sintetizza? Edopo un minuto esce anche un twe-et  del presidente del consiglio chedal carciofo con tante foglie ha giàscelto quellapiùbelladettandoil tito-lo per stampa e Tv? E cosa può fare

chi vuole tentare una lettura più arti-colata del dato o diversa?

I meccanismi comunicativi a que-sto punto lasciano due sole possibili-tà:starezitti e magari, perchinon de-morde, con calma fare un bell’artico-lo su un rivista di economia o sul sitodi   Sbilanciamoci,   oppure fare unaoperazione simmetrica a quella giàpartitaed arrivataai cittadinisceglien-do dallo stesso carciofo la foglia piùspinosa o ingiallita e recitare la partegiàassegnata delgufo.Ruolonormal-mente svolto da Renato Brunettache, anche se fa osservazioni corretteperché in materia ci capisce, fa partediuno spartito teatrale giàscrittotan-toche i giornalisti vannosubitoda luiper rendere più leggibile il pezzo conqualche nota di colore.

Questo mese si poteva dire che agennaio,rispettoa dicembre,gli occu-pati sono aumentatidi 79mila,oppu-re che rispetto a dodici mesi fa di 300

mila,oppure chei soli permanenti so-no aumentati di quasi 500 mila perl’effetto transito ai contratti a tutelecrescenti. Chi ha scelto cosa: è facileda indovinare. In realtà nel corso del2015, rispetto al2014, i posti dilavoroinpiùsono stati196milae questa è lacifra più vicina all’incremento veroprodotto dal combinato di  jobs act  edecontribuzioni.Meno deglialtri pae-sieuropei dove non cisonostatii no-stri fuochidi artificio, manoi liprodu-ciamo a basso prezzo.

Che diredi unpaese e diunapoliti-ca in cui ogni mese si ripete questarecita parrocchiale? Perché meravi-gliarsi se la gente continua ad allon-tanarsi dalla politica? Se quelli cheancora resistono sonocostrettia tifa-re per una delle parti in campo chia-mati non a capire, ma a fidarsi delleader e ciascun del proprio? Certoper chi è più rigoroso, spesso la do-menica successiva esce sul   Sole 24 

ore unoscritto di Luca Ricolfi, studio-so-editorialista rigoroso analista didati, ma la frittata è già fatta.

E lapoliticava, nelsuo teatrino conun pubblico sempre più ridotto esemprepiù annoiato dallasolita com-media all’italiana. Nel paese dellagrande Enciclopedia la locuzione"la politica dà i numeri" si allontanasempre di più dal significato che lapolitica si misura con obiettivi e ri-sultati precisi e quantificati e siavvi-cina sempre di più ad una immaginepsichiatrica.

COMMUNITY 

RAPPORTO ISTAT

 I tagli del governo pesanosulle falle

dello studiostatistico

Sergio Ferrari

Le nostre proposte di riforma

della Costituzione.

Una battaglia per indicarle

e contrastare la vulgata del

governo del cambiamento

contro vecchi e nuovi

guardiani dell’esistente

chiuso in redazione ore 22.00

il manifestoDIR. RESPONSABILE Norma Rangeri

CONDIRETTORE Tommaso Di Francesco

DESKMatteo Bartocci, Marco Boccitto, Micaela Bongi,

Massimo Giannetti, Giulia Sbarigia

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONEBenedetto Vecchi (presidente),

Matteo Bartocci, Norma Rangeri,Silvana Silvestri

I NUMERI DEL GOVERNO

196milaoccupatiinpiù,alnetto

della recitamediatica

Aldo Carra

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