IL MAGNIFICO PALAZZO GIARDINO PESARO DI ESTE...al di fuori della famiglia, dovendo essere trasmesso...

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IL MAGNIFICO PALAZZO GIARDINO PESARO DI ESTE ISTITUTO MANFREDINI Salesiani Don Bosco - Este

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IL MAGNIFICOPALAZZO GIARDINO

PESARO DI ESTE

ISTITUTO MANFREDINISalesiani Don Bosco - Este

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140° anniversario dell’Istituto Salesiano Manfredini,prima opera salesiana nel triveneto fondata da don Bosco.

ANNIVERSARIO

CFP Manfredini

AnniversarioCFP Manfredini

AnniversarioCFP Manfredini

ANNIVERSARIO

CFP Manfredini inizio del Centro di Formazione Professionale

Finito di stampare nel gennaio 2018

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IL MAGNIFICOPALAZZO GIARDINO

PESARO DI ESTE

ISTITUTO MANFREDINISalesiani Don Bosco - Este

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RiconoscimentiLa Villa Pesaro che sorge al ponte della Torre di Este è sempre stata ed è tuttora identificata quasi esclusivamente con l’istituzione scolastica che ha ospitato fin dal 1878 e che ancora ospita: il Manfredini. Generazioni di studenti ne hanno frequentato il collegio e le scuole e molti altri ne frequentano oggi il Centro di Formazione professionale sotto la guida dei Padri Salesiani di Don Bosco.La pregevole architettura, contrapposta alla rocca medievale che sor-ge sull’altra sponda del fiume Frassine, sorprende chiunque percorra la strada che da Este porta a Montagnana e a Mantova o imbocchi la digressione verso sud in direzione delle basse e del Polesine. Ma molti ancora non sanno chi ne è stato il committente e chi è stato l’architetto che l’ha ideata con la sontuosa facciata barocca degna di un palazzo sul Canal Grande. Questa agile pubblicazione vuole rispondere a que-ste domande indagando le vicende della fondazione del complesso e dando meritata luce all’ architetto veneziano che ne curò il progetto. Antonio Gaspari, allievo e seguace di Baldassare Longhena, è noto fra gli studiosi per aver contribuito in maniera determinante, subentrando al suo maestro, alla progettazione di alcuni celebri palazzi veneziani come quello per gli Zane a S. Polo o quello per gli stessi Pesaro che è oggi sede del Museo d’Arte contemporanea. Il Gaspari è però anche il progettista di una delle più ammirate ville della Riviera del Brenta, Vil-la Giovanelli a Noventa Padovana e quello che deve essere considerato il suo capolavoro si trova anch’esso qui ad Este. Si tratta del Duomo di Santa Tecla ideato con una sorprendente pianta ovale dopo la distru-zione a causa di un terremoto della precedente costruzione disegnata da Vincenzo Scamozzi.I saggi qui pubblicati nascono da un convegno di studi organizzato proprio al Manfredini dal Centro di Ricerche Ambientali Athesia il 10 giugno del 2017 nel corso del quale i tre autori sono stati i relatori e poi le guide di una visita alla riscoperta del palazzo e del patrimonio arti-stico in esso conservato.Questo libro vuole essere dunque un contributo alla valorizzazione di questa importante villa veneta e alla conoscenza dell’opera del suo ge-niale architetto ancora troppo immeritatamente trascurato dalla storio-grafia e dalla critica ufficiale; allo stesso tempo, vuole essere un ricono-scente omaggio ai Padri Salesiani che ne promuovono la pubblicazione e che continuano ad ospitare a Villa Pesaro gli incontri e le iniziative pubbliche di Athesia. Antonio Draghi

Presidente del Centro Ricerche Ambientali ATHESIAwww.athesiacentroricercheambientali.it

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I COMMITTENTI I Pesaro dal Carro

Famiglia patrizia veneziana oggi estinta, forse originaria della città di Pesaro, compare a Venezia agli inizi del secolo XIII, inclusa nella “ser-rata” del Maggior Consiglio (1297), comprendeva i rami di S. Giacomo dall’Orio, S. Stae, S. Sofia e S. Benedetto. A Venezia i palazzi Pesaro sono numerosi, il più noto è quello sul Canal Grande sede della Gal-leria Internazionale d’Arte Moderna e del Museo Orientale, progettato da Baldassarre Longhena e concluso, dopo la sua morte avvenuta nel 1682, da Antonio Gaspari.Il ramo della famiglia Pesaro, committente della “Villa alla Torre”, è quello di San Stae presente ad Este e nella bassa padovana a partire da-gli inizi del XV secolo; di particolare importanza sono alcuni membri della famiglia nominati canonici del Duomo di Este fin dal 400.La Famiglia era conosciuta a Venezia come Pesaro dal “Carro” in rife-rimento alla “macchina” meccanico-idraulica detta il “Carro” collocata a Mestre in località dei Moranzani, capace di trasbordare e sollevare le imbarcazioni da un fiume all’altro superandone il dislivello. Il “Carro” contribuisce notevolmente ad arricchire il patrimonio di famiglia con-servando i privilegi sui dazi per i trasporti.La grandezza e l’importanza del nome conseguite dalla famiglia patri-zia si imponevano anche attraverso lo stemma gentilizio, rappresenta-zione visiva della storia e della gloria degli avi. Lo stemma dei Pesaro potrebbe derivare dal marchio con cui venivano contrassegnati i col-li “balle” delle mercanzie: arma, partita dentata con sette denti, oro a dritta, azzurro a sinistra, in conformità ai principi araldici della nobiltà veneziana, privi di aquile e di altri simboli di potere, di dominio o di-pendenza dall’imperatore o da altri principi (fig. 1).

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Una svolta fondamentale per il prestigio del casato avviene nel 1644 quando muore Lunardo Pesaro che aveva rappresentato una vergogna per la fa-miglia ed un vero e pro-prio ostacolo alla carriera politica di tutti i Pesaro per i crimini commessi in gioventù; nel 1658 il fratel-lo Zuanne corona le sue ambizioni divenendo il centotreesimo Doge della Repubblica Serenissima.Zuanne muore improvvi-samente l’anno seguente, la sua fama di comandan-

te delle truppe inviate contro gli eserciti pontifici non è tanto legata alle importanti azioni militari, quanto alla sua attività di ladro di quadri e di oggetti d’arte. Uomo di facili costumi aveva anche la passione per le “sottane” delle sue governanti dovendo sposare la giovane Maria da Santasofia. Un segreto durato poco perché nel giorno della sua elezione a Doge si cantava per le calli di Venezia: “Viva il Pesaro dal Caro/che le stà in preson par laro/e per ultima pazia/l’ha sposà dona Maria”.Esponenti della famiglia Pesaro del Carro sono presenti ad Este fin dal 1471 rivestendo incarichi molto importanti come quelli di ufficiali di stato per le cariche di Capitani e di Podestà. Intervenivano nell’attività di bonifica delle valli e dei corsi d’acqua, in città possedevano numerosi beni immobili, varie abitazioni con granai e botteghe sulle quali eserci-tavano il “Diretto Dominio”.Erano proprietari di numerosi appezzamenti distribuiti nel territorio estense e dati in affitto: già dal 1518 in piazza ad Este vicino al porto cittadino, possedevano un posto di dogana per i trasporti di derrate alimentari e canapa; a Calaone circa 94 campi; alla Torre avevano lo Ius di macellare e la banca di vender carni, lo Ius di fabbricare e di vender pane; sulle pendici del monte Cero, la località di Salarola così denominata perché vi si pagava il salario delle guarnigioni militari che presidiavano la zona. La Serenissima si avvaleva della loro opera di controllo e di riscossione dei dazi e dei pedaggi. La famiglia era estremamente potente in terra ferma, ma l’esigenza di renderne visibile la presenza con la costruzione di una “villa” avviene solo nei primi decenni del XVIII sec., quando Zuanne Pesaro, discen-dente omonimo del Doge, nel 1705 acquista dalla contessa Margheri-

fig. 1

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ta Bonato di Rovigo 10 campi di terreno e co-struzioni come risulta da un documento nota-rile del 1736. È spontaneo interrogar-si sull’apparente infelice ubicazione del corpo di fabbrica, così imponen-te eppure così isolato; il contesto subisce notevoli trasformazioni dovute al mutare delle condizioni socio-politiche-morfolo-giche-fisiche che hanno deformato la caratteri-stica configurazione del luogo (Borgo feudale) tanto che i fabbricati del-la zona e la stessa “Villa”

sono rimasti progressivamente isolati e in posizione depressa rispetto alla strada principale. La parte più antica e più nobile del complesso

è quella costituita dal corpo centrale e dall’edificio attiguo con accesso dalla strada di Este-Badia come riporta una mappa a china acquarellata del 1733 (fig. 2).Le scuderie, ora trasformate per elevazione ed inglobate nel complesso Manfredini, sono comunque riconoscibili per i tre fornici esterni e per l’imponente e raffinato porta-le interno settecentesco (fig. 3).L’ubicazione del plesso non è casuale, si tratta infatti di un sito di fondamentale im-portanza dal punto di vista geografico, commerciale e militare: passaggio obbligato sul fiume Frassine, baluardo esterno del sistema difensivo della città di Este.

fig. 2

fig. 3

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Una cartolina dei primi del ‘900 presenta il ponte a sud della torre me-dioevale e non a nord come lo vediamo oggi, poiché ricostruito in se-guito alla piena del 15 novembre 1911 (fig. 4).

La Torre era un posto di guardia, di controllo e di dogana per le merci e i passeggeri, collocata lungo la strada “comune” asse di collegamento tra Venezia, Mantova e la Lombardia. Venezia considerava la Torre un luogo di “frontiera”, capisaldo del territorio che il comune di Este acqui-sta nel secolo XVI (fig. 5).

fig. 4

fig. 5

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Il fiume Frassine, denominato Brancaglia nel tratto che collega la locali-tà Sostegno fino alla Torre, non presentava argini imponenti ed era una veloce ed economica via di comunicazione pubblica per il trasporto di merci e di soldati, utile maceratoio del lino e della canapa per la pro-duzione di corde e vele per l’Arsenale di Venezia, oltre che alimentare i mulini. Collegato al ponte del Sostegno con il Bisatto, raggiungeva la città di Este come testimonia una antica mappa della località Torre del 1662 depositata presso l’Archivio di Stato di Venezia nell’archivio Beni Inculti (fig. 6).

Zuanne Pesaro incarica l’architetto Antonio Gaspari per i lavori di ri-strutturazione ed ampliamento, si presume che i lavori siano iniziati verso il 1714 (finiti gli acquisti dei terreni circostanti) e quasi del tutto ultimati intorno al 1727, anno di morte del committente.Non essendoci eredi diretti, il nipote Lunardo riceve i beni di Zuane compresa “la Villa” e ha l’incarico, per volere dello zio, di completarla ed abbellirla con decorazioni. È documentata infatti, nel 1730, la presenza del pittore svizzero Davide Antonio Fossati per dipingere alcune sale. La successione da zio a nipote, appare in un documento particolarmen-te interessante del 1736 scritto da Pietro Gentilini, notaio di Este e ni-pote di Margherita Bonato che, a nome dei parenti, intenta una causa ai Pesaro accampando diritti di “Fidecommesso” che gravavano sulle terre su cui i nobili veneziani avevano già costruito la loro villa (dispo-sizione testamentaria per la quale si impediva la vendita di un bene

fig. 4

fig. 5

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al di fuori della famiglia, dovendo essere trasmesso dall’uno all’altro membro della stessa per tenere unito il patrimonio).L’Atto di citazione riporta “possiede il N.H. Lunardo Pesaro campi 6 circa (che fanno parte del corpo di 10 campi acquistati nel 1705) in Villa della Torre, territorio d’Este sopra quali eravi costrutta casa dominica-le, con terra, casino, quali fabriche furono quasi per intiero atterrate, so-stituitovi grandioso Palagio con magnifiche adiacenze dal N.H. Zuane Pesaro di Pesaro fu de Lunardo, compratore per prezzo umilissimo et inferiore di molto al loro intrinseco valore”. E chiede “la dovuta resti-tuzione e rilascio e compenso onde non esser in obligatione di progre-dire ad atti e ricorsi competenti”. Presso l’Archivio di Stato di Venezia nell’Archivio Pesaro, sono conservate tutte le carte del processo vinto dai Pesaro, del Gentilini non si avranno più notizie.Cosa spinge la contessa Margherita a sottrarre l’eredità dei figli a prez-zo “umilissimo”? Recenti ricerche hanno confermato che la famiglia Bonato, famiglia di origine della Contessa, era già affittuaria dei Pesaro di venti campi nei pressi della tenuta di Torre, per altro sempre allaga-ti. Probabilmente il persistere delle condizioni metereologiche avverse, le conseguenti perdite di raccolti e le difficoltà economiche facilitano Zuane a raggirare la Contessa strappandole la casa ed il terreno circo-stante, convincendola astutamente di salvare la famiglia dalla rovina.Tra le grandi ville del primo ‘700, non si comprende perché “Villa Pe-saro” di Este sia così poco documentata pur essendo concepita con ma-nifeste aspettative e intenti di rappresentanza. Gli studiosi dell’epoca A. Angelieri, I. Alessi, il canonico Da Vò nelle loro cronache e storie di Este si limitano a farne brevi cenni, a differenza del Duomo di Santa Tecla, per il quale edificio esiste una documentazione dettagliata sulle varie fasi della costruzione e sulle relative note di spesa.Le scarse attitudini alla gestione economica degli eredi, le annate sfa-vorevoli e il vizio del gioco di alcuni eredi, hanno pericolosamente in-taccato le sostanze dell’intera famiglia; alla fine del secolo XVIII la Villa di Este tra le numerose residenze in terra ferma dei Pesaro è l’unica rimasta di proprietà seppure poco abitata.Dei cinque fratelli l’unico sopravvissuto è Pietro Pesaro, erede della famiglia con la cui morte, avvenuta a Londra nel maggio del 1829, si estingue una delle famiglie più prestigiose nella storia della Repub-blica Veneta. La sorella Laura eredita quel poco che Pietro non aveva venduto agli inglesi in cambio di una vita agiata in un lussuoso appar-tamento nella City di Londra. Laura sposa nel 1785 Bartolomeo I Gradenigo, esponente di una fami-glia non meno nobile dei Pesaro, portando in dote 65.000 ducati che i Pesaro non riusciranno mai ad onorare.La Villa, disabitata ed in degrado, subisce ulteriori devastazioni da parte delle truppe francesi ed austriache adattandola a caserma per i

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soldati. Nel 1843 un ricco austriaco, il Conte di Liebenburg, mostra un certo interesse per l’acquisto di alcune proprietà e approfittando di una gita in campagna, Bartolomeo IV Gradenigo cognato di Laura, porta in Villa di Este il conte nel tentativo di convincerlo a comprarla; l’edificio è diroccato e di bello mantiene solo il giardino e le antiche alberature (figg. 7,8) non sufficienti a convincere il conte austriaco.

Nel 1878 grazie alla beneficen-za dell’estense Benedetto Pelà e con l’approvazione di Don Bosco, i Salesiani acquista-no l’intera proprietà seppure in forte stato di abbandono: senza porte, senza finestre, svuotato di tutto, diroccato e cadente, di artistico erano ri-masti importanti affreschi e le ricche cornici in stucco. Ultimati i primi urgenti inter-venti di restauro e gli adatta-menti del Palazzo a collegio, il 19 novembre 1878 Cà Pesaro diviene sede del Collegio Sa-lesiano Manfredini, dal nome del Vescovo Mons. Federi-co dei marchesi Manfredini, probabile discendente del

fig. 7

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conte Manfredin Manfredini, primo proprietario dei “campi e fabri-che alla Torre” e marito della sfortunata Margherita Bonato raggirata dall’astuto Zuanne Pesaro.Nel 1917, dopo la disfatta di Caporetto, l’edificio è requisito come ospe-dale militare; nel 1944 confiscato dalle autorità tedesche per uso a ospe-dale e magazzino fino alla metà del 1945; il noviziato ed il collegio sono trasferiti nei locali del Santuario del Tresto e nella Parrocchia di Carce-ri; il 1991 è il momento di una grande svolta con l’arrivo del salesiano prof. Fumanelli, ideatore del “Centro di Formazione Professionale”.Nel 2003 inizia l’importante intervento di restauro architettonico e de-gli apparati figurativi completato nel 2009, coordinato dal geometra Giovanni Dall’O e il dott. Lorenzo Marsilio con un forte impegno eco-nomico dell’Ispettoria salesiana del triveneto.

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L’ARCHITETTOAntonius Gaspari Venetus Inv.

Ingiustamente dimenticato ed ignorato per più di due secoli, Antonio Gaspari è un architetto che opera a Venezia dal 1680 al 1720 coprendo un arco di attività di circa quarant’anni. Come architetto merita un ri-conoscimento, non solo per la mole di incarichi ricevuti, per le qualità di artista, di studioso e allievo dei grandi architetti veneziani, soprat-tutto, per aver cercato di introdurre a Venezia la lezione del “600” Ro-mano di F. Borromini e G. L. Bernini.Riceve una prima formazione tecnica al fianco di Baldassarre Longhe-na, di cui, divenutone collaboratore, continua i lavori dopo la morte avvenuta nel 1682; per la ricostruzione dell’opera del Gaspari è indi-spensabile studiare la copiosa serie di disegni di architettura (oggi depositata presso l’Archivio Civico Museo Correr, Venezia), acquistati fortuitamente a Londra nel 1935 da Giulio Lorenzetti, allora Direttore del Museo Correr. I tre grossi volumi rilegati in cuoio recanti la scritta “architetture di Antonio Gaspari-disegni autentici” riguardano fabbri-che civili e religiose che il Gaspari progetta non riuscendo, spesso, a portare a compimento le opere. Fra i numerosi progetti per edifici reli-giosi non eseguiti si ricordano quelli per il coro e il refettorio del con-vento di S. Giustina (fig. 9)1 e per l’altare maggiore di S. Luca a Padova.È documentato (Bortolami 2003; Bassi 1963) che, contemporaneamente all’incarico progettuale del Duomo di Este, anche prima del 1690, An-tonio Gaspari interviene in vari progetti di sistemazione e costruzione

1 Gaspari Antonio, Progetto per il coro ligneo della Basilica di Santa Giustina a Padova, penna, inchiostro acquarellato, tracce di matita su carta, 322 x 740, sec. XVII – 1690/1699. Procuratie Nuove, Museo Correr, Ve.

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in Venezia su case di civile abitazione di diversi proprietari, sia privati che ecclesiastici. Ciò è a ulteriore testimonianza che Gaspari, all’epoca dell’incarico estense, è già un architetto conosciuto e con diversi lavori in corso.Tutte le indicazioni biografiche citate indicano Antonio Gaspari come “nato a Venezia”:1656 - 10 Aprile, Antonio Domenico figlio di Giacomo quondam Mattio Gaspari forner e di Cipriana, nasce nella parrocchia di Santa Fosca;1683 - 17 Ottobre sposa Elisabetta Rampuzzo;1684 - nasce la figlia Maria Maddalena;1685 - nasce Zuan, Gian Giacomo, aiutante nello studio di Antonio;1687 - nasce Gasparo Lorenzo, morirà a 4 mesi e mezzo;

1723 - 29 Aprile San Marcuola, Calle del Figher, Antonio Gaspari di anni 67 muore per febbre e idro-pisia (raccolta di liquido “trasuda-tizio” che si accumula nei tessuti e cavità del corpo per stasi circo-latoria).Di particolare interesse è il sigillo (fig. 10) dell’architetto “Antonius. Gaspari. Venetus. Inv.” col quale soleva timbrare i propri disegni; si tratta di un sigillo “parlante” a forma ovale, tipico dal ‘500 in poi, inserito in una cartella o cartoccio barocco con anse e ricci disposti con fantasia. Il simbolo parlante con il nome, il cognome e talvolta

fig. 9

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la città o la professione, può essere di chiara interpretazione oppure oscuro. Quello di Antonio Gaspari è costituito da: 3 Stelle a 8 raggi (i 3 figli); una Corona a 7 punte ( G-A-S-P-A-R-I ); la Palma (Palmizio) uscente dalla corona. In araldica la stella simboleggia l’aspirazione a cose superiori, le 8 punte l’equilibrio cosmico, la corona la fine di un capitolo e l’inizio di un altro; la palma è il simbolo di vittoria e della pace con essa ottenuta.La parola “Inv.” sta per “inventore” e ricordando Vincenzo Scamozzi, possiamo scoprire un altro tratto della personalità di Antonio Gaspari: “[…] l’esperienza serve molto più all’arte, che all’inventione, la quale finalmente è la più nobil parte delle cose artificiose”.

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2 Gaspari Antonio, Studio per la parte centrale della facciata di una villa, penna, inchiostro, tracce di matita su carta 333 x 247, sec. XVII prima metà. Procuratie Nuove, Museo Correr, Ve.

Gaspari Antonio, Studio per la facciata di villa Pesaro ad Este, penna, inchiostro, tracce di matita su carta 334 x 555, sec. XVII ultimo quarto. Procuratie Nuove, Museo Correr, Ve.

VILLA PESAROIl magnifico Palazzo giardino

“[…] fabriche di muro da patron e lavorador, barchesse, stalle, forno, pozzo, caneva e chiesetta situati vicino al Ponte della Torre [...]” sono le proprietà acquistate da Zuanne Pesaro per una cifra irrisoria nel 1705; su questo fondo i Pesaro provvedono alla costruzione del nuovo “pa-lazzo” e dell’edificio parallelo delle scuderie, demolendo alcuni dei fab-bricati esistenti ed inglobandone altri.In una mappa anonima del 1733 (cf. fig. 2) la proprietà è caratterizzata anche dalla presenza di tre torrette di guardia: due ad est del Palazzo in affaccio alla strada per Carceri, la terza in corrispondenza dell’ango-lo nord/occidentale in prossimità dell’incrocio tra la stradina di servi-zio e la via principale che porta a Montagnana.La Villa si sviluppa su una pianta compatta, rettangolare e tripartita di dimensioni pari a 69,00x15,00 m con un asse principale longitudinale in direzione est/ovest: la parte mediana, centro focale dei prospetti, era destinata all’accoglienza e alle attività di rappresentanza, quelle laterali alla vita quotidiana della famiglia dominicale e alle attività di gestione delle proprietà fondiarie (fig. 11).Entrambi i fronti nord e sud del corpo centrale della parte mediana sono connotati da intensi ritmi chiaroscurali ottenuti dall’attenta pro-gettazione dei registri e delle forometrie (disegni autografi figg. 12, 13)2: quello inferiore (piano terra) è realizzato col bugnato del severo ordine

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tuscanico, quello mediano (piano nobile) nobilitato dalle paraste io-niche e quello corinzio (piano sot-totetto) reso più vivace dai volumi delle semicolonne che sorreggono un solido architrave elegantemen-te sagomato. Esso funge da basa-mento di un barocco e fantasioso fastigio sommitale arricchito di trofei di guerra, bandiere, picche, cannoni e bombarde, anfore di pietra che contengono leggeri fio-roni, globi e pigne.La sporgente balaustra del piano nobile, allineata alle monofore delle fasce laterali del corpo cen-trale, contribuisce ad esaltare il senso di verticalità non rettilinea

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ma piramidale della porzione mediana bilanciando, con delicata ma-estria, il senso delle proporzioni degli alzati verticali. Congiungendo gli angoli alla base della porzione mediana con il pinnacolo sommitale del fastigio (fig. 14) si ottiene un triangolo regolare che comprende con precisa gerarchia gli elementi architettonici e decorativi delle facciate. Sorprende, inoltre, l’analogia tra il disegno così ottenuto e il simbolo centrale dello stemma dei Pesaro dal Carro.

La sobrietà delle ali laterali contrasta l’ar-ticolata composizio-ne del corpo centrale dando l’impressione di un’opera incompiu-ta; si riconosce, invece, una sorta di “renova-tio more veneto” ricer-cata con inquietudine dall’architetto Gaspari. Un accorto studio del-le relazioni in bilico tra continuità e rottura, re-stituisce un’innovativa identità del “palazzo

dello stato da terra” in opposizione alla consueta sintassi della tradizio-ne veneziana proiettata verso la distribuzione ritmica di chiaro/scuri. Allineamento e modularità delle forometrie delle finestre, dei corona-menti di collegamento, le marcate linee di gronda, il differente uso dei materiali lapidei, gli elementi architettonici innovativi come i timpani curvilinei spezzati di borrominiana memoria, sono i misurati disposi-tivi che il Gaspari articola sull’ordito dei pieni e dei vuoti del corpo di fabbrica. Non un capriccio né una maniera ma irrequieta necessità di sperimentare nel contesto locale quanto veniva crescendo fuori dalla cultura della Repubblica Veneta. A tal proposito è pertinente il richia-mo al coevo cantiere di Santa Tecla.Il corpo di mezzo e le ali laterali evidenziano la distribuzione interna dei locali. Al settore centrale corrisponde a terreno un ampio atrio di ingresso da entrambi i fronti; in corrispondenza dei due registri su-periori, un altissimo salone – il salone delle feste. Prima del restauro 2003/2009 il locale si presentava suddiviso in due piani, poiché nei pri-mi del ‘900 fu inserito un solaio per realizzare i dormitori degli allievi. Ora il salone è tornato all’antico splendore, la doppia altezza è caratte-rizzata dall’elegante ballatoio in legno ricostruito più semplice dell’ori-ginale (figg. 15, 16, 17). Durante il restauro sono venuti alla luce impor-tanti affreschi completamente coperti da numerosi strati di colore.

fig. 14

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Ai due settori laterali del corpo mediano corrispondono quattro am-bienti, due per lato dell’atrio: due stanze quadrangolari ai lati dell’in-gresso settentrionale e due vani a pianta ovata per ospitare le scale ogivali ai lati dell’ingresso meridionale.La pianta del piano nobile corrisponde a quella del piano terra; l’atrio è sostituito dal salone delle feste, ai lati di esso si collocano: a nord due stanze finemente decorate a stucco, a sud le maestose scale a chiocciola. Numerosi sono i disegni conservati al Correr che rappresentano siste-

fig. 15

fig. 16

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mi costruttivi di scale, quelli per la Cà Pesaro di Este pos-sono ritenersi una realizza-zione ardita di eccellente ar-chitettura dallo straordinario effetto scenografico.Altre due piccole coclee che conducevano gli ambien-ti sotterranei, sono inserite all’interno del muro setten-trionale delle due grandi scale ovali con sbocco ancora visibile in corrispondenza di ogni piano.I corpi laterali (ali) sono en-trambi connotati da una sala a doppio affaccio nord/sud perimetrata da quattro ulte-riori stanze di servizio, due per lato, sia al piano terreno che a quello nobile. Alle estre-mità est/ovest trovano posto

le scale di servizio a rampe rettilinee e pianerottoli per l’accesso ai pia-ni superiori (oggi vistosamente alterate e modificate).

L’apparato pittorico è tema molto discusso per la mancanza di fonti certe; un recentissimo studio sugli affreschi, promosso dall’Istituto Re-gionale per le Ville Venete e curato dal Prof. Giuseppe Pavanello, ha fornito nuove interpretazioni rispetto a quelle già note.L’ala Ovest del pianterreno presenta alcune sale decorate con eleganti stucchi rococò policromi: gli affreschi a parete, in gran parte perduti per adattare il salone alle esigenze del collegio, erano attribuiti a Davi-de Antonio Fossati (pittore svizzero 1708/1780) e datati (1730/31), ora lo sono a Giovanni Scajaro (1726/1792), della Scuola del Tiepolo, e datati (1760/1792).Sul lato est si riconoscono Apollo e Dafne (fig. 18) la cui bellezza attira l’amore passionale e le attenzioni di Apollo; volendo da lui sfuggire, supplica i genitori di salvarla per cui la trasformano in una pianta di lauro-alloro.Sul lato ovest si osservano Diana ed Endimione, la personificazione della luna piena, la cacciatrice in terra e dea in cielo. È rappresentata come una bella donna dalla carnagione chiara, con vesti corte, fluide e bianche; di notevole fattura la figura in basso del cane che guarda la dea (fig. 19). La mitologia racconta l’innamoramento di Diana per il bel-

fig. 17

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lissimo giovane pastore Endimione. Af-finché l’amore tra un mortale e una dea potesse durare, Giove concede al pastore di mantenere per sempre giovinezza e bellezza in cambio di un sonno eterno; Endimione accetta il patto e rinuncia alla pienezza della vita pur di godere ogni notte delle carezze di Diana.Sulla lunetta della porta di ingresso alla sala è raffigurata Giunone (fig. 20) seduta come una giovane donna ritratta con de-licati e straordinari colori: azzurro, per-vinca, lilla, rosa e bianco.Sul soffitto a volta a schifo il riquadro centrale raffigura l’Aurora alata (fig. 21) con il gesto imperioso della mano che caccia via le tenebre a favore della luce.

fig. 18

fig. 19

fig. 20

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La dea Aurora si rinnova ogni mattina all’alba e vola attraverso il cie-lo; i suoi fratelli sono il Sole e la Luna, ha molti mariti e quattro figli, i venti.Sulla fascia settentrionale è raffigurato Apollo con il carro e su quella meridionale tre putti festosi (Zeffiri) con fiaccola. Il Professore Pava-nello, ritenendoli opere di pregio, attribuisce gli affreschi a Giovanni Scajaro per i visi minuti, i colori freddi e il ricco panneggio.

La decorazione del Salone Centrale al piano nobile, si estende su tutto il vano e le scene delle pareti maggiori sono legate a quelle del soffit-to; gli affreschi, del 1720 circa, “sfondano” le pareti come se lo spazio si dilatasse ben oltre i limiti fisici della stanza. L’insieme scenografico è attribuito al pittore veneziano Gian Battista Crosato (1685-1750) di scuola tiepolesca, anche se ora il Prof. Luigi Pavanello, lo attribuisce al pittore francese Louis Dorigny (Parigi 1654-Verona 1740) che aveva già lavorato con il Gaspari, riconoscendone la mano nella schiera di putti, genietti e amorini, nei grandi vasi ricolmi di fiori e nella gestualità del-le figure (figg. 22, 23, 24).

fig. 21

fig. 22

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Sul lato occidentale sono raf-figurati Apollo e le Muse sul Monte Elicona: Apollo era il protettore delle muse che rap-presentano l’ideale supremo dell’Arte e abitano il Monte Elicona. Il recente restauro, per erronea interpretazione, ha trasformato la dea Calliope, musa ispiratrice della poesia epica (i cui attributi sono il li-bro e la corona d’alloro) in una figura simile a Dante (fig. 25).Il Mito di Fetonte caratterizza la parete orientale: Fetonte, per dimostrare a Epafo (Re d’Egit-to) che Apollo era veramente suo padre, lo prega di lasciar-gli guidare il carro del Sole, ma a causa della sua inesperienza, i cavalli si imbizzarriscono e corrono all’impazzata per la volta celeste: prima salgono troppo in alto, bruciando un tratto del cielo che diviene la via Lattea, poi scendono trop-po vicino alla terra devastan-do la Libia che si trasforma in deserto. Gli abitanti della terra, spaventati, chiedono aiuto a Zeus che fulmina Fetonte pre-cipitandolo nei Colli Euganei fra Abano e Montegrotto dan-

do origine alle Terme Euganee.Il soffitto a volta ricurva si apre in un Oculus (fig. 26) che riproduce un affresco del trionfo di Apollo circondato da amorini e nelle fasce infe-riori, da Cerere, Bacco e Flora.Flora rappresenta la primavera; Cerere l’estate; Bacco l’autunno; Saturno l’inverno. Al posto di Saturno si scorgono due vecchi dormienti collocati a margine del gruppo centrale.Il significato allegorico della scena è il trionfo del dio Sole che irradia il casato dei Pesaro “metafora” dello “splendore” familiare e simbolo di buon auspicio per un sole che non tramonta mai. Splendido il con-troluce della figura alata che rappresenta la fama in volo sul soffitto;

fig. 23

fig. 24

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fig. 27

fig. 25

fig. 26

la figura alata e i due putti sembrano provenire dall’esterno della sce-na accentuandone l’effetto illusorio (figg. 27, 28). I corpi, rappresentati con carnagione chiara, sono floridi e sensuali, prevalgono i toni forti e luminosi con gamme di colori infinite: i rosa, gli azzurri, il lilla e le raffinate tonalità di verde.

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A est e a ovest del salone sono collocate due stanze per lato affrescate e de-corate con stucchi, attri-buite al bellunese Barto-lomeo Pedon (1665-1732), ma il prof. Pavanello ri-conosce la mano del ve-neziano Andrea Urbani (1711-1798) per scioltezza di pennellata e per l’im-portante gioco di ombre. Quest’artista, della scuo-

la del Tiepolo, ignorato per lungo tempo e riscoperto nella metà degli anni 60 del secolo scorso, lavora alla corte di Russia dal 1760 al 1763 nel Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo. Nelle quattro sale le raffigura-zioni presentano notevoli differenze non solo dei soggetti ma anche qualitative per cui è molto difficile attribuirle ad un’unica mano.Durante il restauro nelle due stanze contigue, situate una ad est e l’altra ad ovest del salone centrale, sono venute alla luce decorazioni a tempe-ra con vedute di paesaggi fantasiosi completamente coperte da diversi strati di colore.In un’altra sala nell’ala occidentale del piano nobile, gli affreschi rap-presentano altri paesaggi prospettici: ora con fontana e rovine clas-siche, ora edifici medioevali, ora un borgo popolare caratterizzati da intense tonalità di marrone e di verde. Un’altra decorazione a tempera si trova nell’ala orientale, il paesaggio rappresentato è un approdo al-ternato a tempeste di mare (figg. 29, 30, 31).

fig. 28

fig. 29

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fig. 31

È curioso notare come al piano nobile si trovassero solo quattro camere da let-to, le corrispondenti dell’ul-timo piano (sottotetto), pur di altezza modesta, non potevano essere destinate alla servitù perché ambien-ti di prestigio con soffitti a volta riccamente affresca-ti (fig. 32) e pareti decorate con cornici in stucco alcune contenenti affreschi, altre vuote (fig. 33); dagli inven-tari esaminati di fine sette-cento risulta che contenes-sero specchi e quadri e non mancavano confortevoli arredi: “tavolini di noghe-ra, poltroncine impagliate, careghini, tavoli, sofà, bi-liardo, lavaman”.Il soffitto voltato della stan-za delle Vedute (1730-31), attribuito ad Antonio Vi-sentini e ora alla mano di Davide Antonio Fossati, è decorato con animali e mo-tivi ornamentali racchiusi da una balaustra dipinta con vasi di fiori; al centro della volta impera il mo-nogramma di Leonardo Pesaro sollevato da putti e sormontato da una corona. Sulle pareti sono riprodot-te alcune chiese delle iso-le della laguna di Venezia come S. Maria della Salute (fig. 34), S. Maria della Gra-zia (fig. 35), saltata in aria

nel 1849 perché trasformata in polveriera da Napoleone. Altre chiese non riconoscibili sono immerse in un’atmosfera surreale accentuata dal sapiente uso della tempera con tonalità fredde.

fig. 30

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fig. 32

fig. 33

fig. 34

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Lo stile algido e rappresentativo induce a pensare le stanze dell’ultimo piano come sede degli uffici amministrativi della proprietà e gli appar-tamenti nobili come dimora estiva dei Pesaro o, in certi periodi dell’an-no, come albergo dei funzionari della Serenissima inviati per verificare i proventi e i rifornimenti degli eserciti.

M. CavallariO. Gottardo,I. Iobstraibizerin collaborazione con Centro Ricerche Ambientali ATHESIA

BibliografiaE. Bassi, Episodi dell’architettura veneta nell’opera di A. Gaspari, in “Saggi e me-morie di Storia dell’Arte”, 3, Venezia 1963, pp. 57-187;A. Dani, La Cà Pesaro di Este, ora Collegio Manfredini, e le sue opere d’arte, in “Il Collegio Manfredini di Este nel primo centenario, 1878-1978”, Vicenza 1978, pp. 107-139;M. Cavallari, La villa della famiglia Pesaro dal Carro a Este, Arte e Storia. Tesi di Laurea A.A 1979/80, Padova;B. Cogo, Antonio Gaspari architetto veneziano, Grafica Atestina, Este 2003;M. Bortolami, Il Duomo di Santa Tecla di Este (1688-1705) e il suo architetto Anto-nio Gaspari, Tesi di Laurea I.U.A.V di Ve, A.A. 2002/3, Venezia;Lorenza Perini, Villa Pesaro ad Este e le vicende patrimoniali di una famiglia ve-neziana. (XVII-XVIII sec.) estratto da Archivio Veneto, 1999.Biblioteca Museo Civico Correr – VE. Genealogie di famiglie patrizie;Archivio Consorzio Bonifica Euganeo – Berico - Este, Filza Consorzio Lozzo contro N.N.H.H. Pesari;A.S.Ve. – Archivio di Stato di Venezia; Archivio Pesaro.A.S.Ve. – Archivio di Stato di Venezia; Archivio Gradenigo.A.M.C.Ve - Archivio Procuratie Nuove del Museo Correr di Venezia.

fig. 35

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IL MANFREDINIATTRAVERSO I TEMPI

Ambiente economico-socialeLa fondazione della Casa Salesiana di Este avviene nel decennio 1870-1880, particolarmente importante per la Congregazione, che nel 1874 arriva all’approvazione definitiva delle sue Regole e nel 1875 approda nell’America Latina con la prima spedizione missionaria. mentre, var-cate le Alpi, si estende in Francia (Nizza).In campo politico sociale è il tempo dell’incipiente industrializzazione, con i relativi fenomeni dell’urbanesimo e del proletariato.Nel Veneto, annesso di recente (1866) all’Italia, dopo i primi momenti di euforia, si avverte l’asprezza dell’impatto con la legislazione laici-sta e anticlericale del Regno Sabaudo e pesa la preoccupazione per il crescendo della secolarizzazione. Con l’avvento della Sinistra Storica al governo, la Legge Coppino (1877) estende e impone l’istruzione ele-mentare gratuita. La legislazione scolastica, i programmi e soprattutto una parte notevole degli insegnanti provenienti dall’area della cultura laicista, domineranno la vita italiana fin dopo il primo conflitto mon-diale, determinando ovviamente un profondo contrasto con i caratteri della scuola precedente del Lombardo-Veneto e con la tradizionale sen-sibilità cattolica dei veneti.Particolarmente in Este, nel 1870 l’ambiente si presentava caratterizzato da analfabetismo diffuso, da forti influenze liberali, laiciste e anticleri-cali, da povertà e da sottosviluppo per buona parte della popolazione alle dipendenze di pochi possidenti terrieri, da scarsa attività artigia-nale e commerciale, con attiva circolazione delle idee socialiste.In questo contesto storico si colloca l’ansia pastorale dell’arciprete del

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Duomo di Este, Mons. Agostino Zanderigo (1807-1882), che, in appog-gio all’iniziativa di don Agostino Perin (1837-1880), parroco di Santa Maria delle Grazie dal 1860 al 1880, nella comune preoccupazione per “i danni che il laicismo scolastico arrecava alla gioventù”, manifestano al vescovo di Padova, Mons, Federico Manfredini (1792-1882), l’auspicio di avviare nella terra veneta un Collegio dove si impartisse un’educa-zione ispirata al valori cristiani, “che i Salesiani continuano ad imparti-re con lo spirito e il metodo di don Bosco”.A recare tale istanza a don Bosco, lo stesso don Perin andò di persona a Torino, con la espressa adesione del Vescovo, come da lettera del 24 agosto 1878.Frattanto, come sede del futuro Collegio apparve indovinata la sette-centesca Ca’ Pesaro, passata in eredità nel 1813 ai conti Gradenigo, dai quali l’acquistò don Bosco, tramite don Perin, per lire 35.000 pagate dal grande benefattore estense Benedetto Pelà, che in seguito continuò sen-za limiti la sua generosità sia nelle opere edilizie, come nel sostenta-mento, con un totale di oltre un milione di lire…di allora.

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Inizio e sviluppo dell’operaeducativa di don Bosco

L’attività educativa e scolastica del Manfredini ha avuto inizio nell’an-tica villa “Ca’Pesaro”, il 19 novembre 1878, con alcune classi di scuola elementare e ginnasiale. Gli alunni venendo da lontano hanno potuto usufruire della ospitalità del Collegio.Con il crescere delle attività educative e scolastiche, come numero e importanza, sono stati necessari successivi ampliamenti edilizi intorno alla villa Pesaro. Nel 1922 si è aggiunto anche il Noviziato salesiano per l’Ispettoria delle Tre Venezie che è stato attivo fino al 1947. L’attività scolastica si è am-pliata in breve tempo, aggiungendo alle scuole elementari e ginnasiali (riconosciuti legalmente dal 25 aprile 1929), il Liceo classico (dal 1944, ri-conosciuto ufficialmente nel 1950), e passato poi allo scientifico, nel 1967.La generale stima per la serietà scolastica e l’impegno educativo, sono stati premiati con la Medaglia d’oro dei “benemeriti della scuola e della cultura”, conferita al “Manfredini” dal Ministro della Pubblica Istru-zione, il 26 aprile 1958.Diversi fattori sociali ed economici, intervenuti durante gli anni ’70 e ’80 del Novecento, hanno provocato molte difficoltà per la continua-

!2) INIZIO E SVILUPPO DELL’OPERA EDUCATIVA DI DON BOSCO. !!

" l’educazione L’educazione

è cosa di cuore !!!L’attività educativa e scolastica del Manfredini ha avuto inizio nell’antica villa “Ca’Pesaro”, il 19 novembre 1878, con alcune classi di scuola elementare e ginnasiale. Gli alunni venendo da lontano hanno potuto usufruire della ospitalità del Collegio. Con il crescere delle attività educative e scolastiche, come numero e importanza, sono stati necessari successivi ampliamenti edilizi intorno alla villa Pesaro.

!Nel 1922 si è aggiunto anche il Noviziato salesiano per l’Ispettoria delle Tre Venezie che è stato attivo fino al 1947. L’attività scolastica si è ampliata in breve tempo, aggiungendo alle scuole elementari e ginnasiali (riconosciuti legalmente dal 25 aprile 1929), il Liceo classico (dal 1944, riconosciuto ufficialmente nel 1950), e passato poi allo scientifico, nel 1967.

L’educazione è cosa di cuore

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zione delle attività scolastiche che, nel frattempo, avevano oltrepassato il secolo dalla fondazione. Non vedendo allora altra soluzione, si era pensato alla chiusura dell’Opera. Senonché nel 1992, a seguito di una ricerca sui bisogni formativi dei giovani delle province di Venezia, Rovigo e dell’area del Basso Pado-vano, svolta a cura dell’ISRE (Istituto Superiore Internazionale Sale-siano di Ricerca Educativa) si è optato per il cambio di indirizzo del “Manfredini”, grazie al quale la nuova attività educativa e formativa del “Centro Formazione Professionale”, riconosciuto e finanziato dalla Regione del Veneto, ha dato gradatamente un determinante contribu-to di visibilità e di funzione nello sviluppo sociale ed economico del territorio, che comprende il limitare delle province di Padova, Rovigo, Verona e Vicenza.Nel 1992-1993 hanno avuto avvio i primi corsi nei settori elettrico ed informatico; nel 1995 si sono aggiunti i corsi nel settore grafico, con lo sviluppo dei settori precedentemente avviati: i reparti elettronico e di automazione industriale e il settore informatico. Oggi nel settore grafico è presente la stampa digitale, il car wrapping, le vetrofanie, il packaging, la fotografia e il video editing, la termo-stampa, la progettazione dell’immagine coordinata, la stampa UV.

Stampa con plotter UV Progettazione grafica

Car wrapping Termostampa

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Nel 1997, dietro forti insistenze delle Associazioni categoriali interes-sate, sia locali che provinciali, si è aperto anche il settore meccanico di base, a cui si sono aggiunti ben presto anche i reparti di automazione C.N.C. e di saldocarpenteria leggera. Oggi nel settore meccanico è presente la programmazione e la condu-zione delle macchine CNC, la progettazione CAD-CAM, la saldocar-penteria e la lavorazione delle lamiere, i corsi di saldatura e la certifica-zione dei saldatori.

Nel 2004 si è ritenuto opportuno ampliare il Settore Elettro – Elettroni-co con l’introduzione delle competenze termoidrauliche. Oggi nel settore elettro ed energie rinnovabili sono presenti gli im-pianti civili industriali, termoidraulici, pneumatici, fotovoltaici, solari termici, di refrigerazione, le pompe di calore, la domotica residenziale, l’automazione con il PLC, la programmazione dei microprocessori, la saldobrasatura.Nel settembre del 2008, dopo numerosi incontri personali tra il Diret-tore del Centro e i vari rappresentanti delle aziende e delle associazioni di categoria, nonché degli enti operanti nel territorio, è stato inaugurato il Settore della Ristorazione per dar vita ad una figura professionale in

Macchine CNC Laboratorio di saldocarpenteria

Macchina taglio plasma Laboratorio di tornio e fresa

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grado di gestire e promuovere attività dedicate alla valorizzazione del territorio, dell’ambiente e della tradizione enogastronomica.Oggi nel settore della ristorazione è presente la cucina, la sala bar, la panetteria, la gelateria, la birreria.

Impianti industriali Impianti civili

Energie rinnovabili

Laboratorio di sala

Elettronica

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Il C.F.P. “Manfredini”, inserito sempre di più nel Territorio, ha usu-fruito di contributi da parte di Enti e Istituzioni (Regione del Veneto, Provincia di Padova, Comune di Este, Camera di Commercio, Agri-coltura e Industria di Padova, Fondazione Cassa di Risparmio di Pa-dova e Rovigo, SESA, Aziende private, dott. Klaus Zumwinkel e don Bosco Mission Bonn, altri benefattori), allo scopo di recuperare parti del complesso da adattare alle esigenze della formazione professionale e di provvedere e aggiornare le attrezzature di esercitazione pratica nei vari reparti e settori.I corsi e gli allievi, che alla partenza nel 1992-93 hanno contato rispetti-vamente il numero di 8 e con 115 allievi, sono andati aumentando negli anni successivi, assestandosi attualmente a 18 corsi con 340 allievi.

Laboratorio di panetteria Laboratorio di gelateria

Laboratorio di birreria Laboratorio di cucina

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Il metodo educativo:chiamato sistema preventivo San Giovanni Bosco fu un educatore eccezionale. La sua acuta intelli-genza, il suo senso comune e la sua profonda spiritualità lo guidarono a creare un sistema di educazione che sviluppa tutta la persona – cor-po, cuore, mente e spirito. Esso favorisce la crescita e la libertà, mentre mette il ragazzo proprio al centro di tutta l’opera educativa. Per distinguere il suo metodo dal sistema repressivo di educazione, prevalente nel 19° secolo in Italia, egli ha chiamato il proprio metodo sistema preventivo - perché esso cerca il modo di prevenire la neces-sità della punizione, collocando il ragazzo in un ambiente in cui egli è incoraggiato a dare il meglio di sé. Questo è un approccio congeniale, amichevole, integrale all’educazione. Esso crea un clima che ‘trae fuori’ (educere) il meglio dal ragazzo, che incoraggia la sua completa e piena espressione di sé, che aiuta il ra-gazzo ad acquisire atteggiamenti che lo guidino a scegliere ciò che è buono, sano, gioioso e fa crescere la vita. 

Dall’impegno educativo di Don Bosco, scaturisce la sua prassi pastora-le e il suo stile pedagogico. Vita spirituale, impegno apostolico, metodo educativo sono tre aspetti di un’unica realtà: l’amore, la carità pastorale che unifica e muove tutta l’esistenza: essere nella Chiesa segni e porta-tori dell’amore di Dio ai giovani. Per formare il giovane in modo integrale nella sua intelligenza, volontà, spiritualità, professionalità, relazionalità, ci sono a disposizione dei ra-gazzi anche degli ampi spazi sportivi: campi di calcio, campi da basket (interno e esterno) campi da pallavolo (uno interno e due esterni), una palestra con spogliatoi e posti parcheggio.

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Il servizio mensa è interno, con un menù molto vario e di ottima qua-lità e la possibilità di accoglie eventi particolari come meeting, o festeg-giare i compleanni, con pranzi e/o cene speciali.

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Il centro congressi offre vari spazi per incontri e ospitalità, con sale polifunzionali dotate di strumenti multimediali e camere con i relativi servizi interni.

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Sono offerti corsi di formazione continua per:✓ Progettazione di corsi per giovani e adulti✓ riqualificazione professionale e/o attività di aggiornamento del lavoratore✓ SAL - Servizi Al Lavoro: Servizi alla persona Servizi alle imprese Trova Lavoro SALPESK.

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Una storia educativa e formativache continua nel nome di don Bosco,

perchè ha più futuro che passato.

ISTITUTO MANFREDINI35042 ESTE Pd

via Manfredini 12tel. 0429 612101

www.cfpmanfredini.com

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