Il lievito e la genomica.

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>> PRIMO PIANO / LA SVOLTA BIOTECH 12 VIGNEVINI n.10 ottobre 2014 IL LIEVITO CAMBIA LA GENOMICA LA GENOMICA CAMBIA IL LIEVITO di Alessandra Biondi Bartolini L a microbiologia enologi- ca, nata con Pasteur nel- la seconda metà del XIX° secolo ha vissuto negli ultimi due decenni, insieme agli altri settori delle scienze della vita, una vera e propria rivoluzione. La chiave di questo rinnovamen- to si identifica nell’avvento della genomica e nelle tecniche di analisi che ne fanno uso, che hanno portato non solo ad una maggiore e più dettagliata conoscenza dei processi biologi- ci, ma anche ad una riduzione delle distanze tra le scienze pure e quelle applicate, tra le scoper- te che si fanno nei laboratori e le tecniche delle quali si dispone e si potrà disporre in cantina. Chris Curtin, Research Manager dell’AWRI (Australian Wine Re- search Institute) di Adelaide è tra i ricercatori che sono stati protagonisti di questo processo e a lui abbiamo chiesto di rac- contarcelo, quando lo abbiamo incontrato in occasione dell’in- contro or- ganizzato da Tebaldi e Maurivin presso le Cantine Bolla a Verona il 21 luglio. S.cereviasiae, il pioniere Quando è cominciata la rivolu- zione “genomica” per i micro- organismi enologici? «Se andiamo indietro nel tempo, nella cosìddetta era pre-genomi- ca, negli anni ‘80 o ‘90 utilizza- vamo già degli strumenti geneti- ci, ma la loro risoluzione era piuttosto limitata e non ci per- metteva per esempio di indivi- duare gli aspetti che rendevano un lievito migliore di un altro. La grossa fortuna è stata quella che Saccharomyces cereviasie sia stato sempre utilizzato come sistema modello in molte disci- pline della ricerca di base, e questo è avvenuto anche quan- do è partito il progetto di se- quenziamento del genoma uma- no: lo studio della genomica del lievito ha rappresentato il primo gradino nella genomica degli or- ganismi complessi. Il sequenziamento del genoma del lievito è stato completato nel 1996. Pochissimi anni dopo an- che gli strumenti necessari per lo studio del genoma umano e di quello di altri organismi com- plessi sono stati sviluppati e vali- dati a partire da Saccharomyces cerevisiae. Così ad esempio il lievito è stato uno dei primi organismi com- plessi nel quale si sono potuti studiare i link di trascrizione(ge- nomica trascrizionale), che ci hanno dato la visione reale di co- me le cellule rispondano al loro ambiente. L’altro fattore chiave che per il lievito si è realizzato molto presto, e che per molti al- Saccharomyces cereviasiae è stato il modello che ha consentito di mettere a punto le tecniche di sequenziamento del genoma. Una primogenitura ben ripagata grazie allo sviluppo di nuove conoscenze e nuove tecniche di selezione e miglioramento che oggi possono essere applicate a livello industriale ed enologico >> Chris Curtin. Who’s who: Chris Curtin Dottore di ricerca in biotecnologie vegetali Chris Curtin arriva all’Australian Wine Research Institute di Adelaide nel 2004 per il suo post dottorato e qui svolge la sua attività fino ad assumere il ruolo di direttore del team di ricerca della sezione di Bioscienze del prestigioso istituto. Autore di circa 50 pubblica- zioni scientifiche ha partecipato al primo sequenziamento del genoma di Brettanomyces e all’identificazione dei geni che influenzano la formazioni dell’idrogeno solforato, dell’acidità volatile e dei composti aromatici tiolici. l >> VIGNEVINI FA IL PUNTO SUI LIEVITI DEL FUTURO IN QUESTA INTERVISTA A CHRIS CURTIN DELL’AWRI.

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Il genoma di Saccharomyces cereviasiae è stato il primo ad essere sequenziato tra gli eucarioti. Da sempre e ancora oggi ha fatto da organismo modello per l'avanzamento delle conoscenze e delle tecniche di sequenziamento. Dal progetto Genoma, alla biologia di sintesi e alle nuove forntiere della metagenomica Saccharomyces è semre in prima fila. Un'intervista a Chris Curtin, biotecnologo dell'Australian Wine Research Institute, tra i protagonisti della "rivoluzione genomica", pubblicata su Vigne e Vini, Ed WineBusinessMedia, ottobre 2014.

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12 VIGNEVINI n.10 ottobre 2014

IL LIEVITO CAMBIA LA GENOMICALA GENOMICA CAMBIA IL LIEVITOdi Alessandra BiondiBartolini L a microbiologia enologi­

ca, nata con Pasteur nel­la seconda metà del XIX°

secolo ha vissuto negli ultimidue decenni, insieme agli altrisettori delle scienze della vita,una vera e propria rivoluzione.La chiave di questo rinnovamen­to si identifica nell’avvento dellagenomicae nelletecnichedi analisiche nefanno uso,che hanno portato non solo aduna maggiore e più dettagliataconoscenza dei processi biologi­ci, ma anche ad una riduzionedelle distanze tra le scienze puree quelle applicate, tra le scoper­te che si fanno nei laboratori e letecniche delle quali si dispone e

si potrà disporre in cantina.ChrisCurtin,ResearchManagerdell’AWRI (Australian Wine Re­search Institute) di Adelaide ètra i ricercatori che sono statiprotagonisti di questo processoe a lui abbiamo chiesto di rac­contarcelo, quando lo abbiamoincontrato in occasione dell’in­

contro or­ganizzatoda Tebaldie Maurivinpresso leCantine

Bolla a Verona il 21 luglio.

S.cereviasiae,il pioniereQuando è cominciata la rivolu­zione “genomica” per i micro­organismi enologici?«Se andiamo indietro nel tempo,nella cosìddetta era pre­genomi­ca, negli anni ‘80 o ‘90 utilizza­vamo già degli strumenti geneti­ci, ma la loro risoluzione erapiuttosto limitata e non ci per­metteva per esempio di indivi­duare gli aspetti che rendevanoun lievito migliore di un altro.La grossa fortuna è stata quellache Saccharomyces cereviasiesia stato sempre utilizzato comesistema modello in molte disci­pline della ricerca di base, equesto è avvenuto anche quan­

do è partito il progetto di se­quenziamento del genoma uma­no: lo studio della genomica dellievito ha rappresentato il primogradino nella genomica degli or­ganismi complessi.Il sequenziamento del genomadel lievito è stato completato nel1996. Pochissimi anni dopo an­che gli strumenti necessari perlo studio del genoma umano e diquello di altri organismi com­plessi sono stati sviluppati e vali­dati a partire da Saccharomycescerevisiae.Così ad esempio il lievito è statouno dei primi organismi com­plessi nel quale si sono potutistudiare i link di trascrizione(ge­nomica trascrizionale), che cihanno dato la visione reale di co­me le cellule rispondano al loroambiente. L’altro fattore chiaveche per il lievito si è realizzatomolto presto, e che per molti al­

Saccharomycescereviasiae è statoil modello che haconsentito di metterea punto le tecnichedi sequenziamentodel genoma. Unaprimogenitura benripagata grazie allosviluppo di nuoveconoscenze e nuovetecniche di selezioneemiglioramento cheoggi possono essereapplicate a livelloindustrialeed enologico

>> Chris Curtin.

Who’s who: Chris CurtinDottore di ricerca in biotecnologie vegetali Chris Curtin arrivaall’Australian Wine Research Institute di Adelaide nel 2004per il suo post dottorato e qui svolge la sua attività fino adassumere il ruolo di direttore del team di ricerca della sezione diBioscienze del prestigioso istituto. Autore di circa 50 pubblica­zioni scientifiche ha partecipato al primo sequenziamento delgenoma di Brettanomyces e all’identificazione dei geni cheinfluenzano la formazioni dell’idrogeno solforato, dell’aciditàvolatile e dei composti aromatici tiolici. l

>> VIGNEVINI FA IL PUNTOSUI LIEVITI DEL FUTUROIN QUESTA INTERVISTAA CHRIS CURTIN DELL’AWRI.

tri organismi non è ancora possi­bile, è l’idea delle cosiddette de­letion libraries sistematiche (li­brerie di delezione), nelle qualiprocedendo con la cancellazio­ne di un gene alla volta si arriva aconoscere la funzione di ogni ge­ne (genomica funzionale).Senzala genomica non avremmo avutoun vero e proprio catalogo deigeni che sappiamo essere im­portanti per i diversi processidella fermentazione alcolica.La possibilità di studiare la tra­scrizione e la funzione dei genihanno permesso approfondireaspetti fondamentali come latolleranza all’alcol o alle elevateconcentrazioni in zuccheri e aglistress osmotici o la risposta allediverse quantità di compostiazotati per fare solo alcuniesempi. Questa però è stata soloparte della strada fatta per otte­nere strumenti che siano real­mente applicabili».

Genomica in cantina:l’aromadi passionfruitQuando è avvenuto il passag­gio dal disporre di nuove cono­

scenze sulla biologia del lievi­to all’essere in grado di appli­carle a livello industriale edenologico?«La riduzione dei costi di se­quenziamento è stato uno degliaspetti più importanti ed è statoquello che ci ha permesso adoggi, di avere almeno 15 ceppidi Saccharomyces cerevisiae diinteresse enologico le cui se­quenze sono state completa­mente pubblicate e altri 200circa sui quali si sta lavorando eche saranno pubblicati entro lametà degli anni 20, ma dei qua­li già si conoscono i geni piùimportanti.Grazie ad un intenso lavoro diricerca oggi disponiamo di unagrande quantità di sequenzegeniche che ci permettono distudiare le diverse versioni diogni gene presenti nei lieviti davino e quanto questo sia damettere in relazione con le loroperformance.Un ottimo esempio riguarda ilrilascio dei tioli volatili, respon­sabili dell’aroma di frutto dellapassione. Recentemente è sta­

to individuato un gene partico­larmente importante per la pro­duzione di questi aromi, il geneIRC7, e si è visto che di questogene esistono due diverse ver­

sioni.Questo ci ha permesso di valu­tare quali e quanti siano i ceppiche hanno la versione più effi­ciente che lavora meglio nellasintesi di questo aroma e quan­ti quella che lavora peggio, equindi di scegliere i ceppi dilievito utili ai diversi obiettivi inmodo molto più facile.È l’applicazione più sempliceche possa interessare un pro­duttore alla ricerca di un vinocon uno stile definito: saperequali tra i ceppi già disponibilidispongano della versione diquel gene che li rende in gradodi dare buone performance suSauvignon blanc». l

Cos’è AWRIL’Australian Wine Research Institute (AWRI) ha la sua sede adAdelaide nel Sud dell’Australia, dove con uno staff costituito dacirca 120 persone svolge attività di ricerca e servizi di supportoanalitico e tecnico alle imprese del settore vitivinicolo.L’attività di ricerca viene finanziata attraverso l’erogazione difondi governativi (Grant) il 50% dei quali proviene dalla tassa­zione dei produttori che partecipano insieme ai ricercatori allascelta dei temi di ricerca. l

Yeast 2.0Saccharomyces cereviasiae sarà ancora una volta il primoorganismo a raggiungere un traguardo fondamentale nel­l’avanzamento delle scienze biologiche. Come già avvenutoin passato infatti il lievito è stato scelto come modello peressere il primo organismocomplesso ad essere ri­prodotto sinteticamente.Il progetto Yeast 2.0 inte­ressa molti partner inter­nazionali, tra i quali l’Au­stralian Wine ResearchInstitute al fianco dellaMacquairie University.Un primo gradino è statoraggiunto con la sintesidel cromosoma III diSaccharomyces da partedella New York University. Le possibili applicazioni dellabiologia di sintesi, che potrà progredire con organismi piùcomplessi, aprono scenari estremamente ambiziosi nel pro­gresso di settori chiave come la medicina o l’ambiente. l

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IL LIEVITO CAMBIA LA GENOMICALA GENOMICA CAMBIA IL LIEVITOdi Alessandra BiondiBartolini L a microbiologia enologi­

ca, nata con Pasteur nel­la seconda metà del XIX°

secolo ha vissuto negli ultimidue decenni, insieme agli altrisettori delle scienze della vita,una vera e propria rivoluzione.La chiave di questo rinnovamen­to si identifica nell’avvento dellagenomicae nelletecnichedi analisiche nefanno uso,che hanno portato non solo aduna maggiore e più dettagliataconoscenza dei processi biologi­ci, ma anche ad una riduzionedelle distanze tra le scienze puree quelle applicate, tra le scoper­te che si fanno nei laboratori e letecniche delle quali si dispone e

si potrà disporre in cantina.ChrisCurtin,ResearchManagerdell’AWRI (Australian Wine Re­search Institute) di Adelaide ètra i ricercatori che sono statiprotagonisti di questo processoe a lui abbiamo chiesto di rac­contarcelo, quando lo abbiamoincontrato in occasione dell’in­

contro or­ganizzatoda Tebaldie Maurivinpresso leCantine

Bolla a Verona il 21 luglio.

S.cereviasiae,il pioniereQuando è cominciata la rivolu­zione “genomica” per i micro­organismi enologici?«Se andiamo indietro nel tempo,nella cosìddetta era pre­genomi­ca, negli anni ‘80 o ‘90 utilizza­vamo già degli strumenti geneti­ci, ma la loro risoluzione erapiuttosto limitata e non ci per­metteva per esempio di indivi­duare gli aspetti che rendevanoun lievito migliore di un altro.La grossa fortuna è stata quellache Saccharomyces cereviasiesia stato sempre utilizzato comesistema modello in molte disci­pline della ricerca di base, equesto è avvenuto anche quan­

do è partito il progetto di se­quenziamento del genoma uma­no: lo studio della genomica dellievito ha rappresentato il primogradino nella genomica degli or­ganismi complessi.Il sequenziamento del genomadel lievito è stato completato nel1996. Pochissimi anni dopo an­che gli strumenti necessari perlo studio del genoma umano e diquello di altri organismi com­plessi sono stati sviluppati e vali­dati a partire da Saccharomycescerevisiae.Così ad esempio il lievito è statouno dei primi organismi com­plessi nel quale si sono potutistudiare i link di trascrizione(ge­nomica trascrizionale), che cihanno dato la visione reale di co­me le cellule rispondano al loroambiente. L’altro fattore chiaveche per il lievito si è realizzatomolto presto, e che per molti al­

Saccharomycescereviasiae è statoil modello che haconsentito di metterea punto le tecnichedi sequenziamentodel genoma. Unaprimogenitura benripagata grazie allosviluppo di nuoveconoscenze e nuovetecniche di selezioneemiglioramento cheoggi possono essereapplicate a livelloindustrialeed enologico

>> Chris Curtin.

Who’s who: Chris CurtinDottore di ricerca in biotecnologie vegetali Chris Curtin arrivaall’Australian Wine Research Institute di Adelaide nel 2004per il suo post dottorato e qui svolge la sua attività fino adassumere il ruolo di direttore del team di ricerca della sezione diBioscienze del prestigioso istituto. Autore di circa 50 pubblica­zioni scientifiche ha partecipato al primo sequenziamento delgenoma di Brettanomyces e all’identificazione dei geni cheinfluenzano la formazioni dell’idrogeno solforato, dell’aciditàvolatile e dei composti aromatici tiolici. l

>> VIGNEVINI FA IL PUNTOSUI LIEVITI DEL FUTUROIN QUESTA INTERVISTAA CHRIS CURTIN DELL’AWRI.

tri organismi non è ancora possi­bile, è l’idea delle cosiddette de­letion libraries sistematiche (li­brerie di delezione), nelle qualiprocedendo con la cancellazio­ne di un gene alla volta si arriva aconoscere la funzione di ogni ge­ne (genomica funzionale).Senzala genomica non avremmo avutoun vero e proprio catalogo deigeni che sappiamo essere im­portanti per i diversi processidella fermentazione alcolica.La possibilità di studiare la tra­scrizione e la funzione dei genihanno permesso approfondireaspetti fondamentali come latolleranza all’alcol o alle elevateconcentrazioni in zuccheri e aglistress osmotici o la risposta allediverse quantità di compostiazotati per fare solo alcuniesempi. Questa però è stata soloparte della strada fatta per otte­nere strumenti che siano real­mente applicabili».

Genomica in cantina:l’aromadi passionfruitQuando è avvenuto il passag­gio dal disporre di nuove cono­

scenze sulla biologia del lievi­to all’essere in grado di appli­carle a livello industriale edenologico?«La riduzione dei costi di se­quenziamento è stato uno degliaspetti più importanti ed è statoquello che ci ha permesso adoggi, di avere almeno 15 ceppidi Saccharomyces cerevisiae diinteresse enologico le cui se­quenze sono state completa­mente pubblicate e altri 200circa sui quali si sta lavorando eche saranno pubblicati entro lametà degli anni 20, ma dei qua­li già si conoscono i geni piùimportanti.Grazie ad un intenso lavoro diricerca oggi disponiamo di unagrande quantità di sequenzegeniche che ci permettono distudiare le diverse versioni diogni gene presenti nei lieviti davino e quanto questo sia damettere in relazione con le loroperformance.Un ottimo esempio riguarda ilrilascio dei tioli volatili, respon­sabili dell’aroma di frutto dellapassione. Recentemente è sta­

to individuato un gene partico­larmente importante per la pro­duzione di questi aromi, il geneIRC7, e si è visto che di questogene esistono due diverse ver­

sioni.Questo ci ha permesso di valu­tare quali e quanti siano i ceppiche hanno la versione più effi­ciente che lavora meglio nellasintesi di questo aroma e quan­ti quella che lavora peggio, equindi di scegliere i ceppi dilievito utili ai diversi obiettivi inmodo molto più facile.È l’applicazione più sempliceche possa interessare un pro­duttore alla ricerca di un vinocon uno stile definito: saperequali tra i ceppi già disponibilidispongano della versione diquel gene che li rende in gradodi dare buone performance suSauvignon blanc». l

Cos’è AWRIL’Australian Wine Research Institute (AWRI) ha la sua sede adAdelaide nel Sud dell’Australia, dove con uno staff costituito dacirca 120 persone svolge attività di ricerca e servizi di supportoanalitico e tecnico alle imprese del settore vitivinicolo.L’attività di ricerca viene finanziata attraverso l’erogazione difondi governativi (Grant) il 50% dei quali proviene dalla tassa­zione dei produttori che partecipano insieme ai ricercatori allascelta dei temi di ricerca. l

Yeast 2.0Saccharomyces cereviasiae sarà ancora una volta il primoorganismo a raggiungere un traguardo fondamentale nel­l’avanzamento delle scienze biologiche. Come già avvenutoin passato infatti il lievito è stato scelto come modello peressere il primo organismocomplesso ad essere ri­prodotto sinteticamente.Il progetto Yeast 2.0 inte­ressa molti partner inter­nazionali, tra i quali l’Au­stralian Wine ResearchInstitute al fianco dellaMacquairie University.Un primo gradino è statoraggiunto con la sintesidel cromosoma III diSaccharomyces da partedella New York University. Le possibili applicazioni dellabiologia di sintesi, che potrà progredire con organismi piùcomplessi, aprono scenari estremamente ambiziosi nel pro­gresso di settori chiave come la medicina o l’ambiente. l

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14 VIGNEVINI n.10 ottobre 2014

LIEVITI SELEZIONATIE MIGLIORATIdi Alessandra BiondiBartolini I n pochi anni le conoscenze

acquisite grazie al processodi sequenziamento dei ge­

ni diS.cerevisiae hanno consen­tito di cambiare la prospettiva diricerca deilieviti peruso enolo­gico. ChrisCurtin del­l’AWRI, inquesto secondo pezzo dell’inter­vista, spiega come.

Dalla selezionealmiglioramentodei ceppiNella selezione e sviluppo deinuovi ceppi di lievito quali so­no gli strumenti della genomi­ca utilizzabili e quali migliora­

menti hanno apportato?«Fino a circa 10 anni fa la mag­gior parte dei lieviti presenti sulmercato erano lieviti seleziona­ti. Da una buona fermentazione

si isolava­no i miglio­ri e si te­stavanoper i diver­si caratteri

(principalmente ci si aspettavache fermentassero bene e nonproducessero difetti). Questo èil modo in cui è stata selezionatala maggior parte dei ceppi pre­senti sul mercato fino a 10 annifa. Negli ultimi cinque anni honotato favorevolmente che inuovi ceppi proposti dai diversifornitori hanno almeno una par­

ticolare proprietà che li rende in­teressanti. Potrebbe trattarsiancora di casi di selezione (oggianche nella selezione è possibi­le fare degli screening per unparticolare tratto e andare a sce­

Così la genomicaha consentito diavvicinare le distanzetra scienza purae applicata, conimmediati vantagginel miglioramentodei lieviti

>> Chris Curtin.

Lieviti OGM: arriveremo mai ad accettarli?Ibridi e miglioramento per mutagenesisono tecniche di miglioramento cosid­dette tradizionali nelle quali la genomi­ca è stata di aiuto: c’è la possibilità chein futuro anche i lieviti geneticamentemodificati (OGM) (che attualmente nonsono utilizzati in enologia) possano es­sere accettati?«La cosa interessante è che nonostantemolti produttori siano interessati ai possi­bili risultati la questione OGM e il dibatti­

to che li riguarda siano incentrati sullatecnologia e non su che cosa se ne puòottenere. Quella sugli OGM è una discus­sione molto difficile da sostenere e nessu­no è interessato a farlo. Dal mio punto divista è probabile che le viti OGM sianoaccettate prima dei lieviti OGM, ma sonoconvinto che entrambe le possibilità sianoancora molto lontane. Per la vite l’introdu­zione di geni di resistenza implica la pos­sibilità di ridurre i trattamenti con i fitofar­

maci e minimizzare i rischi per la saluteumana. Per il lievito l’urgenza è minore:tra le cose principali che si potrebberoottenere con un beneficio a livello sociale,ci sarebbero i lieviti basso produttori dialcol. Ma ci sono così tante cose che sipotrebbero fare con i lieviti OGM, dallasintesi di nuovi composti aromatici a quel­la dei pigmenti, che non è facile prevederequali potranno fare da traino o quale saràil primo aspetto di miglioramento che po­trà essere accettato». l

>> IL FUTURO DELLAMICROBIOLOGIA ENOLOGICASECONDO CHRIS CURTIN,GURU AUSTRALIANODELLA GENETICA DEI LIEVITI

gliere i caratteri che ci interessa­no in modo più mirato), ma sem­pre di più ci sono anche ceppiche sono stati sviluppati per in­crocio (breeding) o per mutage­nesi e selezione.Tra gli strumenti della genomicache si utilizzano nell’ibridazionetroviamo il cosiddetto incrociocon marcatori assistiti (markerassisted breeding). Incrociandoinsieme diversi ceppi diSaccha­romyces cerevisiae più o menoqualsiasi tratto in diverso gradoè trasferibile. Alcuni caratteriche riguardano geni multipli so­no più difficili da trasferire equesto viene risolto con la tecni­ca dei QTL (Quantitaive Trait Lo­ci). L’analisi QTL permette dimettere in evidenza i geni multi­pli che partecipano all’espres­sione di uno stesso carattere,creare dei marcatori e con que­sti andare ad analizzare la pro­genie proveniente da un incro­cio: più marcatori si troverannoin ogni singolo ceppo e maggioresarà la possibilità che questoabbia il carattere ricercato.La mutagenesi invece è una tec­

nica classica (applicata anchenel miglioramento delle piantecoltivate ndr): invece che sele­zionare da tutti i ceppi che ab­biano finito una buona fermen­tazione, si prende un ceppo e sicrea una maggiore diversità conla mutagenesi chimica, cioè sicreano dei nuovi ceppi da unbuon ceppo e poi si vanno adanalizzare le loro caratteristi­che. La genomica ci permette divedere, tra tutti i mutanti dispo­nibili, quelli che hanno i trattiche ci interessano: il numero deicaratteri sui quali possiamo agi­

re e quello dei tratti chepossiamo andare ad analiz­zare è molto più ampio diun tempo.La genomica si applica an­che nell’ottenimento deicosiddetti ibridi interspeci­fici (cioè incroci tra speciediverse del genere Saccha­romyces) nei quali il mag­gior vantaggio è quello diportare diversità. Alcuninon cereviasiae come l’eu­

baianus o il bayanus spesso nonsono in grado di portare a termi­ne una fermentazione, altri noncrescono bene in succo d’uva.Perciò siamo in grado di trasferi­re del materiale genetico pre­sente in un lievito che da solonon riesce a fare vino e di so­vrapporlo con un ceppo di Sac­charomyces cerevisiae, ottenen­do un lievito con dei caratterigenetici molto diversi. Per gliibridi interspecifici sviluppatisino ad ora abbiamo sempre ve­rificato, anche nelle degustazio­ni alla cieca, che questi nuovicaratteri portano a caratteristi­che diverse e uniche nel profiloaromatico e nella percezione gu­stativa, che i produttori percepi­scono come aspetti positivi».

La gestionedelle fermentazioniCi sono degli esempi in cui glistrumenti della genomica pos­sono servire per migliorare laconoscenzadella gestionedel­la fermentazione alcolica?

«Uno dei temi di ricerca sul qua­le si stanno facendo molti pro­gressi è lo studio della relazionetra lievito e nutrizione azotata.Grazie all’uso degli strumentimessi a disposizione dalla geno­mica c’è una migliore conoscen­za della risposta del lievito allecondizioni di stress. Stiamo stu­diando ad esempio il motivo percui alcuni lieviti hanno un mag­giore fabbisogno di azoto rispet­to ad altri e che cosa accadequando si aggiungono quantitàe forme diverse di azoto. Tutteconoscenze sostenute da unagrande quantità di dati, che for­niscono elementi utili per dareindicazioni sulla nutrizione dellievito. Un esempio riguarda ilmodo in cui un’aggiunta di azotoinfluenza il rilascio di tioli volati­li: i risultati che abbiamo rag­giunto ci dicono che se si ag­giunge azoto, si attiva un gruppodi geni alcuni dei quali si so­vrappongono ad altri che sonoimportanti per il rilascio dei tiolivolatili». l

Australian styleQual è l’atteggiamento dei produttori au­straliani nei confronti delle biotecnologiegià introdotte nel miglioramento dei lievitie delle quali abbiamo parlato?«Riguardo ai lieviti selezionati e ai lieviti mi­gliorati in Australia c’è un notevole interessenei confronti dei ceppi sviluppati per scopispecifici. Nell’enologia australiana sono pre­senti delle pressioni crescenti per dare unmaggior risalto all’espressione dei caratteri

regionali e per questi produttori avere un lie­vito che faccia un lavoro particolare è menoimportante piuttosto che averne uno che pro­venga dalla loro regione o sia in grado diesprimerne la territorialità. Ma in linea gene­rale quello che più interessa ai produttoriaustraliani è di avere un lievito che facciabene un particolare lavoro e cioè che dia unprofilo aromatico coerente con lo stile ricer­cato». l

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LIEVITI SELEZIONATIE MIGLIORATIdi Alessandra BiondiBartolini I n pochi anni le conoscenze

acquisite grazie al processodi sequenziamento dei ge­

ni diS.cerevisiae hanno consen­tito di cambiare la prospettiva diricerca deilieviti peruso enolo­gico. ChrisCurtin del­l’AWRI, inquesto secondo pezzo dell’inter­vista, spiega come.

Dalla selezionealmiglioramentodei ceppiNella selezione e sviluppo deinuovi ceppi di lievito quali so­no gli strumenti della genomi­ca utilizzabili e quali migliora­

menti hanno apportato?«Fino a circa 10 anni fa la mag­gior parte dei lieviti presenti sulmercato erano lieviti seleziona­ti. Da una buona fermentazione

si isolava­no i miglio­ri e si te­stavanoper i diver­si caratteri

(principalmente ci si aspettavache fermentassero bene e nonproducessero difetti). Questo èil modo in cui è stata selezionatala maggior parte dei ceppi pre­senti sul mercato fino a 10 annifa. Negli ultimi cinque anni honotato favorevolmente che inuovi ceppi proposti dai diversifornitori hanno almeno una par­

ticolare proprietà che li rende in­teressanti. Potrebbe trattarsiancora di casi di selezione (oggianche nella selezione è possibi­le fare degli screening per unparticolare tratto e andare a sce­

Così la genomicaha consentito diavvicinare le distanzetra scienza purae applicata, conimmediati vantagginel miglioramentodei lieviti

>> Chris Curtin.

Lieviti OGM: arriveremo mai ad accettarli?Ibridi e miglioramento per mutagenesisono tecniche di miglioramento cosid­dette tradizionali nelle quali la genomi­ca è stata di aiuto: c’è la possibilità chein futuro anche i lieviti geneticamentemodificati (OGM) (che attualmente nonsono utilizzati in enologia) possano es­sere accettati?«La cosa interessante è che nonostantemolti produttori siano interessati ai possi­bili risultati la questione OGM e il dibatti­

to che li riguarda siano incentrati sullatecnologia e non su che cosa se ne puòottenere. Quella sugli OGM è una discus­sione molto difficile da sostenere e nessu­no è interessato a farlo. Dal mio punto divista è probabile che le viti OGM sianoaccettate prima dei lieviti OGM, ma sonoconvinto che entrambe le possibilità sianoancora molto lontane. Per la vite l’introdu­zione di geni di resistenza implica la pos­sibilità di ridurre i trattamenti con i fitofar­

maci e minimizzare i rischi per la saluteumana. Per il lievito l’urgenza è minore:tra le cose principali che si potrebberoottenere con un beneficio a livello sociale,ci sarebbero i lieviti basso produttori dialcol. Ma ci sono così tante cose che sipotrebbero fare con i lieviti OGM, dallasintesi di nuovi composti aromatici a quel­la dei pigmenti, che non è facile prevederequali potranno fare da traino o quale saràil primo aspetto di miglioramento che po­trà essere accettato». l

>> IL FUTURO DELLAMICROBIOLOGIA ENOLOGICASECONDO CHRIS CURTIN,GURU AUSTRALIANODELLA GENETICA DEI LIEVITI

gliere i caratteri che ci interessa­no in modo più mirato), ma sem­pre di più ci sono anche ceppiche sono stati sviluppati per in­crocio (breeding) o per mutage­nesi e selezione.Tra gli strumenti della genomicache si utilizzano nell’ibridazionetroviamo il cosiddetto incrociocon marcatori assistiti (markerassisted breeding). Incrociandoinsieme diversi ceppi diSaccha­romyces cerevisiae più o menoqualsiasi tratto in diverso gradoè trasferibile. Alcuni caratteriche riguardano geni multipli so­no più difficili da trasferire equesto viene risolto con la tecni­ca dei QTL (Quantitaive Trait Lo­ci). L’analisi QTL permette dimettere in evidenza i geni multi­pli che partecipano all’espres­sione di uno stesso carattere,creare dei marcatori e con que­sti andare ad analizzare la pro­genie proveniente da un incro­cio: più marcatori si troverannoin ogni singolo ceppo e maggioresarà la possibilità che questoabbia il carattere ricercato.La mutagenesi invece è una tec­

nica classica (applicata anchenel miglioramento delle piantecoltivate ndr): invece che sele­zionare da tutti i ceppi che ab­biano finito una buona fermen­tazione, si prende un ceppo e sicrea una maggiore diversità conla mutagenesi chimica, cioè sicreano dei nuovi ceppi da unbuon ceppo e poi si vanno adanalizzare le loro caratteristi­che. La genomica ci permette divedere, tra tutti i mutanti dispo­nibili, quelli che hanno i trattiche ci interessano: il numero deicaratteri sui quali possiamo agi­

re e quello dei tratti chepossiamo andare ad analiz­zare è molto più ampio diun tempo.La genomica si applica an­che nell’ottenimento deicosiddetti ibridi interspeci­fici (cioè incroci tra speciediverse del genere Saccha­romyces) nei quali il mag­gior vantaggio è quello diportare diversità. Alcuninon cereviasiae come l’eu­

baianus o il bayanus spesso nonsono in grado di portare a termi­ne una fermentazione, altri noncrescono bene in succo d’uva.Perciò siamo in grado di trasferi­re del materiale genetico pre­sente in un lievito che da solonon riesce a fare vino e di so­vrapporlo con un ceppo di Sac­charomyces cerevisiae, ottenen­do un lievito con dei caratterigenetici molto diversi. Per gliibridi interspecifici sviluppatisino ad ora abbiamo sempre ve­rificato, anche nelle degustazio­ni alla cieca, che questi nuovicaratteri portano a caratteristi­che diverse e uniche nel profiloaromatico e nella percezione gu­stativa, che i produttori percepi­scono come aspetti positivi».

La gestionedelle fermentazioniCi sono degli esempi in cui glistrumenti della genomica pos­sono servire per migliorare laconoscenzadella gestionedel­la fermentazione alcolica?

«Uno dei temi di ricerca sul qua­le si stanno facendo molti pro­gressi è lo studio della relazionetra lievito e nutrizione azotata.Grazie all’uso degli strumentimessi a disposizione dalla geno­mica c’è una migliore conoscen­za della risposta del lievito allecondizioni di stress. Stiamo stu­diando ad esempio il motivo percui alcuni lieviti hanno un mag­giore fabbisogno di azoto rispet­to ad altri e che cosa accadequando si aggiungono quantitàe forme diverse di azoto. Tutteconoscenze sostenute da unagrande quantità di dati, che for­niscono elementi utili per dareindicazioni sulla nutrizione dellievito. Un esempio riguarda ilmodo in cui un’aggiunta di azotoinfluenza il rilascio di tioli volati­li: i risultati che abbiamo rag­giunto ci dicono che se si ag­giunge azoto, si attiva un gruppodi geni alcuni dei quali si so­vrappongono ad altri che sonoimportanti per il rilascio dei tiolivolatili». l

Australian styleQual è l’atteggiamento dei produttori au­straliani nei confronti delle biotecnologiegià introdotte nel miglioramento dei lievitie delle quali abbiamo parlato?«Riguardo ai lieviti selezionati e ai lieviti mi­gliorati in Australia c’è un notevole interessenei confronti dei ceppi sviluppati per scopispecifici. Nell’enologia australiana sono pre­senti delle pressioni crescenti per dare unmaggior risalto all’espressione dei caratteri

regionali e per questi produttori avere un lie­vito che faccia un lavoro particolare è menoimportante piuttosto che averne uno che pro­venga dalla loro regione o sia in grado diesprimerne la territorialità. Ma in linea gene­rale quello che più interessa ai produttoriaustraliani è di avere un lievito che facciabene un particolare lavoro e cioè che dia unprofilo aromatico coerente con lo stile ricer­cato». l

Page 5: Il lievito e la genomica.

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16 VIGNEVINI n.10 ottobre 2014

LA NUOVA FRONTIERADELLA METAGENOMICAdi Alessandra BiondiBartolini M entre il mondo della

ricerca enologica vaavanti, la domanda di

alcune nicchie del mercato mon­diale sembra invece tornare suisuoi passi. Lo dimostra il cre­scente successo del vino bio e ilrinnovatointeresseper le fer­mentazionispontanee.Ma i nuovi strumenti della geno­mica spiegati da Chris Curtinconsentono di studiarle più a fon­do.

Fermentazionespontanea: i rischiC’è un nuovo interesse nellefermentazioni spontanee. Qua­li nuovi strumenti messi a pun­to nel campo della genomicaapplicata potrebbero migliora­re la conoscenza e il controllodi questi processi, rendendolimeno rischiosi?«Anche in Australia c’è un rinno­vato interesse nelle fermentazionispontanee anche se il rischio èelevato. Un esempio si ha peresempio dalla variabilità dellaproduzione di H2S. Se si guarda ladistribuzione della produzione diH2S tra i ceppi commerciali e tratutti quelli isolati dalle uve e pre­senti nella nostra collezione (che

rappresentano quindi delle popo­lazioni naturali diSaccharomycesndr), si osserva che le distribuzio­ni sono diverse: i ceppi prelevatiin natura occupano un ampio ran­ge di valori mentre i lieviti com­merciali si distribuiscono in modo

asimmetri­co tra i va­lori dellaparte piùbassa di

questo intervallo. Il ceppo di Sac­charomyces cereviasie che avrà ladominanza alla fine di una fer­mentazione spontanea ha unamaggiore probabilità di avere unaelevata produzione di solfuri. Unamigliore comprensione dei feno­meni che avvengono nelle fer­mentazioni spontanee si potràavere dagli studi di metagenomi­ca.Si tratta di una disciplina cheutilizza il sequenziamento deigeni per costruire un catalogodelle comunità microbiche chesi trovano in un ambiente. Tra iprogetti che fanno uso della me­tagenomica ricordiamo quelliapplicati allo studio degli organi­smi del suolo, per capire in checosa differisca dal punto di vistabiologico un suolo “sano” e unocarente. Un altro grosso progettoha lo scopo di caratterizzare tuttii microbi che ci sono sopra e

dentro di noi, il cosiddetto mi­crobioma umano, e di approfon­dirne la relazione con la nostrasalute».

Microbioma: dall’uvaalle fermentazioniIl 2014 secondo Curtin è statol’anno in cui si è verificato il pas­saggio alla metagenomica dallostudio degli ambienti enologicicon i metodi tradizionali: unostudio portoghese ha dimostratoche nel microbioma dell’uva so­no presenti più di 250 diversespecie fungine (Pinto et al.,2014), mentre altri studi statu­nitensi e neozelandesi eviden­ziano come le comunità microbi­che presenti in vigneto siano in­fluenzate dall’ambiente intermini di varietà, microclima eregione geografica (Taylor et al,2014).«Noi siamo sul punto di comin­

I microrganisminon vivono da soli,ma interagisconoconmilioni di proprisimili stabilendostrette relazioniche influenzanol’ambienteche li circonda.I nuovi strumenticonsentonodi studiarne l’impattosulle fermentazioni

>> Chris Curtin.

>> 2014: ANNO DEL PASSAGGIODALLE TECNICHETRADIZIONALI ALLAMETAGENETICA NELLO STUDIODEGLI AMBIENTI ENOLOGICI

ciare ad utilizzare gli strumentidella metagenomica per studiarela popolazione durante la fer­mentazione. Mentre prima uti­lizzando le tecniche tradizionaliera possibile osservare circa die­ci specie o nel caso in cui si fosseandati a guardare solo a S.cere­visiae si poteva essere in grado diidentificare 30 ceppi circa, oggisiamo in grado di andare moltopiù a fondo.La domanda a cui si vorrebbe ri­spondere è che cos’è una fer­mentazione “in salute” e comeci appare? Una risposta che va

molto al di là del vedere qualimicroorganismi sono presenti. Ilmetodo consiste nel comparareil profilo degli organismi presentiin un certo numero di fermenta­zioni spontanee quelle che van­no bene e quelle che presentanoproblemi come un arresto o unaproduzione eccessiva di idroge­no solforato. Alla fine potremocomprendere come appare unafermentazione spontanea di suc­cesso: quali sono i microorgani­smi, lieviti e batteri, presenti al­l’inizio della fermentazione equanti i diversi ceppi di S. cere­

viasiae che si presentano adesempio dalla metà della fer­mentazione.Al momento gli studi sulla meta­genomica delle fermentazioni,che non sono ancora pubblicatima che lo saranno presto, sononelle fasi iniziali ed hanno loscopo di costruire una libreriadelle fermentazioni spontanee..L’obiettivo del progetto che stia­mo conducendo è di collegarequello che avviene nella vascacon gli studi che hanno dimo­strato quello che è presente invigneto: quanta della popolazio­

ne presente in vigneto può esse­re rintracciata nelle fermentazio­ni spontanee? Successivamentesarà possibile approfondire ilruolo delle tecniche colturali edelle pratiche enologiche sullecaratteristiche delle fermenta­zioni spontanee, così come valu­tare l’influenza dei lieviti e batte­ri residenti nella cantina sul mi­crobioma delle fermentazioni. Etutto questo ci potrà aiutare infuturo ad utilizzare gli strumentidella genomica anche per gestirein modo meno rischioso le fer­mentazioni spontanee». l

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VIGNEVINI n.10 ottobre 2014 17

LA NUOVA FRONTIERADELLA METAGENOMICAdi Alessandra BiondiBartolini M entre il mondo della

ricerca enologica vaavanti, la domanda di

alcune nicchie del mercato mon­diale sembra invece tornare suisuoi passi. Lo dimostra il cre­scente successo del vino bio e ilrinnovatointeresseper le fer­mentazionispontanee.Ma i nuovi strumenti della geno­mica spiegati da Chris Curtinconsentono di studiarle più a fon­do.

Fermentazionespontanea: i rischiC’è un nuovo interesse nellefermentazioni spontanee. Qua­li nuovi strumenti messi a pun­to nel campo della genomicaapplicata potrebbero migliora­re la conoscenza e il controllodi questi processi, rendendolimeno rischiosi?«Anche in Australia c’è un rinno­vato interesse nelle fermentazionispontanee anche se il rischio èelevato. Un esempio si ha peresempio dalla variabilità dellaproduzione di H2S. Se si guarda ladistribuzione della produzione diH2S tra i ceppi commerciali e tratutti quelli isolati dalle uve e pre­senti nella nostra collezione (che

rappresentano quindi delle popo­lazioni naturali diSaccharomycesndr), si osserva che le distribuzio­ni sono diverse: i ceppi prelevatiin natura occupano un ampio ran­ge di valori mentre i lieviti com­merciali si distribuiscono in modo

asimmetri­co tra i va­lori dellaparte piùbassa di

questo intervallo. Il ceppo di Sac­charomyces cereviasie che avrà ladominanza alla fine di una fer­mentazione spontanea ha unamaggiore probabilità di avere unaelevata produzione di solfuri. Unamigliore comprensione dei feno­meni che avvengono nelle fer­mentazioni spontanee si potràavere dagli studi di metagenomi­ca.Si tratta di una disciplina cheutilizza il sequenziamento deigeni per costruire un catalogodelle comunità microbiche chesi trovano in un ambiente. Tra iprogetti che fanno uso della me­tagenomica ricordiamo quelliapplicati allo studio degli organi­smi del suolo, per capire in checosa differisca dal punto di vistabiologico un suolo “sano” e unocarente. Un altro grosso progettoha lo scopo di caratterizzare tuttii microbi che ci sono sopra e

dentro di noi, il cosiddetto mi­crobioma umano, e di approfon­dirne la relazione con la nostrasalute».

Microbioma: dall’uvaalle fermentazioniIl 2014 secondo Curtin è statol’anno in cui si è verificato il pas­saggio alla metagenomica dallostudio degli ambienti enologicicon i metodi tradizionali: unostudio portoghese ha dimostratoche nel microbioma dell’uva so­no presenti più di 250 diversespecie fungine (Pinto et al.,2014), mentre altri studi statu­nitensi e neozelandesi eviden­ziano come le comunità microbi­che presenti in vigneto siano in­fluenzate dall’ambiente intermini di varietà, microclima eregione geografica (Taylor et al,2014).«Noi siamo sul punto di comin­

I microrganisminon vivono da soli,ma interagisconoconmilioni di proprisimili stabilendostrette relazioniche influenzanol’ambienteche li circonda.I nuovi strumenticonsentonodi studiarne l’impattosulle fermentazioni

>> Chris Curtin.

>> 2014: ANNO DEL PASSAGGIODALLE TECNICHETRADIZIONALI ALLAMETAGENETICA NELLO STUDIODEGLI AMBIENTI ENOLOGICI

ciare ad utilizzare gli strumentidella metagenomica per studiarela popolazione durante la fer­mentazione. Mentre prima uti­lizzando le tecniche tradizionaliera possibile osservare circa die­ci specie o nel caso in cui si fosseandati a guardare solo a S.cere­visiae si poteva essere in grado diidentificare 30 ceppi circa, oggisiamo in grado di andare moltopiù a fondo.La domanda a cui si vorrebbe ri­spondere è che cos’è una fer­mentazione “in salute” e comeci appare? Una risposta che va

molto al di là del vedere qualimicroorganismi sono presenti. Ilmetodo consiste nel comparareil profilo degli organismi presentiin un certo numero di fermenta­zioni spontanee quelle che van­no bene e quelle che presentanoproblemi come un arresto o unaproduzione eccessiva di idroge­no solforato. Alla fine potremocomprendere come appare unafermentazione spontanea di suc­cesso: quali sono i microorgani­smi, lieviti e batteri, presenti al­l’inizio della fermentazione equanti i diversi ceppi di S. cere­

viasiae che si presentano adesempio dalla metà della fer­mentazione.Al momento gli studi sulla meta­genomica delle fermentazioni,che non sono ancora pubblicatima che lo saranno presto, sononelle fasi iniziali ed hanno loscopo di costruire una libreriadelle fermentazioni spontanee..L’obiettivo del progetto che stia­mo conducendo è di collegarequello che avviene nella vascacon gli studi che hanno dimo­strato quello che è presente invigneto: quanta della popolazio­

ne presente in vigneto può esse­re rintracciata nelle fermentazio­ni spontanee? Successivamentesarà possibile approfondire ilruolo delle tecniche colturali edelle pratiche enologiche sullecaratteristiche delle fermenta­zioni spontanee, così come valu­tare l’influenza dei lieviti e batte­ri residenti nella cantina sul mi­crobioma delle fermentazioni. Etutto questo ci potrà aiutare infuturo ad utilizzare gli strumentidella genomica anche per gestirein modo meno rischioso le fer­mentazioni spontanee». l