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Il maestro Fabrizio Silei · Simone Massi

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Il maestro

Il maestro

Fabrizio Silei · Simone Massi

Fabrizio Silei · Simone M

assi

“Su una parete della nostra scuola c’è scritto grande I care.

È il motto intraducibile dei giovani americani migliori. Me ne importa, mi sta a cuore.

È il contrario del motto fascista Me ne frego.”

Don Lorenzo Milani

9 788899 064495

euro 15,00

Il maestroFabrizio Silei · Simone Massi

Mio padre si alza presto, prima dell’alba, per andare nei campi.

A volte lo sento, a tastoni nel buio della camera capita che sbatta contro qualcosa, faccia cadere una sedia, imprechi.

Poi trova i calzoni, estrae i fiammiferi, ne accende uno, alza il vetro della lanterna a petrolio, dà fuoco allo stoppino e giunge un po’ di luce. Il tenue bagliore avanza insieme all’odore dell’olio bruciato verso il mio letto nell’angolo della stanza. Mi scuote senza dire nulla, scuote i miei fratelli avvinghiati a me.

È ora di alzarsi.

Mamma non c’è, lei è già sveglia da tempo, si alza prima di tutti, lei. Avrà già acceso il fuoco.

Un pezzo di pane e poi lui va dalle bestie nella stalla, ancora quasi al tasto, mentre il cielo arrossa in una timida alba nebbiosa, porta i buoi nel campo, li lega all’aratro, lo afferra con due mani e dà l’ordine:

E ricomincia lentamente a segnare il solco da dove si è interrotto il giorno prima, avanti e indietro,

fino a che il campo, attraversato da righe dritte e parallele,

non somiglierà a un grande quaderno bianco.

Olà, ohhh!

Il sabato mattina mio padre mi prende per mano, ha messo la giacca migliore.

“Andiamo” mi dice. “Andiamo dal padrone! Stavolta mi sente!”

Mamma mi ha pettinato come un signorino, con l’acqua, rigirato il colletto, lavato bene il viso e le orecchie con il sapone da bucato, quello buono, che profuma di Marsiglia.

Entriamo nel grande giardino, mio padre si avvia risoluto, bussa. Il signor padrone, l’avvocato, è allo scrittoio della villa,

“Avanti!”

Mio padre entra, si toglie il cappello.

“Signor Conte!” dice, con la voce dura, che un po’ gli trema per l’emozione. “Un se ne pole più di stare al buio, oramai ce l’hanno tutti l’elettricità. Io gliel’avevo già detto. O mi mette la luce o cerco un altro podere.”

L’avvocato è vestito elegante, fuma una sigaretta in un bocchino d’avorio.

Alza la testa dal grande libro contabile, con lui l’alza il fattore, si guardano, sorridono sotto i baffi.

Poi il signor padrone prende un foglio dalla scrivania e viene verso di noi.

“E infatti!” dice. “Ecco qui la richiesta fatta alla Società Elettrica, già bell’e completa! Il tempo di mandare gli operai. Siete tanti sai… a volere la luce!”

Dice così, sorride e alza il foglio scritto a macchina, fitto fitto, di fronte al viso di mio padre, a un centimetro dal suo naso.

Lui lo guarda con il cappello in mano, diventa rosso, deglutisce, poi guarda me, riguarda il foglio e dice:

“S’è così, allora va bene. Se la domanda è fatta, aspetterò!”

“Giusto, ecco bravo, aspetta” dice l’avvocato. E lascia ricadere il foglio sulla scrivania fra altri fogli che a noi sembrano tutti uguali.

Salutiamo e usciamo, chiudendoci la porta alle spalle.

A metà dell’aia, sentiamo ridere i due uomini. Mio padre stringe i denti e allunga il passo.

Passa un mese, ne passano due,

ma dalla Società Elettrica non viene nessuno.

È stata colpa di quella sedia, non so chi l’abbia lasciata in mezzo.

Papà stamattina ci ha picchiato un ginocchio e ha iniziato a imprecare e mi ha ordinato di alzarmi subito,

prima dei miei fratelli, e alla mamma di rassettarmi meglio che poteva.

faustaorecchio
Font monospazio
SEGUE…