Il futuro della prevenzione della cecità con la nuova ... · che, come già scriveva Aristotele in...

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Direttore Avv. Giuseppe CASTRONOVO Condirettore prof. Corrado BALACCO GABRIELI Capo Redattore prof. Filippo CRUCIANI Comitato di redazione prof. Alfredo REIBALDI prof. Enzo TIOLI dott. Michele CORCIO dott. Glauco GALANTE prof. Leonardo MASTROPASQUA rag. Angelo MOMBELLI dott. Carlo Maria VILLANI COMITATO SCIENTIFICO NAZIONALE prof. Rosario BRANCATO Direttore Clinica Oculistica Ospedale San Raffaele - Milano prof. Mario STIRPE Fondazione Bietti prof. Emilio BALESTRAZZI Direttore Istituto Oftalmologia Policlinico A. Gemelli - Roma prof. Bruno LUMBROSO Già Primario Ospedale Oftalmico - Roma prof. Vito De MOLFETTA AGENZIA INTERNAZIONALE PER LA PREVENZIONE DELLA CECITÀ SEZIONE ITALIANA ONLUS Sede operativa: Via G. Vico, 1 - 00196 Roma - Tel.06.36.00.49.29 Fax 06.36.08.68.80 sito internet: www.iapb.it e-mail: [email protected] ABBONAMENTI Contributo ordinario e 16 annui Contributo sostenitore e 26 annui Contributo benemerito e 52 annui Contributo volontario per l'attività promozionale da versare sul c.c.p. 24059008 - 00196 Roma, Via G. Vico 1, intestato a: Sezione Italiana del- l'Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità. Registrazione della testata: Tribunale di Roma N. 16799 - Spedizione in abbona- mento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 2. CHIUSO IN REDAZIONE IL 17 NOVEMBRE 2009 Stampato da: EUROLIT s.r.l. via Bitetto, 39 - 00133 Roma O ftalmologia S ociale RIVISTA DI SANITÀ PUBBLICA Il futuro della prevenzione della cecità con la nuova Commissione La sanità pubblica italiana sta facendo importanti passi avanti. Uno di essi è, certamente, l’istituzione di una Commis- sione per la prevenzione della cecità: annunciata dal Ministro della Salute Ferruccio Fazio lo scorso 8 ottobre, in occasione della Giornata mondiale della vista, ci gratifica e ci onora che i vertici dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus siano stati inclusi in un organismo che fa capo al di- castero guidato da una persona di grandissima professionalità e sensibilità. Questa novità aiuterà moltissimo la sanità italiana. Sicuro motivo di piacere è che il Prof. Fazio abbia preso a cuore il problema della prevenzione della cecità, come ripetuta- mente sollecitato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) rivolgendosi a tutti i Paesi: siamo il primo Stato europeo ad avere, a livello ministeriale, una Commissione nazionale che mira a prevenire la perdita della vista (presieduta dal Prof. Mario Stirpe). Dopo tanti anni di lavoro congiunto della IAPB Italia onlus col Ministero della Salute si è giunti a questo eccezionale traguardo. La Giornata mondiale della vista ha registrato quest’anno, ancor più che in passato, uno straordinario successo, come testi- moniato dalle numerose pubblicazioni. Non solo, ma abbiamo anche registrato una grandissima disponibilità dei medici oculi- sti (oltre duemila sono state le visite effettuate gratuitamente con- siderando solo gli studi oculistici). La partecipazione alla conferenza stampa che si è tenuta presso la Camera dei Deputati, nella Sala del Mappamondo, è stata nutrita: sono intervenuti po- litici, oculisti, giornalisti, esperti dell’Oms, rappresentanze di as- sociazioni e altri numerosi professionisti. Giovedì 8 ottobre siamo stati presenti in 50 città italiane; tra le iniziative da noi promosse: postazioni per la distribuzione di opuscoli informativi e visite oculistiche gratuite a bordo delle no- stre Unità mobili oftalmiche. Questa e altre nostre iniziative inte- grano in tutta Italia ciò che già fanno le strutture pubbliche soprattutto per quanto concerne le fasce deboli (popolazione sco- lastica, anziani, extracomunitari), così da evitare che patologie silenti – come il glaucoma – possano evolvere, riuscendo così ad evitare danni più gravi arrecati alle capacità visive. La vista è sempre quel meraviglioso bene che la gente deve cu- stodire e apprezzare, preservandola al meglio: si tratta del senso che, come già scriveva Aristotele in principio della Metafisica, noi amiamo più di tutti. In effetti la sua importanza ci è confermata dagli studi scientifici più autorevoli: si stima che circa l’80% delle informazioni ci giunga al cervello tramite le vie visive; inoltre, circa un terzo della corteccia cerebrale è deputato alla visione. Noi lavoriamo ai fini della prevenzione delle patologie oftal- miche per eliminare la cecità o – almeno – diminuirla. Sulla scorta di Erasmo da Rotterdam, il grande umanista e filosofo olandese, affermiamo: “Ciò che la ragione è per l’anima, l’occhio lo è per il corpo e per la vita”. Avv. Giuseppe Castronovo Presidente Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus

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DirettoreAvv. Giuseppe CASTRONOVO

Condirettoreprof. Corrado BALACCO GABRIELI

Capo Redattoreprof. Filippo CRUCIANI

Comitato di redazioneprof. Alfredo REIBALDIprof. Enzo TIOLIdott. Michele CORCIOdott. Glauco GALANTEprof. Leonardo MASTROPASQUArag. Angelo MOMBELLIdott. Carlo Maria VILLANI

COMITATO SCIENTIFICO NAZIONALEprof. Rosario BRANCATODirettore Clinica Oculistica Ospedale San Raffaele - Milanoprof. Mario STIRPEFondazione Biettiprof. Emilio BALESTRAZZIDirettore Istituto Oftalmologia Policlinico A. Gemelli - Romaprof. Bruno LUMBROSOGià Primario Ospedale Oftalmico - Romaprof. Vito De MOLFETTA

AGENZIA INTERNAZIONALE PER LA PREVENZIONE DELLA CECITÀSEZIONE ITALIANA ONLUSSede operativa:Via G. Vico, 1 - 00196 Roma - Tel.06.36.00.49.29 Fax 06.36.08.68.80sito internet: www.iapb.it e-mail: [email protected]

ABBONAMENTIContributo ordinario e 16 annuiContributo sostenitore e 26 annuiContributo benemerito e 52 annuiContributo volontario per l'attività promozionale da versare sul c.c.p.24059008 - 00196 Roma, Via G. Vico 1, intestato a: Sezione Italiana del-l'Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità. Registrazione della testata: Tribunale di Roma N. 16799 - Spedizione in abbona-mento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 2.

CHIUSO IN REDAZIONE IL 17 NOVEMBRE 2009Stampato da: EUROLIT s.r.l. via Bitetto, 39 - 00133 Roma

OftalmologiaSociale

RIVISTA DI SANITÀ PUBBLICA

Il futuro della prevenzione della cecitàcon la nuova Commissione

La sanità pubblica italiana sta facendo importanti passiavanti. Uno di essi è, certamente, l’istituzione di una Commis-sione per la prevenzione della cecità: annunciata dal Ministrodella Salute Ferruccio Fazio lo scorso 8 ottobre, in occasione dellaGiornata mondiale della vista, ci gratifica e ci onora che i verticidell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPBItalia onlus siano stati inclusi in un organismo che fa capo al di-castero guidato da una persona di grandissima professionalità esensibilità. Questa novità aiuterà moltissimo la sanità italiana.

Sicuro motivo di piacere è che il Prof. Fazio abbia preso acuore il problema della prevenzione della cecità, come ripetuta-mente sollecitato dall’Organizzazione mondiale della sanità(Oms) rivolgendosi a tutti i Paesi: siamo il primo Stato europeoad avere, a livello ministeriale, una Commissione nazionale chemira a prevenire la perdita della vista (presieduta dal Prof. MarioStirpe). Dopo tanti anni di lavoro congiunto della IAPB Italiaonlus col Ministero della Salute si è giunti a questo eccezionaletraguardo.

La Giornata mondiale della vista ha registrato quest’anno,ancor più che in passato, uno straordinario successo, come testi-moniato dalle numerose pubblicazioni. Non solo, ma abbiamoanche registrato una grandissima disponibilità dei medici oculi-sti (oltre duemila sono state le visite effettuate gratuitamente con-siderando solo gli studi oculistici). La partecipazione alla

conferenza stampa che si è tenuta presso la Camera dei Deputati,nella Sala del Mappamondo, è stata nutrita: sono intervenuti po-litici, oculisti, giornalisti, esperti dell’Oms, rappresentanze di as-sociazioni e altri numerosi professionisti.

Giovedì 8 ottobre siamo stati presenti in 50 città italiane; trale iniziative da noi promosse: postazioni per la distribuzione diopuscoli informativi e visite oculistiche gratuite a bordo delle no-stre Unità mobili oftalmiche. Questa e altre nostre iniziative inte-grano in tutta Italia ciò che già fanno le strutture pubblichesoprattutto per quanto concerne le fasce deboli (popolazione sco-lastica, anziani, extracomunitari), così da evitare che patologiesilenti – come il glaucoma – possano evolvere, riuscendo così adevitare danni più gravi arrecati alle capacità visive.

La vista è sempre quel meraviglioso bene che la gente deve cu-stodire e apprezzare, preservandola al meglio: si tratta del sensoche, come già scriveva Aristotele in principio della Metafisica, noiamiamo più di tutti. In effetti la sua importanza ci è confermatadagli studi scientifici più autorevoli: si stima che circa l’80% delleinformazioni ci giunga al cervello tramite le vie visive; inoltre,circa un terzo della corteccia cerebrale è deputato alla visione.

Noi lavoriamo ai fini della prevenzione delle patologie oftal-miche per eliminare la cecità o – almeno – diminuirla. Sullascorta di Erasmo da Rotterdam, il grande umanista e filosofoolandese, affermiamo: “Ciò che la ragione è per l’anima, l’occhiolo è per il corpo e per la vita”.

Avv. Giuseppe CastronovoPresidente Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus

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Sommario anno XXXII - n.4/2009

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EDITORIALE

Una vista... mondialedi M. Corcio

L’INTERVENTO

Una Commissione ministeriale contro la cecitàdi F. Fazio

L’INTERVENTO

Cecità e ipovisione, la situazione in Italiadi F. Cruciani, E. Moreno, G. Albanese

L’INTERVENTO

Il ruolo delle donne contro la cecitàdi S. Mariotti

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L’INTERVISTA

di G.Galante‘Guardare’ col cervello: colloquio col Prof. P. Pietrini, Università di Pisa

A PROPOSITO DI...di R. SempliciOftalmologia... in rosa

20L’INTERVISTA

di G. GalanteDiabete... senza sviste: parla il Prof. E. Balestrazzi, Policlinico A. Gemelli

LA RELAZIONE

di F. Cruciani, G. Albanese, R. Anzidei, D. CaraccioloEndoftalmiti, lo stato dell’arte e gli aspetti medico legali

NEWS DALL’OFTALMOLOGIA MONDIALE

Occhio bionico impiantato a New York; Staminali contro le degenerazioni retiniche; Un’iniezione per dare la vista; Donne longeve, ma servono più cure;Geni in famiglia; Laser sotto osservazione; Napolitano: “Sulla ricerca ritardoserio da colmare”; Prematuri, non perdiamoli di vista; Oltre un miliardo di per-sone soffre la fame; I colori della mente

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4 Oftalmologia Sociale N.4-2009

“SI È INTESO

RICHIAMARE

L’ATTENZIONE

DI GOVERNI

E CITTADINI

SULLA NECESSITÀ

DI SALVAGUARDARE

LA VISTA”

Giovedì 8 ottobre 2009 è statacelebrata la decima GiornataMondiale della Vista, pro-mossa dall’OrganizzazioneMondiale della Sanità e

dall’Agenzia Internazionale per la Preven-zione della Cecità (IAPB) allo scopo di richia-mare l’attenzione di Governi e cittadini sullanecessità di salvaguardare l’inestimabile va-lore del più prezioso tra i cinque sensi. In Ita-lia la Giornata è stata celebrata in circacinquanta città, con tanto di visite oculistichegratuite e la distribuzione dell’opuscolo infor-mativo “La vista è bella”, contenente splen-dide immagini e un gadget da ritagliare perottenerne un simpatico cubo da tenere sullapropria scrivania; a Roma, inoltre, per tre sere,sono stati proiettati sul Colosseo alcuni sugge-stivi messaggi.

Nella mattinata dell’8 ottobre la SezioneItaliana dell’Agenzia Internazionale per laPrevenzione della Cecità (IAPB Italia onlus)ha tenuto una Conferenza nella prestigiosaSala del Mappamondo, presso la Camera deiDeputati; a tale Conferenza sono intervenuti,tra gli altri, il Ministro della Salute FerruccioFazio, il Vice Presidente della Camera On.leAntonio Leone e il Presidente della Commis-sione Affari Sociali della stessa Assemblea,On.le Giuseppe Palumbo. Nel suo interventointroduttivo, l’Avv. Giuseppe Castronovo (Pre-

sidente Nazionale della IAPB Italia onlus) haribadito, con la passione che lo contraddistin-gue, che “la vista è un senso di percezione glo-bale ed immediata e ogni sua alterazionequantitativa e qualitativa incide inevitabil-mente sulla vita delle persone”. “La GiornataMondiale della Vista, quindi”, ha proseguitoil Presidente Castronovo, “è una bella e pre-ziosa occasione per ribadire il valore e l’inso-stituibilità di questo meraviglioso senso e perpromuovere e diffondere una cultura di pre-venzione. Noi della Sezione Italiana del-l’Agenzia Internazionale per la Prevenzionedella Cecità lo facciamo da anni con campagnedi sensibilizzazione sanitaria e di divulgazione,anche tramite i mezzi di comunicazione dimassa, sia con messaggi tesi a prevenire i di-sturbi della vista, sia con informazioni scienti-fiche puntuali sulle patologie ocularifortemente invalidanti. Lo facciamo con spotpubblicitari e trasmissioni radiotelevisive; conopuscoli e prodotti multimediali; con visitegratuite nelle piazze di tante città, nelle qualistazionano le nostre unità mobili oftalmiche”.Il valore della prevenzione è stato un altro ap-plaudito passaggio dell’intervento: “La pre-venzione arreca indiscutibili benefici non soloalla salute psico-fisica, ma anche alla spesapubblica. Colgo qui l’occasione per anticipareche renderemo noti i risultati di uno studio, danoi commissionato alla LUISS, sull’incidenza

Una vista… mondiale

EDITORIALEM. CorcioDirezione Nazionale dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus

Presso la Camera dei Deputati l’8 ottobre si è tenuta una conferenza per la decima Giornata Mondiale della Vista, voluta dalla IAPB e dall’OMS. In una cinquantina di città si è fatta informazione e prevenzione anche con controlli oculistici gratuiti

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5Oftalmologia Sociale N.4-2009

“IL MINISTRO

FAZIO

HA ESPRESSO

VIVO E SINCERO

APPREZZAMENTO

PER

L’IMPORTANTE

MISSIONE

DELLA IAPBITALIA ONLUS”

costo-benefici della prevenzione della cecità: èstato calcolato quanto si potrebbe realmenterisparmiare investendo di più sulla preven-zione”. Dopo aver accennato ad alcune inizia-tive svolte nelle scuole, l’Avv. Castronovo hasottolineato i numerosi interventi attuati in fa-vore delle popolazioni più povere del mondo:“Siamo intervenuti per lalotta al tracoma in Etio-pia, dove abbiamo con-corso con la CBM allacostruzione di 113 pozzid’acqua; abbiamo finan-ziato un progetto di pre-venzione della cecità inMarocco e, di recente, inpartnership con la Re-gione Toscana, stiamorealizzando una sala ope-ratoria in Burkina Faso”.

Dopo i saluti degliOn.li Leone e Palumbo,del Rappresentante delSindaco di Roma AdolfoPanfili e del Prof. Tom-maso Daniele, PresidenteNazionale dell’UnioneItaliana dei Ciechi e degliIpovedenti, sono interve-nuti: il Dott. Silvio Ma-riotti (Rappresentantedell’Organizzazione Mon-diale della Sanità), ilProf. Alfredo Reibaldi(Direttore scientifico delPolo Nazionale di Servizie ricerca per la preven-zione della cecità e la ria-bilitazione visiva degliipovedenti) e il Prof. Fi-lippo Cruciani (Coordina-tore scientifico dellaIAPB Italia onlus e Ca-poredattore di questa ri-vista).

Il Dott. Mariotti hareso noti gli ultimi dati

sulla cecità e ipovisione nel mondo ed ha evi-denziato la forte presenza femminile fra tutticoloro che quotidianamente sono impegnatinella lotta alla cecità evitabile. “314 milioni”,ha detto, “sono le persone cieche o fortementeipovedenti: il 5 per cento della popolazionemondiale; un intero continente, meno popo-

Unità mobile oftalmica della IAPB Italia onlus parcheggiata di fronte a Palazzo Monte-

citorio (Roma, 8 ottobre 2009)

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lato della Cina e dell’India ma più popolosodegli Stati Uniti”.

Il Prof. Reibaldi ha trattato dell’impor-tanza della riabilitazione visiva, quale parte diuna riabilitazione globale, perché la personava considerata nel suo complesso e non per sin-gole parti; con tale fermo convincimento siopera presso il Polo Nazionale per la preven-zione della cecità e la riabilitazione visiva degliipovedenti, fortemente voluto ed ottenutodalla IAPB Italia ONLUS con la Legge n. 291del 2003.

Il Prof. Cruciani ha esposto con chiarezzale molte attività dell’Agenzia, rilevando nonpochi positivi cambiamenti nella lotta alla ce-cità evitabile, ottenuti fino ad oggi a partiredal 1997 (con la Legge n. 284). Inoltre, ha sot-tolineato come la cura delle malattie degene-

rative oculari (legate all’invecchiamento de-mografico) sia ancora meno avanzata rispettoalla cura delle patologie infettive.

Il Ministro Fazio ha espresso vivo e sinceroapprezzamento per l’importante missionedella IAPB Italia onlus e ha preannunciato lafirma di un Decreto con il quale viene costi-tuito il Comitato Nazionale per la prevenzionedella cecità, presieduto dall’Oculista Prof.Stirpe, del quale faranno parte i rappresen-tanti della CBM Italia, della Sezione Italianadell’Agenzia Internazionale per la Prevenzionedella Cecità e del Polo Nazionale Ipovisione.

La Conferenza è stata egregiamente mo-derata da Nicoletta Carbone, giornalista diRadio 24-Il Sole 24 Ore, e ha visto una nutritapartecipazione di pubblico, emittenti televi-sive ed altri organi di stampa.

Per tre notti, dall'8 al 10 ottobre, sono state proiettate scritte sul Colosseo per sottolineare l'importanza della prevenzione

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L’INTERVENTO

Una Commissione ministeriale contro la cecitàIl Piano nazionale della prevenzione 2010 contiene una sezione dedicata alla cecità e all’ipovisione. Nei Livelli essenziali di assistenzala riabilitazione è stata inserita come prestazione garantita

F. FazioMinistro della Salute

“Abbiamo avuto unaserie di incontri in cuiabbiamo già affron-tato dei problemi: lei(avv. Giuseppe Castro-

novo, Presidente dell’Agenzia internazionale perla prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus,ndr) ha avuto modo anche di spiegarci le vostreimportanti iniziative. Questo governo, ma –devo dire – anche i governi precedenti hannosempre tenuto da conto la prevenzione. Infatti,sin dal 1997, l’Italia si è dotata di una legge spe-cifica per la prevenzione della cecità e la riabili-tazione visiva (che prevede finanziamenti dicirca due milioni per tutte le Regioni italiane).

Le attività sono coordinate dal nostro Mini-stero e sono operanti sul territorio nazionale unacinquantina di centri per l’educazione e la ria-bilitazione visiva. C’è poi un altro finanzia-mento a parte dedicato proprio all’Agenziainternazionale per la prevenzione della cecità-Sezione italiana. Questa Agenzia, diretta dalPresidente e avv. Castronovo, ha svolto un’im-portante attività nel nostro Paese proprio per laprevenzione della cecità e la riabilitazione vi-siva. Questo noi lo riconosciamo: sappiamo chequeste sono tematiche importanti. Devo direche, con i nuovi LEA (che presto, ci auguriamodiventeranno operativi col Patto per la Salute*),

Il Ministro della Salute Ferruccio Fazio

L’intervento che qui volentieri proponiamo èstato tenuto dal Ministro della Salute FerruccioFazio lo scorso 8 ottobre 2009 presso la Sala delMappamondo della Camera dei Deputati, in oc-casione della Giornata mondiale della vista vo-luta dalla IAPB e dall’OMS. La conferenzastampa è stata organizzata dalla Sezione italianadell’Agenzia internazionale per la prevenzionedella cecità.

* L’accordo Regioni-Governo è stato poi raggiunto il 23 ottobre 2009 relativamente al periodo 2010-2012 (salvo copertura finanziaria). (ndr)

“SAPPIAMO

CHE LA

PREVENZIONE

DELLA CECITÀ

E LA

RIABILITAZIONE

VISIVA

SONO IMPORTANTI”

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la riabilitazione visiva viene inserita, per la primavolta, come prestazione garantita. Quindi, por-terà di fatto risorse ai centri regionali per l’edu-cazione e la riabilitazione del cieco edell’ipovedente: darà peso alla riabilitazionecome mezzo di prevenzione.

Sempre nel 2007 – quindi recentemente – èstato istituto, sempre con finanziamenti pub-blici, il Polo Nazionale per la ricerca e la riabili-tazione visiva1. Questo è un centro che collaboracol Ministero proprio per la redazione di unpiano di prevenzione e la creazione di un networkper la riabilitazione visiva e, quindi, anche perl’attività di formazione e di ricerca in questoambito.

Adesso passiamo alle novità. L’Oms ha re-centemente formalizzato un report in cui risultaprioritaria la costituzione, negli Stati membri, diuna Commissione nazionale per la prevenzionedella cecità. Dunque, entro la fine di questa setti-mana […], noi ne formalizzeremo l’istituzione.Sarà una Commissione nazionale, per l’imple-mentazione e il monitoraggio e la valutazione pe-riodica di un piano per la prevenzione della cecitàe l’ipovisione (sotto la Direzione generale dellaprevenzione sanitaria del nostro Ministero). Viparteciperanno l’avv. Castronovo (come IAPB)e altre persone in rappresentanza della ChristianBlind Mission (CBM) e del Polo Nazionale. Affi-

derò al Prof. Stirpe2 la direzione di questa Com-missione, in cui abbiamo poi anche inserito ilProf. Balacco3 – che è qui presente – e altriesperti. Quindi, questa Commissione avrà il com-pito di monitorare l’attività dei vari enti e altrisoggetti attivi proprio nella previsione dell’han-dicap nel territorio nazionale e anche, però, dimonitorare le iniziative di cooperazione interna-zionale svolte dagli enti italiani.

Un’altra novità: per la prima volta il Pianonazionale della prevenzione del 2010 – che ab-biamo consegnato alle Conferenze Stato-Re-gioni – conterrà una sezione dedicata allaprevenzione della cecità e dell’ipovisione. Quindi,con la previsione (non avverrà da quest’anno,ma bisogna verificarne la fattibilità) di inserire,nei Livelli essenziali di assistenza, anche lo scree-ning neonatale, con visita oculistica gratuita perla prevenzione della cecità evitabile. Quindi, perquel poco che noi possiamo fare: abbiamo, da unlato, un’attività regolatoria e, dall’altro, l’isti-tuzione di una Commissione (con qualche fi-nanziamento). Siamo lieti di partecipare alleattività della vostra associazione, in particolarecol vostro Presidente (l’avv. Castronovo, ndr),con cui da tempo abbiamo un rapporto moltocordiale; ne siamo lieti perché siamo profonda-mente convinti dell’importanza di quello che voifate”.

1 Struttura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus ospitata presso il Policlinico A. Gemelli di Roma, con cui vieneportata avanti una proficua collaborazione. Il Polo Nazionale è divenuto realtà grazie alla legge n. 291/03 ed è stato inaugurato l’11 ottobre 2007. (ndr)

2 Il Prof. Mario Stirpe è Presidente della Fondazione G. B. Bietti di Roma per lo studio e la ricerca in oftalmologia. Si tratta di un Istituto di ricovero ecura a carattere scientifico. Inoltre, il Prof. Stirpe è membro del Comitato Scientifico Nazionale di questa rivista. (ndr)

3 Il Prof. Corrado Balacco è Direttore del Dipartimento di Scienze Oftalmologiche dell’Università Sapienza di Roma (Azienda Policlinico Umberto I)nonché Vicepresidente dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus e Condirettore di questa testata. (ndr)

Da sinistra: l’avv. Giuseppe Castronovo (Presidente della IAPB Italia onlus), Nicoletta Carbone (Radio 24) e il Ministro Fazio

“NASCE

LA COMMISSIONE

NAZIONALE

PER LA

PREVENZIONE

DELLA CECITÀ”

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L’INTERVENTO

Il ruolo delle donne contro la cecitàIn occasione della Giornata mondiale della vista che si è celebrata l’8 ottobre 2009 un esperto dell’OMS ha presentato la situazione mondiale della disabilità visiva, con particolare attenzione dedicata alla funzione del mondo femminile nella prevenzione delle malattie oculari

S. MariottiOrganizzazione Mondiale della Sanità

Nel mondo si stima che ci siano314 milioni di persone con unhandicap visivo grave (ve-dono meno di 3/10). Sono il5% della popolazione del

mondo, se fossero una nazione sarebbe la 3°nazione del mondo per numero d'abitanti,dopo Cina ed India e prima degli USA.

Di questi 314 milioni (il 5% della popola-zione mondiale, ossia una persona ogni 20) 45

Silvio Mariotti (OMS)

“314 MILIONI

DI PERSONE

SOFFRONO

DI GRAVI

PROBLEMI

OCULARI

E 45 MILIONI

SONO GIÀ CIECHE”

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10 Oftalmologia Sociale N.4-2009

“LE DONNE

SONO

LA SPINA DORSALE

DEI SISTEMI

SANITARI

NEL MONDO,RUOLO

SPESSO NEGLETTO

E NON

RICONOSCIUTO”

milioni sono ciechi (vedono meno di 1/20) e269 milioni sono ipovedenti.

Il 68% delle persone con un handicap vi-sivo grave ha più di 50 anni (215 milioni, ossiail 17% della popolazione mondiale, ovvero 1persona ogni 6) e 38 milioni sono non vedenti(ossia l'84% della popolazione mondiale deiciechi).

Di questi 215 milioni di persone di oltre50 anni con un handicap visivo grave, 120 mi-lioni sono donne, e di queste 22 milioni sonocieche.

In generale le donne non soffrono di ce-cità in misura maggiore rispetto agli uomini,tenendo conto che costituiscono il 52% dellapopolazione mondiale over 50 (e il 56% degliover 65).

Questo ci dice due cose: le donne ricevonoproporzionalmente più servizi per la preven-zione e cura degli handicap visivi degli uo-

mini, verosimilmente perché cercano le curepiù degli uomini, sono più recettive ai mes-saggi di prevenzione e cura degli uomini ehanno maggiore fiducia nei sistemi sanitaridei pari età maschi.

Questo ci dice che le donne sono i veriagenti di buona salute nel mondo, e su loro,responsabili spesso della salute dell'intera fa-miglia, i sistemi sanitari contano per ridurreil carico delle malattie della popolazione mon-diale, soprattutto per la prevenzione (l'igienefamiliare è un compito quasi universalmentefemminile e la maggior parte dei messaggi dieducazione alla salute somministrati nelmondo si rivolgono alle donne come più effi-cace mezzo di comunicazione per tale tema).

Per quanto riguarda la fornitura dei ser-vizi sanitari, nella maggioranza dei Paesil'opera sanitaria (medico ed assistenziale) èfemminile e tale presenza può arrivare a co-prire il 75% della forza lavoro; le donne sonoin grandissima maggioranza gli operatori sa-nitari degli ospedali, dispensari, postazionisanitarie alla fine della strada, nei luoghiinaccessibili, nelle situazioni di conflitto so-ciale o armato.

Le donne sono la spina dorsale dei sistemisanitari nel mondo, ruolo spesso negletto enon riconosciuto, messo in opera in silenzio econ dedizione, spesso non remunerato nellastessa misura dei colleghi dell'altro sesso, siain termini di salario che di carriera.

Un esempio tra molti: nei 35 centri nazio-nali di prevenzione e cura della cecità infan-tile creati dall'OMS e dai LIONS in 5 anni,che hanno assistito ad oggi otre 100 milionidi bambini nel mondo, l'80% del personale èfemminile, sia come oculisti che infermiere,assistenti, terapiste riabilitative.

Il ruolo e le specificità di genere hannoun’importanza capitale nello sviluppo dei si-stemi sanitari nel mondo, così come specifi-cità peculiari nell’erogazione di cure edassistenza, e l'analisi di tale specificità come ilruolo rivestito deve essere analizzato, ricono-sciuto e reso noto con sempre maggiore fre-quenza negli anni a venire.

Donna etiope

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11Oftalmologia Sociale N.4-2009

L’INTERVENTO

Cecità e ipovisione, la situazione in ItaliaIn occasione della Giornata mondiale della vista sono state espostele attività della IAPB Italia onlus presso la Sala del Mappamondodella Camera dei Deputati: hanno l’obiettivo di diagnosticare e prevenire precocemente la malattie oculari. Sono in aumento le patologie degenerative legate all’invecchiamento

F. Cruciani, E. Moreno, G. AlbaneseUniversità Sapienza di Roma-Dipartimento di Oftalmologia

Analizziamo da vicino cosa ca-ratterizzi la realtà del nostroPaese e quale sia lo stato del-l’arte della prevenzione dellacecità in Italia. In prima

battuta è doveroso sottolineare come il pro-blema della cecità/ipovisione non sia mero ap-pannaggio dei Paesi in via di sviluppo, ma alcontrario interessi da vicino anche i Paesi in-dustrializzati. Nel passare dai primi ai secondila differenze che si possono cogliere sono le se-guenti:

1) LE CAUSE DI MALATTIA: -Malattie Infettive: gli oculisti italiani, così

come quelli di altri Paesi occidentali, diagno-sticano sempre più raramente malattie come iltracoma e l’oncocerchiasi, ancora importanticause di cecità nei Paesi sottosviluppati, lad-dove le condizioni igieniche dell’approvvigio-namento idrico sono totalmente carenti.Ricordiamo, a tal proposito l’iniziativa dellaIAPB Italia onlus e della CBM in Etiopia,dove con la costruzione di 113 pozzi si sta com-battendo con successo l’infezione tracomatosa.

-Cecità Infantile: riscontriamo differenzeepidemiologiche importanti anche su questofronte: l’impatto epidemiologico nei Paesi in-dustrializzati è inferiore rispetto a quelli in viadi sviluppo, ma certamente non meno caricodelle connotazioni drammatiche proprie diquesti casi.

-Vizi di refrazione e cataratta: in Paesi eco-nomicamente affermati non è praticamentepiù riscontrabile cecità per vizi di refrazione oper cataratta. Queste situazioni sono pronta-

Il Prof. Filippo Cruciani

“ESISTE

UN DIVARIO

INCOLMABILE

TRA LA CURA

DELLE PATOLOGIE

INFETTIVE

E QUELLE

DEGENERATIVE”

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12 Oftalmologia Sociale N.4-2009

mente corrette con l’uso di lenti o chirurgia re-frattiva nel primo caso e con interventi semprepiù numerosi, precoci e di successo, nel se-condo. Tuttavia, diretta conseguenza dell’au-mento dell’età media nei Paesi più ricchi èl’incremento esponenziale di tutte quelle pato-logie degenerative legate all’età: la maculopa-tia, la retinopatia diabetica, il glaucoma, levasculopatie retiniche e le otticopatie.

2) LA POPOLAZIONE COLPITA: l’età èormai un fattore determinante nell’analisidella distribuzione di frequenza di alcune ma-lattie, che comunque iniziano ad avere un loropeso anche nei Paesi in via di sviluppo.L’odierna Sanità Pubblica si sta spostandoverso un servizio assistenziale sempre più ri-volto alla cura di patologie presenti, prevalen-temente in pazienti anziani aventi lungheaspettative di vita.

3) L’APPROCCIO TERAPEUTICO,PREVENTIVO E RIABILITATIVO: il pro-blema di fondo rimane quello dell’esistenza diun divario incolmabile tra le possibilità tera-peutiche in nostro possesso nei confronti dellepatologie di natura infettiva – prevalentecausa di cecità nei Paesi in via di sviluppo – ele affezioni a carattere degenerativo, realtà deiPaesi Industrializzati. Mentre nel primo casol’eradicazione della patologia è legata all’eli-minazione di una noxa patogena (agente ifet-tivo, ndr) ben definita, come nel tracoma,questo non è possibile per le malattie degene-

rative, per le quali è ignota la causa su cuipoter intervenire con successo, sia da un puntodi vista terapeutico che sul piano preventivo eriabilitativo.

Nonostante queste differenze, il problemadell’ipovisione e della cecità nei Paesi indu-strializzati, così come in quelli in via di svi-luppo, riconosce un comune denominatorenell’obiettivo unico e imprescindibile di garan-tire a tutti, senza discriminazione di età, sesso,razza o stato socio-economico, la migliore qua-lità di visione in un contesto di buona qualitàdi vita. È questo il fine primo della campagnapromossa dall’OMS, dal titolo “VISION 2020,the Right to Sight: Equity and Excellence in theEye Care” (“V2020, il diritto di vedere: equitàed eccellenza nella cura oftalmica”). La suamissione è quella di eliminare le principalicause di cecità prevenibile entro il 2020,agendo principalmente nel favorire la pro-grammazione, lo sviluppo e l’implementazionedi progetti che abbiano il comune intento disalvaguardare l’integrità degli occhi e tutelare,dunque, la meravigliosa quanto complessafunzione cui essi sono preposti. Gli obiettivi diquesta iniziativa sono la sensibilizzazione ri-guardo al problema della cecità evitabile e allepossibilità di risolverlo, la promozione dellamobilizzazione di risorse in favore della pre-venzione e l’attuazione di piani assistenziali;infine, si cerca di divulgare – in modo più ca-pillare possibile – programmi sanitari nazio-nali.

Visita oculistica gratuita

“DAL 30 AL 48%DEI BAMBINI

NON VIENE MAI

VISITATO

DA UN MEDICO

OCULISTA”

Operazione di cataratta

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13Oftalmologia Sociale N.4-2009

La situazione epidemiologica della saluteoculare nel nostro Paese è difficile da valutareper mancanza di dati ufficiali. L’ISTAT ci for-nisce, mediante un’indagine con questionario,una percentuale di ciechi pari a circa lo 0,62%,che corrisponde indicativamente a 362.000persone.

La IAPB Italia onlus si è fatta carico dianalizzare più approfonditamente la nostra re-altà, differenziando le ricerche sulla base del-l’età della popolazione. Attraverso lacampagna “Vediamoci chiaro” l’Agenzia si èproposta di evidenziare alcuni aspetti epide-miologici inerenti fasce di età che vanno dallanascita all’adolescenza. L’iniziativa è statapromossa sul territorio da molte scuole ele-mentari e materne di molte regioni italiane,con la distribuzione di circa 150.000 questio-nari, di cui complessivamente ne sono stati ela-borati 25.000. Dalle risposte è emerso che allanascita solo il 30% dei bambini viene sottopo-sto ad una visita oculistica, mentre entro i 3-4anni ne viene visitato circa il 25%. Il dato forsepiù allarmante è che dal 30 al 48% dei bam-

bini non viene mai visitato. A testimonianzadella grande diffusione dei vizi refrattivi, tro-viamo che oltre il 20% porta occhiali e più del4% è ambliope. In adolescenza un ragazzo suquattro è miope e porta la correzione ottica apermanenza.

Per ciò che concerne l’età lavorativa, le in-formazioni ci giungono dall’analisi dei datiINAIL svolta dal Dipartimento di Scienze Of-talmologiche dell’Università “Sapienza” diRoma. Da questi risulta che l’occhio costitui-sce la terza sede anatomica di infortunio sul la-voro dopo la mano e il piede; inoltre, si trova aiprimi posti anche tra gli organi interessati daincidenti domestici.

La situazione epidemiologica italiana in re-lazione, infine, alle fasce d’età più avanzate èbasata su un’indagine all’interno di molti Cen-tri Anziani rappresentati da un campione di2778 soggetti con più di 55 anni di età, con-dotta dalla IAPB Italia onlus in collabora-zione con l’UICI (Unione Italiana dei Ciechi edegli Ipovedenti) e il Dipartimento di ScienzeOftalmologiche. Ne è emerso quanto segue:

Nel sito internet vision2020.org vengono pub-blicati alcuni dati OMS estremamente significa-tivi (VISION 2020 Global Facts): - circa 314 milioni di persone in tutto il mondosono affette da un grave handicap visivo;- di queste, 45 milioni sono cieche e 269 milioniipovedenti;- 145 milioni di ipovedenti devono la loro condi-zione a vizi refrattivi non corretti: nella maggiorparte dei casi semplici lenti ristabilirebbero unabuona qualità visiva;- il sesso femminile presenta un più elevato ri-schio di perdere la vista- il 90% delle persone cieche vive in Paesi sottosviluppati;- almeno l’80% dei casi di cecità è evitabile, lad-dove per evitabile si intende la possibilità di unpronto trattamento o di attuare un programma di

prevenzione;- le strategie per prevenire la cecità e ristabilire lavista sono – tra gli interventi di tutela della salute– quelli più economicamente convenienti;- a cecità da cause infettive sta diminuendo perchéoggi, in piena era antibiotica, stanno emergendoi risultati di numerosi interventi di salute pub-blica e di sviluppo socio-economico. Basti pensareche la cecità da tracoma affligge attualmente 8 mi-lioni di persone, circa un terzo rispetto al 1985;- il progressivo invecchiamento della popolazionee i cambiamenti nello stile di vita presagiscono unincremento esponenziale della cecità da malattiecroniche come, ad esempio, la retinopatia diabe-tica;- senza interventi efficaci ed importanti il numerodei ciechi nel mondo è destinato a salire a 76 mi-lioni entro il 2020.

“SI PREVEDE

UN INCREMENTO

ESPONENZIALE

DELLA CECITÀ

PROVOCATA

DA MALATTIE

CRONICHE”

LA CECITÀ E L’IPOVISIONE “DANNO I NUMERI”

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14 Oftalmologia Sociale N.4-2009

- 1 individuo su 3 presenta cataratta- il 15,48% si è già sottoposto ad inter-

vento di cataratta- il 5,65% è in cura per glaucoma- l’1,8% presenta diagnosi di maculopa-

tia e il 4,83% corre il rischio di contrarre la ma-lattia.

Va, inoltre, sottolineata l’importanza –nell’ambito della prevenzione della cecità inetà senile – dell’adeguato riconoscimento etrattamento di patologie quali l’ipertensione eil diabete, presenti nel medesimo campione conuna frequenza del 55,4% e del 14,5% rispetti-vamente. Questi imponenti numeri sono da ri-ferirsi, con ogni probabilità, allo stile di vitaproprio dei Paesi occidentali, nei quali unadieta inadeguata, il fumo, lo stress e la seden-tarietà prevalgono su un’alimentazione equili-brata e su una moderata e costante attivitàfisica. Altri importanti dati riguardanti le

cause di cecità in età senile provengono dal-l’analisi di indagini svolte da vari osservatoriepidemiologici, a partire dall’Australia, perraggiungere poi realtà più vicine a noi, con in-formazioni provenienti da Catania, Viterbo eRoma.

Il CERA (Centre for Eye Research Austra-lia) riporta un numero di interventi di cata-ratta per milione di persone all’anno (CSR,Cataract Surgical Rate) pari a 8000, a testimo-nianza dell’imponente impatto epidemiologicodi questa affezione in tutto il mondo. Lo stessostudio vede la degenerazione maculare legataall’età al primo posto come malattia ocularecausa di ipovisione-cecità in pazienti anziani(48%), seguita da glaucoma (14%), cataratta(12%), retinopatia diabetica (6%) e miopia(4%).

L’indagine sulle domande valutate dallacommissione Provinciale dei Ciechi Civili diCatania, a differenza di quanto riportato dal-l’osservatorio australiano, riferisce una fre-quenza maggiore di cataratta (20%),retinopatia diabetica (17%) e miopie (14%),mentre risulta inferiore il peso della degenera-zione maculare senile (16%) e del glaucoma(11%).

La stessa commissione sul territorio dellaprovincia di Viterbo riporta una relativa omo-geneità tra le diverse cause di cecità, con unalieve predominanza della degenerazione macu-lare senile (21%).

L’indagine condotta a Roma dalla IAPBItalia onlus, su un campione di 1914 pazienti,infine, riporta una netta prevalenza – tra le pa-tologie riferite in anamnesi – della cataratta(41,5%), seguita da retinopatia ipertensiva(25,79%), DMLA iniziale (18,94%), glaucoma(7,18%), retinopatia diabetica (3,77%),DMLA evoluta (2,09%), trombosi (0,60%) edistacco di retina (0,45%).

La Giornata Mondiale della Vista delloscorso ottobre ha, inoltre, voluto celebrare ilruolo chiave svolto dalle donne nella nostra so-cietà e, in modo particolare, nella lotta alla ce-cità in tutto il mondo. La donna assurge al

Sala operatoria

“L’OCCHIO

COSTITUISCE

LA TERZA SEDE

ANATOMICA

DI INFORTUNIO

SUL LAVORO

DOPO MANO

E PIEDE”

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15Oftalmologia Sociale N.4-2009

ruolo di “vettore di salute pubblica nelmondo”, è su di lei che le organizzazioni sani-tarie di tutto il mondo devono contare per tra-smettere in maniera capillare il messaggio dellaprevenzione, della diagnosi precoce e della cura.

Se poi andiamo ad osservare il ruolo delladonna dall’altra parte, ovvero come fornitricedi servizi sanitari, ci accorgiamo che in moltis-sime realtà più o meno disagiate (paesi sotto-sviluppati, regioni in cui imperversano conflittiarmati) l’opera sanitaria è prevalentementefemminile, arrivando a coprire fino al 75%della forza lavoro. A riprovadi quanto detto ecco alcuniesempi:

- In Italia nell’anno2000 è avvenuto il sorpassoper quanto riguarda il conse-guimento della specializza-zione in ambito medico: ledonne specialiste sono piùdegli uomini

- Nel 2006 il rapportotra donne specialiste ed uo-mini si è attestato sul valoredi 1,34

- Si stima che raggiun-gerà il valore di 4 ad 1 entro il2017.

Ancora un numero for-nito dall’OMS: nei 35 centrinazionali per la prevenzionedella cecità infantile fondatidall’OMS stessa e dai LIONSin soli 5 anni, che finorahanno assistito oltre 100mi-lioni di bambini, l’80% delpersonale è femminile, siacome oculisti che infermiere,assistenti o terapiste riabili-tative. Malgrado ciò, il pesodella loro attività assisten-ziale nel mondo rimanespesso misconosciuto o nonadeguatamente valorizzato,sia in termini di retribuzioneche di carriera.

Accrescere la consapevolezza di queste te-matiche, sensibilizzando il maggior numero dipersone è senz’altro il primum movens nel rendereil messaggio della prevenzione vivo e saldo nellamente di ognuno. È fondamentale che tutti, nonsolo coloro che purtroppo sono costretti a rinun-ciarvi, riconoscano ed apprezzino il valore e l’uni-cità della vista come bene di eccezionaleimportanza e bellezza, da curare e preservaresfruttando ogni risorsa accessibile. La GiornataMondiale ha significato questo: ha ricordato, ungiorno per tutti, che la vista è libertà.

Popolazione che ha dichiarato di essere affetta

da cecità per regione. Dati in MIGLIAIA.

Regione Cecità

No Si Totale

Piemonte 4.259 26 4.286

Valle d'Aosta 121 1 122

Lombardia 9.275 45 9.320

Trentino Alto Adige 959 5 963

Veneto 4.619 31 4.650

Friuli-Venezia Giulia 1.181 9 1.190

Liguria 1.567 11 1.578

Emilia-Romagna 4.094 23 4.117

Toscana 3.546 26 3.572

Umbria 843 10 852

Marche 1.498 11 1.509

Lazio 5.191 32 5.223

Abruzzo 1.280 12 1.292

Molise 319 2 320

Campania 5.743 25 5.769

Puglia 4.027 25 4.052

Basilicata 588 6 594

Calabria 1.982 17 1.999

Sicilia 4.959 30 4.990

Sardegna 1.626 14 1.641

Italia 57.677 362 58.038

Fonte: Istat - Indagine Multiscopo sulle Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari. Anno 2004-2005.

“LA VISTA

È UN BENE

DI ECCEZIONALE

IMPORTANZA

E BELLEZZA, DA CURARE

E PRESERVARE”

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16 Oftalmologia Sociale N.4-2009

“L’ARCHITETTURA

DEL NOSTRO

CERVELLO

SI SVILUPPA

ANCHE IN ASSENZA

DELLA VISTA”

L’INTERVISTA

‘Guardare’ col cervello

G. Galante

Prof. Pietrini1, qual è la rilevanza del vostroultimo studio2 sui ciechi dalla nascita pubblicatosul Journal of Neuroscience?

La rilevanza dello studio è questa: l’espe-rienza visiva non è conditio sine qua non (cioènon è requisito) perché il cervello sviluppi la suaarchitettura funzionale così come la cono-sciamo. Lo studio del Journal ofNeuroscience si riferisce, in partico-lar modo, all’esistenza del sistema dineuroni specchio, ma è perfetta-mente in linea con risultati prece-denti condotti dal nostro gruppo (econfermati poi anche da altri) sulfatto che l’architettura del nostrocervello – che ci permette anche diprendere consapevolezza del mondoesterno – si sviluppa anche in as-senza della vista. Per essere più pre-cisi: quelle aree corticali che cimettono in grado di riconoscere per esperienzavisiva un oggetto sono le stesse che vengono at-tivate quando lo tocchiamo. Quindi, il cieco chetocca una bottiglia attiva la stessa zona dellacorteccia visiva associativa del vedente quandoguarda e quando tocca quella bottiglia. Il fattoche venga attivata dal cieco dimostra due cose:

la prima è che l’esperienza visiva non è neces-saria perché quest’architettura funzionale sisviluppi; la seconda, è che l’attivazione che os-serviamo nel vedente non può essere semplice-mente spiegata invocando l’immaginazionevisiva. Il cieco dalla nascita, per definizione,non ha un’immaginazione di questo tipo…

I sensi non sono così separati, alivello cerebrale, così come si pensavain precedenza?

No, possiamo dire che i sensisono separati per quello che riguardale cortecce primarie (indubbiamentenoi abbiamo una corteccia visivaprimaria, uditiva primaria e somato-sensoriale…). Quindi, ci sono dellezone cerebrali che sono unimodali(ossia deputate all’analisi delle in-formazioni che arrivano per specifi-che modalità sensoriali3), ma poi le

cosiddette cortecce associative – che ci permet-tono di mettere assieme le diverse parti dell’in-formazione, ossia di raggiungere il concetto diciò che quell’informazione rappresenta – sonomultimodali. Cioè lo studio va in questa dire-zione: la corteccia visiva associativa non ha piùsenso chiamarla meramente visiva perché ri-

Il Prof. Pietro Pietrini

I ciechi dalla nascita sfruttano la corteccia cerebrale in modo analogo ai vedenti. Il prof. Pietro Pietrini (Università di Pisa) spiega il senso della sua ricerca sul cervello dei ciechi dalla nascita e il ruolo dei neuroni specchio

1 Professore ordinario di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica dell’Università di Pisa (Facoltà di Medicina e Chirurgia). È inoltre direttoredel Dipartimento di Medicina di laboratorio e diagnostica molecolare dell'Azienda ospedaliera universitaria pisana. Dal 1989 al 1999 ha svolto attività diricerca presso i National Institutes of Health (NIH) di Bethesda, Maryland (USA), dedicandosi allo studio delle basi cerebrali delle attività mentali nell’uomoin condizioni di salute e in presenza di disturbi psichiatrici. È Past-Chairman del Comitato Scientifico dell’Organization for Human Brain Mapping.

2 Emiliano Ricciardi, Daniela Bonino, Lorenzo Sani, Tomaso Vecchi, Mario Guazzelli, James V. Haxby, Luciano Fadiga and Pietro Pietrini, “Do We Re-ally Need Vision? How Blind People ‘See’ the Actions of Others, Journal of Neuroscience, 2009 Aug 5;29(31):9719-24.

3 Vale a dire: una zona della corteccia cerebrale si occupa delle informazioni visive, un’altra di quelle uditive, un’altra ancora di quelle tattili, ecc. (Ndr)

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17Oftalmologia Sociale N.4-2009

sponde a stimoli di altra natura, in particolaretattili.

Dunque, cosa accade?Il cervello del cieco ‘processa’ un’informa-

zione (ossia la elabora, ndr) che – pur raggiun-gendo il cervello per modalità diverse (inparticolare, in assenza di una modalità visiva) –viene lavorata nello stesso modo e nelle stessezone della corteccia cerebrale. In altre parole ilcieco, esplorando il mondo esterno, raggiunge laconsapevolezza di toccare una bottiglia (tor-nando all’esempio di prima) così come la rag-giunge il soggetto vedente quando guarda labottiglia.

Questa ricerche sono state condotte utiliz-zando la risonanza magnetica funzionale?

Sì, questi sono tutti studi condotti usandola risonanza magnetica funzionale ad alta riso-luzione, che ci permettono di avere una vera epropria finestra biochimica nel cervello, cioè ve-derlo in azione in maniera assolutamente noninvasiva (cioè senza somministrare nulla al sog-getto), semplicemente mettendolo all’internodella macchina di risonanza: sono comuni mac-chine in dotazione a molti ospedali, che hanno inpiù un software e un hardware dedicato. Oltre avisualizzare la struttura del cervello, misuranoindici di attività neuronale e sinaptica – quindidi attività delle diverse cellule del cervello – inmaniera globale.

Si usa il flusso sanguigno come variabile?Le misurazioni che vengono fatte si basano

su indici legati a variazioni di flusso ematico,poiché l’emoglobina (sostanza presente nel san-gue) ha un comportamento magnetico diverso aseconda che sia legata o meno all’ossigeno: nelprimo caso è ossiemoglobina, nel secondo è de-ossiemoglobina. Sostanzialmente, quello chesuccede è che, quando cambia il rapporto tra de-ossiemoglobina e ossiemoglobina, varia il se-gnale magnetico. Laddove il cervello si attiva –ad esempio, la corteccia visiva se apriamo gliocchi e guardiamo qualcosa – vi è un forte au-mento del consumo di energia (perché i neuroniscaricano di più) e vi è un rilevante incrementodel flusso ematico cerebrale per portare più ‘car-burante’ (cioè glucosio e ossigeno per produrreenergia). Quindi, per farla breve: sono indici divariazioni di flusso ematico regionale che, a lorovolta, sono legate a variazioni dell’attività cere-brale specifica (locale) dei neuroni.

Lo studio pubblicato sul Journal of Neu-roscience dà una speranza in più ai ciechi? Uncieco sin dalla nascita potrà recuperare in qual-che modo questo senso in futuro?

Farei un discorso radicalmente diverso: que-sti studi danno un’indicazione forte, immediata,che il cervello del cieco si sviluppa sostanzial-mente in maniera identica a quello del vedente.Quindi, pur essendoci l’ovvia difficoltà legataalla mancanza della vista, il cervello del cieco èdifferentemente abile (non disabile). È ovvio checi sono delle riorganizzazioni funzionali, plasti-che: nel nostro cervello ci sono strutture dedi-cate alla percezione del colore che nel cieco dallanascita vengono, ad esempio, funzionalmenteriorganizzate. Quello che intendo dire è che lacorteccia visiva – che occupa un terzo del cer-vello – non è solamente tale: elabora le informa-zioni che raggiungono il cervello per via nonvisiva esattamente come farebbe per via visiva.Questo succede anche nel vedente…

L’area visiva non è solo quella della cortecciacerebrale occipitale, vero?

No, è più estesa, in quanto, oltre alla cotecciaoccipitale, comprende gran parte della cortecciaparietale ed anche la porzione ventrale del lobotemporale. Nell’insieme occupa, quindi, circa il30% della superficie della corteccia cerebrale.

“CON

LA RISONANZA

MAGNETICA

FUNZIONALE

SI OTTIENE

UNA FINESTRA

BIOCHIMICA

NEL CERVELLO”

Aree della corteccia cerebrale deputate alla visione

(Fonte: Università di Monaco)

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18 Oftalmologia Sociale N.4-2009

Quindi è molto di più di quanto si ritenessein passato…

Sì, questi sono i risultati degli studi funzio-nali degli ultimi dieci-quindici anni.

In particolare quali sono le conclusioni finalidei suoi studi?

L’esperienza visiva non è un prerequisitoperché il cervello sviluppi la propria architetturafunzionale in maniera sostanzialmente simile aquella del vedente. Può darsi che dipenda dal-l’esperienza di altri sensi, che richieda l’intera-zione sensoriale in qualche modo, che però nonè strettamente visiva. Questi studi ci spieganocome mai il cieco dalla nascita riesca ad intera-

gire in maniera efficiente ed efficace con l’am-biente che lo circonda: ha una struttura cere-brale che si rappresenta il mondo esterno – alivello funzionale – così come se lo rappresenta ilvedente.

I neuroni specchio li hanno entrambi?Dunque, i neuroni specchio sono un argo-

mento dibattuto, ma si collocano esattamentenella stessa linea. Cioè è stato dimostrato che ilsistema specchio (che viene attivato da suoniprodotti da azioni finalizzate nel cieco dalla na-scita): a) si sviluppa in assenza di esperienze vi-sive; b) può apprendere modalità che non sonovisive.

“NEL CERVELLO

CI SONO

STRUTTURE

PER

LA PERCEZIONE

DEL COLORE, MA NEL CIECO

DALLA NASCITA

VENGONO

RIORGANIZZATE”

Immagine sviluppata dal neuroscienziato Van Wedeen at Massachusetts (General Hospital, Massachusetts, Usa): dopo aver

analizzato i dati della risonanza magnetica per immagini (MRI), sono stati messi in evidenza i ‘circuiti’ nervosi che tra-

sportano le informazioni tra le cellule del cervello di un essere umano vivo

Gli esseri umani sono, essenzialmente, degliesseri comunicativi e imitativi. Per questo si èscoperto che, se guardiamo qualcuno che fissa

un chiodo o prende un bicchiere d’acqua, si at-tivano le medesime aree della corteccia cerebralenello spettatore e in chi agisce. Dunque, è stato

NEURONI ALLO SPECCHIO

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19Oftalmologia Sociale N.4-2009

coniato il nome di ‘neuroni specchio’4 ,ossia di cellule nervose grazie a cui si‘vive’ un’esperienza empatica di riflesso,vale a dire assistendo alle azioni altrui.Però anche i ciechi hanno un sistema dineuroni specchio, ma sfruttano altrisensi – come l’udito e il tatto –, i qualiperò si avvalgono di circuiti cerebrali si-mili a quelli dei vedenti. Più esatta-mente come ‘vedono’ i ciechi le azionidegli altri? La risposta l’hanno data ilProf. Pietro Pietrini e i suoi collaboratori delLaboratorio di Biochimica Clinica e BiologiaMolecolare dell’Università di Pisa in un articolopubblicato sul Journal of Neuroscience5. Per de-terminare se la vista fosse un prerequisito fon-damentale per lo sviluppo del sistema di neuronispecchio, è stata impiegata una risonanza ma-gnetica funzionale per immagini, in modo daconfrontare l’attività cerebrale dei ciechi con-

geniti durante la presentazione uditivadi azioni manuali (in ambienti sonori).Inoltre, altri volontari vedenti si sonoprestati ad azioni di riconoscimentovisivo. I ciechi sin dalla nascita hannoattivato circuiti neurali (temporo-parie-tali) analoghi a quelli che si sono atti-vati nel cervello di chi vedeva, che èstato stimolato sia visivamente cheuditivamente. Dunque, il sistema dineuroni specchio si può sviluppare

anche in assenza di luce, almeno negli esseriumani. “Queste scoperte mostrano – scrivonoPietrini e collaboratori – che il sistema di neu-roni specchio è basato su rappresentazioni sen-soriali supermodali e, perciò, questerappresentazioni astratte consentono agli indi-vidui senza esperienza visiva di interagire effi-cacemente con gli altri”.

(g.g.)

Copertina del Journal

of Neuroscience

Sono state colorate le vie visive attra-verso le quali viaggiano le immagini. Laretina, stimolata dalla luce, produce im-pulsi elettrici che arrivano al cervello, il cuipercorso è stato messo in evidenza graziea una ‘scia cromatica’. Negli Usa e in Sviz-zera è stato condotto uno studio a cui Na-ture Neuroscience, lo scorso settembre, hadedicato la copertina: i circuiti attivatidagli stimoli visivi sono stati ‘dipinti’ a li-vello molecolare come un arcobaleno, mo-strando così le diverse connessioni tra i neuroni.Questo risultato è stato ottenuto grazie all’aiuto diun virus che ‘salta’ da una cellula nervosa all’altra,

producendo proteine cromaticamente di-verse a seconda del grado di attivazionedel neurone stesso. In questo modo i ri-cercatori hanno potuto individuare al mi-croscopio il tipo di trasmissione delleinformazioni attraverso le sinapsi di cavieda laboratorio. Esistono nella retina ben50-60 tipi di cellule nervose differenti: al-cune di esse vengono attivate solo quandosi guardano certi colori, mentre altre solose si osservano gli spigoli degli oggetti, i

corpi in movimento, ecc. (Si veda Siegert et al.(2009), “Genetic address book for retinal celltypes”, Nature Neuroscience 12:1197-1204). (g.g.)

UNA RETINA A COLORI

Sezione di una retina

di una cavia di labora-

torio colorata a secon-

da del grado di attiva-

zione dei neuroni

4 In una ricerca pubblicata su PNAS quest’anno (106:9925-9930) Alfonso Caramazza, Angelika Lingnau e Benno Gesierich hanno sostenuto che non c’èevidenza dell’esistenza dei neuroni specchio (nel loro articolo “Asymmetric fMRI adaptation reveals no evidence for mirror neurons in humans”). Tutta-via, la maggior parte della comunità scientifica internazionale ne riconosce l’esistenza; ad esempio, si legga l’articolo scritto da James M. Kilner, Alice Neal,Nikolaus Weiskopf, Karl J. Friston e Chris D. Frith (“Evidence of Mirror Neurons in Human Inferior Frontal Gyrus”, The Journal of Neuroscience, 12 Ago-sto 2009, 29(32): 10153-10159).

5 Pubblicato il 5 agosto 2009 (29(31): 9719-24).

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20 Oftalmologia Sociale N.4-2009

Oftalmologia…. in rosaOtto studenti di medicina su dieci sono donne. Del ruolo femminile in oculistica e della relazione tra medico e paziente si è discusso lo scorso 8 ottobre in un convegno organizzato a Milano dall’Istituto dei Ciechi e dalla IAPB Lombardia

L’evoluzione culturale enormativo-legislativa delsecolo trascorso e la pro-gressiva elasticità nelconcepire i ruoli, hanno

favorito l’ampliamento dello spazio e del pre-stigio delle donne nelle varie professioni, com-presa quella medica. Il problema dell’accessofemminile alle Facoltà di Medicina, che ha ca-ratterizzato il passato, è stato superato: oggi 8laureati in medicina su 10 sono donne; le stu-dentesse si laureano meglio e prima degli uo-mini: in media a 26 anni e mezzo e col voto di107. Rimangono da concretizzare le “pari op-portunità” nei ruoli dirigenziali di strutturecomplesse e nella scelta delle specialità.

Donne in sanità: ruoli dirigenzialiI dati comunicati dal Ministero del Wel-

fare relativi alla dirigenza del Servizio Sanita-rio Nazionale fotografano una situazione conmolte donne in corsia e poche nelle stanze deibottoni.

Sembra una tendenza cronica a giudicaredai dati del Conto annuale della Ragioneriadello Stato relativi agli anni 2005-2007 e dal-l’Ufficio di Statistica del Ministero del Lavoro,della Salute e delle Politiche Sociali-SettoreSalute.

Nel Servizio Sanitario Nazionale le donne

oggi sono la maggioranza, intorno al 60%circa del totale.

Distribuzione dei ruoli:

• 33% medici• 73% personale infermieristico

A PROPOSITO DI...R. SempliciPsicologa Clinica

Il giorno 3 ottobre 2009presso l’Istituto dei Ciechi diMilano, organizzato dal Comi-tato Regionale Lombardo dellaIAPB Italia onlus, si è svoltoil convegno dal titolo “Oftal-mologia… un futuro in rosa”,che ha ospitato unicamente re-latrici. Lo stato dell’arte riguardo l’attività e leprospettive della donna-medico è stato presentato,tra le altre, nella relazione dalla psicologa Ros-sella Semplici; la disamina, fra l’altro, evidenziauna caratteristica che la donna medico manifestamaggiormente rispetto ai colleghi maschi, ovveroquella sensibilità tipicamente femminile che faci-lita l’instaurarsi di un rapporto medico-paziente,in grado di oltrepassare l’abituale dimensione cli-nica. Innumerevoli sono, comunque, i passaggidegni di interesse che il lettore potrà approfondire.

(Danilo Mazzacane)

La psicologa

Rossella Semplici

“OGNI COLPO

INFERTO AL CORPO

SI RIPERCUOTE

MILLE VOLTE

SULL’ANIMA

E VICEVERSA

(GOLDBRUNNER)”

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21Oftalmologia Sociale N.4-2009

La parità dei sessi si registra nella Diri-genza Sanitaria non medica (per esempio far-macisti, biologici, chimici, psicologi, ingegneri,dirigenti amministrativi) dove il rapportouomo-donna è, in pratica, uno a uno.

Il processo di “femminilizzazione del SSN”dovrebbe spingere verso la realizzazione di mi-sure organizzative e culturali volte a facilitaree valorizzare il ruolo della donna medico nelServizio Sanitario Nazionale.

Le leggi ci sono, ma sono carenti le attua-zioni. La legge 125 del 1991 ha introdottonorme per la realizzazione delle pari-opportu-nità uomo-donna nel lavoro: “...favorire l’oc-cupazione femminile e realizzare l’uguaglianzasostanziale fra uomini e donne nel lavoro,anche mediante l’adozione di misure denomi-nate azioni positive per le donne, al fine di ri-muovere gli ostacoli che di fatto impedisconodi ottenere le pari opportunità”.

Sarebbe necessario, ad esempio:• rivedere gli standard di valutazione per la

selezione dei “primari”, che dovrebbero ri-guardare essenzialmente i “meriti reali” (com-petenze tecniche da comprovare);

• incrementare la flessibilità, attraverso lapromozione del telelavoro, il part-time e, in ge-nerale, le politiche concrete per le donne-mamme. Le difficoltà nel riuscire a conciliarelavoro, famiglia e figli spesso inducono loro arinunciare alla carriera. È significativo che il30% delle donne medico ai vertici del SSN siasingle o separata; la percentuale dei colleghiuomini è di molto inferiore;

• occuparsi della sicurezza fisica delle ope-

ratrici, non limitandosi alla questione dei “con-tagi” durante la gravidanza, ma ampliando lospettro e progettando interventi adeguati negliambiti psico-sociali, dove le donne risultereb-bero più esposte a rischi di “aggressività”;

• promuovere riflessioni e cambiamenti a li-vello socio-culturale.

Le scelte di specialità

Le donne stanno occupando molti settoridella medicina che per tanti anni sono stati ap-pannaggio dei colleghi uomini, come ad esem-pio le chirurgie, la cardiologia, la psichiatria.Ma la maggior parte, per scelta o per necessità,è costretta a dedicarsi ancora alla medicina dibase, alla pediatria o ad esercitare l’attivitàospedaliera con scarsa ambizione di carriera1.

IL PROFILO DELLA DONNA MEDICO

All’inizio del XXI secolo, se dovessimotratteggiare la figura della donna medico, po-tremmo definirla nei modi seguenti: impe-gnata, competitiva, preparata, aperta einteressata a successo e carriera, attiva nel con-ciliare i suoi molteplici ruoli sociali (moglie,madre, nonna, figlia di genitori anziani), entu-siasta del suo lavoro. Per raggiungere il suc-cesso il modello proposto è, però, ancora quello

Percentuali (%) Specialità

58,6 Neuropsichiatria48,0 Pediatria45,4 Biochimica35,9 Psichiatria

Ginecologia e Ostetricia27,5 Oftalmologia16,5 Cardiologia7,4 Neurochirurgia4,5 Cardiochirurgia

1 Cfr. Delt@ Anno VII, N 51, 11-3- 2009.

Percentuali Ruoli

10% circa Dirigente Medico di struttura complessa, cioè l’ex primario

14% Direttori Generali50% Dirigenti Medici

non di Dipartimento e Reparto

“I PAZIENTI

IPOVEDENTI

POSSONO

SVILUPPARE

UN’ECCESSIVA

DIPENDENZA

DALLA FAMIGLIA”

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22 Oftalmologia Sociale N.4-2009

“LA SPERANZA

È LA PUNTA

DI DIAMANTE

DELLA VITA, IN QUANTO FONTE

INESAURIBILE

DI POTENZIALE

BENESSERE

E POSSIBILITÀ

CREATIVE”

maschile: alta competitività escarsità di tempo libero.

Aspetti quantitativi e qualita-tivi del lavoro della donna medico

1) La produttività femminilepresenterebbe un segno negativo.

Cause: a. le donne si indirizzano più

degli uomini verso il part-time;b. lo mantengono anche

quando i figli sono cresciuti;c. lasciano il lavoro intorno ai

55 anni.

2) Clima dell’ambiente di la-voro: le donne sono più collabora-tive e meno competitive.

3) Caratteristiche della relazione medicodonna-paziente:

a. le donne in un’ora vedono meno pazienti.Nel breve periodo, quindi, il segno è negativo,ma nel tempo diventa positivo: diminuisce la ri-chiesta di viste cliniche. In linea con quanto ri-chiesto dai pazienti ed esemplificato dal titolodi un articolo apparso un po’ di tempo fa sul set-timanale Panorama (“Dottore sia paziente, miascolti”), solitamente lo studio del professionistaè un luogo di breve soggiorno, dove la relazionemedico-paziente è immersa in uno spazio di cosee oggetti, tecnicamente avanzati e sofisticati eristretta a una ‘finestra’ temporale;

b. stili comunicativi: da uno studio con-dotto su JAMA sulle modalità comunicativedelle donne in ambito sanitario è emerso che ledonne:

• sollecitano maggiormente la partecipa-zione del paziente;

• sono più attente a tematiche di tipo psi-cologico e si focalizzano anche sugli aspetti emo-tivi. Nel mondo maschile fanno eccezione iginecologi, anche loro attenti alle tematicheemotive;

• dedicano maggiore tempo alle spiega-zioni che riguardano il problema specifico delpaziente;

• non ci sono differenze qualitative oquantitative nelle informazioni fornite.

Questi aspetti apportano sicuramente uncontributo significativo alla riqualificazionedel rapporto medico-paziente nella direzionedell’umanizzazione.

PER UNA RELAZIONE MEDICO-PAZIENTE PIÙ UMANA

Gli elementi vanno ri-scoperti rivolgendolo sguardo sia al professionista che al pazientee alla filosofia della medicina.

Filosofia della medicinaÈ possibile una relazione di cura “efficace

ed efficiente” che non ricollochi al centro l’es-sere umano nella sua integralità? Golbrunnerscriveva: “Ogni colpo inferto al corpo si riper-cuote mille volte sull’anima e viceversa”2.

È possibile delegare agli specialisti della“psiche” (psicologi, psicoterapeuti, psichiatri)

2 J. Golbrunner, Santità e salute, Ed. Corsia dei Servi, Milano 1955.

Ricercatrice in laboratorio

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23Oftalmologia Sociale N.4-2009

la dimensione antropologica? La persona ma-lata si attende da chi lo cura non soltanto unfarmaco, un atto terapeutico, la “restituzione”della salute, ma anche un professionista capacedi stargli accanto, evitando così di lasciarelui/lei e i familiari nello spaesamento della so-litudine.

Ma l’integralità, da sola, non basta; è ne-cessario ri-accogliere tra le mura dello studio idue esseri umani (medico e paziente), chevanno considerati entrambi come soggetti.

Ciò che avviene non riguarda solamente ilpaziente, ma anche il medico. Il primo comu-nica emozioni, sensazioni, vissuti; il professio-nista può disperdere questo patrimonio oppuretesaurizzarlo, in modo che essi contribuiscanoad affinare ed accrescere il suo spessore umanoe il suo modo di essere medico. Non solo: que-st’ultimo dovrebbe riuscire a decodificareanche le proprie emozioni. Ad esempio, l’ansiaverso le reazioni del paziente quando deve co-

municare una prognosi sfavorevole, oppurequando la patologia è pervasa anche dal doloree dalla sofferenza.

Il professionistaPrendiamo come punto di partenza l’art.

6 del Codice Etico SOI-AMOI: “Basare la pre-stazione professionale sul principio della cen-tralità del benessere dei pazienti che si fondasull’impegno ad operare nel loro interesse: lasolidarietà umana alimenta la fiducia, chesvolge un ruolo chiave nella relazione medicopaziente e, pertanto, le forze di mercato, lepressioni sociali e le esigenze amministrativenon devono compromettere questo principio”.

Quali le strade per concretizzare gli intentiespressi?

• Ascolto e osservazione: decodificazione dellinguaggio verbale e non verbale

Il medico dovrebbe ascoltare ed essere at-tento:

a) alle modalità di comunicazione che ilpaziente utilizza per descrivere il problema: sedà una visione realistica oppure tende a enfa-tizzare o diminuire la gravità; se c’è con-gruenza tra il linguaggio verbale enon-verbale. Esempio: il paziente afferma dinon essere preoccupato mentre tamburella ledita sul bracciolo della poltrona, oppure parlavelocemente, fa lunghi silenzi, sospiri…;

b) all’espressione del vissuto emotivo-af-fettivo: ansia, paura, deflessione timica, rasse-gnazione, rabbia, ottimismo, speranza;

c) all’analisi degli svantaggi e degli even-tuali vantaggi che il paziente ricava dalla suacondizione patologica. Ad esempio i pazientiipovedenti, soprattutto in età pediatrica, pos-sono sviluppare un eccessivo attaccamento edipendenza dalle figure di accudimento. Que-sto aspetto riporta l’attenzione sull’impor-tanza della relazione con i familiari, anche nelcaso di soggetti adulti, perché possano essereridotti atteggiamenti e comportamenti rinun-ciatari, passivi o di sopravalutazione delle pos-sibilità. Il contesto familiare aiuta nell’analisi

Controllo oculistico presso il Polo Nazionale Ipovisione di

Roma

“È LA RELAZIONE

UMANA

AUTENTICA

E PROFONDA

L’HUMUS

PER ATTUARE

IL CAMBIAMENTO

E ASSAPORARE

LA PIENEZZA

DELLA VITA”

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24 Oftalmologia Sociale N.4-2009

della realtà, nell’adesione al pro-getto terapeutico e nella proget-tazione-realizzazione di una vitaal massimo della qualità possibile;

d) al grado di investimentoemotivo e assunzione di responsa-bilità personale nella evoluzioneed eventuale risoluzione della ma-lattia; analisi, quindi, della delegaal medico e alle forze esterne;

e) all’analisi delle capacitàbio-psico-socio-spirituali con cuisi sviluppa lo stato patologico.Esempio: una maculopatia è vis-suta in modo diverso con riso-nanze psicologiche diversificate aseconda che colpisca uno studioso, che passamolta parte della giornata a leggere e a scri-vere, piuttosto che un telefonista. Analisi delsistema micro-sociale: ha il fine di capire comefamiliari, amici, conoscenti e colleghi di lavorovivano la malattia e la disabilità.

• L’empatia, che dovrebbe permeare ognifase del rapporto: dall’anamnesi alla diagnosi,dalla terapia al follow-up.

• Modalità di richiesta dei dati clinici: sipossono chiedere informazioni attraverso do-mande chiuse (risposte sì o no) oppure con do-mande aperte, di chiarificazione (mi puòprecisare…) o con inviti ad esporre il pro-blema.

• Atteggiamenti di comprensione, che faci-litano la comunicazione e la creazione dell’al-leanza. Una modalità è la riformulazione. Cisono diverse riformulazioni; quelle che potreb-bero essere utilizzate anche dalle oculiste sono:

a) riformulazione di sintesi: dopo che il pa-ziente ha ricostruito storia e sintomi, il profes-sionista potrebbe ricapitolare brevemente.

b) riformulazione-chiarificatrice. • Comunicazione al paziente sulle modalità

della visita (quale l’oggetto dell’osservazione econ quali strumenti utilizzati) e gli stili di con-duzione della visita stessa, con una precisazionecirca l’iter diagnostico, la diagnosi e il progettoterapeutico.

RISVOLTI PSICOLOGICI DELLE MALATTIE CRONICHE E DEGENERATIVE

Ci sono situazioni che, più di altre, richie-dono al medico di non occuparsi esclusiva-mente della terapia, come nel caso di patologiedegenerative, croniche, terminali, traumi daincidenti, ecc.

Nella relazione dovrebbero trovare postointerventi tendenti ad aiutare la persona a:

1) sviluppare e mantenere una relazione difiducia;

2) mantenere il controllo della propriavita, soprattutto in condizione di compromis-sione sensoriale. Anche se difficile, è possibile.Pensiamo, ad esempio, a Beethoven che hacontinuato a comporre musica anche quandoaffetto da sordità e a Monet, che ha continuatoa dipingere anche se non vedente;

3) conservare la stima di sé.

Questi interventi sono necessari affinché ilpaziente, che difficilmente avrà un ritorno albenessere fisico precedente, non entri nel tun-nel della patologia psichiatrica, soprattutto ladepressione e gli stati ansiosi.

La speranzaElemento fondamentale della relazione con

il paziente cronico è la speranza. Intesa come

I controlli oculistici periodici possono salvare la vista

“CHI CONOSCE

SOLO LA MEDICINA,NON CONOSCE

NEANCHE

LA MEDICINA

(JOSÉ

DE LETAMENDI)”

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risorsa per la salute, è diventata oggetto distudi e ricerche in tempi molto recenti, nono-stante abbia esercitato una notevole influenzasullo sviluppo dell’umanità e sia spesso pre-sente nei dialoghi medico-pazienti.

La speranza è la punta di diamante dellavita, in quanto fonte inesauribile di potenzialebenessere e possibilità creative. Delle defini-zioni proposte dalla letteratura medico-psico-logica, quella elaborata da Snyder ecollaboratori è la più consonante al tipo di re-lazione che abbiamo delineato. Secondo questiautori la speranza è credere che si potrà tro-vare una via per realizzare i propri obiettivi ela motivazione per percorrerla3. In particolare,la speranza svolge un ruolo protettivo quandola persona è in condizione di benessere psico-fisico, ‘supportivo’ quando è affetta da pato-logie o si trova in situazioni critiche. Da alcunistudi è emerso che persone con un buon livellodi speranza riescono ad adattarsi rapidamentea condizioni di stress e dimostrano flessibilitànel trovare obiettivi e percorsi alternativi qua-lora quelli identificati precedentemente risul-tino poco adeguati alle circostanze4. Quando,invece, la persona è affetta da una patologia, la

speranza contribuisce a concentrarsimaggiormente sugli obiettivi da per-seguire piuttosto che su di sé e sullamalattia, atteggiamenti quest’ultimispesso correlati all’acuirsi dello statodepressivo e dei comportamenti pas-sivi, rinunciatari ed evitanti5 . È larelazione umana autentica e pro-fonda l’humus per attuare il cambia-mento e riassaporare la pienezzadella vita.

Si fa urgente riconfigurare lascala personale e sociale dei valori,ripensare il ruolo del medico e riela-borare la filosofia della medicina.

La capacità del professionista di stare ac-canto al paziente e ai familiari è un aspetto im-portante di tale percorso, che ripropone laquestione della formazione. Sul fatto chedebba avere un carattere non solo specialisticosi sono espressi molti, tra cui José de Leta-mendi, cattedratico di patologia generale nel-l’Università di Madrid: “Chi conosce solo lamedicina, non conosce neanche la medicina”6.

Un contributo innovativo può venire dallemedical humanities, espressione di matrice an-glofona, molto difficile da tradurre e definibilecome un grande contenitore nel quale trovanoposto le scienze umane, in particolare la psico-logia e la sociologia (che hanno sviluppato sot-tospecialità riferite alla salute), la filosofiadella scienza, l’antropologia culturale e, ov-viamente, l’etica (bioetica); possono dare illoro contributo anche le arti espressive, dallapittura alla musica, dalla poesia al cinema7.

Non si tratta, però, di aggiungere al saperemedico contenuti di altri settori, ma di lasciardialogare le varie discipline, nella convinzioneche il tutto sia più della somma delle parti eche questa impostazione contribuisca a pro-muovere l’“umanizzazione della medicina”, a

3 Snyder C.R., Rand K.L., Sigmon D.R., Hope Theory, in Handbook of Positive Psychology, a cura di Snyder C.R. e Lopez S.J., Oxford Univ. Press, NewYork 2002, pp. 257-276.

4 Michael S.T., Hope conquers fear: overcoming anxiety and panic attacks, in Handbook of hope: theory, measures and applications, a cura di Snyder C.R.,Academic Press, San Diego 2000, CA, pp. 355-378.

5 Snyder C.R., Feldman D.B., Taylor J.D., Schroeder L.L., Adams V., The role of hopeful thinking in preventing problems and enhancing strengths, “Appliedand preventive psychology”, n. 15, 2000, pp. 262-295.

6 Spinsanti S., Una prospettiva storica, in Manuale di medical humanities a cura di Bucci R., Zadigroma Editore, Roma 2006, p.15.7 Bucci R., La diffusione attuale, in Manuale di medical humanities a cura di Bucci R., Zadigroma Editore, Roma 2006, pp. 43-50.

Psicologa del Polo Nazionale Ipovisione di Roma

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26 Oftalmologia Sociale N.4-2009

realizzare un “umanesimo medico” e a formareun medico con le caratteristiche descritte daClaudio Magris nei suoi Microcosmi: “Onagrofa il medico; la sua pacatezza rassicurante e lasua mite e ferma precisione danno subito unsenso di sollievo ai pazienti. […] Lui ascolta,disponibile, senza fretta […]. Si addentra nellespirali dell’angoscia con la paziente leggerezzadi un gatto; saggia il terreno con domande di-screte, suggerisce un farmaco senza prometteremiracoli, ma la zampa felina non si lascia scap-pare la serpe dell’ansia, l’afferra senza parere ela tira fuori, e spesso, dopo qualche tempo, lepersone braccate dai demoni ritornano capacidi vivere”8.

Il medico, quindi, può favorire un climadi fiducia e collaborazione finalizzato all’ac-cettazione serena della situazione e all’am-pliamento della dimensione comunicativa, incui il paziente, con la sua famiglia, può espli-citare la speranza che in ogni fase della ma-lattia e la morte siano improntate al rispettodella dignità umana e personale. È evidenteche l’ampiezza dello spazio della speranzanon dipende solamente dalla relazione me-dico-paziente-familiari, ma da più fattori, tracui la personalità del soggetto, la struttura fa-miliare e il clima culturale della società in cuisi vive.

Aleggiare sulla speranza può aiutare a farcrescere la convinzione che, se si vuole, puòdiventare una compagna fedele per tutta lavita. Sperare non è un’azione innata, si im-para; lo si deve fare dall’inizio della vita, aiu-tati da un clima educativo-culturale orientatosu ciò che si può fare, anziché su ciò che nonsi può più fare e impregnato di affidabilità, dicapacità di affrontare problematiche difficili(come, appunto, la morte), di attenzione alledoti naturali, di equilibrata presenza e, so-prattutto, di amore che, come dice un pro-verbio cinese, è “la chiave principale che apretutte le porte dell’impossibile”.

ConclusioneÈ possibile la realizzazione di una vita

piena di significato anche in condizioni psico-fisiche deficitarie? Sì, è possibile, come eviden-ziato oltre che dalla testimonianza di persone“comuni” anche dalle conclusioni di una ri-cerca condotta tra persone con disabilità ac-quisita in età adulta: “Le limitazionideterminate dalla nuova condizione fisica im-pediscono lo svolgimento delle attività prece-denti e spingono il soggetto a ricercare attivitàconsone alle nuove abilità, a ridefinire finalitàe interessi per poter investire ancora le proprieenergie psico-fisiche”9.

Questa stessa situazione è trasfigurata daDouglas Mallok nel suo scritto, che King hareso famoso come Siate il meglio:

“[…] Siate un cespuglio, se non poteteessere un albero.

Se non potete essere una via maestra,siate un sentiero.

Se non potete essere il sole, siate unastella. […]

Siate il meglio di qualunque cosa siate.Cercate ardentemente di scoprire a

che cosa siete chiamati, e poi mettetevi afarlo appassionatamente10”.

Ortottista al lavoro

8 Spinsanti, Ibidem.9 Delle Fave A., Il processo di “trasformazione di flow” in un campione di soggetti medullolesi, in La selezione psicologica umana – Teoria e metodo d’analisi,

a cura di Massimini F., Inghilleri P., Delle Fave A., Cooperativa Libraria IULM, Milano 1996, p. 633.10 King M.L., La forza di amare, SEI, Torino 2002, p. 143.

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Prof. Balestrazzi1, il diabete è una della ma-lattie oculari che colpiscono sia i Paesi di mag-gior benessere che quelli in via di sviluppo…

Certamente, anche se nei Paesi in via di svi-luppo il diabete incide molto di meno rispetto aiPaesi industrializzati, tant’è vero che la primacausa di cecità nei Paesi in via disviluppo è ancora la cataratta,mentre in quelli industrializzati leprime cause sono la retinopatiadiabetica, la degenerazione macu-lare senile e il glaucoma. Quindi,c’è questa grossa differenza nelladeterminazione dell’ipovisione edella cecità.

Quale rischio corrono i diabe-tici di contrarre la retinopatia?

Basti considerare che una per-sona anziana – che abbia il diabeteda 10 anni – ha un’altissima pro-babilità di contrarre la retinopatia diabetica(circa il 70%). Per quanto riguarda i giovani, in-vece, il rischio è molto forte dopo cinque anni dimalattia. Qui sorge un problema che, ancoraoggi, affligge l’Italia e solo alcuni altri Paesi: c’èuna scarsissima collaborazione tra medico dibase, diabetologo e oculista. Cioè, conoscendoquesti dati è logico che il medico di base debbafar intervenire il diabetologo e che quest’ultimodebba indirizzare immediatamente i pazienti al-

l’oculista per un esame del fondo oculare ma, so-prattutto, per una fluorangiografia2. Questo inItalia, in molti casi, non viene fatto. Per cui ciarrivano spesso pazienti con retinopatie diabe-tiche proliferanti in fase terminale: bisogna ope-rarli di vitrectomia, a costi altissimi (chirurgia,

degenza ecc), e spesso finiscono perdiventare ipovedenti o ciechi, conancor più alti costi sociali. Quando,invece, la fluorangiografia viene ef-fettuata per tempo, grazie a untrattamento laser ben fatto, questipazienti non arrivano mai alle fasiterminali della malattia. NegliStati Uniti, ormai, è assoluta-mente eccezionale fare interventidi vitrectomia per retinopatia dia-betica proliferante. In Italia sonodiminuiti rispetto al passato, ma

ancora sono tanti perché i pazienti ciarrivano in condizioni disperate: questo non do-vrebbe avvenire nei Paesi civilizzati.

Cosa si può fare per prevenire il diabete?Intanto, molte persone sono diabetiche per

una causa genetica; quindi, oggi è molto diffi-cile intervenire, almeno fino a quando non sipotrà ricorrere all’ingegneria genetica (che tuttiquanti attendiamo per la cura di molte patolo-gie). Poi, per quanto riguarda i pazienti non in-sulino-dipendenti, c’è lo stile di vita: questo è

27Oftalmologia Sociale N.4-2009

Il Prof. Emilio Balestrazzi

L’INTERVISTA

Diabete senza… sviste

G. Galante

Il Prof. Emilio Balestrazzi (Policlinico A. Gemelli) sottolinea la necessità di uno stretto rapporto tra medico di base,diabetologo e oculista. La retinopatia diabetica è una minacciaper la vista: necessita di diagnosi e trattamenti precoci

1 Direttore della Clinica Oculistica del Policlinico A. Gemelli2 Si tratta di un esame strumentale di tipo invasivo. Permette di visualizzare i vasi sanguigni della retina dopo aver iniettato in vena un colorante. (ndr)

“BISOGNA

TENERE D’OCCHIO

LA GLICEMIA, SOPRATTUTTO

I SUOI SCOMPENSI”

4-2009 17-11:Layout 1 17/11/2009 11.13 Pagina 27

28 Oftalmologia Sociale N.4-2009

dovuto a regimi alimentari errati, sedentarietàe, quindi, la prevenzione efficace non può che ri-guardare lo stile dietetico e la possibilità di fareattività sportiva.

Questo per il diabete di tipo 2?Certo, perché il tipo 1 è geneticamente de-

terminato. Anche se – i diversi fattori che ab-biamo citato – servono a non fare aggravare lamalattia. I pazienti devono seguire, ancor piùdegli altri, una dieta molto attenta e devonopraticare attività motoria; ma spesso non lofanno.

C’è la possibilità che il tipo 2 (che non ri-chiede insulina) diventi di tipo 1?

Sì, c’è questa possibilità. In un regime tera-peutico con antidiabetici orali i pazienti si pos-sono scompensare a tal punto da necessitaredell’insulino-terapia. Queste persone sono più arischio. In fondo, le retinopatie diabetiche piùgravi sono senz’altro quelle insulino-dipendentidove, tra l’altro, è stata accertata da tempo larilevanza non tanto del valore medio della glice-mia, quanto degli scompensi della glicemiastessa (valori troppo alti e troppo bassi nel corsodella giornata). Questi sono i più nocivi – perquanto riguarda la microangiopatia e la vascu-lopatia diabetica – per gli arti inferiori, il rene ela retina.

Eventuali danni alla retina in che misurasono reversibili?

Quasi nulla è reversibile, tranne un èdemamaculare che ancora non si sia cronicizzato –che noi possiamo combattere con trattamentilaser o con chirurgia specifica –: in parte può re-gredire, ma non c’è mai la restitutio ad integrum3.Quello che è più importante è che noi, per le

forme ischemiche, sacrifichiamo tutta la perife-ria della retina (si eliminano le zone ischemicheal fine di salvaguardare la macula); quindi, pos-siamo preservare un ottimo visus per lungotempo, sia pure con un’amputazione del campovisivo4. Per far questo si usa la fotocoagulazionelaser panretinica. Mentre, per quanto riguardal’edema maculare diabetico (che, ad esempio,rende difficoltosa la lettura), i margini di trat-tamento sono inferiori (si ricorre a trattamentolaser a griglia per ridurre l’edema).

Ricapitolando, quali sono le forme che nuoc-ciono alla vista?

Due sono le cause che portano alla riduzionedrastica della visione in caso di diabete:

1) l’edema: per trattarlo si ricorre al laser agriglia o alla rimozione della membrana ialoideaoppure di quella limitante interna, che causanotrazione vitreoretinica e perpetuano l’edemastesso

2) forme ischemiche, con rischio di trazioneretinica e distacco di retina. Finché si è in temposi può fare un trattamento laser panretinico. Senon è fatto tempestivamente i vasi sanguine-ranno, avremo emovitrei, distacco di retina tra-dizionale, glaucoma neovascolare ed infinececità.

In conclusione, qual è il suo messaggio?C’è la necessità di un più stretto rapporto

tra i diversi medici. Infatti, perché le cose ven-gano risolte per tempo – e per non arrivare aquesti ultimi stadi forieri di cecità e ipovisionemarcata – si possono evitare i costi socio-sani-tari connessi grazie a uno stretto rapporto dicollaborazione tra medico di base, diabetologoe oculista.

3 Ritrovata funzionalità retinica originaria. (ndr)4 Perché si mantiene solo la funzionalità del campo visivo centrale. (ndr)

La Giornata mondiale del Diabete si è celebratail 14 novembre con un convegno in Campidoglio, pro-mosso dalla Federazione Internazionale del Diabete e

patrocinato dal Ministero della Salute e dal Comunedi Roma. La ricorrenza annuale, riconosciuta dal-l’Oms, coincide col compleanno dello scopritore del-

LA GIORNATA MONDIALE DEL DIABETE AL CAMPIDOGLIO

“I DANNI

DELLA

RETINOPATIA

DIABETICA

GENERALMENTE

NON SONO

REVERSIBILI: LA PREVENZIONE

È FONDAMENTALE”

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29

1 Quest’ormone, prodotto naturalmente dal pancreas, è indispensabile per trattare il tipo 1 (la forma più grave), mentre il tipo 2 si cura con una dietapovera di zuccheri e con farmaci ipoglicemizzanti.

2 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti

imposti dal rispetto della persona umana”.

Oftalmologia Sociale N.4-2009

l’insulina1 (Frederick Banting, 1922). Al centro delleattenzioni dei relatori del convegno c’è stata non solola prevenzione della malattia da eccesso di zuccheri nelsangue (per mezzo di un corretto stile di vita), maanche la sua diagnosi precoce e la necessità di curetempestive. Infatti la patologia, se non tenuta sottocontrollo, provoca complicazioni prevenibili: dalla re-tinopatia diabetica alle malattie cardiovascolari, pas-sando per la nefropatia (malattie renali) e laneuropatia. Secondo l’Oms i diabetici nel mondo sonooltre 220 milioni; solo in Italia, secondo l’Istat, il dia-bete colpisce il 4,8% della popolazione.

In apertura di convegno è intervento il Sen. Ce-sare Cursi, Presidente della X Commissione e Re-sponsabile delle Politiche Sanitarie, il quale ha fattopresente che c’è la necessità di “puntare in manieraprecisa all’informazione”, di potenziare i centri dia-betologici esistenti sul territorio nazionale e far sì chele Regioni portino avanti un obiettivo comune. Infatti,“il diritto alla salute – ha affermato il Senatore – deveessere garantito a tutti i livelli [art. 32 della Costitu-zione2], soprattutto ai più deboli”. Dopodiché i nu-merosi interventi sono stati incentrati su quella che ilProf. Adolfo Panfili – Delegato del Sindaco diRoma Gianni Alemanno per le Relazioni Istituzio-nali a carattere sanitario – ha definito “una vera epropria malattia sociale”. Infatti, si tratta di una“epidemia sociale strisciante”; per combatterla baste-rebbe “ridurre l’apporto calorico del 30-40%”, allun-gando in tal modo anche la vita. Il problema è chemolti diabetici non sanno di essere malati.

A livello di prevenzione l’avv. Giuseppe Ca-stronovo, Presidente dell’Agenzia internazionale perla prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus, ha sot-tolineato l’importanza delle visite oculistiche periodi-che. Il corretto stile di vita è, tuttavia, fondamentaleper la prevenzione. “In uno studio pubblicato recente-mente su Lancet – ha ricordato il Presidente – si con-ferma che il diabete si previene innanzitutto a tavolae con lo sport. Secondo la ricerca, condotta negli Usa,il rischio di ammalarsi del tipo meno grave (il tipo 2)

diminuisce del 58% in 10 anni. Tra l’altro l’attivitàfisica regolare e un’alimentazione completa consen-tono di prevenire anche altre malattie oculari, quale ladegenerazione maculare legata all’età, che può colpiredopo i 55 anni”. Proprio per evitare che insorganoqueste patologie oppure per diagnosticarle tempestiva-mente, la IAPB Italia onlus promuove periodica-mente visite oculistiche gratuite, che si effettuano ilpiù delle volte all’interno di Unità mobili oftalmiche.“Dunque – ha concluso l’avv. Castronovo – bisognamonitorare continuamente la retina dei pazienti dia-betici per far sì che non perdano quello che, già secondoAristotele, è il senso che amiamo più di tutti”.

Il Prof. Emilio Balestrazzi, Direttore dellaClinica Oculistica del Policlinico A. Gemelli, hamesso in evidenza come la retinopatia diabetica sia la“principale causa di cecità legale in soggetti di etàcompresa tra i 20 e i 65 anni”. Per quanto riguarda ifattori di rischio, quello principale è la durata del dia-bete: dopo 10 anni, secondo il docente, il 50% dei ma-lati presenta segni di retinopatia, mentre dopo 30 annila percentuale sale al 90%. Altri fattori di rischio ci-tati sono il diabete mal compensato, l’ipertensione ar-teriosa, la nefropatia ed elevati valori di emoglobinaglicosilata nel sangue. Particolarmente pericolosa è laretinopatia diabetica proliferante (provoca il 70-80%di cecità entro 5 anni).

Infine, il Sindaco Alemanno ha firmato – du-rante la conferenza stampa – la carta dell’alleanza peril Buon Compenso del Diabete, sottoscritta anche dallealtre autorità, dai rappresentanti delle onlus e dagliesperti intervenuti. L’alleanza si impegna a promuo-vere «la prevenzione e il miglioramento delcontrollo della patologia»; questo per dare seguitoalla Risoluzione ONU secondo cui c’è una «urgentenecessità di sforzi multilaterali per promuo-vere la salute della persone e fornire accesso acure, assistenza ed educazione». Infatti, sempresecondo le Nazioni Unite, il diabete è una «pande-mia in grado di minare lo sviluppo socio-eco-nomico dell’umanità». (g.g.)

Il Prof. Adolfo Panfili

Il Sindaco Gianni Alemanno

L’avv. Giuseppe Castronovo

“SECONDO L’ONU

IL DIABETE

È UNA PANDEMIA”

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30 Oftalmologia Sociale N.4-2009

La persona operata ha 50 anni ed è unasignora affetta da retinite pigmentosa. Si pos-sono operare in via sperimentale solo ciechiil cui nervo ottico è integro, ma le immaginisono ancora in bianco e nero e hanno unbassa risoluzione

Vive a New York, ha 50 anni e, daquando ne aveva 13, è malata diretinite pigmentosa (una malattia

oculare genetica che rende progressivamenteciechi); ma ha recuperato parzialmente lavista grazie a una tecnologia avveniristica:l’occhio bionico. L’operazione è stata effet-tuata presso il Medical Center della Colum-bia University(Presb y t e r ianHospital).

L’impianto èbasato sulla re-tina artificiale –ossia su un chipdotato di sen-sori sensibili allaluce –; fino adoggi è stato ef-fettuato su unatrentina di per-sone nel mondoa livello speri-mentale. La vi-sione è ancorarudimentale: èin bianco e nero

e la risoluzione è ancora bassa (60 pixel,anche se si stanno studiando dispositivi daun migliaio di punti). Ammesso che si ri-spettino una serie di condizioni (tra cui vici-nanza al luogo della sperimentazione, perora non effettuata in Italia), ci si può sotto-porre all’operazione in circa 12 centri almondo e unicamente se il proprio nervo ot-tico è integro; dunque, vanno esclusi i ma-lati di glaucoma, di retinopatia diabetica, dipatologie del nervo ottico, così come anchecoloro che hanno subito un distacco di re-tina. In ogni caso, trattandosi di una tecno-logia ancora in fase di test, non sono dasottovalutare gli effetti collaterali.

Newsdall’oftalmologiamondialeOCCHIO BIONICO IMPIANTATO A NEW YORK

Centri dov’è stata impianta una retina elettronica Argus II (Fonte: ARN)

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31Oftalmologia Sociale N.4-2009

UN’INIEZIONE PER DARE LA VISTA

A Philadelphia un bambino affetto daamaurosi congenita di Leber non è più ciecograzie alla terapia genica: sotto alla sua re-tina sono stati iniettati geni sani

Un’iniezione sotto alla retina con-tro l’amaurosi congenita diLeber (una malattia oculare ere-

ditaria): così un bambino cieco di nove anniha avuto la vista. Infatti, i geni ‘sani’ iniet-tati nell’occhio – che hanno sostituito quellimalati – hanno consentito alla retina di di-ventare sensibile alla luce: ora il piccolo rie-sce persino a giocare a softball.

Lo studio è stato condotto da ricercatoriamericani (dell’Università della Pennsylva-

STAMINALI CONTRO LE DEGENERAZIONI RETINICHE

Ricercatori israeliani sono riusciti a ripararedanni alla retina partendo da cellule embrionali.Tuttavia, il rischio principale è quello di indurreun tumore perché non si riescono a controllarecompletamente

In futuro potrebbero bloccare le dege-nerazioni della retina. Sono le cellulestaminali che, quando correttamente

indirizzate nella loro crescita, possono essereusate per riparare il tessuto fotosensibile del no-stro occhio; si stanno rivelando potenzialmenteutili per chi è colpito da malattie oculari oggiconsiderate incurabili, che implicano unamorte progressiva dei neuroni retinici. In unostudio israeliano – condotto sulle cavie da la-boratorio impiegando le staminali embrionaliumane – si è riusciti a riparare i danni ocularialla retina: un altro significativo passo avantinella lotta contro la cecità (se si prescinde dallenote problematiche etiche).

In questo caso si è puntato a curare malat-tie oculari che causano un danno all’epiteliopigmentato (strato cellulare retinico interme-dio che nutre i sovrastanti fotorecettori, attac-cato saldamente alla sottostante coroide), qualila retinite pigmentosa e l’AMD (attualmente ètrattabile solo la forma più grave, quellaumida). In particolare, i ricercatori hanno stu-diato il ruolo importante svolto dalla vitaminaB3 (nicotinammide) e da una proteina chia-

mata attivina A nel dirigere lo sviluppo dellestaminali embrionali: da cellule ‘bambine’ in-differenziate sono diventate adulte, assumendola funzione di cellule epiteliali retiniche.

“Nonostante esistano – ha affermato Ben-jamin Reubinoff, uno degli autori dello studio– una serie di approcci terapeutici allo studioper ritardare il processo degenerativo, la tristerealtà è che molti pazienti, in fin dei conti, per-dono la vista”. Dunque, ha concluso il ricerca-tore, “la terapia cellulare per rimpiazzare lecellule degenerative dell’epitelio pigmentatopotrebbe potenzialmente bloccare la progres-sione della malattia”. Tra i rischi principali del-l’impiego delle staminali, tuttavia, c’è quello diindurre un tumore: una volta impiantate nonsono ancora pienamente controllabili.

Staminali embrionali

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nia e del Centro per la terapia cellulare emolecolare presso il Children’s Hospital diPhiladelphia), i quali hanno testato la tera-pia genica su cinque bambini e sette adulti,tutti colpiti dall’amaurosi congenita diLeber. I risultati migliori sono stati ottenutisui più piccoli: “Tutti – si legge in un comu-nicato diffuso dall’Università della Pen-nsylvania – sono ora in grado di spostarsi inun percorso a ostacoli con luce bassa, un ri-sultato che i ricercatori hanno definito«spettacolare»”.

I pazienti non sono riusciti a vederebene, ma almeno ora metà di essi (sei su do-dici) sono migliorati tanto da non essere piùconsiderati ciechi legali. Inoltre, il vantag-gio è che “i benefici clinici sono persistiti –ha affermato Jean Bennett, professore di of-talmologia presso la stessa università ame-ricana – quasi per due anni da quando iprimi soggetti sono stati trattati con inie-zioni di geni terapeutici nelle loro retine”.

Questi risultati positivi potrebbero es-sere in futuro ottenuti anche per curare de-generazioni retiniche più comuni. La ricercaè stata pubblicata sulla prestigiosa rivistaThe Lancet.

32 Oftalmologia Sociale N.4-2009

Lo sottolinea l’Oms nel suo Rapporto sullasalute femminile. Ogni anno 2,5 milioni di an-ziane diventano cieche

“Una delle principali cause didisabilità nel mondo è laperdita della vista: ogni

anno oltre 2,5 milioni di anziane diventanocieche”, principalmente a causa della cata-ratta, dei gravi difetti refrattivi e della dege-nerazione maculare (che colpisce il centrodella retina). È quanto si sottolinea nel Rap-porto dell’Oms, , intitolato “Donne e salute”,pubblicato lo scorso 9 novembre. Si afferma,più nello specifico, che nelle ultrasessantenni

la perdita della vista è responsabile del 32%degli anni persi a causa della disabilità.

Nella pubblicazione si evidenzia come esi-sta disparità di accesso alle cure: le donne, purprestando assistenza sanitaria, non vengonosufficientemente seguite soprattutto quandosono adolescenti o anziane. Per questo la Di-rettrice generale dell’Organizzazione mon-diale della sanità, Margaret Chan, ha rivoltoun appello ai governi affinché agiscano ur-gentemente per migliorare la salute e le vitedelle donne. L’infarto e l’ictus restano i prin-cipali ‘killer’ e, tra i 15 e i 45 anni, le malattielegate alla gestazione, l’Hiv e la tubercolosirappresentano una seria minaccia.

DONNE LONGEVE, MA SERVONO PIÙ CURE

Elica del DNA

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33Oftalmologia Sociale N.4-2009

Identificate le unità ereditarie del Dnache inibiscono la rigenerazione dei neuroni.Se neutralizzate consentirebbero una ripara-zione spontanea dei tratti danneggiati delnervo ottico

Riparare il nervo ottico: è questo ilsogno di molti pazienti e oculisti.Tuttavia, attualmente non si rie-

sce a rigenerarlo se, ad esempio, è stato dan-neggiato da malattie quali il glaucoma, leneuriti, da patologie degenerative oppure datraumi. Le due strade principali perseguitedalla ricerca sono, da un lato, l’impiego dellecellule staminali e, dall’altro, la terapia ge-nica. Proprio quest’ultima strada è stata se-guita in due università americane(University of Miami e University of Pen-nsylvania); grazie a questa ricerca è stataidentificata una famiglia di geni che possonocontrollare e inibire la rigenerazione del

GENI IN FAMIGLIA

Basi del DNA

Il 57% dei ciechi nel mondo sono donne(circa 26 milioni) e questa percentuale crescecol passare degli anni: le femmine, media-mente, vivono dai sei agli otto anni in più deimaschi. Eppure questa situazione potrebbe

essere migliorata effettuando, inprimo luogo, le operazioni di ca-taratta: l’intervento è semplice erelativamente economico (se-condo precedenti stime di espertidell’Agenzia Onu costa media-mente venticinque euro).

Un’altra causa importante dicecità nei Paesi in via di sviluppoè il tracoma: sebbene la situa-zione sia in via di miglioramentograzie a un’azione condotta a li-vello globale, gli esperti dell’Omssottolineano come causi ancora il5% della cecità, nonostante siadel tutto prevenibile. Infine, nei

Paesi poveri non solo mancano oculisti estrutture sanitarie, ma persino le lenti. Dun-que, senza opportuna correzione ci sono per-sone che diventano ipovedenti o addiritturacieche.

Giovane etiope. La IAPB Italia onlus ha realizzato in Etiopia 113 pozzi d’ac-

qua potabile

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La FDA – in collaborazione col NEI e il Di-partimento della Difesa Usa – sta studiando laqualità della vita di chi si è sottoposto alLASIK, particolare intervento di chirurgia re-frattiva. Il progetto americano sarà ultimatonel 2012

Il laser per la chirurgia refrattiva è fi-nito sotto osservazione. Infatti, laFood and Drug Administration

(FDA), ente governativo americano che si oc-cupa soprattutto di salute, ha avviato unostudio per capire quali effetti abbia laLASIK, una delle principali tecniche chirur-giche utilizzate per eliminare i vizi refrattivi.La ricerca viene condotta con la stretta col-laborazione dell’Istituto Nazionale di Oculi-stica statunitense (NEI) e del Dipartimentodella Difesa Usa; suo fine è quello di “deter-minare la percentuale di pazienti affetti daproblemi significativi per la qualità della vitadopo l’intervento di LASIK e di identificare ifattori predittivi di tali problemi”.

Al centro delle attenzioni (e delle preoc-cupazioni) c’è la tecnica chirurgica che fa ri-corso a un laser detto a eccimeri “percambiare – scrive la FDA – in modo perma-nente la forma della cornea”, la superficieoculare trasparente posta davanti all’iride.

Così, infatti, si può fare a meno di lenti a con-tatto ed occhiali, almeno se l’operazione va abuon fine: è come se col laser venisse scolpitauna lente. Tuttavia, la tecnica non è esente darischi perché l’assottigliamento della corneapuò dare origine a cedimenti (è come se siscolpisse una diga).

“La LASIK sicuramente – ha affermatoil Prof. Corrado Balacco Gabrieli, direttoredel Dipartimento di oculistica dell’UniversitàLa Sapienza di Roma – è un intervento cor-rettivo dei vizi di refrazione che può presen-tare qualche problema: ci sono moltissimiarticoli in letteratura che descrivono le com-

LASER SOTTO OSSERVAZIONE

Col laser si modella la cornea

nervo ottico. Dunque, accendendo o spe-gnendo artificialmente degli interruttori ge-netici si è tentato di riparare il danno(modificando il Dna, il ‘programma dellavita’). Nello studio – pubblicato sulla rivistaScience – sono stati esaminati oltre 100 geniche potrebbero avere un ruolo nella rigene-razione retinica. La famiglia di geni, indicatacon la sigla KLF, potrebbe giocare un ruoloessenziale a livello del nervo ottico (riusci-rebbe a bloccarne le capacità rigenerative) edei neuroni cerebrali. “Siamo eccitati daquesta scoperta – ha dichiarato il Prof.

Vance Lemmon dell’Università di Miami –perché lo studio ci fa comprendere come igeni che controllano la rigenerazione ven-gano attivati e disattivati. In particolare, ilgene KLF4 sembra essere più potente deglialtri nell’inibire la rigenerazione” (quellanervosa). Infatti, cellule retiniche (detteganglionali) prive del KLF4 hanno dimo-strato maggiori capacità di ricrescita sia invitro che in vivo. Concludendo, futuri studidovranno cercare di bloccare l’azione di quelgene per far sì che i meccanismi di ‘autori-parazione’ abbiano la meglio.

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35Oftalmologia Sociale N.4-2009

Il Presidente della Repubblica è interve-nuto sulla situazione italiana all’UniversitàSapienza di Roma. La tendenza negativa è an-nosa, bisogna superare pregiudizi, incom-prensioni e meschinità

Non perdere di vista la ricerca, l’Ita-lia è in ritardo. Il monito è statoespresso lo scorso 12 ottobre dal

Presidente della Repubblica Giorgio Napoli-tano, intervenuto all’Università Sapienza diRoma. Infatti, l’Italia soffre – ha affermato ilCapo dello Stato – di “un ritardo da colmare,un ritardo serio” e ci sono da superare “pre-giudizi, incomprensioni e anche meschinità”che portano “a misurare in modo troppo ri-stretto le ricadute possibili sullo sviluppo ge-nerale del Paese”. In sostanza: rispetto adaltri Stati sviluppati i piani di sviluppo scien-tifico non sono di ampio respiro, non si inve-ste abbastanza e la ricerca soffre di unamiopia costi-benefici di breve periodo. La ten-denza negativa è annosa: “Il ritardo – ha in-sistito il capo dello Stato – è un processonegativo, involutivo che ha attraversato di-versi periodi politici e diversi governi”, che ri-guarda innanzitutto “la difficoltà ad ottenereun sufficiente finanziamento pubblico e nello

stesso tempo un adeguato impegno finanzia-rio del settore privato per la ricerca”. Il Pre-sidente della Repubblica, infine, ha anchefatto riferimento alla spesa pubblica, “che haecceduto largamente i limiti di un indebita-mento normale e tollerabile e che senza dub-bio deve essere ricondotta sotto controllo”.

NAPOLITANO: “SULLA RICERCA RITARDO SERIO DA COLMARE”

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

(Fonte: www.quirinale.it)

plicanze anche a lungo termine, innanzituttol’indebolimento corneale che può provocareastigmatismi posteriori (la cornea si intro-flette)”.

Il progetto – finanziato da Agenzie go-vernative statunitensi (innanzitutto la FDA)– consta di tre fasi:

1) Questionari da compilare su internet,finalizzati a capire com’è stato vissuto dai pa-zienti l'intervento (e la fase successiva al-l'operazione).

2) Valutazione della qualità della vita edel livello di soddisfazione della LASIK cosìcome espresso da un campione selezionato di

popolazione (operato presso il centro di chi-rurgia refrattiva della marina statunitense)

3) Esperimenti e verifiche per valutarel’impatto del LASIK sulla qualità della vitadella popolazione in generale. Quest’ultimafase si prevede che si concluderà entro il 2012.

Il fine ultimo dello studio è, infatti,quello di ridurre gli effetti collaterali ai qualipuò andare incontro chi si sottopone a un in-tervento di chirurgia refrattiva laser. Poi laFDA valuterà quali eventuali azioni intra-prendere per garantire una maggiore sicu-rezza e migliorare l’efficacia degli interventiLASIK.

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36 Oftalmologia Sociale N.4-2009

Con l’aumento della loro sopravvivenza cre-sce il numero di coloro che soffrono di problemioculari. In uno studio norvegese e svedese sonostati studiati oltre settecento neonati prematuri:il 72,7% è risultato essere affetto da ROP

Iprematuri non vanno mai… persi divista. Con l’aumento della sopravvi-venza dei bambini nati prima del

tempo, si riscontra un maggior numero di pro-blemi oculari, in primis a causa della ROP (re-tinopatia del prematuro, malattia ocularedovuta a un anomalo sviluppo dei vasi sangui-gni retinici). In uno studio svedese e norvegese,pubblicato sulla rivista Archives of Ophthal-mology di ottobre, sono stati studiati 707 neo-nati prematuri, dei quali 506 sono sopravvissutifino alla prima visita oculistica. Di questi ben il72,7% (368 bambini) erano affetti da ROP (informa grave quasi nella metà dei casi), comin-ciata cinque settimane dopo la nascita, pur es-

sendo stati trat-tati seguendo lelinee guida uffi-ciali. Complessi-vamente la ma-lattia oculare èstata trattatanel 19,6% deicasi (99 piccoli).

Quanto più prematuramente nascono,maggiore è il danno arrecato dall’ossigeno ero-gato artificialmente nell’incubatrice (anche senecessario per lo sviluppo, come ‘effetto colla-terale’ stimola la proliferazione indesiderata deivasi della retina). Questo aspetto conta di piùdel peso alla nascita. “L’incidenza [della reti-nopatia del prematuro] si è ridotta – scrivonogli autori dello studio diretto da Dori Austengdell’Università di Uppsala – dal 100% dei natialla ventiduesima settimana al 56% nei natialla fine della ventiseiesima”.

PREMATURI, NON PERDIAMOLI DI VISTA

Prematuro

OLTRE UN MILIARDO DI PERSONE SOFFRE LA FAME

Lo ha reso noto la Fao in un Rapporto pre-sentato lo scorso 14 ottobre. Ben 642 milioni dipersone malnutrite vivono in Asia e nel Pacifico,ma la situazione è drammatica anche in Africa.A livello oculare il problema principale è la ca-renza di vitamina A

Si è tenuto dal 16 al 18 novembre aRoma il vertice della FAO. Gli occhisono stati rivolti soprattutto ai Paesi

poveri, che sono ‘divorati’ dalla fame: oltre unmiliardo di persone ne soffre. È stato sotto-scritto un generico impegno a sradicare questodramma alimentare dalla faccia della Terra, manon sono state adottate misure precise di so-stegno.

Lo scorso 14 ottobre l’Agenzia delle Na-zioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura

aveva già pu-bblicato unRapporto nelquale si sotto-lineava che lasituazione èin peggiora-mento. Nonsolo semprepiù individuihanno difficoltà a sopravvivere (almeno uno susei), ma nel caso di specifiche carenze vitami-niche il problema ha anche precisi risvolti me-dici: se c’è deficienza di vitamina A, adesempio, l’apparato visivo non si sviluppa cor-rettamente (si contrae la xeroftalmia, princi-pale causa di cecità infantile nei Paesi poveri).Eppure, solamente in Asia e nel Pacifico si

Zona rurale in Etiopia

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37Oftalmologia Sociale N.4-2009

Una ricerca conferma che le tonalità pos-sono essere attribuite a oggetti diversi da quellioriginari. Le qualità cromatiche risiedono inaree specifiche del cervello e possono essere dis-sociate dalla forma dei corpi

Nella mente ne vediamo… di tutti icolori. Almeno per chi ha la for-tuna di possedere il più prezioso dei

cinque sensi: parliamo della vista, attraversola quale ci arriva circa l’80% delle informa-zioni sul mondo. Secondo uno studio condottonegli Usa le qualità cromatiche sono distintedall’oggetto stesso: il cervello riesce a separarequesto tipo d’informazione e a farne poi usoseparatamente. Quindi, si è studiato comevengano integrate cerebralmente diverse ca-ratteristiche (forma, colore, posizione e velo-cità). “Il colore – ha dichiarato Steven Shevelldell’Università di Chicago – è nel cervello. Sitratta di un costrutto, così come sono costruttii significati delle parole. Senza i processi neu-rali cerebrali non saremmo in grado né di com-prendere i colori degli oggetti né le parole diuna lingua che non conosciamo”. Il cervelloha difficoltà a integrare segnali contraddittori;generalmente il problema viene risolto soppri-mendo l’informazione pro-veniente da un solo occhio.Nel corso delle sperimenta-zioni si è usato allora un si-stema che consentiva di‘cancellare’ in modo selet-tivo solo la forma di un og-getto, ma non il suo colore,per vedere cosa accadesse.Mentre all’occhio destro èstato presentato un discorosso intervallato da righe

grigie orizzontali, all’occhio sinistro è statomostrato un disco verde inframezzato da righegrigie verticali. Sono state poi cancellate lerighe grigie che vedeva l’occhio destro: è ri-masto un cerchio rosso uniforme. Curiosa-mente il cervello ha combinato le informazioniprovenienti dai due occhi ottenendo un cer-chio composte da righe verdi e righe rosse ver-

ticali (laddove, invece,erano grigie). Questo sem-plice esperimento dimostrache avviene una combina-zione a livello neurale.Dunque, i colori sono ilfrutto di un processo attivodella mente e non solo diuna mera percezione senso-riale da parte delle celluledella retina (coni e baston-celli).

I COLORI DELLA MENTE

La luce bianca è data dalla combinazione dei colori primari

Cervello

stima che 642 milioni di persone soffrano difame cronica, mentre nell’Africa subsaharianala cifra scende a 265 milioni. Persino i Paesi svi-

luppati non sono immuni dal dramma dellafame: sono 15 milioni coloro che non riescono anutrirsi a sufficienza.

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38 Oftalmologia Sociale N.4-2009

Abstract. Il lavoro tratta di endoftalmiti,gravi infezioni del bulbo oculare, che costitui-scono la più grave complicanza degli interventichirurgici in oculistica. Gli autori spieganoquali possano essere le cause. Le endoftalmitipossono causare persino cecità (18% dei casi),mentre nel 30% dei casi compromettono le ca-pacità visive. Persino l’intervento di cataratta,anche se è da considerare sicuro, non è del tuttoesente da rischi.

Gli autori trattano quindi degli aspetti me-dico-legali, concentrandosi sui rischi legati alleinfezioni post-chirurgiche. Anche in Italia,come in altri Paesi, il livello di tolleranza neiconfronti degli errori medici si è drasticamenteridotto. Essi certamente non si possono elimi-nare del tutto, ma si possono rendere visibiliprima che possano causare danni. In tutto que-sto non solo bisogna considerare il fattoreumano, ma anche quello tecnologico.

EPIDEMIOLOGIA, EZIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIOLe endoftalmiti rappresentano tuttora una

rara quanto temutissima complicanza degli in-terventi chirurgici in oculistica (Fig. 1, 2, 3).

Con questo termine – nella sua più ampiaaccezione – si intende una qualsiasi flogosi in-traoculare. Nel momento in cui tale infiam-mazione si propaga più o meno rapidamente,andando ad interessare, oltre al vitreo, tutte etre le tonache oculari (sclera, coroide e retina)sino a raggiungere lo spazio sotto tenoniano, siparla più precisamente di “panoftalmite”.

I termini di uveite settica diffusa, di of-

talmia purulenta, di flemmone oculare sonostati spesso utilizzati come sinonimi.

Endoftalmiti, lo stato dell’artee gli aspetti medico-legaliLA RELAZIONEF. Cruciani, G. Albanese, R. Anzidei, D. CaraccioloSapienza - Università di Roma - Dipartimento di Oftalmologia

Fig. 1, 2, 3: Casi di Endoftalmite

L’ENDOFTALMITE

È RITENUTA

LA PIÙ GRAVE

COMPLICANZA

POST-CHIRURGICA

IN AMBITO

OFTALMOLOGICO”

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39Oftalmologia Sociale N.4-2009

Questa affezione si può collocare all’in-terno del più ampio panorama delle infezioninosocomiali. Con tale termine definiamo que-gli episodi di natura settica (Fig. 4) che insor-gono dopo almeno 48 ore dall’ingresso inospedale, oppure dopo che il paziente è statodimesso, e che non erano manifesti né clini-camente e né in incubazione al momento delricovero. Più specificamente, vengono deno-minate infezioni post-chirurgiche quelle con-tratte da ricoverati chirurgici, anch’esse némanifeste né in atto al momento del ricovero,ma che esordiscono durante o dopo la degenzae sono determinate dall’atto operatorio (L.Checcacci et al.).

Come per le altre infezioni nosocomiali,

anche nello specifico caso delle sepsi oculariospedaliere, un tentativo di quantificazionecorretta e completa incontra numerosi osta-coli, non soltanto in Italia: mancano statisti-che attendibili o perlomeno ufficiali per lariluttanza, da parte del personale sanitario, aregistrare e diffondere informazioni che pos-sono comportare risvolti di tipo medico-le-gale; le tecniche di prelievo, trasporto einoculazione per l’isolamento in laboratoriosono spesso lacunose o inadeguate e, inoltre,va considerata la ritrosia degli oftalmologi neiconfronti di indagini microbiologiche; i criteridi studio e di controllo non sono standardiz-zati (L. Buratto, C. Lovisolo, M. Moncalvi,M. Iori, Prevenzione e trattamento delle endof-talmiti).

L’endoftalmite può essere sostenuta dabatteri, virus, miceti o protozoi. Pratica-mente tutti i microrganismi costituiscono po-tenziali agenti eziologici, sebbene esistanoforme che non sembrano presentare alcunnesso con entità microbiologiche note e rien-trare, dunque, o nel gruppo caratterizzato dalmancato riconoscimento del patogeno (col-tura negativa) o in quello delle endoftalmitiasettiche. Queste ultime sembrano derivareda reazioni di natura immuno-mediata o ad-dirittura tossica, che vedono giocare un ruolochiave dalle proteine del cristallino (endoftal-miti asettiche endogene facoanafilattiche ofacotossiche). L’architettura della lente è, in-fatti, fondata su una matrice glicoproteicache, assieme alle proteine della capsula (col-lagene tipo IV, laminina, fibronectina), puòassumere significato antigenico ed innescarereazioni autoimmuni in soggetti genetica-mente predisposti perché portatori di un par-ticolare aplotipo HLA. Va, comunque,ricordato che episodi di questo tipo rappre-sentano la forma meno comune di endoftal-mite (9%).

Le forme settiche (91%) sono dovute nellamaggior parte dei casi, contrariamente aquanto accade per le infezioni nosocomiali ingenerale, a batteri Gram positivi (86%), inparticolare allo Staphilococcus Epidermidis.

Fig. 4. Nel diagramma di flusso è schematizzato il percorso

patogenetico che conduce all’instaurarsi di una qualsivoglia

malattia infettiva. La noxa patogena – batterio, virus, mi-

cete o qualsiasi altra specie microbiologica – è trasmessa

dalla fonte o sorgente del contagio (il cosiddetto réservoir)

all’ospite attraverso modalità differenti, che ne influenzano

la possibilità di colonizzazione ed, eventualmente, la suc-

cessiva infezione. Ogni agente patogeno è caratterizzato

dalla preferenza per vie di penetrazione diverse, il che rende

ragione dell’importanza della prevenzione nelle infezioni

dell’integrità delle barriere anatomiche, caposaldo dell’im-

munità innata. Conditio sine qua non degli eventi infet-

tivi clinicamente manifesti è, da una parte, la virulenza del

patogeno e, dall’altra, la suscettibilità dell’ospite

“L’ENDOFTALMITE

PUÒ ESSERE

CAUSATA

DA BATTERI,VIRUS, MICETI

O PROTOZOI”

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40 Oftalmologia Sociale N.4-2009

Stafilococchi e Streptococchi rappresentanola quasi totalità dei Gram positivi responsa-bili di endoftalmite post operatoria, mentre ilBacillus Cereus prevale in caso di traumi o disoggetti tossicodipendenti.

Esiste, però, un’interessante inversione ditendenza nel momento in cui l’infezione haorigine endogena, cioè proviene da un focolaiosettico lontano nello stesso individuo: in que-ste situazioni i Gram negativi diventano piùfrequenti (25,7%). Il più tristemente noto traessi è lo Pseudomonas Aeruginosa. Esso mo-stra una forte resistenza agli antibiotici co-munemente usati.

Per quanto riguarda i miceti, essi non rap-presentano certo l’eziologia più frequente-mente riscontrata, ma la loro importanza nondeve essere comunque trascurata, soprattuttoa seguito di traumi nei quali l’occhio entra incontatto violentemente con rami o schegge dilegno. In questo caso è richiesta una prontaprofilassi antimicotica. I funghi di più co-mune riscontro sono: Candida Albicans,Aspergillus e Acremonium.

Ancora dibattuto è il ruolo dei virus nellagenesi delle endoftalmiti post-operatorieanche se una certa importanza sembrereb-bero rivestire il Citomegalovirus (CMV), ilVirus della Varicella Zoster (VZV) e l’HerpesSimplex (HSV). In letteratura vengono rite-nuti responsabili soprattutto in pazienti im-munodepressi. In questi casi l’atto chirurgicopotrebbe essere un fattore scatenante che sla-tentizzerebbe un’infezione virale fino ad al-lora subclinica.

Per ciò che concerne l’HIV, in realtà pocoè noto riguardo alla sua capacità di indurresepsi a livello oculare. Gli unici dati certi cheemergono da fonti bibliografiche relative atrapianto corneale, con donatore positivo, ri-feriscono la mancata comparsa di infezionenel ricevente.

In ultimo, ma non in ordine di impor-tanza, occorre ricordare l’occorrenza di infe-stazioni parassitarie in coloro che fanno usodi lenti a contatto: le LAC forniscono oggi lasoluzione ottimale per milioni di persone af-

fette da vizi di refrazione; lo sviluppo e il per-fezionamento di nuove tecnologie nella pro-duzione di materiali sempre nuovi favorisceancor più il prendere piede di tale presidiomedico. Tuttavia, il rispetto di importantinorme igieniche e di utilizzo è fondamentalenel prevenire infezioni sia corneali (cheratiti)sia dell’intero bulbo oculare. Nel caso di pro-tozoi, infatti, l’infestazione – anche se piut-tosto rara – si associa in genere o all’utilizzodi lenti a contatto o alla caduta delle difeseimmunitarie (AIDS).

Le principali cause di endoftalmite setticaappartengono a fonti endogene ed esogene(Fig. 6).

1) Tra le prime si ricordano la normaleflora perioculare (palpebre, ciglia, congiun-

Fig. 5 I diversi patogeni implicati nella genesi delle endof-

talmiti settiche

Fig. 6 Le fonti di endoftalmite settica possono essere endo-

gene ed esogene

“L’IMPORTANZA

DEI MICETI

NON DEVE

ESSERE

TRASCURATA”

GRAM +

GRAM -

MICETI

POLIMICROBICHE

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41Oftalmologia Sociale N.4-2009

tiva), cute, peli e capelli. È importante sottoli-neare come uno dei germi più frequentementeimplicati nell’endoftalmite, lo StaphilococcusEpidermidis, sia anche il batterio più rappre-sentato (50-90%) tra la flora congiuntivale “re-sidente”, la quale si compone inoltre diCorynebacterium Dyphteriae (10-40%), Propio-nibacterium Acnes (20-35%) e StaphilococcusAureus (1-10%). Altre fonti endogene di infe-zione sono le secrezioni provenienti dal sistemaghiandolare e di drenaggio lacrimale, dalla mu-cosa nasale, dai seni paranasali e dall’occhiocontrolaterale.

2) Il gruppo delle fonti esogene è sicura-mente quello più nutrito: i microrganismi pos-sono provenire dai componenti dell’équipechirurgica (apparato respiratorio, saliva edespettorato, cute e annessi) e dal loro abbiglia-mento (vestiti, scarpe, orologi, anelli, occhiali,ecc.), dalle superfici ambientali, dai sistemi diclimatizzazione e dallo strumentario medico-chirurgico contaminato. Altri casi particolaridi fonti esogene di infezione sono la cornea deldonatore in caso di trapianto, le soluzioni e lemedicazioni per uso intraoculare o superficiale:antisettici, antibiotici, sostanze viscoelastiche,liquidi di infusione, farmaci pupillo attivi, al-fachimotripsina ed altri. Possibili veicoli pos-sono ancora essere materiali medico-chirurgicicontaminati: tonometri, lenti diagnostiche,astigmometri, garze, guanti, siringhe, IOL esuture. Nella genesi di un’infezione endoocu-lare riveste, comunque, un ruolo di primariaimportanza la suscettibilità dell’ospite: è in-tuitivo che siano più esposti al contagio i pa-zienti defedati (gravemente debilitati, ndr) oimmunocompromessi (diabetici, HIV+, tra-piantati) e coloro nei quali sia presente un’al-terazione della barriera emato-oftalmica, comenel caso di uveiti e pseudoesfoliazione.

Da un punto di vista clinico le endoftal-miti, sia post-operatorie che spontanee, pos-sono essere caratterizzate da:

1) un esordio acuto, con una compromis-sione d’organo rapidamente evolutiva, scarsa-mente controllabile, ad esito prevalentementeinfausto;

2) un esordio subacuto o cronico, con ini-zio più subdolo e meno rapidamente ingrave-scente.

L’impegno flogistico può manifestarsisotto forma di piccoli focolai settici isolati op-pure, particolarmente negli stadi più evoluti,con l’interessamento globale delle struttureanatomiche di entrambe le camere oculari(Fig. 8).

L’endoftalmite è, a ragione, ritenuta la piùgrave complicanza post-chirurgica in ambitooftalmologico e i numeri lo confermano: nel30% dei casi si ha una grave compromissionevisiva e nel 18% si arriva alla cecità.

Fig. 7 Classificazione eziopatogenetica delle endoftalmiti

post-operatorie

Fig. 8 Classificazione clinica delle endoftalmiti post-opera-

torie

“UN SISTEMA

SANITARIO SICURO

DEVE RENDERE

VISIBILI

GLI ERRORI

PRIMA

CHE QUESTI

POSSANO

CAUSARE DANNI”

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42 Oftalmologia Sociale N.4-2009

Gli studi che hanno voluto tentare unaquantificazione attendibile del problema sonotre:

1) GEEP (Groupement d’Etudes Epidemio-logiques et Prospectives, Francia, dal 1988 al1989);

2) EVS (Endoftalmitis Vitrectomy Study,Stati Uniti, dal 1990 al 1994);

3) ONDA (Observatoire National Des En-dophtalmies, Francia, dal 2002).

Insieme a questi sono circa nove gli articolipiù significativi pubblicati a livello internazio-nale nell’ultimo anno, nei quali si toccano gliodierni aspetti epidemiologici dell’infezione.Riassumendone i risultati si può evidenziareun range attuale di incidenza di endoftalmitepost-operatoria tra lo 0,04% e il 0,4%, va-riando a seconda del protocollo di sterilizza-zione, degli agenti antibiotici utilizzati e delletecniche chirurgiche messe in atto.

L’incidenza post intervento di cataratta ècompresa tra lo 0,07% e lo 0,26%, essendoquesto l’intervento maggiormente gravato daquesto tipo di complicanza, nonostante possaverificarsi in qualunque tipo di chirurgia (Fig.9), come ad esempio con la cheratoplastica per-forante (Fig. 13), la vitrectomia, interventi dicerchiaggio e piombaggio per distacco di retina(Fig. 14). Ora questo dato andrebbe analizzatoalla luce del fatto che la cataratta è attual-mente l’intervento di chirurgia oculistica piùeseguito in tutto il mondo (Fig. 10, 11).

I fattori di rischio generici di una così gravecomplicanza post-chirurgica sono:

- l’età, con una maggior incidenza nei pa-zienti anziani;

- il sesso: risultano più colpiti i maschi;- la razza, con un’incidenza maggiore nei

soggetti di colore;- la suscettibilità dell’ospite: pazienti im-

Fig. 9 Come si può evincere dal grafico, tra gli interventi chi-

rurgici a rischio di endoftalmite: nettamente in testa tro-

viamo gli interventi di cataratta, praticati massicciamente

in tutto il mondo e, a seguire, cheratoplastica perforante,

interventi chirurgici per distacco di retina – piombaggi, cer-

chiaggi – e vitrectomia, con interessanti differenze, per que-

st’ultimo tipo di interventi, in relazione al calibro dell’ago

utilizzato

Fig. 10 Per “Cataract Surgical Rate” intendiamo il numero

di interventi per milione di persone eseguiti in un anno

(CSR): dall’Australia (CSR=8000) e dagli USA (CSR=5000)

provengono i dati che rendono conto delle proporzioni epi-

demiologiche imponenti della chirurgia della cataratta

Fig. 11 La situazione in Europa. L’Europa Occidentale più

industrializzata è quella in cui il fenomeno «Catarattificio»

ha preso più piede. In Italia si eseguono più di 5000 inter-

venti di cataratta all’anno (CSR=8000)

“LE STIME

DELL’INCIDENZA

DI ENDOFTALMITI

DOPO

L’INTERVENTO

DI CATARATTA

SONO VARIABILI”

CATARATTA

DISTACCO RETINA

VITRECTOMIA

<124 PER MILIONE125-249250-499500-9991000-19992000-29993000-3999>4000DATI NON DISPONIBILI

CHERATOPLASTICA

PERFORANTE

<124 PER MILIONE125-249250-499500-9991000-19992000-29993000-3999>4000DATI NON DISPONIBILI

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43Oftalmologia Sociale N.4-2009

munodepressi (HIV+, diabetici, pazienti in te-rapia immunosoppressiva).

Oltre ai suddetti fattori di rischio, ne esi-stono altri relativi al solo intervento di cata-ratta. Questi ultimi costituiscono il terreno sucui nascono le più importanti discussioni in let-teratura.

Essi sono:- La durata dell’intervento;- La dimensione dell’incisione;- La perdita di vitreo intraoperatoria;- I fattori meccanici legati alla IOL;- La contaminazione di sostanze viscoelasti-che;- La contaminazione delle tips;- La contaminazione dei liquidi di lavaggio;- La scarsa compatibilità dei materiali prote-sici;- La comunicazione tra camera anteriore e vi-treo;- La diversa tecnica chirurgica (ECCE vs Fa-coemulsificazione).

Un aspetto peculiare riguardante proprioquest’ultimo fattore di rischio è l’attuale con-troversia circa l’incidenza di endoftalmite posttecnica extracapsulare e post facoemulsifica-

zione (Fig. 12): in controtendenza con quantoasserito sinora, uno studio pubblicato nel-l’aprile 2009 sul Journal of Cataract and Re-fractive Surgery, che metterebbe in risalto unrischio maggiore per gli interventi con facoe-mulsificazione rispetto all’estrazione extra-capsulare. Le argomentazioni portate ariguardo si riferiscono alla difficoltà tecnicamaggiore dell’incisione in cornea chiara (lo stu-dio parla di un incremento del rischio di 1,73volte) rispetto all’accesso sclerale, che deter-minerebbe una maggiore probabilità di anor-malità della ferita, nonostante priva di sutura.In realtà, ad oggi questa pare essere una vocefuori dal coro destinata ad essere smentita,anche perché un tale confronto richiederebbeuna standardizzazione del grado di abilità tec-nica dei chirurghi coinvolti, cosa estrema-mente difficoltosa da attuare. D’altro cantodal medesimo studio emerge però anche unamaggiore gravità delle endoftalmiti postECCE in termini di perdita dell’acuità visiva,probabilmente riferibile ad un esordio più tar-divo dell’infezione.

Al di là di questi, che sono aspetti per lopiù temporanei, il solido dato che ormai daanni si impone in maniera eclatante è il colos-

Fig. 13 I fattori di rischio relativi alla cheratoplastica perfo-

rante

Fig. 12 I fattori di rischio relativi all’intervento di cata-

ratta

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44 Oftalmologia Sociale N.4-2009

sale impatto epidemiologico della cataratta,tuttora da ritenersi la principale causa reversi-bile di cecità nel mondo. La chirurgia della ca-taratta è l’esempio fondante degli enormiprogressi effettuati nel corso degli anni nel-l’ambito della chirurgia oculistica e della chi-rurgia del segmento anteriore in particolare. Siè, infatti, passati dall’era della lussazione incorpo vitreo, all’era estrattiva di Daviel finoall’era refrattiva (con l’impianto di IOL) di Ri-dley. Quantificando il fenomeno emergono nu-meri imponenti: se consideriamo il CataractSurgical Rate, ovvero il numero di interventiper milione di popolazione all’anno, troviamovalori pari ad 8.000 in Australia e 5.000 negliStati Uniti. La realtà del nostro Paese ben siinserisce in questo panorama se si pensa chenel 2005 si sono eseguiti 500 mila interventi dicataratta con un CSR pari a circa 8.000. Datistorici ci vengono forniti da L. Buratto, C. Lo-visolo, M. Moncalvi e M. Iori nella loro tratta-zione sulle endoftalmiti, in cui troviamo che –in anni precedenti al lontano 1875 – un altis-simo numero di interventi di cataratta finivacol complicarsi con una grave infezione (da 4 a10 su 100); tale percentuale si ridusse all’1-2%sino al 1950. Dando uno sguardo, invece, alpassato più recente troviamo numeri non sem-pre omogenei, ma che – nel loro insieme – cidanno comunque un’idea della dimensione delproblema: citiamo, ad esempio, un’indaginemulticentrica condotta da Neumann et al. nel1989, che ha calcolato un’incidenza di endof-talmite, negli interventi comportanti l’aper-tura del bulbo, dello 0,055% (35 casi su 64000interventi), senz’altro sottostimata secondoBuratto e coll. Più verosimili appaiono le per-centuali riportate da Wessels (1,25 per mille) eDurand (3 per mille). Chiaramente le percen-tuali crescono (fino al 3%) se, invece di consi-derare come outcome l’evento settico accertato,si considera l’incidenza di uveite post-operato-ria clinicamente significativa. In definitiva sitratta di evenienze che possiamo definire conragionevole certezza rare, ma che, se generateda microrganismi particolarmente virulenti,possono presentarsi in maniera estremamente

severa e condurre a sequele disastrose per lafunzione visiva.

In merito all’incidenza di endoftalmitenegli interventi di vitrectomia è stato pubbli-cato pochi mesi fa (sul Graefe’s Archive for Cli-nical and Experimental Ophtalmology) uninteressante studio condotto dalla Dott.ssa Pa-rolini et al. dell’Ospedale Sacro Cuore di Ne-grar (Verona) nel quale viene posto unconfronto tra circa 3000 vitrectomie con agoda 20 gauge e 943 vitrectomie con ago da 23gauge. Dal primo gruppo è emerso un caso diinfezione, dal secondo nessun caso. I dati piùrecenti giungono però dal Congresso del-l’ASRS (American Society of Retinal Specia-lists), tenutosi a New York dal 30 Settembre al4 Ottobre 2009, nel quale è stata dichiarataun’incidenza di endoftalmiti in vitrectomie conago 23 gauge pari allo 0,3%. Ci sono comun-que articoli che riferiscono, per questo tipo divitrectomia, percentuali molto più alte, anchedi 10 volte, da riferirsi con ogni probabilità adinesperienza e scarsa cura nella gestione dellesclerotomie.

Ogni tipo di intervento chirurgico presentadei fattori di rischio diversi. Per ciò che ri-guarda l’intervento di cataratta i più autore-voli studi pubblicati negli ultimi mesi

Fig. 14: Fattori di rischio relativi agli interventi eseguiti in

caso di distacchi retinici

“È STATA

STIMATA

UN’INCIDENZA

DELLO 0,3%DI ENDOFTALMITI

NELLE

VITRECTOMIE”

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Oftalmologia Sociale N.4-2009

evidenziano una forte correlazione tra la du-rata dell’operazione e l’incidenza di endoftal-mite, anche se deve ancora essere fatta luce sulmotivo di tale incremento: non è, infatti,chiaro se sia dovuto alla complicanza che hadeterminato l’allungamento del tempo chirur-gico o direttamente ai minuti in eccesso tra-scorsi in sala operatoria.

Uno dei più recenti studi sull’epidemiolo-gia dell’endoftalmite è quello pubblicato al-l’inizio del 2009 su Ophthalmology. In questostudio di popolazione retrospettivo sono statipresi in considerazione 440.000 interventi con-secutivi di cataratta svolti ad Ontario, Canada,dal 1 aprile 2002 al 31 marzo 2006.

Ne è emerso quanto segue: il sesso maschilepresenta un rischio più elevato, così come i sog-getti anziani (>85 anni). Presentano, inoltre,un rischio notevolmente più elevato (10 volte)i pazienti sottoposti nel medesimo interventodi cataratta a vitrectomia anteriore (a causadella rottura della capsula posteriore), da con-siderarsi per la sua importanza un vero e pro-prio fattore di rischio indipendente, venendosia costituire in tali evenienze una comunica-zione tra camera anteriore e vitreo. Non sem-brano, invece, sussistere correlazioni con lediverse stagioni dell’anno, la provenienza ru-rale od urbana dei pazienti e la loro estrazionesocioeconomica. Altri due studi pubblicati suOphthalmology rispettivamente nel 2005 e nel2007, il primo condotto da West et al. (USA) su500.000 cataratte, il secondo da Lundstrom etal. (Svezia) su 200.000 interventi, hanno di-mostrato condizioni quali la presenza di co-municazioni tra camera anteriore e vitreo e ilmancato utilizzo di Cefuroxime intracameru-lare, nonché, nel complesso, un rischio aumen-tato per pazienti di razza nera.

Tra tutti i fattori di rischio quello che rive-ste senza dubbio maggiore importanza rimane,come accennato sopra, la comunicazione tracamera anteriore e vitreo in seguito a rotturadella cristalloide posteriore. La capsula poste-riore del cristallino, infatti, è una sottilissimamembrana dello spessore di pochi micron,estremamente delicata e soggetta a lesioni in

corso di intervento. A tal proposito occorresottolineare la difficoltà nel definire il confinetra responsabilità del chirurgo (errore) e lacomplicanza. Tuttavia, nella maggior parte deicasi, quest’ultima rappresenta la vera causadell’infezione.

ASPETTI MEDICO-LEGALIGli aspetti medico-legali che animano la

trattazione di temi quali le infezioni post-chi-rurgiche, sono nel nostro Paese quantomenopoco codificati e definiti. Occorre tenere pre-sente, in ogni caso, che l’attribuzione di una re-sponsabilità nella genesi di un’infezionepost-chirurgica presuppone l’identificazionedella fonte del contagio. È proprio in merito alconcetto di responsabilità che vale la pena pre-cisare come essa debba essere intesa nell’am-bito della professione sanitaria: essa siprefigura come l’attitudine a rispondere delproprio operato professionale, in caso di erroreod omissione, davanti a un giudicante o, an-cora, come l’impegno a realizzare una con-dotta professionale eticamente e legalmentecorretta nell’interesse di salute dell’assistito.Tutto ciò non può prescindere da una valuta-zione da parte dello stesso soggetto agenteprima e durante la prestazione. Ecco, dunque,venir fuori la duplice accezione della responsa-bilità: negativa, perché emerge quando ormaiil danno è avvenuto; positiva, in quanto con-sente di evitare danni al paziente. Ricercandodegli strumenti con cui chiarire e standardiz-zare in ambito medico il concetto di responsa-bilità occorre fare appello alle norme etiche, alcodice deontologico, alle leggi dello Stato, allacompetenza professionale e alle conoscenzescientifiche.

Ritornando alle variabili che influenzanogli esiti degli interventi chirurgici in oculistica,così come in altre branche chirurgiche, appa-iono importanti degli aspetti che, purtroppo,non sempre possono essere prevenuti ed evitaticome, ad esempio, i contatti del paziente e lasua condotta prima, durante e dopo l’inter-vento. Altri, invece, possono essere oggetto dimaggior attenzione come le misure di asepsi e

“L’ATTRIBUZIONE

DI UNA

RESPONSABILITÀ

NELL’INFEZIONE

POST-CHIRURGICA

PRESUPPONE

L’INDIVIDUAZIONE

DELLA FONTE

DEL CONTAGIO”

45

4-2009 17-11:Layout 1 17/11/2009 11.13 Pagina 45

46 Oftalmologia Sociale N.4-2009

antisepsi ambientale, umana e strumentaledurante le varie fasi del processo di cura, le mo-dalità di esecuzione dell’atto chirurgico e il mi-glioramento delle condizioni strutturali degliambienti ospedalieri. Più specificatamente laresponsabilità dell’oculista può riguardare es-senzialmente tre profili (Prof. D. Spinelli, 61°Congresso SOL, Società Oftalmologica Lom-barda, Brescia, 16 Dicembre 2006):

1) l’area della mal pratica dell’esercizioprofessionale (la colpa professionale);

2) l’area della violazione dell’autonomia edella libertà del paziente rispetto alle cure dapraticare (il consenso informato);

3) l’area della gestione corretta dei dati delpaziente (la privacy).

In passato – sino agli anni ’80 del secoloscorso – sotto il profilo giuridico esisteva laconvinzione che l’operato del medico rientrassein una categoria sui generis, considerata nongiudicabile secondo i medesimi criteri di re-sponsabilità di un qualsiasi altro professioni-sta a causa della particolarità del suo campod’azione e della sua figura sociale. Da ciò ven-nero adottati criteri estremamente larghi nelvalutare l’errore medico, ad eccezione di gravicasi di negligenza, imprudenza o colpa. Oggitutto è cambiato. La direzione attuale è quelladi tolleranza zero nei confronti di errori – verio presunti – accaduti nel corso dell’attività cli-nica. Dai dati della Cassazione emerge che lesentenze su questo argomento siano passatedallo 0,6% del totale del periodo 1985-1990, al3,9% nel decennio 1991-2000, un incrementoche riflette sia il cambiamento dell’approcciolegale nei confronti di tale professione e sia ilmutato ruolo sociale del medico.

Nel comprendere le dinamiche giuridicheche differenziano i diversi tipi di responsabilitàe colpa ci viene in aiuto l’art. 43 del Codice Pe-nale, secondo il quale un delitto è definito “do-loso” (o secondo l’intenzione) quando l’eventodannoso, risultato dall’azione od omissione, èpreveduto o voluto come conseguenze dellapropria azione od omissione; è definito, invece,

“colposo” (o contro l’intenzione) quandol’evento, anche se preveduto, non è voluto dal-l’agente e si verifica a causa di negligenza o im-prudenza o imperizia, ovvero per inosservanzadi leggi, regolamenti, ordini e discipline. Il me-dico, al fine di evitare una condanna, deve di-mostrare di avere correttamente adempiuto aipropri obblighi, deve cioè provare di aver ado-perato tutta la diligenza richiesta dal tipo d’in-tervento praticato e di avere adottato tutte lecautele indispensabili per non creare un dannoal paziente (art. 1218 del Codice Civile). A talriguardo è opportuno però chiarire come ilcontenuto dell’obbligazione non sia e nonpossa essere esclusivamente l’atto medico in-dispensabile a risolvere la patologia per laquale il paziente viene sottoposto ad inter-vento, bensì anche la salvaguardia del dirittoalla salute nella sua totalità, essendo dunquedoverosa la meticolosità e lo scrupolo anche daparte di tutti gli altri operatori sanitari.

Se l’ordinamento giuridico vigente oggi inItalia da una parte preferisce collegare l’esi-stenza di una responsabilità ad una specificacolpa, anche se presunta, dall’altra ammettel’esistenza di forme di responsabilità senzacolpa, cioè “oggettive”. È ammesso, quindi, intal senso il cosiddetto “criterio probabilistico”come nesso di causa: laddove il collegamentocausale tra infezione post-chirurgica ed attochirurgico non fosse accertabile in maniera di-retta ed univoca attraverso la conoscenza dellavia del contagio, la responsabilità potrebbe es-sere accettabilmente dimostrata con criteriprobabilistici, ossia cercando di escludere l’esi-stenza di circostanze che potrebbero inter-rompere o rendere fortemente dubbio il nessodi causa.

È la stessa Costituzione (art. 32) ad elevarela salute del cittadino a diritto primario e im-prescindibile, alla cui tutela sono prepostetutte le strutture sanitarie, siano esse pubbli-che o private. Anche la giurisprudenza di me-rito ha più volte sottolineato come l’EnteOspedaliero si obbliga ad offrire un serviziocomposito e sia, quindi, responsabile per l’ope-rato dei propri sanitari che per imprudenza ed

“IL CONSENSO

DEVE ESSERE

CONSAPEVOLE,PERSONALE,

ESPLICITO, SPECIFICO,

INFORMATO, REVOCABILE

E IMMUNE

DA VIZI”

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imperizia abbiano cagionato un danno (Tribu-nale di Udine 13/05/1991). La struttura sani-taria deve essere in grado di offrire al paziente– e questo rappresenta sicuramente il suo com-pito primario – la sicurezza delle attrezzature,la protezione della salute dei ricoverati e deiterzi, nonché la tutela dei danni cosiddetti“anonimi”. La responsabilità dell’Ente Ospe-daliero nei confronti dei pazienti ricoverati hanatura contrattuale anche per quanto attieneal comportamento dei propri medici dipen-denti (Cassazione, III Civile, 4400/2004). Nelcaso di infezioni contratte nel postoperatorio,la colpa si connota sotto il profilo della man-canza di diligenza e dell’imprudenza oltre chenell’inottemperanza ai protocolli (errore) cheesigono il rispetto di determinati parametri diigiene, proprio per evitare il diffondersi di in-fezioni. L’atto chirurgico quindi, inteso comeviolazione dell’integrità anatomica volta a pre-servare l’organismo dalle infezioni, presupponeun’attenta valutazione del rischio operatorio,un attento esame delle condizioni funzionalipre-operatorie, una valutazione prognosticaaccurata e un’altrettanto completa ed accu-rata compilazione della cartella clinica. NegliUSA è stato dimostrato che il 61% degli errorinegli ospedali è dovuto alla “brutta scrittura”,spesso illeggibile, dei medici. I reati in cui sipuò incorrere nella disattenta e superficialecompilazione di questo documento sono tut-t’altro che trascurabili ed è opportuno men-zionarne alcuni: omissione in atti di ufficio(ritardo o mancata compilazione-art. 328C.P.), falso ideologico (compilazione non veri-tiera-art. 479 C.P.), falso materiale in atto pub-blico (correzione postuma-art. 476 C.P.),violazione del segreto professionale (art. 622 e326 C.P.) e inottemperanza ai doveri ammini-strativi (omessa adozione di misure necessariealla sicurezza dei dati-D.L. 30/06/2003, n. 996).Dal momento che, attualmente, il maggior nu-mero di interventi chirurgici in oculistica vienesvolto in regime di “day surgery” è doverososottolineare che questo non è che una formaabbreviata di degenza ed impone la redazionedi una vera e propria cartella clinica (con tutte

le implicazioni relative). Ciò è legittimato dalfatto che, quando un paziente si sottopone adun intervento chirurgico presso una strutturasanitaria o in un ambulatorio attrezzato, ponein essere un vero e proprio rapporto contrat-tuale avente come oggetto l’esecuzione di unaspecifica attività chirurgica, il ricovero e tuttele cure mediche e assistenziali ricorrenti. Sutale presupposto, per lo stesso paziente, è le-gittimo attendersi l’ottenimento del risultatoche gli viene prospettato nella fase preliminareed informativa preoperatoria.

Passando alla seconda area, quella dell’in-formazione, dove il medico può incorrere inmancanze, ci si trova di fronte ad un aspettomolte volte sottovalutato in alcune sue com-ponenti fondamentali. Il Consenso Informatodeve rispondere a importanti criteri di qualità,sia secondo Fondamenti Giuridici (artt. 13-32Costituzione, art. 33 Legge 833/78, Conven-zione di Oviedo – approvata il 19/11/96 dal Co-mitato dei Ministri del Consiglio D’Europa –approvata dal Parlamento Italiano con laLegge 22/04/2001 n. 45), sia secondo Fonda-menti Deontologici (art.30-35 CDM 1998).Esso deve configurarsi come prassi costante darichiedere ai pazienti, specifico per quel deter-minato atto, sottoscritto dal soggetto legitti-mato o dai legali rappresentanti (quandopossibile deve rappresentare la volontà direttadell’interessato) e deve essere presentato ogni-qualvolta il soggetto si sottoponga ad una pra-tica medica invasiva, si tratti di interventochirurgico diagnostico o terapeutico oppure diterapia medica suscettibile di produrre soffe-renze o complicanze. Occorre inoltre ricordareche, chi esprime un consenso, deve essere ca-pace di intendere e di volere e che l’informa-zione deve essere completa e veritiera,comprensibile e compresa. Il consenso deve es-sere consapevole, personale, esplicito, specifico,informato e immune da vizi e può, inoltre, es-sere revocato in qualsiasi momento.

IL RISCHIO CLINICO E IL PROCESSO DI GESTIONE DEL RISCHIOÈ innanzitutto doveroso distinguere, sul

“QUANDO

UN PAZIENTE

SI SOTTOPONE AD

UN INTERVENTO

CHIRURGICO

PONE IN ESSERE

UN RAPPORTO

CONTRATTUALE”

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piano ontologico, il rischio clinico dal rischioorganizzativo ed entrambi dall’evento avverso.Per “rischio clinico” si intende la probabilitàper un paziente di subire un danno per effettodi un trattamento medico o delle cure prestate.Con i termini di “rischio organizzativo” ci si ri-ferisce alla possibilità che si verifichino erroriper una mancata coordinazione tra personaleche effettua materialmente l’esame e personalepreposto a indirizzare il paziente nell’esecu-zione dell’esame stesso (per esempio, una man-cata comunicazione tra infermiere e medicooppure carenti indicazioni al paziente sulle mo-dalità, sui tempi e sui luoghi dove avverràl’esame). Per “evento avverso” si intende, in-vece, una lesione provocata dalle cure sanita-rie, non associata alla condizione clinica delpaziente e, quindi, evitabile, dovuta ad erroredel sistema.

L’Institute of Medicine di Boston, in unasua indagine del 1999, ha concluso che ognianno negli USA muoiono tra i 40.000 e i 92.000pazienti per errori medici: è un numero troppoelevato.

Se il rischio clinico e l’evento avverso sonodefinibili in maniera chiara, lo stesso non sipuò dire dell’errore, del quale non esiste adoggi una definizione universalmente accettata.Potrebbe definirsi come “il fallimento di azionipianificate in riferimento al raggiungimento di

uno o più obiettivi”. Va subito precisato che,quando si parla di “errore medico”, non si fariferimento a un qualcosa di specifico della me-dicina, ma a un qualcosa che rientra nel con-cetto generale di “errore umano”. Ciò che èmedico non è altro che il contesto nel quale èfacile commettere errori per la complessitàdegli interventi, per la diversità delle azioni,per la vulnerabilità del paziente, per la varietàe sofisticazione delle attrezzature e, infine, perle caratteristiche proprie della scienza medica.

Secondo recenti statistiche la frequenzadell’errore nelle diverse discipline mediche vedela supremazia dell’ostetricia, seguita dall’orto-pedia, dalla chirurgia generale e dalla terapiad’urgenza (Fig. 16).

Le modalità di errore possono essere rag-gruppate in due categorie:

1) Errore nello svolgimento del pro-gramma: la pianificazione è adeguata, ma leazioni non si svolgono come dovrebbero acausa di distrazioni, superficialità, dimenti-canze.

2) Errore insito nella programmazione: leazioni sono precise ed impeccabili, ma il pianonon era affidabile.

Utile, proprio al fine di evitare errori (Fig.15), è conoscerne la genesi e inquadrarli in ca-tegorie. Le modalità di approccio agli errorisono tre:

1) l’approccio “individuale”, nel qualel’origine va ricercata nell’individuo, poiché èlui che per imprudenza, negligenza, o addirit-tura per colpa determina l’errore;

Fig.15 L’unica via percorribile nel diminuire la probabilità di

errore è ricercarne le possibili cause, analizzarle ed eliminarle

Fig. 16 Distribuzione dell’errore nelle diverse branche medi-

che

“SECONDO

LA CASSAZIONE

SONO

AUMENTATE

LE SENTENZE

SUGLI ERRORI

MEDICI”

OSTETRICIA

ORTOPEDIA

ANESTESIA

CHIRURGIA

GENERALE

TERAPIA

D’URGENZA

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2) l’approccio “legale” o “morale”, anchequesto centrato su un individuo particolare,che svolge un’attività di grande responsabilità,per cui un errore, anche se raro, può causaregravissime conseguenze;

3) l’approccio definito “lo statuto per ladifesa degli individui più inclini a commettereerrori”. Il punto centrale di questo approccionon è tanto insistere su chi abbia commessol’errore, ma quale procedura di sicurezza e didifesa – trattandosi di attività ad alto rischio –non abbia funzionato. Si potrebbe pensare chesi tratti di un tentativo di assoluzione dell’in-dividuo scaricando la colpa sul sistema, mentrein effetti vuole essere la capacità di rimediarealle condizioni che generano errori, control-lando meglio le situazioni ad alto rischio.

In realtà molti aspetti dell’errore sono con-siderati in modo sbagliato, partendo dal fattoche l’errore debba intrinsecamente rappresen-tare qualcosa di negativo: non è così. Sono lesue conseguenze a poter essere negative: sitratta, in altri termini, di una sottospecifica-zione dei processi mentali nell’esecuzione diun’attività. L’errore più grave non è necessa-riamente commesso da persone negative; anzi,possono essere i migliori che, forse nel tenta-tivo di superare i propri limiti, possono incap-pare nell’errore più catastrofico. Inconclusione, possiamo affermare che pur-troppo non tutti gli errori possono essere in-tercettati prima che abbiano effetti sulpaziente: un sistema sicuro deve prevedereanche in questo caso la riduzione del danno.Benché gli errori non possano essere ridotti azero, lo sforzo del sistema deve essere quello diridurre a zero le circostanze in cui l’errorepossa provocare danno al paziente: un sistemasicuro deve rendere visibili gli errori prima chequesti possano causare danni.

In quest’ottica non si può non accennaread un’entità sempre più presente nell’odiernarealtà clinica: la medicina difensiva. Essa sipone come pratica di esami diagnostici o di mi-sure terapeutiche condotte principalmente,non per assicurare la salute del paziente, macome garanzia delle responsabilità medico-le-

gali conseguenti alle cure mediche prestate.Evitare la possibilità di un contenzioso me-dico-legale è la motivazione principale delporre in atto pratiche di medicina difensiva.Molto comune negli Stati Uniti, con un’inci-denza variabile tra il 79% e il 93%, la medi-cina difensiva viene praticata specialmentenella medicina di emergenza, nei reparti diostetricia e in altri interventi ad alto rischio.Sebbene l’accezione negativa è predominante,la medicina difensiva tende a considerareaspetti nell’uno e nell’altro senso. Gli aspettipositivi sono quelli del cosiddetto “assurancebehaviour” o comportamento cautelativo: di-minuire la possibilità che si verifichino risul-tati negativi, dissuadere i pazienti dallapossibilità di presentare ricorsi e, infine, la pos-sibilità di redigere documenti che attestino cheil medico abbia operato secondo gli standarddi cura previsti, in maniera tale da cautelarsida eventuali future azioni legali. Gli aspetti ne-gativi, per contro, sono i più imponenti e sipossono riassumere nel danno che la medicinadifensiva provoca con il cosiddetto “avoidencebehaviour”, cioè l’astensione dall’intervento di

Fig. 17 L’aspetto più importante della medicina difensiva è,

senza dubbio, quello negativo dell’“avoidance behaviour”

(astensione dall’intervento)

“LA MEDICINA

DIFENSIVA

MIRA

AD EVITARE

LA POSSIBILITÀ

DI UN

CONTENZIOSO”

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cura (evitando determinati pazienti od inter-venti ad alto rischio) o, invece, operando sceltediagnostiche e terapeutiche forzate, al soloscopo di deresponsabilizzare la propria persona(Fig. 17).

Tra le cause più frequenti di errore in am-bito medico i primi due posti appartengono al-l’inadeguata od omessa prestazione. Non èpossibile derivare da questa acquisizione la na-tura della responsabilità di tali eventi, ma ildato di fatto inaccettabile è che troppe volte leprofessioni sanitarie sono al centro di episodidi negligenza, imperizia ed imprudenza, chespesso non offrono scenari limpidi da cui sipossa apprendere in che modo operare per mi-gliorare, a livello legislativo, la situazione at-tuale. Il ritardo nell’intervento medico el’errata prescrizione, trascrizione o sommini-strazione di farmaci sono un’altra causa mino-ritaria ma non trascurabile (Fig. 18).

Negli USA è stato condotto uno studio dal-l’Institute of Medicine, dal titolo “To Err isHuman: Building a Safer Health System”(“Errare è umano: costruire un Sistema sani-tario più sicuro”). Ne emerge un approccio di-verso nel tentativo di prevenire l’errore medico,in cui gioca un ruolo chiave la necessità di nonnascondere l’errore stesso, bensì di segnalarlo,documentarlo e analizzarlo, non soffermandosisoltanto sul comportamento individuale, mavalutando tutto l’ambiente e, in particolare, imezzi tecnologici, non raramente quest’ultimiimplicati in eventi avversi, non suscettibili dialcuna attività preventiva. Sempre in questadirezione il Senato americano ha approvato nel

2003 una legge per la riduzione degli errori me-dici, creando un sistema volontario di segnala-zione degli errori, Patient Safety Organisation(PSO), di carattere privato. Il professionistache ha commesso l’errore – o pensa di averlocommesso – lo denuncia al PSO, che ne ana-lizza le cause e ne indica le modalità preven-tive: in cambio non compare in tribunale.

Altra utile iniziativa in questo senso èquella di fondare le scelte mediche sull’Evi-dence Based Medicine (“Medicina basata suprove”), prendendo decisioni secondo ciò che èdocumentato dalla letteratura.

Il rovescio della medaglia di questo ap-proccio è la morte della libertà che anima lospirito clinico, razionale e sperimentale, pro-prio di ogni medico che abbia passione per lapropria professione. Annullare la possibilità dierrore è velleità che non appartiene neppurealla macchina, opera dell’ingegno umano, maabbassarne la probabilità è la sfida che la me-dicina deve vincere.

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Fig. 18 Le cause di errore in ambito medico

“ELIMINARE

LA POSSIBILITÀ

DI ERRORE

MEDICO

È UNA VELLEITÀ,MA SI PUÒ

RIDURNE

LA PROBABILITÀ”

INADEGUATA

PRESTAZIONE

RITARDATA

PRESTAZIONE

ERRATA PRESCRIZIONE

DI UN FARMACO

OMESSA PRESTAZIONE

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www.iapb.it

Oggi c’è una grande esigenza a tutti i livelli della Società di avere il maggior numerodi informazioni circa le possibilità preventive, terapeutiche e riabilitative di malattieoculari, rispetto a quelle che una visita oculistica di routine può fornire. Esistono ancheil desiderio e la necessità di conoscere al meglio le possibilità di assistenza sanitariaper ogni realtà riabilitativa.

LINEA VERDEDI CONSULTAZIONE OCULISTICA

Numero telefonico : 800-068506

La Sezione Italiana dell’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità onlus, nel qua-dro della sua costante azione promozionale con lo scopo di diffondere la cultura della preven-zione delle patologie oculari, ha una LINEA VERDE DI CONSULTAZIONE GRATUITA,aperta a tutti coloro che chiamano dall’Italia.

La linea verde è attivadalle ore 10 alle ore 13, dal lunedì al venerdì

È possibile consultare un medico oculista, al quale esporre il proprio problema ed ottenere isuggerimenti necessari.

La speranza è che questa iniziativa contribuisca a diffondere ulteriormente la coscienza dellaprevenzione, concetto che incontra tutt’ora un non facile accesso nella mentalità civica e so-prattutto delle categorie più a rischio (i giovanissimi e gli anziani).

Nel sito www.iapb.it è presente un forum in cui un oculista risponde gratuitamente alle vo-stre domande tutte le mattine dei giorni feriali (e-mail: [email protected]).

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