Il Libro Z Della Metafisica Di Aristotele

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CENTRO DI RICERCHE DI METAFISICA dell'Università Cattolica del Sacro Cuore Largo A. Gemelli, 1 - I-20123 Milano Comitato scientifico: Francesco Botturi Carla Gallicet Calvetti Alessandro Ghisalberti Virgilio Melchiorre Claudio Moreschini Angelo Pupi Giovanni Reale Direttore: Giovanni Reale Collana: «Temi metafisici e problemi del pensiero antico. Studi e testi» ·diretta da Giovanni Reale segretari Vincenzo Cicero Giuseppe Girgenti Roberto Radice Michael Frede - Giinther Patzig Il libro Z della Metafisica di Aristotele Presentazione di Giovanni Reale Traduzione di Nicoletta Scotti Muth _� U N I V E R S I T À

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Traducción italiana de FP

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  • CENTRO DI RICERCHE DI METAFISICA dell'Universit Cattolica del Sacro Cuore

    Largo A. Gemelli, 1 - I-20123 Milano

    Comitato scientifico: Francesco Botturi Carla Gallicet Calvetti Alessandro Ghisalberti Virgilio Melchiorre Claudio Moreschini Angelo Pupi Giovanni Reale

    Direttore: Giovanni Reale

    Collana: Temi metafisici e problemi del pensiero antico. Studi e testi

    diretta da Giovanni Reale segretari Vincenzo Cicero

    Giuseppe Girgenti Roberto Radice

    Michael Frede - Giinther Patzig

    Il libro Z della Metafisica di Aristotele

    Presentazione di Giovanni Reale

    Traduzione di Nicoletta Scotti Muth

    \W_ U N I V E R S I T

  • www.vitaepensiero.it

    vietata la riproduzione non autorizzata, anche parziale, neppure per uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuata. L'editore potr concedere a pagamento l'autorizzazione a riprodurre una porzione non superiore a un decimo del presente volume. Le richieste di riproduzione vanno inoltrate all'Associazione Italiana per i Diritti di Riproduzione delle Opere dell'ingegno (AIDRO) - Via delle Erbe, 2 -20121 Milano, tel. e fax 02/80.95.06.

    Titolo originale: Aristoteles Methaphysik z,, 1988 C.H. Beck'sche Verlagsbuchhandlung (Oskar Beck), Miinchen

    2001 Vita e Pensiero - Largo A. Gemelli, 1 - 20123 Milano ISBN 88-343-0738-0

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    Metaph., Z 1, 1028 b 3 sg.

  • 11

    INTRODUZIONE DI

    GIOVANNI REALE

  • r 1 I !

    !. SIGNIFICATO E IMPORTANZA DEL COMMENTARIO AL LIBRO Z DELLA "METAFISICA" DI ARISTOTELE

    DI PREDE E PATZIG

    I lettori dei lavori pubblicati nell'ambito di questa collana si saranno resi conto ormai da tempo del fatto che essa ben lungi dal chiudersi entro i recinti di una particolare sc uola. Essa intende invece, proprio per ragioni programmatiche, proporre modi di interpretare e presentare grandi autori classici - e in particolare Aristotele - secondo dif ferenti ottiche convergenti o anche divergenti. Solo in questo modo, a nostro avviso, lo studioso pu arricchirsi spiritualmente e acquisire quella maturit ermeneutica necessaria per avvicinarsi ad autori classici della grandezza dello Stagirita o di una statura analoga alla sua.

    Basti dare uno sguardo d'insieme al catalogo per rendersi conto di quanto stiamo dicendo. Oltre alle opere classiche di Bonitzl, Trendelenburg2, Natorpl , Brentano4 , abbiamo pubblicato l'importante opera di Merlan5 , e poi abbiamo riedito il nostro volume Il concetto di filosofia prima6, nonch la nostra traduzione con commentario della Meta/isica7, la miscellanea di vari autori Perch la Meta/isicaB e la imponente bibliografia curata da Radice su quest'opera nel XX secolo9. Di Toth abbiamo pubblicato il volume veramente rivoluzionario sui fondamenti assiomatici della geometria nelle opere dello StagiritaW Per

    1 H. Bonitz, Sulle categon'e di Aristotele, 1995. 2 A. Trendelenburg, La dottrina delle categorie in Aristotele. Con in appendice la

    prolusione accademica del 1883 De Aristotelis categoriis, 1994. 3 P. Natorp, Tema e disposizt'one della Metafisica di Aristotele, 1995. 4 F. Brentano, Sui molteplici si'gnificati del!' essere secondo Aristotele, 1995. 'Ph. Merlan, Dal Platonismo al Neoplatonmo, 1990, 1994'. 6 G. Reale, Il concetto di filoso/ia prima e l'unit della Metafisica di Aristotele, con

    due saggi sui concetti di potenza e atto e di essere, 19935; con l'aggiunta di tre saggi integrativi 19946.

    7 Aristotele, Metafisica, Saggio introduttivo, testo greco con traduzione a fronte e commentario, a cura di G. Reale, edizione maggiore rinnovata, 3 voll. 1993; rist. 1995.

    8 AA. VV., Aristotele. Perch la Metafisica, a cura di A. Bausola e G. Reale, 1994. 9 R. Radice, La Metafisica di Aristotele nel XX secolo, 1996, 1997'. 10 I. Toth, Aristotele e i fondamenti assiomatici della geometria, 1997, 19982.

  • 10 GIOVANNI REALE

    quanto concerne l'interpretazione delle opere aristoteliche pubblicate e non pervenuteci abbiamo riedito l'opera classica di BertiU Abbiamo anche pubblicato quella di Bos, che propone una nuova interpretazione dei dialoghi perdutil2, e insieme a questo autore abbiamo riproposto una nuova interpretazione del De munda attribuito ad Aristotele13. Abbiamo anche presentato l'opera di Courtine, che fa comprendere bene la Wirkungsgeschichte dell'ontologia dello Stagirita14, e di recente l'imponente storia dell'aristotelismo presso i Greci di Moraux15. Abbiamo anche accolto opere di pi giovani studiosi come quelle di Giordani16, Cattanei17, Dudleyl8. Infine, con sorpresa di non pochi studiosi, abbiamo pubblicato opere di autori seguaci della filosofia analitica, come il commentario ai libri M e N della Metafcica di J ulia Annas19, nonch l'imponente volume di Irwin20 e, ora, il grande commentario al libro Z della Metafisica di Michael Frede e Gtinter Patzig.

    Ricordiamo al lettore, in primo luogo, che il libro Z della Metafisica il pi difficile fra i quattordici (analoghe difficolt presentano solo i libri M e N). Ricordo che, quando l'ho affrontato per la traduzione italiana, l'ho studiato, letto e riletto a pi riprese, e ho rivisto e ritoccato la traduzione almeno una decina di volte.

    Gli interpreti si dividono in due grandi gruppi: quelli che ritengono che Aristotele non raggiunga una concezione teoretica unitaria dell'ousia, che il tema di fondo del libro, e quelli che invece ritengono che la raggiunga, almeno nelle linee generali. Frede e Patzig sono frai pochi studiosi che sostengono con piena convinzione la tesi secondo cui dal libro Z emerge chiaramente una concezione unitaria dell' ousia, in certa misura coerente e consistente, ben difficilmente contestabile.

    11 E. Berti, La filosofia del "primo" Aristotele, 1997. 12 A. Bos, Teologia cosmica e metacosmica. Per una nuova interpretazione dei dialo

    ghi perduti di Aristotele, 1990. 13 G. Reale - A. Bos, Il trattato Sul cosmo per Alessandro attribuito ad Aristotele,

    1995. 14 J .F. Courtine, Il sistema della metaflsica. Tradizione aristotelica e svolta di Suarez,

    1999. 15 J. Moraux, Aristotele presso i Greci, 3 voll., 2001. 16 A. Giordani, Tempo e struttura dell'essere. Il concetto di tempo in Aristotele e i

    suoi/andamenti ontologia; 1995. 17 E. Cattanei, Enti matematici e metafisica. Platone, l'Accademia e Aristotele a con

    fronto, 1996. 18 J. Dudley, Dio e contemplazione in Aristotele. Il fondamento metafisico

    dell'Etica Nicomachea, 1999. 19 J. Annas, Interpretazione dei libri M-N della Metafisica di Aristotele, 1992. 20 T. Irwin, I principi primi in Aristotele, 1996.

    INTRODUZIONE 11

    La tesi di fondo che i due autori cercano di dimostrare con rigore la seguente: l' ousia nel libro Z la forma individua che emerge nelle cose di cui forma per poi nuovamente scomparire, che si genera e si corrompe senza essere sottomessa ad alcun processo di generazione e corruzione, e che al tempo stesso principio ontologico e aitiologico di tutto ci che ousia21.

    Le due concezioni dell' ousia che restano ancora ben distinte nel capitolo 8 del libro quinto, ossia quella del sostrato e quella della causa dell'essere di ciascun individuo, nel libro Z vengono fuse insieme dallo Stagirita: in un certo senso il sostrato ultimo viene a coincidere con la forma. . Subito d si domanda, naturalmente, in che senso la forma possa rntenders1 come sostrato ultimo. Frede e Patzig forniscono la seguente spiegazione: "Lo nel senso che coincide con ci che l'oggetto propriamente e ultimamente . Se l'oggetto ci che fa da soste- gno agli attributi, e se l'oggetto propriamente la forma, allora ultimamente, anche se non immediatamente, la forma ci che fa da sostrato agli attributi. La forma la realt primaria; essa assume una materia adatta per formare l'oggetto concreto, al quale a sua volta competono gli attributi propri della forma22. Dunque, la forma potrebbe essere in effetti considerata sostrato ultimo in quanto essa ci che l'oggetto di esperienza effettivamente 2J.

    I: ousia nel libro Z dunque la forma, e precisamente la forma 'individua'. M?lto perspicace la maniera in cui gli autori interpretano tale forma md1v1dua m modo dinamico, ossia come principio di orgamzzazione negli organismi viventi: Considerato in tal modo, l'individuo consiste in una forma di organizzazione che assume sempre nuova materia e sempre nuove qualit per poter durare. Non si tratta pertanto, almeno nel caso degli esseri viventi, di una precisa materia che assumerebbe una forma di organizzazione generale diventando in tal modo un oggetto ma, al contrario, di una precisa forma di organizzazione che assume materia in senso generale per diventare e rimanere un oggetto concreto di una determinata specie24.

    Secondo gli autori, la dottrina aristotelica dell'ousia come forma individuale avrebbe senso teoretico anche oggi, contrariamente a q:ianto mlti pens_ano. Questa dottrina, infatti, si impone come spiegaz10ne dell 1dent1ta e della permanenza degli individui. La sostanzaforma viene ad essere ci che fa di un oggetto quel determinato ogget-

    21 Infra, p. 28 22 Infra, p. 56 23 Infra, p. 57 24 Infra, p. 61

  • i2 GIOVANNI REALE

    to, che permane come tale, pur essendo soggetto a vari mutamenti: S.e partiamo dall'assunto che gli oggetti abbiano un comportamento specifico a seconda della specie cui appartengono, allora deve esserci per ogni oggetto una serie di qualit fondamentali che gli competono in quanto appartenente a una certa specie e a partire .dalle quali i posso: no spiegare, data l'aggiunta di ulteriori condizioni, tutte le rimanenti caratteristiche dell' oggetto25.

    Naturalmente, ci sarebbero molti problemi che varrebbe la ena richiamare ma che non rientrano nel!' ambito di una presentazione come quell'a che sto facendo. Ricordo che una tesi analoga, raggiunta con altro metodo e articolata in altro modo, ho sostenuto 10 stesso nel mio commentario (uscito in prima edizione nel 1968), come il lettore interessato potr vedere26. E si tratta proprio di una tesi per cui molti aristotelici (soprattutto tomisti) mi hanno criticato, sostenendo che la sostanza aristotelica il sinolo di materia e forma, e che l'affermazione secondo cui la sostanza forma non aristotelica ma platonica. Il fatto che, seguendo un metodo del tutto differente, Frede e P

    ,atzig

    giungano a conclusioni per certi aspetti analoghe alle mie, non puo che essere una conferma della correttezza della tesi.

    Un altro punto desidero mettere in rilievo. Gi nella mia opera U concetto di filosofia prima, la cui prima edizione del 1961 (e anche 111 articoli precedenti), dimostravo l 'insostenibilit della tesi dell'evoluzione del concetto di metafisica in Aristotele sostenuto da J aeger. E meno ancora risulta sostenibile dal punto di vista metodologico la correttezza del criterio di introdurre nel!' edizione critica dei particolari segni (parentesi quadre con doppia linea verticale) per indicare alcuni passi che si suppone essere inserzioni fatte da Aristotele in conseguenza della sua evoluzione di pensiero, in particolare per quanto concerne i rimandi alla questione della sostanza soprasensibile27. Ebbene, i due autori scrivono a questo riguardo: Tutti i problemi che abbiamo menzionato riguardo alla connessione sottolineata da Aristotele fra le indagini di ZH e i problemi del!' esistenza di sostanze soprasensibili vengono spiegati da Jaeger come inserzioni e aggiunte successive mtrodotte da Aristotele allorch volle inserire nella serie dei libri di partenza "i libri sulla sostanza" ZH0, per formare la sua (nuova) "filosofia prima". Noi riteniamo infondata l'idea di una "metafisica originaria" (Urmetaphysik) e di una redazione, radicalmente rinnovata della "filosofia prima" in epoca posteriore. E vero, piuttosto, che la tendenza a visioni di ordine generale, e al tempo stesso alla conoscenza di oggetti

    25 Infra, p. 60 26 Edizione Loffreo, Napoli in due volumi, Introduzione, passim. 27 Cfr. l'opera citata sopra alla nota 6, passim.

    r INTRODUZIONE 13

    divini e "supremi" (A 2 a 983, 6-7) risulta implicata fin dal principio nella concezione aristotelica di una "filosofia prima"28.

    Naturalmente avrei molti altri rilievi da fare su tutta una serie di concetti che ruotano intorno alla tesi centrale di questo commentario; ma, per non appesantire questa presentazione e rispettare i limiti di spazio che essa deve avere, passo all'illustrazione dei metodi seguiti nella preparazione di questa edizione italiana dell'opera.

    In primo luogo, diciamo subito che i criteri che Frede e Patzig hanno seguito nel redigere la traduzione tedesca del libro Z non potevano essere riproposti in traduzione italiana. Quel particolare gioco linguistico che vorrebbe rendere il testo originale il pi possibile alla lettera, se in lingua tedesca in qualche modo pu funzionare, risulta inapplicabile o comunque inadeguato nella lingua italiana.

    Facciamo alcuni esempi. Gli autori traducono 't 'tt v dvm con Was es heisst, dies zu sein, che cosa significa essere questo; 't 'tt O"ttV con Was etwas ist, il che cos' e 'tOOE 'tt con ein Dies von Art, Un questo del tipo. Anche in italiano qualcuno aveva gi cercato di tradurre la prima espressione con che cos'era essere o essere che cos'era, e la terza con questo che, ma senza successo. Frede e Patzig traducono, poi, il termine itci8ll con Widerfahrnisse, che non ha un corrispettivo italiano adeguato. E potremmo moltiplicare gli esempi. Va comunque ricordato che essi hanno deciso di traslitterare e non tradurre il termine ousia. Per va precisato che, se in tedesco Substanz pu risultare inadeguato, questo non avviene in italiano: infatti sostanza ricopre pressoch per intero l'area semantica del greco ousia, come ho avuto modo di dimostrare29;

    Inoltre, gli autori respingono il criterio di rendere il testo dell'autore tradotto il pi possibile chiaro e comprensibile, anche ricorrendo ad aggiunte esplicative non contenute nel!' originale; essi vogliono mantenere in traduzione lo stile e il tenore del testo anche quando esso appare non solo oscuro, ma altres goffo e ambiguo.

    Evidentemente, un criterio di tale tipo pu essere messo in atto solo nel caso in cui si presenti insieme alla traduzione anche un commentario, e gli autori lo riconoscono bene, e scrivono espressamente: Questo modo di procedere si pu adottare soprattutto in casi analoghi al nostro, in cui sia possibile affiancare alla traduzione un esaustivo commentario in cui si renda opportunamente ragione delle difficolt testuali che il testo presenta. Noi diamo quindi per presupposto che la

    28 Infra, p. 46. 29 Cfr. l'opera citata sopra alla nota 7, voi. I, pp. 111-138.

  • I'

    I I

    14 GIOVANNI REALE

    nostra traduzione venga utilizzata in costante riferimento al commentoJD.

    Stando cos le cose, e tenuto conto del fatto che tradurre la traduzione di un testo greco risulterebbe comunque un'operazione azzardata, nella traduzione del commentario e del saggio introduttivo si cercato comunque di rendere il pi possibile giustizia alle importanti innovazioni linguistiche e interpretative sviluppate dagli autori. Si trattato di un'operazione non semplice, che ha richiesto da parte del traduttore l'esercizio di una serie di competenze specifiche, nonch la capacit di rendere perspicuo in italiano un testo a tratti estremamente complesso. Resta al lettore esperto giudicare sull'esito di tale tentativo. Per quanto riguarda, invece, il testo del libro Z, si ritenuto opportuno riprodurre la traduzione tedesca - che fa da supporto al commentario - corredandola della mia traduzione, fatta con criteri opposti, che potr servire al lettore per districarsi nelle difficolt e intendere la traduzione molto particolare di Frede e di Patzig e la sua originalit.

    I lemmi che vengono richiamati nel commentario nell'edizione tedesc, sono presentati dagli autori nella loro traduzione. Dato il criterio da noi seguito, si imponeva, invece, la necessit di riportarli nel!' originale; criterio che, come il lettore potr costatare, risponde molto bene alle esigenze stesse del commentario, e si impone anche come pi rigoroso.

    Per quanto riguarda il testo greco, i due autori sono partiti dall'edizione critica di J aeger del 1957, ma si sono via via scostati da essa in pi luoghi, al punto che hanno ritenuto necessario preseniare l' edizio-ne jaegeriana includendo tutte le correzioni da loro proposte.

    I criteri. seguiti da Frede e da Patzig per la ricostruzione del testo sono i seguenti. I manoscritti E (Parigi, secolo X) e J (Vienna, secolo IX) sono i migliori rappresentanti di un ramo della tradizione a. Invece, il codice Ab (Firenze, secolo XII) rappresenta il ramo Questo secondo codice tradisce nell'estensore dell'edizione originaria da cui deriva un sistematico processo di normalizzazione e limatura del testo, ottenuto mediante aggiustature di eccezioni grammaticali e incongruenze varie e l'eliminazione di espressioni incomprensibili o poco comprensibili. Gli autori hanno di consegueza adottato il seguente procedimento: A nostro aviso opportuno seguire EJ in tutti i casi in cui il testo che essi presentano risulti accettabile, infatti la lezione apparentemente "migliore" di Ab, potrebbe essere il risultato di tale intervento regolatore sul testo aristotelico. Abbiamo tenuto conto della lezione discordante di Ab solo in quei casi in cui il testo di EJ risulti

    30 Infra, p. 35

    i

    INTRODUZIONE 15

    problematico a fronte di questioni grammaticali, idiomatiche o conte-nutistiche"31.

    Molti dei recensori si sono lamentati del fatto che gli autori non hanno presentato un apparato critico al testo. Peraltro, essi ritenevano la cosa non fattibile senza un riesame sistematico dei vari codici, e hanno ritenuto sufficienti le indicazioni date nel corso del lungo commentario. Ma lo studioso interessato all'analisi del puro testo fatica non poco a ritrovare le varie correzioni con le motivazioni annesse. Abbiamo ritenuto opportuno, per questo motivo, redigere una tavola delle correzioni apportate al testo del!' edizione critica di J aeger, che aiuter non poco lo studioso interessato.

    Alcuni lettori incontreranno certamente difficolt nel leggere questo libro, e proveranno un certo turbamento. In effetti, sia il metodo analitico sia il modo raffinato con cui viene attuato hanno, in certa misura, un effetto d'urto. Ma ci si deve ben guardare dal cadere nell'errore di respingere ci che esce dai nostri canoni e che quindi implica un particolare impegno.

    Qualche critico ha giudicato questo libro come un esempio della preclSlone tedesca che per non realizzerebbe le sue pi alte possibilit, perch non fornirebbe idee stimolanti, e renderebbe il libro Z ancora pi pesante di quello che gi di per s32. Ma a nostro giudizio vero il contrario: si tratta di quel metodo che proprio della filosofia analitica, il quale (piaccia o no) con la precisione tedesca raggiunge i massimi livelli. Inoltre le idee stimolanti sono non poche, anche se spesso vengono lasciate un poco in sospeso, soprattutto nelle loro implicanze e conseguenze teoretiche.

    Il saggio introduttivo, poi, un vero e proprio modello di chiarezza e costituisce un magistrale esempio del modo in cui ogni autore dovrebbe presentare il quadro generale in cui si muove tutto resto della sua opera.

    Concludiamo con la presentazione della tavola contenente le correzioni apportate dagli autori all'edizione critica diJaeger.

    31 Infra, p. 33 32 Cfr. H. Schmitz, Archiv fiir Geschichte der Philosophie, 72 (1990), pp. 95-

    109, specialmente pp. 108 s.

  • II. LE CORREZIONI APPORTATE AL TESTO DELLEDIZIONE CRITICA DI JAEGER

    1, 1028 a 12: t o 1lOtV -> t O Ott 1lOtV 1 , 1028 a 23: [Jte f opi.rov f 11civtrov 3, 1029 a 3-5: (Akyro . . . [ t cruvo..ov]) -> elimina le parentesi tonde 3 , 1029 a 5: optcivta--> optcivta, 3, 1029 a 5: [t CTUVO.OV]-> t atJYOAoV 3, 1029 b 3-12: [11p ... auteliv] -> v engono eliminate le parentesi

    quadre con sbarra doppia 4, 1029 b 14: :KcicrtC\l -> !Cacrtcro 4, 1029 b 19: E'llKfj, Otl -> E'llKfj. llt tl; O'tl 4, 1029 b 33: autc\), OtoV -> autc\) , OtoV 4, 1030 a 3: 011Ep yp tt crt -> 011ep yp tl O''tt 4, 1030 b 8: o &.v 'koy(\l -> o &.v .6YC\l 5, 103 O b 26 sg: Ka ptcr -> Ka ptcr 6, 1031 a 21 -28: (Ei yp .. . o ou) ->v engono eli minate le parente

    si tonde 6, 103 1 a 21 sg.: El yp t auto, Ka t v0pol1t(\l EtVat ka. t

    .E'llKc\) -> El yp t auto, v0pol1t(\l et Vat Ka. E'llKc\) 6, 103 1 a 27: taut t Kat cruET\KO -> tat'n Kat cru

    ET]Ko 6, 1031 a 30: [etepat] -> E'tepm. 6, 103 1 b 2: Ka. 1lpOtEpat Ka oucri.at -> Ka 1lpO

    tEpat oucri.at 6, 103 1 b 7: Ka f:11 yaeou -> Ka f:11 yaeou 6, 103 1 b 30: ti. V EtVat [t1l1l(\l] etepov -> tl V elvat t1tltC\)

    etepov 6, 1032 a 3 sg.: TI V etVat tOU V t O t EV ->TI V EtVat,

    t V eivm., t o t ev 7, 1032 a 18: t o t. iv8pro11o -> t o tl iv0pro7to

    r INTRODUZIONE 17

    7, 1032 a 30: f:v w lt ucrero -> f:v to 'lt ucrero 7 , 132 b sg.: KElVT] ,Y ltO'\lcri. ii Vocro -> KElVT] yp

    a11oucr1 llT\'A.oiltm T\ vocro 7, 1032 b 15: T6v o -> T6v &il 7, 1032 b 24: pxiJ -> cipxa 7, 1W2 b 28 sg.: 1:0u1:0 8 'Ecrxatov t 7tot0uv t po Ka

    t t outro po-> 'tOU'tO 8' foxatov KIX. t 7tOt0uv outro po

    7, 1033 a 8: ou AkyEtat KEVO f:I;, ou -> ou AkyEtat Keivtvov f:I;, ou

    7, 1033 a 18: OU i;,UOV -> [oU i;,UAoV] 8, 1033 a 32: tOOE 'tl 1101tv -> tOOE llOtEV 8, 1033 a 32-b 3: (Akyro ... crapa) ->v engono eliminate le paren

    tesi tonde 8, 1033 b 5: [ouo] -> ouo 8, 1033 b 7: OUO t TI V etVat ('tOUtO -> ouo t ti V etvat

    tomcp. toirto 8, 1033 b 7 sg.: ('tOU'tO . . . f ouvciEro) -> eliminaz ione delle

    parentesi tonde 8, 1033 b 8: f ouvciero) -> [f ouvciEro] 8, 13\b 10: e1 _ 'tOO yp t Eto ltOtE -> Ei tOO. yp to

    'tO Etoo ltOlEl 8, 1033 b 1 1 : tOU 8 crapa dva o..ro El Ecrtat yvem ->

    'tOU O O'cl>cXipa EVat O.l E Ea'tt yVEcrt 8, 1033 b 16: olov T xa..KT crapa -> [olov ii xa..KT crapa] 8, 1033 b 17: c Eioo f oucria Af:yoevov -> c eto [f] ou-

    cria Af:yoEVOV 8, 1033 b 19: yivov(\l ->'yevvmvcp 8, 1033 b 20 sg.: 7t.tv0ou; -> 7t.tv0ivou; 8, 1033 b 21: toE n, -> tooe n; 8, 1033 b 24: tOtOVOE; -> t0tovoe. 8, 1033 b 31 sg.: .... teli iOEt -> ....' ev teli iOEt 9, 1034 a 20: auteliv {Jll' ....rov -> auteliv T u'it' U..lV 9, 1 034 a 23 : [Tj K pou orovuou] -> f ic pouc;

    covUou 9' 1034 . 7-8 : f' :K pouc; f exovto tl po -> T\ El;, EXOVto 'tl Epo 9, 1034 a 2/ sg.: autT] o cr't.v f uyiEta f po -> autT] o

    crt v Tltot uyieta f po 9, 10?4 b 1 sg.: rovuov ou -> rovuov v fi ?tilpma u.

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    18 GIOVANNI REALE

    9, 1034 b 3 sg.: (; avopo [v i\ m\proa i] lt i\iovo OUK (; T'\tovou]. -> (; avopo. ot T'\iovo OUK I:(; T'\tovou.

    9, 1034 b 7-19: [o ovov o. . . ovov] ->v engono eliminate le parentesi quadre con sbarra doppia

    9, 1034 b 12: xaKou, i:i yiyvi:i;m -> xaKou myiyve1cn 9, 1034 b 13: KU rt. 'tOU TI po 'tt' KU 10, 1035 a 12: e' oi mytyYE'tat 10, 1035 a 14-17: Ecri:t. . . acr0'Tl't1\ -> (Ecr1t. . . aicre'Tl11\) 10, 1035 a 23: [av i\ i] 'tOU cruvet'Tlvou] ->v engono elimina-

    te le parentesi quadre con sbarra doppia 10, 1035 a 27: i:i ai; -> i:i 1a\l'ta 10, 1035 a 28: avi:u U'Tl : avi:u 'tij U'Tl 't Ka [ i;o] (;u;\,ivou 10, 1036 a 7: 1tO'tepOV Et 1tO'tepov 1tO'te etv engono eliminate le

    parentesi quadre con sbarra doppia 10, 1036 a 17: f\ EKU(J'tOV Ti Kaf.! EKU(J'tOV Ti KcX KUKo 10, 1036 a 21: Ti xaKfj p01\, ->Ti X ai:Ev 1omo 1 1 , 1036 b 7: xropicrat; -> xropicrat. 1 1 , 1036 b 10: 7tcXV'tU KU 'tUU'tU -> 7tcXV'ta 'tUU'tU 1 1 , 1036 b 1 1 sg.: 'tOU avoptciv1o Ka -> 'tOU KUJCOU KU 1 1 , 103 6 b 28: Ut U a Ka i;fj Ka't i;v oyov 1 1 , 1037 b 5: oo , KU't cruETlK -> oo KU't cru-

    ETlK 12, 1037 b 12: otov 'tOU av0pol7t01J -> ofov 'tOU av0proitou 13 , 1038 b 3 : KU 't K 'tOU'tCOV-> [Ka 't K 'tOU'tCOV] 13, 1038 b 10: ocria Kcicr1ou Ti toto ocria Ti

    eKcicr10u toto icaa1ou

    13, 1038 b 17: v i;ou1qi o -> v amip o 13, 1033 b 19: of\ov on Ecr1m -> of\ov on ron 13, 1038 b 23: v v 'Eite o' fi ocria 15, 1039 b 22: oyo it6), -> oyo oro), 15, 1039 32: ptcr 1tt

  • 20 GIOVANNI REALE

    autori dicono di v oler seguire la lez ione di Ab e di Asclepio ot 't. aO aq> nv, ma per un probabile refuso rimasto ti anz ich 't..

    17, 1041 a 28: ['tOil'to o'i:cr't. '! ti ilv ElVat, ffi elltEV OytKl] -> gli autori ripristinano come autentica l 'intera frase atetizz ata da Jaeger

    17, 1041 b 5: ot ti i:crtiv -> ot ti i:crtiv 17, 1041 b 7: 'tO'tO '!OO EXOV. ->'tO'!O &A.A. i\ ro crrop 17, 1041 b 22: ii 'tl UO -> E'tl UOU 17, 1041 b 30: [Ka ucretl -> Ka ucret

    ARISTOTELE 11 METAFISICA Z 11

    TESTO, TRADUZIONE

    E COMMENTARIO

  • I '

    PREFAZIONE

    Fin dagli anni in cui tenemmo insieme, a Gottinga, un gruppo di seminari, formulammo il progetto di stendere un nuov o commentario alla Metafisica di Aristotele, e l'occasione concreta per farlo ci si present negli anni 1 984-85, allorch v enimmo ospitati dal Wissenschaftskolleg di Berlino. A tale istituz ione e al suo direttore di all ora, P. Wapnewski, desideriamo esprimere v iv a riconoscenz a per le ottime condiz ioni di lav oro accordateci. Un ringraz iamento particolare

    v a anche alle signore della segreteria, per av er battuto al computer un testo cos diffi cile con precisione estrema, lasciandosi perfi no contagiare da l nostro entusiasmo, specie nella fase f inale del lav oro.

    In occasione di un Simposio tenutosi nel giugno 1985 presso il Wissenscha/tskolleg, presentammo una prima stesura del commentario, per poterlo discutere con una ristretta cerch ia di collegh i. Ringraz iamo la Deutsche Forschungsgemeinschaft per il finanz iamento ch e rese possibil e l'organizz az ione di detta conferenz a, alla quale parteciparono: Pierre Aubenque (Parigi), Jonath an Barnes (Ox ford) , Jacques Brunschwig (Parigi) , My les Burny eat (Cambridge), Alan Code (Berkeley ), Andr Lacks (Lilla), Mario Mignucci (Padov a) , D onal d Morrison (Cambridge, Mass. ), Gisela Striker (Gottinga) e Hermann Weidemann (Mti nster). Ringraz iamo tutti i partecipanti a questo Simposio per la discussione v iv ace e dettagliata ch e si riv el estremamente proficua per redigere la stesura finale del nostro commentario. R ingraz iamo inoltre Jonath an Barnes e Jacques Brunschwig, ospiti con noi del Wissenschaftskolleg, per i regol ari incontri del marted , nei quali abbiamo av uto modo di imparare molto, e non sol o rispetto al libro Z.

    I l nostro graz ie pi conv into v a anche alla casa editrice C.H. Beck, sempre pronta a soddisfare i nostri desideri relativ i alla v este tipografica, e a sopportare con tranquillit le complicaz ioni dov ute alla corre

    z ione delle bozz e f ra una sponda e l'altra dell'Atlantico. Il dott. E.P. Wieckenberg, in modo particolare, ha sempre risolto i problemi tecnici con cogniz ione di causa e gentilezz a indefettibile. Ch ristian Willl er di Gottinga si anch 'egli occupato della correz ione delle bozz e, apportandov i alcune precisaz ioni importanti sia nell a forma che nel contenuto, come pure degli indici.

    I dieci mesi passati insieme a Berlino a stendere quest'opera v anno annov erati f ra le esperienz e per noi pi gratificanti dal punto di v ista accademico. Forse anche al lettore capiter in alcuni punti di av er parte a lla gioia che ci h a ricolmato nel corso del nostro lav oro.

    Princeton/Gottinga 1987 M.F. e G.P.

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    SAGGIO INTRODUTTIVO

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    CONSIDERAZIONI PRELIMINARI

    Nell'accingerci a presentare un nuovo commentario al libro Z della Metafisica di Aristotele che supera di gran lunga in ampiezza tutti i precedenti lavori analoghi, ci sentiamo in dovere di precisare in via preliminare quali fini ci siamo proposti con tale impresa e che cosa sia lecito al lettore aspettarsi da essa.

    Nel corso dell'intero lavoro siamo sempre stati consapevoli - anzi, lo siamo divenuti sempre di pi - dei guadagni conseguiti nella comprensione di questo difficile testo dai commentatori che ci hanno preceduto, in particolare da Bonitz, da Ross, e dal gruppo dei cosiddetti " Londinesi" cui si devono le Notes on Z

    Tuttavia, ci era altrettanto chiaro che per pervenire a una buona comprensione di Z resta ancora molto lavoro da svolgere, in primo luogo perch i commentatori, soprattutto Bonitz e Ross, sotto la spinta di un altrimenti lodevole impegno alla brevit, hanno rinunciato ad addentrarsi con la dovuta ampiezza in tutte le oscurit che il testo presenta. In secondo luogo, avevamo l'impressione che i commentatori precedenti non avessero affrontato con sufficiente determinazione il compito di mostrare l'intima coerenza della teoria della sostanza sviluppata da Aristotele proprio in Metafisica Z e di renderla comprensibile, soprattutto in quei punti in cui essa non risulta facilmente accordabile con esposizioni analoghe contenute in altre opere, ad esempio nelle Categorie. Di conseguenza, ci siamo proposti innanzitutto di mettere adeguatamente a fuoco nonch di tentare di risolvere tutte le difficolt pi serie - relative sia al testo che allo sviluppo argomentativo di Z - che si frappongono alla comprensione del lettore avveduto. Ogni volta che non siamo riusciti a trovare una soluzione lo abbiamo ammesso apertamente. Questo procedimento ha fatto di conseguenza assumere al nostro commentario delle dimensioni tali che, qualora avessimo voluto estenderlo a ogni pagina del testo greco della Metafisica di Aristotele, avremmo ottenuto non uno ma otto volumi pari a questo.

    Il nostro secondo proposito stato quello di ricavare dal testo di Metafisica Z una concezione ontologica che non partisse da un quadro generale precostituito di come Aristotele intendeva il ruolo e la natura dell' ousia, per poi cercare di ordinare in esso l'esposizione del libro Z, ma che, proprio ali' opposto, si concentrasse sul!' argomentazione contenuta in Metafisica Z e accettasse di fare i conti con altre interpretazioni differenti avanzate da Aristotele in altre opere e addirittra in altri libri della Metafisica. Nel corso del lavoro siamo giunti al convincimento che l'interpretazione convenzionale, in base alla quale

  • I

    ii !

    28

    Aristotele assegnerebbe il gr ado di realt compiu ta all'indiv idu o concreto, mentre riserv erebbe all'u niv ersale la piena conoscibilit scientifica, facendo cos consistere l' ousia dell'indiv idu o in u n'u nione di fo rma

    u niv ersale e di materia fungente da principio di indiv idu azione, non pu reggere qu ale interpretazione di Metafisica Z. In qu esto libro si sostiene piu ttosto che la v era realt, l' ousia, la forma indiv idu a, che emerge nelle cose di cu i forma per poi nu ov amente scomparire, che si genera e si corrompe senza essere sottomessa ad alcu n processo di generazione e corruzione e che al tempo stesso principio ontologico e aitiologico di tu tto ci di cu i ousia. Era du nqu e natu rale ch e nel nostro commentario trattassimo con particolare attenzione sia qu ei passi che ci sembrav ano deporre chiaramente a fav ore della n ostra interpretazione, sia qu elli ch e v engono o ch e potrebbero v enire assu nti come testi-base dai sostenitori dell'interpretazione tradizionale a sostegno della loro posizione.

    Almeno per qu anto rigu arda la delu cidazione delle difficolt off erte dal testo, non abbiamo procedu to in termini di risparmio, mentre, anche a fronte delle dimensioni che il nostro commentario andav a assu mendo, ci siamo dovu ti limitare notev olmente nel confronto dialettico con l'amplissima letteratu ra secondaria relativ a alle v arie qu estioni particolari sollev ate da Metafisica Z. Non rientrav a del resto nelle nostre intenzioni off rire, oltre alla nostra interpretazione del testo, u na sorta di manu ale della storia della su a interpretazione, per qu anto interessante e lodev ole possa essere u na simile operazione.

    Del resto, non si pu dire ch e tu tti qu ei commentari agli scritti aristotelici i cu i au tori abbiano eroicamente tentato di fo ndere l'elaborazione della letteratu ra secondaria con qu ello che rimane il compito imprescindibile di qu alsiasi comme ntario, v ale a dire la delu cidazione del testo, ci abbiano particolarmente spronati a compiere u n'impresa analoga. Risulta, infatti, pressoch inev itabile ch e u na tale mole di informazioni rigu ardo a dotte opinioni contrastanti finisca per distrarre a tal pu nto l'attenzione del lettore, da fargli correre il risch io che i contorni del!' argomentazione aristotelica - che il commentario dov rebbe, peraltro, ripercorrere - si offu sch ino irreparabilmente.

    Oltre a ci, v a tenu to conto del fatto ch e la discu ssione pi recente intorno a Metafisica Z, condotta soprattu tto in forma di brev i articoli, si concentrata pi su lla comprensione di singoli passi o di singoli capitoli che dell'intero libro, il che costitu iv a, inv ece, il nostro scopo. Siamo conv inti, e tale conv inzione non ha fatto che consolidarsi nel corso della comu ne impresa, ch e solo su lla base di u n'interpretazione globale di tal fatta le qu estioni particolari possano essere trattate con su ffi ciente chiarezza e sicu ro profi tto.

    Abbiamo, inv ece, prestato attenzione incondizionata a tu tti qu ei

    1

    29

    commentari ormai da lu ngo tempo considerati opere paradigmatich e su lla Metafisica di Aristotele e, in particolar modo, su l libro z. Abbiamo fatto costantemente ricorso agli antich i commentari alla Metafisica di Asclepio e dello pseu do-Alessandro (Mich ele di Efeso? ) , come pu re a qu elli moderni di A. Schwegler (1847), H. Bonitz (1848), W.D. Ross (1924) e a Notes on Z recorded by M. Burnyeat and others (1979), mettendoli a confronto con tu tte le qu estioni testu ali e interpretativ e da noi sollev ate. Come c'era da aspettarsi, Bonitz e Ross si sono. riv elati particolarmente u tili, anche se passano sotto silenzio molte qn estioni di primaria importanza e risolv ono parecch i problemi in modo div erso dal nostro. I " Londinesi" - appellativ o cu i per brev it ricorreremo d'ora innanzi riferendoci ai cu ratori delle Notes on z - ci sono pi v icini di tu tti i commentatori precedenti per qu anto rigu arda il fine e il metodo dell'analisi. Ma siccome la loro interpretazione di fondo di Metafisica Z div erge notev olmente dalla nostra, ne abbiamo spesso discu sso con particolare ampiezza le posizioni, anch e perch ci riu sciv a assai agev ole precisare la nostra opinione mettendola in contrasto con la loro. Qu esto v ale, in particolar modo, per la nostra tesi ( i) secondo cu i chiaro ch e Aristotele, nel libro Z, aspirav a a fornire u na solu zione del problema dell' ousia e che, in effetti, ne ha fornito u n abbozzo, per qu anto provv isorio, mentre i " Londinesi" propendono per la tesi secondo cu i Aristotele, in qu esto libro, intendev a solamente av anzare div erse ipotesi risolu tiv e in concorrenza fra loro e di fatto inconciliabili, astenendosi dal prendere posizione a fav ore di u na in particolare. E v ale anche per la nostra tesi (ii), secondo cu i Aristotele in Met. Z afferma l'esistenza di fo rme indiv idu e, e al tempo stesso le considera anch e ousiai degli enti concreti.

    Per la tesi (ii), in base alla qu ale si afferma l esistenza di forme indiv idu e (in inglese particular) non ci arrogh iamo alcu na pretesa di originalit. Un'interpretazione analoga stata av anzata da R. Albritton nel su o saggio assai discu sso Forms of Particular Substances in Artotle's Metaphysics (1957), anch e se alla fine dell'articolo, a fronte di v arie diffi colt, egli arriv a qu asi a rimangiarsela. Nella su a monografia del 1981 Form and Universal in Aristotle, anch e A. C. Lloy d h a messo in du bbio che le fo rme aristotelich e siano degli u niv ersali, per mettere l'accento su ll'indiv idu alit e su lla particolarit della forma. Riteniamo che il nostro contribu to particolare consista essenzialmente nel! ' av er fornito u n'interpretazione u nitaria di Z, dalla qu ale ci sembra ch e la tesi dell'indiv idu alit delle forme aristotelich e, perlomeno per qu anto rigu arda la connessione dei libri Z e H, emerga in modo non forzoso.

  • 30 FREDE I PATZIG

    I. SUL TESTO GRECO

    In un primo momento eravamo dell'avviso di premettere al commentario semplicemente una traduzione tedesca di Z, e di rimandare per il testo greco all'edizione di W. Jaeger ( 1957) pubblicata negli Oxford Classica! Texts, sul modello di quanto hanno fatto Ch. Kirwan (Aristotle's Metaphysics Books I', LI, E ) e J. Annas (Aristotle's Metaphysics Books M and N ) nelle traduzioni commentate da loro curate per la Clarendon Aristotle Series. Siamo del parere che la resa del testo della Metafisica aristotelica sia suscettibile di notevoli migliorie, per le quali sarebbe molto utile rifarsi ai commentari antichi e alle traduzioni arabe pi di quanto non si sia fatto finora. D'altra parte, una nuova edizione non dovrebbe limitarsi al testo di un solo libro del]' opera, e approntare una collazione adeguata di tutti i manoscritti ragguardevoli costituiva per noi un'impresa che gi per semplici ragioni di tempo ci trovammo costretti ad accantonare.

    Nel corso del lavoro per il commentario emersero, tuttavia, ragioni sufficienti per discostarci dall'edizione Jaeger in pi di 130 punti. Invece di compilare un elenco di tutte le modifiche testuali, che vengono giustificate nel commentario, ci parso pi conveniente, soprattutto per comodit del lettore, affiancare alla nostra traduzione una lezione continuata del testo greco, per esplicitare ali' occorrenza quale sia il testo greco su cui si basano sia la traduzione che il commentario.

    Le testimonianze testuali pi importanti e di gran lunga pi antiche per la Metafisica di Aristotele sono, come stato accertato sia dalle ricerche svolte dai tre editori Christ, Ross e J aeger che dal lavoro di Harlfinger, i manoscritti E (Parigi, X sec.), J (Vienna, IX sec.) e Ab (Firenze, XII sec.). E e J sono i migliori rappresentanti di un ramo della tradizione a, mentre Ab rappresenta un altro ramo - A partire da Christ (1886) e Jaeger ( 1957) si ammette unanimemente che questi due rami dipendessero a loro volta all'origine da due distinte edizioni antiche della Metafisica.

    Ross ritenne che il peso di testimonianza testuale di EJ da un lato e di Ab dall'altro fosse pressoch equivalente. Nei punti in cui la loro lezione risulti discordante, si dovrebbe decidere in base al significato, alla perizia linguistica dell'autore e alla grammatica (Ross, p. CLXI). D'altra parte, gi lui stesso segnalava che il peso dei commentatori greci e delle traduzioni medievali, fa pendere lago della bilancia a favore di EJ (ivi, p. CLXV), e quindi consigliava, ceteris paribus, in caso di divergenze fra EJ e Ab di seguire preferibilmente EJ.

    Lavorando sul testo di Met. Z abbiamo ricevuto conferma di questa riserva nei confronti di Ab. Nel corso della verifica di numerosi passi, 1

    INTRODUZIONE Jl

    abbiamo potuto constatare che Ab offre un tsto pi scorreole di EJ. Questo dato, tuttavia, sembra nconduc1bile. 111 pa_recch1 s1 caratten tici a degli interventi regolatori sul testo anstotel1co. Tali 111tervent1 s1 s assono comprendere solo se si suppone che gli iniziatori della tradiione , con ogni probabilit editori di un'edizione del teto ritenuta

    antica, in alcuni casi non abbiano compreso delle odalira. espres_s1ve caratteristiche di Aristotele ma peraltro alquanto musuah, e qu111d1 abbiano ritenuto di dover intervenire sul testo apportandovi delle modifiche.

    Questi interventi ipotetici si possono suddividere in tre gruppi, pur con le solite imprecisioni dovute ai casi limite:

    (i) Normalizzazione del testo attraverso l'eliminazione delle ecce-zioni grammaticali, . (ii) Limatura del testo a seguito di reali o supposte mcongruenze contenutistiche,

    (iii) Regolarizzazione del testo mediante l'eliminazione di espressioni incomprensibili o mal comprese.

    Per il gruppo (i) adduciamo i seguenti esempi: 1) z 8, 1033 b 26-28: Ti 'l:Ov EioOv ai-tia . . . oev xptjcna. Al

    posto di xptjcna (come leggono EJ e lo ps. Alessandro nella sua parafrasi) Ab legge: XPTJ

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    32 FREDE I PATZI

    5) Un caso alquanto complicato di questo gruppo Z 8, 1033 b .5-6: avEpv apa O'tt OO i; doo ... o yiyvE'tat. La doppia negazione viene risolta da Ab lasciando cadere o (e per la verit anche da J aeger che fa cadere oo). Cfr. tuttavia il nostro commento al passo, in cui si chiarisce perch vada mantenuto il testo di EJ.

    Passiamo al gruppo (ii), portando come esempio alcune emendazioni del testo presenti in Ab, dalle quali si deduce che esse dipendono da difficolt contenutistiche:

    6) Un esempio particolarmente eloquente Z 7, 1032 a 27-28: niicrat O Ecr. V at 1t0t ijcrEt l it 'tXVTl l it O'llVcXEro l 7t otavoia. Ab fa cadere l prima di n 1xv11. Disturbava probabilmente il fatto che in a 12-13 XV1J stava accanto a O'Et e ad n i;ai;ocii;ou, mentre qui oltre a 'tXVTl compaiono anche ouvat e ltcivota. Lasciando cadere l prima di n 1xv11, ouvat e otcivota verrebbero ordinate sotto 1xv11. A tutto ci si oppone comunque il parallelo in E 1 , 1025 b 22-23 (gi cos anche Jaeger); per la discussione particolareggiata cfr. il nostro commento al passo.

    7) In modo simile Z 8, 1033 b 9: 1totEt yiJ.p K XaKO Ka. cra[pa. (EJ e la parafrasi dello ps. Alessandro). Al posto di Ka craipa Ab legge crapav. Questa modifica era probabilmente dovuta al fatto che risultava strano immaginarsi che si potessero prendere il bronzo e la sfera e formare con entrambe una sfera di bronzo. Il testo originario doveva essere tuttavia Ka cra[pa. (Cfr. il nostro commento al passo).

    8) A intento analogo risponde anche la sostituzione di oa (E, e J in corr. da oat) con E'io11 (Ab e ps. Alessandro nella parafrasi) in Z 14, 1039 b 18: li;\ov 011 oK i:cri;tv iOa ai;Ov o-\hro dl 11v am v. Con ci si intendeva probabilmente appianare la difficolt del fatto che Aristotele, con le parole ofrtro . . . sembrerebbe porre una riserva al suo rifiuto delle Idee.

    9) Analogamente in z 17, 1041 b 29-30: ;\;\' ocrat ocriat K

  • i I

    34 FREDE I PATZIG

    Le nostre modifich e del testo di J aeger vanno ricondotte in misura rilevante, come gi detto, al fatto di aver valutato differentemente il valore di testimonianza di Ab, il ch e costituisce comunque solo una parte delle nostre motivazioni. Un'altra parte altrettanto cospicua poggia su una considerazione pi attenta della tradizione indiretta, soprattutto della testimonianza di Asclepio, mentre in numerosi altri casi siamo stati dell'avviso che il senso rich iedesse un testo differente. Tutti i punti in cui ci siamo scostati dal!' edizione J aeger sono stati segnalati e giustificati nel commentario. Poich non ci stato possibile fare una nuova collazione dei manoscritti, ci siamo rifatti agli apparati critici di Christ, Ross e Jaeger, limitandoci a sottoporre a controllo i dati da essi forniti riguardo alla lezione del testo congetturabile da Asclepio e dallo ps. Alessandro, il che ha portato a formulare alcune correzioni. Stando cos le cose, si reso superfluo produrre un apparato critico.

    I 1

    INTRODUZIONE 35

    II. SULLA TRADUZIONE

    La traduzione di un testo filosofico deve cercare di rendere il pi fedelmente possibile lo svolgimento argomentativo che l'autore ha esposto nel testo originale e ch e il traduttore cerca di riprodurre nelfa propria lingua: su questo punto l'accordo pressoch unanime. E invece oggetto di discussione con quali mezzi sia possibile perlomeno avvicinarsi a un tale compito, ch e risulta intrinsecamente impossibile svolgere in modo completamente soddisfacente. Una tentazione costante consiste nel rendere il testo del!' autore pi ch iaro e comprensibile in traduzione di quanto non lo sia nell'originale, il ch e si verifica per lo pi ricorrendo ad aggiunte esplicative ch e non trovano alcuna esatta corrispondenza nel testo originale.

    Nel nostro tentativo di tradurre in tedesco il testo di Met. Z, ci siamo sforzati il pi possibile di astenerci da operazioni di questo genere. A nostro avviso, ci che nel greco di Aristotele appare goffo, oscuro o ambiguo, deve mantenersi tale anch e in tedesco. Questo modo di procedere si pu adottare soprattutto in casi analogh i al nostro, in cui sia possibile affiancare alla traduzione un esaustivo commentario in cui si renda opportunamente ragione delle difficolt testuali ch e il testo presenta. Noi diamo quindi per presupposto ch e la nostra traduzione venga utilizzata in costante riferimento al commentario.

    Alcuni traduttori recenti di Aristotele sono fermamente convinti del fatto che una traduzione fedele del testo greco aristotelico debba rendere in modo omogeneo e costante, ogniqualvolta esse si ripresentino, tutte quelle espressioni che ricorrono pi volte in Aristotele entro contesti differenti. Ora, ovvio ch e la traduzione non deve oscillare in modo arbitrario; d'altra parte, i differenti ambiti di significanza che, nel nostro caso, vengono ad assumere certe espressioni in greco e in tedesco, rendono tale obbligo inassolvibile per non dire insensato. Il termine " ')..,yeiv", ad esempio, viene impiegato da Aristotele per esprimere qualcosa che noi, a seconda del contesto, dovremmo tradurre con " dire" , " menzion3.re'1, " dichiarare" , formulare", " definire come tale", "sostenere" , ecc. Secondo il principio basilare formulato da F rege, ci si deve interrogare sul significato delle parole guardando al contesto e non soffermandosi sui singoli termini ( Grundlagen der Arithmetik, p. X). Le unit linguistich e ch e devono fungere da parametro per valutare l'esattezza di una traduzione non dovrebbero essere i termini, ma le proposizioni o le loro parti, e la corrispondenza il pi possibile precisa fra testo originale e traduzione dovrebbe riguardare i pensieri in essi espressi.

    Oltre ali' obbligo primario che si impone a una traduzione, tanto

  • 36 FREDE I PATZIG

    pi a qualla cli un testo filosofico, vale a dire cli riprodurre i nessi teorici il pi precisamente possibile, ci siamo preoccupati particolarmente cli trasmettere al lettore anche nella versione tedesca almeno una vaga impressione della forza e della vivacit, in vari punti anche della sorprendente semplicit e naturalezza dell'idioma aristotelico. Proprio sotto questo aspetto le traduzioni tedesche della Metafisica a partire da quella del Bonitz (che egli peraltro appront appena ventottenne, otto anni prima del magistrale commentario alla Metafisica e neppure pubblic) non risultano a nostro parere particolarmente felici. Anche nel Bonitz, la cui traduzione convince per acume filosofico e chiarezza, lo stile espositivo di Aristotele risulta costruito in modo scolastico, arido e protocollare. Di tutte le traduzioni moderne della Metafisica a noi note - e che siamo in grado cli valutare - quella di W D. Ross si avvicina maggiormente all'idea che ci siamo fatti di come andrebbe tradotto Aristotele. Ma lo stesso Ross, pur con i suoi grossi meriti nell'aver fornito uno stile espositivo vivace ed espressivo, in molti passi ha interpretato pi che tradotto il testo greco mediante aggiunte e chiarificazioni (ad es. 1029 a 1 1 ; 1029 b 30-3 1 ; 1036 b 34; 1041 a 2-3) .

    Una ben nota difficolt cli traduzione riguardante proprio Met. Z quella relativa ad alcune espressioni introdotte da Aristotele a scopo tecnico e che ricorrono assai frequentemente: (i) -r: -r:i v clvm, (ii) -r: tl crn, (iii) -r:68E n, (iv) o-Ucria, e (v) A.6yo. Siamo proceduti nel modo seguente:

    (i) Per il -i: tl v Etvm ci uniamo al parere di quanti lo ritengono up' abbreviazione di e.!? pressioni quali: tl i]v -r:tj civepromp civ eprom Eivm. Intendiamo l'i]v nel senso del cosiddetto "imperfetto filosofico", che non ha ovviamente alcuna corrispondenza in tedesco (secondo l'uso scientifico), e traduciamo cos: che cosa significa essere questo (Was es heillt, dies zu sein). Il Wesenswas di Bonitz ci appare del tutto incomprensibile; das wesentliche Sein di Rolfes troppo generico, come pure il Wesensbegriffo di Gohlke e il Sosein di Seidl, che egli ha preferito a Wesenswas nella sua nuova edizione riveduta della traduzione di Bonitz. Il che cosa significa essere questo deve essere inteso in modo tale che significhi che cosa fa ad es. di un uomo un uomo, di una casa una casa ( cfr. il nostro commentario a Z 2, 1028 b 34).

    (ii) tl crn v e -r: tl crn li traduciamo con: Che cosa qualcosa (Was etwas ist) oppure, qualora il rispettivo oggetto sia gi determinato: che cos' (Was es ist). Ein Was (Bonitz-Seidl) o Was eines Dinges (Rolfes) ci sembrano troppo distanti dal testo greco.

    (iii) -r:68E -r:t lo traduciamo sempre con un questo determinato (ein Dies von der Art), ove consideriamo il -r:68E come dimostrativo, 1

    INTRODUZIONE 37

    e il n come specificazione. Le traduzioni tedesche precedenti, come einzelnes Etwas (Bonitz) , Einzelnes (Dieses-da) (cos Seidl, il quale per non lo applica in modo omogeneo) oppure Dieses (Rolfes), sottolineano in modo unilaterale solo la componente dimostrativa. (Sui punti (ii) e (iii) cfr. il nostro commentario a Met. Z 1 , 1028 a 12).

    (iv) Il termine o-Ucria, dopo lunga riflessione, abbiamo deciso di lasciarlo non tradotto. Sia la traduzione pi frequente di SubstanZ (Rolfes, Lasson) che quelle di Wesenheit (Bonitz ) , Wesen (Substanz) (Seidl) o semplicemente Wesen (Gohlke) portano con s quasi inevitabilmente associazioni decettive (cfr. il nostro commentario a Z 1 , 1028 a 15).

    (v) A.6yo lo traduciamo, tutte le volte che sta a significare il AOyo di una cosa, con Forme!, appoggiandoci alla traduzione di Ross formula [ma in it. si preferito nozione, n.d.t . J . Begriffo (Bonitz, Seidl, Rolfes) , Ausdruck (Gohlke) o anche begrifflicher Ausdruck (Lasson) ci sembrano essere meno adeguati; perch un 6p1cr6 (definizione) secondo Aristotele ogni volta un A.6yo che deve per soddisfare ancora determinate condizioni (cfr. Z 4 e Z 5) . Gi da questo consegue che Begriffo non va bene come traduzione di A.6yo; perch un concetto piuttosto ci che viene formulato in un 6p1cr6 o in un A.6yo, non il A.6yo stesso. Ausdruck un' espressione chiaramente troppo ampia, in quanto i oym, intesi in questo senso, possono costituire solamente una sottoclasse delle espressioni.

  • 38

    III. ZH COME TESTO: IL TRATTATO INTORNO ALL' OUSIA E ALL'ENTE

    FREDE I PATZIG

    Il testo dei libri M e N si articola in due parti, la seconda delle quali si estende da M 9, 1086 a 2 1 fino al termine di N, comprendendo quella che per noi oggi la fine di M. Secondo un'antica tradizione, M e N vennero separati proprio in questo punto (cfr. Siriano, p. 160, 6), e c1 sono buone ragioni per ritenere che la divisione a noi nota sia dovuta a motivi tecnici legati al libro. A prescindere, per ora, da questo caso che, volendo seguire la suddetta antica tradizione, non costituirebbe neppure un'eccezione, va rilevato che tutti gli altri libri della Metafisica, ad eccezione di Z e H, costituiscono ciascuno per -propr10 conto un'unit relativamente conchiusa. Diversamente che per tutti gli altri libri della Metafisica, appare chiaro che H fu scritto allo scopo di proseguire l'indagine di Z. Non solo la prima frase di H costituisce un esplicito richiamo alla materia esposta in Z e afferma la necessit di portare a conclusione l'indagine ivi iniziata. Quasi tutto il primo capitolo di H viene speso per riassumere i guadagni di Z. I rimanenti capitoli di H seguono una linea di pensiero che si dipana a partire dalle riflessioni di Z. H come testo non potrebbe sussistere se non fosse preceduto da Z. La tesi enunciata nei due libri, e che riguarda la polivocit sistematica delle definizioni delle ousiai sensibili, coincide in modo sorprendente. La divisione dei libri Z e H sembra pertanto alquanto posticcia e potrebbe venire tracciata altrettanto plausibilmente in qualche altro punto.

    C' solo un dettaglio che sembrerebbe deporre contro la supposizione che H sia stato scritto insieme a Z: in H 3 , 1043 b 1 6- 1 8 Aristotele rimanda inequivocabilmente a Z 8 ; ma lo fa con le parole in altre esposizioni (v &A.A.ot), come se si riferisse a un altro scritto. A un'osservazione pi attenta, tuttavia, risulta che ci costituisce un indizio a favore piuttosto che contro l'originaria appartenenza di H a Z. Infatti, come avremo modo di vedere, ci sono alcuni elementi che porterebbero a ritenere che Z 7-9 sia nato in un altro contesto, e sia stato inserito in un secondo momento in Z.

    Mentre Z e H formano un'unit talmente stretta che non possibile pensare H senza Z, non altrettanto palese che anche 0 faccia parte di questa unit originaria.

    pur vero che anche 0 fa riferimento a Z fin dalla prima frase. Addirittura, nella seconda frase 0 fa riferimento all'inizio di Z con le parole nelle riflessioni svolte all'inizio (v w itp

  • 40 FREDE- I PATZIG

    mente di una diversa spiegazione. Ross, ad esempio, (lntroduction, p. XX) ritiene che Z 11 , 1037 a 12-13, e H 1 , 1042 a 23 rimandino a M e N. Questi passi si possono per interpretare anche in altro modo.

    Ci risulta evidente se si pone mente al fatto che Z e H costituivano tutt'al pi l'inizio di uno scritto progettato come molto pi ampio, e che ci pervenuto solo in parte, oppure, cosa pi probabile, che non fu mai concluso. Cos, ci sono parecchi rimandi in Z al fatto che l'indagine dovr occuparsi anche di stabilire se esista un tipo di ousia immateriale e separata, anzi che la trattazione di questo problema costituisce addirittura il punto culminante dell'indagine (cfr. Z 2, 1028 b 30-3 1 ; Z 3 , 1029 a 33 - b 12; Z 1 1 , 1037 a 10-17; Z 17, 1041 a 7-9). Ma nessuno potr vedere in questi passi dei riferimenti a Met. A, poich dai primi capitoli di A evidente che A costituisce una versione parallela del trattato che inizia con Z, e non una continuazione o un completamento dell'indagine ivi svolta. Sembra piuttosto che A sia stato scritto prima di dare inizio alla Metafisica, e che Aristotele ricorse a questo testo per disporre di una qualche trattazione dell' ousz immateriale. In modo analogo si dovrebbero intendere i passi addotti da Ross. Gi in Z 2 Aristotele promette di affrontare alcune precise teorie platoniche riguardanti I' ousia. Tale promessa verr mantenuta con le due versioni della critica delle teorie platoniche contenute in M e N. Ma la questione se anche una sola di queste due versioni sia stata composta subito di seguito a Z e H, per mantenere la promessa fatta, deve rimanere aperta. pi probabile che almeno una delle due versioni sia sorta indipendentemente da Z e H; in ogni caso probabile che Aristotele abbia steso l'altra versione mentre compilava la Metafisica. Dobbiamo dunque supporre che Z e H, stesi dapprima come inizio di un trattato autonomo Sul!' ousia o Sul!' ousia e l'ente, vennero pi tardi inclusi nella compilazione della Metafisica.

    Come la Metafisica nel suo complesso non venne scritta tutta di seguito, ma si compone di elementi effettivamente eterogenei, cos neppure Z e H costituiscono un testo unitario, ma lasciano trasparire strati di composizione differenti.

    In ogni caso, ci sono due sezioni del testo che in un modo o nell'altro saltano all'occhio e che sembrano essere state inserite in un secondo tempo nel testo di Z e H: si tratta dei capitoli 7-9 e del capitolo 12.

    Nel testo dei capitoli 7-9, come prima cosa si nota anche esteriormente che esso non connesso al testo precedente da nessuna particella congiuntiva. E neppure il capitolo 10 si congiunge al capitolo 9, ma ritorna piuttosto alla discussione dei capitoli 4-6. Sembra piuttosto che i capitoli 7-9 interrompano alquanto bruscamente la naturale connessione di 4-6 con 10. Anche l'esauriente sintesi delle riflessioni condotte nei capitoli 4-11 , che si trova nella seconda parte del capitolo 1 1 , 1037

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    INTRODUZIONE 41

    a 2 1 - b 7, non fa alcun cenno al contenuto dei capitoli 7-9' .E tantomeno Io fa lesauriente sintesi di Z che troviamo in H 1. Per fmire, anche se H 3 , 1043 b 16-18 rimanda a Z 8, o pi precisamente a considerazioni analoghe a quelle sviluppate in Z 8, Io fa come se si trovassero in un' altro scritto (liOEtK'tat . .. V aOt).

    Sembrerebbe quindi che Z 7-9 originariamente non facessero parte di ZH e che siano stati aggiunti nel testo da Aristotele solo in un secondo momento. A favore del fatto che sia stato lo stesso Aristotele a inserirli nel testo depone quanto gi ricordato, e cio che e 8, 1049 b 27-29 sembra riferirsi a questo capitolo considerandolo gi come parte della trattazione Sul!' ousz. In ogni caso, un editore posteriore si sarebbe difficilmente azzardato a inserire il testo in questo punto, in cui disturba palesemente il contesto. Solo dopo un'attenta considerazione si nota in che modo queste riflessioni, che non risultano adeguatamente integrate nel testo, preparano tuttavia allo sviluppo tematico di Z 10 e 11 . Tuttavia, un passo di Z 15 che non abbiamo ancora menzionato, 1039 b 26-27, solleva alcuni dubbi riguardo a questa spiegazione. Qui Aristotele rimanda nuovamente a Z 8, ma come se si trattasse di una parte dello stesso scritto. D' aitra parte, lecito supporre che questa frase in Z 15, la cui sottrazione dal testo non comporta fra l'altro alcuna perdita per il testo stesso, facesse parte di una revisione di Z e H fatta in seguito all'aggiunta di Z 7-9. In ogni caso, a fronte lella situazione altamente complessa, questa spiegazione sembra essere ancora di gran lunga la pi semplice. possibile spiegare anche come mai Aristotele awertisse la necessit di un testo come quello di Z 7-9 come parte di Z proprio in questo punto, dove interrompe lo sviluppo argomentativo. Come testimoniano gi i rimandi cui si fatto cenno, Aristotele ha bisogno dei ragionamenti sviluppati in Z 7-9 per mettere in chiaro che, accanto all'oggetto sensibile, necessario porre anche una forma, che questa forma si differenzia in modo sostanziale dall' oggetto sensibile, ad es. per il fatto di non essere soggetta al processo di generazione e corruzione, e che la forma costituisce la natura o I' ousia dell'oggetto sensibile, cio quello che l'oggetto propriamente . Tutto questo apre la strada alla tesi centrale - e alquanto sorprendente - formulata in Z 10-11 , che la definizione di una cosa solo ed esclusivamente definizione della sua forma. Definire una cosa significa definirne la forma, perch la forma la cosa stessa, rispetto alla quale la materia e gli attributi (mi0ri) sopraggiungono in modo quasi solo esteriore.

    La seconda porzione di testo per la quale sembrerebbe trattarsi di un inserimento posteriore il capitolo 12. La prima cosa che salta all'occhio di questo capitolo il suo carattere frammentario. Per ben tre volte nel corso di esso Aristotele afferma che tratter dapprima di un tema ben preciso e promette al contempo di trattarne un altro nel

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    42 FREDE I PKfZIG

    seguito della ricerca; ma poi ogni volta l'aspettativa suscitata viene disattesa dal testo. Gi nella prima frase 1037 b 8 si parla di un prima di tutto cui non fa seguito un dopo. In 103 7 b 28 Aristotele intende trattare per primo un certo tipo di definizioni senza che nel seguito del testo si arrivi mai a trattarne un secondo. E infine nell'ultima frase, 103 8 b 34-3 5 , si dice che, per quanto concerne questo tipo di definizioni, basti per ora quanto detto, senza che nel seguito del testo si ritorni mai a parlarne.

    Ci che colpisce di questo capitolo anche la sua collocazione nel testo. Il riassunto contenuto nella seconda parte di Z 1 1 sembrava dover svolgere la funzione di ricapitolare e concludere la discussione riguardo al che cosa significa essere questo e quella ad essa congiunta riguardo alla definizione, per poi passare a trattare di un altro dei quattro candidati al titolo di ousia. E, in effetti, Aristotele inizia il capitolo 13 affermando che di due dei suddetti candidati si gi parlato e che giunto il momento di passare al terzo. Ne consegue che le spiegazioni sulla definizione fornite nel capitolo 12 ce le si dovrebbe aspettare prima della seconda parte del capitolo 1 1 , e non nella loro collocazione attuale, dove invece disturbano il naturale passaggio dal capitolo 1 1 al capitolo 13. E proprio a questo riguardo, risulta anche degno di nota il fatto che la sintesi di Z che troviamo in H 1 , 1042 a 18-22, salta da Z 1 1 a Z 13, senza spendere neppure una parola su Z 12. Del resto, difficile pensare che Aristotele in Z 1 1 , 1037 a 18-20, allorch rimanda a un'indagine successiva, avesse in mente queste spiegazioni del capitolo 12, perch il capitolo 12 separato da questo rimando solo mediante le venti righe di riassunto della seconda parte del capitolo 1 1 . Sembra piuttosto che egli abbia in mente le spiegazioni di H 6 , che ritornano sul medesimo tema ma senza spendere una parola sulle precedenti delucidazioni fornite al capitolo 12.

    Anche la fine del cap. 13 non fa menzione delle spiegazioni di 12; bench la difficolt ivi sollevata e la cui soluzione viene promessa per dopo (cfr. 1039 a 22-23) in un certo senso sia gi stata risolta in Z 12. Infatti, la difficolt del come si possa dare una definizione complessa di un'ousia, dato che nessuna ousia pu risultare da una somma di ousiai effettive, era gi stata risolta in quel punto spiegando che una definizione, ultimamente, si compone solo del genere e della differenza (specifica), ma che il genere non va considerato come un' ousia effettiva e indipendente accanto alla differenza. Ma, al termine del cap. 13 , Aristotele parla come se la difficolt non fosse stata ancora risolta, il che si giustifica solo supponendo che, nel momento in cui venne scritto Z 13 , Z 12 non facesse ancora parte di Z.

    Sono dunque molti gli elementi che lasciano supporre che il cap. 12 costituisca un'inserzione nel testo di ZH. Non risulta invece chiaro

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    INTRODUZIONE 43

    come ci si possa spiegare tale inserzione e perch essa abbia avuto luogo proprio in questo punto. Una possibilit potrebbe essere questa: colpisce il fatto che Z e H siano di lunghezza disuguale; mentre Z comprende quasi 13 pagine dell'edizione Bekker, H si limita a quasi 3 . Se proviamo a immaginarci che la suddivisione del testo di Z e H cadesse originariamente alla fine del cap. 1 1 dopo il riassunto, otterremmo una suddivisione molto pi equilibrata fra i due libri, rispettivamente di otto pagine e mezza e sei pagine e mezza, considerato che i capitoli Z 7-9 non contano. Potrebbe quindi darsi che Z 12 fosse un testo composto in altra occasione e che venne attaccato solo prowisoriamente al punto in cui originariamente finiva il libro, in attesa di venire inserito organicalI!ente al posto giusto in una revisione successiva del testo.

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    44 FREDE I PATZIG

    IV. NEL CONTESTO DELLA METAFISICA

    Quando ci domandiamo quale collocazione spetti a ZH e, per quanto ci riguarda, soprattutto a Z nel contesto di tutta la Metafisica, dobbiamo innanzitutto richiamare alla memoria alcuni risultati generalmente condivisi dell'indagine aristotelica pi recente, in base ai quali si ritiene che la silloge a noi tramandata sotto il nome di Metafisica consista in una serie di testi che solo dopo la morte di Aristotele vennero raccolti nella sequenza a noi nota da qualcuno incaricato di amministrarne il lascito letterario. Il titolo 't E't 't ucrt Ka non deriva certo da Aristotele, il quale non parla mai di metafisica ma di filosofia prima. Il titolo tramandatoci ha presumibilmente (malgrado le obiezioni sollevate fra gli altri da H. Reiner) un significato tecnico: questi libri vennero ordinti nel corpus delle opere aristoteliche dopo la serie delle opere fisiche. E ovvio che a favore dell'inserimento proprio in questo punto dovettero giocare un ruolo importante anche ragioni di ordine contenutistico.

    Alcuni di questi scritti sono chiaramente delle trattazioni autonome riguardanti temi differenti, e Aristotele non li aveva concepiti con l'intento di farli convergere in un contesto pi ampio. Questo vale, secondo un giudizio oggi unanimemente condiviso, per i libri a, b., K e A (dei quali tratta in modo sintetico e esaustivo Ross nell'Introduzione alla sua edizione della Metafisica, pp. XXIV-XXIX).

    Per quanto riguarda il rapporto sussistente fra i rimanenti dieci libri A, B, r, E, Z, H, 0, I, M, N le opinioni emerse dal dibattito degli esperti sono assai varie e contrastanti, al punto che non qui possibile elencarle n tentare di darne una valutazione, tanto pi che ci non richiesto dalla comprensione di Z. Dobbiamo accontentarci di accennare ad alcuni fatti importanti.

    Secondo l'opinione pressoch unanime, i libri A, B, r sono strettamente interconnessi, e proprio in questa sequenza. In A, dopo alcune considerazioni di carattere fondamentale, Aristotele fornisce un'introduzione di carattere storico (analogamente a quanto fa anche nel De anima e nella Fisica) , nella quale cerca di far vedere che, nella storia della filosofia precedente, insita una linea di sviluppo che tende a farsi scienza dei principi primi e supremi del!' essere, guarda caso proprio sulla scorta della dottrina delle quattro cause da lui sviluppata per la prima volta in maniera sistematica. Il libro B fornisce un elenco di 15 problemi, nonch un abbozzo delle relative soluzioni, che si pongono partire dalla Scienza di cui siamo in cerca (TJ S1']'tOUVT) mCT'tT)T): A 2, 982 a 4; B 1, 995 a 24), o della filosofia prima (npW'tT) tA.ocroi.a), come verr chiamata in seguito (E 1, 1026 a 16, a 24).

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    INTRODUZIONE 45

    I primi quattro di questi problemi riguardano la possibilit e la peculiarit di una scienza di tal fatta; i restanti undici problemi pongono domande contenutistiche, la cui soluzione costituirebbe appunto il compito di una tale scienza.

    La maggioranza di questi problemi viene trattata nei rimanenti libri della Metafisica saltuariamente in modo esplicito, per lo pi implicito, 0 almeno in modo tale che risulti chiaro come Aristotele li risolverebbe. Ecco che questo catalogo di problemi in cui consiste Met. B costituisce una sorta di filo conduttore, peraltro assai debole, delle discussioni che verranno sviluppate nei libri seguenti.

    Il libro r risponde in modo ora esplicito ora implicito ai primi quattro problef!!i ma, in connessione con la trattazione e risoluzione positiva del secondo - se la scienza di cui siamo in cerca debba indagare anche i principi della dimostrazione - offre subito anche un'indagine contenutistica proprio di questi principi della dimostrazione: il principio di non contraddizione e il principio del terzo escluso. In Met. E vengono riprese le considerazioni di r 1 e 2 riguardo alla scienza dell'essere in quanto essere e viene avanzata l'idea che questa scienza dovrebbe essere al tempo stesso generale e speciale, vale a dire che dovrebbe essere scienza anche del!' ousia immobile e separata, ovvero teologia. In ci si distingue dalla fisica e dalla matematica (le altre scienze teoretiche) i cui oggetti, pur essendo separati, non sono immobili (come per la fisica) oppure, pur essendo immobili, non possono esistere separatamente (come per la matematica). Il fatto che E appartenga alla serie A, B, r viene provato, oltre che da questa connessione a r presente in E, anche dalla prima parte di K, nella quale viene parallelamente esposto in modo continuativo lo sviluppo tematico di BfE. (K 1-8 con ogni probabilit la trascrizione compilata da un allievo di una serie di lezioni tenute dallo stesso Aristotele).

    Z, H e 0 sono evidentemente alquanto indipendenti da questo gruppo. ZH sono sorti probabilmente come trattazione appositamente _ dedicata al ruolo della forma nel!' ambito delle ousiai sensibili. 0 rimanda a Z con le parole: wcr7tEp c'fooEv V 'tot 7tpW'tot oyot (0 1, 1045 b 3 1 -32) e EipT)'tO'.l o v 'tOt 7tEp. 'ti oucria oyoi (0 8, 1049 b 27-28).

    Da ci risulta che Z costituiva il primo libro di un'opera di cui faceva parte anche 0 e che, ciononostante, Z aveva anche un titolo particolare: 7tEp. 't oucria (cfr. Z 12, 1037 b 10). Infatti, anche il libro I -che autonomo e tratta dell'uno e dell'unit - fa riferimento a Z con il seguente rilievo: K0'.0U7tEp V 'tOt 1tEp. OUOtO'. KCX. 7tEp. 'tOU ovw EipT)'tat 1'.oyot (I 2, 1053 b 17- 1 8).

    Anche ZH rimandano pi volte al di l del loro contsto: in parecchi punti si sottolinea con decisione che le indagini condotte in Z e H

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    46 FREDE I PATZIG

    riguardo alla definizione formale delle ousiai sensibili (naturali) dovrebbero preparare il terreno alla molto pi importante spiegazione scientifica ddle ousiai o dell' ousia soprasensibile e eterna. Ci si verifica in Z 2, 1028 b 28-32; Z 3 , 1029 b 3-12; Z 1 1 , 1037 a 10-17; Z 17, 1041 a 7-9; H 1 , 1042 a 22-24. I passi da Z 1 1 e H 1 si potrebbero interpretare come rimandi ai libri M e N, nei quali Aristotele avanza la sua critica alle dottrine platoniche riguardanti le Idee e le Idee Numeri; invece, i passi in Z 2 , Z 3 e Z 17 costituiscono un rimando anticipatore a una dottrina positiva sull'esistenza, la peculiarit e il significato del!' ousia (ouszai) soprasensibile. In M e N essa non viene fornita; ma anche in M 1 , 1076 a 10-16 la critica delle antagoniste dottrine platoniche viene caratterizzata come semplice preparazione all'esposizione in positivo della dottrina aristotelica, al cui annuncio, per, non non tiene dietro nemmeno qui svolgimento alcuno. M, per parte sua, in M 1 , 1076 a 9-10, rimanda a Z, distinguendo chiaramente fra le indagini sulla sostanza sensibile in Z e quelle della Fisica.

    Jaeger ha sostenuto la tesi che i libri ZHE> non avrebbero potuto originariamente far parte della Metafisica, in quanto la filosofia prima aristotelica nella sua forma originaria (platonizzante) non era altro che una scienza delle sostanze soprasensibili e eterne. Solo in una concezione posteriore, radicalmente mutata, della filosofia prima avrebbero trovato posto ZHE> con la loro concentrazione sulle ouszai sensibili. Tutti i rimandi che abbiamo menzionato alla connessione sottolineata da Aristotele fra le indagini di ZH e i problemi ddl'esistenza di sostanze soprasensibili vengono spiegati da J aeger come inserzioni e aggiunte successive introdotte da Aristotele allorch volle inserire nella serie dei libri di partenza i libri sulla sostanza ZHE>, per formare la sua (nuova) filosofia prima. Noi riteniamo infondata l'idea di una metafisica originaria (Urmetaphysik) e di una redazione radicalmente rinnovata della filosofia prima in epoca posteriore. vero, piuttosto, che la tendenza a visioni di ordine generale, e al tempo stesso alla conoscenza degli oggetti divini e supremi (A 2 , 983 a 6-7), risulta radicata fin dal principio nella co ezione aristotelica di una filosofia pnma.

    E neppure pu risultare convincente la co inzione di J aeger secondo cui Aristotele, in un primo tempo, avrebbe attribuito ZHE> alla Fica e solo successivamente avrebbe abbracciato l'idea che anche le ousiai sensibili appartengono alla filosofia prima. Tutto dipende, piuttosto, dal modo in cui un argomento viene trattato: considerazioni di ordine generale, come quelle sul rapporto tra forma e materia, sul!' ousza di ogni singola cosa, sull'unit delle definizioni e sull'unit degli oggetti delle definizioni competono alla filosofia prima, e non competono al fisico, cui spetta piuttosto di indagare intorno alla forma e

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    INTRODUZIONE 47

    alla materia particolare di tipi di oggetti ben precisi. r; approfondimento del ruolo specifico che la forma, in quanto o usta, gioca anche rispetto alle sostanze sensibili costituisce, piuttosto, il presupposto all'indagine in quei campi nei quali la sensazione non pu pi fungere da fonte di conoscenza.

    Rimane corretto affermare che Z, H e E> portano in s chiare tracce di una precedente autonomia in qualit di scritto indipendente (o di scritti, poich possibile che E>, rispetto all'intimo legame sussistente fra ZH, fosse a sua volta autonomo) . Anche riguardo al modo di affrontare singole questioni assai importanti, sussistono importanti differenze fra ZH e gli altri libri, ad es. sul problema se si debba o meno menzionare la materia nella definizione delle cose concrete (cfr. il nostro Commentario a Z 1 1 , 1036 b 29). Ma da ci non consegue nulla sulla loro finalit filosofica, n tantomeno che Aristotele avrebbe introdotto questi libri nel contesto della filosofia prima solo dopo aver impresso al concetto di filosofia prima una svolta radicale, come viene postulato da J aeger.

    Purtroppo ne sappiamo ben poco su come avrebbe dovuto risultare la dottrina positiva delle sostanze immateriali, per la quale, secondo le parole di Aristotele, ZH costituiscono una preparazione importante. M e N offrono, come gi detto, solo critiche, ma nessuna teoria positiva. Forse solo A pu fornirci un'idea vaga della dottrina positiva riguardante le ouszai immateriali ed eterne. Resta il fatto che certo A non quell'indagine dettagliata che Aristotele aveva a pi riprese annunciato nei rilievi anticipatori di Z e H (cfr. Introduzione, III).

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    V. LO SVILUPPO TEMATICO DI METAFISICA Z

    La Metafisica nel suo complesso, ad eccezione dei quattro libri di cornice a, Ll., K e A (cfr. su questo punto Introduzione, IV) consiste, come emerso nella sezione precedente, di numerose parti reciprocamente indipendenti, la cui connessione viene per garantita da un programma comune, e in particolar modo dal catalogo di problematiche esposto in B . Questo schema si ripropone nella struttura interna di Z, il libro di gran lunga pi ampio della Metafisica. I suoi 17 capitoli formano sette gruppi: Z 1-3, Z 4-6, Z 7-9, Z 10 e 1 1 , Z 12, Z 13-16 e Z 17.

    Riguardo a Z 7-9 (sui processi di generazione) e a Z 12 (sull'unit fra definizione e oggetto di definizione) emerge particolarmente il fatto che essi sono stati inseriti nello sviluppo tematico di Z successivamente (cfr. sezione III). Tuttavia, anche Z 4-6 (sul che cosa significa essere questo) non sembrano collegarsi in modo diretto a Z 3 ; l'inizio di Z 13 si riallaccia a Z 7-9 o addirittura a Z 4-6, saltando Z 10 e 1 1 (e naturalmente Z 12), cos che Z 10 e 1 1 dovrebbero sembrare qualcosa di pi di un mero excursus sul problema del rapporto fra le parti e il tutto; e Z 17 inizia esattamente rilevando che la questione fondamentale dell' ousia va ripresa a partire da una nuova prospettiva.

    Tuttavia, anche nel libro Z si riesce a distinguere un filo conduttore che tiene unite le parti, se pure non in modo stringente: Z 1-3 pongono la questione nominando e presentando i candidati principali al ruolo di ousia: il che cosa significa essere questo, l'universale, il genere e il sostrato (Z 3, 1028 b 33-36). La parte pi consistente di Z 3 offre la prova che la materia, che pure sembrerebbe il candidato pi ovvio e visibile al ruolo di sostrato, non pu tuttavia sostenere da sola e in misura prioritaria quello di ousia.

    Z 4-6 prendono in esame il carattere di ousia del secondo candidato, il che cosa significa essere questo, che in Z 3 era stato menzionato per primo (sulla leggera frattura derivante dal fatto che al termine di Z 3 viene annunciata un'indagine sulla forma dell'ousia sensibile, mentre poi Aristotele comincia a trattare del che cosa significa essere questo senza soffermarsi sul suo rapporto con la forma, cfr. le considerazioni introduttive nel Commentario a Z 4).

    In Z 4-6, svolgendo un'argomentazione dettagliata ma assai confusa, a tratti perfino difficile da comprendere, Aristotele vuole dimostrare che (i) solo le ousiai primarie (cio le forme) possono avere un che cosa significa essere questo (Z 4, 1030 a 1 1-13) o, per dirla in modo meno deciso, che solo delle ousiai pu darsi una definizione e quindi un che cosa significa essere questo in senso stretto. Z 5 rinforza la

    INTRODUZIONE 49

    tesi (i) tentando di dimostrare che soprattutto le propriet non possono essere definite in senso stretto, in quanto la loro definizione non potrebbe risultare altro che da aggiunzione, il che in Z 4, 1029 b 29 ss. era stato caratterizzato come un difetto che squalifica tali definizioni. z 6 fornisce argomenti a sostegno della tesi (ii), che il che cosa significa essere questo coincide con la rispettiva ousia (primaria) ( cfr. Z 6, 1032 a 4-6, unitamente a 1031 a 17-18).

    Questo plesso argomentativo viene interrotto una prima volta in Z 7-9, dedicati ai processi di generazione. Aristotele distingue in tutti i processi di questo tipo tre momenti o fattori: (i) ci da cui qualcosa si genera, (ii) ci ad opera di cui si genera e (iii) ci che viene generato, cio, qual il fine del divenire del diveniente. I processi di generazione naturali sono caratterizzati dal fatto che in essi tutti e tre i momenti rientrano nell'ambito delle cose della natura; i processi di produzione tecnica si distinguono da essi per il fatto che il principio di generazione non consiste nella forma di un oggetto naturale, come quella del padre che genera un altro uomo, ma nella forma del prodotto concepita dall'anima del produttore: nel caso del medico la salute, nel caso dell'architetto la casa. Dopo un'analisi approfondita del processo di produzione tecnica, contraddistinto da una fase di riflessione sui mezzi adatti e della produzione che procede in senso contrario, nella parte conclusiva di Z 7 Aristotele illustra il ci da cui della generazione, cio la materia, e il suo ruolo.

    Z 8 si interroga su che cosa significa che ci che si genera diviene un qualcosa. Aristotele elabora la tesi secondo cui ci avviene in virt di una forma che, in quanto tale, non si genera n si corrompe, ma si realizza con il generarsi della cosa concreta di cui essa forma, e scompare con il corrompersi della cosa. Dato che questa teoria potrebbe far venire in mente la dottrina delle Idee platonica, nella parte conclusiva Aristotele si preoccupa di far vedere che porre delle forme generali della casa e della sfera accanto alle singole case e alle singole sfere non faciliterebbe affatto la comprensione della generazione di queste cose, anzi la ostacolerebbe.

    In Z 9 Aristotele si domanda come mai alcune realt che di regola vengono prodotte dall'arte possono anche generarsi in modo spontaneo come, ad es., la salute, mentre altre, come le case, no. Egli cerca la risposta nelle qualit particolari della materia coinvolta in ciascun processo.

    Per quanto interessanti possano essere, di per s, le riflessioni sviluppate in Z 7-9, non facile tuttavia comprendere quale contributo esse apportino, in questa precisa sede, allo sviluppo tematico del libro Z, dedicato alla definizione dell' ousia delle cose. Ciononostante, si pu arrivare a comprendere perch Aristotele abbia inserito a questo punto

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    50 FREDE I PATZIG

    i capitoli 7-9: in quanto chiariscono bene il fatto che la forma "immateriale" svolge un ruolo decisivo nella generazione delle cose, essi preparano e facilitano la comprensione della tesi predominante di Z 10 e 1 1 secondo cui I' ousza di ciascuna cosa, vale a dire ci che essa intimamente, non pu essere altro che la sua forma.

    Le indagini intricate che Aristotele sviluppa con particolare acume in Z 1 O e in Z 1 1 sono dedicate al rapporto fra il tutto e la parte. Aristotele si domanda: (i) se le parti della cosa debbano essere menzionate nella sua definizione, e (ii) in che senso le parti siano prioritarie rispetto all'intero o, viceversa, l'intero rispetto alle parti. Tale problema viene discusso sia a partire dalle parti della nozione (e della definizione) che a partire dalle parti del concreto. Alla prima domanda si risponde che solo le parti della forma e non le parti materiali dell'oggetto concreto possono e devono trovar spazio nella nozione. La seconda domanda conduce a una serie di distinzioni sottili: pur vero che, in linea generale, le parti della nozione sono ad essa preordinate; ma potrebbero anche darsi parti della nozione poste sullo stesso livello rispetto ad essa, ad es. le differenze specifiche. Rispetto alla cosa concreta, poi, le parti della nozione sono senz'altro anteriori, in virt della priorit della forma rispetto al concreto. Le parti materiali, che non trovano mai spazio nella nozione, sono di regola anch'esse preordinate alla cosa concreta di cui sono parti. Tuttavia gli organi di un organismo, ad es., sono posteriori rispetto ad esso; un dito quello che solo in quanto parte di un organismo, di cui parte funzionante. Tutto dipende, dunque, da come queste parti vengono descritte: in quanto dito, ad es. la parte posteriore al tutto; ma se lo caratterizziamo in quanto tessuti e ossa, allora risulta anteriore all'organismo.

    Z 1 1 prosegue la dicussione rilevando che i risultati di Z 10 non sono ancora applicabili al singolo caso concreto, in quanto non ancora stato chiarito cosa Vf!.lga come parte della forma e cosa come parte dell'oggetto concreto. E diffusa sia la tendenza a trattare le parti materiali come se fossero parti della forma, sia la tendenza opposta (specie da parte di alcuni filosofi) a considerare come mera parte materiale dell'oggetto concreto ci che in realt parte della forma, e quindi a escluderla dalla definizione. La seconda parte di Z 1 1 (da 103 7 a 10) fornisce sia un anticipo dello sviluppo successivo dell'indagine che una retrospettiva di quanto detto finora in Z, pur limitandosi a tener conto soltanto di Z 4-6 e di Z 10- 1 1, e non preoccupandosi di mantenere lordine degli argomenti nella ricapitolazione.

    Z 12 un'inserzione (cfr. Introduzione III), in cui ci si domanda come sia possibile che ci che viene definito in una definizione che consta di parti sia tuttavia uno. La risposta a questa domanda viene data limitatamente alle definizioni costituite dal genere e dalle differen-

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    INTRODUZIONE 51

    ze: ogni definizione di questo tipo si pu trasformare in una definizione che si ottiene da un genere e dalla differenza ultima; di questi, il genere soltanto la materia della differenza ultima, cos che quest'ultima che corrisponde alla cosa da definire. Della discussione e soluzione di definizioni di altro tipo che Aristotele aveva annunciato all'inizio del capitolo ( 1037 b 28) in Z 12 non c' traccia.

    In Z 13, che assume particolare rilevanza nel contesto tematico di Z, Aristotele ritorna alla lista dei candidati al ruolo di ousza elencati in Z 3. Siccome due di essi sono gi stati trattati, vale a dire il che tosa significa essere questo e il sostrato, rimane da trattare solo dell'universale e della sua aspirazione al ruolo di ousza. (Sulla tacita eliminazione del genere e sulla necessit dell'eliminazione di Kat 1 EK 1ou1cov in 1038 b 3 , cfr. il Commentario al passo relativo).

    Aristotele chiarisce dunque in modo inequivocabile che nulla di universale pu essere ousza. Il che significa un rifiuto non solo della teoria platonica delle Idee, ma anche della teoria che egli stesso aveva precedentemente elaborato nelle Categorie, secondo cui generi e specie sarebbero almeno ouszai seconde.

    In Z 14 si procede a un'applicazione sistematica di questo principio alla platonica dottrina delle Idee; Z 15 ritorna sulla considerazione fatta al termine di Z 13 che si dovrebbe chiarire in che senso possa darsi una definizione dell'ousia e in che senso non si possa. Nella prima parte di Z 15 Aristotele vuole mostrare che i singoli oggetti di percezione non si lasciano definire; nella seconda parte tale considerazione viene estesa anche agli oggetti sensibili incorruttibili (come i pianeti) , dal che Aristotele sembra trarre l'ulteriore conseguenza che neppure le Idee si lasciano definire ( 1040 a 8).

    Z 16 non si connette immediatamente a Z 15, ma riprende alcuni dei candidati al ruolo di ousza avanzati in Z 2, 1028 b 9-13: n le parti degli esseri viventi n i "semplici" corpi, vale a dire gli elementi e la loro congiunzione sono in grado di soddisfare gli stretti criteri appena elaborati per contraddistinguere I' ousza. Segue un passo debolmente connesso sull'uno e sull'essere, e poi un'argomentazione tesa a dimostrare che neppure questi possono dirsi sostanza di tutto, dal momento che nulla di ci che comune pu essere ousia. Un passo ulteriore, anch'esso connesso al precedente in modo debole, accorda ai Platonici, malgrado tutti i loro errori, delle motivazioni filosofiche di tutto rispetto. Si farebbe fatica a trovare un nesso sostanziale fra Z 16 e Z 13-15, se non fosse per una ricapitolazione dei due principali risultati di Z 13-16 che si trova al termine di Z 16: nulla di ci che comune pu essere ousia, e nessuna ousza, da parte sua, pu risultare da altre ousiai.

    Dopo aver escluso, nel corso delle argomentazioni sviluppate fino a

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    questo punto, che la materia e ci che comune (l'universale) possano essere candidati al ruolo di ousia (sebbene la materia venga considerata ousia a un grado inferiore: cfr. Z 3 , 1029 a 32, e H 1, 1042 a 26-28), in Z 17 Aristotle ritorna al che cosa significa essere questo, e pertanto alla forma. E come se iniziasse da capo, in quanto si ricollega a una considerazione che era gi echeggiata ad es. in Z 9, 1034 a 3 1 e in Z 13, 1038 b 6-19: l'ousza deve rappresentare anche il fondamento, UPX1 Ka ahia, di ci di cui ousia. Questo punto era gi stato formulato in f>. 8, 1017 b 15-16: una delle valenze dell'ousia di essere ahwv -coi et vm... olov Ti 'lfUX1 -ci ro(J). E in Z 17 Aristotele vuol far vedere che tutte le richieste di spiegazione, se ben formulate, in sostanza si possono intendere come se chiedessero come mai questo (ad esempio la forma della casa) emerge in quest'altro (ad es. nel materiale da costruzione). E cos in Z 17, prima di rivolgersi, come progettato ( 1041 a 7-9), all'indagine delle ouszai sovrasensibili, Aristotele tiene come punto fondamentalmente acquisito che, per quanto riguarda I' ousza degli oggetti materiali, essa non pu consistere in altro che nella forma (scevra di materia).

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    INTRODUZIONE 53

    VI. LA DOTTRINA DI METAFISICA Z

    La questione dell' ousia costituisce il nucleo tematico di Z. Se si vuole comprendere Z, necessario prima guadagnare un accesso intuitivo a tale questione. Infatti, solo comprendendo adeguatamente tale questione potremo comprendere anche il modo in cui Aristotele si sforza di risolverla.

    Nell'interrogarsi sull' ousia, Aristotele intende chiaramente porsi davanti a una questione che gi i Presocratici avevano dibattuto, perlomeno in modo implicito (cfr. Z 1 , 1028 b 2-4; Z 13 , 1039 a 9-1 1). E al pi tardi con Platone, che sembra avere per primo introdotto il termine ousza nel linguaggio filosofico, e con i suoi discepoli che la questione viene posta in modo esplicito; e, dal fatto che in Z Aristotele torna continuamente a discutere le loro posizioni, si arguisce che egli considerava le loro risposte come concezioni alternative rispetto alla teoria che egli cerca di elaborare in questo libro.

    Qualora si traducesse O>, intendendo il termine gi in senso aristotelico, si smarrirebbe questo importante nesso storico. Giacch n i Presocratici n i Platonici si sono interrogati sulla sostanza intesa come la intende Aristotele. Il concetto di sostanza, ad es. nella forma che gli viene conferita nelle Categorie, costituisce gi una risposta ben precisa alla domanda che viene posta qui, e oltretutto si tratta di una risposta che lo stesso Aristotele in Met. Z sottopone a revisione radicale.

    Il concetto di ousia sembra indicare in primo luogo semplicemente il concetto di quella realt che in senso primario, dal cui essere dipende l'essere di tutto il resto, e a partire dal quale quindi possibile spiegare l'essere di tutto il resto.

    Certamente, sul che cosa vada inteso come ousza in questo senso e su come il concetto si possa ulteriormente precisare, le opinioni divergevano profondamente. In Met. f>. 8 Aristotele distingue due classi di concezioni dell' ousza e conseguentemente due diversi modi di intendere il termine. Da una parte si designa come ousia quella realt che fa da sostrato a tutto ci che esiste. Dall'altra, per, viene definito come ousza di un oggetto anche ci che vale come causa di quell'oggetto.

    Del resto, rispetto a che cosa sia da intendersi come sostrato ultimo, le opinioni erano tutt'altro che unan